327 L`iconografia del Palio di Siena

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327 L`iconografia del Palio di Siena
n° 327 - ottobre 2006
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L’iconografia del Palio di Siena
Guido Masignani: Drappellone
della contrada della Pantera
Il Palio di Siena, oltre a
rappresentare da molti secoli l’interpretazione di
una straordinaria tradizione popolare italiana, ha
ispirato gli artisti di ogni
tempo nella produzione
di impianti iconografici
che lo celebrassero. Le fonti
illustrative raccolte sull’evento permettono infatti di visualizzare numerosi temi e di apprezzare
elaborati artistici di vario
stile che evocano le connessioni col tessuto storico e soprattutto estetico
ad essi contemporaneo. È
difficile risalire alle origini della festa, ci sono documenti della prima metà
del 1100 che già parlano
di questa manifestazione
che sembrerebbe aver avuto
le sue radici nell’antico
mondo ellenico, dove si
svolgevano tumultuose
“carriere” notturne fino
all’Acropoli. Anche in questi tempi così lontani, il
premio era un drappo di
stoffa preziosa col quale si
adornava la statua di Atena
protettrice della città, come
poi la Madonna Assunta
sarebbe stata regina di
Siena. Quindi una forte
connotazione di religiosità mariana, ha prodotto
nei secoli una ricca gamma
di testimonianze sull’iconografia della Vergine, soprattutto quella della Madonna di Provenzano, la
più diffusa e amata dalla
popolazione. Nei secoli all’immagine della Madonna
ci sono aggiunte ed integrate rappresentazioni laiche, come ad esempio la
simbologia araldica delle
famiglie nobiliari senesi,
e quella istituzionale che
sanciva lo stretto legame
tra Chiesa e Stato. Sui palii, chiamati anche drappelloni, comparivano gli
emblemi delle Contrade
o dei Santi titolari degli
oratori e in generale, soprattutto a partire dal XVI
al XVII secolo, furono arricchiti dai riferimenti
delle imprese sia familiari
che delle Corporazioni attive in città. Dalla metà
dell’Ottocento, sui preziosi manufatti, si sono accomunate altre scene allegoriche legate alla celebrazione di avvenimenti
e personaggi, come ad
esempio il drappellone dipinto su seta per il Palio
del 27 aprile 1860, che ad
una simbologia tipicamente religiosa, ne sostituì una esclusivamente
laica: all’immagine della
Madonna subentrava lo
stemma sabaudio del Regno d’Italia. Così come più
tardi vedremo, nell’interpretazione dell’illustratore senese Primo Lavagnini, il bellissimo Palio
del 1909 con lo Stemma
della casa Savoia e tre paggi
che sventolano i vessilli
della città, ed ancora quello
di Guido Masignani con
La Madonna di Provenzano e la personificazione
di Siena con il fascio littorio realizzato per la manifestazione del 1926.
Le dinamiche che da sempre hanno alimentato il
mondo del Palio sono talmente vaste e legate al tessuto civico e sociale della
città, da investire molti
settori produttivi. Gli apparati che accompagnano
la manifestazione prevedono uno schieramento di
forze continuo e impegnativo soprattutto per quello
Corrado Forlin: Splendore simultaneo del Palio di
Siena - Venezia coll. privata
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Primo Lavagnini: Drappellone
Contrada dell'Oca
che la comunicazione dell’evento deve ogni anno
elaborare. Per la Piazza del
Campo, sede della gara,
anche nel passato si predisponevano strutture e
decori effimeri per tutte
quelle feste e trattenimenti
che venivano organizzati
durante il Palio, facendogli assumere, soprattutto
a partire dal tardo Settecento, dimensione di “gran
teatro”. Questo ispirò in
età moderna molti pittori
e fra tutti resta esemplificativo per il variopinto e
sfrenato dinamismo ricco
di velocità e ardenti passioni, l’olio su tela del futurista Corrado Forlin dal
titolo Splendore simultaneo del Palio di Siena, dove
il movimento è espresso
in un suggestivo ed inequivocabile processo visivo. Ormai la rivoluzione
iconografica aveva preso
la sua strada e i cambiamenti dell’arte figurativa
italiana trovavano una loro
vetrina anche nella realiz-
zazione di quelle tele atipiche che molti e rinomati
artisti non disdegnavano
di dedicare al Palio. Nel
1970 assistiamo ad un vero
e proprio cambiamento di
stile nelle raffigurazioni
che decoravano i drappelloni; lo testimonia il palio dipinto da Mino Maccari, nel quale scompaiono
gli stemmi delle contrade
partecipanti e vengono sostituiti da fantini, cavalli
e un’iconografia dell’Assunta che si spoglia dalle
proprie sembianze convenzionali, umanizzandosi
come “madre premurosa”.
L’anno successivo sarà affidato all’abilità di Renato
Guttuso fissare sulla seta
del palio i momenti salienti della carriera del cavallo e della festa di piazza,
sotto una distaccata ma
presente icona della Vergine. Seguì l’elaborato
di Cagli che impose nel
policromo palio una immagine a figura intera della
Madonna solo disegnata
come un anima in atto di
ascensione, o l’interpretazione onirica e originalmente notturna del Palio realizzato da Gianni
Dova nell’agosto del 1973.
Il primo artista non italiano a cui la committenza
senese affidò l’esecuzione
del palio, fu il giapponese
Sho Chiba che diede una
personalissima interpretazione della Madonna in
abiti orientali. L’attinenza
con il soggetto dei cavalli
trovò per Aligi Sassu una
privilegiata scelta tematica; il suo palio eseguito
nel 1975 propose infatti,
insieme ad uno schema rigorosamente religioso dell’immagine (una grande
croce che emerge dal centro dell’opera sovrastata
dalla Madonna con dietro
il simbolo della cristianità
universale, la cupola di San
Bozzetto per la bandiera del Leocorno
Bozzetto per la bandiera del Bruco
Pietro), lo spazio per quattro bellissimi cavalli scalpitanti, veri protagonisti
dello spettacolo. Per concludere questa prestigiosa
galleria citiamo anche alcune delle numerose firme
come quelle di Bueno, Sughi, Purificato, Possenti,
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Cremonini, Fiume, Cassinari, Paladino e Tadini
che concepirono nei loro
diversissimi stili l’invenzione per il palio di Siena.
Ma l’attività artistica e figurativa che matura per
l’evento, va oltre la realizzazione del drappellone;
da un punto di vista meramente iconografico, offrivano spazio per interessanti interpretazioni grafiche e pittoriche, i bozzetti per i costumi e le armature delle sfilate, i drappeggi, i finimenti dei cavalli, i manifesti ecc., i cui
elaborati insieme ad un
raro materiale documentario sull’evento, si conservano nel Museo delle
Contrade, nel quale è possibile ammirare anche un
corpus di disegni preparatori per l’impianto illustrativo delle bandiere che
hanno reso le Contrade
della città del Palio, famose in tutto il mondo.
miriam fileti mazza
Renato Guttuso: Drappellone
Gianni Dova: Drappellone