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Osservatori a Londra a cura di Gabriella Cirucci Cultura e relax – ovvero il confort nei maggiori musei londinesi (Gabriele Donati) La grandiosità dei musei non va a scapito della loro perfetta godibilità. Il mai troppo lodato ingresso gratuito elimina non solo ogni coda, ma pure la necessità di percorrere tutte le sale a tappe forzate... Comunicazione e pubblico nel British Museum (Gabriella Cirucci) Ciò che rende particolarmente piacevole il British Museum, al di là della ricchezza delle collezioni, è un'attenzione molto speciale per il visitatore... Allestimento e innovazione nei musei londinesi (Fabrizio Federici) Uno degli elementi che più colpisce un italiano in visita ai musei londinesi è sicuramente l'ampio ricorso all'illuminazione naturale, assicurata da grandi lucernari... Dal Victoria and Albert alla Tate Modern, le frontiere dei nuovi musei (Daniele Rivoletti) Gli ultimi interventi nei musei londinesi rivelano strutture sempre più aperte ad un pubblico ampio e variegato; ma che cosa è cambiato rispetto al passato? Cultura e relax - ovvero il confort nei maggiori musei londinesi Gabriele Donati Chiunque sia affetto da quello che un tempo si chiamava 'amore per l'arte', ben distinto quindi dalle coercizioni scolastiche e dai freddi interessi professionali (magari di marketing espositivo), non può che varcare con reverente emozione la soglia del British Museum, della National Gallery, del Victoria and Albert, della Tate. Queste istituzioni ospitano infatti con ammirevole nitidezza un infinito numero di inestimabili capolavori. D'altra parte, chi abbia un po' di esperienza diretta dei maggiori musei italiani, Londra, British Museum dagli Uffizi all'Archeologico di Napoli, rischia quasi di essere demotivato dall'aspettativa di ammirare tutto d'un fiato l'intero fregio del Partenone oppure i capolavori di ogni scuola pittorica europea. In Italia il visitatore agguerrito si prepara quindi a sopravvivere a tanta bellezza, più che a godersela: calza comode scarpe da jogging, riempie lo zaino di bottiglioni d'acqua naturale, di bevande energetiche, snacks, seggioline da campeggio (se consentite), aspirine, fazzoletti, mappe per l'orientamento. Eventuali figli, in tenera età o meno, divengono ora inesauribili guastatori della pace estetica: magari si contendono l'unica sedia del custode, magari costringono a cercare l'unico bagno per intere mattinate. Dimentichi tutto questo il visitatore italiano a Londra. In primo luogo, il mai troppo lodato ingresso gratuito elimina non solo ogni coda, ma pure la necessità di percorrere tutte le sale a tappe forzate; quindi, al posto di comitive vocianti ed in perpetua corsa, càpita di trovare davanti a Piero della Francesca soltanto distinti managers che dall'ufficio nella City sono venuti a godersi una mezz'ora di relax. Egualmente gratuiti sono anche i guardaroba, che alleviano il turista di ogni peso superfluo alla visita. L'ampia diffusione di poltroncine (da segnalare soprattutto quelle imbottite della National Gallery) consente a tutti di prendere sollievo agli arti inferiori, mentre magari l'occhio vuole ancora la sua parte. Gli stessi custodi, pur ligi ai loro compiti, mostrano corretta tolleranza verso bambini Londra, British Museum e adulti intenti a sfruttare per un istante l'appoggio di un corrimano, un basamento, un segnale (si sconsiglia invece di provarci al Louvre). Se comunque subentra la stanchezza, toilettes e caffetterie non solo sono sempre disponibili, ma di solito anche raggiungibili con facilità e senza ripercorrere a ritroso l'intera esposizione: in realtà, la disposizione delle sale, sebbene apparentemente casuale, consente facilmente di scegliere percorsi personalizzati senza spaventose camminate. Notevole in questo senso la recente riorganizzazione del British Museum, dove i servizi di ogni sorta, situati nel cortile centrale coperto, sono raggiungibili con facilità da ogni punto del museo, magari per interrompere una continuità di visita snervante per i più piccoli. Appositi banchi informativi rimangono d'altronde sempre pronti per ogni chiarimento e servizio. In sostanza, la grandiosità dei musei non va a scapito della loro perfetta godibilità: una lezione che si vuol segnalare non solo per l'Italia - perché in realtà le nostre istituzioni hanno storie troppo diverse - ma anche per la mastodonticità non sempre praticabile degli esempi francesi. Comunicazione e pubblico nel British Museum Gabriella Cirucci I motivi per apprezzare particolarmente una visita al British Museum vanno ben al di là della ricchezza delle collezioni: è un luogo ben organizzato, animato, dinamico, ma soprattutto è accogliente e rispettoso del visitatore. L'istituzione è concepita in primo luogo come un servizio, e ciò dipende solo in parte dalla fin troppo esibita consapevolezza della propria missione culturale. Più importante mi pare la costante preoccupazione di giustificare il proprio operato, che raramente si incontra altrove. Il lavoro di ricerca e di conoscenza che ha determinato le scelte espositive emerge in ogni sala con molta discrezione, e soprattutto con inaudita sintesi. Non comune è inoltre la disponibilità dei custodi e il rispetto che dimostrano per la curiosità e la passione verso le opere, senza che venga meno una sorveglianza ferrea, eppure raramente isterica. L'interesse, la preparazione culturale e le motivazioni del pubblico non sono mai date per scontate. Questa speciale attenzione al visitatore generico fa sì che gli oggetti esposti abbiano una la capacità di attrazione specifica e autonoma, tanto che è quasi impossibile non notare qualcosa di importante. Sia gli highlights che le novità vengono segnalati in maniera inequivocabile, interrompendo fisicamente le passeggiate distratte dei nuovi e dei vecchi frequentatori, o distinguendosi cromaticamente dall'insieme. La collezione di antichità greche e romane, articolata su tre piani secondo una disposizione genericamente cronologica e topografica, può essere un buon esempio di quanto detto finora. Un grande merito della gestione, che costituisce un tratto tipico del British Museum e che purtroppo non trova molti paralleli nei grandi musei internazionali, è la volontà di mantenere accessibile la maggior parte delle sale. La fruibilità delle sale minori nel corso della giornata è purtroppo limitata da orari di apertura spesso esigui, tuttavia una breve visita è quasi sempre garantita. Interessanti sono anche le scelte espositive e la selezione del materiale: nelle sale più grandi vengono isolati insiemi di oggetti coerenti, raggruppati per provenienza, cronologia, iconografia, funzione, in modo da facilitarne la lettura e la comprensione, suggerendo insieme un'idea dinamica della conoscenza. Altro punto forte dell'allestimento è l'identificazione dei pezzi mediante didascalie equilibrate, che forniscono informazioni complete ma mai sovrabbondanti. Sulle pareti si trovano invece pannelli con gli inquadramenti storico-culturali, le piantine, le ricostruzioni dei contesti. Anche nelle teche più affollate è possibile avere le informazioni essenziali per capire cosa si sta guardando e nelle aree in via di completamento c'è sempre un cartellino di scuse per la mancanza di documentazione adeguata. Intelligente è la scelta di allestimento delle salette laterali che precedono la stanza del Partenone, con una sezione didattica che ha almeno due punti forti: la proiezione di un video di approfondimento, che si può guardare stando seduti, e l'esposizione del calco del fregio ovest, concepito come una facilitazione per ipovedenti. Curioso e un po' invasivo l'esperimento di tour interno nell'ambito del progetto Africa 05, esplorabile anche sul sito internet del museo, che mette insieme alcuni oggetti africani o ispirati all'Africa considerati tramite culturale con l'Europa, accompagnati dal commento di alcuni visitatori europei e africani. Allestimento e innovazione nei musei londinesi Fabrizio Federici Uno degli elementi che più colpisce un italiano in visita ai musei londinesi è sicuramente l'ampio ricorso all'illuminazione naturale, assicurata da grandi lucernari. Si tratta - ça va sans dire - della soluzione ideale per poter apprezzare appieno le opere esposte, e in particolare le sculture: eppure nella nostra Penisola è adottata raramente, e le si preferisce l'illuminazione artificiale degli ambienti, quando non addirittura il buio pesto, da cui le opere d'arte emergono grazie alla luce dei faretti, che quasi sempre finiscono per 'deformare' le sculture e per 'chiazzare' i dipinti. Si potrebbe obiettare che con il sole italico una sala illuminata da un lucernario si trasformerebbe in una serra, e sarebbe vero; ma con un adeguato sistema di condizionamento si potrebbe ovviare all'inconveniente. In ogni caso, ammirare i marmi del Partenone sotto il chiarore in continuo mutamento del cielo di Londra è un vero piacere... Alcune volte, in verità, anche gli inglesi si lasciano tentare dall'illuminazione artificiale e, quasi a dimostrare la loro scarsa dimestichezza con la materia, riescono a far peggio dei colleghi continentali: è il caso, ad esempio, della Gian Lorenzo Bernini, Nettuno, Londra, saletta della National Gallery dedicata alle Tavole Borgherini, in cui le ombre Victoria and Albert Museum delle cornici dei dipinti sono fastidiosamente proiettate sulle pitture. Non mancano poi alcuni problemi che si possono riscontrare un po' in tutti i musei del mondo: si veda ad esempio (al British Museum) un 'classico' come quello della presentazione dei vasi antichi dipinti, che, stipati dentro le vetrine, difficilmente riescono a mostrare allo spettatore tutte le raffigurazioni che li impreziosiscono. Poco riuscita risulta, sempre al British, la localizzazione di alcune sezioni: è il caso di quella dedicata alle antichità cipriote, che separa in maniera inopportuna la sala dedicata ai reperti magnogreci dalla sezione relativa alla Roma repubblicana. Tuttavia, fatti questi modesti rilievi, bisogna riconoscere e sottolineare la grande qualità degli allestimenti londinesi: le opere sono opportunamente distanziate, le informazioni che le corredano ben collocate rispetto ai pezzi (salvo forse alla Tate Modern, dove lo spettatore è costretto a continui andirivieni all'interno delle sale), l'effetto complessivo degli ambienti espositivi è sempre gradevole e affascinante (penso in primo luogo agli eleganti interni della National Gallery). Merita inoltre un cenno l'allestimento del più illustre esempio di casa-museo londinese, l'abitazione dell'architetto John Soane, le cui stanze, suggestivamente stipate di reperti e arredi di vario genere, e illuminate dai soliti, provvidenziali lucernari o da ampie finestre, permettono di rivivere l'atmosfera dei circoli intellettuali inglesi del primo Ottocento. Un punto che è importante evidenziare è lo sforzo in direzione dell'innovazione che caratterizza gli allestimenti, al punto che la frequenza con cui nuovi displays sono realizzati (o quelli già esistenti modificati) lascia di stucco lo spettatore italiano, abituato a vedere gli stessi musei da cinquant'anni e impreparato ad interventi di miglioramento che non siano una spolveratina qua e là, il cambio di un'etichetta o, talvolta, un restauro. A Londra si verifica esattamente il contrario: si succedono interventi che riguardano sia singole opere che sale intere (in questo periodo si sta riallestendo, ad esempio, una delle sale del Victoria and Albert dedicate alla scultura rinascimentale e barocca), o addirittura intere sezioni. A questo proposito l'esempio più celebre, e discusso, è senz'altro quello delle British Galleries, sempre al V&A, che risale a qualche anno fa: un intervento di completo rifacimento che ha fatto parlare per la sua carica fortemente innovativa, la volontà di superare le classificazioni per generi e materiali - al fine di fornire un quadro completo della storia e della cultura materiale inglese nel corso di quattro secoli - e il proposito di consentire la massima interattività tra il pubblico e le opere (tramite video, computer, la possibilità di toccare alcuni oggetti...). Il progetto ha sicuramente dei grandi punti di forza, anche se non si può non criticare l'abbandono della luce naturale a favore di quella artificiale e la natura di 'giochini' un po' frivoli di molte delle attività multimediali proposte. In ogni caso, la cosa da sottolineare è questa: il neonato allestimento delle British Galleries va già incontro a modifiche! (ad esempio, i computer sono stati tutti radunati in una sala alla fine del percorso espositivo, mentre prima erano posizionati al suo interno). Un altro caso di nuovo allestimento che merita una menzione è quello dell'Enlightment Gallery al British Museum: il proposito di dare conto della storia delle ricerche antiquarie nell'Inghilterra del Settecento si sposa con scelte espositive azzeccate e soprattutto mai noiose, di modo che anche un tema certo non dei più accattivanti per il grande pubblico riesce a fare una certa presa sul visitatore. L'impegno profuso nel rinnovamento degli allestimenti, peraltro, rientra in un più ampio processo di continua trasformazione dei musei londinesi, che implica un notevole investimento di capitali e di energie e che agisce a livelli diversi: dall'edilizia museale (ampliamenti, modifiche, costruzioni ex novo e riuso a fini espositivi di strutture esistenti: si vedano la nuova ala della National Gallery, la corte coperta del British e la realizzazione della Tate Modern) alla comunicazione (nuovi cartellini delle opere, iniziative rivolte a determinate fasce di pubblico, come le popolazioni extraeuropee, la nuova sala 'didattica' del British Museum che precede la galleria con i marmi Elgin e nella quale si affiancano pannelli informativi, un filmato, calchi che possono essere toccati, innovativi strumenti di comunicazione destinati ai non vedenti). In tal modo i I marmi Elgin provenienti dal Partenone, Londra, British Museum musei di Londra mostrano aspetti diversi ad ogni visita, invogliando lo spettatore a visitarli più di una volta; e soprattutto essi davvero sono, come ogni museo dovrebbe essere, laboratori di ricerca e non solo strutture finalizzate alla conservazione e all'esposizione dei reperti. Dal Victoria and Albert alla Tate Modern, le frontiere dei nuovi musei Daniele Rivoletti E' sufficiente abbattere la barriera del biglietto di ingresso per invitare i cittadini a riscoprire i musei? L'esempio delle collezioni londinesi ci dimostra che è necessario un intervento ben più radicale, poiché sono cambiati modalità e tempi di fruizione e soprattutto perché si sono dilatati enormemente il numero dei visitatori e di conseguenza le domande a cui ogni museo è portato a rispondere - secondo orizzonti non troppo distanti dal dibattito americano sul "canone", chiamato ad offrire modelli culturali universali nei quali disomogenee moltitudini di razze possano congiungersi e identificarsi. Great Court, British Museum Prendiamo le mosse dagli ultimi importanti interventi della politica museale londinese. Constatiamo in primo luogo una radicale riconfigurazione delle funzioni del contenitore architettonico: • l'apertura della Tate Modern (2000) ha valorizzato enormemente l'area di Southwark, adesso gravitante attorno all'imponente mole dell'ex centrale elettrica trasformata in museo; • con l'inaugurazione della Great Court (2000), il British Museum è stato dotato di un enorme ambiente svincolato dal percorso espositivo, offerto non solo ai visitatori ma anche all'intera cittadinanza, nel tentativo di creare una nuova piazza, civica ma interna al museo; • i progetti di riallestimento del Victoria and Albert Museum prevedono - sulla scorta della Great Court - il restauro del grande giardino interno, che diverrà un ambiente di disimpegno all'interno del percorso museale, ma anche un luogo adibito a eventi, cerimonie e installazioni, e dunque rivolto all'intera città. Londra, Tate Modern Il museo presta dunque i propri spazi ad attività collaterali, che lo reinseriscono nel tessuto urbano e ne accentuano progressivamente il carattere "pubblico". D'altra parte, la necessità di aprirsi a visitatori sempre più numerosi e variegati si riflette anche nelle scelte dei nuovi allestimenti: • la Tate Modern ha suddiviso la propria collezione secondo quattro grandi aree tematiche, che rispecchiano altrettanti generi artistici (pittura di storia, di paesaggio, natura morta, nudo), ma riportano altresì ad urgenti problematiche dell'epoca contemporanea (il progressivo allentarsi della memoria storica nella società odierna; il difficile rapporto tra uomo e ambiente). Le opere vengono dunque valorizzate nella loro funzione di documento e associate nella costruzione di una rete tematica, stimolante per ogni visitatore. Il tradizionale percorso cronologico-stilistico è in parte recuperato in alcune sale consacrate ad una corrente storica o ad un singolo autore; • il Victoria and Albert Museum prevede un allestimento che separi gli oggetti di manifattura europea da quelli provenienti dall'Asia; abolita la centenaria ripartizione secondo materiali e tipologie, in passato funzionale agli obiettivi industriali del museo, la nuova presentazione delle collezioni raggrupperà insieme differenti tipi di oggetti in modo da rievocare scenograficamente l'atmosfera di un particolare tempo e luogo, privilegiando ancora una volta l'aspetto documentario dell'opera d'arte. Progetti futuri o appena realizzati restituiscono dunque l'immagine di istituzioni disposte a modificare radicalmente i percorsi di lettura delle opere e le destinazioni degli spazi museali. E la pronta risposta del pubblico alle innovazioni della Tate Modern sembra - almeno finora - dar loro ragione.