Il settimo Global Administrative Law Seminar
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Il settimo Global Administrative Law Seminar
Il settimo Global Administrative Law Seminar: un seminario sul ruolo dei soggetti privati e pubblico-privati nella regolazione globale Elena Mitzman Il 10 e 11 giugno 2011 si è svolto a Viterbo, presso l’Università degli studi della Tuscia, un seminario dal titolo “Private and public-private global regulation: global administrative law dimensions”, che ha costituito la settima edizione dei Global Administrative Law Seminars, ciclo di appuntamenti annuali organizzati dall’Università degli Studi della Tuscia, in collaborazione con l’Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione (IRPA). All’incontro - organizzato da Giulio Vesperini, Stefano Battini, Edoardo Chiti, Mario Savino e Lorenzo Casini - hanno partecipato studiosi di varie nazionalità, nonché funzionari di amministrazioni statali e di varie organizzazioni internazionali. I Global Administrative Law Seminars costituiscono ormai un appuntamento ben conosciuto, per gli studiosi del diritto amministrativo globale. Tale ambito di studi avviato alcuni anni fa dal Global Administrative Law Project, diretto da Benedict Kingsbury e Richard B. Stewart presso la New York University - si inserisce nel dibattito scientifico attorno alle forme della c.d. governance internazionale, proponendo il diritto amministrativo come strumento d’analisi e prospettiva di ricerca. Osservando le funzioni svolte da diverse organizzazioni internazionali, ed altre entità sovranazionali, si trovano infatti delle analogie con alcune classiche funzioni della pubblica amministrazione; in altri termini, si può affermare che molte funzioni pubbliche, esercitate un tempo da Stati ed amministrazioni locali, risultano in parte trasferite al livello transnazionale. In quel contesto, tuttavia, operano organismi estremamente vari e, soprattutto, molto diversi da quelli noti agli studiosi del diritto interno, le cui caratteristiche appaiono contrastare, in molti casi, con principi fondamentali del diritto pubblico, quali democraticità, legalità ed uguaglianza. La loro esistenza interroga pertanto il giurista, attorno alla necessità di analizzarli e misurarne l’effettività, nonché di elaborare, ove necessario, cornici concettuali per disciplinare e sindacare il loro funzionamento. In tale contesto, la tesi del diritto amministrativo globale è che un utile contributo possa appunto derivare dalle categorie e dai principi del diritto amministrativo, elaborate proprio per disciplinare i rapporti tra autorità ed individuo e, più in generale, per regolare l’esercizio delle funzioni pubbliche. 1 Tra i problemi trattati nelle precedenti edizioni vi sono l’accountability delle amministrazioni globali (2006), la partecipazione dei privati alle loro attività (2007), il sindacato di legalità sulle loro decisioni (2009) e, più recentemente, il ruolo e le responsabilità dei regolatori globali nel contesto della crisi finanziaria (2010). L’attività di regolazione delle amministrazioni globali costituisce appunto uno dei temi centrali, che interessa da diversi punti di vista: per la varietà di soggetti che la esercitano (organizzazioni internazionali, reti transnazionali, organizzazioni non governative, soggetti privati, etc.), per i particolari strumenti con cui si realizza (standard, linee guida non vincolanti, principi, etc.), per gli effetti che determina e, infine, per le forme di sindacato cui è soggetta. L’edizione di quest’anno ha pertanto trattato tale argomento, in relazione all’attività di regolazione globale svolta da organismi privati o pubblico-privati. Sono stati presentati dodici contributi, in lingua inglese, selezionati a seguito della pubblicazione di una call for papers, che hanno analizzato il tema partendo dall’esame di numerosi casi specifici. Durante la prima sessione, dal titolo “Rationales and Instruments for Public-Private Partnership”, presieduta da Sabino Cassese, giudice della Corte Costituzionale, sono stati presentati quattro paper: “Innovations in Governance: Global Health vs. Global Environment”, di Kenneth W. Abbott e David Gartner (rispettivamente Professor of Law e Associate Professor of Law presso la Arizona State University), “Private ordering and expertise legitimacy”, di Alberto Biasco ed Alessandra Quarta (dottorandi presso le Università di Torino e Foggia), “Delegation to Private Actors of the Competences in Validation and Verification in the Kyoto Protocol Flexibility Mechanisms: Accountability Issues and the Role of the Public”, di Sébastien Duyck (dottorando presso il Northern Institute for Environmental and Minority Law), e “About a twofold Institution: the Global Water Partnership between institutional flexibility and legal legitimacy”, di Edouard Fromageau (dottorando presso l’Università di Ginevra). I contributi sono stati poi discussi da Laurence Boisson de Chazournes e Lorenzo Casini. Abbott e Gartner hanno presentato un’analisi comparata dei diritti di partecipazione dei privati presso tre coppie di istituzioni - UNAIDS e la UN Commission on Sustainable Development, la Global Alliance for Vaccines and Immunization e la Global Environment Facility, il Global Fund to Fight HIV/AIDS, Tuberculosis and Malaria (qui anche Global Fund to fight AIDS, per brevità) ed il Climate Investment Fund – e rilevato che, per una serie di ragioni, le istituzioni attive nel campo della salute sono più aperte alla partecipazione rispetto a quelle nel campo dell’ambiente. Gli autori sostengono che, rispetto alle semplici forme di consultazione, le forme di partecipazione più incisive (che prevedono la rappresentanza delle parti interessate nelle strutture dell’organizzazione, c.d. multi-stakeholder approach), sarebbero particolarmente vantaggiosi per le istituzioni coinvolte. Esse infatti, da un lato, migliorerebbero l’accountability e trasparenza delle organizzazioni e, dall’altro lato, 2 permetterebbero loro di operare più efficacemente, aumentando il senso di appartenenza dei soggetti coinvolti. Appaiono pertanto smentiti molti dei preconcetti negativi sui diritti di partecipazione dei soggetti non statali, visti troppo spesso come un inutile aggravio. Biasco e Quarta hanno sottolineato alcuni dei problemi connessi alle forme di regolazione privata a livello globale (definite dagli autori “private governments”). Le norme di origine privata, o pubblico-privata, avrebbero carattere settoriale e trarrebbero legittimazione, da un lato, dall’efficacia e rapidità delle procedure e, dall’altro lato, dal grado di expertise che assicurano. In relazione al ruolo svolto dai c.d. “tecnici”, si potrebbe parlare di una vera e propria rule of science, in contrapposizione alla tradizionale rule of law. Sarebbe tuttavia importante conservare un ruolo anche alle amministrazione pubbliche, politicamente legittimate, di coordinamento tra settori e di definizione dei fini ultimi della regolamentazione. Duyck ha invece analizzato il ruolo dei soggetti privati nel Clean Development Mechanism (CDM) del protocollo di Kyoto e nell’analogo meccanismo di Joint Implementation (JI). L’autore ha esaminato le Designated Operational Entities (DOE), organismi certificati che approvano e valutano i progetti del CDM, in vista dell’assegnazione di crediti di emissioni. Tali entità sono state infatti criticate per avere scopo di lucro e per la loro scarsa indipendenza. Di esse si analizzano funzionamento, vincoli e forme di controllo, sostenendo che il rafforzamento dei meccanismi di review migliorerebbe la credibilità e legittimità dei DOE e del CDM nel suo complesso. Infine, Fromageau ha analizzato la Global Water Partnership (GWP), un’istituzione che favorisce lo sviluppo e la gestione sostenibili delle risorse idriche, attraverso il confronto tra diversi soggetti (Stati, organizzazioni non governative e organismi pubblici e privati di vario genere). L’autore ripercorre l’evoluzione dell’istituzione, che nel 2002 ha dato origine ad une vera e propria organizzazione internazionale, e ne analizza le fonti di legittimazione e le forme di accountability. In conclusione, individua alcuni punti di debolezza, tra cui la scarsa trasparenza delle procedure interne, ad esempio in relazione alle forme di finanziamento. Nella seconda sessione, Coordination, Separation and Conflicts between Public and Private Regulation, è stato presentato un altro gruppo di paper: “Informal CoRegulation among Public and Private Regulators: Lessons from the Payment Systems”, di Agnieszka Janczuk Gorywoda, (dottoranda presso l’Istituto Universitario Europeo), “What If Publicness Is the Problem? On the Ultra Hybrid Regulation across the Taiwan Strait and the Functional Limits of Global Administrative Law”, di MingSung Kuo (Assistant Professor presso la University of Warwick School of Law), “Public and Private Partnerships in Cross-border Policing: The Evolving Role of Private Entities” di Wui Ling Cheah (Assistant Professor presso la National University of Singapore Faculty of Law) e “Law as a registered designation of origin: The case of Financial Law”, di Bertrand du Marais (Conseilleur d’État e professore di diritto 3 pubblico presso l’Université Paris Ouest Nanterre La Défense). I paper sono stati discussi da Susan Rose-Ackerman e David Zaring. Gorywoda ha analizzato il Single Euro Payments Area (SEPA, o area unica dei pagamenti in euro), un meccanismo volto a realizzare un sistema integrato dei pagamenti elettronici al dettaglio nell’area euro. Esso costituirebbe un modello particolare di collaborazione tra pubblico e privato, definito “informal co-regulation”, che si distingue per cinque caratteristiche: la presenza di regolatori pubblici (la Banca Centrale Europea e la Commissione Europea) e privati (lo European Payments Council), l’esistenza di un fine comune, per entrambe le categorie di soggetti, la complementarietà tra le rispettive funzioni, l’assenza di rapporti formali tra essi e, infine, la discrezionalità delle loro attività. L’autrice analizza vantaggi e svantaggi di tale modello, suggerendo che esso potrebbe essere riprodotto anche in altri campi. Kuo ha invece analizzato il regime dei rapporti commerciali tra Cina e Taiwan, i quali, a causa delle tensioni politiche tra i due Paesi, vengono condotti da anni per il tramite di due soggetti di diritto privato (SEF e ARATS). L’autore illustra i problemi posti da tale assetto di rapporti, nonché la difficoltà di introdurre in esso elementi di tipo pubblicistico in funzione di garanzia. Egli conclude che l’approccio del diritto amministrativo globale risulta limitato nei casi in cui – come in quello esaminato – la delega di funzioni amministrative a soggetti pubblico-privati risponde all’esigenza precipua di sottrarre determinati affari ai principi della pubblicità. Cheah ha invece analizzato il ruolo dei soggetti privati nel sistema di raccolta e gestione dei dati da parte dell’Interpol, esaminando, in particolare, i meccanismi di risoluzione delle controversie tra gli organi dell’Interpol ed i vari soggetti con cui può concludere accordi per la raccolta e l’accesso ai dati (amministrazioni internazionali, ONG ed altri), nonché le forme di ricorso individuale (per i possessori di tali dati, che lamentino una violazione dei propri diritti). L’autrice sostiene che l’accountability dell’organizzazione nei confronti dei soggetti non statali sia ancora insufficiente ed andrebbe quindi rafforzata. Infine, du Marais ha analizzato alcune caratteristiche del modello finanziario di origine anglosassone, che l’autore paragona ad una sorta di “denominazione di origine registrata”. Tale modello giuridico viene spesso ritenuto, a partire dalla Law and Finance Theory, il più idoneo a favorire la crescita economica; esso si sarebbe quindi diffuso a livello mondiale, favorendo un allineamento verticale di vari attori nel campo finanziario. Per l’autore, tuttavia, i suoi ipotetici vantaggi andrebbero ridimensionato alla luce dei vari rischi che pone (ad esempio in relazione al ruolo centrale svolto dall’autoregolamentazione privata), soprattutto a seguito della crisi finanziaria del 2008. Durante la terza sessione, The Interplay between National and Supranational Levels in Private Regulatory Intervention, presieduta da Richard B. Stewart, della New York University School of Law, sono stati presentati i paper: “The Global Fund to Fight AIDS, Tuberculosis and Malaria: a New Type of International Organization”, di Gülen 4 Newton (Legal Counsel and Director dell’ufficio legale del Global Fund to fight HIV/AIDS, Tuberculosis, and Malaria), “The Role of Domestic Administrative Law in the Accountability of Transnational Regulatory Networks”, di Ayelet Berman (Research Assistant presso il Centre for Trade and Economic Integration e dottoranda presso l’International Law Unit del Graduate Institute of International and Development Studies di Ginevra), “The international conference on harmonization of technical requirements for the registration of pharmaceuticals (ICH), multinational corporations and national agencies: who is doing what in the field of pharmaceutical regulations?”, di Stéphanie Dagron (ricercatrice presso l’Institute of Biomedical Ethics dell’Università di Zurigo), e “Going Against the Grain: When Private Rules Shouldn’t Apply to Public Institutions”, di Rutsel S.J. Martha e Sarah Dadush (rispettivamente General Counsel e Counsel dell’International Fund for Agricultural Development - IFAD). I singoli contributi sono stati poi discussi da Eelco Szabó e Ingo Venzke. Newton ha analizzato il Global Fund to fight AIDS, un meccanismo di finanziamento per la lotta all’AIDS e ad altre malattie pandemiche, che rappresenta una varietà di soggetti interessati (governi, organizzazioni non governative, imprese ed individui). L’autrice sostiene che sia necessario riconoscere tale entità come organizzazione internazionale vera e propria, anche al fine di conferirle i privilegi e le immunità internazionali di cui necessita per operare efficacemente. Si osserva inoltre che il Fondo presenta già alcune caratteristiche che lo avvicinano, di fatto, ad un’organizzazione internazionale, per quanto riguarda le sue funzioni e i suoi rapporti con altri soggetti internazionali (Stati ed organizzazioni internazionali). Berman ha analizzato la International Conference on the Harmonization of Technical Requirements for Registration of Pharmaceuticals for Human Use (ICH), una rete transnazionale di regolatori, a natura pubblico-privata, che ha il compito di armonizzare le discipline nazionali in materia di registrazione dei farmaci. A fronte dei problemi di accountability che tale meccanismo pone, l’autrice esamina gli strumenti di controllo offerti dal diritto nazionale, a partire dal diritto amministrativo statunitense, nei confronti di due categorie di soggetti: da un lato gli internal stakeholders (ossia i soggetti che conferiscono legittimazione alle entità che partecipano alla rete di regolatori) e dall’altro lato gli external stakeholders (ossia i soggetti ne subiscono le decisioni). Mentre per i primi il diritto interno offre un sistema articolato di procedure e rimedi che assicurano un controllo sulle attività dell’ICH, nei confronti dei secondi le tutele e le possibilità di partecipazione appaiono minori; ad esempio, il fatto che le decisioni dell’ICH vengano adottate per consesus costituisce una garanzia per tutti suoi membri, ma non per i soggetti terzi interessati. Appare quindi necessario potenziare gli strumenti di accountability, integrando quelli di diritto interno con quelli a livello transnazionale. Dagron, invece, ha proposto alcuni interventi correttivi per rafforzare la legitimacy ed accountability dell’ICH, mediante l’ampliamento dei diritti di partecipazione ed il rafforzamento dei suoi tratti pubblicistici. Costituirebbero un 5 segnale positivo in tal senso, da un lato, i rapporti di collaborazione con l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e, dall’altro lato, l’apertura alla partecipazione di soggetti terzi, non membri dell’organizzazione. Tuttavia, poiché si tratta principalmente di Paesi in via di sviluppo, per essi risulta spesso molto difficile partecipare effettivamente, per mancanza delle conoscenze tecniche richieste. Infine, Martha e Dadush hanno analizzato il caso dell’International Fund for Agricultural Development (IFAD), un’organizzazione internazionale nel campo del finanziamento allo sviluppo che, per adeguarsi agli standard di contabilità finanziaria elaborati dallo International Accounting Standards Board (IASB), è stata costretta, di fatto, a duplicare il proprio sistema di contabilità. L’IFAD utilizza infatti un sistema basato sul valore nominale dei prestiti, anziché sul loro valore di mercato; lo sforzo necessario per rispettare tali standard incide pertanto negativamente sull’organizzazione, determinando una vera e propria “schizofrenia istituzionale”. Abbandonare tali standard costituirebbe tuttavia motivo di discredito per l’organizzazione, per cui gli autori auspicano che, a livello globale, possano venire adottate forme di standardizzazione più flessibili ed attente alle caratteristiche delle singole istituzioni. Moltissimi gli spunti emersi nell’arco dei due giorni. A livello globale l’attività di regolazione appare infatti svolta da una pluralità di soggetti, potendosi osservare, caso per caso, vari intrecci tra fonti di legittimazione diverse (Boisson de Chazournes); emergono inoltre, sempre più frequentemente, forme di legittimazione “orizzontale”, in contrapposizione alle tradizionali forme di legittimazione “verticale” (Cassese). In questo scenario, il giurista non può limitarsi ad un approccio descrittivo e definitorio, ma deve invece elaborare categorie concettuali che permettano di tracciare criticamente la linea di confine tra pubblico e privato (Casini). L’inclusione dei soggetti privati nell’attività di regolazione risponde di volta in volta ad esigenze diverse, quali, ad esempio, il bisogno di includere direttamente alcune fasce più vulnerabili (come nel campo della sanità), oppure la necessità di assicurare un adeguato livello di expertise. La partecipazione di tali soggetti ha numerosi effetti positivi, ma può risultare altresì problematica, minando talvolta la trasparenza e l’imparzialità delle organizzazioni, e mettendo in luce le forti disparità che sussistono tra i vari attori sul piano internazionale. A fronte della varietà di fattispecie, appare importante riconoscere i casi in cui delle funzioni apparentemente tecniche rivelano in realtà importanti implicazioni politiche (come osservato da Rose-Ackerman, in relazione all’Interpol). Molti problemi riscontrati a livello globale appaiono inoltre analoghi a quelli da tempo familiari agli studiosi del diritto amministrativo interno; tale disciplina può pertanto fornire un utile contributo a questo settore di studi, pur nella consapevolezza delle peculiarità che caratterizzano il panorama internazionale (Zaring). Appare molto importante, in particolare, conoscere le difficoltà specifiche incontrate da ciascuna categoria di soggetti (come i Paesi in via di sviluppo, o le fasce più deboli della popolazione, su cui ha posto l’attenzione Szabó); infatti, gli stessi strumenti di tutela 6 possono rivelarsi molto utili per alcuni, ma non per altri (come osservato da Venzke in relazione al meccanismo del consensus, efficace per certi Stati sul piano internazionale, ma non per altri). Durante la conclusione del seminario, gli organizzatori hanno assegnato un premio al contributo più promettente, che è stato consegnato ad Ayelet Berman, autrice del paper “The Role of Domestic Administrative Law in the Accountability of Transnational Regulatory Networks”. E’ stata inoltre segnalata la call for papers per il prossimo GAL seminar, dal titolo “Indicators as a Technology of Global Governance”, che si terrà a Viterbo il 15 e 16 giugno 2012. Infine, sono stati segnalate altre iniziative di interesse per questo settore di studi, come: la prossima uscita della terza edizione del GAL Casebook (a cura di Sabino Cassese, Lorenzo Casini, Mario Savino, Marco Macchia, Ewan Mc Donald e Bruno Carotti, con la cooperazione di Eleonora Cavalieri), le iniziative in corso presso il Max Planck Institute for Comparative Public Law and International Law di Heidelberg (la ricerca “Beyond Dispute: International Judicial Institutions as Lawmakers”, pubblicata nel German Law Journal), l’Università di Amsterdam (un progetto di ricerca sul post-national rulemaking, coordinato da Deirdre Curtin, Martijn Hesselink e André Nollkaemper) e lo Hague Institute for the Internationalisation of Law (il progetto di ricerca Informal International Law-making, coordinato da Joost H.B. Pauwelyn, Gabrielle Marceau, Jan Wouters e Ramses A. Wessel, e quello sulla Private Transnational Regulation, coordinato dal professor Fabrizio Cafaggi). Richard B. Stewart ha quindi tratto le conclusioni, segnalando a sua volta alcuni progetti di ricerca presso la New York University School of Law, in tema di: International Climate Finance, Investment Law e Indicators as a Global Technology. 7