Diventare figli di Dio 3
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Diventare figli di Dio 3
“Se la vostra giustizia non supererà quella degli Scribi e dei Farisei…” (Mt 5,20). Fare propria la volontà del Padre osservando la sua Torah Facciamo il punto delle volte precedenti Siamo partiti dalla domanda “Adamo dove sei?” per interrogarci sulla nostra identità. Abbiamo imboccato la strada della lettura delle Beatitudini per valutare una proposta di identità come un diventare figli di Dio. Il primo passo di questo itinerario è stato quello dell’affidamento. E’ questo il senso che le Beatitudini danno alla povertà e all’umiltà. Abbiamo scoperto che il concetto di affidamento è molto denso ed importante, perché rimanda all’atteggiamento fondamentale richiesto dai primi Comandamenti. L’elemento notevole della scorsa lezione è, infatti, che le Beatitudini rimandano alla prima tavola dei Dieci Comandamenti, quelli in rapporto a Dio. Le Beatitudini sono l’annuncio dell’arrivo del Regno di Dio per coloro che si sono completamente affidati a Dio, che hanno scelto di lasciare a Dio il primato di azione nella loro vita. La Parola capovolge l’ordine dei valori e la sapienza umana. Il Regno crea una situazione nuova ove i poveri, i perdenti, fanno la storia. I primi tre Comandamenti, infatti, invitano Israele ad avere solo Dio come unico Signore, a rifiutare l’idolatria e dipendere solo da Lui. Inoltre, invitano a non manipolare Dio, non invocarlo per la falsità. Infine, a rispettare il Sabato in ricordo che tutto viene da Dio. Qui appare bene il collegamento con la prima Alleanza nella quale Israele è eletto ad essere il popolo dell’Alleanza nella sua piccolezza , perché proprio tramite la sua piccolezza deve testimoniare che la benedizione che riceve viene solo dal Signore e non dalle sue forze. “Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli –,ma perché il Signore vi ama …”. (Dt 7,7-8) Continuano i parallelismi con l’Antico Testamento. Due popoli, con una vocazione condivisa Il popolo d’Israele e Mosè L’Israele rinnovato in Gesù Conclusione delle beatitudini Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi. Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli. (Mt, 5, 1-16) Le opere belle del credente I detti sul sale e sulla luce, cioè sull’insostituibilità del ruolo dei discepoli aiuta a capire due cose. 1 – Le B non invitano ad un atteggiamento semplicemente passivo (Pensa a tutto Dio…), ma alla co-responsabilità del Regno insieme a Dio. 2- Non si tratta di una missione umana, di un ruolo esterno, ma di essere presenza di Dio. La luce, infatti, è il Messia stesso, Gesù (Mt 4,15-16; anche Gv 8,12). Veniamo al tema di oggi: fare propria la volontà di Dio osservando la sua Torah: "Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento. Perché in verità vi dico: Finché il cielo e la terra non passeranno, neppure un iota, o un solo apice della legge passerà, prima che tutto sia adempiuto. Chi dunque avrà trasgredito uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma colui che li metterà in pratica e li insegnerà, sarà chiamato grande nel regno dei cieli. Perciò io vi dico: Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi, e dei farisei, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli” (Mt 5,17-20). Notiamo i passaggi logici del testo 1 - Affermazione della tesi: compimento; non sono venuto ad abrogare ma a dare compimento 2 - Supporto dell’affermazione: permanenza della Legge 3 - Conseguenza dell’affermazione: giudizio negativo su chi insegna contro la Torah e viceversa 4 – Spiegazione: necessità di una giustizia maggiore di quella di scribi e farisei Da notare che compimento e superamento non sono contrapposti ma conseguenti qui Gesù precisa esattamente la sua missione (“NonSono venuto non per… ma [proprio] per…”) Qui possiamo mettere il punto sul discorso della validità della Legge e dell’Antico Testamento per Gesù Modello errato Modello corretto “per portare a compimento”. Significati possibili 1/3 “Compiere” può avere varie significati: 1 – Sostituire. Accantonare (significato errato) 2 - Eseguire un ordine. Osservare la Torah. Interpretare rettamente la Torah (solo in Rom 13). (significato improbabile; non c’è in Mt) 3 – Confermare. Riempire. Compiere quello che ha detto una profezia. (11x in Mt, per indicare la corrispondenza con la storia di salvezza passata, Gen, Es, e quindi l’autorità della parola di Gesù; è l’antico che conferma il nuovo, non viceversa ) Notiamo le sfumature: Osservare indica che Gesù viene solo a praticare la Torah, come un qualsiasi credente osservante. Confermare/riempire significa, invece, completare la rivelazione, aggiungere qualcosa in più. “per portare a compimento”. L’eternità della Legge 2/2 Da una parte Gesù conferma pienamente la validità della Torah perché essa è esattamente la volontà di Dio (non è una cosa generica). Non gli toglie nulla. La struttura della Torah rimane integra. In questo Gesù è perfettamente in linea con l’AT (“La sapienza è il libro dei decreti di Dio che sussiste in eterno”; Bar 4,1) e con la mentalità del tempo. D’altra parte Egli “aggiunge”, ma in che senso? Non come quantità (“Non vi aggiungerai nulla e nulla vi toglierai”; Dt 12,32). Non come perfezionamento, perché la Legge è perfetta (“La Legge del Signore è perfetta”; Sal 19,7; Gc 1,25) . “per portare a compimento”. Il di più che Gesù ‘aggiunge’ 3/3 Un testo del Talmud ci aiuta a capire “Non sono venuto a togliere ma ad aggiungere sapienza e conoscenza” Il “compimento”, cioè il “di più” che Gesù mette nella Torah è: - il suo essere il Messia, così la Torah si fonda non solo su Mosè ma anche su di Lui. Per cui la sua interpretazione è autorevole, non è quella di un rabbino qualsiasi (Jaffé). - l’interpretazione nuova che è una conferma, un’intelligenza piena della Torah, che torna, cioè, all’interpretazione originaria data da Dio stesso. Gesù dice cose antiche in modo nuovo. (visto che è Dio e non può contraddirsi) L’amore di Gesù alla Torah Il “compiere” di Gesù esprime, dunque, un vero amore, un’adesione massima alla Torah in vari modi: - Interiorizzandola : la legge non viene solo applicata, ma diventa una scelta personale, che viene dal cuore. Gesù rifiuta un rapporto sterile e formale con la Torah. - Approfondendola: la Legge è colta nelle sue esigenze fondamentali, che sono quelle dell’amore. - Radicalizzandola: le esigenze della Legge, soprattutto quelle dell’amore, sono portate fino alle estreme conseguenze (cosa che nell’AT manca). (Dumais) “neppure un yod della Legge passerà…” Lo YOD è la più piccola lettera dell’alfabeto ebraico, che assomiglia al nostro apostrofo. L’intangibilità della Torah è un tema classico nella tradizione ebraica di Gesù. Un esempio dal Talmud: Se trasformi il DALET in RESH distruggi il mondo intero come in Dt 6,4: “Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno”. In ebraico UNO si scrive אחָ ד. ֶ Se cambiamo l’ultima lettera דcon רabbiamo una parola ַאחֵ רche significa ma ALTRO. In pratica abbiamo il concetto opposto: il Signore non è uno ma è un altro dio. La negazione del monoteismo. (Remaud). Il rischio di toccare una sola lettera della Torah Il Signore è uno solo Il Signore è un altro (dio) ֶאחָ ד ַאחֵ ר ד ר “Chi, dunque, trasgredirà questi miei precetti anche minimi sarà considerato minimo nel Regno… ” 1/2 Ancora un esempio dal Talmud: “La Torah ha equiparato il più leggero tra i comandamenti al più pesante. Il più leggero riguarda il lasciar libera la madre di una covata di uccelli (Dt 22,6), e il più pesante il rispetto nei confronti dei genitori (Es 20,12); ma per entrambi sta scritto (la medesima ricompensa): perché tu viva a lungo!”. Su questo tema anche la lettera di Gc: “Poiché chiunque osserva tutta la Torah, ma inciampa in un solo punto , si rende colpevole di tutti i comandamenti” (2,10). Dunque, Gesù afferma che la sua interpretazione della Torah non prevede tagli. Compiere non sta per ridurre. Andare all’essenziale non significa omettere. “Chi, dunque, trasgredirà questi miei precetti anche minimi sarà considerato minimo nel Regno… ” 2/2 Il principio sottostante è che chi trasgredisce un comandamento più piccolo finirà per trasgredire anche quello più grande. Gesù stesso dirà: “chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto, e chi è ingiusto nel poco e ingiusto anche nel molto” (Lc 6,10). (cf. anche Mt 25,21) Con questo Gesù vuole riaffermare la validità eterna della Legge. Egli non vuole in nessun modo sostituirla. Se la vostra giustizia non supererà quella degli Scribi e dei Farisei…” - In Matteo la parola “giustizia” ha tante sfumature: Quando riceve il Battesimo da Giovanni, Gesù dirà : “per compiere ogni giustizia” (3,15), forse per alludere alla sorte comune che i due avranno morendo per la giustizia. “Beati gli assetati di giustizia” (5,6), cioè coloro che hanno un grande desiderio di essa. “Beati i perseguitati a causa della giustizia” (5,10). La pratica della giustizia non può essere fermata nemmeno dalle minacce umane. “Guardate dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini” (6,1). La giustizia non dev’essere ostentata “Cercate anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia”(6,33); qui la giustizia è la priorità della vita. Il significato della parola “giustizia” Abbiamo già detto che la parola giustizia non va intesa in senso moderno (non è né la giustizia distributiva [a ciascuno il suo], né la giustizia come condanna dei peccatori [retributiva], né la giustizia come rettitudine morale, ecc…). La giustizia nella Bibbia è l’adesione alla volontà di Dio, cioè l’osservanza dei comandamenti. (noi forse tradurremmo come devozione). In Gesù la giustizia diventa il grande obiettivo della sua vita, che è l’adesione non solo alla Legge ma esattamente a Dio stesso. Una giustizia eccedente quella comunemente intesa. Un voler fare propria la volontà del Padre. Il Figlio diventa tale quando realizza questa piena comunione col Padre. (il come di questa volontà sarà spiegato nelle antitesi) La giustizia eccedente è il centro del discorso della Montagna (5-7): - 5,6 Impegno appassionato a desiderare la giustizia (“Beati gli assetati di giustizia”) - 5,10 Pratica senza tener in conto le reazioni altrui (“beati i perseguitati a causa della g.”) - 5,20 Assoluta necessità di una GIUSTIZIA ECCEDENTE (“se la vostra giustizia non supererà”) - 6,1 Pratica senza tenere in conto le reazioni altrui (“non per essere ammirati”) - 6,33 Impegno appassionato a ricercare la giustizia (“cercate anzitutto il Regno e la sua giustizia…”). Stock concludendo Qui capiamo che il concetto del compimento si spiega in quello della giustizia. Con la sua vita e con la sua parola Gesù compie, cioè realizza l’ideale della giustizia. Egli è esattamente venuto ad insegnare e a dimostrare, e vuole che i suoi discepoli a loro volta insegnino con la loro parola e il loro esempio, l’adesione completa alla volontà di Dio, cominciando da ciò che essa comporta essenzialmente, vale a dire l’amore a Dio e al prossimo, fino a ciò che è secondario, come l’elemosina e il digiuno.