Il promemoria "Tunisi" - Società Italiana di Fisica

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Il promemoria "Tunisi" - Società Italiana di Fisica
il nostro mondo
il promemoria “tunisi”: un
nuovo tassello del caso
majorana
Stefano Roncoroni
Il documento che analizzo, pur essendo conosciuto da molto tempo, solo ora trova la sua giustificazione
e la sua autenticazione nelle pagine del diario che Oliviero Savini Nicci, marito di Elvira, la sesta figlia
di Salvatore Majorana Calatabiano, ha tenuto dall’inizio del secolo scorso alla sua morte nel 1955. Nel
presentarlo utilizzerò le testimonianze, che ho raccolto negli anni, di alcuni membri della famiglia di
Oliviero Savini Nicci, l’avvocato Mario il primo figlio maschio e l’architetto Faustino Roncoroni, marito
della figlia primogenita Lavinia; e della famiglia dei Majorana di Fabio, in particolare di Salvatore
il fratello più grande di Ettore. Tutti e tre testimoni diretti di quell’episodio. Le notizie inedite che
propongo ci confermano l’ovvio importante ruolo della famiglia e giustamente la riposizionano in
primo piano, ma ci fanno anche comprendere quanto da essa debba ancora essere reso pubblico
perché si possa arrivare ad avere elementi sufficienti per una biografia di Ettore Majorana.
Questo è il primo articolo, di una serie, scritto da un Majorana sulla vicenda di Ettore.
58 < il nuovo saggiatore
Prof. Ettore Majorana fu Fabio e di Dorina Corso, n. a Catania il 5
agosto 1906.
Prof. Ordinario di Fisica nella R. Università di Napoli.
Il 25.3 (venerdì) scrisse da Napoli una lettera al Direttore
dell’Istituto di Fisica Prof. Carrelli dicendo di dovere prendere la
decisione inevitabile di abbandonare l’insegnamento. Informava
che sarebbe partito da Napoli via mare. Lasciò l’albergo Bologna
ove risiedeva verso le ore 17;
26.3 (sabato) con lettera, da Palermo, informava il Prof. Carrelli
che sarebbe tornato, forse con la lettera stessa, a Napoli, ove avrebbe
dovuto giungere domenica 27 o lunedì 28. Lo stesso giorno 26
(sabato) da Palermo telegrafava all’albergo ordinando di tenergli
la camera, ove aveva lasciato indumenti e carte. (La nota prosegue
sul retro)
31 marzo (giovedì). Fino a stamane non si ha di lui alcuna notizia.
Il Prof. Carrelli, ad ogni buon fine, ha denunciato la scomparsa al
Questore di Napoli.
La famiglia ha fatto ansiose ricerche: - è risultato che nessuna
persona del suo nome abbia preso il piroscafo Napoli-Palermo e
Palermo-Napoli.
Il giovane, misantropo acuto, in condizioni di salute poco buone,
può essersi ritirato in qualche luogo a Palermo, o casa di salute. Si
suppone che possa essere partito per Tunisi. Poco probabile che sia
andato in località ove è conosciuto (es. a Catania).
Ha il passaporto per l’Europa, rinnovato nel giugno-luglio scorso.
Altezza m. 1,68 - Viso lungo - Occhi vivi e grandi - Capelli neri,
pelle bruna - Soprabito grigio ferro - Cappello marrone scuro.1
Il documento riprodotto nella foto 1 è l’originale da cui è stato tratto
il dispaccio telegrafico (vedi foto 3)2 che il 31 marzo 1938-XVI ha dato
inizio alle ricerche di Ettore Majorana.
Gli studiosi del caso Majorana che hanno lavorato su questo
documento contenuto nel fascicolo di PS relativo a Ettore Majorana
presso l’Archivio di Stato non sono stati in grado di interpretarlo3. Per le
sue caratteristiche che lo rendono inconsueto in un dossier di polizia,
è anonimo e manoscritto su carta intestata del Consiglio di Stato, e
per il linguaggio irrituale con cui è scritto, e per la mancanza di altre
informazioni, nessuno è stato in grado di decifrare l’origine di questo
documento e il motivo per cui fosse in quel dossier.
Erasmo Recami ha supposto che il documento sia stato trasmesso
telefonicamente a Roma dal Questore di Napoli; Alessandro Maurizi
pensa sia stato scritto dal Questore di Napoli dopo la visita di Salvatore
Majorana e Carrelli; Paolo Cortesi fa partire da Napoli il documento.
Francesco Guerra e Nadia Robotti, notano che l’appunto è stato
redatto in un linguaggio non professionale e lo catalogano giustamente,
ma senza ulteriori accertamenti, come nota per la polizia; Giorgio
Dragoni si attiene a quanto dichiarato da Guerra e Robotti.
1
In F. Guerra, N. Robotti : Ettore Majorana Aspects of his Scientific and
Academic Activity, Edizioni della Normale, 2008; pp. 215- 6; figure 78.
2
F. Guerra , N. Robotti: op. cit; p. 217; figura 79.
3
Serie PS – 1939- A1, busta 51
Foto 1 Riprodotta da F. Guerra, N. Robotti : Ettore Majorana Aspects of
his Scientific and Academic Activity, Edizioni della Normale, 2008, per
gentile concessione.
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il nostro
mondo
Edoardo Amaldi, Leonardo Sciascia, Bruno Finzi, Bruno Russo, Umberto Bartocci, Leandro
Castellani, étienne Klein, Sergio Campailla, Joao Magueijo non lo citano nemmeno ma avrebbero
dovuto, almeno per quanto il documento, nella sua seconda parte, s’apparenta con le loro
considerazioni.
Salvatore Esposito, dopo una ricostruzione fantasiosa, sta per dipanare la verità quando
dimostra di capire “che le notizie contenute nel documento in questione, con tutta evidenza,
furono raccolte dai familiari dello scomparso, e non dalla Polizia che, nei due giorni trascorsi,
sembrerebbe non aver svolto indagini proprie”4 ma poi vanifica tutto quando, avendo individuato
due Consiglieri di Stato coinvolti nella vicenda che avrebbero potuto scrivere l’appunto, decide
secondo la logica del potere e non secondo quella della famiglia.
“L’ipotesi più plausibile è che si tratti del Sen. Arturo Bocchini, Capo della Polizia, che era anche
consigliere di Stato. Tuttavia non si può fare a meno di notare che un altro consigliere di Stato
ben conosceva Ettore Majorana, suo zio Oliviero Savini Nicci (marito della sorella Elvira del padre
di Ettore). Non è però affatto noto se egli intervenne personalmente nella vicenda del nipote
scomparso, come potrebbe essere verosimile ammettere”5. Ma questa argomentazione non è
corretta perché è viziata da almeno quattro errori: l’illogicità di un capo di Polizia che, nel pieno
del suo ruolo, scrive su carta intestata non di competenza; il fatto che Bocchini non era più da anni
nell’organico del Consiglio di Stato; l’incongruità di un capo della polizia che scrive di suo pugno
quella che è visibilmente una chiara denuncia di scomparsa che avrebbe dovuto scrivere, uno
qualunque dei suoi subalterni; ed infine il rimarco più importante, di natura culturale, il pensare
che un membro della famiglia Majorana potesse non occuparsi della scomparsa di un nipote, per
giunta orfano di padre6.
Molti degli studiosi del caso Ettore Majorana incappano in questa miopia; dedicano ampio
spazio alla storia della famiglia ma quasi nessuno poi elabora tutte queste informazioni storiche
con gli strumenti dell’antropologia e della sociologia per contestualizzare e comprendere la vita
di un suo membro alla luce della struttura e delle vicende di questa dinastia culturale. Struttura
che ha retto e funzionato fino alla terza generazione, quella di Ettore. Le valutazioni su questo
documento, che siano state fatte o non, sono il risultato emblematico di questa carenza; e non è
l’unico.
Infatti è proprio così: l’informativa è di mano del Consigliere di Stato Oliviero Savini Nicci7 e
approfondire quanto lo zio ha fatto per il nipote in occasione della sua scomparsa ci porterà a
scoprire insondati territori di ricerca.
Ho ritrovato le carte che lo dimostrano come la minuta dell’informativa ed alcune rapide
note del suo diario che possiamo considerare come alcuni degli anelli che mancavano per
comprendere meglio lo svolgimento delle indagini nei primissimi giorni della scomparsa. Questi
documenti e quell’episodio mi sono stati segnalati dall’avvocato Mario Savini Nicci8, dall’architetto
Faustino Roncoroni 9 e da Salvatore Majorana10 e li abbiamo ri-letti e commentati insieme. Molte
delle notizie che darò, che sono anche il frutto di quei colloqui, gettano una ulteriore luce sulle
problematiche ancora in discussione della cronologia del post scomparsa e sulle ultime lettere e
telegrammi scritti da Ettore Majorana.
La nota è del 31 marzo ma per capire dobbiamo fare un passo indietro, fino al 25 marzo
4
Cfr.: Salvatore Esposito: La Cattedra vacante. Ettore Majorana: ingegno e misteri, Liguori Editore,
pp. 179 e segg.
5
Cfr. S. Esposito, op. cit., p.181, nota 6.
6
Arturo Bocchini, San Giorgio alla Montagna (Benevento), 12 febbraio1880 – Roma, 20 novembre 1940.
è stato consigliere di Stato dal 19 giugno 1927 al 1 aprile 1930 quando venne posto fuori del ruolo in
organico dei consiglieri di Stato. In questa posizione rimase sino alla morte. Cfr. la voce A. Bocchini. in “Il
Consiglio di Stato nella Storia d’Italia – Le biografie dei magistrati”, biografia di Giovanna Tosatti, Tomo II,
p. 1464, a cura di Guido Melis, Giuffrè Editore.
7
Oliviero Savini Nicci, Selci in Sabina (Rieti), 20 ottobre 1877 – Roma, 14 giugno 1955. Sposato con
Elvira Majorana, la prima figlia e la sesta dei sette figli di Salvatore Majorana Calatabiano. Consigliere di
Stato dal 9 giugno 1920 al 20 ottobre 1947; tra i tanti incarichi svolti nell’amministrazione dello Stato
fu prefetto e capo di gabinetto alla Presidenza del Consiglio con Nitti, Bonomi e Facta; e nel secondo
governo Facta fu capo di gabinetto del ministro dell’Interno Paolino Taddei (1 agosto – 31 ottobre 1922).
Op. cit., tomo II, pp. 1222-7; biografia a cura di Marina Giannetto.
8
Mario Savini Nicci, Roma, 7 marzo 1908 – Roma, 10 aprile 1992. Avvocato. Manager: Presidente della
C.I.G.A.; Direttore Generale della Società Generale Immobiliare. è il primo figlio maschio ed il terzo dei
quattro figli di Savini Nicci.
9
Faustino Roncoroni, Milano, 10 ottobre 1899 – Grosseto, 15 agosto 1975. Architetto. Gentiluomo
d’onore del Cardinale di Milano Camillo Caccia Dominioni. In quegli anni era intento a ricostruire i luoghi
di culto distrutti dal terremoto di Messina in Sicilia ed in Calabria. Marito della figlia primogenita di
Savini Nicci, Lavinia.
10
Salvatore Majorana, Catania, 2 febbraio 1903 – Catania, 8 settembre 1972. dottore in legge, studioso
di filosofia. Secondo figlio, primo figlio maschio, di Fabio.
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S. roncoroni: il promemoria “tunisi”: un nuovo tassello del caso majorana
1938-XVI giorno a cui si fa risalire la scomparsa di Ettore Majorana.
Per non ripetere quanto è stato scritto infinite volte lo faccio ricorrendo ad una inedita
cronologia essenziale stilata da mano Majorana ignota, ma di Sicilia, e con destinatari sconosciuti,
ritrovata a Rieti, dov’era la residenza estiva di Quirino Majorana, e a Roma in casa Savini Nicci.
“Il venerdì 25 marzo il prof. Ettore Majorana scrive al prof. Carrelli della sua stessa facoltà a Napoli,
manifestando propositi di abbandonare l’insegnamento e suicidi. Questa lettera è impostata la
stessa sera del 25 ed è ricevuta il giorno dopo.
La sera del 25 Ettore è visto in albergo fino alle ore 17,30.
Sabato 26 il prof. Carrelli riceve un telegramma da Palermo che dice “non allarmarti”, e subito dopo
la lettera di cui sopra.
Domenica 27 lo stesso prof. Carrelli riceve una seconda lettera di Ettore, da Palermo ed in carta
dell’Hotel Sole, in questa allontana i propositi suicidi e promette di ritornare a Napoli il giorno
dopo per spiegarsi a voce.
Il giorno 26 Ettore aveva telegrafato da Palermo, alle ore 10,10, all’Albergo Bologna di Napoli
“tenete chiusa la mia stanza arriverò lunedì”.
Il giorno lunedì 28 il prof. Carrelli non vedendo comparire il Majorana scrive a Roma a S. E. Fermi
informandolo e non escludendo che Ettore possa aver fatto qualche sciocchezza.
S. E. Fermi telefona alla famiglia a Roma (viale Regina Margherita 37). La sera stessa il fratello dott.
Salvatore parte per Napoli.
Martedì 29 Salvatore non avendo trovato alcuna notizia posteriore al giorno 25 conferisce con il
Questore di Napoli. La mattina da Roma parte per Napoli l’altro fratello di Ettore ing. Luciano.”
Quel martedì 29 marzo è un giorno chiave per la vicenda di Ettore Majorana. I due fratelli
maschi di Ettore fanno il punto della situazione e, sulla base dei pochi elementi fattuali raccolti
a Napoli e sulle conoscenze del loro pregresso familiare di cui si mostrarono sin d’allora gelosi
custodi, decidono un’azione e una strategia da tenere per le ricerche e si dividono i compiti per
le informazioni da dare ai parenti, in Sicilia e sul continente, e ad altre persone, amici di famiglia
o colleghi di lavoro di Ettore ed alle pubbliche autorità. Non si parla ancora di iniziative con la
stampa. Richiedono “estrema riservatezza” a tutti quelli che cominciano ad interessarsi alla ricerca
e, quindi, a fare domande e a chiedere risposte. Per questo riducono la diffusione del contenuto
delle lettere a Carrelli ( ed hanno buon gioco perché non sono di loro pertinenza) e decidono
di non rendere pubblica la lettera lasciata da Ettore in albergo indirizzata Alla mia famiglia, ad
esclusione di Oliviero Savini Nicci e Giuseppe Majorana11 ma con il vincolo del silenzio.
“La sera del martedì 29 Luciano s’imbarca per Palermo con il postale di linea preso da Ettore.
Mercoledì 30 a Palermo Luciano conferisce con il vice Questore che gli dice di essere già informato
dal Questore di Napoli. Le ricerche all’Hotel Sole non danno risultato, Ettore non vi è mai stato e
non si sa spiegare la carta come sopra.
Giovedì 31 viene trovato alle Poste il dispaccio del 26 diretto all’Hotel Bologna, che risulta di
carattere di Ettore.”
Il documento conferma la ricostruzione canonica sinora accettata e divulgata, portando nel
contempo alcuni elementi di novità. Il mio compito, però, non è quello di discutere queste
informazioni ma di spiegare l’origine del documento della foto 1, quello che dà inizio alle ricerche,
ufficialmente perché, come abbiamo visto, qualcosa s’era già cominciato a fare. Ed il lettore ci
scuserà se di qualche, pur nuovo ed importante documento, come quello appena dato e di altri a
seguire, non rendiamo note tutte le coordinate per espressa richiesta dei loro aventi diritto.
Dobbiamo fermarci e fare un’altra volta un passo indietro perché, per seguire l’ingegnere
Luciano, abbiamo perso di vista Salvatore, lasciandolo a Napoli. Il 30 marzo nel pomeriggio è
tornato sconfortato in treno a Roma e, prima di andare a casa dalla madre, raggiunge nel tardo
pomeriggio lo zio Oliviero Savini Nicci che, come aveva concordato con il fratello, allo stato delle
11
Giuseppe Majorana: Catania 23 settembre 1863, Catania, 21 dicembre 1940. Avvocato, Professore,
Deputato. Si laureò in legge, in economia politica e in statistica. Ha insegnato nell’Università di Messina
e di Catania di cui fu anche Rettore. è il primo dei sette figli di Salvatore Majorana Calatabiano.
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il nostro
mondo
cose gli sembrava la persona più adatta a cui chiedere aiuto e consiglio; ma quel giorno lo zio, per
motivi di lavoro che documenterò poi, rientrerà molto tardi a casa. E per nostra fortuna perché
questo ritardo darà modo ad altre persone di essere testimoni della vicenda.
In mancanza dello zio, ad accogliere Salvatore all’ultimo piano del palazzo di via Carlo Alberto 6,
c’è la zia Elvira, una delle sorelle di suo padre Fabio. La zia è molto turbata dalle notizie che il
nipote le porta e dallo stato d’animo dello stesso che spazia dall’agitato al depresso. Sente il
bisogno di chiamare qualcuno, maschio, che possa tenere compagnia al nipote fino all’arrivo
del marito e fa avvisare il primo figlio, l’avvocato Mario, che abita nel palazzo; ma anche lui non
è ancora rientrato. A quel punto, non potendo chiamare il suo secondo figlio, Angelo, perché
militare in Etiopia chiede che venga avvisato il genero, l’architetto Roncoroni che ha lo studio
professionale e l’abitazione nel palazzo. Alla fine, entrambi i chiamati si trovano a intrattenere il
cugino fino all’arrivo del Consigliere di Stato intorno alle ventuno e trenta della sera. Zio e nipote
hanno subito, in presenza dei due pre-invitati, un colloquio nello studio che si protrae poi, senza
soluzione di continuità, in sala da pranzo. Lo zio, come d’abitudine, prende appunti di quanto gli
viene detto nello studio (cfr. foto 2) scrivendo a penna su un semplice foglio di carta. Sbaglia la
data di nascita di Ettore al 7 agosto corretta con quella giusta, il 5.
Ettore Majorana n. a Catania 5. 8. 1906
Venerdì 25 – 1a lettera da Napoli al prof. Carrelli in cui dichiarava di dover prendere la
decisione inevitabile di abbandonare l’insegnamento. Diceva che partiva per via mare.
Lasciò l’Albergo Bologna alle 17 lasciandovi parecchi indumenti.
Sabato 26 – 2a lettera da Palermo allo stesso Carrelli in cui preannunciava che
contemporaneamente sarebbe tornato a Napoli, ove avrebbe dovuto arrivare domenica o
lunedì. Lo stesso sabato telegrafava all’albergo di tenere chiusa la camera.
Fino a tutto mercoledì non ha dato notizie di se.
Il suo nome non figura come viaggiante nella linea Napoli - Palermo e viceversa.
La famiglia ha fatto fare indagini a Palermo e provincia.
Analoghe indagini sono in corso per Napoli e Palermo.
Altri dati saranno presi durante la conversazione a tavola completando lo stesso foglio, in
fondo e di traverso al margine sinistro, ma questa volta a matita perché non si avesse a sporcare
la tovaglia.
Altezza 1,68. Soprabito grigio ferro. Cappello feltro marrone scuro. Vestito accurato
Vestito bleu. Passaporto per l’Europa rinnovato in giugno-luglio
Foto 2.
62 < il nuovo saggiatore
Come si può facilmente constatare la struttura dell’appunto è sostanzialmente identica alla
comunicazione della Polizia (cfr. anche foto 1). Questo foglio è conservato libero alla pagina del
30 marzo 1938 del diario di Savini Nicci. Non c’è bisogno di una perizia calligrafica per accertarne
la stessa mano e la stessa origine.
Con tutta evidenza questo appunto è il primo abbozzo della nota scritta poi su carta intestata
del Consiglio di Stato; è più breve della seconda e contiene i dati che gli comunica Salvatore; le
notizie che confluiranno nella definitiva sono, invece, tutte frutto delle considerazioni personali
dello zio. E sono quelle che verranno considerate non consone ad un documento di polizia e che
non saranno gradite da parte dei Majorana di Fabio. Salvatore dice di muoversi sulla base della
linea di azione decisa di comune accordo con il fratello Luciano il giorno precedente a Napoli;
vuole “estrema riservatezza” per gestire quel caso che sente prossimo a scoppiargli tra le mani
e fissa dei limiti, non alle informazioni che darà allo zio, ma a quelle che lo zio potrà usare per
l’intervento che gli si sta chiedendo. Ma io penso, anche alla luce di quanto poi appureranno le
ricerche successive fino alle recenti, che Salvatore quella sera abbia fissato dei limiti anche alle
informazioni che darà allo zio gettando, quindi, quella sera lo schema del futuro “caso” Majorana.
Era questa anche la sensazione di Mario Savini Nicci, quando, molti anni dopo, ritornò a parlare
con me di quella serata. Salvatore ha con sé la trascrizione delle due lettere e del telegramma a
S. roncoroni: il promemoria “tunisi”: un nuovo tassello del caso majorana
Carrelli12 ed anche la trascrizione del telegramma all’Albergo Bologna e l’originale della lettera
lasciata in albergo in una busta con su scritto “Alla mia famiglia”. la busta di quest’ultima lettera
era integra come se fosse stata chiusa senza incollarla o incollata solo in punta e, quindi, aperta
senza traumi; nessuno dei presenti badò a questo importante dettaglio e neanche io, quando
alla fine degli anni sessanta, ebbi modo di vedere queste lettere. Salvatore, per lo zio, legge ed
interpreta il tutto nell’ordine cronologico in cui le lettere sono state scritte; diremmo secondo
una logica lineare, semplice, come si confaceva ad un uomo di legge prestato alla filosofia,
Salvatore si definiva tomista, un seguace della dottrina di san Tomaso, ben lontano dalla logica
indeterministica e moderna con cui le aveva scritte il fratello fisico. Il nipote non si sottrae alle
precise ma caute domande dello zio su possibili motivazioni familiari, di lavoro, sentimentali, di
salute che avrebbero potuto provocare quel gesto. Il nipote esclude assolutamente le prime, è
possibilista, invece, solo sull’ultima. Salvatore anche ritiene, come il suo interlocutore, che la prima
lettera a Carrelli e soprattutto la lettera alla famiglia erano permeate e dettate da “leggeri propositi
suicidi”, propositi, però, che annullava e correggeva alla luce di una lettura temporale-cronologica
della scrittura dei due telegrammi e sopratutto della seconda lettera a Carrelli.
Salvatore pensava che La lettera alla famiglia, se resa di pubblico dominio, avrebbe potuto
identificarsi con il classico biglietto che quasi sempre scrive chi si accinge al suicidio e, quindi, in
grado di trasformare quei “leggeri propositi suicidi” in propositi certi e dominanti nell’opinione
familiare e pubblica. E questo, per lui e per la famiglia, era una ipotesi eticamente non accettabile
prima che non possibile. Due, poi, erano i motivi per cui non voleva renderla pubblica: il primo
ed il più importante, e di cui ho già detto, era perché la riteneva superata ed annullata dalle
altre missive; il secondo, ma non meno importante per la famiglia, perché ritenevano che la loro
madre non sarebbe stata nelle condizioni di sopravvivere se ne fosse venuta a conoscenza. E
chiese dallo zio e dai due muti testimoni, di cui non aveva chiesto l’allontanamento, il silenzio e
la non divulgazione in assoluto di quella lettera e li ottenne. Inoltre dato che Ettore si era prefisso
questo dichiarato “programma di sparizione”, la famiglia non avendo intenzione di andare contro
la sua decisione, chiedeva che fossero fatte delle ricerche “al solo fine di rintracciarlo” , solo per
sapere se era vivo, senza chiedere di sapere dove fosse. Ma Savini Nicci manifestò molti dubbi
sulla opportunità di questa richiesta restrittiva prima e sulla possibilità che poi questa condizione
sarebbe stata rispettata dalla famiglia. Salvatore chiese allo zio di non trascrivere a sua volta le
lettere oltre quello che aveva già fatto nell’appunto e lo rassicurò dicendogli che nulla di quanto
aveva detto nella sua visita in Questura a Napoli confliggeva con quanto lui gli stava chiedendo di
fare.
Savini Nicci ascoltò con attenzione, lesse con calma la poca corrispondenza, meditò, discusse
con il nipote tutta la vicenda e i pro e i contro delle sue richieste e della sua linea di azione e,
comunque determinato a fare qualcosa, prese tutte le informazioni necessarie per stilare
una memoria per la polizia che avrebbe consegnato subito il giorno dopo. Conosceva bene
il Capo della Polizia, il senatore Arturo Bocchini, ma disse che preferiva andare dal suo vice,
Carmine Senise, che conosceva altrettanto bene perché era suo amico da lunga data. S’era
fatto molto tardi e lo zio chiese a Mario e Fausto di riaccompagnare il nipote a casa in viale
Regina Margherita 37, da cui mancava da qualche giorno, per relazionare i suoi e sopratutto
tranquillizzare la madre. Questi dettagli per segnalare quanto tempo trascorsero insieme e
quanto fu intensa quella serata per i tre giovani.
Quella sera, com’era solito fare prima di coricarsi, Savini Nicci scrisse la nota del giorno
30 marzo sul diario, ma non la memoria da presentare a Senise.
30 marzo…. Ho avuto oggi udienza alla Va-Sez. Alle 17 il Duce ha pronunciato al
Senato un discorso-bomba13 sulle condizioni delle nostre forze militari: tutto è potente,
tutto va bene. Secondo me sarebbe meglio non parlare molto su ciò, e lasciare capire
con i fatti. Ma io non sono un politico. Abbiamo ascoltato il discorso alla radio nel
salone grande delle adunanze generali. E poi siamo tornati in Camera di Consiglio.
Siamo usciti da Palazzo Spada alle 21. Ho trovato a casa Turi Majorana che ci ha
partecipato la scomparsa di Ettore da Napoli. Ha scritto al suo preside di voler
lasciare l’insegnamento: ha scritto da Palermo il giorno 26 e poi nulla più. La madre
e i fratelli sono in grandi ansie.
12
Solo molto tempo dopo Carrelli consegnerà alla famiglia Majorana gli originali delle lettere a lui
dirette ma senza busta e senza il telegramma. Non so come, quando e perché questo sia avvenuto ma è
cosa che potrà essere chiarita con i documenti non ancora conosciuti.
13
Il discorso di Mussolini del 30 marzo 1938-XVI “Le forze armate della Nazione”, pronunciato in forma
solenne al Senato, è da considerare, con quello del 16 marzo 1938-XVI “Discorso sull’Anschluss”, come
la risposta verbale italiana alla annessione dell’Austria (Anschluss 12 – 13 marzo 1938) da parte della
Germania Nazista.
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il nostro
mondo
La memoria per Senise la scrisse l’indomani in Consiglio di Stato dove si era recato di
buon’ora per svolgere alcune incombenze improcrastinabili e dopo una telefonata alla
povera mamma per tranquillizzarla con il suo interessamento e per sapere se, nel frattempo,
ci fossero state novità con cui aggiornare, alla mattina del 31 marzo, la nota, che avrebbe
steso da lì a poco. Perché era abituato dal suo lavoro a fare così; a scrivere per l’interlocutore
una nota chiara ed essenziale nel delineare i fatti e le cose certe; sapendo quello che non si
voleva fosse scritto dei “propositi suicidi” e indicando anche dei canali di ricerca da seguire
come suggeriti da lui Oliviero Savini Nicci uomo di esperienza delle cose di Stato e del mondo
e non dal giovane e comprensibilmente sconvolto familiare dello scomparso. Nella nota
non accenna alle indagini da fare al solo fine di rintraccio perché sa che non è una richiesta
da fare per scritto e perché si riserva di farlo a voce sicuro di poterlo ottenere come di fatto
avverrà. Non citava come luogo di possibile ricerca gli ambienti religiosi , che quasi subito si
dimostrarono una delle piste più battute, tanto da divenire la vulgata ed il leitmotif principale
della scomparsa. Questa pista non era ancora stata valutata e ce ne dispiace perché sarebbe
stato molto utile conoscere le reazioni di Savini Nicci ad una simile ipotesi. Invece, di sua
iniziativa indicò le case di cura perché aveva scritto che il giovane era malato ed anche questo
suggerimento portò a delle piste che potevano sembrare risolutive. Salvatore non gli ricorda
che il fratello scomparso ha una lunga cicatrice sul dorso della mano destra che in seguito
sarà un dettaglio che i familiari non mancheranno di indicare negli annunci a pagamento
che faranno sulla stampa. Di Savini Nicci la definizione di “misantropo acuto” che ha fatto
arrovellare molti cervelli nella ricerca di chi ne fosse l’autore e se questi avesse l’autorità
per poter dare questa etichetta. Si, Savini Nicci aveva le competenze e le conoscenze per
esprimere queste valutazioni: ciò emerge non solo dalle testimonianze di quanti lo hanno
conosciuto ma anche da quanto lui ha scritto in questa occasione. Come il suggerimento di
non cercarlo a casa o nei dintorni di casa ma un po’ più lontano dove Tunisi, per Savini Nicci,
era l’indicazione di un luogo emblematico di tutte le possibili destinazioni coerenti con la
situazione personale dello scomparso, che lasciava ad altri, (la famiglia di Ettore, la polizia)
che sapevano, di valutare e di approfondire: quindi, Tunisi sta per l’Argentina ed anche per la
Germania, per accennare alle ipotesi più seguite negli ultimi tempi. E questo perché quello
che aveva intuito da quel colloquio gli aveva confermato qualche tensione nella famiglia
dei Fabii, come li chiamavano in casa, che già conosceva dalla moglie Elvira e da sua sorella
Emilia, le cognate di Dorina, la mamma di Ettore; ma niente di particolare su cui ci si dovesse
soffermare più di tanto perché sapeva che ogni famiglia ha le sue specifiche dinamiche
interne. Savini Nicci conosceva bene il valore di Ettore; nella pagina del diario dell’11 luglio
1934 in occasione della morte del padre Fabio è l’unico della famiglia che nomina:
“Lascia tutta la famiglia (5 figli) pronta per la sistemazione ma non sistemata. Uno
dei figli Ettore è un portento”. Ed è con questa consapevolezza che s’accinge ad intervenire.
Savini Nicci il 31 marzo va da solo all’appuntamento. Il colloquio con Senise14 , disse, fu lungo
e disteso, come doveva essere tra vecchi amici, e con tutto il tempo necessario per esaminare
con cura la pratica e per contenerla nei limiti desiderati. I vertici della polizia furono
estremamente
disponibili e collaborativi tanto che Senise attiva la pratica facendo suo l’appunto di Savini
Nicci traendone le notizie essenziali da inserire nella circolare telegrafica.
Savini Nicci raccontò che quel giorno dovette ripetere e ragionare del fatto più volte e
con persone diverse: con Senise prima; poi con Bocchini, da cui era stato condotto per un
dovuto saluto di cortesia tra vecchi amici e di prassi per i visitatori importanti, ma anche
per fargli avallare, come poi di fatto avvenne, la linea che si stava prendendo. La decisione
di fare le ricerche al solo fine di rintraccio uscì dalle stanze della Direzione della Polizia e
dei suoi esperti piuttosto che da una richiesta di Savini Nicci. Poi di nuovo, nello studio di
Senise, con gli esperti delle sparizioni e dei suicidi che erano stati nel frattempo convocati.
Senise e Bocchini sapevano chi era il professor Ettore Majorana e che era stato messo in
cattedra fuori concorso per “chiara fama” e capivano perfettamente che il caso doveva essere
profondamente diverso da quello di quei disperati che in genere sparivano o si suicidavano.
Tutti concordavano che non c’erano stati da lungo tempo casi così particolari e complessi
14
Carmine Senise, Napoli, 28 novembre 1883 – Roma, 24 gennaio 1958. svolge la sua carriera al
Ministero dell’Interno: come poliziotto, prefetto e poi come vice capo della Polizia dal 1932 alla
morte di Bocchini nel 1940; gli subentra come capo della Polizia fino all’aprile 1943 quando viene
destituito da Mussolini. Partecipò alla congiura del 25 luglio, organizzando l’arresto di Mussolini
all’uscita di casa Savoia. Ritorna al vertice della Polizia durante i quarantacinque giorni del governo
Badoglio. L’8 settembre, mentre la Casa Reale ed il Governo fuggono al Sud, Senise resta al suo
posto. Arrestato dai tedeschi il 27 settembre fu imprigionato a Dachau ed uscì solo pochi giorni
prima della fine della guerra.
64 < il nuovo saggiatore
S. roncoroni: il promemoria “tunisi”: un nuovo tassello del caso majorana
come questo del professor Majorana e di suicidi e di sparizioni non è che non ce ne fossero stati in
quegli anni; alla Polizia erano i primi a sapere che la media era rimasta invariata e che erano solo
i giornali dell’epoca che, per precise disposizioni governative, non ne potevano parlare. Il caso
Majorana, quindi, intrigò molto gli esperti per le novità che presentava e per la personalità dello
scomparso e gli dedicarono tempo ed attenzione discutendo e rimettendo in gioco la lettura dei
pochi documenti in loro possesso e dei tanti limiti che si ponevano alle ricerche ed arrivarono a
fare ipotesi e congetture che Savini Nicci non si sarebbe mai sognato che si potessero fare con
quell’immediatezza. Il suo ragionare era stato più lineare e semplice, di buon senso.
Gli esperti osservarono che la “scomparsa”, per quanto fossero imperscrutabili le sue
motivazioni, era organizzata e meditata da tempo, e non fosse affatto una decisione improvvisa,
come sembravano testimoniare i parenti , Salvatore per bocca di Savini Nicci, che si dicevano
sicuri di non aver avvertito alcun segno premonitore. L’esecuzione del piano di scomparsa, al
fine settimana lavorativa, avvalorava questa ipotesi tanto da sembrare una scelta per frapporre
più tempo tra lui e i suoi eventuali inseguitori (una fuga), piuttosto che su i suoi eventuali
seppellitori (un suicidio). Le due lettere scritte da un “misantropo acuto”, com’era stato descritto
Ettore Majorana, ad un collega superiore ma di recente conoscenza, sembrarono insolite e degne
di molta attenzione; troppe per un suicidio, indecifrabili per un allontanamento; per compensare
l’asserita mancanza della solita lettera ai famigliari gli esperti immaginarono che
queste lettere potessero contenere messaggi nascosti inviati ai parenti tramite il
destinatario. Alla Direzione di Polizia si resero conto delle reticenze? Io, oggi, penso
di si, anche alla luce dell’incontro tra Salvatore Majorana ed Arturo Bocchini di cui
parlerò proprio per completare questa ricostruzione; Savini Nicci, allora, osservò solo
che non insistettero più di tanto su questo punto.
Si capisce dalla scarna relazione che Savini Nicci scrive riguardo l’esito della visita
che l’argomento finì nel grande discorso della saggezza popolare, contadina (la
sua) e napoletana, area culturale cui entrambi appartenevano, quella di Bocchini e
Senise. Il “parere generale”, con cui riassume la visita, fotografa senz’altro un risultato
corale che non si limita a sole tre voci, Savini Nicci, Senise e Bocchini, ma comprende
anche tutti quegli altri anonimi che in quella lunga mattina sono stati chiamati ad
esprimere un loro parere sull’operato di un “genio pazzo”. Un vero peccato non poter
risalire ai loro nomi. Da quel giorno quel “è meglio un figlio ciuccio piuttosto che un
genio pazzo” è risuonato nelle case dei Savini Nicci e affini come un monito usato
a perdonare e giustificare con cristiana indulgenza l’inadeguatezza della prole alle
aspettative dei genitori. Che quel motto si debba alla cultura del Savini Nicci lo si
deve arguire da quella ricca raccolta di proverbi della sua terra Sabina che curerà
nell’immediato dopoguerra.
Però, che il parere degli esperti, dei funzionari e dei capi propendesse per
il suicidio, non ostante la loro ignoranza della lettera alla famiglia, è espresso
dall’ordine con cui vengono offerte le risultanze dell’incontro: prima il “non si sa siasi
ucciso” e solo poi il “ o siasi ritirato in qualche posto”. In tarda mattinata la circolare
telegrafica preparata sulla base del pro-memoria di Savini Nicci per Senise, quello su
carta del Consiglio di Stato è pronta per l’invio a tutte le Questure del Regno (foto 3).
442 Alt
Pregasi ricerche ai soli fini rintraccio senza comunque far nulla trapelare
interessato professore di Fisica R. Università di Napoli Ettore Maiorana
(sic) fu Fabio – di Dorina Corso nato Catania 5 agosto 1906 allontanatosi
da Napoli senza dare notizie famiglia Alt Professor Maiorana (sic) est
possesso passaporto Stati Europei rinnovatogli giugno o luglio scorso anno
Alt Connotati Alt Altezza 1,69 – Viso lungo – Occhi vivi et grandi – Capelli
neri – Bruno – Veste soprabito grigio-ferro - Cappello marrone scuro Alt
Caso rintraccio telegrafare urgenza Ministero segnalando eventuale di lui
spostamento et località ove dirigesi Alt
Capo Polizia
Foto 3 Riprodotta da F. Guerra, N. Robotti : Ettore Majorana
Aspects of his Scientific and Academic Activity, Edizioni della
Normale, 2008, per gentile concessione.
Savini Nicci è riuscito ad assolvere in pieno quanto si era impegnato a fare con il nipote.
Nel documento ufficiale che esce dalla Direzione di Polizia a Roma non si fa, per ora, nessun
riferimento a “propositi suicidi” da parte dello scomparso professore ne si parla dell’esistenza di
una lettera lasciata alla famiglia e si chiede anche che le ricerche siano fatte ai soli fini di rintraccio.
Le informazioni che dà e la sua struttura sono certamente più consoni al linguaggio questurino
ma in quel dispaccio non c’è nulla che possa aiutare un poliziotto a rintracciare un “genio pazzo”.
In tarda mattinata Savini Nicci lascia la Direzione di Polizia, così come era entrato, senza
lasciare alcuna traccia del suo passaggio e la sera, al solito, scrive la sua pagina di diario, semplice,
essenziale e piena di saggezza.
vol27 / no5-6 / anno2011 >
65
il nostro
mondo
31 marzo… Bel tempo. Sono molto occupato con gli esami alla Rag. Gen., con la
redazione del lodo arbitrale. Fui stamane da Senise, vice Direttore Gen. della
Polizia, per le indagini di Ettore Majorana. Ha fatto una circolare alle Questure.
Parere generale è che è meglio avere uno figlio ciuccio, anziché un genio pazzo.
Non si sa siasi ucciso, o siasi ritirato in qualche posto.
I giorni seguenti sono giorni di grande speranza. La tensione e l’ansia si allentano si
è certi che la macchina delle ricerche che è stata messa in moto arriverà a ritrovare lo
scomparso. Ma, come sappiamo, non sarà così.
Le note riguardanti Ettore Majorana sul diario di Savini Nicci hanno la cadenza delle
disposizioni ufficiali della polizia segnate sulla pratica Majorana. Sono la trascrizione
diaristica dei risultati delle ricerche di quei primi giorni che Senise stesso o la sua
segreteria cortesemente gli comunicava.
1 aprile… di Ettore Majorana nessuna notizia.
3 aprile… Di Ettore nessuna notizia.
6 aprile… Di Ettore Majorana nessuna notizia. Pare escluso che possa essersi
suicidato ma intanto non si trova.
Pare escluso che possa essersi suicidato in mare perché la Tirrenia, di fronte
all’intervento della polizia, esibisce i regolari biglietti di viaggio di andata e ritorno con
tanto di cedola di viaggio consegnata agli sbarchi. Chissà se qualcuno si sarà chiesto
se sono stati ritrovati per sventare i problemi che la compagnia avrebbe avuto nel caso
di un evidente suicidio a bordo della nave. è accertato e confermato dalla famiglia
Majorana allargata che la polizia si è attivata ed ha fatto delle ricerche di cui, però, non
rimane alcuna traccia. Non c’è nessun rapporto della polizia che indichi la ricostruzione
dei movimenti a Napoli del passeggero. Non si sa se sia passato in albergo, penso di no
perché la lettera alla famiglia non era stata ritirata. Non ci sono relazioni su interrogatori
di quanti erano vicini a lui all’albergo Bologna, all’università, al corpo insegnante,
ai pochi allievi, ai familiari ed ai colleghi di lavoro, vecchi e nuovi, per cercare di
capire meglio le motivazioni di quel gesto. è stato visto a Napoli ma non si sa quali
controlli siano stati fatti su questi testimoni e su eventuali altre sue residenze. Non c’è
indicazione di un rapporto terzo, della famiglia per esempio, che queste indagini siano
state fatte. Non si sa se qualcuno ha seguito le indicazioni di Savini Nicci controllando
le navi in partenza per Tunisi o per qualsiasi altra località e battenti qualsiasi bandiera
in quei giorni di fine marzo a Napoli e a Palermo; non si sa quali case di cura sono state
visitate e se sono stati fatti dei controlli nelle farmacie dove avrebbe dovuto acquistare
le medicine. La segnalazione del riconoscimento da parte dell’ infermiera, citata da
Ettore nella lettera da Napoli alla madre del 22 gennaio 1938-XVI, era senza dubbio il
caso di un “ rintraccio” da dover comunicare con urgenza al Ministero, ebbene, non si
sa se l’infermiera sia stata sentita oltre che dalla famiglia anche dalla polizia e, quindi,
interrogata e identificata; nessuno ha ritenuto opportuno ricordare il suo ruolo ed il
suo nome. Nessun rapporto della polizia e nessun promemoria della famiglia sulle
ricerche fatte. Solo alcuni spezzoni, disseminati senza ordine e coerenza in scritti e
testimonianze, ci fanno sapere del ritrovamento dell’originale di uno solo dei due
telegrammi alla posta di Palermo (citato) e che anche la pista dell’anagrafe era stata
controllata da Salvatore. Ma perché uno solo dei due telegrammi, l’altro non era stato
trovato oppure non si è ritenuto doverlo ricordare? Cosa è andato a fare poi Ettore
all’anagrafe il completamento della sua pratica di residenza o di quella della madre?
Quindi, il puzzle molto grande, di cui si conoscono solo alcune tessere sbiadite,
difficilmente potrà arrivare allo svelamento della sua figura se non con la buona volontà
e la collaborazione di tutti gli interessati, familiari ed amici.
Forse le ricerche a solo fini di rintraccio con le sole indicazioni anagrafiche e fisiche
del ricercato riassunte nel dispaccio telegrafico non prevedevano interventi più mirati
e particolari come quelli richiesti e suggeriti nel promemoria di Savini Nicci. Con quei
dati era come ricercare un ago nel pagliaio, e così è stato. Ed alla fine non si è ritenuto
interessante conservare la documentazione di queste ricerche inesistenti.
12 aprile … per Ettore Majorana si brancola ancora nel buio.
Siccome i giorni passano e non si riesce ad uscire dal buio oltre alla famiglia anche
gli amici cominciano ad interessarsi e a dare un contributo alle ricerche. Qualcuno
pensa, erroneamente, che l’intervento di Savini Nicci non ha dato alcun risultato, perché
ha coinvolto solo funzionari intermedi e che sia necessario re-intervenire ai vertici.
66 < il nuovo saggiatore
S. roncoroni: il promemoria “tunisi”: un nuovo tassello del caso majorana
Senato del Regno
Roma 16/4/38-XVI
L’amico e collega di Ettore, il fisico teorico Giovannino Gentile jr, figlio dell’ex Ministro
dell’Educazione e filosofo Giovanni Gentile, chiede su sollecitazione di Salvatore un
incontro per lui con il capo della Polizia perché possa riferire alcuni nuovi indizi nel
campo della ricerca di Ettore.
Da una lettera di Salvatore al cugino Francesco da Roma datata genericamente
Pasqua 1938, quindi da presumere scritta prima della visita a Bocchini, conosciamo le
due testimonianze per cui ha chiesto l’appuntamento e l’importanza che gli annette. La
lettera è citata, nelle parti che ci riguardano, dalla minuta di Salvatore: “Caro Francesco,
abbiamo ieri ricevuto la risposta di Strazzeri che fu compagno di cabina di Ettore.
Dice d’avere notato un giovane che non poté mai vedere in viso e che non scambiò
una parola, coricato col viso verso il muro. Quando poco prima dell’arrivo Strazzeri
si alzò, primo fra i tre, lo lasciò ancora a letto. Dunque arrivò a Napoli. E ciò conferma
la testimonianza dell’infermiera che l’avrebbe visto i primi di aprile e che è pronta a
giocare la sua testa per la verità di sua testimonianza. … Da due giorni non opino più
per il suicidio, in base a dette due testimonianze. …”. E sarà con questi nuovi sentimenti
che Salvatore si accinge all’incontro.
Sabato 16 aprile 1938, la vigilia di Pasqua (quell’anno capita il 17 aprile), il senatore
Gentile scrive al capo della polizia, senatore Arturo Bocchini (documento 1)15.
Salvatore non perde tempo e già il lunedì di Pasqua si presenta all’appuntamento
con il Direttore della Polizia e il suo passaggio segue un percorso ed ha un esito diverso
da quello di Savini Nicci. Per entrare deve fare una richiesta di udienza cui viene allegata
la lettera di presentazione e che è rimasta agli atti (documento 2).
Strada facendo, di trascrizione in trascrizione, la “ nuova traccia” gentiliana diventa
“importanti tracce”; il colloquio viene subito concesso, Salvatore Majorana ha modo
di spiegare i nuovi risultati delle ricerche da parte della famiglia e, dopo il colloquio
con Bocchini, collabora a redigere la nota seguente e sulla quale vale la pena di fare
qualche osservazione (documento 3).
Guido Leto, uno dei più stretti collaboratori di Bocchini, ebbe a scrivere di lui:” la
sua cultura non era affatto eccezionale, ma l’ingegno era vivido e la prontezza
dell’intuizione e dell’assimilazione veramente straordinaria. Aveva una memoria
prodigiosa, qualità questa che gli fu sempre di grande aiuto nell’esercizio delle sue
funzioni, e la parola facilissima. (…) La sua memoria che, ripeto era un vero prodigio, lo
metteva in condizioni, senza mai adoperare un’annotazione o un appunto, di parlare di
qualunque argomento a lui cognito con una precisione e una competenza sbalorditive
(… )“16. Non è pensabile, quindi, che Bocchini non ricordasse perfettamente quanto
gli era stato riferito meno di un mese prima e quale fosse la sua opinione e quella
dei suoi uomini ce lo ricorda quel “non si sa siasi ucciso” come ipotesi più probabile.
Mentre in tutta Italia le ricerche si stanno organizzando sulla base delle scarne notizie
della circolare telegrafica è evidente che in Direzione della Polizia a Roma vive ancora il
ricordo del promemoria di Savini Nicci con tutti i ragionamenti di cui era stato oggetto.
Vale a dire che, anche senza essere a conoscenza della lettera alla famiglia, alla Polizia
in generale si optava per la soluzione del suicidio. Con il conseguente corollario che nei
ragionamenti che ho portato avanti con Mario Savini Nicci ambedue avevamo pensato
che forse proprio quella lettera, e non le altre due ipotizzate, nascondesse il messaggio,
esplicito secondo un codice, di Ettore ai familiari.
La conseguenza è che il collaboratore del Capo della Polizia opportunamente
edotto non perde tempo e qualifica l’oggetto della visita con una frase ben chiara, più
dura e circostanziata, ripetendo per due volte, la prima in scomparsa (con proposito
di suicidio), poi ribadito, dopo le rimostranze di Salvatore, con come da lettere da lui
lasciate citando, quindi prove ed argomenti che nella circolare telegrafica del 31 marzo
sono state ignorate ma che erano nel promemoria Savini Nicci.
Nell’originale manoscritto della nota le tre parti concettuali da me individuate si
distinguono nell’impaginazione degli accapo che ho evidenziato un po’ meglio nel
trascriverla a lato. La prima contiene l’oggetto della domanda. La seconda contiene
chiaramente la deposizione di Salvatore Majorana con l’indicazione dei nuovi elementi
d’indagine acquisiti per cui è necessario riportare il caso all’attenzione della Polizia.
E i nuovi elementi dicono che Ettore Majorana non si è fermato a Palermo dove era
andato con “propositi suicidi”, come riscrive il funzionario, perché è stato trovato il
biglietto di ritorno Pa-Na; che è stato visto sulla nave fino al momento dello sbarco, e
che ci sono finalmente delle testimonianze credibili della sua presenza a Napoli. Perché
15
In Archivio Centrale dello Stato; Serie “polizia Politica: Personali” busta n. 780; fascicolo
“Ettore Majorana”.
16
Cfr. la biografia di A. Bocchini in op. cit., pp. 1463-4; biografia a cura di Giovanna Tosatti.
Cara Eccellenza,
Vi prego di ricevere e ascoltare il Dott. Salvatore Majorana,
che ha bisogno di conferire con Voi pel caso disgraziato del
fratello, il professore scomparso.
Da una nuova traccia parrebbe che una nuova indagine sia
necessaria, nei conventi di Napoli e dintorni, forse per tutta
l’Italia meridionale e centrale. Vi raccomando caldamente
la cosa. Il prof. Maiorana (sic) è stato in questi ultimi anni una
delle maggiori energie della scienza italiana. E se, come si
spera, si è ancora in tempo per salvarlo e ricondurlo alla
vita e alla scienza, non bisogna tralasciar nessun mezzo
intentato.
Con saluti cordiali e auguri di buona pasqua.
Vostro
Giov. Gentile
documento 1.
MINISTERO DELL’INTERNO
Richiesta di udienza
Roma, li
Il Sig.
di (paternità)
domiciliato a
Indirizzo
Professione
Carica od ufficio che ricopre
Chiede di parlare a
18-4-38 XVI
Salvatore Majorana
fu Fabio
Roma
Viale Reg. Margherita 37
dottore in legge
S. E. il Sen. Bocchini
Oggetto della visita
Specificare
Riferire su importanti tracce della scomparsa prof. E. Majorana
- Lettera del Sen. Giovanni Gentile
documento 2.
Roma 18-4-938-XVI
Oggetto: Scomparsa (con proposito di suicidio) del Prof. Ettore
Majorana
Il Sig. Salvatore Majorana, fratello del Prof. Ettore Maiorana ora scomparso dal 26-3-u.s., riferisce su altri particolari
potuti accertare da loro stessi familiari.
Fatte le ricerche, con la collaborazione della Polizia (Que- ­
stura di Napoli), a Napoli e Palermo non si è potuto venire
a capo di nulla. Il Prof. Maiorana erasi recato da Napoli
a Palermo con proposito di suicidio (come da lettere .da
lui lasciate) e quindi supponevasi che fosse rimasto a Pa-­
lermo. Però tale ipotesi viene ora a scartarsi col fatto che
è stato rinvenuto il biglietto di ritorno alla Direzione della
“Tirrenia” e perché è stato visto alle cinque sulla cabina
del piroscafo - durante il viaggio di ritorno - che dormiva
ancora. Poi ai primi di aprile è stato visto - e riconosciuto
- a Napoli fra il Palazzo Reale e la Galleria mentre veniva
su da Santa Lucia, da una infermiera che lo conosceva e
che ha anche visto ed indovinato il colore dell’abito.
Dato ciò, e siccome i familiari sono convinti ora che il Prof
Maiorana è ritornato a Napoli, si chiede da parte loro che
si rifaccia lo spoglio dei cartellini d’albergo di Napoli e
Provincia (Maiornana si scrive col primo i lungo: Majorana,
onde potrebbe darsi che sia sfuggito il nome alle prime
ricerche effettuate) e che la Polizia di Napoli - che è già in
possesso della fotografia - intensifichi le ricerche. Possibilmente
si potrebbe fare qualche indagine per vedere se abbia
acquistato armi a Napoli dal 27 marzo in qua.
documento 3.
vol27 / no5-6 / anno2011 >
67
meravigliarci della descrizione cittadina di Napoli da parte di un funzionario romano e di Salvatore
Majorana, ambedue certamente non esperti di Napoli, o della testimonianza dell’infermiera che
indovina il colore del soprabito in un verbale di polizia che è per sua natura una trascrizione
forzatamente succinta, con tutti i suoi difetti ma anche con i suoi pregi, di quanto il dichiarante
andava dicendo? L’importante non sono questi dettagli ma il fatto che qualcuno l’abbia visto a
Napoli, e lo abbia riconosciuto; e sconcertante è che di questa persona nessuno abbia voluto
ricordare il nome. E, noi sappiamo che Salvatore Majorana credeva a tale testimonianza che
sicuramente aveva partecipato a raccogliere e che era andato all’appuntamento con ben altre
aspettative.
Dato ciò, la terza ed ultima parte è costituita dalle conclusioni o dalla richiesta supportata
dalla raccomandazione del Senatore Gentile: cosa chiede la famiglia? S’intravvede dietro lo
scritto la discussione che ha preceduto la stesura del paragrafo. La sorpresa di Salvatore mista
all’indignazione a collaborare da suggeritore con chi avrebbe dovuto conoscere a memoria
la parte. Di migliorare, di intensificare le ricerche come? Anche scrivendo il suo cognome in
modo corretto e non come lo stava scrivendo una volta si e una no dice Salvatore, con ironia
alla Majorana. Perché quella di Salvatore non fu una richiesta ma una critica sferzante e dura nei
confronti di un funzionario cortese, dopotutto Salvatore Majorana era un raccomandato di ferro,
non perché aveva scritto in modo errato il suo cognome per ben 4 volte e neanche corretto dopo
la sua precisazione, ma perché quell’uomo di fronte a lui scriveva cose orrende fraintendendo
quanto lui diceva e, come abbiamo visto, sinceramente pensava. Salvatore mi descrisse la scena
di quel giorno alla Direzione della Polizia, l’enorme e non più sostenibile disagio per la piega che
quell’incontro aveva preso. E Salvatore che sapeva bene dell’inutilità di questa richiesta17, e che
non la richiese, intendeva prendere le distanze da quel funzionario che gli stava facendo dire
cose che lui assolutamente non pensava. Ma non ci riesce e il funzionario nel formalizzare quella
richiesta che non c’era stata gli attribuisce anche l’idea che il ritrovamento del fratello potesse
dipendere da una i o da una j. Perché quanto oggi risulta purtroppo dal rapporto è questo
“la scomparsa (con proposito di suicidio)”. L’anonimo funzionario percepisce solo l’irritazione
dell’interlocutore e lascia uno spazio vuoto per le indicazioni sulle indagini che la famiglia chiede
di fare e aspetta qualche suggerimento che non arriva. Poi a Salvatore si gela il sangue quando,
non avendo suggerito nulla di suo, l’anonimo estensore chiude l’appunto scrivendo “… se abbia
acquistato armi in Napoli dal 27 marzo in qua”, chiaramente per dare un esito rotondo ai “propositi
suicidi” con cui aveva iniziato il rapporto.
Come non aveva gradito quelle informazioni espresse in un linguaggio non consono ad un
verbale di Polizia da parte dello zio, così Salvatore rimane molto scontento del verbale redatto
dalla segreteria del capo della Polizia nella pienezza del suo linguaggio. La conseguenza di queste
due esperienze fu che per lungo tempo Salvatore avrebbe cercato di essere l’autore, o almeno il
pieno ispiratore degli scritti sul fratello scomparso. E, dunque, non poche informazioni si hanno
dalle analisi dei rapporti tra i Majorana di Fabio e la stampa, subìta o comprata, in occasione di
questa lunghissima scomparsa.
Oliviero Savini Nicci morirà nel 1955, Faustino Roncoroni nel 1975, Mario Savini Nicci nel 1992.
I primi due non parleranno mai della Lettera alla Famiglia fedeli all’impegno preso. Con Mario
Savini Nicci, invece, ho avuto modo di parlarne spesso ma solo dopo che la famiglia di Ettore, la
madre ancora vivente, aveva cominciato a parlare pubblicamente dell’esistenza di questa lettera
non dandone ancora la vera trascrizione ma lasciando che girassero delle versioni virgolettate
di una violenza e di una crudezza tali da non farti più comprendere quel rifiuto iniziale alla
pubblicazione di una missiva, forse con propositi suicidi ma di certo stilata in modo inconsueto,
ed enigmatico da rendere il caso veramente diverso.
Stefano Roncoroni
Nato a Roma nel 1940, Stefano Roncoroni ha
effettuato studi classici all’Istituto M. Massimo,
dopo un breve passaggio a Fisica, si è laureato in
lettere alla Sapienza di Roma. Majorana per parte
femminile, sua nonna Elvira era la sorella di Fabio
il padre di Ettore. La sua vita ha sempre oscillato
tra gli interessi storico-scientifici, Majorana, e
quelli artistico-cinematografici, Carlo Roncoroni
il fondatore di Cinecittà. Ha sempre lavorato nel
campo dell’editoria, del cinema e della televisione
con programmi e spettacoli di varia natura.
Sue pubblicazioni sono nei tipi della Cappelli,
Grossman, Mondadori, Le Mani Editore.
17
Salvatore sapeva che il suo cognome da sempre era stato oggetto di errata scrittura in tutti i
loro documenti, pubblici o privati. Valga per tutti andare a rileggere la lettera di presentazione del
sen. Giovanni Gentile dove non vi sarà sfuggita la presenza della “i” al posto della “j” in una delle due
volte che il nome viene citato.
68 < il nuovo saggiatore