Professione mamma. In casa con sei figli è il

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Professione mamma. In casa con sei figli è il
➔ Vita Bergamasca
Professione mamma
In casa con sei figli
è il mestiere più bello
Tutti maschi (da 11 a 29 anni). La laurea nel cassetto
Giovanna Maffeo, di Ranica, racconta la sua famiglia
le storie
Allora, vogliamo parlare di questa avventura «mammifera»? Giovanna Maffeo sorride. «Ma sì, parliamone, ma – si premura – facciamolo in modo naturale».
Naturale che sì, senza toni enfatici, senza i trionfalismi che pure potrebbero inorgoglire una qualsiasi
donna, senza quell’etichetta di «supermamma» che ti verrebbe voglia
di darle.
Lei è solo, «now and forever», professione mamma; per la cronaca di
Diego, Domenico, Daniele, Davide,
Damiano e Danilo (che sempre per la cronaca avrebbe
potuto anche chiamarsi Dario, «ma c’era di mezzo quella “r” e non mi piaceva»), età
dai 29 agli 11 anni su scala.
Questo delle «D» iniziali è
l’unico vezzo di tutta l’avventura mammifera di Giovanna che a 52 anni con una
laurea in farmacia mai tolta
dal cassetto («chi lo sa, magari sarei
stata una pessima farmacista, esercitare una professione per ciò che ci
stava dietro mi metteva in difficoltà»), ha seguito una strada diversa, quella che «naturalmente» le ha
indicato il cuore, una mission che
lei traduce così: «Quella di accompagnare il mistero della vita».
Un mistero profondo, insondabile,
sempre da rispettare se è vero, come
le avevano detto i medici, che «molto difficilmente avrebbe potuto avere bambini». Ma lei non li ha ascoltati. È andata per la sua strada, provando a seguirla, con la «non paura» del domani. Ha accolto l’amore,
quello di Rossano, suo marito, persona affabilissima, professione ingegnere che aveva sposato, il 28 febbraio 1979, quando ancora abitava
nel Veneto-Rovigotto che le ha dato
le origini. Qualche mese dopo ha ac-
Giovanna Maffeo con il primogenito Diego, nel 1980
Una vita indaffarata
e piena di sorprese.
«Per il compleanno mi
hanno fatto stare seduta a
leggere mentre cucinavano»
Diego, Domenico, Daniele, Davide, Damiano e Danilo
Mamma Giovanna in braccio ai suoi figli ad Asiago, il 25 dicembre 2008. Sotto, da sinistra, il marito Rossano con tre figli e una festa di compleanno
colto la vita, quella del piccolo Diego (chiamato così in onore del nonno), l’ha abbracciata senza farsi troppe domande, come – invece – avevano fatto le ostetriche cui in sala
parto non tornavano i conti delle settimane di gestazione, troppe rispet-
to ad un calendario «canonico». È il
1980 e dopo due anni, fa la sua apparizione a questo mondo Domenico («con un grazie speciale a San
Domenico Savio»), in un’esperienza che diventa sempre più appagante («Avevo gravidanze semplici, par-
ti impegnativi, ma belli»). Con la Vita, con la V maiuscola, che impone
un richiamo fortissimo, al quale Giovanna risponde con grande semplicità. Arrivano Daniele e Davide
(«nomi bellissimi») e, poco dopo, il
trasferimento dal Veneto a Ranica
dove la famiglia Maffeo risiede da
19 anni.
«Sa che cosa significa toccare il cielo con un dito? Ecco, è esattamente quello che provavo, durante le
giornate contrassegnate da un certo
dinamismo (già con quattro pargoli
lo si può capire, ndr), ma sempre all’insegna di una responsabilità che
si coniugava con la parola novità».
In casa Maffeo però c’è ancora posto. Per la nonna materna che dà all’indaffarata mamma Giovanna un
po’ di ossigeno, ma anche per altre
esperienze di condivisione e di aiuto con altre realtà famigliari, all’insegna di un altruismo, e perché no,
di una bontà che c’è ma che non fa
rumore. Il cerchio della vita non si
chiude, nascono Damiano e infine,
il «cucciolo» Danilo, undici anni,
che ancora impegna mamma Giovanna nelle più classiche incombenze dell’età, tra scuola, sport e problemi dell’età adolescenziale. Problemi sui quali i coniugi Maffeo hanno sigillato una parola di fondo che
permea tutta la loro vita, e cioè sobrietà; il far comprendere ai figli cosa conti e cosa no nella vita. E tutto questo attraverso un dialogo che
mamma tiene ben saldo. «Un nostro
amico – scherza – mi dice sempre
che, con il carattere che ho, solo con
i figli maschi sarei riuscita ad avere
un dialogo, con una femmina chissà come sarebbe stata».
Certo, sola con sette maschi («ma le
due gatte che abbiamo in casa – precisa Rossano – sono femmine») non
deve essere semplicissimo, almeno
le bambine (secondo l’assioma tutto bergamasco che «fortunata l’è la
spusa che la prima l’è ona tusa») ti
danno un aiutino, ma – stando alla
serenità di Giovanna – tutto sembra
essere stato sempre sotto controllo. Ogni giorno una scoperta, ad ogni
festa della mamma un «lavoretto»,
senza contare le sorprese come quella dell’ultimo compleanno. «Mi hanno fatto stare in giardino a leggere
un libro, mentre tutti gli uomini di
casa mi stavano preparando il pranzo».
Traspare un’osmosi reciproca tra
mamma e figli, come una sorta di vaso comunicante che si riempie di un
grande dono, l’esserci per gli uni e
per l’altra. Stando a sentire Giovanna, è la cosa più semplice e più appagante del mondo. «La scorsa settimana ero in treno ed una ragazza
giovanissima, che stava nello scomparto, con me, si sente poco bene.
Penso che sia per il caldo e invece
mi dice che è incinta. Abbiamo passato il viaggio parlando». Di che cosa, è facile intuirlo. «Le ho solo detto di mettersi in ascolto, di ascoltare il suo cuore e di andare avanti, un figlio, frutto di amore, è un dono». L’ultima curiosità. E se fosse
nata una bambina? «Ci sarebbe piaciuto Chiara, ma penso che avremmo scelto Donatella, perché davvero la vita è un dono. Il più grande di
tutti».
Donatella Tiraboschi