le fibre di rinforzo
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LE FIBRE DI RINFORZO La fibra di rinforzo è l’elemento complementare della resina nei compositi, in quanto ne costituisce “l’armatura”, e i suoi requisiti principali sono: adattabilità, flessibilità ed elevata resistenza alla trazione. La fibra di vetro è il rinforzo per eccellenza, maggiormente utilizzato nelle costruzioni in composito. Per impieghi più impegnativi si utilizzano fibre ad alto modulo come il carbonio e la fibra aramidica, più conosciuta come Kevlar, marchio della Du Pont che l’ha sintetizzata. Queste fibre posseggono caratteristiche meccaniche decisamente superiori al vetro, però il loro alto costo ne limita l’impiego a quelle applicazioni che richiedono elevate prestazioni e pesi contenuti. Altre fibre particolari, come il boro e la Dyneema, sono limitate ad usi altamente specializzati. La fibra originaria è un filato non ritorto costituito da numerosi e sottilissimi filamenti, detti anche bave, dal diametro variabile a seconda del tipo di fibra, da 5 a 25 m , tenuti insieme da un appretto. Ogni singolo filamento della fibra possiede un determinato carico di rottura; la resina che li ingloba agisce da coesivo, trasferisce il carico da un filamento all’altro e ne impedisce lo scorrimento. In questo modo tutte le fibre “lavorano” congiuntamente portando il carico di rottura dello stratificato a valori molto elevati. Le fibre sono disponibili in svariate forme: MAT A FILI TAGLITI Feltro composto da fili di vetro “E” tagliati, utilizzato quasi esclusivamente per stratificazione con resine poliesteri MAT A FILI CONTINUI Feltro composto da filati continui in vetro “E” , per stampaggio sotto vuoto. MAT DI SUPERFICIE Nontessuto leggero in vetro “C” per finiture e barriere chimico resistenti ROVING Cordone formato da numerosi filamenti primari, in vetro, carbonio o aramidica STUOIE Tessuto da roving in vetro per stratificazioni con resine poliesteri ACCOPPIATI Stuoia e mat accoppiati e trapuntati TESSUTI In vetro, carbonio e aramidica per stratificazioni con epossidiche o vinilesteri MULTIASSIALI Roving in vetro o carbonio disposti a strati sovrapposti in vari orientamenti NASTRI Con cimosa bilanciati o unidirezionali in tessuto di vetro, carbonio o aramidica TUBOLARI Tessuto intrecciato a calza per la costruzione di profili tubolari CHOPPED STRAND Fibrette tagliate in lunghezze di 3 - 6 mm. in vetro o carbonio MILLED FIBRES Fibrette macinate finissime: 0,2 – 0,5 mm. in vetro o carbonio LA FIBRA DI VETRO La fibra di vetro è ottenuta dalla fusione ad alta temperature della silice unita ad altri minerali. La massa fusa passa attraverso una filiera in platino con numerosi fori; all’uscita la fibra viene stirata fino a raggiungere il diametro desiderato e subito raffreddata. Le singole bave vengono poi raggruppate in numero prestabilito per formare il filato o il roving con i vari titoli. Esistono varie composizioni di vetro, il più utilizzato nei rinforzi è il vetro ”E” che possiede buone qualità meccaniche. Il vetro “C” ha una spiccata resistenza chimica. Il vetro “R” o “S” è caratterizzato da una maggiori prestazioni meccaniche, ma il suo prezzo elevato ne limita il consumo. e viene sostituito, con vantaggio dalle fibre ad alto modulo. Infine il vetro “D” che ha proprietà dielettriche, usato in prevalenza per pannelli di circuiti stampati e isolanti. Composizione dei vari tipi di vetro: componente SiO2 Al2O3 CaO MgO B2O3 F Fe2O3 Na2O vetro E vetro C vetro D vetro R o S 53-55 14-15,5 20-24 20-24 6,5-9 0-0,7 <1 <1 65-66 4-5 13-14 2-3 5-5,5 73-74 25 0,5-0,6 0,5-0,6 22-23 60 8 - 8,5 0,1- 0,2 1,3 9 6 --- PROPRIETA’ DELLE FIBRE DI VETRO “E” fisiche meccaniche termiche ottiche elettriche Densità (su filamenti) gr/cm3 Durezza scala Mohs Resistenza a trazione (filamento vergine) MPa Modulo di Young MPa Allungamento a rottura (valore teorico) % Coefficiente di Poisson Isteresi Scorrimento Capacità termica (vetro in massa) KJ/kg. °K Conducibilità termica (valore della fibra) W/m °K coeff. dilatazione t. lineare °K -1 Temperatura di transizione C° Reazione al fuoco: Indice di rifrazione (linea D del sodio) Trasmissione agli UV Rigidità elettrica ( vetro in massa) KV/mm Resistività “ W cm Costante dielettrica a 105Hz (disco 30 mm.φ x 3mm. sp.) Tangente dell’angolo di perdita a 100 Hz 2.58 6,5 3.400 74.000 4,4 0,22 nessuna nessuno 0,8 1,0 5 x 10- 6 675 incombustibile 1,554 opache 60 - 100 10 15 6,5 - 6,7 15 - 10 -4 Proprietà dei filati in vetro per rinforzo Densità Resistenza a trazione Modulo di Young (traz.) Allungamento a rottura (singolo filamento) Coeff. dilatazione termica lineare (tra 20 e 100°C) gr/cm3 MPa MPa % °K-1 vetro E vetro R 2,60 2.400 74.000 4,4 5. 10-6 2,53 3.600 86.000 5,2 4. 10-6 Mat a fili tagliati Trattasi di feltri costituiti da fibre di vetro tagliate in lunghezza di 5 cm. e distribuite uniformemente in piano, senza un orientamento preferenziale. Le fibre sono tenute da un legante che conferisce al feltro la necessaria coesione per poter essere arrotolato e maneggiato senza sfilacciarsi. I mat sono disponibili in diversi spessori o pesantezze, espresse in grammi per metro quadro, che è la regola valida per tutte i prodotti di rinforzo, siano mat, tessuti o stuoie. Per definire la pesantezza si indica la grammatura: il peso in grammi di 1 m2 di prodotto. Le grammature correnti dei mat sono: gr/m2 150 - 225 - 300 - 375 - 450 - 600 900 e vengono forniti in bobine con altezze standard di cm. 100 e 125 Il mat è il tipo di rinforzo più pratico e comunemente usato per stratificazioni a mano con resina poliestere. L’orientamento multi direzionale delle fibre crea un rinforzo isotropo, cioè con uguale resistenza in tutte le direzioni. Per ottenere lo spessore desiderato si sovrappongono più strati di mat, impregnandoli uno alla volta, ossia bagnato su bagnato. Il mat si taglia facilmente con le forbici, o si può strappare in piccoli frammenti da applicare nei punti più difficili, come angoli o incavi. Anche se il mat viene frammentato in piccoli pezzi, lo stratificato non perde di resistenza poiché le fibre mantengono sempre la lunghezza di 5 cm. Di norma per i primi strati si utilizza un mat più leggero, o meglio ancora un mat di superficie, del quale parleremo più avanti, perché non marcano la superficie e seguono meglio le forme dello stampo. Poi si prosegue con gli altri strati più pesanti. Con ogni strato di mat impregnato si raggiunge uno spessore che va da 0,4 a 1 mm. a seconda della grammatura. Durante l’impregnazione, la resina scioglie l’appretto che lega le fibre, così il mat assume una maggior deformabilità che gli consente di adattarsi alle forme più complesse. Nel determinare lo spessore di uno stratificato emerge uno dei grandi vantaggi dei materiali compositi: poter variare gli spessori secondo le esigenze, aumentandoli nelle zone più sollecitate, semplicemente sovrapponendo più strati di fibra dove si ritiene opportuno. Mat a fili continui Chiamato anche “unifilo”, è un feltro costituito da una fibra continua disposta a spirale che si interseca formando un arabesco di fili, ripartiti in strati sovrapposti. Ciò consente una maggior deformabilità e adattabilità alle forme più complesse. Viene utilizzato nella stampaggio sotto vuoto o per iniezione: il mat viene preformato e inserito all’interno di uno stampo a due valve, dove viene iniettata la resina, oppure fatta penetrare sotto vuoto. La fibra continua permette un rapido scorrimento e diffusione della resina in tutta la testura del mat, fino alla sua completa impregnazione. E’ un prodotto utilizzato nella maggioranza dei casi nei cicli di produzione industriale. Non è possibile impregnare il mat unifilo, manualmente a rullo, come avviene con il tipo a fili tagliati. Il filo continuo si avvolgerebbe attorno al rullo formando un groviglio. Mat di superficie Il mat di superficie appartiene alla categoria dei tessuti non tessuti. E’ un velo molto leggero di circa 30 gr/m2 composto da sottili filamenti in vetro C, ed è caratterizzato da una ottima adattabilità alle superfici complesse. Non ha una funzione di rinforzo ma viene impiegato a vari scopi per migliorare la finitura dei manufatti, ma specialmente per creare una barriera all’osmosi, agli aggressivi chimici ed atmosferici, grazie alla maggior inerzia chimica. Quando si deve stratificare su uno stampo molto particolareggiato, le fibre di rinforzo come il mat o le stuoie talvolta non riescono ad adattarsi perfettamente alla sua superficie, seguendone i dettagli e gli avvallamenti più profondi, con il rischio che vi rimangano delle nicchie vuote o delle bolle d’aria. In questi casi occorre applicare come primo strato a contatto del gel-coat, un mat di superficie, che grazie alla sua notevole deformabilità riesce a seguire e penetrare anche nei minimi dettagli. Roving Il roving in vetro è il filato con il quale si tessono le stuoie E’ un cordone non ritorto composto da numerose bave da 15 a 25 m, ed ha un diametro apparente (considerando il maggior volume dato dai fili non ritorti) che può variare da 1 a 2,5 mm, a seconda del titolo. Il titolo viene espresso in TEX. Il N° di TEX corrisponde ai grammi che pesano 1000m. di filato. Non viene definito roving il filato (più pregiato) usato per i tessuti di vetro. Oltre alla produzione di stuoie, il roving trova applicazione nel settore industriale, nella costruzione di corpi cilindrici, tubi e serbatoi, realizzati con la tecnica dell’avvolgimento filament winding. Stuoie Le stuoie sono veri tessuti a grossa trama ottenuti dal roving. Variando il titolo del roving, e le battute del telaio si ottengono stuoie con grammature da 280 a 600 gr/m2. Le più usate sono quelle comprese tra 300 e 500 gr/m2. e vengono fornite in rotoli con altezza standard di cm. 100 e 125. Contrariamente al mat che è un rinforzo isotropo, le stuoie hanno le fibre orientate in due direzioni ortogonali: trama e ordito. Verso queste direzioni hanno quindi la loro maggior resistenza, la quale è ben superiore a quella del mat a fibre corte, perché il roving è una fibra lunga e ininterrotta. Le stuoie sono apprettate per resine poliesteri e vinilesteri, ma poiché hanno buone qualità meccaniche, è possibile usarle anche con i sistemi epossidici senza pregiudicare le caratteristiche del manufatto, in quanto le resine epossidiche possiedono un elevato potere bagnante e ottima aderenza su qualsiasi tipo di fibra. Nelle stratificazioni le stuoie vengono abitualmente accoppiate e interposte agli strati di mat, per aumentare la resistenza in determinate direzioni, principalmente nelle opere di grosse dimensioni. E’ sconsigliato l’uso delle stuoie nei manufatti che hanno una configurazione complessa perché la scarsa deformabilità dei tessuti con armatura a tela rende difficoltoso l’adattamento alle superfici nei punti più difficili, richiedendo tagli e sovrapposizioni. Accoppiati I rinforzi accoppiati o complessi sono costituii da una stuoia ed un mat a fili tagliati sovrapposti e tenuti insieme da una cucitura trapuntata. Sono disponibili in diversi rapporti per quanto concerne la grammatura dei due teli, a partire da 300 fino a 500 gr/m2. per entrambi. Trattasi quindi di rinforzi abbastanza pesanti, di scarsa deformabilità, destinati a opere di grosse dimensioni e imbarcazioni. L’impiego degli accoppiati riduce i tempi nelle stratificazioni a forte spessore e consente di far fronte a specifiche esigenze con una sola operazione. Di notevole interesse sono gli accoppiati unidirezionali, costituiti da roving paralleli, senza trama, tenuti insieme dall’accoppiamento ad un mat leggero. Questa soluzione facilita enormemente la manipolazione e messa in opera di rinforzi unidirezionali, grazie al mat che trattiene le fibre parallele non tramate, evitando di sfilacciarsi. Tessuti I tessuti rientrano in una categoria superiore rispetto agli altri rinforzi, come mat e stuoie, e vengono utilizzati per realizzare manufatti che richiedono prestazioni meccaniche più elevate e peso contenuto. Sono veri e propri prodotti tessili, con trama e ordito. Vengono ottenuti da filati più pregiati, composti da bave sottili con diametri compresi tra i 5 e i 13 micron che conferiscono al tessuto morbidezza, drappeggiabilità ed un elevato carico di rottura. I vantaggi che offrono i tessuti nella realizzazione di manufatti in composito sono molteplici: Regolarità della grammatura e dello spessore = continuità del rinforzo. Possibilità di ottenere stratificati con elevata percentuale di rinforzo, quindi più leggeri e resistenti. Nell’impregnazione manuale di un tessuto con resina epossidica si riesce ad avere un rapporto fibra/legante di 1/1, mentre con altri materiali, come il mat o la stuoia occorrono dai 2 ai 3 Kg di resina per ogni Kg. di fibra. Inoltre uno stratificato in tessuto di 1 mm di spessore ha la stessa resistenza di uno da 3 mm. rinforzato con il mat. Anche il titolo del filato per i tessuti è espresso in TEX. La gamma dei titoli è molto ampia, a partire da 5 tex, usato per i tessuti più leggeri da 25 gr/mq. via via fino ad arrivare oltre 200 tex per i tessuti più pesanti, da 300 gr/mq. I tessuti ricevono un trattamento chiamato appretto o finish, con una sostanza che fa aumentare la bagnabilità della delle fibre e ne ottimizza l’aderenza con la resina matrice. Esistono vari tipi di appretto, specifici per ogni tipo di resina. I tessuti vengono in genere trattati con silani, che è l’appretto specifico per i sistemi epossidici, o con appretti universali, validi per tutte le resine. Gli elementi fondamentali per identificare un tessuto sono: grammatura, composizione e armatura, i quali dovranno essere valutati nella scelta in funzione all’impiego e alle varie esigenze Grammature Come per tutte le fibre di rinforzo, questo valore si esprime direttamente con il peso in grammi di 1 mq. di tessuto. Nelle schede tecniche con le caratteristiche dei tessuti, accanto alla grammatura viene talvolta riportato anche lo spessore. In alcuni testi USA le grammature sono espresse in once per yarda2 (oz/sq.yd) occorre fare la conversione: 1 sq. yd = 0,83 m2 - 1 oz.= 28,35 gr. La disponibilità delle grammature nei tessuti è molto ampia, a partire da 18 fino a oltre 400 gr/m2 COMPOSIZIONE La composizione definisce il numero dei fili in un centimetro, sia in ordito che in trama. I tessuti possono essere bilanciati, cioè con la stessa quantità di fili nei due sensi, oppure unidirezionali orientati, con più fili ad esempio in ordito e meno in trama. Questo tipo di tessuto viene impiegato quando si vuole aumentare la resistenza dello stratificato verso una determinata direzione. Unitamente al numero dei fili, può essere anche indicato il TEX dei filati che compaiono nei due sensi, il quale generalmente è uguale nei tessuti bilanciati, e può essere diverso in quelli unidirezionali. Per visualizzare e confrontare la composizione di un tessuto si usa una lente contafili, che generalmente focalizza un quadrato di 2 cm. di lato. I tessuti destinati a normali impieghi vengono prodotti con un buon equilibrio tra numero di fili e tex. Una tramatura troppo serrata rende più difficoltosa l’impregnazione; mentre un tessuto a maglie molto larghe trattiene della resina in eccesso, senza alcun vantaggio. Alcuni tessuti sono composti da fibre di diversa natura, definiti ibridi. I più significativi sono: carbonio/vetro; carbonio/aramidica e vetro/aramidica. Questo abbinamento consente in molti casi di sfruttare al meglio le proprietà delle diverse fibre, esaltando la sinergia. Risultano inoltre un buon compromesso sui costi. Armatura L’armatura (o style) di un tessuto è il modo come viene realizzato l’intreccio trama/ordito. Le principali armature sono: tela; batavia; raso ; unidirezionale. Il tipo di armatura, a parità di fili, non influisce sulla resistenza meccanica di untessuto, ma gli conferisce un diverso comportamento per quanto riguarda rigidità e deformabilità. tela o plain (taffetà) E’ l’armatura più semplice e diffusa, in cui ogni filo di trama passa sopra e poi sotto ogni filo di ordito e viceversa nel passaggio successivo. Questo tipo di armatura conferisce al tessuto ottima planarità e stabilità dei fili, ma è poco deformabile, quindi prevalentemente si utilizza per stratificazioni in piano. batavia: saia o twill Nelle armature batavia un filo di ordito scavalca più fili di trama e viceversa, quindi presentano un intreccio più sciolto, i fili scorrono meglio fra loro, e ciò conferisce al tessuto maggior deformabilità e drappeggiabilità rispetto all’armatura a tela. I batavia hanno però una minor stabilità dimensionale, si deformano facilmente anche quando si maneggiano. I tessuti batavia possono essere saia da 4, chiamato anche twil 2/2, oppure twill 3/1 a seconda dei fili scavalcati, e mostrano lo stesso disegno in entrambe le facce. I tessuti con questa armatura vengono anche chiamati diagonali perché trama e ordito si incrociano secondo un ordine a scalare, in modo da formare il caratteristico disegno spinato a righe diagonali. Da non intendere con questo che la trama sia disposta a 45°, trama e ordito sono sempre ortogonali, con l’orientamento 0 90° raso o satin Anche in questo tipo di armatura la trama scavalca più fili di ordito, però con una sequenza alternata, anziché a scalare come avviene nell’armatura batavia. Ne risulta un intreccio leggermente più legato rispetto al batavia, che conferisce al tessuto minor deformabilità. I tessuti raso possono essere: raso turco, raso da 7, raso da 8; questi mostrano la preponderanza di fili di trama in una faccia e di fili di ordito nell’altra. unidirezionali Con questo termine, che si abbrevia con la sigla “ud”, vengono indicati tutti i tessuti che non sono bilanciati, ossia quelli che hanno la prevalenza dei fili orientati in una direzione, generalmente in ordito. La composizione unidirezionale può essere ottenuta, sia con un minor numero di fili in uno dei sensi , oppure con un filato di titolo più basso. La disparità della composizione viene indicata in percentuale sulla grammatura del tessuto, ad esempio un tessuto da 100 gr/mq. "ud" 80% significa che ha 80 gr. di filato in un senso e 20 nell’altro. L’esempio qui riportato mostra un tessuto UD 90% in ordito. In questo caso il filo di trama ha una scarsa partecipazione come rinforzo, ma solo il compito di tenere unite le fibre dell’ordito. I tessuti ud vengono impiegati per manufatti sollecitati a trazione o a flessine lungo un solo asse, nei casi in cui la trama aumenterebbe solo il peso dello stratificato senza apportare alcun contributo. Sono adatti quindi per la costruzione di derive e timoni di imbarcazioni, longheroni ecc. Oppure per aumentare la resistenza in una determinata direzione, di uno stratificato con tessuti bilanciati, aggiungendo un tessuto ud. nell’orientamento opportuno. Nastri I nastri in tessuto sono disponibili in tutte le fibre: vetro, carbonio, aramidica e ibridi, generalmente con due tipi di armatura: a tela bilanciata e unidirezionali. Sono tutti muniti di una bordatura definita giro inglese, una sorta di cimosa che trattiene i fili in ordito e ne impedisce lo sfilacciamento. I nastri in tessuto bilanciato hanno grammature comprese tra 100 e 400 gr/m2. e prodotti generalmente in altezze fino a 20 cm. Maggior varietà presentano gli unidirezionali, sono disponibili in altezze da 2 a 50 cm. e con diverse grammature, da 100 a 500 gr/m2. La gamma comprende anche le stuoie in nastro, ottenute dalla tessitura del roving; sono disponibili in grammature più pesanti, da 300 a 500 gr/m2. e in altezze da 15 a 30 cm. Trovano impiego nella costruzione di serbatoi, per fasciature di rinforzo e nei lavori di consolidamento. I nastri unidirezionali sono composti da filati o roving paralleli in ordito, legati da sottili fili in trama più o meno distanziati. In molti casi la trama non ha la funzione di rinforzo, ma solo il compito di trattenere i fili in ordito. Vengono impiegati, come i tessuti unidirezionali, per rinforzi longitudinali lungo l’asse della massima sollecitazione. Nastri monoassiali o a fibre collimate . Sono prodotti 100% unidirezionali, senza trama, composti da filamenti disposti parallelamente in senso longitudinale, tenuti insieme da sottilissimi fili di adesivo ortogonali, spaziati di qualche centimetro, il quale poi resta compenetrato nella resina. I vantaggi delle fibre collimate nei monoassiali, così come nei multiassiali (vedi pag. 9) sono molteplici: - Le fibre sono tese e allineate, pronte a sopportare il carico a trazione senza la leggera perdita che si verifica con i tessuti, dove l’ordito assume una linea sinuosa, generata dall’incrocio con la trama. - Le fibre collimate formano uno strato aggregato, senza spazi vuoti come invece avviene tra i roving coerenti. Quindi a parità di peso e resistenza si ottengono laminati più sottili, senza zone vuote che vengono colmate di resina, la quale non apporta alcun vantaggio, tranne un peso inutile. - L’assenza di nodi e di evoluzioni generati nell’incrocio tra trama e ordito, agevolano lo scorrimento della resina e facilitano l’impregnazione. Inoltre le sollecitazioni trasmesse lungo la fibra si distribuiscono uniformemente, senza concentrarsi nei nodi. - I monoassiali sono molto utili quando si debbono applicare rinforzi longitudinali o realizzare profilati di piccola sezione. Si possono ottenere strutture tubolari, avvolgono il nastro a spirale attorno ad una anima in polistirolo o a un tubo in plastica. Lo spessore desiderato si raggiunge aumentando il numero delle spire, alternando ogni volta il senso dell’avvolgimento in modo da incrociare le fasciature. Fibre non tessute Chopped strands (fibre tagliate) I chopped strands derivano da roving sottili, circa 200 tex, tagliato in fibrette. Sono disponibili sia in fibra di vetro che di carbonio, in varie lunghezze da 3 a 12 mm. Vengono impiegate principalmente come rinforzo nelle masse da colata, stucchi e conglomerati. Si aggiungono alla resina nella quantità desiderata singolarmente, oppure mescolate insieme agli inerti nelle masse da colata, dove si dispongono orientate in tutte le direzioni creando un reticolo tridimensionale che conferisce una maggior resilienza ai manufatti. Nel dosare le fibrette da aggiungere agli impasti, occorre tener conto che ognuna di queste è composta da numerosi filamenti tenuti da un appretto. Quando vengono mescolate alla resina, l’appretto si scioglie liberando un gran numero di filamenti che si disperdono nell’impasto. Quindi è consigliabile aggiungere le fibrette poco alla volta man mano che si mescola per evitare di addensare eccessivamente l’impasto rendendolo gelatinoso e poco scorrevole. Fibre macinate (milled fibres) Questo tipo di rinforzo è ottenuto per macinazione delle bave, ridotte in minute fibrette con pezzatura media di 0,2 mm. quasi invisibili a occhio nudo. Si presentano come un ammasso di fiocchi raggrumati che però si disperdono rapidamente nella resina. Sono disponibili sia in fibra di vetro che di carbonio.Il loro impiego è simile a quello delle fibre tagliate, ma hanno un diverso comportamento negli impasti. Teoricamente conferiscono una minor resistenza meccanica rispetto alle fibre tagliate, che sono più lunghe, d’altra parte possono essere aggiunte in quantità ben maggiori senza addensare l’impasto. Vengono utilizzare principalmente per rinforzare stucchi o mastici da applicare in forte spessore; per seguire riporti o per ancorare inserti e tiranti. Si possono preparare masse da colata o da applicare a spatola, a base di resina caricate con inerti in polvere e fibre macinate in parti uguali. La loro presenza nell’impasto fa aumentare notevolmente la resistenza meccanica e la resilienza. Anticrack Rinforzo per malte idrauliche Fibre tagliate, come i chopped strands, derivate da filati in vetro e carbonio trattati con appretto solubile in acqua. Vengono impiegate per il rinforzo di malte cementizie, calcestruzzo, intonaci e gesso. Le fibre vengono aggiunte in fase di preparazione delle malte; l’appretto si scioglie a contatto dell’acqua, 1 kg di anticrack libera 200 milioni di fibrette nell’impasto. L’Anticrack ha quindi una resa molto elevata: la dose di impiego su malte cementizie è di 1 -2 kg per m3. La presenza delle fibre aumenta sensibilmente la resistenza a compressione, trazione e flessione dei manufatti; distribuisce le tensioni da ritiro, riducendo drasticamente le fessurazioni e microlesioni. TESSUTI SPECIALI I multiassiali Da un decennio è apparsa una nuova categoria di tessuti per rinforzi, definiti multiassiali. Non sono veri e propri tessuti, anche se così vengono comunemente definiti, non hanno trama e ordito a 0 – 90°. Nei multiassiali compaiono anche fili disposti diagonalmente a 45°. Ovviamente questa composizione non può essere ottenuta con un telaio; le fibre, sotto forma di roving, sono disposte parallelamente a strati sovrapposti, orientati nelle varie direzioni e poi cucite con sottili filamenti per mantenerle unite.Questi tessuti sono disponibili in diversi orientamenti, a partire dal semplice biassiale a 45°, cioè a croce di Sant’Andrea, ai più complessi quadriassiali, con l’orientamento delle fibre sia a 90° che a 45°. I multiassiali creano un rinforzo definibile “quasi isotropo” cioè che ha uguale resistenza in tutte le direzioni. I grafici a lato visualizzano la risultante delle forze di un normale tessuto, con trama e ordito e quella di un quadriassiale. Un altro vantaggio rispetto ai tessuti da telaio, sta nel fatto che le fibre dei multiassiali sono tutte allineate e uniformemente tensionate, quindi pronte a sopportare i carichi applicati senza perdere nulla prima di entrare in tensione. Vale il principio accennato nel capitolo dei nastri unidirezionali a fibre collimate. L’assenza di evoluzioni nella fibra (generate dall’incrocio con la trama nei tessuti) migliora il comportamento a fatica perché il carico viene ripartito su tutta la lunghezza della fibra, senza concentrarsi nei punti critici in corrispondenza dei nodi. Come mostra il grafico. Questo dimostra che la fibra del tessuto sopporta un carico superiore rispetto alla fibra allineata, ciò si traduce in una maggior resistenza dello stratificato alla fatica e allo stress. A parità di resistenza, i multiassiali consentono di ridurre lo spessore e di conseguenza il peso dello stratificato. Le fibre allineate hanno un’ottima bagnabilità per effetto della diffusione capillare e consentono quindi una facile e completa impregnazione con minor quantità di resina; si possono così ottenere stratificati con un’alta percentuale di fibra. La distribuzione uniforme della resina e il regolare allineamento delle fibre ottimizza il trasferimento del carico tra i singoli filamenti. Tessuti tridimensionali (PARABEAM) Un’altro interessante prodotto è il tessuto tridimensionale, meglio conosciuto con il nome commerciale Parabeam della Helmond Holland. Trattasi di due tessuti sovrapposti, collegati da numerosi filamenti verticali che distanziano i due teli; il tutto tessuto simultaneamente in un particolare telaio. Il Parabeam è disponibile in vari spessori, da 3 ad oltre 10 mm. Se si comprime il tessuto vergine, questo si schiaccia facilmente con la semplice pressione delle dita perché i sottili filamenti verticali cedono facendo accostare i due teli. Quando termina la pressione, i filamenti si raddrizzano immediatamente ed il tessuto ritorna allo stato originario. Quando la resina di impregnazione è polimerizzata, i filamenti verticali si irrigidiscono creano una selva di colonnine incomprimibili: il comportamento del nido d’ape. Si può così ottenere in maniera semplice e veloce una struttura a sandwich con una sola operazione, senza la necessità di applicare il vuoto. Il Parabeam è adatto per la costruzione di pannelli, spoiler e carenature nel settore aeronautico e automobilistico; per creare rinforzi e irrigidimenti localizzati negli stratificati leggeri e stampi. E’ sconsigliato l’impiego nel settore nautico, perché in caso di falla l’acqua potrebbe penetrare nell’intercapedine. FIBRE DI CARBONIO La fibra di carbonio è ottenuta mediante un processo di pirolisi in una serie di forni a 1500° C che trasforma un polimero organico precursore poliacrylonitrile (PAN) in carbonio sotto forma di sottilissimi filamenti di colore nero, con una catena molecolare molto lunga e ordinata. La fibra di carbonio subisce dei trattamenti superficiali specifici, per favorire i diversi procedimenti di lavorazione; viene trattata inoltre con un agente di pontaggio per ottimizzarne la bagnabilità e l’aderenza da parte della resina. I filamenti vengono raggruppati in cordoni, roving, il cui titolo è indicato da un’unità K, che corrisponde a 1000 filamenti; il titolo 3K significa che il roving, o filato è composto da 3000 filamenti primari. I roving è il filato utilizzato nella produzione di tessuti, nelle varie grammature e composizioni. Oltre a questa finalità il roving viene usato nella costruzione di corpi cilindrici con la tecnica di avvolgimento detta filament winding. Filamenti di carbonio raggruppati invece in grossi fasci, costituiscono il rinforzo continuo di tubi e profilati ottenuti per poltrusione. La fibra di carbonio è disponibile anche tagliata in fibrette: chopped strands, oppure macinata: milled fibres, utilizzate nel rinforzo di masse da colata. Le fibre vengono prodotte in diverse qualità: il tipo HT, definito anche HS, che è il modulo standard caratterizzate da buona tenacità e resistenza a trazione. Il tipo HM (alto modulo), con minor allungamento a rottura, ma con un modulo più elevato. Vi è anche il tipo UHM (ultra alto modulo) di costo elevatissimo. Tratteremo qui la fibra HT (alta tenacità o alta resistenza) normalmente utilizzata come rinforzo nelle costruzioni in composito con matrice epossidica e vinilestere. Le fibre HM e UHM sono generalmente disponibili in stato di preimpregnato, ed il loro impiego è limitato a settori molto specializzati. Le qualità della fibra di carbonio Il carbonio è sinonimo di alta tecnologia, espressione dei sistemi avanzati. Si distingue da ogni altro materiale anche per il singolare aspetto; uno stratificato in tessuto di carbonio mostra nitidamente la sua tramatura evidenziata da diverse tonalità di nero, con un inconfondibile effetto di profondità dovuto alla rifrazione che non può essere ottenuto con nessun altro materiale. La prerogativa della fibra di carbonio è l’elevata rigidità: alto carico di rottura con una bassa % di allungamento . Come evidenziano i grafici, le caratteristiche meccaniche specifiche dei compositi in carbonio risultano eccezionali se paragonate ai valori dell’acciaio. Confrontando poi questi valori con il peso dello stratificato: resistenza e modulo specifico, si ha la conferma del successo di questa fibra nei compositi. Nella scelta del tipo di rinforzo più adatto nella progettazione di un manufatto in composito, occorre tener conto di un particolare comportamento della fibra di carbonio: il suo limite di snervamento è molto vicino al punto di rottura. Ciò significa che non si manifestano alterazioni tangibili che avvertono un decadimento strutturale prima della rottura; nella fattispècie si definisce rottura catastrofica. L’impiego della fibra di carbonio deve essere quindi limitato alla costruzione di manufatti che richiedono elevate resistenze meccaniche e specialmente rigidità, come ad esempio componenti per aerei e di auto da competizione; attrezzi sportivi di alta classe, telai di biciclette, mazze da baseball, racchette, canne da pesca e tanti altri oggetti. L’impiego appropriato di questa fibra da una risposta in termini di prestazioni ben superiore a quelle dei materiali tradizionali. Evitare l’uso di questa fibra nelle strutture soggette a forti flessioni, come ad esempio le stecche per vele a profilo alare, o elementi elastici per sospensioni. In questi casi hanno un miglior comportamento le fibre aramidiche o ibridi. Qualità fisico meccaniche: I compositi in carbonio hanno una elevata resistenza al creep, lo scorrimento delle fibre nella matrice. Questo fa sì che i carichi vengono ripartiti grazie alla partecipazione di tutte le fibre. L’orientamento di queste all’interno della matrice è un fattore chiave: quando si applica un carico nella direzione delle fibre, la deformazione creep overall è bassa. Quando cessa il carico, la deformazione definitiva che rimane è insignificante. Una qualità dei compositi rinforzati con fibra di carbonio sottoposti ad urto è di assorbire l’energia cinetica la quale non si propaga al resto della struttura. Infatti in caso di impatto si verifica un cedimento plastico limitatamente nella zona dove le forze applicate hanno superato il carico di rottura mentre il restante della struttura rimane intatta. Questo concetto riguarda le strutture portanti, ad esempio una scocca per auto da competizione. Occorre però fare attenzione negli stratificati sottili, come nel caso delle costruzioni a sandwich. Una pelle sottile in fibra di carbonio, data la sua rigidità, potrebbe cedere se colpita perpendicolarmente da una forza concentrata come un urto. Per rispondere al meglio a questa sollecitazione si ricorre ai sistemi ibridi, ad esempio un tessuto carbonio/aramidica. La fibra di carbonio assicura la rigidità alla struttura e l’aramidica contribuisce con le sue proprietà a smorzare l’energia dell’urto Conducibilità elettrica La fibra di carbonio è un conduttore elettrico; un vantaggio quando lo si applica a componenti per eliminare cariche elettrostatiche e radiofrequenze. Conducibilità termica. L’eccellente conducibilità termica del carbonio permette una rapida dissipazione del calore. Non risente del calore prodotto dall’attrito dagli organi sottoposti a frizione. Il livello di conducibilità rilevato nella direzione delle fibre, si avvicina a quella dell’acciaio ed il coefficiente di dilatazione termico lineare risulta negativo. Disponendo le fibre con opportuni orientamenti è possibile ridurre al minimo il coefficiente d.t.l. . Ultimamente il carbonio ha incontrato interessanti applicazioni anche nel settore del restauro e consolidamento di edifici, vecchie opere murarie, travature in legno, volte, ecc. Prodotti disponibili in fibra di carbonio Le fibre in carbonio, analogamente a quelle in vetro, sono disponibili nelle varie forme, come: roving, tessuti, unidirezionali, nastri, multiassiali, fibre tagliate e macinate. Come già accennato, il titolo dei roving con il quale si producono tessuti e nastri, viene indicato con il numero di K. I titoli correnti sono: 1; 3; 6; 12 e 24 K. Il costo del roving in carbonio è molto elevato, specialmente nei titoli sottili, e diminuisce considerevolmente con l’aumentare del K. I tessuti più sottili, attorno ai 100 gr/mq. prodotti con il roving 1K (1000 filamenti) sono costosissimi ed il loro utilizzo è molto limitato. Il prezzo scende nella fascia dei tessuti leggeri, tra i 200 e 300 gr/mq prodotti con i 3 K, comunemente utilizzati per manufatti di piccola e media mole. Ancora più economici sono quelli attorno a 300 gr prodotti con il 6 K. Mentre i tessuti pesanti, oltre i 600 gr/mq. ottenuti con roving da 12K o 24K hanno un prezzo in proporzione alla grammatura decisamente inferiore FIBRA ARAMIDICA Aramid: fibra organica derivata da polimero, poliamide aromatica, universalmente conosciuta con il nome commerciale Kevlar, che è un marchio della Du Pont, l’azienda che ha introdotto questa nuova fibra di rinforzo nel 1972. Le aramidiche sono fibre estremamente tenaci. Per questa ragione, oltre che come rinforzo nei materiali compositi, vengono utilizzate in molteplici e interessanti applicazioni, come ad esempio per l’imbottitura dei giubbotti antiproiettile e blindature, in quanto le fibre riescono a smorzare la forza d’urto di un proiettile, nei tessuti per vele per imbarcazioni da regata, nei cordami per alpinisti. In fibra aramidica è anche il cavo di sicurezza, detto “cordone ombelicale" che trattiene l’astronauta nelle uscite fuori dalla navicella spaziale. Vi sono leggere differenze nella struttura del polimero a seconda della destinazione. Ad esempio Il Kevlar è disponibile in due versioni: Kevlar 49 utilizzato come rinforzo di materiali compositi e Kevlar 29 adatto per uso balistico. Ora anche altre aziende producono la fibra aramidica, con le stesse caratteristiche e commercializzata con altri marchi. La fibra aramidica è il materiale con il miglior rapporto in resistenza specifica, riferita al suo peso. Rispetto al carbonio questa fibra è caratterizzata da maggior allungamento, superiore carico di rottura, alto modulo elastico e scarsa resistenza alla compressione. Provini ottenuti con fibra aramidica unidirezionale e resina epossidica, testati nella direzione 0° delle fibre, mostrano una curva di cedimento lineare a trazione fino al carico di rottura; mentre il comportamento a compressione risulta elastico con bassi carichi di sollecitazione, e più duttile o quasi plastico con carichi maggiori. Questo comportamento si traduce in una maggior resistenza agli urti. La bassa resistenza a compressione delle fibre aramidiche in alcuni casi si rivela una garanzia per prevenire la rottura catastrofica, tipica delle fibre di carbonio. Sollecitando un provino a flessione, l’asse neutro si sposta gradualmente dal centro verso la zona in trazione, interessando così a compressione un’area maggiore e si arriva ad un progressivo cedimento della zona compressa, pertanto non avviene una rottura catastrofica. Se si inverte la sollecitazione, facendo lavorare a trazione la parte che ha ceduto in compressione, si ottiene ancora una resistenza a flessione con valori di circa 70% di quelli ottenuti nella prima prova. La scarsa resistenza alla compressione può essere migliorata utilizzando tessuti ibridi, o alternando fibre di vetro o di carbonio, che hanno miglior risposta a compressione. In ogni modo la fibra aramidica è più adatta per manufatti soggetti a flessioni o impatti. Nelle costruzioni navali vengono largamente impiegate stuoie ibride, tessute con roving in vetro e in aramidica alternati e bilanciati, sia in trama che in ordito. In molti casi questa stuoia è accoppiata ad un MAT leggero in fibra di vetro. Sono rinforzi abbastanza pesanti, attorno a 400 gr/mq, adatti per imbarcazioni di oltre 6 metri, ed hanno un eccellente rapporto prestazioni prezzo. Per le strutture che debbono accomunare rigidità ed elevata resistenza agli urti, come carenature per moto o canoe da discesa, si ricorre a tessuti ibridi carbonio/aramidica, che sono disponibili in una vasta gamma di composizioni ed armature, ed anche con diverso rapporto delle fibre. I più comuni sono quelli con armatura batavia o raso turco bilanciati con le fibre alternate, rapporto 50%, oppure con due fili di aramidica ed uno di carbonio, sia in trama che in ordito. Questi tessuti mostrano il caratteristico disegno geometrico creato dalla tramatura delle fibre di diverso colore. Un’altra caratteristica delle fibre aramidiche è la capacità di smorzamento delle vibrazioni. Questo però in alcuni casi è un fattore negativo, da tener conto nella scelta della fibra per determinate realizzazioni. Le vibrazioni entro una determinata frequenza degradano la fibra riducendo drasticamente le sue originarie proprietà. Un cenno storico a tal proposito: Questa fibra è stata studiata e messa a punto allo scopo di trovare una valida alternativa alle tradizionali tele per il rinforzo di pneumatici. Le prospettive sembravano ottime viste le caratteristiche ad’hoc della nuova fibra e ciò avrebbe rivoluzionato il settore dei pneumatici, aumentando notevolmente durata e sicurezza. Sin dalle prime prove si è però manifestato l’inconveniente dovuto appunto dalle vibrazioni, dopo un certo periodo di esercizio la tela in fibra aramidica perdeva ogni sua proprietà, decadendo a valori molto bassi, ed Il progetto è stato così accantonato. Con l’avvento dei materiali compositi, questa fibra ha trovato finalmente degna collocazione. Anche le fibre aramidiche originarie sono filamenti sottilissimi di colore giallo, raggruppati in roving, con i quali si ottengono tessuti di varia grammatura e composizione. il titolo è indicato in denari. Il n° di denari corrisponde ai grammi che pesano 9.000 metri di filato. L’appretto delle fibre aramidiche è universale, adatto per matrici sia vinilesteri che epossidiche. L’utilizzo delle fibre aramidiche richiede una certa pratica e la conoscenza di alcuni accorgimenti. Il filato è talmente tenace che non si riesce a tagliare con normali forbici. Nel settore cantieristico, dove vi è un largo consumo di queste fibre si utilizzano speciali forbici con lame al tungsteno; per piccoli lavori si ricorre a cesoie da lattoniere, devono essere nuove e le lame frequentemente ravvivate. In ogni caso l’operazione tende a stramare e sfilacciare il tessuto in corrispondenza del taglio. Anche le operazioni di sbavatura del laminato risultano difficoltose se non si dispone di utensili adatti. Neanche le mole diamantate riescono a recidere di netto il filato aramidico, dal taglio sporgono sempre dei piccoli ciuffetti di fibra. Bisogna assolutamente evitare di carteggiare la superficie. L’abrasivo asporta la resina ma non recide la fibra, di conseguenza la zona carteggiata appare ricoperta di una peluria simile al velluto, ed il problema non è di facile soluzione. Per evitare gli inconvenienti di cui sopra, è bene attenersi ad alcune regole. Nel disporre i tessuti durante la stratificazione, non arrivare ai bordi che dovranno essere tagliati con il tessuto aramidico, supplendolo con il riporto di altre fibre lungo la linea di taglio. In questo modo si evita l’inconveniente dei ciuffetti di fibra sporgenti dal taglio. Altra possibilità è tagliare il tessuto eccedente che sporge dallo stampo quando la resina è già catalizzata ma non completamente indurita, servendosi di un cutter con lama nuova e ben affilata. Bisogna però eseguire questa operazione al momento giusto: se la resina è ancora troppo molle la fibra scorre e non si taglia; se troppo dura non si riesce più a tagliare. In tal caso si consiglia di usare dischi diamantati a grana grossa oppure seghetti alternativi con lame al carburo di tungsteno. NeiI tessuti ibridi Kevlar/carbonio, risalta il caratteristico disegno formato dai fili neri del carbonio sul giallo dell’aramidica. Come accennato, è quasi impossibile tagliare questi tessuti in modo netto senza deformarne la tramatura e alterare così lo schema geometrico originario. Per ovviare questo inconveniente, anche se puramente estetico, nelle stratificazioni a vista senza gel coat, è consigliabile ultimare la stratificazione sovrapponendo un nastro in carbonio, il quale nasconderà il difetto lungo la linea del taglio. E’ buona norma ultimare la stratificazione con un tessuto di vetro di media grammatura. in questo modo se si deve carteggiare la superficie non vi è il rischio di toccare la fibra aramidica e sollevare la peluria. L’effetto esteico risulta inalterato perchè il tessuto di vetro è trasparente. In caso di riparazione la peluria si rivela invece un vantaggio, in quanto crea un appiglio per i successivi strati che verranno riportati. I tessuti in fibra aramidica vanno conservati in luoghi asciutti, avvolti in fogli di plastica nera per proteggerli dalla luce, altrimenti potrebbero verificarsi dei cambiamenti di colore, dal giallo vivo all’ocra, nella zona della pezza esposta alla luce a causa dell’azione ossidante dei raggi UV. Questo accorgimento riguarda solo la fibra vergine; dopo l’impregnazione il fenomeno risulta quasi nullo grazie alla protezione della resina che ricopre la fibra. Testo tratto da: Prochima