2. Il centro del mondo 1929 – 1933
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2. Il centro del mondo 1929 – 1933
2. Il centro del mondo 1929 – 1933 quadro storico Estremismi scatenati La crisi del 1929 colpendo con forza inaspettata l'economia tedesca, diede fiato alle trombe di tutti gli estremismi, rompendo il delicato equilibrio fino ad allora raggiunto. Il crollo della borsa di Wall Street spinse gli investitori americani a ritirare i loro investimenti. Paesi come la Germania, che facevano affidamento soprattutto su prestiti statunitensi, videro ridursi l'afflusso di capitale e furono costretti a sospendere i lavori pubblici, gli investimenti, e a procedere ai licenziamenti. Alcuni istituti bancari tedeschi e austriaci fallirono nel corso dei due anni successivi. I prezzi delle derrate agricole, già in calo dal 1928, crollarono vertiginosamente. Nel 1932 la produzione industriale era ormai diminuita del 50 per cento rispetto a quella del 1929, mentre la disoccupazione passò nello stesso periodo da un milione e mezzo a sei milioni. Due partiti trassero da questi sconquassi dei vantaggi immediati: quello comunista e quello nazionalsocialista. I nazisti, in particolare, riuscirono a compiere un incredibile balzo in avanti: dal poco più di mezzo milione di voti ottenuti nelle consultazioni del 1928, raggiunsero i sei milioni e mezzo di voti in quelle del 1930, diventando il secondo partito tedesco.Al grande successo elettorale del 1930 Hitler non era arrivato seguendo un percorso rettilineo. Dalla sua costituzione, il partito nazista era infatti andato incontro sì a successi ma anche a disfatte, che avevano fatto temere al suo fondatore la scomparsa di tutto il movimento. cronologia: 1929 • • • • 1930 • 1931 • • • 1932 • • 23 agosto - Palestina: dopo centinaia d'anni di convivenza pacifica, gli arabi massacrano la comunità ebraica di Hebron. 24 ottobre - Stati Uniti: inizia il crollo della Borsa di Wall Street, il cosiddetto 'giovedì nero' di New York, seguito dal 29 ottobre ('martedì nero'), segna l'inizio della grave crisi economica mondiale Zworykin dimostra il funzionamento del cinescopio, il primo tubo televisivo moderno. Premio nobel per la Letteratura: Thomas Mann 30 luglio - Uruguay: si disputa la prima edizione della Coppa del Mondo di calcio. L'Uruguay conquista il titolo battendo l'Argentina 4 a 2 George Southworth realizza la trasmissione di onde radio entro guide d'onda. 11 marzo - Muore Friedrich Wilhelm Murnau, regista tedesco (n. 1888) Adolph Rickenbacker inventa la chitarra elettrica Compaiono i sulfamidici, prima arma contro i batteri. 1 Novembre--Wernher Von Braun (1912-1977) inizia la ricerca sui razzi per conto delle Forze Armate tedesche. 1933 • 26 dicembre Stati Uniti:viene brevettata la radio FM Il nazismo La pausa forzata in galera e lo smacco delle elezioni del 1924 spinsero Hitler all'elaborazione concreta della dottrina nazista e a individuare la strategia per la conquista del potere. Le basi ideologiche del nazismo si basavano sull'individuazione precisa dei "nemici" della Germania. Se i nemici esterni erano le potenze vincitrici della prima guerra mondiale, quelli interni erano incarnati dal marxismo e dal liberalismo. La lotta di classe e l'internazionalismo marxista corrompevano, attraverso i partiti della sinistra, le masse lavoratrici fiaccandone il senso di appartenenza nazionale. Il liberalismo, come tipica espressione dell'ideologia borghese, era anch'esso responsabile della corruzione della nazione con i suoi appelli alla competizione - economica e partitica - e all'individualismo. Ma la sintesi estrema del "nemico" era l'ebraismo, da cui, secondo Hitler, discendevano in fin dei conti il liberalismo, la democrazia e il marxismo. L'ebraismo era come un Giano bifronte - capitalista e comunista al tempo stesso - che complottava contro la Germania. E per assicurare un futuro alla nazione, l'unica chance era eliminare i nemici, e con essi l'istituzione parlamentare, per sostituirvi un nuovo Reich privo di conflitti interni, con una struttura rigorosamente gerarchica, puro di razza e capace di espandere la sua potenza a est. Hitler decise dunque che la via da seguire era quella della legalità. Pur non rinunciando alle formazioni paramilitari, Hitler, aiutato dal già allora fido Joseph Goebbels si mise all'opera per ottenere il più alto numero di consensi al suo partito. Riuscì così ad accattivarsi le simpatie della piccola borghesia e degli ex combattenti facendo leva sul nazionalismo, di alcuni capitalisti per le istanze autoritarie e dirigiste contenute nel programma, di lavoratori e disoccupati delusi da socialdemocratici e comunisti. Insomma, le sue possibilità di successo erano strettamente legate a una contemporanea perdita di fiducia del popolo tedesco nei confronti della democrazia. E la crisi del 1929, acuendo le tensioni latenti, giunse in soccorso al nazismo. Hitler, da parte sua, riuscì a stringere alleanze con i partiti nazionalisti e conservatori riuscendo però a mantenere ampi margini di manovra. La repubblica si sgretola Gli iscritti al NSDAP (partito nazionalsocialista), che nel 1928 erano poco meno di 100.000, nel 1930 balzarono repentinamente a 400.000, per raggiungere il milione e mezzo nel 1932. Nelle elezioni del 1928 il partito aveva raccolto il 2,6 per cento dei suffragi, ma nelle elezioni del 1930 ottenne addirittura il 18,3 per cento. Il governo Brüning non aveva una maggioranza parlamentare stabile e omogenea al punto da consentirgli di affrontare di petto la crisi economica e l'instabilità politica. Il suo programma di aumento delle imposte e di tagli rigorosi alla spesa pubblica, varato nel 1930, non fu accettato dal parlamento tedesco (Reichstag); così per cercare di attuarlo fu costretto a ricorrere all'articolo 48 della costituzione, che permetteva di governare per decreto-legge anche senza l'appoggio delle camere. In cerca di una nuova maggioranza, Brüning indisse le elezioni per il settembre del 1930: svoltesi in un clima di crisi economica e di furiosa propaganda di destra contro l'istituzione stessa della Repubblica, queste elezioni si risolsero, come abbiamo già visto, in un grande successo dei nazisti (18,3%) ma anche dei comunisti (13,1 %), mentre i socialdemocratici si confermarono pur sempre il più forte partito con il 24,5 per cento dei suffragi. La compagine governativa non guadagnava però in stabilità e il governo Brüning si trovò costretto a vivacchiare come prima. Oltre alla debolezza di Brüning, un ulteriore segno di disfacimento fu costituito dalle elezioni presidenziali dell'aprile 1932. L'ottantaquattrenne feldmaresciallo Hindenburg si lasciò convincere a ripresentare la candidatura. Dopo un testa a testa con Hitler, ne uscì vincitore con il 53 per cento dei voti contro il 37 per cento del leader nazista. L'indice della debolezza della Repubblica era però nel fatto che questo antico e ormai decrepito rappresentante della Germania imperiale ("Hindenburg appare terribilmente vecchio - scrisse Brüning in quel periodo -... Del suo modo di presentarsi mi hanno impressionato la stanchezza e la goffaggine"), già candidato dei conservatori nel 1925, fosse ormai l'unica speranza cui potessero aggrapparsi i partiti democratici. Nulla appariva più sicuro, tutto sembrava possibile. Dal governo Von Papen a quello Schleicher: l'agonia prima di Hitler. Poco più di un mese dopo, nel maggio 1932, cadeva il governo Brüning Ormai decisamente impopolare ai suoi stessi sostenitori, di fronte al dilagare della violenza delle SA - le “squadre d’assalto” con le caratteristiche camicie brune che guidate da Ernst Röhm, costituivano il braccio armato del partito nazista - uno dei suoi ultimi atti fu almeno quello di proibire le associazioni paramilitari nazionalsocialiste. Il presidente della repubblica nominò cancelliere Franz Von Papen, a patto che la sua amministrazione fosse neutrale da un punto di vista politico e socio-economico. Von Papen giunse a un modus vivendi con l'opposizione parlamentare nazista in cambio della promessa di nuove elezioni e della cancellazione delle misure anti-SA varate in extremis dal governo precedente. All'atto del suo insediamento a cancelliere, nel giugno del 1932, sciolse quindi le camere e si produsse in un discorso che suonava come una concessione alle idee e al linguaggio dei nazisti. Nella stessa ottica, sciolse il governo socialdemocratico prussiano che chiedeva energiche misure contro le violenze naziste. Le elezioni tenutesi un mese dopo, segnarono un ulteriore trionfo nazista, il cui partito ottenne più di 13 milioni di voti, passando dal 18,3 al 37,4 per cento e diventando il più forte partito tedesco. Sulla falsariga del già fallimentare esempio italiano, Von Papen era convinto che affidando ai nazisti una funzione di governo, sarebbe stato possibile stemperarne la carica rivoluzionaria e controllarne meglio le azioni. Decise quindi di offrire a Hitler il posto di vicecancelliere, ma questi rifiutò sdegnosamente. Hitler puntava ormai alla posta completa. Nei mesi successivi fu tutto un susseguirsi di manovre e di intrighi di Von Papen per cercare di rinsaldare la maggioranza facendo a meno dei voti del partito nazista. Come ultima carta sciolse nuovamente il Reichstag e indisse ancora nuove elezioni per il novembre di quello stesso anno. I nazisti subirono una sconfitta, perdendo circa due milioni di voti, ma a rafforzarsi non furono i partiti moderati bensì l'altra ala estrema - altrettanto ostile alla Repubblica, cioè il partito comunista. Nazisti e comunisti assieme, con poco più della metà dei seggi, potevano rendere vana qualsiasi formula di coalizione. Il margine di manovra per creare un saldo governo nell'ambito degli schieramenti democratici era ormai praticamente nulla. Papen fu così costretto a dimettersi. A sostituirlo venne chiamato, il 2 dicembre 1932, il generale Kurt Von Schleicher. Senza una vera maggioranza alla Camera, senza l'appoggio dell'opinione pubblica del paese e con un programma fumoso e poco incisivo, il suo cancellierato era destinato a vita breve. Intanto, però, Hitler aveva preso contatti privati con Papen, che covava sentimenti di astio e rivalità nei confronti di Schleicher. In seguito a pressioni di Von Papen sul vecchio Hindenburg - il quale da parte sua nutriva ben poca simpatia per Hitler - si suggerì di affidare il mandato al leader nazista. La speranza dei conservatori era di riportare, attraverso questa via, i nazisti nella 27 febbraio 1933, poco dopo le 21: il Palazzo del Reichstag, sede del Parlamento tedesco, va in legalità. fiamme. Il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler, come capo del partito di maggioranza, venne legalmente nominato cancelliere di un governo di coalizione. Von Papen, improbabile cane da guardia della Repubblica di Weimar, fu nominato vice-cancelliere. La politica "legalitaria" di Hitler aveva dato i suoi frutti. In fondo il nuovo governo poteva ancora essere presentato come un successo di Papen in quanto comprendeva solo tre ministri nazisti. Ma di lì a poco tutto sarebbe cambiato. Con le elezioni successive, nel marzo 1933, - orchestrate dalla propaganda di Goebbels e funestate dall'incendio del Reichstag, che fornirà a Hitleril pretesto per introdurre leggi eccezionali e liberticide - seguite dal conferimento dei pieni poteri al cancelliere, la Repubblica di Weimar era storicamente finita. Occasione mancata La Repubblica di Weimar è ancora oggi per i tedeschi, forse più ancora del nazismo, una eredità con cui fare i conti. Soprattutto perché è stata una grande occasione sprecata, un appuntamento mancato con la storia, rivelatosi gravido delle peggiori conseguenze. E per tutti noi la sua parabola rimane come un ammonimento esemplare: una repubblica priva di consenso, o comunque accettata da tutti con riserva, è giocoforza destinata a seppellire sé stessa. Come mito, la Repubblica di Weimar nasce anche – e forse soprattutto – da uno stridente contrasto. Quello tra l’instabilità delle sue istituzioni, la precarietà dei governi e le crisi economiche di cui fu preda (con il corollario di disoccupazione e inflazione record), e il grande fervore artistico e culturale che ne caratterizzò la vita fino al suo ultimo giorno. Furono gli anni migliori per scrittori come Thomas Mann, Hermann Hesse per poeti come Rainer Maria Rilke, per pittori come Kandinskije Klee. Anni di sperimentazione con le correnti architettoniche nel Bauhaus, con il teatro di Brecht e con i film di Fritz Lang. E poi la gaudente Berlino, città libertina, pulsante, il crogiolo dove tutte queste tensioni spirituali si concentravano sintetizzandosi nel mito della “cultura di Weimar”. La Germania del primo dopoguerra si trovava a fronteggiare il disastro e la rovina completi, tuttavia proprio il fatto di aver sgombrato il Paese dalle vecchie strutture sociali e amministrative genera in molti il desiderio di porre le fondamenta di un ordine nuovo. Nasce e si sviluppa così un’atmosfera dove le idee rivoluzionarie in materia politica si sposano alle idee rivoluzionarie nell’ambito artistico. Tra gli estremismi politici e artistici dell’epoca di Weimar, ci furono però anche degli intellettuali che resistettero alle lusinghe incantatrici delle forze irrazionali e distruttrici dei rivoluzionari e dei nazionalisti. Uno di questi fu senz’altro Thomas Mann. Esponente autorevole della letteratura tedesca, fino a tutta la prima guerra mondiale era stato un sincero antidemocratico, il difensore acuto dei valori borghesi rappresentati nella società guglielmina d’anteguerra in contrapposizione al democratismo di origine giacobina diffuso in occidente, ma dopo il torbido periodo seguito alla fine delle ostilità Mann diventa uno dei pochi sostenitori della repubblica. La borghesia illuminata si riscatta così in Thomas Mann che da allora si farà portavoce, nelle aule universitarie e nelle sue opere, di un presente imperfetto contro tutte le utopie disgregatrici. Tuttavia, la concretezza e la chiarezza non erano armi capaci di fare proseliti di fronte all’esistenza simultanea di forze irrazionali e distruttive. “Ragione”e “passione” si fronteggiavano sia in campo politico che in campo artistico. La capitale della Germania diventa a tutti gli effetti anche la capitale della finanza, dell’editoria (vi si pubblicavano più di 2600 tra quotidiani e periodici),del cinema, del divertimento. Berlino, alla ricerca continua del nuovo per il nuovo, offre asilo a tutti. Le arti e la scienza godevano a Berlino di una libertà mai vissuta prima. Lo Stato stesso si occupava di promuovere uno spirito moderno e all’avanguardia in ogni campo del sapere. Sotto l’egida della repubblica venne istituita l’Accademia prussiana delle Arti di cui entrano a far parte i più grandi nomi della letteratura tradizionale e d’avanguardia: da Thomas Mann e Arthur Schnitzler a GotfriedBenn e Alfred Döblin. Gli operai vi giungono in cerca di lavoro, ma se non lo trovano possono ripiegare su attività illecite, dal furto allo sfruttamento della prostituzione. Giovani dattilografe di provincia e aspiranti attrici, in caso di fallimento troveranno un mestiere nei numerosi night-club o negli ancor più numerosi bordelli. Nelle grandi città tedesche regna un’atmosfera di vivace libertà sessuale, frutto delle teorie freudiane e dell’emancipazione femminile favorita dalla guerra. Non è un caso che in questo clima di tolleranza nascano – primi in Europa– anche rigorosi istituti di scienza sessuale che indagano argomenti considerati tabù fino a pochi anni prima. Naturalmente le critiche a questo stato di cose non mancano. I conservatori più accaniti (e sono tanti) vedono nella corruzione dei costumi un sintomo inequivocabile di decadenza della società. Immagini dell’epoca. Decadenza che non resta circoscritta alla società tedesca ma che si vuole vedere estesa un po’ a tutto l’occidente. L’edonismo, la licenziosità e la ricerca del piacere ad ogni costo si potevano tranquillamente interpretare come ultima degenerazione della società capitalista.