La biblioteca Guarneriana

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La biblioteca Guarneriana
biblioteche
IL SOGNO DI DUE
BIBLIOFILI
LA BIBLIOTECA GUARNERIANA DI SAN DANIELE DEL FRIULI
Accomunati da una indomabile sete di conoscenza e dal tarlo della bibliofilia, il chierico
Guarnerio d’Artegna, nel primo Quattrocento, e monsignor Giusto Fontanini, tra Sei e
Settecento, sono all’origine di un patrimonio librario unico al mondo, confluito tra i pregevoli
scaffali lignei di una fra le prime biblioteche pubbliche d’Europa
Angelo Floramo
S
i può affermare che il primo
nucleo librario della Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli sia propriamente costituito da alcuni manoscritti provenienti dalla raccolta privata del
cardinale Antonio Panciera (Portogruaro, 1350 o 1360 ca. – Roma, 3
luglio 1431), mentore e protettore
di Guarnerio d’Artegna (Zoppola,
1410 ca. – San Daniele del Friuli
1466), cui si aggiungono otto commedie di Plauto conservate nel codice 54 che Guarnerio stesso copiò
nel 1436: poco più che ventiseienne, abbreviatore della cancelleria
apostolica, si trovava ad Aquileia,
nel suo Friuli, rientrato da Roma,
dove aveva ricoperto, giovanissimo,
incarichi importanti come abbreviatore. È già un chierico assetato
di conoscenza e toccato dalla febbre della bibliofilia. Il primo inventario del suo patrimonio è datato 25 agosto 1456, cui farà seguito
uno più dettagliato nel 1661. Si
parla di una “chassa” in cui le opere sono suddivise in base alla loro
preziosità: dai libri finemente miniati, “indorati”, fra cui la meravigliosa Bibbia bizantina del secolo
XII e il coevo Liber Sententiarum di
Pietro Lombardo, a quelli più umi-
li, cursori, di studio, ma ovviamente non meno importanti e preziosi
per chi li ha amati e collazionati
nel corso di una vita intera. Alla
morte di Guarnerio la sua libraria
per lascito testamentario viene
concessa alla Comunità di San Daniele e dunque può essere ascritta
come una delle prime biblioteche
pubbliche d’Italia e d’Europa.
La già ricca collezione si ampliò notevolmente in virtù del testamento stilato il 9 ottobre del
1734 con il quale il sandanielese
monsignor Giusto Fontanini (San
Daniele del Friuli, 1666 – Roma,
1736) avrebbe lasciato il suo prestigiosissimo patrimonio librario
(ora noto come fondo Fontanini)
costituito da più di 2000 edizioni a
Angelo Floramo
studioso di lingua e letteratura latina
medievale, lavora presso la Biblioteca
Guarneriana.
in apertura
Bibbia Atlantica, secolo XI, iniziale miniata
monumentale.
a destra
Ritratto di Monsignor Giusto Fontanini.
stampa, incunaboli di grande valore e oltre 100 manoscritti, alcuni
dei quali preziosissimi per l’apparato iconografico di disegni e miniature, tra i quali non si possono
tacere il meraviglioso Dante del secolo XIV e il Brunetto Latini del
secolo XIV: tutti finemente miniati.
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Angelo Floramo
a sinistra
Bibbia Atlantica, secolo XI, Vangeli
sinottici.
in basso
Liber Sententiarum, Ms. Guarneriano 42,
secolo XII, capolettera C..
a fronte
Bibbia Bizantina, Ms. Guarneriano 3,
secolo XII.
uno dei codici più preziosi, belli e
misteriosi dell’intera raccolta di
Guarnerio. Superstite di un’opera
ancor più voluminosa, tramanda i
libri di Daniele, i dodici Profeti minori, i libri sapienziali, Giobbe, Tobia, Giuditta, Ester, Esdra e Maccabei e l’intero complesso dei libri
del Nuovo Testamento. Le sue 257
carte annoverano 21 grandi iniziali
figurate, 1144 iniziali decorate di
dimensioni minori, per lo più rappresentanti piccole figure di uomini, animali e mostri sacri, e 175 testate miniate. Guarnerio la ebbe
dagli eredi del patriarca di Aquileia Antonio Pancera, suo mentore e
protettore, che probabilmente
l’aveva fatta acquistare a Cipro. I
miniatori fecero ricorso a un codice
figurativo tipicamente “orientale”,
Fontanini era un bibliofilo di eccezione. Sollecitato da inesausti appetiti culturali, intraprese molteplici indirizzi di ricerca, raccogliendo negli anni un enorme patrimonio librario, sia a stampa che
manoscritto. Per il suo indubbio
valore Benedetto XIII nel 1725 lo
nominò vescovo di Ancira (Ankara). La sua posizione gli permise di
attingere a una mole enorme di documenti, che collazionò, acquisì,
trascrisse facendoli propri. Per accogliere il lascito ricchissimo di
manoscritti, codici, cinquecentine
e altri libri rari legati ai suoi svariatissimi interessi cultural, il Consiglio dei XII deliberò di sistemare
tutto il materiale in una libraria fatta appositamente realizzare dai mastri ebanisti Andrioli di Valvasone,
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che nel 1743, debitamente allocata, accolse nei suoi splendidi scaffali lignei in noce il patrimonio
Fontaniniano e Guarneriano.
UN’ESPERIENZA
EMOZIONANTE
Entrare nella sala lignea della biblioteca è
sempre un’esperienza
unica, ricca di suggestioni e capace di solleticare
straordinari appetiti culturali. L’incontro con la
Bibbia di Gerusalemme regala emozioni profonde. Si
tratta del Ms. Guarneriano 3,
del secolo XII, meglio noto con
il nome di Bibbia Bizantina:
La Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli
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Angelo Floramo
La libraria di Guarnerio d’Artegna, ceduta per lascito
testamentario alla Comunità di San Daniele,
divenne una delle prime biblioteche pubbliche
d’Italia e d’Europa
da cui l’attribuzione bizantina. Secondo alcuni studiosi il manoscritto nacque addirittura nello
scriptorium del Santo Sepolcro, fondato in Gerusalemme
nel 1125 dal priore inglese Guglielmo, vescovo di Tiro, sotto il
regno della regina Melisenda. Secondo altri è invece ascrivibile a
opifici librari dell’Italia meridionale: Calabria, Puglia o Sicilia, appartenenti comunque ad un’area
fortemente sollecitata dalla cultura
bizantina. Tutti comunque concordano sul fatto che la Bibbia di San
Daniele resta un enigma. Un enigma intriso di bellezza e di mistero.
Gli occhi si perdono invece nei
labirinti zoomorfi e mostruosi di un
bestiario unico per policroma fantasia: il Ms. Guarneriano 42, del
secolo XII, è infatti un codice elegantissimo, dotato di un amplissimo corredo iconografico, che si
configura come un bestiario fantastico in cui ai mostri di varia natura si alternano demoni, animali feroci, pesci, uccelli, serpenti e grifoni, ma anche omini che corrono,
si inciampano o restano appesi per
i piedi, quasi fossero intrappolati
in alto
Dante Alighieri, Inferno, Ms. Fontaniniano
200, fine XIV – inizi XV secolo, particolare
(iniziale della I cantica).
a destra
Brunetto Latini, Tresor, Ms. Fontaniniano
238, secolo XIV, tavola astronomica.
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nelle diverse asperità interpretative che il testo presenta.
L’argomento è di carattere
teologico. Raccoglie infatti le
celebri Sentenze di Pietro
Lombardo, scritte fra il 1151
e il 1152: una summa di citazioni e di autorità, i padri
della Chiesa, utilissima agli
studenti che frequentavano i
corsi di teologia nelle università
medievali e che dovevano esercitarsi nella disputa dottrinale. Il codice, quasi coevo
al suo autore, proviene dal-
l’ambiente dotto bolognese. Venne
commissionato dal cardinale Ardizzone Rivoltella, che compare
nel meraviglioso colophon seduto
in trono nell’atto di benedire lo
scriptor, il copista. Questi, inginocchiato davanti al presule, tiene in
bella evidenza un gustoso cartiglio
nel quale sottolinea la speranza di
trovare benevolenza agli occhi del
suo Signore (inveniam gratiam in
oculis tuis), evidentemente per la
straordinaria fatica spesa nel confezionare un’opera tanto bella
quanto sofisticata.
a sinistra
Dante Alighieri, Inferno, Ms. Fontaniniano
200, fine XIV – inizi XV secolo, particolare
(Gli ignavi).
in basso
Dante Alighieri, Inferno, Ms. Fontaniniano
200, fine XIV – inizi XV secolo, particolare
(L’incontro con Virgilio).
ressante, che gli era fra l’altro congeniale. Il testo di Dante è corredato da due importanti commenti,
uno in volgare, di autore non ancora identificato, e l’altro in latino, a
firma di Graziolo de’ Bambaglioli,
notaio bolognese, considerato fra i
primi commentatori dell’Alighieri.
Il codice venne acquistato da monsignor Giusto Fontanini probabilmente durante il suo soggiorno tra
Firenze e Siena, fra l’aprile e l’ottobre del 1717.
Fra gli scaffali si conserva anche l’opera più celebre del maestro
di Dante: si tratta del Ms. Fontaniniano 238, del secolo XIV, meglio
L’incontro con uno dei codici
più antichi e più belli dell’Inferno
dantesco vale da solo una visita
alla Biblioteca. Il Ms. Fontaniniano
200, realizzato fra la fine del XIV e
gli inizi del XV secolo, è stato trascritto probabilmente in Firenze
dai notai Paolo Pucci e Pietro Bonaccorsi, è arricchito da tre miniature iniziali attribuibili a Bartolomeo di Fruosino, uno dei più grandi illustratori fiorentini che operò,
al passaggio del secolo, nella celebre scuola camaldolese di Santa
Maria degli Angeli in Firenze. Il
manoscritto è un vero e proprio laboratorio che si presenta come un
cantiere aperto a diverse sperimentazioni testuali (notevole e curioso
il tentativo di tradurre in esametri
latini le terzine dantesche), grafiche (l’impostazione della pagina
muta notevolmente nei diversi fascicoli) e pittoriche: non è ben
chiaro infatti se il Fruosino abbia
ceduto il lavoro ad altri suoi collaboratori oppure se lui stesso si sia
lasciato incuriosire da uno sperimentalismo grafico piuttosto inte25
Angelo Floramo
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La Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli
a fronte
Liber Sententiarum, Ms. Guarneriano 42,
secolo XII, colophon.
a destra
Dante Alighieri, Inferno, Ms. Fontaniniano
200, fine XIV – inizi XV secolo, particolare
(Plutone).
noto con il nome di Tresor volgarizzato di Brunetto Latini. È un codice interessantissimo, impreziosito
da mirabili tavole astronomiche e
disegni realizzati con dichiarata ed
esplicita intenzionalità didattica. Il
copista, alla carta 63r, scrive: Explicit liber Thesaurii. Deo gratias,
amen. Qui scripsscit [sic] scribat,
semper cum Domino vivat. | Vivat
in celis Vannes Benedicti in nomine felix. | Completo libro referamus
gratiam Christo. Amen, amen,
amen. Cortone, millesimo tricentessimo LXVIII, indictione VIa,
tempore domini Urbani pape quinti”, svelando il suo nome e il suo
ruolo, Vannes dell’ordine benedettino, la precisa data di composizione, il 1368, e il luogo, Cortona,
nonché il pontificato di Urbano V.
Nel 1730 il manoscritto venne acquistato da Giusto Fontanini, entrando poi a far parte della collezione manoscritta della Biblioteca
Guarneriana. Fra le altre mirabilia
il codice tramanda un interessante
bestiario, in cui si presentano le
virtù di animali come il pavone o il
serpente marasso. Nel 1368 Cortona era retta da Francesco Casali,
sposo di monna Chiodolina da Varano. In quell’anno papa Urbano V,
appena rientrato da Avignone, trascorre l’estate a Montefiascone. La
peste imperversa nella provincia,
portata da soldati di ventura al soldo di Siena e di Perugia, che si contendono il cortonese. In questo contesto nasce probabilmente il progetto di realizzare un libro gioiello,
tutto da guardare, probabilmente
dono per ingraziarsi il benvolere di
qualche potente delegazione. Forse
proprio quella pontificia.
Da secoli questi codici vengono
custoditi in un contesto unico e meraviglioso. Collaborazioni importanti, come quella con lo Scriptorium
Foroiuliense e con Vellum permettono di creare occasioni uniche per
una rilettura anche sperimentale
dell’antica arte degli amanuensi e
dei miniatori. La biblioteca accoglie
ogni anno centinaia di studiosi, ricercatori, studenti provenienti da
tutte le università del mondo; i suoi
tesori vengono spesso offerti alla curiosità di coloro che, accompagnati
in visite guidate, possono godere
della loro bellezza e preziosità.
PER SAPERNE DI PIÙ
Per una disamina del patrimonio librario di Guarnerio si veda L. CASARSA, M.
D’ANGELO, C. SCALON, La libreria di Guarnerio d’Artegna, Casamassima, Udine 1991,
pp. 539; gli appassionati d’arte non possono farsi sfuggire AA.VV., Dante Guarneriano. Bellezza in Codice, Roberto Vattori editore, Tricesimo 2014, pp. 246; per
chi volesse invece seguire la storia del patrimonio librario in una chiave eminentemente divulgativa, può trovare ampio materiale in A. FLORAMO, Guarneriana Segreta, BEE, Spilimbergo 2015, pp. 205.
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