Tesi dell`Esame di Stato

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Tesi dell`Esame di Stato
L A LENTE DELL A VERITA’
TESI PER L’ESAME DI STATO 2016
Oliver John MacDonald
Liceo Classico Pietro Verri – Sezione 5BC
(Foto Fabio Bucciarelli – Aleppo 2012)
Il premio Robert Capa Gold Medal viene assegnato per “il miglior reportage fotografico, per
realizzare il quale siano state necessarie eccezionali doti di coraggio e intraprendenza”.
INDICE
• 1 Motivazione del tema
• 4.3 Gli scatti del D-Day
• 4.4 Una fine da Capa
• 2 Fabio Bucciarelli: Tradizione sulle spalle
• 2.1 Bucciarelli, valori e visibilità
• 5 James Nachtwey: L’erede di Capa
• 2.2 Battle to the Death, Siria (2012)
• 5.1 Nachtwey’s biography and philosophy
• 2.3 Teatro dell’assurdo
• 5.2 Choosing the truth: El Salvador (1984)
• 3 Roger Fenton: Una Verità Manipolata
• 3.1 Le azioni di Fenton nella guerra in
Crimea (1855)
• 3.2. La manipolazione di foto per fini
propagandistici.
• 4 Robert Capa: Fotografo in prima linea
• 4.1 Chi è Robert Capa?
• 4.2 La documentazione della Guerra Civile
Spagnola
• 5.3 Compassion in front of horror: Rwanda
(1994)
•
• 6 Coscienza sulla bilancia
• 7 Conclusione
• 8 Bibliografia
M O T I VA Z I O N E
In un mondo dove l’informazione e la comunicazione sono il potere, di chi possiamo fidarci per avere
un’ idea di quello che sta veramente accadendo intorno a noi ?
La Lente della Verità, è un progetto che mette a fuoco il lavoro di persone che rischiano le proprie vite,
per fare sì che il mondo veda da vicino, e senza filtri, non solo l’atrocità e la crudeltà della guerra, ma anche
i momenti di straordinario coraggio e di speranza che contrastano il peggio dell’uomo.
Sono questi fotografi del conflitto, forse più di chiunque altro nel mondo della cronaca quotidiana, che con
le loro immagini ci ricordano della natura spesso bestiale, ma a volta anche tenera, degli esseri umani.
Il mio progetto è un omaggio al coraggio e all’altruismo di questi uomini, ed un invito a non staccare l’occhio
dalle verità che ci riportano attraverso le loro lenti.
FA B I O B U C C I A R E L L I – T R A D I Z I O N E S U L L E S P A L L E
(Misurata, ottobre 2011. Fabio Bucciarelli in Libia per il suo incarico sulla guerra contro il Regime di Gheddafi)
2.1 Valori e visibilità
Fabio Bucciarelli (Torino, 1980) è uno dei fotoreporter italiani moderni di più successo.
Credo che lui incarni lo spirito del fotoreporter di oggi, evolvendo la tradizione di Capa, rispettando i canoni di
coraggio e di servizio all’umanità, ma nello stesso momento cercando anche di sviluppare i mezzi per la
diffusione al pubblico, del suo lavoro. Nell’ era di internet e dei social media, Bucciarelli è pioniere quanto
Fenton o Capa ai loro tempi.
Studia Ingegneria al Politecnico di Torino e si laurea nel 2006, per poi andare a studiare Digital Imaging a
Valencia, dove si appassiona di fotografia, alla quale si dedica interamente solo dal 2009, quando ottiene un
lavoro a La Presse/Ap.
Nel 2010, dopo aver lasciato l’agenzia concentra il suo interesse sulla fotografia documentaria, iniziando a
lavorare per l’agenzia italiana Luzphoto.
Oggi collabora come freelancer con l’AFP (Agence France Presse), con riviste e giornali, Organizzazioni Non
Governative e agenzie internazionali, quali UNHCR (ramo dell’ONU specializzato nella gestione dei rifugiati) e
ICRC (Comitato Internazionale della Croce Rossa).
Nel 2013 per il suo progetto in Siria “Battle to Death” ottiene la prestigiosissima medaglia Robert Capa, oltre
che numerosi premi come Picture of The Year International, Best Photojournalism e il secondo posto al World
Press Photo.
I suoi lavori sono stati pubblicati dai mass media di tutto il mondo come TIME Magazine, BBC, CNN, The
Guardian, Al Jazeera, La Repubblica…
2.2 Battle to Death : Siria 2012
(Aleppo, novembre 2012. Un combattente ribelle spara con il suo Kalashnikov da un tetto, mentre il suo compagno ricarica)
(Siria, ottobre 2012. Un giovane siriano ferito da un attacco delle forze di al-Assad siede sul retro di un furgone)
20 Ottobre 2011, in Libia avviene la svolta per la sua carriera: si trova a Sirte da alcune settimane, e durante
una giornata apparentemente normale vede un gruppo di ribelli esultare per la cattura e morte di Gheddafi.
Non era la prima volta che veniva diffusa questa notizia, per cui prima di andare alla ricerca del corpo si
informa meglio. Quando gli confermano la notizia parte per Misurata, dove i guerriglieri stavano trasportando
il corpo, e inizia a ricercare il cadavere per scattare la foto che tutto il mondo stava aspettando, l’immagine
simbolo della fine della guerra civile, ma con scarsi esiti.
Alla sera, dopo essere stato in Moschee e ospedali casualmente gli si avvicina un guerrigliero che gli offre la
possibilità di andare a visitare il cadavere. Fabio, impaurito, sia dalla situazione, sia dal non aver ancora
scattato una foto, accetta.
Viene portato in una cascina isolata dove sono presenti una ventina di ribelli armati che cercano di
allontanarlo. Lui girando attorno a loro riesce a raggiungere le guardie della porta, che, pensando che avesse il
permesso dei precedenti, lo lasciano entrare. Entra quindi in una grande stanza con al centro un materasso,
su di esso la salma di Gheddafi.
(Misurata, ottobre 2011. Il corpo di Muammar Gheddafi il giorno della sua morte, in una casa dei ribelli)
Dentro la stanza altre guardie custodivano il corpo e, mentre Fabio preparava diaframma e tempi di
esposizione della sua macchina fotografica, uno di loro si inginocchia e con un gesto di compassione copre il
corpo con il lenzuolo.
Bucciarelli coglie il momento e scatta una foto che racchiude la storia del Paese, quella della morte del
dittatore che per 40 anni ha governato lo stato e quella della compassione dell’uomo davanti alla morte, che
supera ogni contrasto ideologico.
Grazie a questa foto Bucciarelli si afferma come reporter internazionale.
2.3 Guerra – Teatro dell’assurdo
Sempre all’avanguardia, Fabio Bucciarelli oggi ha pubblicato un libro, associato ad una mostra, intitolato
“The Dream”, che cerca di dare una spiegazione attraverso le foto, della tragedia dei profughi dall’Africa e
dall’ Asia verso il sogno di una vita tranquilla in Europa. Il suo sentimento umanistico colora tutto il suo
lavoro mettendo in mostra ogni sfumatura dalla guerra e dalla tragedia, alla speranza e all’assurdo.
(Sirte, ottobre 2011. Un soldato rivoluzionario su un razzo montato su un pickup nel deserto vicino a Sirte)
RO G E R F E N TO N – U N A V E R I T À M A N I P O L A TA
“The Valley of the Shadow of Death” Crimea, Ukraine 1855
3.1 Le azioni di Fenton nella guerra in Crimea
(1855)
Correva l’anno 1853. Tra Russia e Francia era nata
una contesa per la gestione dei territori sacri alla
cristianità in territorio ottomano. La Gran
Bretagna, temendo un’espansione russa in Europa,
le dichiarò guerra l’anno successivo alleandosi con
la Francia. La guerra si sviluppò nei territori del
Mar Nero, del Danubio e, soprattutto, della Crimea.
La Guerra di Crimea fu la prima ad essere
fotografata.
Nel 1854 l’incarico fu affidato a Roger Fenton
(1829-1869) dal Principe Alberto e dal Duca di
Newcastle, ministro della guerra: partì nel marzo
del 1855 organizzando un carro per il trasporto del
materiale e lo sviluppo delle foto, assumendo un
assistente, Marcus Sparkling, e un cuoco.
Durante la spedizione lavorò all’alba, per evitare che il caldo deteriorasse gli acidi, e lontano dai campi di
battaglia: proprio questa lontananza portò a delle critiche, che accusano i mandanti di aver ordinato di
fotografare solo gli aspetti positivi della guerra (ufficiali sorridenti in posa mentre leggono il giornale,
suonano il flauto, bevono vino…) in seguito al disappunto generale creato dalle dichiarazioni di William H.
Russell, corrispondente del Times: la sua denuncia affermava che i soldati al fronte non morissero per eroiche
azione di guerra, ma per le condizioni di vita insostenibili che dovevano sopportare (freddo, fame, malattie,
scarsa igiene…).
Non si mette in discussione il coraggio di Fenton nello scendere sul campo di battaglia per catturare e
riportare le immagini di guerra. Ciò che lo contraddistingue dai grandi fotoreporter è l’aver manipolato alcune
sue immagini per comunicare al pubblico una visione che falsificava la brutalità bellica attraverso i giornali.
Crimea 1855. Una guerra da gentiluomini; alcuni ufficiali e soldati, in momenti di pausa prima della battaglia.
Nella foto “The Valley of the Shadow of Death”, Fenton aggiunse in un secondo momento le palle di cannone, per la
richiesta di aumentare la drammaticità e il realismo della guerra che si stava combattendo.
Oltre a questo, metteva in posa medici e ufficiali dell’esercito, in scene rassicuranti, che suggerivano una guerra
condotta secondo regole da gentiluomini.
Nulla che suggeriva l’orrore e l’assurdità di azioni come la carica della brigata dei cavalieri, resa leggendaria
dalla poesia di Alfred Lord Tennyson – “The Charge of The Light Brigade”.
CHARGE OF THE LIGHT BRIGADE
Half a league, half a league,
Half a league onward,
All in the valley of Death
Rode the six hundred.
"Forward, the Light Brigade!
"Charge for the guns!" he said:
Into the valley of Death
Rode the six hundred.
Cannon to right of them,
Cannon to left of them,
Cannon in front of them
Volley'd and thunder'd;
Storm'd at with shot and shell,
Boldly they rode and well,
Into the jaws of Death,
Into the mouth of Hell
Rode the six hundred.
ALFRED; LORD TENNYSON - 1854
(Crimea, 1854.Un Ufficiale del Light Brigade in posa per lo scatto di Fenton)
3.2 La manipolazione di foto per fini propagandistici.
La giustificazione ufficiale era che le esposizioni, essendo troppo lunghe, non avrebbero colto la scena di
guerra, ma solo scie di movimenti, in un paesaggio fermo; inoltre il fragile e ingombrante materiale non gli
avrebbe permesso di muoversi in totale sicurezza all’interno dei campi di battaglia. Ma ciò non giustifica
l’assenza di fotografie di morti o ad esempio ponti crollati, i quali sarebbero stati entrambi elementi statici.
Così nasce il reportage fotografico di guerra insieme alle prime polemiche sulla manipolazione dell’immagine
e del messaggio a fine propagandistico.
Il lavoro del foto reporter da qui in poi, diviene sempre soggetto dello scrutinio di chi vorrebbe negare, oppure
sfruttato come strumento di chi vorrebbe presentare una versione propria di un conflitto, senza informazioni
che contrastano o bilanciano l’argomento.
RO B E RT C A P A – F O TO G I O R N A L I S M O I N P R I M A L I N E A
(Segovia, giugno 1937. Robert Capa ritratto da Gerda Taro in uno degli ultimi momenti che passeranno insieme)
4.1 Chi è Robert Capa?
Robert Capa (1913-1954), come dichiarò in un’intervista radiofonica,
“odiava profondamente la guerra“
Nasce Endre Friedmann a Budapest il 22 ottobre 1913.
Nel 1931, esiliato dall’Ungheria per la partecipazione a moti studenteschi,
si trasferisce a Berlino, dove studia giornalismo. Viene assunto come
fattorino e aiutante presso Dephot, una rinomata agenzia fotografica
berlinese, dove Simon Guttam inizia ad assegnargli piccoli servizi
fotografici in zona.
Il primo incarico estero fu nel 1932, quando andò a Copenaghen a
fotografare una lezione di Lev Trotzkij a studenti danesi. Dopo l’incendio
del Reichstag inizia a viaggiare tra Vienna, Budapest, che gli aveva
rilasciato il permesso di tornare, e Parigi, dove si innamora di Gerda Taro,
profuga tedesca. Con l’aiuto di Gerda nel 1936 concepisce la creazione
dello pseudonimo Robert Capa, con cui inizia a vedere i suoi servizi,
spacciandosi per un noto fotografo americano.
Da questo momento si fa sempre chiamare in tal modo.
4.2 La documentazione della Guerra Civile Spagnola
Negli anni seguenti lavora con Gerda in Spagna, incaricato di fotografare la Guerra Civile. Riguardo questo
capitolo della sua ammirevole carriera si discute molto, in particolare per la foto di un miliziano che cade
colpito da una pallottola.
Secondo la descrizione di Capa la foto è stata scattata a Cerro Muriano, vicino a Cordoba, e raffigura la morte
di un anarchico antifascista di nome Borrell Garcìa, catturata dalla sua Leica. Esaminando uno scatolone di
negativi rinvenuto nel 2007 sorgono però dei dubbi sull’autenticità della foto.
Prima di tutto, analizzando gli scenari si ipotizza che si tratti di Espejo, e non di Cerro Muriano. Secondo
quanto riportato, inoltre, Borrell Garcìa sarebbe stato ucciso a Cerro Muriano, non a Espejo, e dietro un
albero, non in campo aperto. Infine l’ultima supposizione a screditare il suo lavoro è che la fotografia non
sarebbe stata scattata con una Leica, ma più probabilmente con la Rolleiflex della sua compagna Gerda, il che
metterebbe in dubbio anche l’autenticità della foto.
Nel 1937, mentre Robert si trova a Parigi per lavoro, Gerda, a Madrid per la battaglia di Brunete, muore
schiacciata da un carrarmato del Governo Spagnolo. Capa non si riprenderà mai dal dolore.
(Spagna, settembre 1936. Un soldato anarchico fotografato nel momento della sua caduta in battaglia)
4.3 Gli Scatti del D-Day
Il suo progetto più noto però è del 6 giugno 1944, quando insieme al primo contingente delle forze americane
sbarca in Normandia a Omaha Beach.
Il photo editor di “Life” nel 1944 è John G. Morris, il quale ha a disposizione sei fotografi per fotografare lo
sbarco, di cui due erano riusciti a prendere posto nell’imbarcazione della fanteria, Bob Landry e Robert Capa,
mentre gli altri dovevano seguire dall’ aviazione.
Ma quel giorno il tempo era pessimo e ciò non permette fotografie da lontano, per cui l’intero compito è
affidato a Landry e Capa. A Morris arrivano poche e negative notizie: il rullino di Landry è andato perduto.
La sera successiva a Londra arrivano i quattro rullini da 35mm di Capa contenenti lo sbarco per intero e
vengono affidati a un giovane assistente per essere sviluppati. Colto da una grande frenesia il ragazzo non
accende la ventilazione dell’essiccatore essenziale per asciugare i rullini. Tre vanno quindi perduti
interamente, mentre del quarto rimangono 11 scatti leggermente alterati. Sono le uniche foto testimoni del
D-Day.
Life pubblica le foto il 19 giugno spiegando che erano leggermente fuori fuoco perché le mani di Capa
tremavano durante la battaglia. Nel suo libro autobiografico “Leggermente fuori fuoco” Capa afferma che le
sue mani tremavano, ma solamente al cambio del rullino, per cui respinge le colpe.
(Normandia, 6 giugno 1944. Quattro degli undici scatti che si salvarono dai rullini di Capa)
Fotografa in seguito l’invasione degli alleati a Lipsia, Norimberga e Berlino.
Trascorre alcuni mesi ad Hollywood per provare la vita da regista, ma preferisce quella da fotografo e torna in
Europa, dove nel 1947 fonda insieme a Henry Cartier Bresson, David Seymour, George Rodger e William
Vandivert una delle agenzie fotografiche più importanti della storia, la “Magnum Photos”.
Tra il 1947 e il 1950 compie viaggi in Unione Sovietica, Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia e Israele prima di
stabilirsi a Parigi e di diventare presidente della “Magnum Photos”.
In questi anni si diffonde il Maccartismo e per una falsa accusa di comunismo, gli viene ritirato il passaporto,
per cui non è abilitato a viaggiare per qualche anno.
4.4 Una fine da Capa
Nel 1954 riprende a spostarsi, alloggiando prima in Giappone e poi ad Hanoi, dove è inviato dal giornale “Life”
a fotografare gli scontri con i francesi.
Il 25 maggio, accompagna l’esercito francese verso il delta del Fiume Rosso. Durante una sosta dopo il pranzo,
decide di allontanarsi per scattare una fotografia che racchiudesse tutto il gruppo e il fortino che a breve
sarebbe stato fatto esplodere. Salendo su un terrapieno calpesta una mina anti-uomo e perde la vita all’età di
quarant’anni.
L’anno successivo “Life” e “Overseas Press Club” istituiscono il premio annuale Robert Capa Gold Medal, “il
miglior reportage fotografico, per realizzare il quale siano state necessarie eccezionali doti di coraggio e
intraprendenza".
Nonostante le discussioni intorno alla foto spagnola, non si può discutere il coraggio e l’autenticità dimostrato
da Capa nelle sue imprese fotografiche in generale, ma in particolare con quelle che catturano l’emozione dello
sbarco del D-Day.
Una volta Capa disse “se le tue foto non sono buone, non eri abbastanza vicino”
(Vietnam, 25 maggio1954. Questa scena di relativa calma, fu l’ultima foto di Robert Capa prima di calpestare la mina antiuomo)
J A M E S N A C H T W E Y – L’ E R E D E D I RO B E RT C A P A
(South Africa, 1984. James Nachtwey caught in cross-fire while shooting
on the streets of Soweto Township, South Africa)
5.1 Nachtwey’s biography and philosophy
James Nachtwey, born in Syracuse in 1948, is a famous American photojournalist considered Robert Capa’s
heir not just because of the many awards he won, 5 times Robert Capa Gold Medal winner as an example, but
also because of his fearless conduct while working.
He grew up in Massachusetts, where he graduated in History of Art and Political Sciences in his 20’s. This
period was such influencing on him, because apart from studying arts, he started appreciating
photojournalism by looking at the photos from the war in Vietnam and the Civil Rights Movements.
After working as an editor in a news channel, he became an official photographer in the late 1970’s, when he
flew to Northern Ireland to document the IRA’s hungry strike for a magazine of New York.
His works concentrate on two significant themes: war and social suffering (specifically on hunger and
diseases in Africa).
5.2 Choosing the truth: El Salvador (1984)
(America, 1980’s. Nachtwey’s work “Deeds of war” shows the brutality of the government repressions
in Central America)
During 1980’s he faced the first one by documenting the Civil Wars in Central America due to the Cold War
climate: he lived the wars in Nicaragua between Contras, counter-revolutionary armed groups, and the
Sandinistas, in Guatemala, where a european oligarch repressed indigenous rebellions and in El Salvador,
which reportage made him win the Robert Capa Gold Medal for the second time.
In particular this last reportage in El Salvador made him improve a lot: in front of a brutal scene he was so
shocked that he turned away from taking a photo. After a while, he came to senses, and returned on the
scenary where he finally took the photo. During the editing of this project, when he came across the photo,
some colleagues said that he literally jumped out of his chair so struck was he.
In that moment he decided his duty was not to censor some information but to show people what is the cost of
war in human terms. Since then, he never turned instead of taking a photo.
His quote to persuade himself to go on became the following:
"I have been a witness, and these pictures are my testimony. The events I have recorded should not
be forgotten and must not be repeated.”
5.3 Compassion in front of horror: Rwanda (1994)
(Rwanda, 1994. A young survivor of the Hutu’s death camps shows the scars on his face)
One of Nachtwey’s most tremendous photos is a portrait he made in Rwanda in 1994.
The conflict in Rwanda was between Hutu and Tutsi, two tribes divided by type of working (agriculturists and
breeders) and by racial reasons as well (because of some aspect differences). It’s a very simple picture, which
depicts a young man who had been imprisoned in one of the Hutu death camps, where the prisoners had to
suffer hunger, abuses and murders. Somehow this man survived, but the scars on his face, made by machetes
and knives, were deep and eternal.
In his tale, Nachtwey explain that he met this man while he was hardly trying to stand up on his feet, but he
couldn’t even walk due to the pain.
Several years later James Nachtwey travelled back to Rwanda to find this man, because the survivor shocked
him so much that he wanted to make sure of how he was doing. Unfortunately Nachtwey couldn’t find him,
and neither the inhabitants knew anything about him.
Perhaps he disapeared because he wanted to hide for the rest of his life, or perhaps he is just dead.
CO SCIE NZA SULLA BILA NCIA
Ogni fotoreporter deve convivere con la propria
coscienza.
Il loro obiettivo è di portare alla luce la verità
dei fatti, a costo della propria vita. La difficoltà
del loro compito non consiste solamente nel
rischiare la vita quotidianamente, ma anche nel
dover assistere alle atrocità che la guerra porta
e dover stare a guardare senza poter far altro
che documentare ciò che sta accadendo.
Forse è proprio grazie a questo impulso, che
parte dalla coscienza, di voler aiutare nell’unico
modo concesso che il fotoreporter non esita a
preporre la verità alla propria vita.
CO NCLUSIO NE
• Crudeltà e indifferenza sono due stati che troppo spesso governano l’animo umano. Il
fotoreporter ha in mano lo strumento adatto per cambiare la mente dell’uomo e il corso
della storia. La lente della verità è una sfida continua. C’è chi attraverso la censura vuole
nascondere le tragiche conseguenze di guerra, persecuzioni ed ingiustizie; poi esistono
persone, come Bucciarelli, Nachtwey e Capa, che per una semplice ma significativa foto
rischierebbero la loro vita per la verità che si incaricano di mostrare.
Ho scelto questo soggetto per la mia tesi perchè mi identifico con la loro convinzione che
ognuno di noi debba fare il possibile per fermare al più presto le ingiustizie sociali e
attraverso azioni pacifiche dissuadere i governi dall’entrare in conflitti armati.
Intendo, nel mio piccolo, contribuire a questa causa commentando attraverso il mio blog
eventi di cronaca e il contributo che i fotoreporter forniscono alla società.
www.ojmvision.com
S I TO G R A F I A
• www.ojmvision.com
• www.fabiobucciarelli.com
• www.time.com
• www.memo-mag.com
• www.nationalgeographic.com
• www.fotographiaonline.com
• www.ted.com
• www.ctrlmagazine.it
• www.huffingtonpost.it
• www.biografieonline.it
• www.magnumphotos.com
• www.tracce.it
• www.jamesnachtwey.com
• www.senzasoste.it
• www.youtube.com
• www.chetempochefa.rai.it

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