Leggi le prime pagine

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Nel 1956
Sorbonne
Sorbonne, l’Università di Parigi, il mito del
cambiamento, il maggio incruento di una rivoluzione
colorata. Le grandi idee del Novecento in piccoli libri che
concentrano l’essenza del pensiero di persone che hanno
immaginato altri mondi e prospettive diverse. Ampliando,
innovando, spesso ribaltando, le conoscenze o i punti di vista
dei contemporanei e delle generazioni successive. Le parole, le
derive, i percorsi, le frenate, la corsa.
Louis-Ferdinand
Céline
La parola irregolare
A cura di Stefano Lanuzza
© 2015 Edizioni Clichy - Firenze
Edizioni Clichy
Via Pietrapiana, 32
50121 - Firenze
www.edizioniclichy.it
Isbn: 978-88-6799-187-7
Edizioni Clichy
Sommario
Biografia
La parola irregolare di Stefano Lanuzza
Parole e Immagini
Autoritratti
Scuola, Esercito, Religione
Ebrei
Ricchi, Poveri, Comunisti, Rivoluzionari
Un’intervista... «in fondo alla notte»
Bibliografia essenziale
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81
93
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109
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Biografia
1894 Louis-Ferdinand-Auguste Destouches nasce il
27 maggio a Courbevoie, Comune poco distante
da Parigi situato nella regione dell’Île-de-France,
dipartimento dell’Hauts-de-Seine. È figlio unico di Ferdinand-Auguste e di Marguerite-Louise-Céline Guillou, sposatisi l’8 luglio 1893. Il
padre proviene da una famiglia normanna trasferitasi a Parigi nel 1884 ed è impiegato presso la compagnia di assicurazioni Le Phénix. La
madre, di origini bretoni, gestisce un negozio
di merletti, ricami, antichità e porcellane. A
causa della salute precaria della madre, Louis,
mandato a balia prima a Voisines da tale Madame Bouland e poi a Puteaux da una Madame
Jouhaux, trascorre i primissimi anni nella campagna francese.
1897 La famiglia Destouches si trasferisce a Parigi, al
Passage Choiseul dove la madre apre un nuovo
negozio di «Objets de curiosité» e biancheria.
Nel 1915
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Parole e Immagini
Nella sua casa di Meudon, nel 1960
Autoritratti
Nel 1958
Che io fossi privo di speranza e di magnifico brio, era una cosa che i miei vecchi non
avevano mai potuto mandar giù, che non
avevano mai potuto soffrire, che non avevano mai potuto capire... Non l’avrebbero mai
tollerato... Mica avevo diritto, io, ai lamenti, macché!... Eran cose tutte riservate, le doglianze e i drammi. Spettavano soltanto ai
genitori... I figlioli, loro, sono dei lazzaroni,
dei piccoli teppisti, degli ingrati, degli stronzetti senza pensieri!... [...]. «Ma come, piccolo immondezzaio? Cos’è questa faccia tosta
infernale?». Avevo la giovinezza dalla mia, e
andavo scacazzando tutte quelle storie? [...].
Avevo davanti a me gli anni belli! Tutti i tesori
dell’esistenza! E osavo bofonchiare sulla mia
sorte! Sui miei piccoli miserabili disappunti!
Ah, gianfrullon cornuto! [...]. Io chinavo la
testa. Non discernevo troppo bene le felicità
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degli anni verdi, ma loro pareva che le conoscessero...
(Morte a credito)
A furia di chiedere dovunque se c’era un
posticino per me, avevo importunato tutti
quanti, avevo letto tutte le targhe, analizzato
tutte le guide e gli annuari.
(Morte a credito)
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Dalla mia finestra si vede Parigi... S’estende
in basso... Poi comincia ad arrampicarsi... verso
di noi... verso Montmartre... Un tetto spinge
l’altro, sono a punta, feriscono, fanno colare
sangue giù per i lampioni, lungo le vie, sangue
blu, rosso, giallo... Più in basso, poi, c’è la Senna, le nebbie pallide, un rimorchio che segue la
sua strada... con un ululo di stanchezza... Ancora più lontano ci sono le colline...
(Morte a credito)
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Mica dovevo lasciarmi trarre in errore, io,
dalla mia maledetta giovinezza!... [...]. Avrei
dovuto chieder perdono, per ogni mio fallo, i
miei capricci, le mie indicibili svergognatezze,
le mie perniciose imprese!...
(Morte a credito)
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Non avrei mai creduto di poter contenere
in me una tempesta simile.
(Morte a credito)
Con la moglie Lucette, nel 1955
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Non potevo più buttar giù un boccone...
Avevo la testa come inchiavardata... le idee,
la bocca, il muso... Mia madre mi trovava
insolito, con quella faccia, si chiedeva quale
malattia stessi mai covando... Avevo la paura
conficcata in tutte le budella... Avrei voluto
sparire... dimagrire finché non fosse rimasto
più niente di me... Mio padre, lui faceva delle
osservazioni caustiche... «Sei mica innamorato, per caso?... O è, alle volte, l’effetto della
primavera?... Hai un foruncolo nel sedere?...».
In un angoletto mi chiese: «Ti sei mica beccato lo scolo, di’?». Io non sapevo più dove stare,
da che parte girarmi...
(Morte a credito)
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Non avevo nessuna pretesa io, e nemmeno
ambizioni.
(Viaggio in fondo alla notte)
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