La chiesa dei SS. Vittore e Corona

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La chiesa dei SS. Vittore e Corona
Nella cappella della Madonna del Rosario (seconda da
destra) è conservata la tomba di Aleramo, con frammento di mosaico pavimentale bicromo di epoca medievale. Alle pareti due affreschi attribuiti a Guglielmo Caccia rappresenterebbero Aleramo in atteggiamento orante
e un patriarca. Una lapide ricorda la traslazione delle
ossa di Aleramo dal peristilio della chiesa vecchia, avvenuta nel 1581. Un’altra scritta fa memoria della ricomposizione dei suoi resti nel 1932, durante i lavori promossi
dal parroco don Coggiola.
La terza cappella di destra, detta “cappella dei Gesuiti”,
era di giuspatronato della famiglia Gonzaga.
La pala d’altare è una splendida tela di fr. Andrea Pozzo,
gesuita laico nativo di Trento, e rappresenta la morte di
san Francesco Saverio. L’opera si data tra il 1670 e il
1675. Della stessa epoca sono gli stucchi e due statue di
santi della Compagnia di Gesù, san Luigi Gonzaga e san
Stanislao Kostka.
Nel presbiterio si conserva un quadro raffigurante i santi
Vittore e Corona donato dal cardinale Gian Giacomo
Millo d’Altare, che era stato abate di Grazzano. Alle
pareti due dipinti murali del Manzoni (1939).
Dietro l’altare si ammira un bellissimo coro in noce,
costruito nel 1591 per la chiesa di Santa Croce di Casale,
e l’imponente leggio in legno, dono anch’esso del cardinale Millo.
Gli altri manufatti lignei (pulpito, confessionale, tribuna
dell'organo) sono opera dell’artigiano locale Giovanni
Foglia (metà sec. XIX). L’organo è un Lingiardi risalente
al 1860.
La torre campanaria, in stile romanico-lombardo nella
parte inferiore, ha archetti pensili, colonnine e una loggetta cieca; nel 1910 fu rinforzata e rialzata di 5 metri su
progetto dell'ingegner Crescentino Caselli, dopo un parziale crollo avvenuto nella notte del 30 settembre 1907.
Di forma quadrangolare, ha il lato esterno di 7 metri e lo
spessore dei muri è di 2 metri.
Il chiostrino interno, molto rimaneggiato per interventi
successivi e ora completamente restaurato, è ciò che
resta, con il campanile, dell’originale abbazia aleramica.
Il tiburio venne edificato nel sec. XIX e riscostruito nel
1998. Al piano terreno della vecchia casa parrocchiale si
conserva la lapide romana del seplasiarius (profumiere)
Titus Vettius Hermes, liberto dell’imperatore Tito e proprietario nel II secolo d.C. di una cospicua villa nei pressi
dell’attuale Grazzano.
La seconda cappella di sinistra conserva una pala raffigurante la Madonna col Bambino e i santi Vittore e
Corona, attribuita dubitativamente al Moncalvo; nella
cappella successiva, di giuspatronato della cospicua
famiglia locale Della Chiesa Morra, si trova un’altra tela
dellla scuola del Caccia raffigurante presumibilmente S.
Margherita d'Antiochia.
Testo e grafica di Alessandro Allemano - 2015
La parrocchiale di Grazzano Badoglio è l’antica chiesa
abbaziale fondata nel X secolo dal marchese Aleramo di
Monferrato.
Secondo Vincenzo De Conti (Notizie storiche della città di
Casale e del Monferrato, v. I, 1838), l’abbazia di Grazzano
sarebbe stata fondata dal conte Guglielmo, padre di Aleramo, nell’anno 912.
Più verosimilmente, la fondazione avvenne a opera dello
stesso Aleramo tra il 950 e il 960. Nell’agosto 961 il marchese, con la moglie Gerberga e i due figli Oddone e
Anselmo, dotò riccamente l’abbazia, intitolata al Salvatore, alla Madonna e ai santi Pietro e Cristina, e la affidò
alle cure dei Benedettini. Alla metà del XII secolo il
complesso risultava intitolato ai santi martiri Vittore e
Corona, il cui culto era stato importato in occidente dai
Crociati. Secondo una tradizione ricevette i corpi (o
comunque reliquie) dei Ss. Vittore e Corona, conservati
oggi sotto l’altare maggiore.
L’importanza politica, oltre che religiosa, dell’abbazia
grazzanese crebbe notevolmente tra XII e XIII secolo,
quando l’abate, vero e proprio feudatario con il titolo di
“signore di Grazzano”, entrò spesso in contrasto con i
signori delle località limitrofe.
All’inizio del Quattrocento i Benedettini che la gestivano adottarono la riforma cassinese; circa un secolo
dopo i monaci lasciarono Grazzano e titolare
dell’abbazia divenne un abate commendatario, che
risiedeva altrove e gestiva il potere locale, sia spirituale
che temporale, per mezzo di un suo vicario e di vari
agenti. La nomina dell’abate era prerogativa dei marchesi di Monferrato e poi, dal 1708, dei sovrani
sabaudi.
L’ultimo abate venne nominato nel 1784 nella persona
di Nicolas de Saint Marcel, nativo di Annecy in Savoia.
Con decreto 16 agosto 1802 la secolare abbazia aleramica venne soppressa dalla legislazione napoleonica,
ma l’abate continuò a risiedere in paese con il titolo di
“cittadino parroco”.
Tornato in Savoia nel 1808 il Saint Marcel, la cura
d’anime venne affidata a diversi vicari temporanei, finchè nel 1843, risultando impraticabile la reintegrazione
dell’abbazia, il potere regio nominò il primo vicario
perpetuo, titolo “storico” che ancora oggi spetta al parroco di Grazzano.
Oggi l’ex chiesa abbaziale è sede della Parrocchia di
Grazzano Badoglio, appartenente alla Diocesi di
Casale Monferrato e affidata alle cure di don Georges
Akotia.
La facciata nelle forme attuali risale alla metà dell’Ottocento, allorchè il vicario don Bonasso intraprese vasti
lavori di rifacimento del complesso abbaziale semiabbandonato da mezzo secolo.
In epoca medievale vi era addossato un porticato (peristylium), abbattuto alla fine del secolo XVI; nel muro
era infissa la lapide romana ora conservata nella vecchia casa parrocchiale.
Negli anni ’30 del Novecento altri lavori vennero compiuti dal parroco don Coggiola, finanziati dal Maresciallo Badoglio e affidati all’ingegner Vittorio Tornielli.
In tale occasione si cancellarono gli affreschi ottocenteschi dei santi Vittore e Corona che campeggiavano
nei riquadri tra le lesene (opera del Martini di Robella).
Il Cristo benedicente in terracotta nell’oculo centrale è
opera ex voto del medico e artista grazzanese Agostino
Redoglia.
Il portale ligneo risale al 1766 ed è stato restaurato nel
1972: dell’originale restano solo alcuni pannelli in
rovere. La parte superiore venne aggiunta nel 1932,
quando si abbassò il pavimento di circa un metro.
L’interno è a navata unica in stile barocco con tre cappelle per lato; risale al 1580, quando la chiesa venne
ingrandita per soddisfare i bisogni dell’accresciuta
popolazione. L’originale chiesa abbaziale era quindi più
piccola dell’attuale.