Giornata di primavera
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Giornata di primavera
Domenica 22 marzo 2015 Giornata di primavera DA BOBBIO A MARSAGLIA, in traversata sul Trebbia ed i Meandri di san Salvatore SULLA VIA DEI MANSI DEL MONASTERO DI BOBBIO L'itinerario ricalca, nella parte iniziale, l’antica strada che dalla Pianura Padana portava a Genova, passando per Bobbio, Moglia, Carana e Pietranera, e collegava nel Medioevo l’abbazia di Bobbio ai "Mansi" dei monaci di San Colombano. La seconda parte si snoda al centro in una delle strutture geologiche più significative dell’Appennino settentrionale, che gli esperti chiamano finestra tettonica di Bobbio - Nel tratto compreso tra Marsaglia e Bobbio, infatti, il Trebbia ha scavato profondamente il suolo, mettendo a nudo, lungo i fianchi della valle, la struttura interna dello Appennino. Dapprima ha inciso gli strati più superficiali ma più antichi, di tenera argilla: in questa fascia i rilievi, dalle forme arrotondate, sono disseminati di affioramenti ofiolitici (monti Sant Agostino, Pietra di Corvo, Pradegna, Bric Carana). Quindi ha eroso gli strati più profondi, di arenarie recenti, originate da sedimenti rocciosi di provenienza alpina, cementati sul fondo degli abissi marini che occupavano queste latitudini 20 milioni di anni fa. – Il risultato è quello che si ammira dalla terrazza panoramica di Brugnello: alla base di versanti ripidi e strapiombanti, il fiume scorre incassato in meandri magnifici (tipici normalmente dei fiumi che scorrono in pianura, vicino alla foce), disegnando anse che si incurvano su se stesse. ---- Adatto a chiunque possegga un minimo di allenamento e riassestato dal CAI Piacenza, consente anche di visitare l'antico piccolo borgo di Brugnello con la caratteristica dei “villages perchées “ di val Roya , con la sua chiesetta a picco sugli splendidi meandri del Trebbia che stupirono anche Hemingway. ---IL PERCORSO: Il sentiero parte poco a sud di Bobbio, quota 265 m., accanto al rist. Vecchio Mulino, al bivio per Moglia. Non è indicato da segnavia, o è troppo nascosto per trovarlo. Si percorre la stradina asfaltata che passa accanto a due agriturismi **, e continua fino al ponte sul Rio Carlone. Si passa oltre risalendo la sponda idrogr. sinistra del Trebbia facendo alcuni tornanti – qualche segnavia sugli alberi- fino alla frazione di Moglia 470, piccolo gruppo di case nel vallone del Rio Carlone (sorto come cella monastica dei monaci di San Colombano con il nome di Solia -luogo ombreggiato-, che compare già nell’estimo del 862. Dalla metà del XV secolo ha assunto il nome attuale, che forse deriva da molleus: zona umida, intrisa d’acqua). -km. 3,600 - ore 1,20. Alle prime case del paese troviamo il segnavia bianco/rosso n. 143 . Si esce dal villaggio dapprima su ripida mulattiera nel bosco e poi comodo sentiero per giungere alle pendici del Bric Carana, roccione ofiolitico, ed all'abitato di Carana 805 situato alla sua base -ore 1-. Seguendo il crinale, circondati in tarda primavera da ginestre in fiore, si scende a Pietranera 765 con il bell’oratorio di S.Anna, del XVII secolo, in pietra locale con campaniletto a vela sulla facciata, poi tra scuri roccioni nel fitto del bosco, su calanchi argillosi verso il fiume ed infine in breve risalita a Brugnello 450 (casette in pietra e strepitoso belvedere sui meandri del fiume Trebbia; ex castelliere ligure, durante la dominazione longobarda fu sede di una Corte Reale, a capo della quale, attorno al 580, venne chiamato un capitano dei Franchi di nome Breno, capostipite della famiglia Brugnatelli, che esercitò a lungo il suo dominio su tutta la zona, dando il nome all’attuale comune: appunto Corte Brugnatella ) -- ore 1 – rist. Rocca Rosa## – chiesa SS. Cosma e Damiano con area sosta e panorama sui meandri. Si prosegue uscendo dal villaggio fino a trovare un segnavia 143 che, attraverso alcuni campi, scende e si raccorda più in basso alla stradina asfaltata che conduce al bivio con slargo ed al ponte del Trebbia poco fuori Marsaglia 320 - ore 1 – (percorrendo invece tutta la strada si farebbero km. 2,200). Totale 3.30 ore soste escluse. - DIFFICOLTA': E / T CARTOGRAFIA: "Alto Appennino Piacentino Nord – n. 12 e 14 “ – A Moglia e a Brugnello sono presenti fontane di acqua potabile. ** Poco dopo la partenza si incontrano due agriturismi: il “San Martino” http://www.agriturismo-sanmartino.com/ tel. 0523.936986 (chiuso il lunedì), ed “Il Carlone” http://agriturismoilcarlone.it tel. 0523.960236 ---## A Brugnello è presente il bar Ristorante Rocca Rosa di Chiara Mazzolini - Località Brugnello n.12 - 29020 Corte Brugnatella (PC) - tel. +39.0523.934500 - 347 81748 – 320 1790239 - www.rocca-rosa.it - [email protected] --------Il ristorante è aperto da marzo a maggio solo nel weekend, da giugno a fine settembre da martedì a domenica (ad agosto invece è aperto anche il lunedì). Per prenotazioni in altri periodi non esitate a contattarci per menu “dedicato” ai gruppi (circa 25 €), altrimenti alla carta. """""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""" RITROVO ore 7 - PARTENZA: ore 7,15 - p.le Loreto Upim Destinazione: val Trebbia , Bobbio e Marsaglia Rientro : previsto entro ore 19/20 a Milano Dislivello & Tempi: + 550 metri --- max 4 ore soste escluse ISCRIZIONI : nelle sedi sezionali in orario d’apertura fino a giovedì 19 marzo. - VEDERE REGOLAMENTO GITE SALDO QUOTA ALL’ISCRIZIONE: 25 € Soci CAI - SEM – GAM – ARCI -- 20 € Junior (15 - 18 anni) -- 30 € Altri La quota comprende: A/R in pullman, assic. R.C. + infortuni, spese organizzative. e può variare in base al numero di iscritti REFERENTI ESCURSIONE: Dolores De Felice SEM; Gemma Assante GAM; Marco Torretta ONC CAI; Giorgio Vanaria I Q Arci Abbigliamento: Escursionistico: buone scarpe da trekking per camminare agevolmente anche nei tratti più accidentati del sentiero, bastoni telescopici, abbigliamento consono al tempo (pantaloni comodi, maglietta in materiale tecnico, golf e camicia) Nello zaino (segui la stagione): Giacca a vento antipioggia, pile o maglione, un ricambio di vestiario / scarpe, berretto di lana / occorrente per la pioggia, guanti, occhiali da sole, crema solare protettiva, borraccia o thermos con acqua o bevanda (non gasata), colazione al sacco, sacchetto per immondizie, block notes, una penna, la fotocamera, tessera CAI (per iscritti). --- Pranzo al sacco """"""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""" La Trebbia - Storia Lungo le sue rive si sono combattute due battaglie. Nella prima Battaglia del Trebbia (218 a.C.) Annibale sconfisse i romani guidati dal console Tiberio Sempronio Longo. A testimonianza dell'importanza che ebbe il controllo del passaggio per la val Trebbia verso il mare e il porto di Genova rimangono alcuni castelli, quelli di Rivalta e Statto sono posti sulla riva sinistra del fiume, nel comune di Gazzola, di fronte a quello di Montechiaro e al distrutto castello di Rivergaro. Durante la battaglia del 1799, avvenuta durante le guerre napoleoniche, il generale russo Aleksandr Suvorov sconfisse le truppe francesi guidate dal generale MacDonald .La Trebbia (colloquialmente il Trebbia) è un fiume dell'Italia settentrionale lungo 118 km, affluente di destra del Po che attraversa le province di Genova e di Piacenza, segnando anche per un brevissimo tratto il confine con la provincia di Pavia nel comune di Brallo di Pregola tra il Monte Lesima e il comune di Corte Brugnatella. Il corso del fiume La Trebbia nasce in Liguria dalle pendici del monte Prelà (1406 m) scorrendo per parecchi km in territorio ligure dove bagna i centri di Montebruno, Rovegno, Garbarino (dove riceve da sinistra il T. Terenzone) ed infine Ottone entrando poi in definitiva in territorio Piacentino. L'Elefante del Trebbia nei pressi di Cerignale e dei Meandri di Confiente Il fiume, mantenendo sempre un andamento tortuoso, passa sotto la località di Traschio nel comune di Cerignale, sotto il Monte Lesima (dove riceve da sinistra il torrente Boreca) e presso il centro di Ponte Organasco (sempre sotto Cerignale) incassandosi poi in una serie di magnifiche gole nel territorio del comune di Corte Brugnatella. Fra il monte Lesima e il comune di Corte Brugnatella il fiume segna il confine fra la Lombardia e l'Emilia-Romagna con il comune pavese di Brallo di Pregola (da dove riceve il torrente Avagnone). Terminato questo spettacolare tratto riceve da destra il notevole apporto dell'Aveto, suo principale affluente, raddoppiando così il suo volume medio d'acque. Da precisare infatti che l'apporto dell'Aveto è fondamentale per la Trebbia soprattutto d'estate, a causa delle forti magre a cui quest'ultima è soggetta. Da qui la valle si amplia e il fiume si dirige verso Nord. Panorama dell'antico borgo di Brugnello di Corte Brugnatella a picco sul Trebbia Subito bagna il centro di Marsaglia (capoluogo del comune di Corte Brugnatella), formando poi un'altra ancor più spettacolare serie di gole sotto il borgo di Brugnello(molto frequentate dai canoisti) fino ai Meandri di San Salvatore e la diga di Buffalora, dopodiché dopo aver ricevuto gli affluenti di sinistra Carlone nei pressi delle terme di san Martino e Bobbio (torrente omonimo) che scende dal Monte Penice, si appresta ad attraversare ad est la cittadina di Bobbio scorrendo sotto le arcate del suo famoso Ponte Gobbo. Da qui in poi il fiume assume andamento Nord-Est ampliando sempre più la propria valle e formando spesso larghissimi ed impressionanti ghiaioni. Molti sono i centri situati lungo il suo corso: Mezzano Scotti di Bobbio, Perino (frazione di Coli), Travo e Rivergaro. Dopo quest'ultimo centro il fiume entra nella pianura Padana risultando così il fiume dell'Emilia-Romagna di maggiore portata media (40 m³/s., superiori allo stesso Reno, ove si valutino i deflussi allo sbocco in pianura) e con la valle (la Val Trebbia) più lunga dell'Appennino settentrionale. Da qui con letto assai ampio si dirige nuovamente verso Nord sino a giungere all'estrema periferia di Piacenza dove confluisce alla destra del Po. La foce del fiume Trebbia nel Po avviene tra i comuni di Piacenza e di Calendasco, che vede essere posto sullo stesso Trebbia, in località Malpaga, il guado del fiume onde proseguire per la città. Questa è la direttrice stradale conosciuta oggi quale Via Francigena. Col passare dei secoli il corso della Trebbia nella parte pianeggiante si è spostato di alcuni chilometri mutando il punto di ingresso nel Po, seguendo la cronaca che Polibio ci ha lasciato della battaglia tra l'esercito di Annibale e quello romano risulta oggi più a ovest che nel 218 a.C. Regime idrologico Il fiume nell'alta valle sopra Bobbio La portata media del fiume Trebbia è nel tratto medio-basso di circa 40 m³/s., il che ne fa il fiume con la più alta portata presso lo sbocco vallivo di tutta l'Emilia-Romagna. Tuttavia il fiume risente di un regime estremamente torrentizio con piene imponenti e turbinose (in caso di eventi estremi anche superiori ai 2.500 m³/s.) che modificano spesso la conformazione dell'alveo. Per contro in estate le magre (e la permeabilità del letto di scorrimento) sono talmente accentuate al punto da lasciare il fiume completamente in secca a partire da Rivergaro, sino alla confluenza nel Po. Responsabili della secca estiva sono anche i massicci prelievi di acqua per l'irrigazione, che incominciano nei pressi di Rivalta dove due canali deviano parte della portata per uso agricolo. Nel tratto compreso tra Marsaglia e Bobbio non sono infrequenti (anche in estate), possibili piene improvvise dovute al rilascio di acque da parte della Diga di Boschi, sull'affluente Aveto, che vengono pre-annunciate con un sistema di sirene. Natura Fino a Bobbio, il fiume scorre in una vallata di grande pregio naturalistico che richiama molti turisti ed appassionati di sport acquatici (canoa/Kayak, rafting e torrentismo). La valle del fiume Trebbia ha il pregio infatti di essere per gran parte ancora incontaminata e soprattutto il tratto dell'alto corso risulta essere una delle più suggestive ed incontaminate valli dell'Appennino. La Trebbia è anche uno dei pochi corsi d'acqua ancora non inquinati. SIC - Meandri di San Salvatore--- Superficie: 253 ettari Province e Comuni interessati: PIACENZA (Bobbio,Corte Brugnatella) Il sito è localizzato nella media Val Trebbia nei pressi dell'abitato di Brugnello, tra Bobbio e Marsaglia, in provincia di Piacenza, e comprende una serie di meandri fluviali che il Trebbia descrive all'interno delle "Arenarie di San Salvatore", un'alternanza spettacolare di arenarie, siltiti e argille derivate da antiche sedimentazioni sottomarine. Il contesto coincide con l'area di affioramento geologico chiamata "finestra tettonica" di Bobbio, comprendente le formazioni morfologicamente più recenti di tutto l'Appennino piacentino in quanto emerse per sollevamento orogenetico a partire da 1,6 milioni di anni fa. L’azione erosiva del fiume, capace di scavare in verticale gli strati rocciosi mantenendo ripidissimi versanti e un andamento sinuoso solitamente osservabile nei corsi d’acqua di pianura, ha successivamente portato a giorno la successione delle rocce, quasi come aprendo le pagine di un libro. Ne deriva un complesso di meandri fluviali profondamente incassati in ampie anse tra scoscesi versanti, con le limpide acque del fiume Trebbia infossate all'interno di una profonda e stretta valle scavata nelle massicce formazioni rocciose. L'area assume caratteri di singolarità e spettacolarità paesaggistiche unici in Emilia-Romagna, associati alla capacità di conservare, per l’asperità dei luoghi, un ambiente selvaggio e ricco di elementi naturali. Sono presenti gallerie artificiali scavate in funzione di una diga mai realizzata; una di esse si trova al livello dell'alveo, in sponda sinistra, e ospita un’importante e differenziata comunità di pipistrelli. Oltre all’alveo, contornato da spessi banconi di ghiaia, che caratterizza e ricopre un terzo della superficie del sito, compaiono in particolare formazioni boschive di caducifoglie mesofile; sono presenti in brevi soluzioni di continuità del bosco limitati frammenti di prateria, arbusteti con Ginepro comune e vegetazione rupestre. Vegetazione Nessuna specie vegetale di interesse comunitario. Nel greto attivo sono presenti cenosi ripariali a pioppi e salici, caratterizzate da Populus nigra, Salix alba, Salix eleagnos, Salix purpurea. Nel greto consolidato sono presenti camefite e piante erbacee quali Satureja montana, Artemisia alba, Fumana procumbens e Asperula purpurea. I pendii aridi ospitano l'Eliantemo maggiore (Helianthemum nummularium), il meno comune Eliantemo degli Appennini (Helianthemum apenninum) e la rara Staehelina dubia. I versanti sono caratterizzati dalla dominanza di boschi cedui di latifoglie miste, in formazioni molto varie correlate all'acclività dei versanti, alla diversa profondità del suolo e al grado di aridità, a composizione e portamento arbustivo con Nocciolo, Sanguinella, Biancospino e Prugnolo e qualche Ginepro oppure più arboree a sorbi (comune - Sorbus domestica e montano - Sorbus aria), Orniello, Carpino nero, Cerro, Perastro, Olmo (Ulmus minor), Maggiociondolo (Laburnum anagyroides) e aceri (Acer campestre, Acer opulifolium). I popolamenti più interessanti, in limitate stazioni fresche e fertili, comprendono Castagno e Rovere. Nelle fessure della roccia allignano Saxifraga cuneifolia, Stachys recta, Galium lucidum, Bromus erectus, Sedum rupestre, Sedum album, Sedum reflexum, Sedum dasyphyllum, Alyssum bertolonii, Euphorbia spinosa, Helichrysum italicum, oltre alle felci Asplenium trichomanes, Asplenium adiantum nigrum e Ceterach officinarum. Segnalata è la rara Euphorbia spinosa; tra le specie protette si registrano Campanula medium, Lilium bulbiferum, Dianthus sylvestris, Vinca minor, Aquilegia atrata, Dictamnus albus. Fauna--- Mammiferi. Si segnala la presenza e lo svernamento di almeno 11 specie di Chirotteri, tra le quali sette sono di interesse comunitario: Miniottero Miniopterus schreibersii, Vespertilio di Bechstein Myotis bechsteinii, Vespertilio smarginato Myotis emarginatus, Vespertilio maggioreMyotis myotis, Rinolofo maggiore Rhinolophus ferrumequinum, Rinolofo minore Rhinolophus hipposideros, Rinolofo euriale Rhinolophus euryale. Nelle gallerie artificiali sopra citate è stato rinvenuto il nucleo svernante più numeroso della provincia di Rinolofo maggiore (150-200 esemplari nel 1984). Uccelli. Nessuna specie di interesse comunitario. L'avifauna nidificante comprende alcune specie di uccelli legate agli ambienti rupestri e aperti quali la Rondine montana e il Codirosso spazzacamino e specie legate al fiume come il Merlo acquaiolo. Pesci. Di particolare interesse il popolamento ittico che conta cinque specie di interesse comunitario: Vairone Leuciscus souffia, Lasca Chondrostoma genei, Barbo Barbus plebejus, Barbo canino Barbus meridionalis, Cobite Cobitis taenia. Invertebrati. Sono segnalate 3 specie di interesse comunitario: il Gambero di fiume Austropotamobius pallipes e 2 specie di Coleotteri forestali Cerambyx cerdo e Lucanus cervus. BOBBIO Il nome della città viene dal "saltus Boielis" (Monte Penice), toponimo di origine celto-ligure e dall'omonimo torrente alle cui sponde sorse il primitivo abitato dopo la conquista romana del territorio dal 14 a.C. Il primo nucleo del borgo romano di Bobium risale al periodo della romanizzazione del IV secolo(sotto il municipio romano di Velleia). Quando nella seconda metà del VI secolo i Longobardi scesero in Italia e conquistarono Pavia, loro capitale dal 572, il presidio romano di Bobium venne assegnato al duca Sundrarit, che prese in concessione anche le saline.-- Bobbio è situata sulla sponda sinistra del fiume Trebbia, in una zona ricca d'acqua e di insediamenti fin dall'epoca neolitica. I numerosi ritrovamenti testimoniano infatti la presenza di varie popolazioni: i Liguri, i Celti e dopo il 14 a.C i Romani. Ma la sua storia è indissolubilmente legata a quella dell'Abbazia di San Colombano fondata dal monaco cenobita Colombano che vi giunge nel 614 quando riceve questo territorio in dono dal re longobardo Agilulfo. Donazione dalla grande valenza politica in quanto Bobbio controllava la grande carovaniera, la via del sale, che da Piacenza, lungo la Valtrebbia raggiunge Genova, caposaldo dei Bizantini. A Bobbio, Colombano trova solo una chiesetta semidiroccata, dedicata a S.Pietro, e la restaura. Egli ha più di settantanni, è stanco e forse malato: muore il 23 novembre 615 e i suoi discepoli lo seppelliscono nella chiesetta di S.Pietro-La storia di Bobbio è connessa dall'Alto Medioevo con la costruzione dell'Abbazia di San Colombano nel 614, da parte dell'abate e missionario irlandese Colombano, uomo d'azione ed evangelizzatore d'Europa. Il primo nucleo monastico era di quattro miglia intorno al monastero e contava su metà della produzione delle saline, mentre l'altra metà continuava a spettare al duca longobardo. Successivamente il territorio crebbe e l'uso delle saline sarà totale. Durante l'Alto Medioevo Bobbio, al pari di Montecassino, fu un importante centro culturale, riferimento per la sua biblioteca o scriptorium, collegata con i vari monasteri sparsi in Italia e all'estero. Con la caduta del Regno longobardo ad opera dei Franchi di Carlo Magno (774), il monastero ricevette ulteriori benefici dal nuovo sovrano. Nell'834 venne nominato abate Wala, cugino di Carlo e suo consigliere. In quel periodo la cittadina divenne il centro del Feudo monastico di Bobbio grandissimo ed esteso nella zona della Val Trebbia, dell'Oltrepò Pavese, della Val Curone, della Val Staffora, della Val Tidone, della Val d'Aveto fino in Liguria e Toscana, ma con possedimenti anche nel Monferrato, nelle Langhe fino a Torino.Era inoltre formato da altri terreni e piccoli feudi sparsi per tutta l'Italia settentrionale, dalle coste del Mar Ligure al Piemonte e al lago di Como, al lago di Garda, le zone del Ticino e del Po, fino al Mare Adriatico, con una flotta di imbarcazioni che collegavano Pavia con la Svizzera e per il Po i possedimenti sul Mincio, di Mantova, Comacchio, Ferrara, Ravenna, Venezia ed Ascoli Piceno, ma anche sul mare con i porti liguri di Moneglia e Porto Venere. Vi furono possedimenti nel Lodigiano (San Colombano al Lambro), nella Val Pellice (Bobbio Pellice), in Valsassina (Piani di Bobbio), in Liguria (San Colombano Certenoli), lungo la zona appenninica per la Via degli Abati (antica Via Francigena) da Bobbio passando per Bedonia, Bardi, Borgo Val di Taro, Berceto, il passo della Cisa e Pontremoli, in Lunigiana, nellaVal Fontanabuona, nella Val di Vara e Val di Magra ed in Garfagnana, ecc. Il feudo ebbe la protezione imperiale e papale e l'abate era nullius dioeceseos (Abbazia territoriale) e dal 643 vi era anche la carica di Abate mitrato, ed era difeso anche dagli Obertenghi, in esso i monaci vi avevano costruito numerosissimi monasteri sia secondo la regola colombaniana che benedettina e vi coltivavano le terre in modo intensivo, specie impiantando anche vigneti, oliveti e castagneti e costruendo mulini; inoltre vi erano numerosi allevamenti specie di pecore per l'utilizzo della pergamena per lo scriptorium, sia di Bobbio che nei vari monasteri. Inoltre si trovavano monasteri sparsi all'estero dalla Spagna fino alla Germania, in Irlanda ed in Inghilterra, collegati da numerose strade percorse da pellegrini e da monaci. Vi furono edificati numerosi castelli e fortificazioni sul territorio a protezione anche religiosa, specie nel periodo delle invasioni musulmane. Nell'883 l'abate Agilulfo iniziò la costruzione del nuovo monastero dove si trova attualmente; nel X secolo iniziò la prima decadenza anche per l'affievolirsi della protezione imperiale e papale e molti feudi passarono direttamente agli Obertenghi e poi ai vari rami famigliari. Una ripresa la si deve attorno al 983 all'abate Gerberto di Aurillac, futuro papa Silvestro II. Nel 1014, grazie all'interessamento dell'imperatore Enrico II, Bobbio divenne sede vescovile ed ottiene il titolo di città. Primo vescovo fu l'abate Pietroaldo, che assommò le due cariche (divenendo quindi abatevescovo con diocesi esente, ossia soggetta alla Santa Sede). L'unione delle due cariche venne scissa immediatamente dopo Pietroaldo. Nel 1046 il vescovo Luisone ricevette il titolo di conte. Il vescovoconte Guarnerio (1073 - 1095) iniziò a costruire la nuova cattedrale, ma la sua politica, favorevole a Enrico IV, lo fece cadere in disgrazia. Scomunicato nel 1081, nel 1095 abbandonò la cattedra vescovile e la contea. Nel 1133 la diocesi di Bobbio, fino ad allora abbazia territoriale, diventò diocesi suffraganea alla nuova sede metropolitana di Genova. La Contea di Bobbio fu ridotta alla Val Trebbia fino a Torriglia, alla Val d'Aveto fino a Santo Stefano d'Aveto (Ge), all'Oltrepò, alla Val Tidone (Pecorara, Pianello Val Tidone) e alla Val Curone; gli altri feudi sono persi e dati agli Obertenghi e ciò verrà confermato anche dall'imperatore Federico il Barbarossa nel 1164, che toglierà altri territori alla Contea a vantaggio dei Malaspina discendenti dagli Obertenghi. Il Duomo romanico risale all'XI secolo, il monastero di San Francesco (visibile vicino all'omonima piazza) è del 1230. Il castello Malaspina-Dal Verme sede del potere dal '300 Il primo comune si formò nel XII secolo e nel 1176 partecipò con il suo esercito alla battaglia di Legnano. Nel 1304 diviene Signoria sotto Corradino Malaspina che vi costruì il castello sopra l'antico monastero protoromanico. Verso la fine del XII secolo la città venne cinta da mura, ancora visibili in alcuni punti, con cinque porte: Frangula, Alcarina, Agazza, Legleria e Nova. Il tessuto urbano crebbe attorno al complesso monastico del IX secolo; durante il XIV secolo venne diviso in terzieri: del Castello, del Duomo, di Porta Nova. Nel 1341 passò ai Visconti e poi dal 1387 ai conti feudatari Dal Verme (infeudati dal 1436), assieme alla contea di Voghera ai feudi di Pecorara, Pianello Val Tidone, Castel San Giovanni (perso nel 1485) e della Valsassina (perso nel 1647), fino al 1805. Nel 1516 Bobbio diviene Marchesato sotto i Dal Verme e comprende varie contee [Voghera, Tortona (con il Vescovado) e la signoria del Malaspina], nel 1593 Voghera diventa autonomo sotto un'altra signoria ma sempre sotto il Marchesato. Nel 1743 Bobbio diviene Provincia di Bobbio, fino al 1861 e passa ai Savoia; nel 1770 il Marchesato ormai superato è abolito. Nel 1797 con l'abolizione dei feudi imperiali da parte di Napoleone e il riordinamento dei territori Bobbio diviene Arrondissement francese (le provincie erano state abolite). Dal 1801 la città venne annessa alla Francia. Nel 1815, caduto l'Impero Napoleonico, tornò ai Savoia e divenne capoluogo dell'omonima provincia, compresa nella Divisione di Genova. Con l'emanazione del Decreto Rattazzi (1859) la provincia venne sostituita dall'omonimo circondario, senza modifiche territoriali, ma nell'ambito della Provincia di Pavia. Nel 1923 il circondario fu soppresso (il suo territorio venne suddiviso fra le province di Pavia, Genova e Piacenza) e la città aggregata alla Provincia di Piacenza. In quell'anno venne anche soppresso il Tribunale mandamentale. Dopo il passaggio della frazione di Dezza e del suo territorio, fino al 1746 sotto Brallo di Pregola e poi sotto Bobbio, nel 1766 si hanno i passaggi di Cà di Malosso, Castellina e Boschini per la ridefinizione dei confini con il Ducato di Parma e Piacenza, mentre nel 1923 il comune di Bobbio incorporerà le frazioni di Bertuzzi e Callegari, prima sotto il comune di Coli, nel 1927 la frazione Mezzano Scotti viene scorporata dal comune di Travo e viene aggregata al comune di Bobbio. Durante la Seconda guerra mondiale, venne liberata dal movimento resistenziale locale nell'estate del 1944. Dal 7 luglio fino al 27 agosto di quell'anno, quando venne nuovamente occupata da truppe della R.S.I., la città ebbe un'amministrazione partigiana e fu uno dei primi esempi di "Città libere" del nord Italia. Bobbio è inoltre sede di un'ampia circoscrizione elettorale della media Val Trebbia e del Comando compagnia Carabinieri. Vi è inoltre un distretto giudiziario con il Giudice di pace ed una sede distaccata di ricerca universitaria. Panorama del centro storico di Bobbio, dal castello al ponte Gobbo La città diventò nel medioevo un centro cosmopolita di arte, cultura e scienza. In una delle dichiarazioni di Colombano è facile intuire la sua visione: "Siamo membra di uno stesso corpo, sia che siamo Galli, Britanni o Iberi o di qualsiasi altra popolazione". Fu il primo a citare l'Europa (tutus Europae) in una delle lettere al papa Gregorio Magno auspicandone l'unione delle nazioni in un solo popolo cristiano. Considerata la presenza delle spoglie mortali del santo, la città è stata spesso meta di alte personalità straniere, tra cui capi di stato irlandesi, presidenti del Parlamento europeo e membri del corpo diplomatico. Simboli Lo stemma cittadino è costituito da una croce latina rossa in campo bianco, simbolo dei Visconti, e da due colombe bianche, una a destra e l'altra a sinistra nella parte alta e che si guardano tra loro, simbolo di San Colombano. Lo stemma è riprodotto anche sul sepolcro del Santo nella cripta dell'Abbazia. °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Le montagne fra il Trebbia e lo Scrivia videro il passaggio di Annibale e del suo esercito. Sebbene in queste occasioni storia e leggenda spesso si confondano, e vi siano contrastanti versioni sugli itinerari seguiti dai Cartaginesi e sui luoghi in cui si soffermarono più a lungo, i riferimenti certo non mancano. Inoltre alcuni ritrovamenti sono suggestivi e lasciano spazio alla fantasia. In Alta Val Trebbia vi sono alcune località i cui nomi presentano un notevole parallelismo con toponimi cartaginesi: così a Cartisegna, fa riscontro Cartagine; a Zerba l'isola di Djerba, nel Golfo di Gabes, di fronte alle rovine di Cartagine; al Monte Penice il nome latino dei cartaginesi: "phoenices" ossia fenici. Si può anche ricordare che Annibale apparteneva alla famiglia Barca, ed abbiamo il villaggio di Barchi, e che, etimologicamente, Carpeneto significa "casa dei cartaginesi" (da car=casa, villaggio e phoenices=cartaginesi). La leggenda tramanda che Annibale si fosse spinto fin sulla cima del Monte Lesima per decidere la via da far prendere al suo esercito nell'attraversare gli Appennini. Scivolando sui fianchi ripidi del Lesima si sarebbe ferito ad una mano; dalla frase "lesae manus" deriverebbe il nome del monte. Ad ulteriore testimonianza di queste antiche leggende, va notato che una vecchia carta degli Stati Sardi distingue la mulattiera di cresta del Passo del Brallo a Cima Colletta, che proseguiva fino al paese di Pey, con il nome di "strada di Annibale". Queste analogie, anche se possono far riflettere, non bastano da sole a giustificare l'affermazione che i cartaginesi abbiano avuto degli stanziamenti nella zona, ma la storia ci permette di trovare argomenti per ampliare il discorso. Nel 213 a.C., vi fu, in Alta Val Trebbia, una battaglia campale tra i cartaginesi di Annibale e le legioni romane dei consoli Sempronio e Scipione; l'esatta località dello scontro non è determinabile poichè la descrizione del terreno, tanto in Livio che in Polibio, è adattabile a più di una località. Può forse aiutare la considerazione che esiste un passo di Oramala (cioè ora infausta, a causa della sconfitta romana): ma in questo caso, davvero, la storia non si può fare con i toponimi. Non è comunque determinante, per noi, stabilire che lo scontro sia avvenuto in una località piuttosto che in un'altra: ciò che può interessare sono le conseguenze della battaglia. I vincitori cartaginesi lasciarono, certamente, delle guarnigioni nella zona, sia per difendere i territori conquistati, sia per permettere ai feriti di ristabilirsi, e feriti ve ne furono di certo in uno scontro che impegnò circa 45.000 uomini,. I montanari liguri, da poco sottomessi a Roma (non bisogna dimenticare che Genova divenne città romana solo dopo la distruzione di Magone nel 211), non videro certo di malanimo i vincitori dei loro "padroni", ma anzi è presumibile che legassero subito con i nuovi conquistatori. Si può dunque ipotizzare che i cartaginesi feriti di guarnigione, si siano stanziati nelle zone, fondando villaggi e fondendosi con le popolazioni locali. Si spiegano così le analogie toponomastiche, si spiega anche il ritrovamento ad Arpe di una moneta cartaginese piuttosto rara, uno sciclo. [[ Il siclo (sheqel in ebraico) è un'antica unità di peso. Era in uso nel medio oriente e nella Mesopotamia. Per lo più si intende un'antica unità di peso ebraica. Il termine deriva dal verbo ebraico "shaqal", che significa "pesare"[1]. Il valore è notevolmente variato nel tempo e nei diversi luoghi. Con lo stesso nome si indicavano monete sia in argento che in oro del peso di un siclo. Sia i fenici che gli ebrei battevano sicli. In Mesopotamia veniva valutato 1/16 di darico (7,5 oboli attici), cioè mezzo grammo di oro.]]-- [[SICLO (accadico shiqlu; ebraico sheqel [shiql]). - Antica unità di misura per i pesi nel sistema sessagesimale babilonese, diffusosi in molti paesi di civiltà dipendente da quella babilonese, e fra l'altro presso gli Ebrei, donde la sua frequente menzione nella Bibbia. L'antico siclo "regio" babilonese aveva due valori diversi: quello "pesante" corrispondeva a gr. 16,83, quello "leggiero" a gr. 8,41; i valori però variarono assai secondo i tempi e i luoghi. A questa variabilità contribuì anche il fatto che, essendo il siclo d'argento divenuto ben presto l'unità di valore per gli scambî, si sentì l'opportunità di un determinato rapporto, comodo per il computo (1/10 o 1/15) tra esso e il siclo d'oro. Per il siclo nella monetazione v. ebrei: Numismatica. Mezzo siclo d'argento a testa era l'offerta che ciascun uomo d'Israele era tenuto a pagare annualmente al Santuario di Gerusalemme (Es., XXX, 11-16); delle norme particolareggiate in proposito si occupa il trattato Shĕqālīm della Mishnāh (v.). Dopo la caduta di Gerusalemme e la distruzione del Tempio (70 d. C.) tale offerta venne naturalmente a cessare. Invece di essa i vincitori romani imposero, costituendo un apposito fiscus iudaicus, una equivalente tassa di capitazione (un didramma) a favore del tempio di Giove Capitolino.]] Naturalmente quanto sopra esposto ha valore unicamente come ipotesi; tuttavia toponimi, ritrovamenti e perchè no?, anche la tradizione popolare che parla di Annibale nelle zone sono fattori che, non contrastando con i dati storici, anzi collimandovi, possono anche aprire qualche prospettiva d'indagine. °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°