Insidie e opportunità

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Insidie e opportunità
Insidie & Opportunità
Un errore diffuso : “ Nel marketing diretto spesso le
scorciatoie si rivelano poi dei fallimenti”.
Insidie :
Chi crea una lista, investendo tempo e soldi, con l’unico
obiettivo di generare un profitto, ha un compito davvero
arduo soprattutto se oltre alla lista intende raccogliere
dati sui comportamenti d’acquisto e socio demografici.
Nel mercato delle liste è allora forte la tentazione di
trovare delle soluzioni alternative che danneggiano la
qualità e il rendimento delle operazioni creando
confusione. Un motivo di confusione è il fatto di non
dichiarare chiaramente le fonti. Potrebbe così verificarsi
il caso di 2 liste presenti nel mercato ma chiamate in 2
modi diversi e che in realtà provengono dalla stessa fonte
e che hanno una forte sovrapposizione.
Il campo più lacunoso è quello delle e-mail, facili da
reperire on-line e utilizzabili a costi bassi spedendo da
server di paesi incontrollati.
È in atto una guerra tra ISP (gestori delle reti e delle
caselle di posta elettronica) e gli spammer. Ad oggi il
20% delle email spedite non arrivano a destinazione in
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quanto bloccate come spam. Le liste nere di aziende
ritenute truffaldine in quanto usano email non raccolte
con consenso si allargano sempre più e la bad reputation
è un rischio da non sottovalutare per chi usa liste esterne
non controllate. Da qui i nostri dubbi sulle formule di
fornitura a cpl (costo per ogni lead generato) in quanto il
service pur di accrescere il n° di leads tende a
comportarsi sempre più border line e ad usare liste dubbie
e diventare spammer (coinvolgendo l’ignaro cliente illuso
di pagare solo per la performance senza ricadute sulla sua
reputation).
Da sfatare il fatto che gli indirizzi si vendono nel senso di
cessione d'uso, a meno che assieme alla lista non si ceda
l’azienda. Sicuramente la cessione non è quasi mai
contemplata nell’informativa e quindi è molto strano
quando un proprietario di una lista offre la cessione di un
indirizzario di email.
I titolari di liste seri adottano la formula del noleggio
monouso e, quando le circostanze lo permettono, anche
lo scambio. In questo caso il list broker tiene conto dei
differenti scambi effettuati in epoche diverse al fine di
bilanciare le compensazioni. Si ricorda che ai fini iva gli
scambi vanno sempre fatturati.
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In controtendenza a quanto si ascolta in alcuni
ambienti, fiere del marketing in cui sembra che
occorra investire solo nel marketing digitale,
riportiamo un articolo di Paul Adam – ITL France –
che possiamo definire in controtendenza ma anche
incontrovertibile e comunque riporta il discorso su
un piano critico e costruttivo rispetto a chi invece
predica facili mode.
Acquisto di liste email : 5 ragioni per non
comprarle.
In internet è facile imbattersi in siti che propongono
l’acquisto di liste email e si possono anche fare
affari dato che si vendono su cd cose del tipo “ 12
milioni di email alla modica cifra di 700 € “.
Per conoscere meglio questo argomento ecco di
seguito alcuni consigli:
- per prima cosa ricordiamo che ogni email deve
avere il consenso espresso della persona che poi
riceverà comunicazioni commerciali;
- per le liste che si comprano da fornitori esterni ci
deve anche essere il consenso a ricevere
comunicazioni di terze aziende.
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In quest’ultimo caso sarà l’azienda che ha raccolto i
dati che spedirà i messaggi ad aver premura
d’indicare nel messaggio una frase del tipo “ Vi
abbiamo selezionato l’offerta del sito di ecommerce
XXX” , oppure di aggiungere nel disclaimer dove e
da chi i dati sono stati raccolti.
- le eventuali cancellazioni della lista si faranno
direttamente con il proprietario della lista. Quanto
detto è finalizzato a rendere noto all’internauta
perché e come ha ricevuto il messaggio
pubblicitario.
Quindi nel caso di acquisto di una lista email da un
sito online già viene meno uno dei requisiti richiesto
dalla legge, non solo italiana ma anche europea, per
cui a voi nuovi proprietari della lista in realtà non vi
è stato dato nessun consenso da parte dell’internauta
che tutto al più ha dato il consenso all’azienda che
sta vendendo le liste.
Non ci sono solo aspetti legali di cui vogliamo
parlare ma altri certamente più gravi che riguardano
la vostra strategia di marketing ma anche un
deterioramento dell’immagine della vostra marca.
Per prima cosa dei “12 ml d’indirizzi email pagati
700€” sicuramente non tutti fanno parte del vostro
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target e il fatto di stare in quella lista significa
ricevere massicce dosi di email pubblicitarie.
Il risultato dell’azione presumibilmente avrà un
tasso di “apertura” del 1%. Qualcuno sostiene che
tale risultato su 12 milioni d’invii è un buon
investimento. Gli invii massivi, come strategia, ci
sembrano tuttavia un ragionamento da “ spammer”
che può andare bene per chi vende il viagra e non ha
un immagine da salvaguardare sul mercato.
Immaginatevi dunque decine di milioni di internauti
che ricevono una vostra offerta che non interessa e
spedita da una email a cui non hanno dato consenso.
Gli internauti si faranno un cattiva immagine della
vostra marca e potrebbero richiedere la
cancellazione dei loro dati o peggio ancora
segnalarvi come “spammer” a organismi di controllo
che regolano la rete.
Una caduta considerevole del vostro tasso di
consegna
Innanzitutto dobbiamo soffermarci su come
ragionano i filtri anti spam. Ecco i criteri : pulizia
della lista, reattività della lista, assenza di
cancellazioni, assenza di denunce per spam.
Si capisce che un uso massivo di una lista con email
di origine dubbie segnalerà il vostro nome ai filtri
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antispam. E ciò pregiudicherà i successivi invii sia a
liste prospect sia a liste clienti.
Una caduta dei risultati nelle dem di
fidelizzazione
Se un gestore (ad esempio gmail) vi ha giudicato
come spammer non distinguerà quando vorrete
comunicare alla vostra clientela o fare prospezione.
In ogni caso stopperà la vostra campagna anche se la
vostra comunicazione è perfettamente legittima. Il
risultato di tutto ciò è che le vostre preziose
newsletter di fidelizzazione, che generano risposte e
profitti, finiranno nel cestino degli “spam” senza
raggiungere il vostro cliente. Si ottiene così una
caduta dei risultati nelle dem di fidelizzazione.
E anche il fatturato ne risente !!
C’è chi usa il trucco di spedire da diversi indirizzi IP
ma i link puntano sempre al vostro sito e quindi
prima o poi i gestori arrivano sempre a bloccare
quelle dem con all’interno link che puntano al vostro
sito ormai classificato come di proprietà di uno
spammer.
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Ripercussioni sulle attività e le relazioni con i
clienti
Le email di conferma di un ordine, le email che
riguardano le password, altre comunicazioni di
servizio, insomma tutto quello che spedite via email
rischia di finire nel cestino spam. E di conseguenza
il N° di telefono del servizio clienti rischia la
congestione per le proteste e i disservizi.
Sanzioni
Organismi locali e internazionali vi metteranno sotto
osservazione a fronte di cittadini che vi avranno
denunciato e indicato come spammer perché inviate
pubblicità non desiderata e per cui non è mai stato
dato un previo consenso. Il garante della privacy può
arrivare a infliggere una multa e anche di più.
E tutto questo per aver comprato a prezzo stracciato
un cd contenente milioni di email ? O per una
campagna di prospezione esservi affidati ad un
centro media poco chiaro circa il metodo di raccolta
dei dati ?? O ancora più assurdo aver accettato di
pagare in base al N° di aperture, senza pensare che il
fornitore si serve di un cd con milioni di email di
origine non certa ?
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Ad ogni modo un test pratico, fatto su pochi casi e
magari su IP differenti, per capire se la lista che state
utilizzando è dubbia, è il seguente : se il tasso di
apertura delle email è < 5% ed il tasso dei ritorni per
“indirizzo email errato” è > 10% allora lasciate
perdere !!
Il consiglio finale per minimizzare i rischi è quello
che colui che vi offre le liste dimostri che la lista è
adatta per il vostro target, che la raccolta dei dati sia
avvenuta in conformità alla legge ( opt in) e
attraverso quale portale, landing page o form di
iscrizione proviene.
Sul tema delle “insidie” di seguito il contributo di :
Chris Ogilvie-Taylor F IDM Managing Director of
Marsden Grant International distributing CleverBoard
and educational technology worldwide
“Nel web si parla concretamente e apertamente di come e
chi inquina il mercato delle liste con fonti inattendibili e
soprattutto fraudolente.
Vengono fatti nomi di aziende che per ingordigia di
denaro e senza pietà, forniscono liste selezionate senza
criterio e, se usate, arrecano un danno incalcolabile a chi
le spedisce.
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Ma vediamo come prevenire queste possibili truffe (in
nero l’articolo originario riassunto e in rosso le mie
aggiunte (MLS) ) :
1)Se ad esempio online in un blog richiedete un target
particolare, il truffatore vi contatterà e dirà di avere
esattamente quello che state cercando.
2)Ad ogni vostra successiva vostra domanda, il
truffatore vi risponderà come voi volete e dandovi
sempre la ragione.
3)Se chiedete delle referenze già qui lo mettete in crisi
e spesso vi risponderà con referenze molto generiche
e vaghe. ( a volte le referenze che vengono fornite
puntano a portali ben congeniati in particolare per
quanto riguarda l’informativa sulla privacy, ma la
contraddizione è questa : “come possono dei portali
sconosciuti e mai pubblicizzati aver raccolto milioni
di dati ? “ ).
4)Se chiedete un campione, il truffatore investe per
raccogliere dati e darvi un campione veritiero
(immaginiamo 100 persone che giocano al golf). Il
truffatore ormai vede il fatto di produrre un campione
veritiero come un investimento per una successiva
fornitura da cui guadagnerà il 100%.
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5) Altre tecniche usate dal truffatore : risposte perfette
e velocissime, vi chiederà conferma di apertura delle
email, a volte il truffatore si smaschererà perché non
scrive in un buon inglese o italiano dato che risiede
in nazioni lontane come India o Albania.
6)I siti di questi truffatori non contengono molti
contenuti, soprattutto tecnici perché spesso si tratta di
persone ignoranti che stanno dietro a delle facciate.
7)Spesso i cosiddetti paradisi fiscali ( il Deleware negli
Stati Uniti e Svizzera/SanMarino in Italia) sono la
sede di queste organizzazioni.
8)Ovviamente il pagamento è sempre : in anticipo.
9)Ma una volta pagato tutto cambia : o non vi arriva la
lista, o vi raccontano scuse, o arrivano liste
completamente sballate. Ad ogni modo queste
organizzazioni sono preparate anche nel caso facciate
scoppiare uno scandalo, smontano tutto e riaprono da
un'altra parte sotto altri nomi.
Ora cambiamo di tema, per questo riportiamo un altro
articolo inerente il telemarketing scritto da Giorgio
Modesti (CEO Teleperfomance Egitto) :
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“ La delocalizzazione che insegue un mero risparmio
con iniziative mordi-fuggi è un’illusione. E’ ormai noto
il disastro economico e relazionale compiuto da chi ha
lanciato campagne outbound massive da paesi
extracomunitari come nel settore delle
telecomunicazioni e dell’energia, con conseguente
svilimento del marchio e del canale telefonico come
strumento di approccio commerciale. Chi ha creduto a
improbabili scorciatoie, chi ha pensato di lucrare
sull’aggressività telefonica a basso costo, chi lo ha
permesso hanno ulteriormente danneggiato il settore.
La delocalizzazione, quella seria, è una fase evolutiva
naturale degli scenari globali e complessi. Si basa su
alcuni principi chiave quale l’accesso a reti di
telecomunicazione di qualità, tecnologie VoIP, VPN e
applicativi web-based, disponibilità di agenti
qualificati, per lingue e preparazione tecnica, modelli di
monitoraggio efficaci ed efficienti, disponibilità di
middle e senior management di qualità in paesi
emergenti e altre componenti minori che consentono di
azzerare le distanze senza impattare la qualità del
servizio erogato. Chi approccia la delocalizzazione in
questo modo definisce prima di tutto una strategia:
destinazione monolingua o hub multilingua, soglie di
service level, contingency plan e valutazioni attente
delle stime di attrition, capacità di recruitment ed
estensione, impatti di stagionalità, rischi ambienteEdito by Marco Merlo
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sociali, efficacia del training. Questo approccio
professionale e strutturato richiede competenza, tempo
e investimento. I risultati, sia in inbound che in
outbound, si raggiungono nel medio periodo e i
benefici (anche economici, ma non solo) si conseguono
non prima di 12/18 mesi. Questa opportunità
tecnologica ha permesso di applicare al marketing
relazionale le stesse dinamiche e le stesse evoluzioni di
supply chain già sperimentate in altri settori.
Trent’anni fa le etichette delle nostre scarpe, camicie,
lavatrici, lenzuola e altro indicavano chiaramente i vari
distretti industriali di provenienza rigorosamente
italiani, oggi non vengono più prodotti in Italia
semplicemente perché nella catena del valore trova
spazio solo chi apporta un valore uguale o superiore al
costo che richiede il suo contributo. Un lavoratore che
“costa” un minimo di 25/30 euro/ora e che fugge dal
Call Centre dopo 6 mesi rendendo necessario un nuovo
recruiting e un nuovo training è incompatibile con la
sostenibilità economica della quasi totalità dei prodotti
e servizi di mass market in commercio. La
delocalizzazione è quindi un passo imprescindibile,
purchè non si dimentichi che il prodotto/servizio dovrà
soddisfare le aspettative del cliente. Questo significa
che un agente telefonico albanese, costariqueno o
egiziano dovrà essere messo nelle condizioni di operare
con efficacia attraverso adeguati strumenti. L’elemento
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“costo del personale” è quindi importante ma è solo
UNO degli elementi da considerare. Prima della
delocalizzazione “off-shore” abbiamo assistito ad una
fase di delocalizzazione nazionale da nord verso sud, o
meglio verso regioni italiane dal tessuto economico
meno sviluppato, con quale risultato? Chi sapeva
gestire la customer experience in maniera appropriata
localmente, ha delocalizzato con intelligenza ed
efficacia, ha investito in formazione, in tecnologia, in
motivazione e infrastrutture e ha creato, spesso, centri
di eccellenza. Ci sono esempi di customer relationship
e telemarketing che sono diventati disastrosi quando un
“non adeguato” lavoro locale è diventato un “non
adeguato” lavoro di delocalizzazione.
La delocalizzazione è un’opportunità tra le tante, come
la tecnologia, la multicanalità, la defisicizzazione, la
comunicazione integrata, il self-care, e altri strumenti
presenti o futuri al servizio del marketing relazionale.
In funzione dei volumi può essere facilmente stimato il
vantaggio economico di un personale “qualificato”, che
può costare anche il 30 o 40% meno del personale
locale, valutando, anche, il costo aggiuntivo di
strumenti, la supervisione ad opera del personale
viaggiante e gli ammortamenti degli investimenti di
set-up che assorbono una parte, a volte cospicua, di
questo risparmio. Mettere nelle mani di un outsourcer
delocalizzato una brochure e “imporre” redemption
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minime e una compensation basata su commissioni,
provocherà alla sua azienda più danni che benefici,
questo perché si preferisce guardare all’apparente
successo commerciale immediato di ordini forzati,
estorti o addirittura falsi, piuttosto che alla salvaguardia
del rapporto con il cliente nel lungo periodo e al
posizionamento del marchio. E’ consigliabile a chi si
sente attratto dalle offerte di telemarketing offshore a
basso prezzo, commission-based e dalle redemption
mirabolanti, di confrontare ARPU ( average revenue
per user) e Churn (perdita) dei clienti acquisiti in
questo modo con quello dei clienti acquisiti da canali
più strutturati anche se occorre attendere qualche mese.
Per quanto riguarda l’inbound la delocalizzazione è la
soluzione migliore, valgono naturalmente le stesse
considerazioni in merito alla qualità e al valore del
servizio erogato, alla tempistica ed agli investimenti.
Sempre più spesso per qualità, motivazione, flessibilità
e passione gli operatori di call centre off-shore sono
superiori a quelli locali e, talvolta, la motivazione
economica è solo al secondo o terzo posto tra quelle
che spingono all’outsourcing off-shore.”
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Passiamo ora a considerare un altro aspetto che
influenza il marketing diretto che è il seguente :
In un panorama di leggi nazionali mutevoli e
contraddittorie sulla data protection c’è da
evidenziare che si è creato un terreno fertile per la
categoria degli avvocati, per complicare ancor di più
il tema al punto che a volte per incomprensioni sui
regolamenti alcune aziende non si scambiano
indirizzi, sebbene raccolti in regola, ma non secondo
l’opinione dell’avvocato e della sua controparte.
Sicuramente in nazioni come Spagna e Italia , sia il
garante sia la casta degli avvocati hanno affossato il
direct marketing e costretto aziende ad aprire in altri
paesi e così si sono persi migliaia di posti di lavoro.
Aggiungiamo pure che a livello contabile
amministrativo alcuni studi di commercialisti non
sono preparati o disposti a sostenere un azienda che
opera con clienti/fornitori in Europa. Questo crea
ancora più il gap che c’e’ tra le aziende del sud
Europa e quelle del centro nord Europa destinate
invece ad espandersi per questo e molti altri fattori.
Si parla tanto di rilancio dell’economia con il Made
in Italy, ma siamo convinti che esista una mentalità
europea diffusa tra chi deve offrire supporto alle
aziende ?
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Dopo aver elencato alcuni lati negativi/insidie
vediamo invece le opportunità !!
Dai dati recenti diffusi sull’economia paesi come
Germania e Francia appaiono in ripresa così come i
paesi emergenti.
Il made in Italy direttamente in Europa è uno slogan
che ci piace citare, nonostante i problemi pratici,
dato che è lo sbocco per aziende dei settori moda,
turistico ed enogastronomico che intendono
svilupparsi.
In Cina e nei paesi emergenti servizi ad esempio
come quelli editoriali rivolti alle neo mamme
possono trovare terreno fertile. Nei paesi emergenti i
problemi principali riguardano gli aspetti doganali,
valutari e un sistema postale efficiente. Tutti questi
aspetti in Europa possono essere demandati a vettori
come le poste belghe oppure la Swiss Post quindi ci
soffermiamo sulle seguenti e restanti
raccomandazioni :
1) per prima cosa osserviamo che dato lo sforzo ad
andare all’estero all’inizio è meglio concentrarsi
su una o poche nazioni possibilmente confinanti o
perlomeno con una identità simile alla casa madre.
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2) Le tecniche di direct marketing permettono di
operare con un minimo investimento senza
necessariamente aprire un agenzia in una nuova
nazione.
3) Data l’incognita di operare all’estero le tecniche
di marketing diretto permettono di testare molte
variabili dato che non sempre l’offerta che vince nel
paese d’origine vince anche all’estero.
In Europa tra gli ostacoli citiamo il fatto che non
esiste un mercato delle liste standardizzato, ad oggi e
fino al 2016 le legge Europea non è ancora
armonizzata. Tutto questo implica il coinvolgimento
di vari fornitori locali.
Inoltre divergono il modo e la struttura di come
scrivere gli indirizzi postali, nonché la lingua e come
comunicare.
Tuttavia riteniamo che i vantaggi sono molto più che
gli aspetti negativi.
• Uscire da una situazione statica o satura del
mercato interno.
• Utilizzare infrastrutture già esistenti.
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• Realizzare economie di scala.
• Cogliere l’opportunità offerta da paesi più
ricchi o più reattivi alle vendite a distanza.
• Allargare di oltre 10 volte il potenziale di
mercato dato che nella comunità Europea ci
sono 506 ml di persone.
Popolazione per paese (popolazione totale dell'UE:
506 913 394)
Paese
Malta
Lussemburgo
Cipro
Estonia
Lettonia
Slovenia
Lituania
Croazia
Irlanda
Slovacchia
Finlandia
Danimarca
Bulgaria
Austria
Svezia
Ungheria
Portogallo
Repubblica ceca
Grecia
Belgio
Paesi Bassi
Romania
Polonia
Spagna
Italia
Popolazione totale
425384
549680
858000
1315819
2001468
2061085
2943472
4246809
4605501
5415949
5451270
5617345
7245677
8506889
9644864
9877365
10427301
10512419
10926807
11203992
16829289
19947311
38017856
46512199
60782668
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Popolazione in %
0,08%
0,11%
0,17%
0,26%
0,39%
0,41%
0,58%
0,84%
0,91%
1,07%
1,08%
1,11%
1,43%
1,68%
1,90%
1,95%
2,06%
2,07%
2,16%
2,21%
3,32%
3,94%
7,50%
9,18%
11,99%
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Regno Unito
Francia
Germania
64351155
65835579
80767463
12,70%
12,99%
15,93%
A seguito del lancio di alcune operazioni in Europa
• Non ha senso risparmiare. Andare all’estero è
un investimento !
• Uno studio di mercato può facilitare le
operazioni. Come punto di partenza si possono
leggere le datacard sulle nazioni qui in
allegato ma poi si può entrare nello specifico
del settore.
• Valutare gli aspetti positivi e negativi prima di
un azione all’estero.
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• Un test di telemarketing può servire a
focalizzare le reazioni e i gusti dei
consumatori.
• La lingua locale risulta più performante della
lingua inglese.
• Non basta una traduzione ma serve un
adattamento fatto da chi se ne intende di script
di marketing diretto.
• Le idee si devono sempre testare.
• La creatività che funziona nella propria
nazione di origine non è detto funzioni anche
all’estero.
• La lista è la variabile più decisiva per il buon
esito delle operazioni.
• È meglio partire con un piano liste e non
testare una sola lista.
• Ci si confronta con il list broker per trovare le
liste da testare.
• Con il list-broker si possono realizzare anche
quelle operazioni come normalizzare,
deduplicare, utilizzare liste locali di supporto
come i movers, data entry, analisi dei risultati.
• Cruciale è organizzare anche il sito internet a
supporto, il customer care, il fulfillment.
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• Quando possibile esternalizzate, ciò significa
concentrarsi sul progetto.
• I fornitori devono essere coinvolti
nell’obiettivo.
• L’esperienza dei collaboratori esterni è
cruciale per la riuscita del progetto.
La ricerca di nuovi media.
Data la crisi non solo economica ma anche dei
media è necessaria una ricerca di nuovi media.
Addirittura pur di staccarsi dalla massa di annunci
che usano la tv, i cartelloni , la radio c’e’ la ricerca
di cose sempre più nuove che attirino l’attenzione
del consumatore ormai assuefatto.
L’inbound marketing si basa sui contenuti e sul fatto
di farsi trovare dal cliente. Blog, podcast, video,
eBooks, newsletter, whitepaper, SEO
(ottimizzazione per i motori di ricerca), social media
marketing, ed altre forme di content marketing sono
considerate inbound marketing.
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Retargeting
Data la premessa che molta gente abbandona i sito di
e-shopping prima di effettuare un acquisto, circa il
90%, nasce l’esigenza di trovare delle contromosse
per trattenere il consumatore. Nasce così il
retargenting, in particolare parleremo di quello via email che ha lo scopo di far ritornare l’internauta in
sito visitato recentemente. Si tratta di un’evoluzione
del retargeting pubblicitario.Ecco come funziona: un
cookie viene inserito nel computer dell’internauta
dopo che è avvenuta l’iscrizione in un sito e aver
dato il consenso del trattamento dati. Il cookie
associa il computer e i dati dell’internauta che
saranno inseriti in una banca dati che è associata a
un programma di retargeting.
Il proprietario del sito dovrà inserire un tag in ogni
pagina del sito. Il tag verifica come prima cosa se
nel computer dell’internauta è presente un cookie di
retargeting, se presente è ovvio che i dati
dell’internauta sono già inseriti nella banca dati.
Nel momento che i dati dell’internauta sono stati
verificati viene inviata una e-mail pubblicitaria
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personalizzata in base al percorso di navigazione
fatto e poi abbandonato dall’internauta.
Esistono diversi tipi di banche dati:
- una banca dati di proprietà del sito;
- una banca dati in comune con altri proprietari di
siti.
Ci sono organizzazioni che raccolgono milioni di
consensi, e quindi dati, in Europa (come ad es: 1000
Mercis) e li rendono disponibili, a norma di legge,
ad altri proprietari di siti che sono interessati a
conoscere i visitatori per inviare comunicazioni
commerciali mirate via e-mail .
Questa procedura ha motivo d’essere perché i tassi
di apertura sono circa il 50%.
In Italia esiste un servizio simile : inviata una dem si
tiene conto di chi l’ha aperta. Nei giorni successivi i
portali più popolari sanno riconoscere gli openers e
quindi proporre banner pubblicitari relazionati alla
creatività che si è aperto o cliccato.
La maniera vincente per reclutare nuovi clienti o
abbonati o prospect, sia nel b2b che nel b2c, è
l’unione delle tecniche di direct mail con un sito
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sintonizzato con l’offerta e adatto a sviluppare
possibilità (la landing page).
Dal presupposto che gli sforzi per reclutare via email
sono spesso vani, si preferisce inviare un mailing
classico che rispetto al passato non richiede un
adesione/risposta via coupon/telefono ma la
connessione ad una landing page.
Oggigiorno anche le aziende leader rinunciano al
classico mailing con : busta + lettera + depliant +
coupon e lo sostituiscono con una semplice cartolina
di formato largo, personalizzata. Sul fronte un
immagine o headline “classica” , mentre sul retro
tante notizie flash (simili ai pop-up di internet) e
tanti link a cui accedere per approfondimenti online.
L’impatto del mailing postale + una creatività
personalizzata ma informale e diretta + un offerta
introduttiva forte + una landing page dedicata + vari
link di approfondimento, sono il mix vincente per :
a) reclutare nuovi clienti.
b) incrementare lo scontrino medio di acquisto
con tecniche di up selling che si possono
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sviluppare dalla landing page e durante il
percorso del form che verrà compilato
dall’internauta.
La gestione online di un potenziale cliente permette
di :
- Dare Maggiori informazioni ( documenti
/video/foto/ chat online interattiva /social
network ecc).
- Raccogliere informazioni personali.
- Offrire un ventaglio di proposte su misura.
- Velocizzare la gestione e la consegna
dell’ordine.
- In caso di indecisione offrire una rescue page
per proporre soluzioni e recuperare l’interesse
dell’internauta o perlomeno richiedere di fare un
azione meno impegnativa (ad esempio
richiedere un catalogo) .
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Sempre in tema di opportunità anche il
telemarketing sempre meno ben accettato dai paesi
del nord Europa può avere una seconda vita se ad
esempio segue una azione sms in cui si chiede alle
persone se un argomento interessa e per questo poi
chiamarle per telefono per parlarne.
Cenno sui big data
La premessa è che le persone passano ore in internet
: navigano, lasciano tracce, nei social network
indicano preferenze ecc. Tutta questa massa di dati
abbinata ad una elaborazione e analisi in real time,
permette di inviare proposte mirate sulla base dei
gusti e delle ricerche che la persona sta facendo. Ma
non solo, le pagine di un sito si potrebbero adattare
ai gusti del navigatore e rendere l’esperienza di
navigazione sempre più coinvolgente.
Nei paesi anglosassoni la “paura del grande fratello”
è limitata ad un 15% della popolazione, mentre i
giovani fino ai 30 anni non avvertono il problema a
rivelare tutte le loro azioni online. Ciò che interessa
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è ricevere promozioni e sconti riguardo prodotti e
servizi che interessano veramente.
In pratica, conoscendo la email della persona, si
mandano offerte relative alle pagine visitate e le
preferenze, oppure appariranno banner durante la
visita in siti popolari disponibili a questo tipo di
servizio.
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