Ansaldo. Storia - Centro on line Storia e Cultura dell`Industria

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Ansaldo. Storia
Roberto Tolaini
Gennaio 2005
Testo per Storiaindustria.it
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Ad esclusivo uso didattico. Gli altri diritti riservati.
Ansaldo. Storia
Le origini dell’Ansaldo sono legate alla decisione dello Stato di favorire la fondazione di uno
stabilimento meccanico che fosse in grado di fornire macchine e pezzi di ricambio per la linea
ferroviaria Torino Genova, la cui costruzione era stata decisa dallo Stato sabaudo nel 1845. Nel
maggio del 1846 fu firmata la convenzione tra l’Agenzia generale delle strade ferrate e la ditta
Taylor e Prandi che prevedeva l’erezione di una “grande officina metallurgica” a Genova con
capitali anticipati dallo Stato e garantiva condizioni di favore alla ditta. Tuttavia, l’esperienza della
Taylor e Prandi mostrò gravi limiti: essa non riuscì a specializzarsi, la qualità delle produzioni
lasciò a desiderare e non riuscì a restituire i finanziamenti ricevuti. All’inizio degli anni cinquanta
Taylor, anche a causa di dissapori col Prandi, decise di ritirarsi dall’operazione. Il governo, allora,
nel 1852 affidò ad un gruppo di imprenditori genovesi lo stabilimento di Sampierdarena. Il gruppo
era composto da Raffaele Rubattino, Giacomo Filippo Penco e Carlo Bombrini ai quali si aggiunse,
in virtù delle specifiche competenze tecniche, Giovanni Ansaldo, che costituirono una società in
accomandita semplice, di cui Ansaldo fu accomandatario. La società Giovanni Ansaldo & Co. era
dotata di un capitale sociale complessivo di 1.100.000 lire, costituito dal versamento di 320.000 lire
da parte dei soci e da 810.000 lire, apportate dallo Stato, rappresentanti il valore dello stabilimento.
Emersero ben presto dissapori tra i soci su quali dovessero essere gli indirizzi fondamentali
dell’impresa che ostacolò l’emergere di una chiara strategia. Nel 1859 Ansaldo morì, la società fu
posta in liquidazione e la direzione dell’impresa passò nelle mani di Luigi Orlando, che ne fu
responsabile sino al 1866. La ditta rimase in questa situazione di incertezza sino al 1882, quando
la proprietà fu rilevata dai figli di Carlo Bombrini. Il periodo che va dalla fondazione al 1882 è
contrassegnato da risultati aziendali fallimentari. Soltanto tra il 1859 e il 1863, grazie alle cospicue
commesse statali, si registrarono utili ma dopo il 1866, con la drastica riduzione della spesa
militare statale, l’azienda non fece che registrare perdite che portarono ad un ampio
indebitamento. I suoi prodotti, pur di buona qualità, erano troppo costosi per fare concorrenza a
quelli esteri. La sua sopravvivenza fu determinata da ragioni politiche e dal sostegno finanziario
garantito dalla Banca nazionale diretta da Bombrini. Una nuova fase si aprì dopo la morte di
quest’ultimo, quando i suoi figli maggiori, Giovanni e Carlo Marcello, rilevarono le quote degli eredi
degli altri soci e saldarono i debiti verso la Banca Nazionale, acquisendo il pieno controllo
dell’accomandita. Nel nuovo clima di espansione della spesa pubblica volta a rafforzare la base
industriale del paese, i Bombrini si dotarono di un grande cantiere, di reparti ed officine che
dovevano consentire all’impresa di arrivare a costruire navi, soprattutto da guerra, completamente
equipaggiate, in modo da fare concorrenza agli altri grandi gruppi cantieristici italiani, alleati tra
loro, quelli Odero e Orlando, che alla fine del secolo riuscirono a controllare la Terni, produttrice
delle decisive corazze. L’andamento degli utili fu decisamente migliore del periodo precedente. I
Bombrini riuscirono anche ad entrare nel mercato internazionale, grazie al ruolo determinante di
Ferdinando Maria Perrone, il quale nel 1902, dopo essere entrato in possesso di 1/18 del capitale
sociale, ne diventò direttore, aprendo una nuova fase della storia dell’Ansaldo. Portando avanti con
determinazione il progetto della grande impresa verticalmente integrata, Perrone avvertì la
necessità di associarsi con imprese affermate nella produzione di armamenti. Dopo che la
possibilità di un’intesa con la Terni per la fornitura delle corazze sfumò, fu fondata la società
anonima Ansaldo Armstrong & Co. con iniziale capitale di 3 milioni, elevato a 30 milioni di lire nel
1904. Ne diventò amministratore delegato F.M. Perrone, mentre il ruolo dei Bombrini declinò. Ma il
rapporto con la Armstrong non fu duraturo perché l’impresa britannica non era disposta a cedere a
prezzi di favore le corazze ed anche sulle questioni della forniture di armi emersero differenti
visioni. Anche a causa della discesa del valore delle azioni Ansaldo, l’impresa britannica cedette
nel 1907 una larga parte della sua quota a Perrone, il cui controllo sull’impresa diventò pieno.
Dopo la morte di F.M. Perrone avvenuta nel 1908, la leadership dell’impresa passò ai figli Mario e
Pio. Peraltro, i Perrone ereditarono dal padre anche l’attenzione per la formazione dell’opinione
pubblica attraverso il controllo di importanti testate giornalistiche, tra cui “Il secolo XIX”. Dopo il
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1910, grazie alla crescita delle commesse militari dello Stato, l’Ansaldo si consolidò, avviando una
fruttuosa relazione per quanto riguardava le armi e la siderurgia con imprese francesi, come la
Schneider. Sul piano finanziario, falliti i tentativi di avviare relazioni stabili con la Banca
Commerciale Italiana, i Perrone decisero di entrare nel mondo bancario, diventando tra i principali
sottoscrittori della Banca Italiana di Sconto. La Prima Guerra Mondiale vide l’Ansaldo come
protagonista assoluta della mobilitazione industriale e della produzione bellica. Un dato su tutti:
l’occupazione nelle fabbriche di Genova passò da circa 10.000 unità del 1914 alle 41-42.000 unità
al momento dell’armistizio. Gli utili crebbero notevolmente e i Perrone avviarono un programma di
acquisizioni nel settore elettrico e minerario, acquisirono il controllo di cantieri e di imprese
meccaniche, lanciandosi anche nell’aeronautica. Sulla scia del successo bellico i Perrone
avviarono ambiziosi progetti di riconversione, basati sull’integrazione tra siderurgia e meccanica,
puntando sulla cantieristica, sull’automobile, sull’aeronautica, sulle macchine agricole, disperdendo
le risorse in troppe direzioni. Di fronte alla depressione del 1920-21 ed alla caduta della domanda
privata e statale, crebbe notevolmente l’indebitamento con la Banca italiana di Sconto, al punto
che i Perrone per ottenere l’accesso a nuove fonti di liquidità scalarono la Banca Commerciale.
Bloccato il loro tentativo, a corto di liquidità al punto da sospendere il regolare pagamento delle
maestranze, nel 1921 essi rassegnarono le dimissioni ed uscirono dalla scena. L’Ansaldo passò
nelle mani di un consorzio di banche coordinate dalla Banca d’Italia che dal 1922 creò una
Sezione speciale autonoma del Consorzio sovvenzioni su valori industriali attraverso la quale
sostenne l’Ansaldo, evitandone il fallimento. Di fatto, sino al 1925 fu lo Stato che gestì l’Ansaldo,
provvedendo anche a alienare alcuni stabilimenti per recuperare liquidità, senza però che vi fosse
un preciso disegno strategico. Nel 1925 l’impresa fu privatizzata e passò sotto il controllo della
Banca nazionale di Credito, istituto legato al Credito italiano. L’Ansaldo si confermò gruppo
industriale integrato e riportò buoni successi sul piano della qualità e della quantità delle produzioni
ma fece segnare spesso consistenti perdite: tra il 1923 e il 1933, l’impresa registrò una perdita
totale effettiva di 300 milioni.
Gli effetti della crisi del 1929 colpirono duramente tanto l’Ansaldo quanto il Credito italiano che
dopo aver raggruppato tutte le sue partecipazioni azionarie nella Sfi, comprese quelle in Ansaldo,
le passò nel 1933 all’Iri. Si aprì una fase di ripensamento della strategia dell’azienda che portò, già
dal 1934, allo scorporo della siderurgia Ansaldo in un’impresa separata, la Siac. Nel 1935
Beneduce, presidente dell’Iri, nominò amministratore delegato Agostino Rocca, il quale introdusse
una serie di interventi di riorganizzazione aziendale e di rinnovamento degli impianti, prefigurando
maggiori sinergie tra i diversi stabilimenti, volte a creare anche competenze nel settore
dell’impiantistica e spingere l’impresa ad agire sul mercato. Tuttavia, la politica di riarmo,
l’autarchia e le esigenze della Seconda Guerra mondiale orientarono l’impresa prevalentemente
verso la produzione bellica, che, però, a causa dell’inefficienza della mobilitazione, non permise
all’impresa di espandersi come era accaduto durante la “Grande guerra”. Nel dopo-guerra, si
impose l’abbandono della mentalità arsenalistica e si aprirono nuove sfide legate alla riapertura dei
mercati e alla competizione internazionale. L’Ansaldo passò sotto il controllo di Finmeccanica,
finanziaria di settore dell’Iri sorta nel 1948, che portò a termine una serie di scorpori e di fusioni
che ridefinirono la struttura dell’impresa. Il settore cantieristico diventò sino alla metà degli anni ’60
l’attività prevalente, in una fase storica però che vide l’emergere di nuovi competitori molto
aggressivi, come i giapponesi, che basarono il loro successo su prodotti standardizzati e su di una
efficiente organizzazione del lavoro. Al contrario i cantieri Ansaldo soffrirono di una organizzazione
ancora basata sul grande artigianato in cui i costi di produzione erano molto più elevati e in cui le
esigenze economiche si scontrarono spesso con le esigenze politiche e di consenso, implicite
nella natura pubblica dell’impresa. Fincantieri, fondata nel 1959, orientò la produzione verso le navi
da crociera e questa gradualmente diventò la strada per recuperare competitività. Per realizzare
questi indirizzi nel 1966 fu costituita la Italcantieri e tutta la cantieristica fu scorporata da Ansaldo.
Venne, dunque, meno una delle caratteristiche storiche dell’azienda, che rimase centrata sulla
meccanica, dando spazio anche alla ricerca sul nucleare e all’impiantistica energetica. Negli ultimi
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anni, sempre nell’ambito del gruppo Finmeccanica, uno dei pochi grandi gruppi italiani con un
profilo multinazionale e con più di 40.000 dipendenti in tutto il mondo, le attività Ansaldo sono state
oggetto di riorganizzazione che hanno portato all’attuale suddivisione in Ansaldo energia, di cui fa
parte anche Ansaldo nucleare, attiva nel campo della produzione di impianti energetici, Ansaldo
Trasporti Sistemi Ferroviari, una società leader in Europa nella realizzazione di grandi progetti nel
settore del trasporto pubblico ferroviario, Ansaldobreda, nata dalla fusione del ramo d’azienda di
Ansaldo trasporti e di Breda costruzioni ferroviarie, che si occupa della produzione di treni,
locomotori, tram e Ansaldo ricerche, che si occupa di ricerca nel campo dell’elettronica e nella
generazione avanzata di energia, ad esempio le celle a combustibile o la fusione nucleare.
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