leggi un assaggio - Ad est dell`equatore
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prologo Quando ho fatto il mio outing letterario annunciando, con mia stessa sorpresa, di essere in procinto di pubblicare un libro, la prima domanda che mi sono sentita rivolgere è stata: “Davvero? E come mai hai scritto un libro?”. Come mai…Mica facile a spiegarsi. Avrei potuto raccontare che ho sempre amato la scrittura fin da bambina, quando uno dei miei giochi preferiti era “scrivere a macchina”, prima ricopiando pagine di libri scritti da altri sentendomi inconsciamente con Il piccolo scrivano fiorentino del libro Cuore, che ogni volta che lo leggevo mi faceva versare fiumi di lacrime! E poi, dopo, mettendo nero su bianco quelle parole che, da timida quale sono, non avrei mai avuto il coraggio di pronunciare. Insomma, ciò che a molti può sembrare un’impresa, lo scrivere, per me ha sempre rappresentato un qualcosa che mi viene naturale. Avrei potuto rispondere riportando ciò che scrive Giuseppe Culicchia nel libro E così vorresti fare lo scrittore, cioè che quando s’inizia a scrivere e si tenta, in seguito, di farsi pubblicare il proprio manoscritto, ci si sente pronunciare in continuazione la frase “In Italia sono più quelli che scrivono che quelli che leggono” che, poi, è la stessa cosa che mi ha detto mio zio quando, appresa la notizia, senza scomporsi, ha sentenziato: “Mi ha detto tua madre che pubblichi un libro. Oggi tutti scrivono libri. Il punto è: chi li legge?”, la qual cosa mi ha fatto molto ridere. Tuttavia, alla domanda di cui sopra, mi sono limitata a 8 rispondere: “Così” che, in realtà, è tutto fuorché una risposta. A quel punto, ecco, quasi di default, la seconda domanda: “E di cosa parla questo libro?”. Ed io: “Parla di donne. E di uomini, anche!”. E, ancora, la terza: “Ah, e come ti è venuto in mente?”. “Così, per gioco” – e, seppure in modo un po’ laconico, non ho di certo mentito. Perché, in fondo, tutto è nato davvero per gioco, dopo quelle divertenti, interminabili, chiacchierate con le amiche e gli amici, ma anche osservando la moltitudine di amiche, colleghe, conoscenti, fidanzate e mogli di amici, di donne incrociate un po’ ovunque, nei viaggi, dal parrucchiere o, più semplicemente, in metropolitana, osservazione che, associata a un pizzico di fantasia, mi hanno portato a raccontare di tante, differenti tipologie femminili. Dopo il gioco, poi, è arrivato il momento delle riflessioni, seguito dalle domande, del tipo: “Come siamo oggi noi donne?”, “Rispetto alle nostre madri, alle nostre nonne, alle nostre sorelle maggiori, come siamo diventate?”, “In quali strane creature il povero uomo contemporaneo è costretto ad imbattersi?”. E, ancora: quanti tipi diversi esistono in un’unica donna, spesso costretta, anche dal mondo circostante, ad essere “una, nessuna e centomila”? Possibile che quell’unico cromosoma X abbia generato così tanti una così variegata moltitudine di donne? Infine, un interrogativo che spesso ci poniamo: “Ma gli uomini conoscono davvero le donne?”, al quale, quasi sempre, si finisce col dare una sola, unanime risposta, ovvero un fragoroso “No!”, seguito magari da affermazioni quali “Gli uomini non ci capiscono”, “Gli uomini pensano solo a sé stessi!” o, ancora, “Gli uomini sono tutti uguali” e mi fermo qui, altrimenti rischio di scrivere un altro libro. Questo accade perché ogni donna, infatti, è convinta di essere del tutto incompresa dal mondo maschile, ritenendo che gli uomini non siano in grado di capirle, senza rendersi conto che, a volte, gli uomini non ne hanno proprio alcuna voglia, accontentandosi di 9 una conoscenza, per così dire, più superficiale. Un po’ come come i genitori di quegli alunni un po’ svogliati che, quando vanno a parlare con i professori, si sentono dire: “È intelligente, ma non s’impegna abbastanza”. Se, invece, gli uomini fossero un po’ un po’ più attenti, potrebbero rendersi conto di quanto infinite siano le vie delle donne. Ad esempio, scoprirebbero gli innumerevoli e fantasiosi escamotages ai quali le stesse ricorrono per apparire ai loro occhi (e non solo) più belle, più alte, più cool, più intelligenti, più dolci, più amorevoli, più irresistibili e altro ancora. Insomma, per sembrare diverse e, soprattutto, migliori di quanto in realtà esse siano. Non che gli uomini siano immuni da siffatti comportamenti. Spesso, infatti, anch’essi celano strani “assi nella manica”: si pensi, ad esempio, a coloro che, pur di sembrare un po’ più alti, calzano scarpe con suola gommata che li fa guadagnare almeno quattro centimetri oppure quelli che, non avendo proprio delle spalle alla Massimiliano Rosolino, indossano sempre la giacca, non separandosene mai, anche se fuori fanno 45° all’ombra! È pur vero, però, che un eventuale approfondimento del mondo femminile potrebbe, in qualche caso, condurre gli uomini alla scoperta che le donne hanno anche un’anima, spesso migliore dei loro corpi. Perché non mi ritengo una “donna che odia le donne”, né una di quelle che “gli uomini sono tutti uguali” e altro ancora, solo mi diverte tantissimo osservare le persone, riuscire a coglierne le sfumature, i pregi e i difetti, cogliendone i loro tratti caratteristici e, di frequente, anche i più ironici. Del resto, l’ho detto già prima: sono “nata timida” e, anche se oggi, per cause di forza maggiore, lo sono un po’ meno, tuttavia per me vale ciò che Paolo Sorrentino, nel film Le conseguenze dell’amore, fa dire al suo protagonista: “I timidi notano tutto, ma sono molto bravi a non farsene accorgere”. Ne sono consapevole: c’è un’elevata probabilità che “per colpa” di questo libro potrei ritrovarmi, nel giro di qualche mese, 10 senza lo straccio di un’amica, né tantomeno di una donna che avrà voglia di diventarlo, per non parlare poi degli uomini, che potrebbero diventare autentici miraggi! Tuttavia correrò questo rischio: ho scritto di donne, di come sono (e non sono) oggi, rivolgendomi anche agli uomini, spesso strizzando l’occhio a questi ultimi. Ma un libro va letto fino alla fine; chissà che non riservi qualche sorpresa! Di sicuro, una sorpresa finale c’è ed è quella che mi ha fatto un bravissimo scrittore-amico. Parlo di Pino Imperatore, autore dei best-seller Benvenuti in casa Esposito e Bentornati in casa Esposito il quale, dopo tanti ritratti femminili, reali e, ancor di più, surreali, mi ha regalato il profilo di un uomo, ma non di certo un uomo qualunque, ma di un “the Best of the Best”, colui che nella sua vita ha conosciuto, molto da vicino, tantissime delle donne da me descritte. Pino Imperatore è stato una delle prime persone alle quali ho avuto l’ardire di far leggere queste pagine quando erano appena la metà di adesso e lui, senza sapere niente di me, nemmeno che fossimo colleghi nelle nostre “prime” vite professionali, con inaspettata e graditissima attenzione, mi disse: “Mi piace, l’idea è carina, scrivi bene. Continua”. Per questo, quando dopo qualche mese da quell’incoraggiante incontro, gli annunciai che quelle pagine, nel frattempo, erano raddoppiate e una piccola ma selettiva casa editrice napoletana aveva addirittura deciso di pubblicarle, è stato naturale per me chiedergli se avesse voglia di scrivere la prefazione. E lui, ha fatto di più, dipingendo la figura di un uomo di quelli “che non deve chiedere mai” e che, con buona probabilità, nessuna donna vorrebbe mai incontrare nella sua vita! Dimenticavo: e io? C’è una quarta domanda che mi sono sentita rivolgere alla notizia che avrei pubblicato un libro sulle donne: «E tu, a quale profilo di donna appartieni?». Piccola parentesi: confesso che il 11 verbo “appartenere” e, in generale, l’idea di “appartenere” ad una qualche categoria umana, pur avendoci giocato finora, mi fa venire i brividi e sorridere allo stesso tempo. D’altro canto, se proprio decidessi di stare al gioco e provassi ad inquadrarmi in una delle tipologie femminili che presto conosceremo, di certo non spetta a me decidere in quale girone infernale (o in quali) andare a collocarmi. Tuttavia, nei momenti di “singletudine” della mia vita, mi è capitato tantissime volte di sentirmi rivolgere discorsi del tipo: “Scusami, ma io non capisco. Sei simpatica, intelligente, piena di interessi, indipendente, dolce, sei una bella ragazza, hai un lavoro stabile, una bella famiglia, tanti amici e persone che ti stimano e ti vogliono bene. Ma com’è possibile che tu non sia mai stata sposata? Anzi, addirittura, adesso nemmeno fidanzata? Cosa ti manca?”. Cosa mi manca. Ma che domanda è? Uno di quei quesiti assurdi, più irrisolvibili del mistero della Santa Sindone o del sangue di San Gennaro, e rispetto al quale mi vengono in mente tre possibili reazioni. La prima, quella più immediata, potrebbe essere quella di zittire l’interlocutore, con un “Non sono affari tuoi!”, ma condurrebbe ad un difetto di educazione che proprio, per così dire, non rientra nel mio stile. L’alternativa, allora, potrebbe essere quella di rispondere con un laconico “E che ti devo dire!”, magari anche accompagnato da un tono sommesso, quasi di rassegnazione, lasciando, così, il richiedente “a bocca asciutta” e privo del coraggio di spingere oltre la curiosità. Infine, una terza possibilità potrebbe essere quella di dare inizio ad un monologo senza fine, con il quale raccontare tutto il proprio vissuto sentimentale, a partire dal primo bacio fino all’ultima storia, indicando, per ciascuna relazione, le motivazioni della fine, senza risparmiarsi nei particolari, inducendo, in tal 12 modo, il povero ascoltatore a pensare, “Ma chi me l’ha fatto fare!”. E invece so che la verità è un’altra. Appellandomi ad un difetto vocale (del quale, tra l’altro, vado molto fiera) che, sin da bambina, mi impedisce di pronunciare la lettera “r”, a quelli che avessero l’ardire di farmi il suindicato discorsino concludendo con la domanda “Cosa ti manca?”, rispondo così: «Vuoi davvero sapere cosa mi manca? A me manca la “erre”»! Il mio prologo finisce qui e comincia l’avventura. Buona lettura. la silicon girl Anche se molti uomini affermano di non amare quelle donne che, in gergo, sono definite “rifatte”, dichiarando “invece” di preferire la donna nature, è alquanto raro trovare maschi che provino ribrezzo nell’ammirare un certo tipo di décolleté oppure nel baciare labbra a forma di canotto o ammirare gambe senza un filo di buccia d’arancia. Insomma, anche se pochi uomini lo ammetteranno, la donna che qui sarà definita “Silicon girl” piace eccome! Del resto, sono tantissimi i motivi che inducono un uomo a guardare con un certo favore questa categoria femminile. Un primo motivo è che oggi, tra i medici, il chirurgo estetico spopola e il settore sembra non conoscere crisi tanto è che nel 2013 sono stati registrati in Italia circa un milione di interventi estetici. Di fatto attualmente nel nostro Paese operano circa mille chirurghi plastici specialisti, a fronte dei quali esistono quasi quattromila medici “estetici”, ovvero non-chirurghi. Un dato, questo, che ognuno di noi, nel proprio quotidiano, può verificare con estrema facilità: s’immagini, ad esempio di essere invitati a cena a casa di amici dove ci sono persone mai viste prima. È alquanto plausibile che tra gli “amici di amici” si possa ritrovare un chirurgo o un medico estetico, il quale, dopo aver scelto la sua prossima vittima, in maniera totalmente subdola, per tutta la serata non farà altro che riempirla di complimenti aggiungendo, però che forse una taglia di reggiseno 14 in più (per una donna) o un po’ di pancetta in meno (per un uomo) o un viso più liscio (per entrambi) potrebbero cambiare radicalmente la sua vita! Perché, quando ci s’imbatte in un chirurgo estetico, è sempre come se lui cercasse di dire al proprio interlocutore: “Non lo vedi che fai proprio schifo, ma non ti vergogni ad andare in giro così? Passa al mio studio e ti dò una bella sistemata!”. Il secondo motivo, poi, per cui gli uomini non disdegnano le donne con qualche “ritocchino” è rappresentato dal fatto che oggi anch’essi, con una frequenza addirittura maggiore (data la più elevata capacità di spesa), amano farsi fare un “tagliando”, in particolare al naso, alle palpebre, all’addome e persino al petto. In Gran Bretagna, ad esempio, pare sia diventato di gran moda tra gli uomini sottoporsi a interventi di riduzione del seno (sì, proprio così), con l’idea di emulare quei fisici scolpiti che dominano sulle copertine dei magazine maschili. Ritornando alle donne, invece, quali sono i “ritocchini” più diffusi? Volendo stilare una hit-list (oramai l’espressione top ten è in disuso dall’epoca di Deejay Television per non parlare, poi, del termine “classifica” che non si sente più dai tempi di Maurizio Seymandi e del suo Telegattone!), pare che al primo posto svetti (qualche dubbio?) l’aumento del seno o, se si vogliono chiamare le cose col proprio nome, la “mastoplastica additiva”. Al secondo posto, invece, figura la liposuzione e, infine, al terzo, il ringiovanimento dello sguardo. Un podio senza sorprese se si considera che da sempre gli uomini impazziscono per un seno abbondante, forse per mai sopite pulsioni ancestrali secondo cui un seno grande si ricollega ad una maggiore capacità di procreare e di allattare la prole. O, anche, volendo scendere a un livello più “fisico”, per il semplice gusto di palpare una quarta di reggiseno, e non importa se questa generosa misura era, in origine, una floscia, seppure naturale, striminzita seconda taglia o, addirittura, una prima. 15 C’è di più: pare che il seno abbondante piaccia non soltanto per il gusto del tocco, ma anche per quello dell’esibire. In effetti, avere al proprio fianco una donna prosperosa, seppure come Madre Chirurgia l’ha fatta, costituisce, per certi uomini, un biglietto da visita di sicuro impatto. Come il peggiore degli status symbol, infatti, questo tipo di donna va messo in mostra, al pari di un oggetto che riesca, in qualche modo, a potenziare la personalità (alquanto scarna) di alcuni figli di Adamo. Ciò detto, ben venga quindi la donna Silicon Girl dal seno rifatto. Diverso, invece, è il caso della donna “nasorifatto” che, al contrario di quella divenuta maggiorata, tende a far passare in sordina il proprio, nuovo status. Questa donna, infatti, dopo essersi sottoposta a un intervento di chirurgia plastica al naso, non ammetterà mai, neanche di fronte all’evidenza più sfacciata, di essersi data un’“aggiustatina”. Piuttosto, porterà avanti, con tenacia, la tesi di essere stata costretta a sottoporsi a tale intervento a causa di un problema respiratorio legato a un setto nasale imperfetto. È grazie a loro infatti che abbiamo imparato a conoscere i “turbinati”, quei pezzetti di carne che si trovano nelle fosse nasali e a quanto pare progettati talmente male dalla Natura che ci si chiede come sia stato possibile per l’umanità arrivare fino al XXI secolo pur afflitta da così gravi problemi respiratori. “Sai, avevo un problema ai turbinati” dicono al preoccupato interlocutore ormai mosso a pietà; “è una cosa molto diffusa, quasi un’epidemia; dovresti farteli controllare anche tu”. Respirare bene è importante, si sa, e c’è quindi da credergli se una banale rinoplastica viene spacciata sempre più spesso per una necessaria e mal desiderata rinosettoplastica in cui il chirurgo si è divertito ad apportare qualche piccolo accorgimento giocando con qualche ossicino e un po’ di cartilagine ed eliminando, come per magia, un’insopportabile gobba e facendo spuntare un bel nasino nuovo di zecca. In più la poveretta affermerà, con una recitazione degna di un Oscar, 16 che, all’inizio, quel naso proprio non le piaceva e di aver pianto per una settimana, chiedendo che le fosse restituito il suo caro, vecchio e amato naso. Infine, dichiarerà che, grazie al supporto morale della mamma e delle amiche e talvolta anche dello psicoterapeuta, è poi riuscita, alla fine, ad accettare il suo nuovo naso e a superare lo shock di avere un naso finalmente decente come desiderava sin dalla prima elementare quando il suo soprannome era Pippo, la scopa ficcanaso! Un atteggiamento riscontrabile anche nelle donne che ricorrono all’efficace quanto pericolosa pratica della liposuzione. Quale donna, infatti, ammetterebbe di essersi sottoposta a un’operazione chirurgica che le ha portato via, in pochi attimi e grazie a delle magiche cannule, quei fastidiosi accumuli di grasso su addome, fianchi, cosce e glutei, per i quali nella propria vita aveva provato cinquanta tipi di dieta diversi, cambiato venti palestre e consultato altrettanti nutrizionisti? Per non parlare poi di quegli interventi di liposuzione applicati ad altre parti del corpo: ad esempio, quello alle caviglie oppure diretto all’eliminazione del cosiddetto “gibbo”, quel fastidiosissimo inestetismo situato sulla zona basale della colonna cervicale che conferisce un orribile aspetto taurino. Quando un uomo si trova di fronte ad una Silicon Girl, c’è una cosa che deve assolutamente sapere, ossia che questa categoria femminile si divide in due parti: da un lato, vi sono quelle donne che amano ostentare i loro nuovi attributi, come un abito griffato o l’ultimo smartphone, mentre dall’altra parte stanno quelle che negano fino alla morte di essersi sottoposte ad uno (o più) interventi di chirurgia estetica, convinte che nessuno potrà mai accorgersene, spesso finendo col mentire anche a sé stesse. Ha, poi, dell’incredibile ciò che accade da qualche anno a questa parte in Cina: qui, infatti, dopo la correzione degli occhi 17 a mandorla, sono spuntate come funghi piccole cliniche in cui, a prezzi contenuti, ma con discutibili misure di sicurezza, si effettuano interventi per l’allungamento delle gambe. Secondo il popolo cinese, infatti, una lieve alterazione, per così dire, della propria altezza (si può crescere di un centimetro ogni venti giorni per arrivare a un allungamento addirittura di dodici centimetri) consentirebbe di aumentare le proprie possibilità di trovare lavoro, anche se si potrebbe ritenere che, probabilmente, anche da quelle parti vale il detto “l’altezza è mezza bellezza”! E fa davvero impressione pensare che, per appena qualche centimetro in più, si possa essere disposti a sottoporsi a un’operazione chirurgica che, senza mezzi termini, consiste nello spezzare le ossa degli arti inferiori per poi fissarle a uno strumento metallico in grado di mantenere l’osso integro fino a quando lo stesso non si calcificherà in maniera naturale e, infine, solo praticando un’adeguata attività riabilitativa e dopo un po’ di tempo, le gambe cominceranno ad allungarsi. Meno terrificante, ma altrettanto discutibile, è poi una pratica che è stata definita lunch time treatement che, tradotta, equivale a “come utilizzare la pausa pranzo per diventare più belli”! E, così, sono nate espressioni quali lunch time lipo, lunch time breast e via discorrendo. In conclusione per chiunque sarebbe di gran lunga preferibile una donna (ma anche un uomo) che sfrutta questo momento della sua giornata per farsi bella, magari proprio per lui, eppure un qualche dubbio dovrebbe sorgere spontaneo, perché cos’altro è il “rifarsi” se non tradirsi?