STRADE, CASE E FONTANE

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STRADE, CASE E FONTANE
Campania illustrata. 1632-1845
STRADE, CASE E FONTANE
L’area sepolcrale posta fuori dalle mura a nord-ovest della città, soprattutto per le lunghe serie di tombe
collocate lungo la via detta “dei Sepolcri” che inizia da Porta Ercolano in direzione di alcune ville
extraurbane, è sempre stata oggetto di molte riproduzioni da parte dei vedutisti più affermati (tra cui
Gigante) o di disegnatori più estemporanei, oltre a suscitare l’interesse di vari viaggiatori illustri, tra cui lo
scrittore francese Alexandre Dumas, autore di una suggestiva descrizione del sito nel Corricolo edito in
quattro volumi dal 1841 al 1843. Si tratta di tombe spesso monumentali dalle varie forme, ad esedra, ad
edicola, recintate o meno, provviste a volte di altari o di piani di seduta per i familiari dei defunti. Nella
veduta offerta da Federico Hörner (Viaggio pittorico, 1829) si coglie un campione delle tipologie dei
sepolcri, secondo una prospettiva che si ritrova anche in analoghe opere pittoriche: pienamente
corrispondente è la tavola proposta da L. De Vegni nella raccolta Atlante illustrativo di Zuccagni-Orlandini
(1845).
Le case incluse nella raccolta iconografica del Viaggio pittorico di Cuciniello e Bianchi sono ovviamente solo
una piccola parte rispetto a tutte quelle portate alla luce negli scavi pompeiani, e mancano ad esempio
alcune tra le più importanti quali la “casa del Fauno” scavata subito dopo la pubblicazione del primo tomo
dell’opera negli anni 1830-1832, quando già le tavole litografiche erano state da tempo approntate, o la
“casa dei Vetti” che verrà scoperta non prima del 1894. Le case presentate nella raccolta del Viaggio
pittorico sono alcune più prossime ai margini nord-occidentali della città e quindi alla Porta Ercolano, l’area
che tra le prime fu oggetto di scavi sistematici.
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Procedendo pertanto dalla porta della città verso l’interno, lungo la via Consolare si incontra la “casa di
Sallustio”, tra le più antiche di Pompei (databile al IV-III sec. a.C. per la parte iniziale), un’articolata dimora
dotata di vari servizi e che deve aver avuto anche un utilizzo assimilabile a quello di un albergo: il suo
aspetto attuale è assai dissimile da quanto
dipinto da Giacinto Gigante e litografato da
Gioacchino Forino nel 1829, o riproposto
senza sostanziali modifiche (se non nel
numero dei personaggi in scena) da S. Corsi
nel 1845, in quanto la struttura nel 1970 è
stata integralmente restaurata e dotata di copertura, anche in seguito ai danni subiti in un bombardamento
della grande guerra.
Non lontano da questa, vi è la “casa di Pansa”, una delle più vaste dimore pompeiane, caratterizzata da
pavimenti policromi, della quale è apprezzabile solo il monumentale ingresso da Sud nella litografia di
Gioacchino Forino (come prima, su disegno di Giacinto Gigante) per la raccolta di Cuciniello e Bianchi e
nell’incisione di F. Corsi per il Zuccagni-Orlandini.
La collaborazione
tra
l’ideatore
Giacinto
Gigante
(dip.) e l’esecutore
Gioacchino Forino
(dis.)
si ritrova
anche
nelle
litografie
del
Viaggio
pittorico
relative alle vicine
“casa del poeta
tragico” e “casa della fontana grande”. La prima delle
due, così denominata perché conservava all’interno un
mosaico del tablino con una scena teatrale tragica,
doveva apparire molto interessante all’epoca
dell’uscita editoriale dell’opera di Cuciniello e Bianchi.
Da pochi anni scavata, tra il 1824 e il 1825, presentava
ancora gli affreschi e lo stesso mosaico che furono poi opportunamente staccati e custoditi presso il Museo
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archeologico di Napoli: tra questi, il grande affresco
raffigurante il “sacrificio di Ifigenia” che caratterizza la
litografia di Forino/Gigante e la fedele (ma meno efficace)
“copia” di F. Corsi per l’Atlante illustrativo. Al visitatore
che entra oggi nella dimora del poeta tragico, resta da
ammirare il famoso mosaico del “cave canem” e un paio
di dipinti allocati nell’ambiente di soggiorno.
La “casa della fontana
grande”, posta come la
precedente
in
Via
Mercurio, prende il nome
da una considerevole
fontana situata in un
ninfeo, occupante la parte
terminale del giardino,
decorata con mosaici
policromi ed innesto di
paste vitree, ed adornata
da due grandi maschere teatrali tragiche. Un certo gioco d’acqua era
garantito da una scaletta in marmo sulla quale il getto scivolava prima di cadere nella vasca sottostante. La
scena immortalata tanto nella litografia di Cuciniello e Bianchi quanto nella tavola di Zuccagni-Orlandini
(realizzata questa da Giacinto Maina) fornisce la percezione di uno scavo realizzato da poco tempo, con
alcuni affreschi ancora al loro posto, anche se non appare già la statuetta in bronzo con l’amorino recante
in spalla un delfino, oggi visibile in copia (l’originale è al Museo Archeologico di Napoli).
E’ ancora Giacinto Gigante a dipingere una delle più belle tavole sulle case pompeiane, magistralmente
tradotta in litografia da Franz Wenzel, per la “casa dei Dioscuri”, tra le più ricche di apparati pittorici, oltre
che di notevoli dimensioni. La struttura è la più recente tra quelle documentate nella raccolta illustrativa
del Viaggio pittorico, in quanto scavata per l’appunto tra il 1828 e il 1829. La litografia del Wenzel riproduce
il grande atrio di tipo corinzio, con le colonne in tufo a reggere il tetto, ed appare nitido sulla destra
l’affresco con i Dioscuri Castore e Polluce, staccato e conservato oggi anch’esso al Museo Archeologico
napoletano. In prossimità della grande vasca centrale, tre soggetti di alto rango (due donne e un uomo)
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sono intenti in un dialogo. La tavola realizzata anni dopo da S. Corsi per l’Atlante illustrativo appare ben più
“piatta” e di una qualità stilistica sensibilmente inferiore, rispetto al modello originario a firma di
Wenzel/Gigante.
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relativo al territorio campano nei secoli XVII-XVIII”
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