Dossier Sudafrica
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Dossier Sudafrica
Missione imprenditoriale in Sudafrica (Johannesburg, Città del Capo, Durban, 8-12 luglio 2007) Documentazione di supporto A cura del Settore Crediti e Internazionalizzazione CONTENUTO Dossier Sudafrica: presenza e operatività del sistema bancario italiano in Sudafrica ed altri elementi di approfondimento su questioni economicofinanziarie Dati macroeconomici relativi al Sudafrica e rapporti con l’Italia Dati di sintesi sul sistema bancario sudafricano 2 D DO OS SS SIIE ER RS SU UD DA AF FR RIIC CA A Presenza e operatività del sistema bancario italiano in Sudafrica ed altri elementi di approfondimento su questioni economico-finanziarie 3 Indice I. Le Banche Italiane in Sudafrica a. Presenza delle banche italiane in Sudafrica b. Accordi di collaborazione tra banche italiane e banche sudafricane c. Dati sull’operatività delle banche italiane con il Sudafrica d. Valutazione del rischio Paese Sudafrica II. Elementi di approfondimento sull’evoluzione del sistema bancario e finanziario sudafricano a. Struttura e assetti proprietari del sistema bancario sudafricano b. Performance del settore bancario e finanziario e mercato del credito c. Financial Sector Charter – Black Economic Empowerment d. Prospettive di applicazione dell’Accordo di Basilea 2 e utilizzo degli IFRS III. Atre questioni economiche e finanziarie rilevanti ai fini delle relazioni bilaterali a. Processi di integrazione regionale b. Processi di integrazione interregionale c. Rapporti con l’Unione Europea d. Altre iniziative rilevanti per lo sviluppo dell’economia sudafricana e. Interventi della Banca Africana di Sviluppo f. Interventi della Banca Europea degli Investimenti 4 I. Le Banche Italiane in Sudafrica1 a. Presenza delle banche italiane in Sudafrica In Sudafrica è presente il gruppo Unicredit con un ufficio di rappresentanza a Johannesburg. Inoltre, il Gruppo ABN Amro, di cui Banca Antonveneta fa parte, ed il Gruppo BNP Paribas, che ha acquisito BNL, sono presenti rispettivamente con una filiale ed un ufficio di rappresentanza a Johannesburg. Anche Calyon del Gruppo Crédit Agricole, di cui Cariparma e Friuladria fanno parte, è presente in Sudafrica dal 1949 con una filiale a Johannesburg. b. Accordi di collaborazione tra banche italiane e banche sudafricane Da un’indagine effettuata presso le banche italiane più attive sui mercati internazionali è risultato che solo una banca ha stipulato accordi di collaborazione con banche sudafricane, per l’emissione e la negoziazione di lettere di credito e di garanzie. Altre banche italiane hanno invece segnalato di intrattenere ottimi rapporti di corrispondenza con le principali controparti locali e di non avere riscontrato difficoltà di rilievo nell’operatività. Circa le prospettive di sviluppo dell’attività delle banche italiane sul mercato sudafricano, dalla medesima indagine è emersa la disponibilità ad ampliare le linee di credito in funzione della domanda da parte degli operatori (soprattutto in vista dei mondiali di calcio del 2010), nonché l’interesse a rafforzare l’azione di supporto ai progetti di investimento delle imprese italiane ed a siglare accordi di cooperazione con controparti bancarie locali. c. Dati sull’operatività delle banche italiane con il Sudafrica Al fine di disporre di informazioni dettagliate ed aggiornate sull’operatività del sistema bancario italiano con il Sudafrica, nel mese di aprile 2007 è stata condotta una specifica indagine presso il Gruppo di Lavoro ABI Relazioni Internazionali, composto dalle maggiori banche italiane più attive sui mercati esteri. Nella tabella che segue sono riportati i 1 Il presente documento è stato redatto sulla base delle seguenti fonti: African Development Bank Group (www.afdb.org), Associazione delle Banche Centrali Africane, Banca Mondiale (www.worldbank.org), Business Unit South Africa, CIA The World Factbook, European Commission, Financial Sector Charter Council (2005 Annual review of transformation in the financial sector, Novembre 2006), Fondo Monetario Internazionale (South Africa: Selected Issues, Settembre 2006), Istituto Nazionale di Statistica, Istituto Nazionale per il Commercio Estero, Nedbank (Guide to the Economy, aprile 2007), rilevazioni ABI, SACE Spa (www.sace.it), Sintesi 2000 srl (www.sintesi2000.com), South African Reserve Bank (Annual Report 2005, luglio 2006 e Financial Review, marzo 2007), The Economist Intelligence Unit, (South Africa – Country Finance e Country commerce 2006), Ufficio Italiano Cambi, Unctad (www.unctad.org). 5 risultati quantitativi di tale indagine alla quale hanno risposto diciotto banche sulle ventidue interpellate. Plafond Complessivo (mln di €) Plafond utilizzato (mln di €) (totale impegni in essere e disponibilità a (Aprile 2007) Con Sace Senza Sace Totale Con Sace Senza Sace per export per altre finalità** Totale Util./ Totale Totale a breve 17,0 444,4 461,4 0,0 117,8 89,5 28,3 117,8 25% Totale a m.l.t.* 22,0 309,7 331,7 0,0 73,6 47,8 25,8 73,6 32% Totale 39,0 754,0 793,0 0,0 191,4 137,3 54,1 191,4 28% * Si segnala che gli importi stanziati sul medio-lungo sono comprensivi di alcuni plafond segnalati dalle banche come indistinti tra breve e lungo termine. **Finanziamenti concessi anche attraverso succursali, a società locali partecipate da imprese italiane, ad imprese a capitale interamente straniero, finanziamenti per l’acquisto titoli di Stato e di partecipazioni in società private Complessivamente risulta un plafond stanziato di 793 milioni di euro, di cui 191,4 milioni utilizzati (28% del totale). Il 58,2% del plafond è destinato ad operazioni a breve, mentre il rimanente 42,8% è allocato sul medio-lungo termine. Tale allocazione riflette la natura della domanda di finanziamento per l’operatività delle imprese con il Sudafrica, che è maggiormente incentrata sull’export a breve, prevalentemente di beni strumentali, parti meccaniche, materie plastiche, pompe idrauliche, cavi in acciaio, calzature e prodotti agroalimentari. Il 95% del plafond stanziato non prevede copertura assicurativa, e di questo il 58,9% risulta allocato sul breve termine (pesando per il 56% sul plafond totale). Il plafond SACE – che rappresenta il 4,9% del plafond totale – è allocato maggiormente sul medio-lungo termine (56,4%). Per quanto riguarda il livello di utilizzo delle risorse, il plafond SACE non risulta utilizzato. Il plafond senza copertura SACE (191,4 milioni di euro), utilizzato al 28%, è allocato per il 61,5% sul breve ed è impiegato per il 71,7% per finalità export. Il plafond SACE, oltre al finanziamento di specifiche operazioni, include anche stanziamenti destinati a linee di credito open, inserite in convenzione quadro con SACE, che comprendono una serie di contratti non identificati a priori (secondo lo schema del credito acquirente). Con riferimento a questa tipologia di linee, quattro tra i maggiori gruppi bancari italiani (Intesa Sanpaolo, Capitalia, Banco Popolare di Verona e Novara, Unicredit) hanno inserito il Sudafrica nell’ambito delle convenzioni stipulate con la Società assicurativa, per un importo complessivo di circa 24 milioni di euro. 6 d. Valutazione del rischio Paese Sudafrica Sia Moody’s (Baa1) che Standard & Poor’s (BBB+) assegnano al Sudafrica un rating “investiment grade”. Per quanto riguarda la valutazione del rischio Paese effettuata dalla SACE, che segue, come noto, la classificazione stabilita in sede OCSE da uno specifico gruppo cui partecipano le Export Credit Agencies dei Paesi dell’Organizzazione, il Sudafrica (a maggio 2007) si colloca nella terza categoria di rischio (su sette), con un atteggiamento assicurativo senza restrizioni. II. Elementi di approfondimento sull’evoluzione del sistema bancario e finanziario sudafricano a. Struttura e assetti proprietari del sistema bancario sudafricano Il sistema bancario del Sudafrica consta di tredici banche locali, sei banche a proprietà estera, due banche di credito cooperativo, per un totale di 2,2 mila miliardi di Rand di assets (circa 225 miliardi di euro). La presenza dello Stato nell’industry è limitata a due banche di sviluppo, la Development Bank of Southern Africa e la Land and Agricultural Development Bank. Il settore è altamente concentrato, con le prime quattro banche (Standard Bank, Nedbank, FirstRand Bank e ABSA Bank), tutte private, che a marzo 2007 rappresentavano l’83,7% degli assets di settore2. Si tratta di banche universali che offrono un’ampia gamma di prodotti finanziari sofisticati, attraverso un diffuso network di filiali, presenti anche in Europa, Asia, Stati Uniti ed Australia. Tali banche sono specializzate nel finanziamento di lungo periodo nei settori immobiliare, energetico, dei trasporti e agri-business. Ad esempio, Standard Bank ha sviluppato competenze prevalentemente nei settori dell’energia e dei trasporti e FirstRand Bank ha un track record nei finanziamenti al settore minerario. L’attuale assetto del sistema deriva da un processo di consolidamento più ampio che ha coinvolto diversi comparti del settore bancario, finanziario ed assicurativo, dando vita a una serie di “conglomerati”, con società operative in diversi rami di attività. Una peculiarità di questi conglomerati finanziari è la posizione di controllo occupata al loro interno dalle società di assicurazione. In particolare, la prima compagnia assicuratrice del Paese, Old Mutual, controlla il 50,58% delle azioni della Nedbank e detiene l’11% della 7 Standard Bank ed il 3,4% di ABSA; inoltre, fino ad ottobre 2005, Sanlam Life Insurance deteneva il 22,7% delle azioni di ABSA (cedute poi a Barclays a seguito dell’acquisizione di ABSA da parte di quest’ultima); diversamente, un altro assicuratore, Momentum Group, è di proprietà al 100% della FirstRand Bank; infine, altre banche annoverano tra le proprie sussidiarie società di assicurazione. Tali “conglomerati” bancari-finanziari si sono rapidamente estesi nella regione subsahariana, attraverso fusioni ed acquisizioni, nell’ambito del processo di integrazione regionale che sta interessando tutta l’area (cfr. par. III.a). I gruppi sudafricani sono infatti anche gli attori principali del settore in molti Paesi limitrofi: in Namibia, Lesotho e Swaziland la quota delle banche sudafricane oscilla tra il 60% e 90% in termini sia di assets sia di depositi; in altri Paesi, essa si colloca tra il 10% e 30%3. Il contributo agli utili totali delle sussidiarie che operano in quest’area è in media del 10%. Sebbene tale espansione consenta alle banche di cogliere le opportunità derivanti da un più ampio mercato di riferimento e di diversificare conseguentemente i rischi in portafoglio, essa potrebbe generare alcuni problemi nell’operatività quali un potenziale fenomeno di azzardo morale nella gestione associato alla dimensione dei conglomerati (“too-big-to-fail”), e la necessità di sviluppare un raccordo tra le Autorità di vigilanza dell’area sudafricana anche al fine di consentire la condivisione del patrimonio informativo collegato all’attività dei gruppi finanziari in discorso. In questo quadro si inserisce l’iniziativa della SARB di sottoscrivere un Memorandum of Understanding con altri Stati membri della Southern African Development Community (cfr. par. III.a), al fine di agevolare lo scambio di informazioni e rafforzare la cooperazione volta all’armonizzazione delle regolamentazioni nazionali. Le banche estere operano in Sudafrica attraverso filiali, sussidiarie ed uffici di rappresentanza e rappresentano il 7,66% degli assets di settore4 (non considerando l’acquisizione di ABSA da parte di Barclays, che ha portato la quota complessiva estera al 29,5%). A marzo 2007 erano presenti quattordici filiali, sei sussidiarie e quarantasette uffici di rappresentanza. Alla stessa data Citibank risultava la principale banca estera con assets per 45,12 miliardi di Rand (circa 4,6 miliardi di euro), pari al 2% del totale del settore (cfr. tabella seguente). L’operatività delle banche estere si concentra essenzialmente sulla clientela corporate di grandi dimensioni e sull’individual private banking. 2 South African Reserve Bank, Marzo 2007. Fondo Monetario Internazionale, South Africa: Selected Issues, Settembre 2006. 4 South African Reserve Bank, Marzo 2007. 3 8 Top 10 - Banche Estere (assets totali, milioni di Rand, marzo 2007) Assets Quota mercato (%) CITIBANK N.A 45.125,9 2,1 DEUTSCHE BANK AG 25.138,2 1,2 JPMORGAN CHASE BANK 23.821,6 1,1 CALYON CORPORATE AND INVESTMENT BANK 23.262,6 1,1 ABN AMRO BANK 18.784,2 0,9 HSBC BANK plc 10.353,4 0,5 COMMERZBANK AKTIENGESELLSCHAFT 7.880,4 0,4 STANDARD CHARTERED BANK 4.967,1 0,2 SOCIETE GENERALE 4.417,1 0,2 CHINA CONSTRUCTION BANK CORPORATION 1.324,8 0,1 TOTAL MARKET 2.176.478,6 100,0 Fonte: Southern Africa Reserve Bank Fino al 2005 il settore dei servizi finanziari era soggetto a limitazioni agli investimenti esteri diretti. In particolare, singoli azionisti esteri non potevano detenere più del 10% di una banca locale e le partecipazioni estere in banche locali non potevano superare complessivamente il 15%, come stabilito dal Bank Act n. 94 del 1990. Nel 2005 il Ministro delle Finanze, Trevor Manuel, ha di fatto eliminato tali vincoli, autorizzando l’acquisizione del 56,1% del gruppo sudafricano ABSA da parte di Barclays. Tale operazione (33 miliardi di Rand, circa 4 miliardi di euro) rappresenta il più grande investimento estero effettuato nel Paese ed ha portato la quota complessiva di assets in mano a banche estere a circa il 30%. Nell’ultimo rapporto pubblicato dalla Banca Centrale Sudafricana si riconosce l’importanza strategica dell’investimento della Barclays nel mercato locale ed in generale delle opportunità collegate all’apertura del mercato agli operatori esteri. Al contempo, la Banca Centrale evidenzia che non intende per il momento promuovere un’ulteriore concentrazione del mercato (già molto concentrato), ma che tale esigenza non è comunque in contrasto con l’eventuale acquisizione di quote nelle principali banche locali da parte di intermediari esteri5. 5 Nello stesso rapporto, la Banca Centrale Sudafricana ha specificato che qualsiasi richiesta futura di acquisizione di quote di maggioranza di banche locali da parte di intermediari esteri sarà valutata caso per caso (South African Reserve Bank, Annual Report 2005, luglio 2006). 9 b. Performance del settore bancario e finanziario e mercato del credito Settore bancario e finanziario Il sistema bancario e finanziario sudafricano è solido e ben regolamentato, con sofisticati sistemi di risk management ed efficienti strutture di corporate governance; esso è nel suo complesso il più sviluppato dell’area sub-sahariana, con standard operativi e regolamentari assimilabili a quelli occidentali. Nel 2006 il ROE è stato pari in media al 18,3% ed il ROA all’1,4%6. Il livello di capitalizzazione medio si attesta, a marzo 2006, al 12,1%7 rispetto alla soglia minima del 10% fissata dalle Autorità monetarie. I nonperforming loans (NPL) risultano molto contenuti ed in calo: 1,3% dei prestiti totali a fine 2006 rispetto all’2,8% del 20028. Il JSE Securities Exchange (Johannesburg Stock Exchange) è il più grande mercato azionario di tutto il continente africano. La sua espansione è iniziata nel 2001 con la fusione dei mercati locali di futures e options; successivamente il sistema di trading si è allineato a quello della Borsa di Londra, incrementando progressivamente la capitalizzazione e rendendo la JSE una borsa internazionale. Delle 384 imprese quotate oggi, venticinque sono estere. Tra gennaio ed agosto 2006 i non-residenti hanno acquistato azioni per il 23% del valore totale. L’indice della JSE è cresciuto del 43% nel 2005 e del 21,3% tra gennaio ed agosto 20069. Il settore bancario è profondamente integrato con il mercato obbligazionario10 ed azionario: otto banche operano come dealers primari nel mercato dei titoli di debito e le principali quattro banche sono settlement agents della Bond Exchange of South Africa (BESA), l’autorità regolamentare del mercato obbligazionario e degli strumenti derivati. Il sistema dei pagamenti nazionale (National Payment System - NPS), introdotto nel 1998, è diventato un modello per iniziative simili sia a livello regionale che internazionale. Il NPS opera in tempo reale ed è collegato dal dicembre 2004 al Continuous Linked Settlement CLS11, sistema di regolamento multivalutario per le operazioni in cambi. 6 South African Reserve Bank, Financial Stability Review, Marzo 2007. Ibid. 8 Fondo Monetario Internazionale, South Africa: Selected Issues, Settembre 2006. 9 The Economist Intelligence Unit, South Africa – Country Finance, Settembre 2006. 10 Il Governo è il protagonista del mercato obbligazionario: a luglio 2006 la capitalizzazione di mercato dei titoli di Stato era pari a 485 miliardi di rand, mentre quella dei titoli di debito emessi dalle imprese era pari a 177,4 miliardi di rand (Fonte EIU, settembre 2006). 7 10 Mercato del credito Dall’analisi della composizione dell’attivo delle banche sudafricane emerge come gli impieghi siano allocati maggiormente verso i settori del credito alle famiglie (45%), del finance e insurance (25%); seguono real estate e business services (9%), trasporti e comunicazioni (4%), commercio (3%). Negli ultimi anni è cresciuto significativamente l’indebitamento delle famiglie: esso è aumentato dal 49,8% nel 2003 al 73,8% nel 2006 in percentuale del reddito disponibile, similmente a quanto avvenuto in altre economie emergenti12. L’indebitamento delle famiglie è stato incoraggiato da una serie di fattori quali tassi di interesse più bassi (e stabili dal 2004), reddito disponibile in crescita (in media del 6,6% annuo), più ampia inclusione “finanziaria” della parte svantaggiata della popolazione (iniziative di black economic empowerment cfr. par. II.c), maggiore confidenza dei consumatori. Secondo alcuni analisti13 tale aumento non sarebbe tuttavia preoccupante in quanto il rapporto indebitamento/reddito disponibile è ancora modesto e deve essere analizzato insieme ad altri indicatori della sostenibilità del debito, quali l’income gearing ed il capital gearing ratios. L’income gearing ratio, ossia il tasso di incidenza degli oneri finanziari sul reddito disponibile è pari al 9% alla fine del 2006 ed il capital gearing, che si riferisce al debito delle famiglie in percentuale degli assets totali di queste ultime, è rimasto costante al 20,1% nel 2006. Inoltre, anche se il volume dei finanziamenti è aumentato considerevolmente, a dicembre 2006 il numero delle insolvenze risultava ridotto del 17,6%14 (nel 2005 il numero di insolvenze è diminuito del 12,3%). La crescita del credito alle famiglie, dopo il picco del 27,2% nel primo trimestre del 2006 è “scesa” al 24,3% nell’ultimo trimestre del 2006 (in conseguenza dell’aumento dei tassi di interesse registrato a partire da giugno). In particolare, da gennaio 2006 a gennaio 2007, il finanziamento attraverso carte di credito è cresciuto del 40,8%. Per quanto riguarda invece il segmento del credito ipotecario, nel 2005 si è registrato un tasso di crescita record pari al 28,6% (sui 12 mesi precedenti), rispetto al 25,6% del 2004, arrivando a rappresentare il 38,6% del totale dei finanziamenti del settore bancario15. Inoltre, tra il 2006 (gennaio) ed il 2007 (gennaio), la crescita in questo segmento è proseguita 11 Esso prevede il regolamento delle singole transazioni dei partecipanti sui conti degli stessi presso la CLS Bank (con sede a New York e soggetta alla supervisione della Federal Reserve), che a sua volta detiene conti presso le Banche Centrali emittenti delle diverse valute comprese nel sistema. 12 Tale tendenza è riscontrabile anche a livello globale: negli Stati Uniti, ad esempio, l’indebitamento delle famiglie è aumentato dal 67% del reddito disponibile negli anni ottanta al 139% nel 2006. 13 Nedbank, Guide to the Economy, aprile 2007. 14 South African Reserve Bank, Financial Stability Review, Marzo 2007. 15 Ibid. 11 ulteriormente, del 30,7%16. Tale aumento è ascrivibile, tra l’altro, a tassi di interesse più bassi, ad imposte sul reddito in diminuzione, ad una classe media di colore in espansione, ad un progressivo mutamento nella struttura demografica, con un peso crescente della popolazione giovane, nonché ad iniziative per favorire l’accesso al credito da parte della popolazione a più basso reddito. Indicatori Indebitamento delle famiglie, 2005 Credito al Credito al consumo/ consumo/ PIL credito totale Sudafrica 40 53 Corea 44 49 Hong Kong 57 41 Singapore 48 50 Taiwan 60 -- Credito ipotecario/ credito famiglie 85 51 80 34 -- Fonte: IMF su dati Fitch Ratings Special Report, Marzo 2007 In linea generale, le imprese sudafricane dipendono dall’industry bancaria principalmente per i finanziamenti a breve termine, mentre il ricorso all’equity è in aumento per finanziare operazioni a lungo termine17. I finanziamenti a medio-lungo termine sono invece concessi prevalentemente dalle banche di sviluppo pubbliche, l’Industrial Development Corporation of South Africa18 (IDC) e la Development Bank of Southern Africa. I progetti ammissibili al finanziamento di tali banche devono avere come obiettivo la creazione di posti di lavoro, la promozione delle esportazioni e l’aumento della produttività. In particolare, l’IDC investe soprattutto in grandi progetti industriali, minerari ed agricoli nella Southern Africa Development Community (SADC) (cfr. par. III.a). Essa ha stanziato 4,2 miliardi di Rand (430 milioni di euro) nell’anno fiscale 2006 (marzo), sostenendo la creazione di 26 mila posti di lavoro e riservando il 32% dei finanziamenti al black economic empowerment (cfr. par. successivo). La Development Bank of Southern Africa, creata nel 1983, finanzia invece prevalentemente progetti infrastrutturali nella regione. Nell’anno fiscale 2006 ha approvato 145 progetti per un totale di 8,1 miliardi di Rand (835 milioni di euro). 16 Ibid. EIU, South Africa: Country Finance, Settembre 2006. 18 L’IDC è un’istituzione finanziaria nazionale fondata nel 1940 al fine di promuovere la crescita economica e lo sviluppo industriale in Sudafrica. L’operatività si è estesa successivamente alla Southern Africa Development Community, che comprende Sud Africa, Angola, Botswana, Congo, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbawe. 17 12 c. Financial Sector Charter – Black Economic Empowerment In linea con il Black Economic Empowerment (BEE), ovvero l’insieme delle misure finalizzate ad accrescere la partecipazione nei settori chiave dell’economia delle persone di colore che durante l’apartheid erano state discriminate, nell’ottobre 2003 i principali intermediari sudafricani (banche, assicuratori, asset managers e l’Association of Black Securities and Investment Professionals) hanno sottoscritto la “Financial Sector Charter” (FSC). Si tratta di un accordo quadro in base al quale gli intermediari misurano il proprio progresso in termini di “empowerment” economico-finanziario che riescono a promuovere presso le fasce della popolazione storicamente svantaggiata. Anche le banche estere che operano in Sudafrica hanno sottoscritto la FSC ma non sono vincolate a rispettarne gli obiettivi. Più particolare la FSC mira a favorire l’accesso ai servizi finanziari per la popolazione sottobancarizzata, sostenere lo sviluppo agricolo, promuovere lo sviluppo delle PMI costituite da operatori di colore, favorire l’assunzione di quote di controllo e lo sviluppo del management di colore nel settore bancario e finanziario, realizzare iniziative di formazione ed accrescere il procurement per gli imprenditori di colore. La FSC è in vigore fino al 2014, ma coloro che vi hanno aderito si sono impegnati a rispettarne gli obiettivi anche oltre tale data. Essa definisce sei aree principali su cui gli intermediari devono concentrare le proprie azioni, a ciascuna delle quali viene attribuito un punteggio per la valutazione annuale da parte del Charter Council19: 1) empowerment financing: destinare 75 miliardi di Rand entro il 2014 ad investimenti mirati (sviluppo agricolo, infrastrutture, housing e PMI) ed a operazioni “BEE”, ossia acquisizioni di maggioranza in imprese e/o in joint venture con imprese BEE20; 2) ownership and control: il 25% della proprietà di ciascun intermediario dovrà essere di colore entro il 2010; 3) human resources development: politiche di assunzione di personale rivolte a persone di colore21; 4) access to financial services: assicurare l’accesso ai servizi finanziari all’80% della fascia più povera della popolazione entro il 2008; 19 Il Charter Council è costituito da rappresentanti dell’industria bancaria e non e verifica lo stato di attuazione degli obiettivi della FSC. 20 Le imprese BEE sono imprese con partecipazione di maggioranza di operatori di colore. 21 Entro il 2008 la rappresentanza di colore deve essere pari al 25% del management (di cui 4% donne), al 20-25% dei dirigenti (4% donne), al 30% dei quadri (10% donne), al 40-50% dei junior ed al 33% del consiglio di amministrazione. Entro il 2014 la percentuale di donne a tutti i livelli deve essere pari al 33%. 13 5) procurement and enterprise development: il 50% delle forniture deve provenire da imprese di colore entro il 2008, percentuale che deve salire a 70 entro il 2014; 6) corporate social investments: destinare annualmente lo 0,5% dei profitti alla formazione, a programmi di sviluppo, alla creazione di lavoro, all’ambiente, all’arte e cultura, alla salute ed allo sport. In questo quadro, nell’ottobre 2004, ABSA, FirstRand, Nedbank, Standard Bank e Postbank hanno introdotto il “Mzansi”, un conto corrente “low-cost” destinato alla comunità a basso reddito e sottobancarizzata. Tale strumento ha visto una rapida espansione: a giugno 2006 risultavano aperti 3,3 milioni di conti Mzansi con un saldo medio di 200 Rand (circa 21 euro), per un valore complessivo di 660 milioni di Rand (circa 70 milioni di euro)22. Alla fine del 2006 il Charter Council ha pubblicato il primo rapporto sullo stato di avanzamento in ciascuna delle sei aree obiettivo fissate dalla FSC23. In particolare sono stati rilevati progressi nelle seguenti aree: a) alla fine del 2005 era stato già raggiunto l’obiettivo, precedentemente fissato per il 2008, di destinare 50 miliardi di Rand alle operazioni BEE (empowerment financing); b) la proprietà di colore nel settore bancario risultava pari al 16% in media (ownership and control); c) il settore finanziario ha erogato 15,9 miliardi di Rand ad imprese fornitrici gestite da persone di colore, circa il 36% delle forniture complessive (procurement). Le aree che invece hanno fatto registrare alcuni ritardi sono: a) housing, nella quale sono necessarie urgenti iniziative al fine di rispettare l’obiettivo del 2008 di investire 31,8 miliardi di Rand per la popolazione a basso reddito; b) corporate social investments, rispetto ai quali non è stato raggiunto l’obiettivo annuale di riservare lo 0,5% dei profitti a programmi di formazione del personale di colore; c) human resources: sebbene i sottoscrittori della FSC stiano rispettando le quote relative al senior management ed alle donne, il Charter Council ha riconosciuto che i risultati raggiunti in tale area sono ancora modesti. Alcuni analisti24 sottolineano come il processo di “black empowerment”, sebbene preveda specifici interventi che non rispondono necessariamente a logiche di mercato, non dovrebbe compromettere la stabilità del sistema finanziario, né condurre ad un aumento eccessivo del rischio nel settore bancario, grazie alla solidità del sistema ed all’enforcement di regole prudenziali che ne assicurano la stabilità. 22 The Economist Intelligence Unit, South Africa – Country Finance, Settembre 2006. Financial Sector Charter Council, 2005 Annual review of transformation in the financial sector, Novembre 2006. 23 14 d. Prospettive di applicazione dell’Accordo di Basilea 2 e utilizzo degli IFRS Il sistema di regole di vigilanza attualmente vigente in Sudafrica accoglie i principi dell’Accordo sul Capitale di Basilea I, ma, a partire dal gennaio 2008, è prevista l’adozione dell’impianto regolamentare di Basilea II. Secondo la Banca Centrale Sudafricana l’applicazione sarà tuttavia limitata alle prime cinque banche del Paese e, in una prima fase, sarà implementato esclusivamente lo standardized approach. Al fine di valutare il grado di preparazione delle banche all’applicazione dei requisiti di Basilea II, gli intermediari locali, su indicazione della Banca Centrale, hanno condotto una gap analysis ed un’auto-valutazione, i cui risultati sono stati esaminati dal Dipartimento della Vigilanza della stessa Banca Centrale. Dall’analisi è emerso che, sebbene il grado di preparazione vari da banca a banca, sussistono ancora margini di miglioramento per quanto riguarda la formazione dello staff, i sistemi informatici, la costruzione di modelli conformi a Basilea II, le procedure per il data management, reporting e disclosure, nonché con riferimento all’applicazione dei principi previsti dal secondo pilastro dell’accordo. A partire dal gennaio 2005, sono stati introdotti gli International Financial Reporting Standards (IFRS) e sono stati applicati per la prima volta per le banche che hanno chiuso l’esercizio il 31 dicembre 2005. In Sudafrica, peraltro, l’armonizzazione dei dati di bilancio è particolarmente difficile in quanto la chiusura del bilancio avviene in date diverse per vari gruppi bancari25. Infine, si rileva come l’applicazione degli IFRS sia obbligatoria solo per le banche quotate, mentre le altre banche possono continuare a redigere i bilanci in conformità ai South African Statements of Generally Accepted Accounting Practice (SA GAAP). III. Atre questioni economiche e finanziarie rilevanti ai fini delle relazioni bilaterali Dal dopoguerra fino agli anni 90, a causa dell’adozione della politica di segregazione razziale nota come “apartheid” 26 , la comunità internazionale ha applicato una serie di 24 The Economist Intelligence Unit, South Africa – Country Finance, Settembre 2006. Standard Bank, Nedbank, Mercantile Bank, Albaraka Bank, South African Bank of Athens, HBZ Bank, e Habib Overseas Bank chiudono il bilancio il 31 dicembre, TEBA Bank e Capitec Bank chiudono il bilancio il 28 febbraio, ABSA, ed Investec, il 31 marzo, FirstRand, Sasfin Bank, e Rennies Bank il 30 giugno e African Bank il 30 settembre. 26 L’apartheid fa riferimento alla politica di segregazione razziale istituita dal Governo di etnia bianca del Sudafrica nel 1948 e rimasta in vigore fino al 1990.L'apartheid è stato proclamato crimine internazionale da una convenzione delle Nazioni Unite, votata dall'Assemblea Generale nel 1973 ed entrata in vigore nel 1976 (International Convention on the Suppression and Punishment of the Crime of Apartheid). Il 25 15 sanzioni che hanno determinato l’isolamento commerciale del Sudafrica. A partire dall’inizio degli anni ‘90, con lo smantellamento dell’apartheid, il Governo sudafricano si è impegnato ad accrescere il grado di apertura dell’economia stipulando accordi commerciali sia bilaterali sia multilaterali27, che hanno contribuito a rendere il settore estero una delle aree più dinamiche e promettenti del Paese. Infatti, nell’arco di dieci anni, il rapporto esportazioni/PIL è aumentato di 9 punti percentuali passando da 24,6% nel 1997 a 33,6% nel 2007; analogamente, le importazioni hanno subito un incremento significativo passando dal 23,4% al 37,1% del PIL nello stesso periodo28. a. Processi di integrazione regionale Le Autorità sudafricane hanno prestato grande attenzione allo sviluppo delle relazioni con i Paesi vicini, nell’ottica di una progressiva integrazione regionale. Si collocano in tale contesto una serie di accordi di cui si riepilogano di seguito le principali finalità. Southern African Customs Union-SACU Il Sudafrica è membro della Southern Africa Customs Union (SACU), unione doganale costituita da Bostwana, Lesotho, Namibia e Swaziland nel marzo 197029, e successivamente rinegoziata a partire dal 1994, con le prime elezioni libere in Sudafrica. L’accordo attuale, approvato nel 2002 ed entrato in vigore nel 2004, prevede la liberalizzazione degli scambi (ovvero l’eliminazione sia delle tariffe che delle restrizioni quantitative) dei beni prodotti all’interno dell’area, l’applicazione di una tariffa esterna comune sulle importazioni provenienti dai Paesi terzi30 e l’adozione di una accisa comune31. Inoltre, il nuovo accordo del 2004 ha stabilito un quadro istituzionale che ha Processo di smantellamento dell’apartheid ha avuto inizio nel 1990-1991 sotto la presidenza di Frederick de Klerk, che ha legalizzato l’African National Congress (ANC) - partito politico che raccoglieva l’opposizione nera - e scarcerato dopo 30 anni il suo leader, Nelson Mandela. Le prime elezioni libere multirazziali si sono tenute nel 1994 (con l’elezione di Nelson Mandela il 27 aprile) e sono state seguite dal ritiro delle sanzioni internazionali contro il Paese e dall’adozione di provvedimenti comprendenti misure commerciali. 27 Il Sudafrica è membro fondatore dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio. 28 Fonte: dati Sintesi 2000. Secondo i dati rilevati dall’ICE relativi alla bilancia commerciale del Sudafrica, nel 1997 le importazioni e le esportazioni ammontavano rispettivamente a 130,7 miliardi di Rand (circa 13,5 mld euro) e a 127,8 miliardi di Rand (circa 13,2 mld euro); nel corso degli anni tali valori sono aumentati raggiungendo 394,2 miliardi di Rand (40,6 mld euro) e 464,1 miliardi di Rand (47,8 mld di euro) nel 2006. 29 Si tratta della più antica unione doganale al mondo: in realtà infatti un primo accordo fu firmato già nel 1910 da Sudafrica, Bostwana, Lesotho e Swaziland. In seguito all’indipendenza ottenuta da tali Paesi ed ai cambiamenti politici, economici e sociali intervenuti, essi hanno poi sottoscritto nel 1969 la Southern African Customs Union. La Namibia vi ha aderito nel 1990 a seguito dell’indipendenza dal Sudafrica. 30 Per quanto riguarda le relazioni con i Paesi terzi, gli Stati membri possono mantenere gli accordi preferenziali siglati prima dell’entrata in vigore della SACU, ma non possono firmare nuovi accordi senza il consenso degli altri membri. 31 Le entrate relative all’attività commerciale dell’area, derivanti sia dai dazi che dall’accisa, vengono destinate ad un fondo comune gestito dal Sudafrica. Tali entrate sono ridistribuite tra i Paesi membri 16 reso la SACU una vera e propria organizzazione internazionale, anche attraverso l’istituzione di un processo decisionale comune32. Tutti i membri della SACU ad eccezione del Bostwana, hanno compiuto un ulteriore passo verso una maggiore integrazione firmando nel 198633 un accordo per la costituzione di una Common Monetary Area (CMA)34. Tale Area Monetaria prevede la liberalizzazione dei movimenti di capitali, un regime di cambi comune verso l’esterno e l’ancoraggio delle valute di Namibia e Lesotho al Rand sudafricano35. Considerando la dimensione dell’economia e la “sofisticazione” del sistema finanziario, il Sudafrica occupa una posizione predominante all’interno della CMA. Il Rand infatti è una moneta legale negli altri Paesi dell’area comune, mentre non avviene il contrario; inoltre, sebbene i quattro Paesi abbiano proprie banche centrali indipendenti, la Banca Centrale sudafricana, la SARB, stabilisce gli indirizzi di politica monetaria per l’intera area. Infine, tutti i Paesi firmatari dell’accordo condividono un pool di riserve internazionali poste sotto il controllo della SARB. Southern African Development Community – SADC Nel 1994 il Sudafrica è entrato a far parte della comunità economica per l’Africa australe, la Southern African Development Community (SADC), creata nel 197036 e comprendente quattordici Paesi dell’Africa subsahariana37, caratterizzati da strutture economiche e livelli di sviluppo disomogenei. Tale organismo prevede il coordinamento delle politiche commerciali degli Stati membri, in vista della creazione di un’area di libero scambio entro secondo accordi specifici che tengono conto sia della percentuale del commercio intra-SACU di ogni Paese Membro che del PIL. 32 Il nuovo quadro istituzionale prevede la creazione di: a) un Consiglio dei Ministri, organo decisionale costituito da un Ministro per ogni Stato membro; b) una Commissione, organo esecutivo, formato da funzionari e comitati tecnici; c) un Tribunale, responsabile della determinazione delle tariffe e dei meccanismi anti-dumping: d) un Segretariato, per l’amministrazione ordinaria. 33 La Namibia ha aderito alla CMA nel 1992, dopo aver ottenuto l’indipendenza da Sudafrica. 34 Fino al 1961, sotto il dominio britannico, la sterlina inglese era utilizzata come moneta comune tra Sudafrica, Lesotho, Swaziland e Botswana. Successivamente, con l’indipendenza dal Regno Unito, il Rand ha informalmente sostituito la sterlina, fino ad arrivare alla sigla nel 1974 del Rand Monetary Agreeement tra Sudafrica, Lesotho, Swaziland e Botswana, in base al quale la moneta del Sudafrica era imposta come moneta a corso legale in tutti i Paesi. Nel 1976 il Bostwana uscì dall’accordo ed impose una politica monetaria indipendente, continuando però ad ancorare la propria moneta ad un paniere di valute in cui il Rand pesava per il 70%. 35 Pur appartenendo alla CMA, lo Swaziland non ha applicato la parità di 1:1 tra il Lilangeni (la propria moneta) ed il Rand; quest’ultimo, anche se ampiamente utilizzato, non ha de jure corso nello Swaziland. 36 Inizialmente creata nel 1980 da nove Paesi fondatori (Angola, Bostwana, Lesotho, Malawi, Mozambico, Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbawe) come Southern African Development Coordination Conference (SADCC). La Conference aveva come obiettivo di ridurre la dipendenza dei paesi membri dal Sudafrica (allora sotto il regime dell’apartheid) e di promuovere programmi e progetti nazionali e regionali per contribuire allo sviluppo economico dell’area. La SADCC è stata successivamente modificata nel 1992 diventando Southern African Development Community. 37 Angola, Botswana, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Repubblica Democratica del Congo, Seychelles (uscite nel 2004), Sudafrica, Swaziland, Tanzania, Zambia, Zimbawe. 17 il 200838 e, nel lungo termine, della realizzazione di un’unione doganale e di un vero e proprio mercato comune entro il 2015. Il Sudafrica, pesando per il 67% del PIL complessivo dell’area, è il Paese che riveste la maggiore importanza economica rispetto agli altri membri39. b. Processi di integrazione interregionale Oltre agli accordi che riguardano i Paesi del continente africano, il Sudafrica ha promosso lo sviluppo di relazioni con Paesi geograficamente anche più lontani, finalizzate a facilitare l’instaurarsi di partnership commerciali e produttive. Stati Uniti Per quanto riguarda le relazioni con gli Stati Uniti, questi ultimi hanno adottato nel 2001 l’Africa Growth and Opportunity Act (AGOA), un provvedimento unilaterale di apertura del mercato americano verso trentasette Paesi africani40, tra cui il Sudafrica. Tale atto, in vigore fino al 2008, non comporta l’obbligo di reciprocità delle condizioni preferenziali accordate dagli Stati Uniti. Esso si pone l’obiettivo di facilitare l’entrata nel mercato statunitense (duty free & quota free) di alcuni prodotti provenienti dai Paesi dell’Africa sub-sahariana, che rispettino una serie di condizioni nell’assetto socio-politico (diritti umani e regime democratico) ed economico (liberalizzazione dei mercati e lotta alla povertà). In particolare, è previsto il libero ingresso nel mercato statunitense di prodotti “sensibili”, quali il tessile, l’oreficeria ed il conciario. Mercosur Nel dicembre 2004, la Southern African Customs Union (Sudafrica, Botswana, Lesotho, Namibia e Swaziland) ha firmato un accordo commerciale preferenziale con il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay ed Uruguay)41, che prevede la riduzione tariffaria di oltre 38 Secondo quanto riportato nel Country commerce 2006 dell’Economist Intelligence Unit, nel settembre 2000 undici paesi membri della SADC (incluso il Sudafrica), hanno cominciato ad eliminare tutte le tariffe inferiori al 17% in vista della creazione di una area di libero scambio. 39 Secondo i dati forniti dall’ICE, nel 2006 il PIL complessivo dell’area era pari a 911 miliardi di dollari, di cui 606 provenienti dal Sudafrica (circa il 67,3%). Analizzando il PIL pro-capite dei Paesi della regione, il Sudafrica ricopre la terza posizione con un reddito di 12.796 dollari, preceduto da Botswana (16.190) e Mauritius (13.240). 40 A titolo informativo, si segnala che il suddetto atto unilaterale, si applica anche indirettamente alle imprese straniere operanti nei mercati africani. 41 Il Mercato Comune del Sud è stato istituito con il Trattato di Asunción nel 1991 da Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay. Dal dicembre 2005 è stata sancita l’entrata del Venezuela, che sarà effettiva nell’arco di tre anni. Per quanto riguarda il resto dell’America Latina, Bolivia, Cile, Perù, Colombia ed Ecuador godono dello status di Paesi Associati, mentre il Messico ha lo status di osservatore. 18 mille prodotti industriali ed agricoli. Tale accordo si pone inoltre l’obiettivo di creare un quadro legale per la realizzazione di un’area di libero scambio tra i due blocchi regionali. Si tratta del primo accordo commerciale sottoscritto congiuntamente dai membri della SACU ed il primo con un’area regionale in via di sviluppo, segnando un passo in avanti nella cooperazione sud-sud. L’accordo favorirà inoltre l’avvio di iniziative congiunte in altri settori, quali la cooperazione doganale, le misure fitosanitarie, ed un’estensione del trattamento preferenziale ad altri prodotti. Altri negoziati Al fine di intensificare le relazioni commerciali, oltre agli accordi sopra illustrati, il Sudafrica sta negoziando (come membro della SADC), un Preferential Trade Agreement con l’India ed un Memorandum of Understanding con la Cina, per introdurre forme di tutela per i produttori tessili colpiti dalla concorrenza dei Paesi asiatici42. Infine, si segnala che la Repubblica Sudafricana ha in essere accordi preferenziali con Malawi, Zimbawe e con il Mozambico. c. Rapporti con l’Unione Europea La nascita della democrazia in Sudafrica nel 1994 ha favorito un rilancio nelle relazioni bilaterali l’Unione Europea; in più di dieci anni, l’Unione Europea ed il Sudafrica hanno infatti costruito una partnership di vasta portata, al fine di promuovere lo sviluppo ed il progresso politico e socio-economico dell’intero continente africano. Trade and Development Cooperation Agreement In questo quadro, nell’ottobre 1999 Sudafrica ed Unione Europea hanno stipulato un accordo sul commercio e sulla cooperazione allo sviluppo, il Trade and Development Cooperation Agreement (TDCA), entrato ufficialmente in vigore nel maggio 2004, anche se alcuni provvedimenti sono stati applicati già dal 200043. L’accordo è finalizzato a favorire la transizione socio-economica del Sudafrica, la promozione della cooperazione e dell’integrazione regionale, lo sviluppo e la liberalizzazione del commercio di beni, servizi e capitali tra le due parti ed a sostenere l’integrazione del Sudafrica nell’economia mondiale44. 42 Fonte: Sintesi 2000. L’accordo è stato successivamente modificato tenendo conto dell’allargamento dell’Unione Europea nel 2004 e nel 2007. 44 Il TDCA è integrato da altri quattro accordi commerciali nei seguenti settori: scienza e tecnologia, vino e alcolici, pesca. 43 19 In particolare, esso prevede la creazione di un’area di libero scambio tramite un programma di liberalizzazione asimmetrica del mercato45, al fine di consentire al Sudafrica un’apertura graduale ed equilibrata, evitando impatti destabilizzanti per la sua economia: l’Unione Europea dovrebbe eliminare le barriere tariffarie sul 95% delle merci sudafricane entro il 2010 mentre il Sudafrica dovrebbe consentire il libero ingresso dell’86% delle importazioni europee entro il 2012. È prevista anche la graduale liberalizzazione dei prodotti industriali, mentre i settori “sensibili”, quali l’agricoltura, sono esclusi da tale processo. L’accordo stabilisce inoltre il “cumulo di origine” dei prodotti, ovvero la possibilità di considerare provenienti dal Sudafrica prodotti costituiti con elementi provenienti da altri Paesi o parzialmente fabbricati all’estero, a condizione che rispondano a determinati criteri46, al fine di beneficiare di un accesso preferenziale al mercato europeo rispetto a Paesi terzi. Il TDCA intende rafforzare la collaborazione bilaterale anche in altri campi, quali i servizi doganali, il libero movimento dei capitali, la certificazione e la standardizzazione dei prodotti. L’accordo comprende inoltre misure di assistenza tecnica da parte dell’Unione Europea per la revisione della normativa sulla concorrenza in vigore in Sudafrica. Infine, le due parti si sono impegnate a collaborare in ambito industriale, sociale, culturale, dell’information technology e dello sviluppo delle piccole e medie imprese. Dall’applicazione del TDCA, già nel 2000, l’interscambio tra l’Unione Europea e Sudafrica è aumentato del 25% (raffronto con dati al 2005). L’Unione Europea è infatti il principale partner commerciale del Sudafrica, rappresentando il 41% delle importazioni ed il 32% delle esportazioni, nonché ed il 70% degli Investimenti Esteri Diretti. Il Sudafrica a sua volta è il principale partner dell’Unione Europea in Africa. EU-South Africa Strategic Partnership Nel quadro del Trade and Development Cooperation Agreement è stato istituito un Joint Cooperation Council con l’obiettivo di assicurare una corretta implementazione e funzionamento dell’accordo e del dialogo tra il Sudafrica e l’Unione Europea. Sulla base dei lavori del Joint Cooperation Council e di una proposta della Commissione Europea, il Consiglio dell’Unione Europea Affari Generali ha approvato, nell’ottobre 2006, la creazione di una partnership strategica con il Sudafrica, allo scopo di costituire una cornice coerente 45 L’accordo fa principalmente riferimento ai settori seguenti: tessile, dell’acciaio, pellame ed automobilistico. 46 Le disposizioni riguardanti il “cumulo di origine” si suddividono in: i) cumulo bilaterale, riguarda prodotti composti a partire da beni dell’UE e del Sudafrica; ii) cumulo diagonale, riguarda i beni che incorporano materie prime di altri Paesi ACP (Africa-Caraibi-Pacifico); iii) cumulo integrale, concerne i beni provenienti dai Paesi dell’Unione doganale dell’Africa australe (SACU), a condizione che l’ultima fase del ciclo produttivo avvenga in Sudafrica. 20 e coordinata delle relazioni tra l’Unione Europea ed il Sudafrica nel lungo termine. Sebbene la proposta copra le relazioni economiche, commerciali, sociali, ambientali e culturali, si tratta essenzialmente di una “dichiarazione politica” sulla rilevanza dei rapporti bilaterali ai fini del rafforzamento del dialogo e dell’adozione di posizioni ed azioni politiche comuni a livello regionale ed internazionale47. Nelle sue conclusioni il Consiglio Affari Generali ha sottolineato la necessità che la partnership strategica sia complementare e coerente con il Trade and Development Cooperation Agreement, con la strategia europea per l’Africa e con le negoziazioni dell’Economic Partnership Agreement con la Southern African Development Community (cfr. par. successivo). Accordo di Cotonou - Economic Partnership Agreement Il Sudafrica è uno dei Paesi sottoscrittori dell’Accordo di Cotonou, firmato nel 2000 tra l’Unione Europea e settanta Paesi dell’Africa, dei Carabi e del Pacifico (Paesi ACP)48, per la progressiva riduzione della povertà e l’integrazione dei paesi ACP nell'economia mondiale. Poiché l’economia sudafricana è per molti aspetti simile alle economie avanzate e le relazioni economiche con l’Unione Europea sono attualmente regolate dal Trade Development and Cooperation Agreeement, il Sudafrica ha aderito all’accordo di Cotonou con uno status speciale49. Nell’ambito dell’Accordo di Cotonou, l’Unione Europea ha avviato nel 2004 i negoziati per la sottoscrizione di Economic Partnership Agreement (EPA) con tutti i Paesi della SADC (Southern African Development Community)50. L’EPA è infatti uno strumento previsto dall’Accordo in discorso per rafforzare la cooperazione economica e commerciale51 tra l’Unione Europea ed i Paesi ACP, attraverso la rimozione progressiva e reciproca delle 47 Nell’ambito della partnership strategica lo scorso maggio è stato approvato un piano d’azione che prevede l’istituzione del Mogobagoba Dialogue (dal nome dell’albero della tradizione africana), ossia la riunificazione di tutti i fora di cooperazione: summit, incontri ministeriali e Joint Cooperation Council. 48 Tale accordo sostituisce la prima convenzione di cooperazione (Convenzione di Yaoundé) sottoscritta nel 1964 e proseguita con le quattro convenzioni di Lomé, l'ultima delle quali è scaduta nel febbraio 2000. 49 Il Sudafrica può concorrere a gare d’appalto per la realizzazione di progetti nei Paesi ACP ed essere parte attiva in tutte le questioni di carattere politico (risoluzione dei conflitti, peacebuilding, diritti umani, democrazia). Tuttavia ad esso non si applicano il regime generale degli scambi, i protocolli commerciali dell’accordo, né può beneficiare degli aiuti finanziari del Fondo Europeo di Sviluppo. Il Paese usufruisce invece degli aiuti dell’Unione Europea tramite il Programma Europeo per la Ricostruzione e lo Sviluppo, che per il periodo 2000-2006 ha stanziato 885,5 milioni di euro mentre per il 2007-2013 prevede impegni per 980 milioni di euro. L’Unione europea è il maggior paese donatore, pesando per il 70% degli aiuti totali ricevuti dal Sudafrica. 50 L’Unione Europea ha ufficialmente avviato nel 2002 le trattative per la negoziazione di EPAs con tutti i Paesi ACP, suddivisi in sei gruppi subregionali: SADC (Southern Africa) ESA (East Africa), ECOWAS (West Africa), CEMAC (Central Africa) CARICOM (Caraibi). 21 barriere agli scambi, in linea con le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, alla realizzazione di iniziative di integrazione regionale, ed alla promozione dello sviluppo sostenibile. In particolare, i negoziati tra l’UE ed il SADC, che riguardano l’accesso al mercato per i prodotti agricoli e non agricoli, il commercio dei servizi, la cooperazione allo sviluppo ed altre questioni commerciali, dovrebbero concludersi alla fine del 2007 ed il nuovo accordo regionale dovrebbe entrare in vigore a partire dal gennaio 2008. Lo scorso febbraio il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea Affari Generali ha approvato l’inclusione del Sudafrica - originariamente non compreso - nei negoziati dell’EPA tra l’UE e la SADC, contribuendo alla creazione di un quadro più coerente ed armonizzato per l’integrazione economica della regione. d. Altre iniziative rilevanti per lo sviluppo dell’economia sudafricana Accelerated and Shared Growth Initiative for South Africa- (ASGISA) Nonostante la forte crescita avvenuta in Sudafrica negli ultimi dieci anni, il tasso di disoccupazione permane ancora a livelli elevati attestandosi nel 2006 al 26% circa52; analogamente è ancora alta le percentuale di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà53. Le Autorità sudafricane hanno deciso di avviare nel 2004 un programma di medio termine, denominato Accelerated and Shared Growth Initiative54, che si pone i seguenti obiettivi: a) portare il tasso di crescita del PIL da una media annuale del 4,9% nel periodo 2004-2009 ad una media del 6% nel periodo 2010-201455; b) dimezzare sia il tasso di disoccupazione56 che la povertà entro il 2014. Ai fini dell’attuazione del piano sono stati individuati i principali fattori che limitano la crescita economica, quali in particolare: la volatilità del tasso di cambio, le carenze nelle 51 L’Economic Partnership Agreement si distingue dal Free Trade Agreement (accordi di libero scambio) poiché comprende oltre alla liberalizzazione del commercio, l’integrazione regionale (sud-sud) e la dimensione dello sviluppo. 52 Tra il 2002 ed il 2005, la disoccupazione ha raggiunto il 32%. Fonte: Sintesi 2000 maggio 2007. 53 In Sudafrica il 45% della popolazione (20 milioni di persone) vive al di sotto della soglia della povertà (un dollaro al giorno). Secondo alcuni studi tuttavia, il reddito del 20% della popolazione sudafricana più povera è aumentato del 30% dal 1994 al 2004. Fonte: AGISA- Rapporto DTI 54 L’ASGISA non è un programma del Governo ma un’iniziativa nazionale promosso da vari gruppi economici: sindacati, industriali, agenzie governative. 55 Si ricorda che prima del 1994 il tasso di crescita del PIL era pari all’ 1% ed è aumentato al 3% nel 2004. 56 Al fine di ridurre la disoccupazione il Governo sta promuovendo numerose attività “labour-absorbing” e solo nel 2005 sono stati creati circa 540.000 nuovi posti di lavoro. Fonte: AGISA. 22 dotazioni infrastrutturali e logistiche, la scarsità di capitale umano qualificato57, le limitazioni alla libere concorrenza, gli eccessivi oneri burocratici per l’attività delle PMI e l’inefficienza dell’apparato amministrativo e regolamentare. A fronte di tali criticità il Governo sudafricano ha tracciato una strategia articolata in una serie di interventi, i cui assi principali sono riportati di seguito: - infrastrutture: aumentare la percentuale di investimenti pubblici portandola dal 4% all’8% del PIL; per il periodo compreso tra aprile 2005 e marzo 2008, si prevede una spesa delle imprese pubbliche pari a 370 miliardi di Rand (40 miliardi di euro)58, che include sia progetti collegati alla FIFA World Cup del 2010, sia progetti a lungo termine per il potenziamento dei trasporti, del settore energetico, del comparto meccanico, delle infrastrutture ferroviarie e portuali; - strategie settoriali: promuovere gli investimenti nel settore privato, ed in particolare nei settori labour intensive come il Business Process Outsourcing (BPO), il turismo ed i biocombustibili. Altri settori considerati prioritari sono la chimica, il tessile, i beni durevoli, i metalli e l’industria artistica (film, musica); - sviluppo del capitale umano: per far fronte ai problemi legati alla scarsità di lavoro qualificato il Governo ha varato, nel marzo 2006, un piano denominato Joint Initiative On Priority Skills Acquisition Mandate (JIPSA); tale programma, che resterà inizialmente in vigore per 18 mesi, prevede l’attuazione di misure volte a migliorare la qualità del sistema educativo pubblico ed a sviluppare programmi di formazione per i lavoratori. New Partnership for Africa’s Development (NEPAD) Il New Partnership for Africa’s Development (NEPAD) è un ambizioso piano di sviluppo che interessa tutto il continente africano, promosso e sostenuto da alcuni Presidenti - tra cui il Presidente del Sudafrica, Thabo Mbeki - adottato ufficialmente nel 2001 durante il 37° Summit dell’Unione Africana59. Tale programma si pone come obiettivi principali la riduzione della povertà e la promozione dello sviluppo sostenibile del continente, attraverso misure e azioni che favoriscano il raggiungimento di condizioni socio-politiche stabili, l’incremento degli investimenti (principalmente nei settori dell’agricoltura, delle infrastrutture, dell’ambiente e dello sviluppo umano), la mobilizzazione di capitali tramite 57 Le carenze di skills sono attribuibili alle politiche dell’apartheid ed a un sistema educativo ancora non sufficientemente sviluppato. 58 Fonte: Business Unity South Africa (BUSA). 23 l’aumento dei risparmi, il miglioramento della gestione dei redditi e delle spese pubbliche, nonché l’attrazione di flussi di investimenti diretti esteri. Si tratta evidentemente di un piano di sviluppo multidimensionale e molto articolato che prevede, tra l’altro, anche un ambizioso progetto valutario: l’African Monetary Cooperation Programme (AMCP), ovvero un piano per la creazione di un’unione monetaria africana entro il 2021. Secondo l’AMCP, l’unione valutaria potrà essere effettivamente realizzata se almeno il 51% degli Stati membri dell’Associazione delle Banche Centrali Africane60 soddisferà determinati criteri di convergenza61. A tal fine l’AMCP prevede l’aggiustamento dei tassi di cambio degli Stati membri a livelli di equilibrio, la liberalizzazione dei movimenti in conto corrente ed in conto capitale, l’adozione di un regime di cambio armonizzato e l’adozione di una politica monetaria orientata al mercato62. e. Interventi della Banca Africana di Sviluppo La Banca Africana di Sviluppo63 è un organismo multilaterale fondato nel 1964 con la finalità di promuovere lo sviluppo economico ed il progresso sociale dei Paesi membri del continente africano. Gli azionisti sono 53 Paesi del continente africano fra cui il Sudafrica 59 L’Unione Africana, formata da 53 Paesi del continente, mira alla promozione della democrazia, dei diritti umani e dello sviluppo in Africa. 60 L’Associazione delle Banche Centrali Africane è costituita da 45 Stati membri su un totale di 53 Paesi del continente. 61 I principali criteri di convergenza sono: a) rapporto deficit/PIL al 3%; b) tasso di inflazione al di sotto del 3%; c) riduzione del finanziamento del deficit pubblico da parte della banca centrale; d) riserve esterne uguali o superiori a sei mesi di importazioni di beni e servizi; e) entrate fiscali nazionali non inferiori al 20% del PIL; e) stabilità del tasso di cambio (Fonte Associazione delle Banche Centrali Africane). 62 In particolare, l’AMCP prevede sei fasi per la realizzazione dell’unione monetaria: I) 2002-2003, creazione di comitati regionali per l’adozione di programmi di integrazione monetaria; II) 2004-2008, armonizzazione delle politiche macroeconomiche ed interconnessione dei sistemi di pagamento; promozione di borse valori regionali; rafforzamento della supervisione bancaria; III) 2009-2012, rispetto di alcuni indicatori macroeconomici (rapporto deficit/PIL al 3%, abolizione del finanziamento della Banca Centrale al Governo, tasso di inflazione inferiore al 5%); IV) 2013-2015, valutazione degli indicatori macroeconomici; creazione di un meccanismo africano dei tassi di cambio; V) 2016-2020, finalizzazione degli accordi per il lancio della moneta unica; preparazione del quadro istituzionale attraverso la creazione di una banca centrale unica; valutazione della performance macroeconomica dei singoli Paesi; VI) 2021, introduzione della moneta unica e previsione di un periodo di transizione. 63 La Banca Africana di Sviluppo è membro dell’African Development Bank Group al quale appartengono anche il Fondo africano di sviluppo (African Development Fund- AfDF) e il Fondo di sviluppo Nigeriano (Nigeria Trust Fund creato nel 1976 con un capitale iniziale di 80 milioni di dollari). Mentre la AfDB concede crediti a condizioni vicine a quelle del mercato in Paesi con reddito medio, i due fondi sopra menzionati, creati negli anni settanta per ridurre la povertà, concedono crediti a condizioni estremamente vantaggiose in quei Paesi più poveri, che in linea generale non possono accedere ai finanziamenti ordinari concessi dalla Banca, né tanto meno sono in grado di approvvigionarsi direttamente sui mercati dei capitali a tassi d’interesse di mercato. In particolare, il Fondo Africano di Sviluppo, le cui disponibilità provengono principalmente dai contributi dei Paesi membri, eroga finanziamenti a tasso zero, con un onere annuale (service charge) pari allo 0.75% dell’importo erogato ed allo 0,50% (commitment fee) dell’impegno. Il periodo di rimborso del prestito è di 50 anni, compreso un periodo di grazia di 10 anni. 24 (Regional member countries-RMCs ovvero Paesi membri) e 24 Paesi di Europa (tra cui l’Italia), America ed Asia (Non-regional member countries). La banca finanzia una serie di progetti di sviluppo attraverso prestiti al settore privato e pubblico, acquisizioni di partecipazioni, assistenza tecnica, investimenti in capitale privato o pubblico, interventi d’aiuto (fino a 500 mila dollari) in casi di emergenza. Per rendere gli strumenti più efficaci e rispondenti alle esigenze del mercato, nel 1997 è stato creato il single currency loan64 e nel 2002 sono stati introdotti un serie di prodotti (swap sui tassi di interesse, sulle valute, sulle materie prime, opzioni cap e collar sui tassi di interesse) per permettere la copertura dei rischi di mercato. L’Italia è diventata membro non regionale del Fondo africano di sviluppo nel 1982, acquisendone circa cinquemila azioni, pari al 2,4% del totale65. Negli ultimi anni, le risorse mobilizzate dall’Italia a favore dell’AfDB sono state destinate principalmente all’iniziativa HIPC (Heavily Indebted Poor Countries) per un totale di 36,3 milioni di dollari. Nel 2003, nell’ambito delle operazioni finanziate dalla AfDB, le imprese italiane hanno ottenuto contratti per la fornitura di beni ed opere civili pari a 26,7 milioni di dollari, circa il 4,6% del totale del procurement della Banca. Con riferimento al Sudafrica, tra il 1967 e il 2005, sono stati approvati finanziamenti per 350.87 milioni di UA66 (circa 400 milioni di euro ovvero 1,4% del totale) ed erogati 281.84 milioni di UA (circa 321,3 milioni di euro pari a 1,1% del totale). f. Interventi della Banca Europea degli Investimenti La Banca Europea per gli Investimenti, in qualità di istituzione finanziaria dell’Unione Europea, ha il compito di attuare politiche volte a rafforzare l’integrazione economica dei Paesi membri. Al di fuori dell’Unione Europea la BEI finanza progetti oltre che nell’area Mediterranea, in Asia e America Latina, anche nei Paesi ACP ed in Sudafrica, nell’ambito dell’Accordo di Cotonou. 64 Il currency loan permette di scegliere la valuta di finanziamento (dollaro, euro, yen, rand sudafricano) e la tipologia di tasso di interesse (variabile o fisso). I termini di rimborso sono pari a venti anni (incluso un periodo di grazia inferiore a cinque anni) per i finanziamenti al settore pubblico, a quattordici anni (incluso un periodo di grazia inferiore a quattro anni) per le linee di credito con garanzia pubblica, compresi tra cinque e quindici anni (periodo di grazia inferiore a tre anni) per i finanziamenti al settore privato. 65 Nel 1986 l’Italia ha istituito un Trust Fund con un contributo iniziale di circa 260 mila euro a cui hanno fatto seguito nel 2003, ulteriori 2 milioni di euro. Fino ad oggi il Trust Fund italiano ha finanziato attività di assistenza tecnica, di identificazione, implementazione e valutazione e cofinanziato progetti per un totale di circa 1,17 milioni di euro. 66 Si tratta dell’unità di conto utilizzata dall’AfDB per agevolare i paragoni tra i Paesi. 25 L’attività della BEI in Sudafrica risale al 1995, quando su invito del Consiglio dell’Unione Europea, ha stanziato 300 milioni di euro per progetti di investimento per il periodo 19951997; il mandato è stato poi rinnovato fino al 2000, per altri 375 milioni di euro. Successivamente per il periodo 2000-2006 sono stati finanziati progetti per 825 milioni di euro ed il nuovo mandato esterno della BEI, adottato dal Consiglio dell’Unione Europea nel dicembre 2006, prevede per il 2007-2013 finanziamenti per 900 milioni di euro, focalizzati nel settore privato e nelle infrastrutture. Si ricorda che l’attività di finanziamento della BEI è svolta sia su mandato del Consiglio dell’UE, a valere su risorse comunitarie, sia a valere sui fondi propri della banca che provengono dalla sua attività di raccolta e dai proventi collegati al lending. La BEI finanzia i progetti, fino al 50% del costo dell’investimento, attraverso “prestiti globali” o “prestiti individuali”. I primi, di importo inferiore a 25 milioni di euro, vengono concessi a banche e intermediari finanziari locali che poi informano la BEI delle operazioni finanziate; i secondi, di importo superiore ai 25 milioni di euro, vengono concessi direttamente ai promotori, per lo più a controparti sovrane (e con garanzia sovrana) e successivamente canalizzati alle imprese, per la realizzazione dei progetti. Il taglio dei finanziamenti in Sudafrica è compreso tra 25 e 75 milioni di euro. 26 K KE EY YN NU UM MB BE ER RS SS SU UD DA AF FR RIIC CA A Dati macroeconomici relativi al Sudafrica e rapporti con l’Italia 27 SUDAFRICA (Maggio 2007) Key Numbers dell’economia Indicatore 1997 2002 2005 2006 2007 Italia* UE27* PIL a prezzi correnti (miliardi US$) 148,8 111,1 242,0 255,2 247,9 1.852 14.527 2,6 2,7 5,1 Variazione PIL Reale (%) PIL pro-capite (US$) 5,10 4,8 1,9 3,0 3.610,0 2.600,0 5.690,0 6.040,0 5.910,0 31.515 29.381 Tasso inflazione medio (%) 11,9 9,3 4,0 4,6 5,3 2,2 2,2 Tasso di disoccupazione (%) 22,0 30,0 26,6 25,5 24,9 6,8 7,9 Debito Pubblico/PIL (%) 49 38,9 35,4 33,3 30,8 106,8 61,7 Debito estero/PIL (%) 17 22,5 12,2 11,7 12,2 -- -- 2.319 4.756 -1.203 -5.791 -5.698 -26,9 -216,7 Popolazione (milioni di abitanti) -- -- -- -- 43,9 58,7 492,8 Età media popolazione (anni) -- -- -- -- 24,3 41,7 39,1 Tasso di crescita della popolazione (%) -- -- -- -- 0,46 0,07 0,16 Tasso di alfabetizzazione (% popolazione con più di 15 anni) -- -- -- -- 86,4 98,6 98 Saldo Commerciale (mln di dollari) Fonte: EIU su elaborazione Sintesi 2000, Banca Mondiale, CIA The World Factbook, Eurostat * 2006 Interscambio Italia – Sudafrica (Valori in milioni di euro) 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 (marzo) Esportazioni 996,3 1.073,6 1.007,1 964,2 1.148,0 1.304,3 1.591,4 395,7 Importazioni 2.447,4 2.018,8 2.034,0 1.531,0 2.011,2 2.390,5 2.303,0 683,9 Saldo -1.451,2 -945,2 -1.027,0 -566,8 -863,2 -1.086,2 -711,6 -288,3 Interscambio totale 3.443,7 3.092,5 3.694,8 3.894,5 1.079,6 3.041,1 2.495,2 3.159,1 Fonte: ISTAT Secondo i dati pubblicati dall’ISTAT, nel periodo 2000-2006, le esportazioni hanno avuto un incremento del 60% circa (passando da 996 a 1.591 milioni di euro), mentre le importazioni hanno subito una lieve flessione, contribuendo alla riduzione del saldo negativo per l’Italia. L’interscambio commerciale complessivo nello stesso periodo è aumentato del 13% circa passando da 3,4 miliardi a 3,8 miliardi di euro. 28 ITALIA: BILANCIA COMMERCIALE CON IL SUDAFRICA (milioni di euro, Dati ICE) 3.000 2.500 2.000 1.500 1.000 500 0 -500 -1.000 -1.500 -2.000 1997 1998 1999 2000 2001 2002 Esportazioni Importazioni 2003 2004 Saldo 2005 2006 Secondo gli ultimi dati comparati disponibili, l’Italia nel 2006 si è confermata nono partner commerciale del Sudafrica, dopo Germania, Stati Uniti, Giappone, Cina, Regno Unito, Arabia Saudita, Paesi Bassi e Francia (Dati UN Comtrade). Nello stesso periodo, l’Italia è risultata il decimo acquirente delle merci sudafricane, con una quota di mercato pari al 2,6%, preceduta da Giappone (11,9%), Stati Uniti (11,5%), Regno Unito (8,8%), Germania (7,5%), Paesi Bassi (5,2%), Cina (4,0%), Svizzera (3,3%), Belgio (2,85%) e Spagna (2,82%). Le principali merci importate dall’Italia sono: metalli preziosi e semilavorati, prodotti della siderurgia, carbon fossile, pesci conservati e trasformati e prodotti a base di pesce, macchine di impiego generale. Nel 2006, l’Italia è risultata inoltre il nono fornitore del Paese, con una quota pari al 2,9%, preceduta da Germania (12,5%), Cina (10%), Stati Uniti (7,6%), Giappone (6,5%), Arabia Saudita (5,3%), Regno Unito (4,9%), Iran (3,9%) e Francia (3,6%). Le principali merci italiane esportate sono: macchine per impieghi speciali, prodotti petroliferi raffinati, macchine di impiego generale, macchine e apparecchi per la produzione e l'impiego di energia meccanica, macchine utensili, apparecchi trasmittenti, prodotti chimici di base, autoveicoli, prodotti farmaceutici e prodotti chimici e botanici per usi medicinali. La quota dell’Italia sulle importazioni sudafricane è diminuita dal 4,4% nel 1996 al 2,9% nel 2006. Per quanto riguarda i maggiori Paesi europei, la Germania ed il Regno Unito hanno visto ridurre la propria quota in modo molto più marcato, rispettivamente dal 15% al 12,5% e dall’11,5% al 4,9%. La quota della Francia e della Spagna sono invece aumentate nel periodo considerato (dal 3,4% al 3,6%, dallo 0,9% all’1,5%). Al di fuori dell’Unione Europea, gli Stati Uniti ed il Giappone hanno registrato una diminuzione del proprio peso, rispettivamente dal 12,9% al 7,6% e dal 7,8% al 6,5%, mentre è 29 aumentato quello della Cina (la cui quota sulle importazioni sudafricane è passata da 2,1% al 10%), dell’Arabia Saudita (dallo 0,8% al 5,3%), dell’India (dallo 0,9% al 2,3%) e del Brasile (dallo 0,9% al 2%). (Dati UN Comtrade). Investimenti Diretti Esteri Nel 2005 l’afflusso di investimenti diretti esteri in Sudafrica è stato pari a 6.379 milioni di dollari, in aumento del 700% circa rispetto al 2004 (799 milioni di dollari), rappresentando la principale destinazione in tutta l’Africa, con il 21% dei flussi di IDE in entrata (risultato legato principalmente all’acquisizione dell’ABSA Bank da parte di Barclays - Dati UNCTAD). Per quanto riguarda in particolare il flusso di investimenti dell’Italia in Sudafrica, alla fine degli novanta esso ha cominciato ad assumere una certa rilevanza, grazie alle politiche di stabilizzazione macroeconomica e di liberalizzazione, che hanno reso il Sudafrica una destinazione sempre più competitiva ed attraente. Nel 1997, secondo dati dell’Ufficio Italiano Cambi (UIC), il flusso di IDE in Sudafrica era pari a 58 milioni di euro; dopo il picco di 113 milioni di euro nel 1998, anno nel quale l’Italia è stata il terzo investitore estero diretto in Sudafrica, tale flusso ha iniziato una rapida discesa fino a raggiungere i 4,6 milioni di euro nel 2002. Successivamente, gli IDE hanno registrato una ripresa nel 2003 e 2004 (rispettivamente 5 milioni e 44 milioni di euro), che però non ha trovato seguito nel 2005 (37,7 milioni di euro) e nel 2006 (21,5 milioni di euro). Il Sudafrica rappresenta la trentottesima destinazione del flusso di investimenti esteri diretti italiani ed il primo mercato nell’Africa Subsahariana; inoltre, il Paese è il ventisettesimo investitore in Italia. Per quanto riguarda invece il flusso di investimenti del Sudafrica in Italia, secondo dati UIC, tra il 1997 ed il 2004, si sono attestati tra i 2-10 milioni di euro ed hanno raggiunto eccezionalmente i 68 milioni di euro nel 2005, per poi diminuire a 34,7 milioni di euro nel 2006. Presenza di imprese italiane in Sudafrica Secondo dati ICE, in Sudafrica sono presenti 85 imprese italiane (2005). Si RICORDANO in particolare Fiat Auto (autovetture), Magneti Marelli (componenti per auto), Parmalat Sud Africa (agroindustria), Mario Levi Spa (pelletterie per auto), IVECO (veicoli industriali), SICAD (nastri adesivi per imballaggio), Bonfiglioli (riduttori), FILK e SILMAR (catename in oro), BLM (macchine per la lavorazione dei metalli), Bonfiglioli (riduttori industriali). Infine, Luxottica e Pirelli possiedono aziende di distribuzione per la commercializzazione dei propri prodotti. 30 K KE EY YN NU UM MB BE ER RS S S SIIS ST TE EM MA AB BA AN NC CA AR RIIO O Dati di sintesi sul sistema bancario del Sudafrica 31 KEY NUMBERS SISTEMA BANCARIO SUDAFRICA a cura di Sintesi 2000 Srl (2006) Dati in milioni di US$ Banche statali Banche private Banche estere Totale Numero effettiv o Numero per cui i dati sono disponibili 0 0 9 9 6 6 15 15 Total Assets (valore assoluto e percentuale su tot.) 0% 251.12 2 72.253 323.37 5 77,66 % 22,34 % Mercato dei prestiti (valore ass. e % su tot) Mercato dei depositi (valore ass. e % su tot) 0% 155.549 56.038 211.587 73,52 % 26,48 % 0% 196.81 6 62.565 75,88% 24,12% 259.38 1 Indicatori dell’andamento del settore: I dati medi si riferiscono al campione di 15 banche dell’analisi (che costituiscono il 99% degli assets di settore del sistema bancario del Sudafrica). Dati a dicembre 2006 Tasso di interesse medio sui prestiti 11,2% Tasso di interesse medio sui titoli a lungo termine 7,9% Tasso di interesse medio sui depositi 7,1% % Non performing loans (lordi) 1,22% ROE 32,22% Margine di intermediazione (Mg interesse + commissioni nette + attività 13.651,8 US$/mio di trading nette) Margine di interesse 8.731 US$/mio Livello di bancarizzazione dell’economia: (depositi+prestiti) /PIL Depositi /PIL Prestiti /PIL Dati in milioni di US$ a dicembre 2006 In valore assoluto e percentuale (259.381+211.587)/255.2 184,54% 00 259.381/255.200 101,63% 211.587/255.200 82,91% Processo di privatizzazione: E’ stato realizzato completamente. Rimangono solo due istituti di credito specializzato in mano allo stato con quote di assets di settore modeste e che non possono prendere depositi dalla clientela. Regolamentazione di vigilanza: Vengono applicati i requisiti di Basilea I. L’applicazione di Basilea II è prevista per gennaio 2008. Gli IAS sono obbligatori dal gennaio 2003. 32