Io,Gibson,apocalittico ma non razzista

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Io,Gibson,apocalittico ma non razzista
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SPETTACOLI
Martedì 12 dicembre 2006
Le critiche che portarono fortuna al suo film precedente,“The Passion”,accompagnano l’uscita di “Apocalypto”
Premiato
Io,Gibson,apocalittico ma non razzista
Cat Stevens
per l’Epifania
di scena
a Napoli
Dopo le polemiche, il kolossal sui Maya recitato nella lingua originale
LOS ANGELES - Che Mel Gibson
sia un grande regista è opinione non condivisa da tutti, che
sia un grande comunicatore,
capace di rendere ogni sua pellicola un fenomeno mediatico
è un dato di fatto.
Critiche, polemiche e scontri
verbali avevano fatto la fortuna di The Passion nel 2004. Gli
stessi ingredienti potrebbero
essere usati oggi per Apocalypto, il film che lo vede tornare
alla regia dopo l’arresto per
guida in stato di ebbrezza, con
annessi insulti antisemiti nei
confronti dell’agente che lo aveva fermato. Il film, che come
era successo in The Passion utilizza la lingua parlata dal popolo che viene raccontato, un
antico dialetto delle popolazioni discendenti dai Maya (solo i
sottotitoli sono in inglese) si
focalizza su un guerriero, Jaquar Paw, interpretato dal nativo americano Rudy Youngblood, uno dei tanti attori sconosciuti scelti da Gibson.
Quando il suo villaggio viene
attaccato da una vicina tribù
in cerca di vittime da sacrificare al dio del sole, nasconde
la moglie incinta ed il figlioletto in una caverna e poi diventa
protagonista di una serie di avventure che, scrive il critico
del magazine Rolling Stone,
«farebbero impallidire Indiana Jones». «E infatti quello doveva essere: una lunga avventura, un inseguimento a piedi.
Visto che in auto, a cavallo, in
aereo, sono già stati fatti in
tutti i modi mi era venuta l’idea di farne uno a piedi e quell’idea è all’origine di questo
film».
Non sono molti i giornalisti
che sono riusciti ad avere accesso alla pellicola prima della
sua uscita, l’8 dicembre (il film
è già in testa al botteghino americano), e una delle poche
interviste rilasciate da Gibson
è stata pubblicata dal settimanale Entertainment Weekly
sulle pagine del quale l’attore e
regista chiede ancora una volta scusa per il triste episodio
che lo ha visto pronunciare insulti antisemiti: «Ho sbagliato
e ne sono pentito, non sono un
antisemita e non lo sarò mai,
Alcune scene
del film
“Apocalypto”
diretto da Mel
Gibson, che
narra la storia di
un guerriero di
una tribù dei
Maya
quelle erano le parole di una
persona ubriaca e piena di rabbia che mi hanno spaventato.
Ho pensato: “Mio Dio, ora la
gente ha paura di me”, è stata
una sensazione orribile“».
Nell’intervista Gibson ha anche negato di essere un simpatizzante dei repubblicani:
«Non lo sono affatto. Mi considero un indipendente, alle ultime elezioni non avrei potuto
votare per i due contendenti,
meglio essere presi a pugni o a
calci? Era una scelta terribile
da dover fare e così ho votato
per il candidato indipendente,
non ricordo nemmeno più il
suo nome».
In molti però definiscono il
film come la svolta liberal dell’artista e che la civiltà Maya è
stata raccontata come una metafora della società odierna, altrettanto cadente ed in declino:
«La verità è che abbiamo tutti
paura ma non si sa bene di cosa; al telegiornale ci dicono
che lo stato di allerta per il terrorismo è massimo, che abbiamo il 98% di possibilità di essere bombardati e che il nemico
è Osama Bin Laden; chi ci dice che il tipo ritratto nei video
con il fucile in mano non è un
attore? Non c’è modo di verificare le notizie che ci propongono. Nessuno ci ha dato una
buona ragione per aver mandato le nostre truppe in Iraq».
Apocalypto ha anche un messaggio ambientale: «Non sono
un fanatico di quelli che non
vogliono che si tagli nessun albero ma amo la foresta pluviale nella quale abbiamo girato e
odio vederla distruggere». Da
parte della critica americana
sono arrivate critiche positive,
con l’unica eccezione dell’Hollywood Reporter, secondo cui
il film è violento e senza significato.
Variety definisce Apocalypto
un film notevole: «Ambientato
nei giorni del declino della ci-
viltà Maya -scrive Todd McCarthy - il film conduce ad un
viaggio in luoghi sconosciuti,
offrendo uno scenario di eccezionale vivacità e potenza. I detrattori di Gibson troveranno
certo una ragione per non andare a vedere il film: il sangue;
la violenza, il fatto che è girato
nell’antica lingua Maya, ma
chi ama i film d’azione dovrebbe “mangiarselo”. Il film è inoltre politicamente corretto e
corteggia i nativi americani e i
latinos».
Altrettanto positivo il commento di Peter Travers di Rolling Stone: «È pura adrenalina
- scrive - che sarà meglio apprezzata da chi non teme di vedere il sangue, perché le scene
sono brutali e sanguinarie».
Più tagliente Kirk Honeycutt
dell’Hollywood Reporter secondo il quale il film pare «un
racconto illustrato senza il racconto». Per il critico a rendere
particolarmente difficile la
comprensione della pellicola è
proprio il fatto che non è recitata in inglese: «Sembra di essere testimoni di ogni sorta di
strano comportamento, sociale, naturale e culturale senza
poter venire a conoscenza del
minimo significato di tali comportamenti.
Tutto è cominciato con Braveheart più di 10 anni fa - ricorda il critico - da allora la carriera di Gibson come regista è
un lungo saggio di ogni tipo di
umana crudeltà».
Mel Gibson intanto prende le
difese di se stesso: «Perché ho
voluto fare questo film? Sono
stato sulle rovine Maya ed ho
visto le loro piramidi, una di
queste è la più grossa mai costruita al mondo, ha tremila
anni, la foresta l’ha sommersa
ma è perfettamente intatta. Allora mi sono chiesto: “Perché
sono scomparsi così?” È una
domanda immensa, non pretendo di rispondere, solo volevo fare un film d’azione ed avventura e volevo raccontare un
periodo diverso. Noi americani abbiamo questa concezione,
che la nostra storia sia iniziata
quando sono arrivati gli europei. Non è così».
Ester Barcella
NAPOLI - Un tempo si faceva
chiamare Cat Stevens ed era una stella del pop europeo. Oggi ha scelto il nome
Yusuf Islam ed è considerato una delle voci più autorevoli del dialogo tra l’Islam e l’Occidente.
Sarà lui uno degli ospiti di
spicco della
dodicesima
edizione del
Concerto dell’Epifania:
l’evento, organizzato
dall’associazione “Oltre
Il Chiostro”,
che si terrà
il 4 gennaio Stevens, alias
2007 all’Au- Yusuf Islam
ditorium del
Centro di produzione della
Rai di Napoli e che sarà trasmesso, come di consuetudine, il 6 gennaio su RaiUno e Rai International.
Il concerto che sarà presentato da Lorena Bianchetti, punterà su ospiti come Niccolò Fabi, il duo Petra
Magoni-Ferruccio
Spinetti recenti vincitori
del Premio Tenco.
L’invito a Yusuf, a Napoli,
non è casuale. Dopo anni di
ritiro volontario dalle scene, il musicista da poche
settimane è tornato a fare
sentire la sua voce con un
disco tanto ispirato quanto
poetico, An other cup, che
fonde la sua fede religiosa
con una ritrovata voglia
musicale. Il cantautore che
ha prestato la propria voce
agli ideali di una generazione (Morning has broken,
Wild world), a 40 anni dal
suo debutto con Matthew
and son, propone, dunque,
un’immagine di sé profondamente diversa da quella
della popstar. È proprio
per questa ragione che a
lui sarà assegnato l’annuale Premio Mediterraneo: per il suo impegno artistico ed umano a favore
del dialogo interculturale
e interreligioso nell’area
mediterranea.
-
Brioso Mozart con Beretta e Fiammengo
Da oggi a venerdì al Piccolo,regia di Wilson
Huppert:«In “Quartett”
Tampa Lirica:applausi al soprano e alla pianista in concerto alla Sala delle Muse esprimo mille emozioni»
PIACENZA - Ospiti d’eccezione alla Sala delle Muse di via San Siro per il tradizionale Concerto degli Auguri offerto da Tampa Lirica, il soprano piacentino Giannina Beretta, nota per le sue
prestigiose collaborazioni con registi del calibro di Zeffirelli e
Bellocchio, e la pianista Gabriella Fiammengo, fondatrice
del gruppo “Poesia in concerto”,
che hanno allietato il folto pubblico affluito ad uno dei tanti e
consueti appuntamenti pomeridiani promossi dal sodalizio filolirico.
In programma un variegato
ventaglio di arie e romanze, che
dal tardo classicismo viennese di
Mozart ha spaziato sino al ’900,
ancora imbevuto di echi romantici, seppur solo raramente memori del dato popolaresco e folclorico,
del
russo
Rachmaninov. Accanto a questo vibrante florilegio canoro, in
massima parte popolato da redivive e struggenti eroine pucciniane, il recital cameristico ha
offerto anche splendide pagine
tratte dalla più nota ed illustre
letteratura pianistica, tributando così una sorta di omaggio al
“re degli strumenti”. Per le brave
interpreti dunque, incipit interamente mozartiano (né, a conclusione di questo 2006 interamente
o quasi consacrato, sul piano musicale, al Salisburghese nel 250°
La pianista Fiammengo e il soprano Beretta in concerto
alla Sala delle muse e, sopra, la pianista [foto Cravedi]
anniversario della nascita, poteva essere diversamente) con le
atmosfere giocosamente leggiadre dell’“Andante” dalla Sonata
n. 16 K 545, eseguito con aggraziata levità dalla Fiammengo
che, a seguire, ha accompagnato
Giannina Beretta nella vivida interpretazione dell’Aria della
Contessa, tratta da Le nozze di Figaro, Dove sono i bei momenti,
congeniale nel far risaltare, con
il suo accorato andamento cantabile, l’innata musicalità e la tim-
brica rosata della cantante.
Ancora un brano strumentale
per Fiammengo, la Consolazione
n. 3 di Liszt, fra i pezzi più intensamente melodici del compositore ungherese, permeata da
un’aurea di appassionata mestizia che ne dichiara l’inconfondibile ascendenza romantica, quindi, “ripristinata” la formazione
a due, una gustosa anticipazione
da parte di Beretta (che a breve ascolteremo sul palco del Municipale, impegnata nel Trittico di
Puccini), la soave O mio babbino caro dal Gianni Schicchi, capitolo conclusivo della trilogia.
Il secondo tempo del recital ci
ha invece riservato l’intenso e vibrante Notturno in Mi minore op.
postuma di Chopin, e le atmosfere sospirose, dense di soffuso lirismo, della celeberrima Mi chiamano Mimì della Bohème, colorita dal soprano con aerea delicatezza, emersa soprattutto nell’estenuato melodismo dei filati. Di
nuovo Puccini per il brano con-
clusivo che ha visto il soprano,
accompagnato ancora una volta
da Fiammengo, confrontarsi con
La canzone di Doretta da La rondine, preceduta da un pezzo vocale, Vocalise op. 34 n. 14 di Rachmaninov, di grande virtuosismo
e al tempo stesso luminosa bellezza. Prima, però, ancora due uscite solistiche per Fiammengo:
il Preludio op. 3 n. 2 di Rachmaninov e lo Studio da Concerto n. 3
“Sospiro” di Chopin.
a. greg.
MILANO - Più che vestire i panni scivolamento d’identità, il gioco
della marchesa di Merteuil, Isa- di ruoli per cui il maschile divenbelle Huppert per Bob Wilson ta femminile e viceversa. Il testo
interpreta degli stati emotivi è intercambiabile, quello che di«molto esagerati, stravaganti, a ce l’uno può essere riferito all’ alvolte violenti che - ha spiegato tro, tanto che - ha detto - potrebbe
l’attrice stessa - non avevo mai essere interpretato come un moprovato». Accade in Quartett, la nologo». Al centro dell’interesse
pièce di Heiner Muller tratta registico - come sa chi conosce il
lavoro di Wilson - non
dalle Relazioni pericoc’è tanto la storia in
lose di Laclos che ha
sé, nè la psicologia
aperto, con grande
dei personaggi: «Si
successo, la stagione
passa presto oltre la
dell’Odeon di Parigi e
relazione tra i due per
che sarà in scena da
arrivare - ha anticipaoggi a venerdì al Picto l’attrice - a un poecolo di Milano.
ma che di volta in volL’epistolario setteta è animale, selvagcentesco è stato congio, cerebrale, filosodensato da Muller in
fico, tutto imperniato
una quindicina di pasull’amore, sul sesso,
gine di dialoghi tra
sul desiderio». Quesoli due personaggi:
L’attrice
sto grazie alla regia di
la crudele e disinibita
Isabelle Huppert
Wilson, ma anche al
Madame de Merteuil
e l’instancabile seduttore Viscon- “testo infinito” di Muller.
Lavorare con Wilson, ha racte di Valmont (interpretato da Ariel Garcia Valdes). Sulla scena contato la Huppert, che per il reseminuda, vestita solo di luci e li- gista americano aveva già vestito
nee geometriche, ciascuno dei gli ambigui panni di Orlando, «è
due personaggi dà voce a se stes- entrare in un labirinto di poesia,
so, ma anche, a turno, agli altri nella sua visione, quella di uno
protagonisti di questa accanita spettacolo che si fa con la luce,
guerra tra sessi, che Wilson ave- con la musica, con la voce». In
va già proposto anni fa.
particolare, per questa pièce, «ho
In questa nuova versione, trovato un’energia selvaggia,
«quello che è interessante - ha un’animalità, una durezza che spiegato la diva Huppert, incon- ha riflettuto - non c’era in altri
trando la stampa al Piccolo - è lo suoi spettacoli».
Angela da San Pietro in Cerro Ardant:«Ora recito la Duras in italiano,è come ripartire da zero»
alle prefinali di Miss Mamma L’attrice francese sarà in scena oggi e domani al teatro Eliseo di Roma con“La maladie de la mort”
Angela Popp di San Pietro in Cerro
SAN PIETRO IN CERRO - A Cesenatico si è svolta nei giorni
scorsi la selezione del concorso Miss Mamma Italiana 2007.
Angela Popp di San Pietro in
Cerro è passata in prefinale.
Nell’ambito della serata, la
Popp ha vinto la fascia Miss
Mamma Italiana Bcc. La signora ha 39 anni e vive a San
Pietro in Cerro, dove svolge la
professione di artigiana. E’
mamma di quattro figli: Andrea, 12 anni, Alessandra, 9
anni, Alessia, 7 anni, e la piccola Amy, 7 mesi. La serata è
stata condotta da Paolo Teti e
Cinzia Sguotti con la partecipazione di Cesare Ragazzi
e dei cantanti Stefano Bianchi e Rosanna Nappi.
ROMA - E’ stata la compagna di Franois
Truffaut, la musa di Alain Resnais,
l’interprete preferita di Ettore Scola, la
prescelta da Franco Zeffirelli per evocare l’amatissima Maria Callas. Ma per
coronare un suo antico sogno oggi e domani salirà sul palcoscenico del teatro
Eliseo di Roma e reciterà in italiano un
monologo di Marguerite Duras (19141996), che ha già portato al successo a Parigi, La maladie de la mort.
Di questo testo incandescente, del bisogno assoluto di tornare al teatro fra un
film e l’altro, della sua passione (quasi
un bisogno fisico) di ritrovare l’Italia di
tanto in tanto, la Ardant ha parlato ieri
ai giornalisti in una delle sale più fastose dell’ambasciata del suo paese a Roma:
la sala che ospita il monumentale Ercole Farnese, capolavoro della statuaria
antica. «Non ho niente da dire, ma se volete so rispondere alle domande» dice
L’attrice francese Fanny Ardant
con una modestia che sembra vera e con
un sorriso che sembra finto. Poi comincia a spiegare se stessa e il suo lavoro:
«E’ un testo sulla difficoltà di amare, sul
rischio che si deve prendere nel tentativo di amare» dice, bellissima nel suo vestito di maglia scura, il corpo longilineo,
il volto tagliente, occhi che bucano anche fuori dallo schermo. Un ritardo ae-
reo la fa arrivare con un’ora di ritardo
alla conferenza; ma in compenso si ha il
tempo di ascoltare le attrici italiane, che
prenderanno parte dopo di lei alla stagione dell’Eliseo Sinfonia per corpi soli.
Diretta da Berangere Bonvoisin,
Fanny si immergerà nell’universo di una prostituta pagata in anticipo per raggiungere, in sole sei notti, il difficile obiettivo di far innamorare di sé un uomo
incapace di amare. «La Duras - racconta
- non l’ho mai conosciuta, ma ho già recitato altri suoi due testi. Il teatro? Per una attrice ha una funzione importantissima: è come ripartire da zero, rimettere tutto al suo posto e ricominciare da
capo, ascoltando la parola dentro di se,
magari correndo il rischio di annoiarsi
a recitare la stessa parte per tante sere;
ma è un rischio salutare, necessario. Il
teatro è legato all’umanità, fa parte del
cuore e dell’animo umano».
.ALL’OUT OFF DI MILANO .
I “Trionfi”di Testori
con la regia di Latella
MILANO - Torna in scena stasera al Teatro Out
Offi di Milano (fino al 23 dicembre) I trionfi, spettacolo di Antonio Latella tratto dal poema di
Giovanni Testori con Danilo Nigrelli protagonista che la scorsa stagione ha diviso ed emozionato pubblico e stampa. In questo suo primo
viaggio con Testori, Latella, attento osservatore
dell’uomo e della sua fragilità, ha concepito lo
spettacolo come un’installazione di versi, dove
la parola viene messa in mostra; per cui il pubblico, come ad una mostra di opere d’arte, è invitato per assistere da vicino, fisicamente, alla parola che si fa immagine, suono, che si fa carne.