0,4 MB/pdf - Festo Didactic

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Variabilità della domanda e presidio della tecnologia produttiva: le sfide per l’organizzazione
Modelli Organizzativi innovativi e
flessibilità:
il valore dell’organizzazione ed i
sostituti della gerarchia
Prof. C. D. Nacamulli
P
artiamo dal concetto del valore dell’organizzazione flessibile. La flessibilità è
importante, ma è importante nella misura in cui dà valore all’impresa, valorizza i risultati produttivi e la
redditività dell’impresa.
Negli anni il MIT (Massachusetts Institute of Technology) ha sistematizzato un modello organizzativo di
produzione flessibile applicato in particolare al
settore dell’auto ma valido anche per la gran parte
delle
aziende
manifatturiere.
La
storia
dell’evoluzione di questo processo è una storia di un
ping-pong fra gli Stati Uniti e il Giappone. Due sono i
fattori, i protagonisti, del concetto di flessibilità: il
cambiamento dei modelli di pensiero, il cosiddetto
pensiero rovesciato, e le possibilità, assolutamente
impensabili un tempo, dateci dall’information
technology nel campo della progettazione, della
produzione e del marketing.
Il problema della produzione flessibile nasce
qualche tempo fa.
Flessibilità e personalizzazione del prodotto
Nel 1894 un facoltoso membro del Parlamento
britannico, si prefisse di acquistare un’automobile. Si
recò per questo presso una famosa azienda di
Parigi e commissionò l’auto. La forza lavoro era in
massima parte composta da artigiani qualificati che,
dopo un periodo di apprendistato ed un processo di
accumulazione delle conoscenze durato molto a
lungo, erano capaci di operare in processi produttivi
complessi. Artigiani qualificati che costruivano
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abilmente a mano piccole quantità di automobili. I due fondatori assolvevano al compito di stabilire con
il cliente le caratteristiche esatte del veicolo, facevano attività di marketing e si occupavano del
processo degli acquisti. A differenza delle auto di oggi il veicolo acquistato era un prototipo.
Ovviamente solo pochi di noi si potrebbero permettere un auto su misura.
La specializzazione flessibile vorrebbe per l’appunto ovviare a questa difficoltà, dando a tutti la
possibilità di acquistare un’auto su misura e quindi rendere possibile i processi di customizzazione.
La specializzazione flessibile, che unisce avanzati ritrovati della tecnica con il savoire faire artigianale e
con il saper fare frutto dell’apprendimento sul campo dell’artigiano, consente di fare prodotti su misura,
mentre l’information technology applicata al marketing e al manufacturing consente di orientare la
produzione all’esigenza del singolo cliente.
Questa sfida è in qualche modo abilitata dall’information technology. L’information technology consente
di fare dei grossi processi di customizzazione contribuendo a gestire un mercato complesso e con
molta variabilità.
Quindi è necessario riuscire ad avere la botte piena
e la moglie ubriaca: una customizzazione del
prodotto o servizio e un’efficienza produttiva molto
alta.
L’esempio che propongo ed altre soluzioni possono
servire da benchmark, per mutuare da questi casi
degli spunti di riflessione sulla specializzazione
flessibile. Dobbiamo individuare delle aree di
eccellenza, dei poli di innovazione.
Il caso Dell
Un caso di specializzazione flessibile è quello Michael Saul Dell, il quale a soli 37 anni, divenne
famoso e anche molto ricco in virtù delle sue soluzioni tecnico-organizzative.
Nel 1983, all’età di 18 anni, inizia la sua attività di
uomo d’affari costruendo un proprio punto di
vendita nella propria camera da letto-studio
all’Università di Austin. Il prodotto sono i personal
computer assemblati in funzione delle specifiche
esigenze della clientela. Dell è il mago del gioco
del Lego: riesce ad assemblare diversi
componenti del computer dando luogo a tanti
giochi, tanti prodotti, che sono diversi ma sono il
risultato dell’assemblaggio di componenti uguali.
Quindi
ottiene
gli
effetti
positivi
della
specializzazione, dell’economia di scala, perchè i
componenti sono sempre gli stessi, standardizzati
e intercambiabili.
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Nel 1984 lascia l’università ed inizia ufficialmente lo start-up della Dell, con un capitale equivalente a
1000 euro più o meno. Oggi la Dell occupa nel settore dei PC il secondo posto per dimensioni, dopo la
fusione di HP e Compaq, ed il primo per velocità di crescita.
Il modello di Dell di vendita diretta si basa sull’orientamento al cliente, il quale può creare il prodotto
che desidera con una progettazione modulare.
Flessibilità, modularità, sistema di indicatori
La modularità può essere declinata a tre livelli: progettuale, dei processi produttivi, organizzativa.
Disegnare dei processi produttivi che siano simmetrici rispetto ai moduli, siano questi componenti o
gruppi di componenti. Quindi divido il processo produttivo in moduli, che significa realizzare tante
piccole unità organizzative responsabili del risultato definito secondo dei key indicator.
L’obiettivo è quello di costruire degli indicatori che
poi consentano di innestare un circolo di controllo e
anche di costruzione di conoscenza. L’idea quindi è
di introdurre il mercato dentro l’organizzazione,
dividendo la fabbrica in moduli con delle diverse
relazioni cliente-fornitore. Il cliente di un certo
modulo, che può essere fornitore del modulo
successivo, mi valuterà la performance su criteri di
produttività, di qualità, di servizio. Dietro la
costruzione dei moduli c’è un problema ben
specifico: il problema della separabilità. Se io non
distinguo un pezzo di ciclo in maniera corretta, tutte
le misurazioni risultano falsate. Un secondo problema di tipo organizzativo è quello dell’organizzazione
interna del modulo, con i singoli ruoli e con la gestione delle relazioni sociali.
Una volta costruiti i moduli c’è il problema di gestire le risorse umane, perché c’è tutta una variabilità
interna al modulo e tutta una variabilità di gate-keeping fra un modulo e l’altro, che deve essere gestita
dalle risorse.
Quali competenze sviluppare ? Mi concentro sui supervisor o su tutti i ruoli ? Su competenze tecniche
o anche sociali ?
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Organizzazione e presidio delle competenze
Questo modello organizzativo comporta la necessità di un
presidio delle competenze, che si manifestava in maniera ridotta
nel caso della produzione in serie tradizionale.
Inoltre, all’interno dei moduli bisogna gestire i processi di
apprendimento: i contesti organizzativi diventano contesti
formativi. In un’organizzazione a moduli orientata alla
soddisfazione di clienti, non posso separare il momento
formativo dal momento organizzativo, si deve gestire
l’apprendimento all’interno del contesto, ad esempio attraverso
le riunioni dei capi o il miglioramento continuo.
Si deve pensare ad una formazione fortemente integrata con le
esigenze
specifiche del
processo
produttivo su
cui innestare i
sistemi di valutazione.
Questa è una grande sfida, perché il problema non
si esaurisce nel disegno dei ruoli e dei moduli, ma
c’è un forte accento sul capitale umano, sul
miglioramento
e
su
una
formazione
contestualizzata.
Modularità e lavoro in team
Tende a diventare sempre più importante il
lavoro di team. La metafora che va per la maggiore
è quella del team sportivo. Il team sportivo ha tre
ingredienti: Una squadra che funziona ha dei ruoli
specialistici. Poi sinergia fra i diversi ruoli per
ottenere il risultato. Quindi un punteggio ben chiaro
che misura la performance.
Questi aspetti sono particolarmente importanti. Per
la valutazione dei Key Indicator devo costruirmi però
un cruscotto adatto, con pochi indicatori come
sull’automobile, non come sull’aereo.
L’idea di moduli, l’idea di team all’interno dei moduli, l’idea di costruzione di key indicator, sono le
traiettorie di lavoro per la costruzione di modelli di specializzazione flessibile.
Raoul C. D. NACAMULLI
Università Bicocca Milano
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