Dossier Sudafrica

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Dossier Sudafrica
Missione imprenditoriale in Sudafrica
(Johannesburg, Città del Capo, Durban, 8-12 luglio 2007)
Documentazione di supporto
A cura del Settore Crediti e Internazionalizzazione
CONTENUTO
ƒ
Dossier Sudafrica: presenza e operatività del sistema bancario italiano in
Sudafrica ed altri elementi di approfondimento su questioni economicofinanziarie
ƒ
Dati macroeconomici relativi al Sudafrica e rapporti con l’Italia
ƒ
Dati di sintesi sul sistema bancario sudafricano
2
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DA
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FR
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A
Presenza e operatività del sistema bancario italiano in
Sudafrica ed altri elementi di approfondimento su questioni
economico-finanziarie
3
Indice
I.
Le Banche Italiane in Sudafrica
a. Presenza delle banche italiane in Sudafrica
b. Accordi di collaborazione tra banche italiane e banche sudafricane
c. Dati sull’operatività delle banche italiane con il Sudafrica
d. Valutazione del rischio Paese Sudafrica
II.
Elementi di approfondimento sull’evoluzione del sistema bancario e
finanziario sudafricano
a. Struttura e assetti proprietari del sistema bancario sudafricano
b. Performance del settore bancario e finanziario e mercato del credito
c. Financial Sector Charter – Black Economic Empowerment
d. Prospettive di applicazione dell’Accordo di Basilea 2 e utilizzo degli IFRS
III. Atre questioni economiche e finanziarie rilevanti ai fini delle relazioni
bilaterali
a. Processi di integrazione regionale
b. Processi di integrazione interregionale
c. Rapporti con l’Unione Europea
d. Altre iniziative rilevanti per lo sviluppo dell’economia sudafricana
e. Interventi della Banca Africana di Sviluppo
f. Interventi della Banca Europea degli Investimenti
4
I.
Le Banche Italiane in Sudafrica1
a. Presenza delle banche italiane in Sudafrica
In Sudafrica è presente il gruppo Unicredit con un ufficio di rappresentanza a
Johannesburg.
Inoltre, il Gruppo ABN Amro, di cui Banca Antonveneta fa parte, ed il Gruppo BNP Paribas,
che ha acquisito BNL, sono presenti rispettivamente con una filiale ed un ufficio di
rappresentanza a Johannesburg. Anche Calyon del Gruppo Crédit Agricole, di cui
Cariparma e Friuladria fanno parte, è presente in Sudafrica dal 1949 con una filiale a
Johannesburg.
b. Accordi di collaborazione tra banche italiane e banche sudafricane
Da un’indagine effettuata presso le banche italiane più attive sui mercati internazionali è
risultato che solo una banca ha stipulato accordi di collaborazione con banche sudafricane,
per l’emissione e la negoziazione di lettere di credito e di garanzie. Altre banche italiane
hanno invece segnalato di intrattenere ottimi rapporti di corrispondenza con le principali
controparti locali e di non avere riscontrato difficoltà di rilievo nell’operatività.
Circa le prospettive di sviluppo dell’attività delle banche italiane sul mercato sudafricano,
dalla medesima indagine è emersa la disponibilità ad ampliare le linee di credito in
funzione della domanda da parte degli operatori (soprattutto in vista dei mondiali di calcio
del 2010), nonché l’interesse a rafforzare l’azione di supporto ai progetti di investimento
delle imprese italiane ed a siglare accordi di cooperazione con controparti bancarie locali.
c. Dati sull’operatività delle banche italiane con il Sudafrica
Al fine di disporre di informazioni dettagliate ed aggiornate sull’operatività del sistema
bancario italiano con il Sudafrica, nel mese di aprile 2007 è stata condotta una specifica
indagine presso il Gruppo di Lavoro ABI Relazioni Internazionali, composto dalle maggiori
banche italiane più attive sui mercati esteri. Nella tabella che segue sono riportati i
1
Il presente documento è stato redatto sulla base delle seguenti fonti: African Development Bank Group
(www.afdb.org), Associazione delle Banche Centrali Africane, Banca Mondiale (www.worldbank.org),
Business Unit South Africa, CIA The World Factbook, European Commission, Financial Sector Charter
Council (2005 Annual review of transformation in the financial sector, Novembre 2006), Fondo Monetario
Internazionale (South Africa: Selected Issues, Settembre 2006), Istituto Nazionale di Statistica, Istituto
Nazionale per il Commercio Estero, Nedbank (Guide to the Economy, aprile 2007), rilevazioni ABI, SACE
Spa (www.sace.it), Sintesi 2000 srl (www.sintesi2000.com), South African Reserve Bank (Annual Report
2005, luglio 2006 e Financial Review, marzo 2007), The Economist Intelligence Unit, (South Africa –
Country Finance e Country commerce 2006), Ufficio Italiano Cambi, Unctad (www.unctad.org).
5
risultati quantitativi di tale indagine alla quale hanno risposto diciotto banche sulle
ventidue interpellate.
Plafond Complessivo (mln di €)
Plafond utilizzato (mln di €)
(totale impegni in essere e disponibilità a
(Aprile 2007)
Con
Sace
Senza
Sace
Totale
Con
Sace
Senza
Sace
per
export
per altre
finalità**
Totale
Util./
Totale
Totale a breve
17,0
444,4
461,4
0,0
117,8
89,5
28,3
117,8
25%
Totale a m.l.t.*
22,0
309,7
331,7
0,0
73,6
47,8
25,8
73,6
32%
Totale
39,0
754,0
793,0
0,0
191,4
137,3
54,1
191,4
28%
* Si segnala che gli importi stanziati sul medio-lungo sono comprensivi di alcuni plafond segnalati dalle
banche come indistinti tra breve e lungo termine.
**Finanziamenti concessi anche attraverso succursali, a società locali partecipate da imprese italiane, ad
imprese a capitale interamente straniero, finanziamenti per l’acquisto titoli di Stato e di partecipazioni in
società private
Complessivamente risulta un plafond stanziato di 793 milioni di euro, di cui 191,4 milioni
utilizzati (28% del totale). Il 58,2% del plafond è destinato ad operazioni a breve, mentre
il rimanente 42,8% è allocato sul medio-lungo termine.
Tale allocazione riflette la natura della domanda di finanziamento per l’operatività delle
imprese
con
il
Sudafrica,
che
è
maggiormente
incentrata
sull’export
a
breve,
prevalentemente di beni strumentali, parti meccaniche, materie plastiche, pompe
idrauliche, cavi in acciaio, calzature e prodotti agroalimentari.
Il 95% del plafond stanziato non prevede copertura assicurativa, e di questo il 58,9%
risulta allocato sul breve termine (pesando per il 56% sul plafond totale).
Il plafond SACE – che rappresenta il 4,9% del plafond totale – è allocato maggiormente
sul medio-lungo termine (56,4%).
Per quanto riguarda il livello di utilizzo delle risorse, il plafond SACE non risulta utilizzato.
Il plafond senza copertura SACE (191,4 milioni di euro), utilizzato al 28%, è allocato per il
61,5% sul breve ed è impiegato per il 71,7% per finalità export.
Il
plafond
SACE,
oltre
al
finanziamento
di
specifiche
operazioni,
include
anche
stanziamenti destinati a linee di credito open, inserite in convenzione quadro con SACE,
che comprendono una serie di contratti non identificati a priori (secondo lo schema del
credito acquirente). Con riferimento a questa tipologia di linee, quattro tra i maggiori
gruppi bancari italiani (Intesa Sanpaolo, Capitalia, Banco Popolare di Verona e Novara,
Unicredit) hanno inserito il Sudafrica nell’ambito delle convenzioni stipulate con la Società
assicurativa, per un importo complessivo di circa 24 milioni di euro.
6
d. Valutazione del rischio Paese Sudafrica
Sia Moody’s (Baa1) che Standard & Poor’s (BBB+) assegnano al Sudafrica un rating
“investiment grade”.
Per quanto riguarda la valutazione del rischio Paese effettuata dalla SACE, che segue,
come noto, la classificazione stabilita in sede OCSE da uno specifico gruppo cui
partecipano le Export Credit Agencies dei Paesi dell’Organizzazione, il Sudafrica (a maggio
2007) si colloca nella terza categoria di rischio (su sette), con un atteggiamento
assicurativo senza restrizioni.
II.
Elementi di approfondimento sull’evoluzione del sistema bancario e
finanziario sudafricano
a.
Struttura e assetti proprietari del sistema bancario sudafricano
Il sistema bancario del Sudafrica consta di tredici banche locali, sei banche a proprietà
estera, due banche di credito cooperativo, per un totale di 2,2 mila miliardi di Rand di
assets (circa 225 miliardi di euro). La presenza dello Stato nell’industry è limitata a due
banche di sviluppo, la Development Bank of Southern Africa e la Land and Agricultural
Development Bank.
Il settore è altamente concentrato, con le prime quattro banche (Standard Bank, Nedbank,
FirstRand Bank e ABSA Bank), tutte private, che a marzo 2007 rappresentavano l’83,7%
degli assets di settore2. Si tratta di banche universali che offrono un’ampia gamma di
prodotti finanziari sofisticati, attraverso un diffuso network di filiali, presenti anche in
Europa, Asia, Stati Uniti ed Australia. Tali banche sono specializzate nel finanziamento di
lungo periodo nei settori immobiliare, energetico, dei trasporti e agri-business. Ad
esempio,
Standard
Bank
ha
sviluppato
competenze
prevalentemente
nei
settori
dell’energia e dei trasporti e FirstRand Bank ha un track record nei finanziamenti al settore
minerario.
L’attuale assetto del sistema deriva da un processo di consolidamento più ampio che ha
coinvolto diversi comparti del settore bancario, finanziario ed assicurativo, dando vita a
una serie di “conglomerati”, con società operative in diversi rami di attività. Una
peculiarità di questi conglomerati finanziari è la posizione di controllo occupata al loro
interno dalle società di assicurazione. In particolare, la prima compagnia assicuratrice del
Paese, Old Mutual, controlla il 50,58% delle azioni della Nedbank e detiene l’11% della
7
Standard Bank ed il 3,4% di ABSA; inoltre, fino ad ottobre 2005, Sanlam Life Insurance
deteneva il 22,7% delle azioni di ABSA (cedute poi a Barclays a seguito dell’acquisizione di
ABSA da parte di quest’ultima); diversamente, un altro assicuratore, Momentum Group, è
di proprietà al 100% della FirstRand Bank; infine, altre banche annoverano tra le proprie
sussidiarie società di assicurazione.
Tali “conglomerati” bancari-finanziari si sono rapidamente estesi nella regione subsahariana, attraverso fusioni ed acquisizioni, nell’ambito del processo di integrazione
regionale che sta interessando tutta l’area (cfr. par. III.a). I gruppi sudafricani sono infatti
anche gli attori principali del settore in molti Paesi limitrofi: in Namibia, Lesotho e
Swaziland la quota delle banche sudafricane oscilla tra il 60% e 90% in termini sia di
assets sia di depositi; in altri Paesi, essa si colloca tra il 10% e 30%3. Il contributo agli
utili totali delle sussidiarie che operano in quest’area è in media del 10%. Sebbene tale
espansione consenta alle banche di cogliere le opportunità derivanti da un più ampio
mercato di riferimento e di diversificare conseguentemente i rischi in portafoglio, essa
potrebbe generare alcuni problemi nell’operatività quali un potenziale fenomeno di azzardo
morale nella gestione associato alla dimensione dei conglomerati (“too-big-to-fail”), e la
necessità di sviluppare un raccordo tra le Autorità di vigilanza dell’area sudafricana anche
al fine di consentire la condivisione del patrimonio informativo collegato all’attività dei
gruppi finanziari in discorso. In questo quadro si inserisce l’iniziativa della SARB di
sottoscrivere un Memorandum of Understanding con altri Stati membri della Southern
African Development Community (cfr. par. III.a), al fine di agevolare lo scambio di
informazioni e rafforzare la cooperazione volta all’armonizzazione delle regolamentazioni
nazionali.
Le banche estere operano in Sudafrica attraverso filiali, sussidiarie ed uffici di
rappresentanza e rappresentano il 7,66% degli assets di settore4 (non considerando
l’acquisizione di ABSA da parte di Barclays, che ha portato la quota complessiva estera al
29,5%). A marzo 2007 erano presenti quattordici filiali, sei sussidiarie e quarantasette
uffici di rappresentanza. Alla stessa data Citibank risultava la principale banca estera con
assets per 45,12 miliardi di Rand (circa 4,6 miliardi di euro), pari al 2% del totale del
settore
(cfr.
tabella
seguente).
L’operatività
delle
banche
estere
si
concentra
essenzialmente sulla clientela corporate di grandi dimensioni e sull’individual private
banking.
2
South African Reserve Bank, Marzo 2007.
Fondo Monetario Internazionale, South Africa: Selected Issues, Settembre 2006.
4
South African Reserve Bank, Marzo 2007.
3
8
Top 10 - Banche Estere
(assets totali, milioni di Rand, marzo 2007)
Assets
Quota mercato
(%)
CITIBANK N.A
45.125,9
2,1
DEUTSCHE BANK AG
25.138,2
1,2
JPMORGAN CHASE BANK
23.821,6
1,1
CALYON CORPORATE AND INVESTMENT BANK
23.262,6
1,1
ABN AMRO BANK
18.784,2
0,9
HSBC BANK plc
10.353,4
0,5
COMMERZBANK AKTIENGESELLSCHAFT
7.880,4
0,4
STANDARD CHARTERED BANK
4.967,1
0,2
SOCIETE GENERALE
4.417,1
0,2
CHINA CONSTRUCTION BANK CORPORATION
1.324,8
0,1
TOTAL MARKET
2.176.478,6
100,0
Fonte: Southern Africa Reserve Bank
Fino al 2005 il settore dei servizi finanziari era soggetto a limitazioni agli investimenti
esteri diretti. In particolare, singoli azionisti esteri non potevano detenere più del 10% di
una banca locale e le partecipazioni estere in banche locali non potevano superare
complessivamente il 15%, come stabilito dal Bank Act n. 94 del 1990.
Nel 2005 il Ministro delle Finanze, Trevor Manuel, ha di fatto eliminato tali vincoli,
autorizzando l’acquisizione del 56,1% del gruppo sudafricano ABSA da parte di Barclays.
Tale operazione (33 miliardi di Rand, circa 4 miliardi di euro) rappresenta il più grande
investimento estero effettuato nel Paese ed ha portato la quota complessiva di assets in
mano a banche estere a circa il 30%.
Nell’ultimo rapporto pubblicato dalla Banca Centrale Sudafricana si riconosce l’importanza
strategica dell’investimento della Barclays nel mercato locale ed in generale delle
opportunità collegate all’apertura del mercato agli operatori esteri. Al contempo, la Banca
Centrale
evidenzia
che
non
intende
per
il
momento
promuovere
un’ulteriore
concentrazione del mercato (già molto concentrato), ma che tale esigenza non è
comunque in contrasto con l’eventuale acquisizione di quote nelle principali banche locali
da parte di intermediari esteri5.
5
Nello stesso rapporto, la Banca Centrale Sudafricana ha specificato che qualsiasi richiesta futura di
acquisizione di quote di maggioranza di banche locali da parte di intermediari esteri sarà valutata caso
per caso (South African Reserve Bank, Annual Report 2005, luglio 2006).
9
b.
Performance del settore bancario e finanziario e mercato del credito
Settore bancario e finanziario
Il sistema bancario e finanziario sudafricano è solido e ben regolamentato, con sofisticati
sistemi di risk management ed efficienti strutture di corporate governance; esso è nel suo
complesso
il
più
sviluppato
dell’area
sub-sahariana,
con
standard
operativi
e
regolamentari assimilabili a quelli occidentali. Nel 2006 il ROE è stato pari in media al
18,3% ed il ROA all’1,4%6. Il livello di capitalizzazione medio si attesta, a marzo 2006, al
12,1%7 rispetto alla soglia minima del 10% fissata dalle Autorità monetarie. I nonperforming loans (NPL) risultano molto contenuti ed in calo: 1,3% dei prestiti totali a fine
2006 rispetto all’2,8% del 20028.
Il JSE Securities Exchange (Johannesburg Stock Exchange) è il più grande mercato
azionario di tutto il continente africano. La sua espansione è iniziata nel 2001 con la
fusione dei mercati locali di futures e options; successivamente il sistema di trading si è
allineato
a
quello
della
Borsa
di
Londra,
incrementando
progressivamente
la
capitalizzazione e rendendo la JSE una borsa internazionale. Delle 384 imprese quotate
oggi, venticinque sono estere. Tra gennaio ed agosto 2006 i non-residenti hanno
acquistato azioni per il 23% del valore totale. L’indice della JSE è cresciuto del 43% nel
2005 e del 21,3% tra gennaio ed agosto 20069. Il settore bancario è profondamente
integrato con il mercato obbligazionario10 ed azionario: otto banche operano come dealers
primari nel mercato dei titoli di debito e le principali quattro banche sono settlement
agents della Bond Exchange of South Africa (BESA), l’autorità regolamentare del mercato
obbligazionario e degli strumenti derivati.
Il sistema dei pagamenti nazionale (National Payment System - NPS), introdotto nel 1998,
è diventato un modello per iniziative simili sia a livello regionale che internazionale. Il NPS
opera in tempo reale ed è collegato dal dicembre 2004 al Continuous Linked Settlement CLS11, sistema di regolamento multivalutario per le operazioni in cambi.
6
South African Reserve Bank, Financial Stability Review, Marzo 2007.
Ibid.
8
Fondo Monetario Internazionale, South Africa: Selected Issues, Settembre 2006.
9
The Economist Intelligence Unit, South Africa – Country Finance, Settembre 2006.
10
Il Governo è il protagonista del mercato obbligazionario: a luglio 2006 la capitalizzazione di mercato
dei titoli di Stato era pari a 485 miliardi di rand, mentre quella dei titoli di debito emessi dalle imprese era
pari a 177,4 miliardi di rand (Fonte EIU, settembre 2006).
7
10
Mercato del credito
Dall’analisi della composizione dell’attivo delle banche sudafricane emerge come gli
impieghi siano allocati maggiormente verso i settori del credito alle famiglie (45%), del
finance e insurance (25%); seguono real estate e business services (9%), trasporti e
comunicazioni (4%), commercio (3%).
Negli ultimi anni è cresciuto significativamente l’indebitamento delle famiglie: esso è
aumentato dal 49,8% nel 2003 al 73,8% nel 2006 in percentuale del reddito disponibile,
similmente a quanto avvenuto in altre economie emergenti12. L’indebitamento delle
famiglie è stato incoraggiato da una serie di fattori quali tassi di interesse più bassi (e
stabili dal 2004), reddito disponibile in crescita (in media del 6,6% annuo), più ampia
inclusione “finanziaria” della parte svantaggiata della popolazione (iniziative di black
economic empowerment cfr. par. II.c), maggiore confidenza dei consumatori. Secondo
alcuni analisti13 tale aumento non sarebbe tuttavia preoccupante in quanto il rapporto
indebitamento/reddito disponibile è ancora modesto e deve essere analizzato insieme ad
altri indicatori della sostenibilità del debito, quali l’income gearing ed il capital gearing
ratios. L’income gearing ratio, ossia il tasso di incidenza degli oneri finanziari sul reddito
disponibile è pari al 9% alla fine del 2006 ed il capital gearing, che si riferisce al debito
delle famiglie in percentuale degli assets totali di queste ultime, è rimasto costante al
20,1%
nel
2006.
Inoltre,
anche
se
il
volume
dei
finanziamenti
è
aumentato
considerevolmente, a dicembre 2006 il numero delle insolvenze risultava ridotto del
17,6%14 (nel 2005 il numero di insolvenze è diminuito del 12,3%).
La crescita del credito alle famiglie, dopo il picco del 27,2% nel primo trimestre del 2006 è
“scesa” al 24,3% nell’ultimo trimestre del 2006 (in conseguenza dell’aumento dei tassi di
interesse registrato a partire da giugno). In particolare, da gennaio 2006 a gennaio 2007,
il finanziamento attraverso carte di credito è cresciuto del 40,8%. Per quanto riguarda
invece il segmento del credito ipotecario, nel 2005 si è registrato un tasso di crescita
record pari al 28,6% (sui 12 mesi precedenti), rispetto al 25,6% del 2004, arrivando a
rappresentare il 38,6% del totale dei finanziamenti del settore bancario15. Inoltre, tra il
2006 (gennaio) ed il 2007 (gennaio), la crescita in questo segmento è proseguita
11
Esso prevede il regolamento delle singole transazioni dei partecipanti sui conti degli stessi presso la
CLS Bank (con sede a New York e soggetta alla supervisione della Federal Reserve), che a sua volta
detiene conti presso le Banche Centrali emittenti delle diverse valute comprese nel sistema.
12
Tale tendenza è riscontrabile anche a livello globale: negli Stati Uniti, ad esempio, l’indebitamento delle
famiglie è aumentato dal 67% del reddito disponibile negli anni ottanta al 139% nel 2006.
13
Nedbank, Guide to the Economy, aprile 2007.
14
South African Reserve Bank, Financial Stability Review, Marzo 2007.
15
Ibid.
11
ulteriormente, del 30,7%16. Tale aumento è ascrivibile, tra l’altro, a tassi di interesse più
bassi, ad imposte sul reddito in diminuzione, ad una classe media di colore in espansione,
ad un progressivo mutamento nella struttura demografica, con un peso crescente della
popolazione giovane, nonché ad iniziative per favorire l’accesso al credito da parte della
popolazione a più basso reddito.
Indicatori Indebitamento delle famiglie, 2005
Credito al
Credito al
consumo/
consumo/
PIL
credito totale
Sudafrica
40
53
Corea
44
49
Hong Kong
57
41
Singapore
48
50
Taiwan
60
--
Credito
ipotecario/
credito famiglie
85
51
80
34
--
Fonte: IMF su dati Fitch Ratings Special Report, Marzo 2007
In linea generale, le imprese sudafricane dipendono dall’industry bancaria principalmente
per i finanziamenti a breve termine, mentre il ricorso all’equity è in aumento per finanziare
operazioni a lungo termine17. I finanziamenti a medio-lungo termine sono invece concessi
prevalentemente dalle banche di sviluppo pubbliche, l’Industrial Development Corporation
of South Africa18 (IDC) e la Development Bank of Southern Africa. I progetti ammissibili al
finanziamento di tali banche devono avere come obiettivo la creazione di posti di lavoro, la
promozione delle esportazioni e l’aumento della produttività.
In particolare, l’IDC investe soprattutto in grandi progetti industriali, minerari ed agricoli
nella Southern Africa Development Community (SADC) (cfr. par. III.a). Essa ha stanziato
4,2 miliardi di Rand (430 milioni di euro) nell’anno fiscale 2006 (marzo), sostenendo la
creazione di 26 mila posti di lavoro e riservando il 32% dei finanziamenti al black
economic empowerment (cfr. par. successivo). La Development Bank of Southern Africa,
creata nel 1983, finanzia invece prevalentemente progetti infrastrutturali nella regione.
Nell’anno fiscale 2006 ha approvato 145 progetti per un totale di 8,1 miliardi di Rand (835
milioni di euro).
16
Ibid.
EIU, South Africa: Country Finance, Settembre 2006.
18
L’IDC è un’istituzione finanziaria nazionale fondata nel 1940 al fine di promuovere la crescita
economica e lo sviluppo industriale in Sudafrica. L’operatività si è estesa successivamente alla Southern
Africa Development Community, che comprende Sud Africa, Angola, Botswana, Congo, Lesotho,
Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbawe.
17
12
c.
Financial Sector Charter – Black Economic Empowerment
In linea con il Black Economic Empowerment (BEE), ovvero l’insieme delle misure
finalizzate ad accrescere la partecipazione nei settori chiave dell’economia delle persone di
colore che durante l’apartheid erano state discriminate, nell’ottobre 2003 i principali
intermediari sudafricani (banche, assicuratori, asset managers e l’Association of Black
Securities and Investment Professionals) hanno sottoscritto la “Financial Sector Charter”
(FSC). Si tratta di un accordo quadro in base al quale gli intermediari misurano il proprio
progresso in termini di “empowerment” economico-finanziario che riescono a promuovere
presso le fasce della popolazione storicamente svantaggiata. Anche le banche estere che
operano in Sudafrica hanno sottoscritto la FSC ma non sono vincolate a rispettarne gli
obiettivi.
Più particolare la FSC mira a favorire l’accesso ai servizi finanziari per la popolazione
sottobancarizzata, sostenere lo sviluppo agricolo, promuovere lo sviluppo delle PMI
costituite da operatori di colore, favorire l’assunzione di quote di controllo e lo sviluppo del
management di colore nel settore bancario e finanziario, realizzare iniziative di formazione
ed accrescere il procurement per gli imprenditori di colore.
La FSC è in vigore fino al 2014, ma coloro che vi hanno aderito si sono impegnati a
rispettarne gli obiettivi anche oltre tale data. Essa definisce sei aree principali su cui gli
intermediari devono concentrare le proprie azioni, a ciascuna delle quali viene attribuito
un punteggio per la valutazione annuale da parte del Charter Council19:
1)
empowerment financing: destinare 75 miliardi di Rand entro il 2014 ad investimenti
mirati (sviluppo agricolo, infrastrutture, housing e PMI) ed a operazioni “BEE”, ossia
acquisizioni di maggioranza in imprese e/o in joint venture con imprese BEE20;
2)
ownership and control: il 25% della proprietà di ciascun intermediario dovrà essere di
colore entro il 2010;
3)
human resources development: politiche di assunzione di personale rivolte a persone
di colore21;
4)
access to financial services: assicurare l’accesso ai servizi finanziari all’80% della
fascia più povera della popolazione entro il 2008;
19
Il Charter Council è costituito da rappresentanti dell’industria bancaria e non e verifica lo stato di
attuazione degli obiettivi della FSC.
20
Le imprese BEE sono imprese con partecipazione di maggioranza di operatori di colore.
21
Entro il 2008 la rappresentanza di colore deve essere pari al 25% del management (di cui 4% donne),
al 20-25% dei dirigenti (4% donne), al 30% dei quadri (10% donne), al 40-50% dei junior ed al 33% del
consiglio di amministrazione. Entro il 2014 la percentuale di donne a tutti i livelli deve essere pari al 33%.
13
5)
procurement and enterprise development: il 50% delle forniture deve provenire da
imprese di colore entro il 2008, percentuale che deve salire a 70 entro il 2014;
6)
corporate social investments: destinare annualmente lo 0,5% dei profitti alla
formazione, a programmi di sviluppo, alla creazione di lavoro, all’ambiente, all’arte e
cultura, alla salute ed allo sport.
In questo quadro, nell’ottobre 2004, ABSA, FirstRand, Nedbank, Standard Bank e
Postbank hanno introdotto il “Mzansi”, un conto corrente “low-cost” destinato alla
comunità a basso reddito e sottobancarizzata. Tale strumento ha visto una rapida
espansione: a giugno 2006 risultavano aperti 3,3 milioni di conti Mzansi con un saldo
medio di 200 Rand (circa 21 euro), per un valore complessivo di 660 milioni di Rand (circa
70 milioni di euro)22.
Alla fine del 2006 il Charter Council ha pubblicato il primo rapporto sullo stato di
avanzamento in ciascuna delle sei aree obiettivo fissate dalla FSC23. In particolare sono
stati rilevati progressi nelle seguenti aree: a) alla fine del 2005 era stato già raggiunto
l’obiettivo, precedentemente fissato per il 2008, di destinare 50 miliardi di Rand alle
operazioni BEE (empowerment financing); b) la proprietà di colore nel settore bancario
risultava pari al 16% in media (ownership and control); c) il settore finanziario ha erogato
15,9 miliardi di Rand ad imprese fornitrici gestite da persone di colore, circa il 36% delle
forniture complessive (procurement). Le aree che invece hanno fatto registrare alcuni
ritardi sono: a) housing, nella quale sono necessarie urgenti iniziative al fine di rispettare
l’obiettivo del 2008 di investire 31,8 miliardi di Rand per la popolazione a basso reddito;
b) corporate social investments, rispetto ai quali non è stato raggiunto l’obiettivo annuale
di riservare lo 0,5% dei profitti a programmi di formazione del personale di colore; c)
human resources: sebbene i sottoscrittori della FSC stiano rispettando le quote relative al
senior management ed alle donne, il Charter Council ha riconosciuto che i risultati
raggiunti in tale area sono ancora modesti.
Alcuni analisti24 sottolineano come il processo di “black empowerment”, sebbene preveda
specifici interventi che non rispondono necessariamente a logiche di mercato, non
dovrebbe compromettere la stabilità del sistema finanziario, né condurre ad un aumento
eccessivo
del
rischio
nel
settore
bancario,
grazie
alla
solidità
del
sistema
ed
all’enforcement di regole prudenziali che ne assicurano la stabilità.
22
The Economist Intelligence Unit, South Africa – Country Finance, Settembre 2006.
Financial Sector Charter Council, 2005 Annual review of transformation in the financial sector,
Novembre 2006.
23
14
d.
Prospettive di applicazione dell’Accordo di Basilea 2 e utilizzo degli IFRS
Il sistema di regole di vigilanza attualmente vigente in Sudafrica accoglie i principi
dell’Accordo sul Capitale di Basilea I, ma, a partire dal gennaio 2008, è prevista l’adozione
dell’impianto regolamentare di Basilea II. Secondo la Banca Centrale Sudafricana
l’applicazione sarà tuttavia limitata alle prime cinque banche del Paese e, in una prima
fase, sarà implementato esclusivamente lo standardized approach.
Al fine di valutare il grado di preparazione delle banche all’applicazione dei requisiti di
Basilea II, gli intermediari locali, su indicazione della Banca Centrale, hanno condotto una
gap analysis ed un’auto-valutazione, i cui risultati sono stati esaminati dal Dipartimento
della Vigilanza della stessa Banca Centrale. Dall’analisi è emerso che, sebbene il grado di
preparazione vari da banca a banca, sussistono ancora margini di miglioramento per
quanto riguarda la formazione dello staff, i sistemi informatici, la costruzione di modelli
conformi a Basilea II, le procedure per il data management, reporting e disclosure, nonché
con riferimento all’applicazione dei principi previsti dal secondo pilastro dell’accordo.
A partire dal gennaio 2005, sono stati introdotti gli International Financial Reporting
Standards (IFRS) e sono stati applicati per la prima volta per le banche che hanno chiuso
l’esercizio il 31 dicembre 2005. In Sudafrica, peraltro, l’armonizzazione dei dati di bilancio
è particolarmente difficile in quanto la chiusura del bilancio avviene in date diverse per
vari gruppi bancari25. Infine, si rileva come l’applicazione degli IFRS sia obbligatoria solo
per le banche quotate, mentre le altre banche possono continuare a redigere i bilanci in
conformità ai South African Statements of Generally Accepted Accounting Practice (SA
GAAP).
III. Atre questioni economiche e finanziarie rilevanti ai fini delle relazioni
bilaterali
Dal dopoguerra fino agli anni 90, a causa dell’adozione della politica di segregazione
razziale nota come “apartheid”
26
, la comunità internazionale ha applicato una serie di
24
The Economist Intelligence Unit, South Africa – Country Finance, Settembre 2006.
Standard Bank, Nedbank, Mercantile Bank, Albaraka Bank, South African Bank of Athens, HBZ Bank, e
Habib Overseas Bank chiudono il bilancio il 31 dicembre, TEBA Bank e Capitec Bank chiudono il bilancio il
28 febbraio, ABSA, ed Investec, il 31 marzo, FirstRand, Sasfin Bank, e Rennies Bank il 30 giugno e
African Bank il 30 settembre.
26
L’apartheid fa riferimento alla politica di segregazione razziale istituita dal Governo di etnia bianca del
Sudafrica nel 1948 e rimasta in vigore fino al 1990.L'apartheid è stato proclamato crimine internazionale
da una convenzione delle Nazioni Unite, votata dall'Assemblea Generale nel 1973 ed entrata in vigore nel
1976 (International Convention on the Suppression and Punishment of the Crime of Apartheid). Il
25
15
sanzioni che hanno determinato l’isolamento commerciale del Sudafrica. A partire
dall’inizio degli anni ‘90, con lo smantellamento dell’apartheid, il Governo sudafricano si è
impegnato ad accrescere il grado di apertura dell’economia stipulando accordi commerciali
sia bilaterali sia multilaterali27, che hanno contribuito a rendere il settore estero una delle
aree più dinamiche e promettenti del Paese. Infatti, nell’arco di dieci anni, il rapporto
esportazioni/PIL è aumentato di 9 punti percentuali passando da 24,6% nel 1997 a 33,6%
nel 2007; analogamente, le importazioni hanno subito un incremento significativo
passando dal 23,4% al 37,1% del PIL nello stesso periodo28.
a.
Processi di integrazione regionale
Le Autorità sudafricane hanno prestato grande attenzione allo sviluppo delle relazioni con i
Paesi vicini, nell’ottica di una progressiva integrazione regionale. Si collocano in tale
contesto una serie di accordi di cui si riepilogano di seguito le principali finalità.
Southern African Customs Union-SACU
Il Sudafrica è membro della Southern Africa Customs Union (SACU), unione doganale
costituita
da
Bostwana,
Lesotho,
Namibia
e
Swaziland
nel
marzo
197029,
e
successivamente rinegoziata a partire dal 1994, con le prime elezioni libere in Sudafrica.
L’accordo attuale, approvato nel 2002 ed entrato in vigore nel 2004, prevede la
liberalizzazione degli scambi (ovvero l’eliminazione sia delle tariffe che delle restrizioni
quantitative) dei beni prodotti all’interno dell’area, l’applicazione di una tariffa esterna
comune sulle importazioni provenienti dai Paesi terzi30 e l’adozione di una accisa
comune31. Inoltre, il nuovo accordo del 2004 ha stabilito un quadro istituzionale che ha
Processo di smantellamento dell’apartheid ha avuto inizio nel 1990-1991 sotto la presidenza di Frederick
de Klerk, che ha legalizzato l’African National Congress (ANC) - partito politico che raccoglieva
l’opposizione nera - e scarcerato dopo 30 anni il suo leader, Nelson Mandela. Le prime elezioni libere
multirazziali si sono tenute nel 1994 (con l’elezione di Nelson Mandela il 27 aprile) e sono state seguite
dal ritiro delle sanzioni internazionali contro il Paese e dall’adozione di provvedimenti comprendenti
misure commerciali.
27
Il Sudafrica è membro fondatore dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio.
28
Fonte: dati Sintesi 2000. Secondo i dati rilevati dall’ICE relativi alla bilancia commerciale del Sudafrica,
nel 1997 le importazioni e le esportazioni ammontavano rispettivamente a 130,7 miliardi di Rand (circa
13,5 mld euro) e a 127,8 miliardi di Rand (circa 13,2 mld euro); nel corso degli anni tali valori sono
aumentati raggiungendo 394,2 miliardi di Rand (40,6 mld euro) e 464,1 miliardi di Rand (47,8 mld di
euro) nel 2006.
29
Si tratta della più antica unione doganale al mondo: in realtà infatti un primo accordo fu firmato già nel
1910 da Sudafrica, Bostwana, Lesotho e Swaziland. In seguito all’indipendenza ottenuta da tali Paesi ed
ai cambiamenti politici, economici e sociali intervenuti, essi hanno poi sottoscritto nel 1969 la Southern
African Customs Union. La Namibia vi ha aderito nel 1990 a seguito dell’indipendenza dal Sudafrica.
30
Per quanto riguarda le relazioni con i Paesi terzi, gli Stati membri possono mantenere gli accordi
preferenziali siglati prima dell’entrata in vigore della SACU, ma non possono firmare nuovi accordi senza il
consenso degli altri membri.
31
Le entrate relative all’attività commerciale dell’area, derivanti sia dai dazi che dall’accisa, vengono
destinate ad un fondo comune gestito dal Sudafrica. Tali entrate sono ridistribuite tra i Paesi membri
16
reso la SACU una vera e propria organizzazione internazionale, anche attraverso
l’istituzione di un processo decisionale comune32.
Tutti i membri della SACU ad eccezione del Bostwana, hanno compiuto un ulteriore passo
verso una maggiore integrazione firmando nel 198633 un accordo per la costituzione di
una Common Monetary Area (CMA)34. Tale Area Monetaria prevede la liberalizzazione dei
movimenti di capitali, un regime di cambi comune verso l’esterno e l’ancoraggio delle
valute di Namibia e Lesotho al Rand sudafricano35. Considerando la dimensione
dell’economia e la “sofisticazione” del sistema finanziario, il Sudafrica occupa una
posizione predominante all’interno della CMA. Il Rand infatti è una moneta legale negli
altri Paesi dell’area comune, mentre non avviene il contrario; inoltre, sebbene i quattro
Paesi abbiano proprie banche centrali indipendenti, la Banca Centrale sudafricana, la
SARB, stabilisce gli indirizzi di politica monetaria per l’intera area. Infine, tutti i Paesi
firmatari dell’accordo condividono un pool di riserve internazionali poste sotto il controllo
della SARB.
Southern African Development Community – SADC
Nel 1994 il Sudafrica è entrato a far parte della comunità economica per l’Africa australe,
la Southern African Development Community (SADC), creata nel 197036 e comprendente
quattordici Paesi dell’Africa subsahariana37, caratterizzati da strutture economiche e livelli
di sviluppo disomogenei. Tale organismo prevede il coordinamento delle politiche
commerciali degli Stati membri, in vista della creazione di un’area di libero scambio entro
secondo accordi specifici che tengono conto sia della percentuale del commercio intra-SACU di ogni Paese
Membro che del PIL.
32
Il nuovo quadro istituzionale prevede la creazione di: a) un Consiglio dei Ministri, organo decisionale
costituito da un Ministro per ogni Stato membro; b) una Commissione, organo esecutivo, formato da
funzionari e comitati tecnici; c) un Tribunale, responsabile della determinazione delle tariffe e dei
meccanismi anti-dumping: d) un Segretariato, per l’amministrazione ordinaria.
33
La Namibia ha aderito alla CMA nel 1992, dopo aver ottenuto l’indipendenza da Sudafrica.
34
Fino al 1961, sotto il dominio britannico, la sterlina inglese era utilizzata come moneta comune tra
Sudafrica, Lesotho, Swaziland e Botswana. Successivamente, con l’indipendenza dal Regno Unito, il Rand
ha informalmente sostituito la sterlina, fino ad arrivare alla sigla nel 1974 del Rand Monetary Agreeement
tra Sudafrica, Lesotho, Swaziland e Botswana, in base al quale la moneta del Sudafrica era imposta come
moneta a corso legale in tutti i Paesi. Nel 1976 il Bostwana uscì dall’accordo ed impose una politica
monetaria indipendente, continuando però ad ancorare la propria moneta ad un paniere di valute in cui il
Rand pesava per il 70%.
35
Pur appartenendo alla CMA, lo Swaziland non ha applicato la parità di 1:1 tra il Lilangeni (la propria
moneta) ed il Rand; quest’ultimo, anche se ampiamente utilizzato, non ha de jure corso nello Swaziland.
36
Inizialmente creata nel 1980 da nove Paesi fondatori (Angola, Bostwana, Lesotho, Malawi, Mozambico,
Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbawe) come Southern African Development Coordination Conference
(SADCC). La Conference aveva come obiettivo di ridurre la dipendenza dei paesi membri dal Sudafrica
(allora sotto il regime dell’apartheid) e di promuovere programmi e progetti nazionali e regionali per
contribuire allo sviluppo economico dell’area. La SADCC è stata successivamente modificata nel 1992
diventando Southern African Development Community.
37
Angola, Botswana, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Repubblica
Democratica del Congo, Seychelles (uscite nel 2004), Sudafrica, Swaziland, Tanzania, Zambia, Zimbawe.
17
il 200838 e, nel lungo termine, della realizzazione di un’unione doganale e di un vero e
proprio mercato comune entro il 2015.
Il Sudafrica, pesando per il 67% del PIL complessivo dell’area, è il Paese che riveste la
maggiore importanza economica rispetto agli altri membri39.
b.
Processi di integrazione interregionale
Oltre agli accordi che riguardano i Paesi del continente africano, il Sudafrica ha promosso
lo sviluppo di relazioni con Paesi geograficamente anche più lontani, finalizzate a facilitare
l’instaurarsi di partnership commerciali e produttive.
Stati Uniti
Per quanto riguarda le relazioni con gli Stati Uniti, questi ultimi hanno adottato nel 2001
l’Africa Growth and Opportunity Act (AGOA), un provvedimento unilaterale di apertura del
mercato americano verso trentasette Paesi africani40, tra cui il Sudafrica. Tale atto, in
vigore fino al 2008, non comporta l’obbligo di reciprocità delle condizioni preferenziali
accordate dagli Stati Uniti. Esso si pone l’obiettivo di facilitare l’entrata nel mercato
statunitense (duty free & quota free) di alcuni prodotti provenienti dai Paesi dell’Africa
sub-sahariana, che rispettino una serie di condizioni nell’assetto socio-politico (diritti
umani e regime democratico) ed economico (liberalizzazione dei mercati e lotta alla
povertà).
In particolare, è previsto il libero ingresso nel mercato statunitense di prodotti “sensibili”,
quali il tessile, l’oreficeria ed il conciario.
Mercosur
Nel dicembre 2004, la Southern African Customs Union (Sudafrica, Botswana, Lesotho,
Namibia e Swaziland) ha firmato un accordo commerciale preferenziale con il Mercosur
(Argentina, Brasile, Paraguay ed Uruguay)41, che prevede la riduzione tariffaria di oltre
38
Secondo quanto riportato nel Country commerce 2006 dell’Economist Intelligence Unit, nel settembre
2000 undici paesi membri della SADC (incluso il Sudafrica), hanno cominciato ad eliminare tutte le tariffe
inferiori al 17% in vista della creazione di una area di libero scambio.
39
Secondo i dati forniti dall’ICE, nel 2006 il PIL complessivo dell’area era pari a 911 miliardi di dollari, di
cui 606 provenienti dal Sudafrica (circa il 67,3%). Analizzando il PIL pro-capite dei Paesi della regione, il
Sudafrica ricopre la terza posizione con un reddito di 12.796 dollari, preceduto da Botswana (16.190) e
Mauritius (13.240).
40
A titolo informativo, si segnala che il suddetto atto unilaterale, si applica anche indirettamente alle
imprese straniere operanti nei mercati africani.
41
Il Mercato Comune del Sud è stato istituito con il Trattato di Asunción nel 1991 da Brasile, Argentina,
Uruguay e Paraguay. Dal dicembre 2005 è stata sancita l’entrata del Venezuela, che sarà effettiva
nell’arco di tre anni. Per quanto riguarda il resto dell’America Latina, Bolivia, Cile, Perù, Colombia ed
Ecuador godono dello status di Paesi Associati, mentre il Messico ha lo status di osservatore.
18
mille prodotti industriali ed agricoli. Tale accordo si pone inoltre l’obiettivo di creare un
quadro legale per la realizzazione di un’area di libero scambio tra i due blocchi regionali.
Si tratta del primo accordo commerciale sottoscritto congiuntamente dai membri della
SACU ed il primo con un’area regionale in via di sviluppo, segnando un passo in avanti
nella cooperazione sud-sud. L’accordo favorirà inoltre l’avvio di iniziative congiunte in altri
settori, quali la cooperazione doganale, le misure fitosanitarie, ed un’estensione del
trattamento preferenziale ad altri prodotti.
Altri negoziati
Al fine di intensificare le relazioni commerciali, oltre agli accordi sopra illustrati, il
Sudafrica sta negoziando (come membro della SADC), un Preferential Trade Agreement
con l’India ed un Memorandum of Understanding con la Cina, per introdurre forme di
tutela per i produttori tessili colpiti dalla concorrenza dei Paesi asiatici42.
Infine, si segnala che la Repubblica Sudafricana ha in essere accordi preferenziali con
Malawi, Zimbawe e con il Mozambico.
c.
Rapporti con l’Unione Europea
La nascita della democrazia in Sudafrica nel 1994 ha favorito un rilancio nelle relazioni
bilaterali l’Unione Europea; in più di dieci anni, l’Unione Europea ed il Sudafrica hanno
infatti costruito una partnership di vasta portata, al fine di promuovere lo sviluppo ed
il progresso politico e socio-economico dell’intero continente africano.
Trade and Development Cooperation Agreement
In questo quadro, nell’ottobre 1999 Sudafrica ed Unione Europea hanno stipulato un
accordo sul commercio e sulla cooperazione allo sviluppo, il Trade and Development
Cooperation Agreement (TDCA), entrato ufficialmente in vigore nel maggio 2004, anche se
alcuni provvedimenti sono stati applicati già dal 200043. L’accordo è finalizzato a favorire
la transizione socio-economica del Sudafrica, la promozione della cooperazione e
dell’integrazione regionale, lo sviluppo e la liberalizzazione del commercio di beni, servizi e
capitali tra le due parti ed a sostenere l’integrazione del Sudafrica nell’economia
mondiale44.
42
Fonte: Sintesi 2000.
L’accordo è stato successivamente modificato tenendo conto dell’allargamento dell’Unione Europea nel
2004 e nel 2007.
44
Il TDCA è integrato da altri quattro accordi commerciali nei seguenti settori: scienza e tecnologia, vino
e alcolici, pesca.
43
19
In particolare, esso prevede la creazione di un’area di libero scambio tramite un
programma di liberalizzazione asimmetrica del mercato45, al fine di consentire al Sudafrica
un’apertura graduale ed equilibrata, evitando impatti destabilizzanti per la sua economia:
l’Unione Europea dovrebbe eliminare le barriere tariffarie sul 95% delle merci sudafricane
entro il 2010 mentre il Sudafrica dovrebbe consentire il libero ingresso dell’86% delle
importazioni europee entro il 2012. È prevista anche la graduale liberalizzazione dei
prodotti industriali, mentre i settori “sensibili”, quali l’agricoltura, sono esclusi da tale
processo. L’accordo stabilisce inoltre il “cumulo di origine” dei prodotti, ovvero la
possibilità di considerare provenienti dal Sudafrica prodotti costituiti con elementi
provenienti da altri Paesi o parzialmente fabbricati all’estero, a condizione che rispondano
a determinati criteri46, al fine di beneficiare di un accesso preferenziale al mercato europeo
rispetto a Paesi terzi.
Il TDCA intende rafforzare la collaborazione bilaterale anche in altri campi, quali i servizi
doganali, il libero movimento dei capitali, la certificazione e la standardizzazione dei
prodotti. L’accordo comprende inoltre misure di assistenza tecnica da parte dell’Unione
Europea per la revisione della normativa sulla concorrenza in vigore in Sudafrica. Infine, le
due parti si sono impegnate a collaborare in ambito industriale, sociale, culturale,
dell’information technology e dello sviluppo delle piccole e medie imprese.
Dall’applicazione del TDCA, già nel 2000, l’interscambio tra l’Unione Europea e Sudafrica è
aumentato del 25% (raffronto con dati al 2005). L’Unione Europea è infatti il principale
partner commerciale del Sudafrica, rappresentando il 41% delle importazioni ed il 32%
delle esportazioni, nonché ed il 70% degli Investimenti Esteri Diretti. Il Sudafrica a sua
volta è il principale partner dell’Unione Europea in Africa.
EU-South Africa Strategic Partnership
Nel quadro del Trade and Development Cooperation Agreement è stato istituito un Joint
Cooperation Council con l’obiettivo di assicurare una corretta implementazione e
funzionamento dell’accordo e del dialogo tra il Sudafrica e l’Unione Europea. Sulla base dei
lavori del Joint Cooperation Council e di una proposta della Commissione Europea, il
Consiglio dell’Unione Europea Affari Generali ha approvato, nell’ottobre 2006, la creazione
di una partnership strategica con il Sudafrica, allo scopo di costituire una cornice coerente
45
L’accordo fa principalmente riferimento ai settori seguenti: tessile, dell’acciaio, pellame ed
automobilistico.
46
Le disposizioni riguardanti il “cumulo di origine” si suddividono in: i) cumulo bilaterale, riguarda
prodotti composti a partire da beni dell’UE e del Sudafrica; ii) cumulo diagonale, riguarda i beni che
incorporano materie prime di altri Paesi ACP (Africa-Caraibi-Pacifico); iii) cumulo integrale, concerne i
beni provenienti dai Paesi dell’Unione doganale dell’Africa australe (SACU), a condizione che l’ultima fase
del ciclo produttivo avvenga in Sudafrica.
20
e coordinata delle relazioni tra l’Unione Europea ed il Sudafrica nel lungo termine.
Sebbene la proposta copra le relazioni economiche, commerciali, sociali, ambientali e
culturali, si tratta essenzialmente di una “dichiarazione politica” sulla rilevanza dei rapporti
bilaterali ai fini del rafforzamento del dialogo e dell’adozione di posizioni ed azioni politiche
comuni a livello regionale ed internazionale47.
Nelle sue conclusioni il Consiglio Affari Generali ha sottolineato la necessità che la
partnership strategica sia complementare e coerente con il Trade and Development
Cooperation Agreement, con la strategia europea per l’Africa e con le negoziazioni
dell’Economic Partnership Agreement con la Southern African Development Community
(cfr. par. successivo).
Accordo di Cotonou - Economic Partnership Agreement
Il Sudafrica è uno dei Paesi sottoscrittori dell’Accordo di Cotonou, firmato nel 2000 tra
l’Unione Europea e settanta Paesi dell’Africa, dei Carabi e del Pacifico (Paesi ACP)48, per la
progressiva riduzione della povertà e l’integrazione dei paesi ACP nell'economia mondiale.
Poiché l’economia sudafricana è per molti aspetti simile alle economie avanzate e le
relazioni economiche con l’Unione Europea sono attualmente regolate dal Trade
Development and Cooperation Agreeement, il Sudafrica ha aderito all’accordo di Cotonou
con uno status speciale49.
Nell’ambito dell’Accordo di Cotonou, l’Unione Europea ha avviato nel 2004 i negoziati per
la sottoscrizione di Economic Partnership Agreement (EPA) con tutti i Paesi della SADC
(Southern African Development Community)50. L’EPA è infatti uno strumento previsto
dall’Accordo in discorso per rafforzare la cooperazione economica e commerciale51 tra
l’Unione Europea ed i Paesi ACP, attraverso la rimozione progressiva e reciproca delle
47
Nell’ambito della partnership strategica lo scorso maggio è stato approvato un piano d’azione che
prevede l’istituzione del Mogobagoba Dialogue (dal nome dell’albero della tradizione africana), ossia la
riunificazione di tutti i fora di cooperazione: summit, incontri ministeriali e Joint Cooperation Council.
48
Tale accordo sostituisce la prima convenzione di cooperazione (Convenzione di Yaoundé) sottoscritta
nel 1964 e proseguita con le quattro convenzioni di Lomé, l'ultima delle quali è scaduta nel febbraio
2000.
49
Il Sudafrica può concorrere a gare d’appalto per la realizzazione di progetti nei Paesi ACP ed essere
parte attiva in tutte le questioni di carattere politico (risoluzione dei conflitti, peacebuilding, diritti umani,
democrazia). Tuttavia ad esso non si applicano il regime generale degli scambi, i protocolli commerciali
dell’accordo, né può beneficiare degli aiuti finanziari del Fondo Europeo di Sviluppo. Il Paese usufruisce
invece degli aiuti dell’Unione Europea tramite il Programma Europeo per la Ricostruzione e lo Sviluppo,
che per il periodo 2000-2006 ha stanziato 885,5 milioni di euro mentre per il 2007-2013 prevede impegni
per 980 milioni di euro. L’Unione europea è il maggior paese donatore, pesando per il 70% degli aiuti
totali ricevuti dal Sudafrica.
50
L’Unione Europea ha ufficialmente avviato nel 2002 le trattative per la negoziazione di EPAs con tutti i
Paesi ACP, suddivisi in sei gruppi subregionali: SADC (Southern Africa) ESA (East Africa), ECOWAS (West
Africa), CEMAC (Central Africa) CARICOM (Caraibi).
21
barriere agli scambi, in linea con le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio,
alla realizzazione di iniziative di integrazione regionale, ed alla promozione dello sviluppo
sostenibile.
In particolare, i negoziati tra l’UE ed il SADC, che riguardano l’accesso al mercato per i
prodotti agricoli e non agricoli, il commercio dei servizi, la cooperazione allo sviluppo ed
altre questioni commerciali, dovrebbero concludersi alla fine del 2007 ed il nuovo accordo
regionale dovrebbe entrare in vigore a partire dal gennaio 2008.
Lo scorso febbraio il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea Affari Generali ha approvato
l’inclusione del Sudafrica - originariamente non compreso - nei negoziati dell’EPA tra l’UE e
la SADC, contribuendo alla creazione di un quadro più coerente ed armonizzato per
l’integrazione economica della regione.
d.
Altre iniziative rilevanti per lo sviluppo dell’economia sudafricana
Accelerated and Shared Growth Initiative for South Africa- (ASGISA)
Nonostante la forte crescita avvenuta in Sudafrica negli ultimi dieci anni, il tasso di
disoccupazione permane ancora a livelli elevati attestandosi nel 2006 al 26% circa52;
analogamente è ancora alta le percentuale di popolazione che vive al di sotto della soglia
di povertà53. Le Autorità sudafricane hanno deciso di avviare nel 2004 un programma di
medio termine, denominato Accelerated and Shared Growth Initiative54, che si pone i
seguenti obiettivi: a) portare il tasso di crescita del PIL da una media annuale del 4,9%
nel periodo 2004-2009 ad una media del 6% nel periodo 2010-201455; b) dimezzare sia il
tasso di disoccupazione56 che la povertà entro il 2014.
Ai fini dell’attuazione del piano sono stati individuati i principali fattori che limitano la
crescita economica, quali in particolare: la volatilità del tasso di cambio, le carenze nelle
51
L’Economic Partnership Agreement si distingue dal Free Trade Agreement (accordi di libero scambio)
poiché comprende oltre alla liberalizzazione del commercio, l’integrazione regionale (sud-sud) e la
dimensione dello sviluppo.
52
Tra il 2002 ed il 2005, la disoccupazione ha raggiunto il 32%. Fonte: Sintesi 2000 maggio 2007.
53
In Sudafrica il 45% della popolazione (20 milioni di persone) vive al di sotto della soglia della povertà
(un dollaro al giorno). Secondo alcuni studi tuttavia, il reddito del 20% della popolazione sudafricana più
povera è aumentato del 30% dal 1994 al 2004. Fonte: AGISA- Rapporto DTI
54
L’ASGISA non è un programma del Governo ma un’iniziativa nazionale promosso da vari gruppi
economici: sindacati, industriali, agenzie governative.
55
Si ricorda che prima del 1994 il tasso di crescita del PIL era pari all’ 1% ed è aumentato al 3% nel
2004.
56
Al fine di ridurre la disoccupazione il Governo sta promuovendo numerose attività “labour-absorbing” e
solo nel 2005 sono stati creati circa 540.000 nuovi posti di lavoro. Fonte: AGISA.
22
dotazioni infrastrutturali e logistiche, la scarsità di capitale umano qualificato57, le
limitazioni alla libere concorrenza, gli eccessivi oneri burocratici per l’attività delle PMI e
l’inefficienza dell’apparato amministrativo e regolamentare.
A fronte di tali criticità il Governo sudafricano ha tracciato una strategia articolata in una
serie di interventi, i cui assi principali sono riportati di seguito:
- infrastrutture: aumentare la percentuale di investimenti pubblici portandola dal
4% all’8% del PIL; per il periodo compreso tra aprile 2005 e marzo 2008, si
prevede una spesa delle imprese pubbliche pari a 370 miliardi di Rand (40 miliardi
di euro)58, che include sia progetti collegati alla FIFA World Cup del 2010, sia
progetti a lungo termine per il potenziamento dei trasporti, del settore energetico,
del comparto meccanico, delle infrastrutture ferroviarie e portuali;
- strategie settoriali: promuovere gli investimenti nel settore privato, ed in
particolare nei settori labour intensive come il Business Process Outsourcing
(BPO), il turismo ed i biocombustibili. Altri settori considerati prioritari sono la
chimica, il tessile, i beni durevoli, i metalli e l’industria artistica (film, musica);
- sviluppo del capitale umano: per far fronte ai problemi legati alla scarsità di lavoro
qualificato il Governo ha varato, nel marzo 2006, un piano denominato Joint
Initiative On Priority Skills Acquisition Mandate (JIPSA); tale programma, che
resterà inizialmente in vigore per 18 mesi, prevede l’attuazione di misure volte a
migliorare la qualità del sistema educativo pubblico ed a sviluppare programmi di
formazione per i lavoratori.
New Partnership for Africa’s Development (NEPAD)
Il New Partnership for Africa’s Development (NEPAD) è un ambizioso piano di sviluppo che
interessa tutto il continente africano, promosso e sostenuto da alcuni Presidenti - tra cui il
Presidente del Sudafrica, Thabo Mbeki - adottato ufficialmente nel 2001 durante il 37°
Summit dell’Unione Africana59. Tale programma si pone come obiettivi principali la
riduzione della povertà e la promozione dello sviluppo sostenibile del continente,
attraverso misure e azioni che favoriscano il raggiungimento di condizioni socio-politiche
stabili, l’incremento degli investimenti (principalmente nei settori dell’agricoltura, delle
infrastrutture, dell’ambiente e dello sviluppo umano), la mobilizzazione di capitali tramite
57
Le carenze di skills sono attribuibili alle politiche dell’apartheid ed a un sistema educativo ancora non
sufficientemente sviluppato.
58
Fonte: Business Unity South Africa (BUSA).
23
l’aumento dei risparmi, il miglioramento della gestione dei redditi e delle spese pubbliche,
nonché l’attrazione di flussi di investimenti diretti esteri.
Si tratta evidentemente di un piano di sviluppo multidimensionale e molto articolato che
prevede, tra l’altro, anche un ambizioso progetto valutario: l’African Monetary Cooperation
Programme (AMCP), ovvero un piano per la creazione di un’unione monetaria africana
entro il 2021. Secondo l’AMCP, l’unione valutaria potrà essere effettivamente realizzata se
almeno il 51% degli Stati membri dell’Associazione delle Banche Centrali Africane60
soddisferà determinati criteri di convergenza61. A tal fine l’AMCP prevede l’aggiustamento
dei tassi di cambio degli Stati membri a livelli di equilibrio, la liberalizzazione dei
movimenti in conto corrente ed in conto capitale, l’adozione di un regime di cambio
armonizzato e l’adozione di una politica monetaria orientata al mercato62.
e.
Interventi della Banca Africana di Sviluppo
La Banca Africana di Sviluppo63 è un organismo multilaterale fondato nel 1964 con la
finalità di promuovere lo sviluppo economico ed il progresso sociale dei Paesi membri del
continente africano. Gli azionisti sono 53 Paesi del continente africano fra cui il Sudafrica
59
L’Unione Africana, formata da 53 Paesi del continente, mira alla promozione della democrazia, dei
diritti umani e dello sviluppo in Africa.
60
L’Associazione delle Banche Centrali Africane è costituita da 45 Stati membri su un totale di 53 Paesi
del continente.
61
I principali criteri di convergenza sono: a) rapporto deficit/PIL al 3%; b) tasso di inflazione al di sotto
del 3%; c) riduzione del finanziamento del deficit pubblico da parte della banca centrale; d) riserve
esterne uguali o superiori a sei mesi di importazioni di beni e servizi; e) entrate fiscali nazionali non
inferiori al 20% del PIL; e) stabilità del tasso di cambio (Fonte Associazione delle Banche Centrali
Africane).
62
In particolare, l’AMCP prevede sei fasi per la realizzazione dell’unione monetaria:
I) 2002-2003, creazione di comitati regionali per l’adozione di programmi di integrazione monetaria;
II) 2004-2008, armonizzazione delle politiche macroeconomiche ed interconnessione dei sistemi di
pagamento; promozione di borse valori regionali; rafforzamento della supervisione bancaria;
III) 2009-2012, rispetto di alcuni indicatori macroeconomici (rapporto deficit/PIL al 3%, abolizione del
finanziamento della Banca Centrale al Governo, tasso di inflazione inferiore al 5%);
IV) 2013-2015, valutazione degli indicatori macroeconomici; creazione di un meccanismo africano dei
tassi di cambio;
V) 2016-2020, finalizzazione degli accordi per il lancio della moneta unica; preparazione del quadro
istituzionale attraverso la creazione di una banca centrale unica; valutazione della performance
macroeconomica dei singoli Paesi;
VI) 2021, introduzione della moneta unica e previsione di un periodo di transizione.
63
La Banca Africana di Sviluppo è membro dell’African Development Bank Group al quale appartengono
anche il Fondo africano di sviluppo (African Development Fund- AfDF) e il Fondo di sviluppo Nigeriano
(Nigeria Trust Fund creato nel 1976 con un capitale iniziale di 80 milioni di dollari). Mentre la AfDB
concede crediti a condizioni vicine a quelle del mercato in Paesi con reddito medio, i due fondi sopra
menzionati, creati negli anni settanta per ridurre la povertà, concedono crediti a condizioni estremamente
vantaggiose in quei Paesi più poveri, che in linea generale non possono accedere ai finanziamenti ordinari
concessi dalla Banca, né tanto meno sono in grado di approvvigionarsi direttamente sui mercati dei
capitali a tassi d’interesse di mercato. In particolare, il Fondo Africano di Sviluppo, le cui disponibilità
provengono principalmente dai contributi dei Paesi membri, eroga finanziamenti a tasso zero, con un
onere annuale (service charge) pari allo 0.75% dell’importo erogato ed allo 0,50% (commitment fee)
dell’impegno. Il periodo di rimborso del prestito è di 50 anni, compreso un periodo di grazia di 10 anni.
24
(Regional member countries-RMCs ovvero Paesi membri) e 24 Paesi di Europa (tra cui
l’Italia), America ed Asia (Non-regional member countries). La banca finanzia una serie di
progetti di sviluppo attraverso prestiti al settore privato e pubblico, acquisizioni di
partecipazioni, assistenza tecnica, investimenti in capitale privato o pubblico, interventi
d’aiuto (fino a 500 mila dollari) in casi di emergenza. Per rendere gli strumenti più efficaci
e rispondenti alle esigenze del mercato, nel 1997 è stato creato il single currency loan64 e
nel 2002 sono stati introdotti un serie di prodotti (swap sui tassi di interesse, sulle valute,
sulle materie prime, opzioni cap e collar sui tassi di interesse) per permettere la copertura
dei rischi di mercato.
L’Italia è diventata membro non regionale del Fondo africano di sviluppo nel 1982,
acquisendone circa cinquemila azioni, pari al 2,4% del totale65. Negli ultimi anni, le risorse
mobilizzate dall’Italia a favore dell’AfDB sono state destinate principalmente all’iniziativa
HIPC (Heavily Indebted Poor Countries) per un totale di 36,3 milioni di dollari. Nel 2003,
nell’ambito delle operazioni finanziate dalla AfDB, le imprese italiane hanno ottenuto
contratti per la fornitura di beni ed opere civili pari a 26,7 milioni di dollari, circa il 4,6%
del totale del procurement della Banca.
Con riferimento al Sudafrica, tra il 1967 e il 2005, sono stati approvati finanziamenti per
350.87 milioni di UA66 (circa 400 milioni di euro ovvero 1,4% del totale) ed erogati 281.84
milioni di UA (circa 321,3 milioni di euro pari a 1,1% del totale).
f.
Interventi della Banca Europea degli Investimenti
La Banca Europea per gli Investimenti, in qualità di istituzione finanziaria dell’Unione
Europea, ha il compito di attuare politiche volte a rafforzare l’integrazione economica dei
Paesi membri. Al di fuori dell’Unione Europea la BEI finanza progetti oltre che nell’area
Mediterranea, in Asia e America Latina, anche nei Paesi ACP ed in Sudafrica, nell’ambito
dell’Accordo di Cotonou.
64
Il currency loan permette di scegliere la valuta di finanziamento (dollaro, euro, yen, rand sudafricano)
e la tipologia di tasso di interesse (variabile o fisso). I termini di rimborso sono pari a venti anni (incluso
un periodo di grazia inferiore a cinque anni) per i finanziamenti al settore pubblico, a quattordici anni
(incluso un periodo di grazia inferiore a quattro anni) per le linee di credito con garanzia pubblica,
compresi tra cinque e quindici anni (periodo di grazia inferiore a tre anni) per i finanziamenti al settore
privato.
65
Nel 1986 l’Italia ha istituito un Trust Fund con un contributo iniziale di circa 260 mila euro a cui hanno
fatto seguito nel 2003, ulteriori 2 milioni di euro. Fino ad oggi il Trust Fund italiano ha finanziato attività
di assistenza tecnica, di identificazione, implementazione e valutazione e cofinanziato progetti per un
totale di circa 1,17 milioni di euro.
66
Si tratta dell’unità di conto utilizzata dall’AfDB per agevolare i paragoni tra i Paesi.
25
L’attività della BEI in Sudafrica risale al 1995, quando su invito del Consiglio dell’Unione
Europea, ha stanziato 300 milioni di euro per progetti di investimento per il periodo 19951997; il mandato è stato poi rinnovato fino al 2000, per altri 375 milioni di euro.
Successivamente per il periodo 2000-2006 sono stati finanziati progetti per 825 milioni di
euro ed il nuovo mandato esterno della BEI, adottato dal Consiglio dell’Unione Europea nel
dicembre 2006, prevede per il 2007-2013 finanziamenti per 900 milioni di euro, focalizzati
nel settore privato e nelle infrastrutture.
Si ricorda che l’attività di finanziamento della BEI è svolta sia su mandato del Consiglio
dell’UE, a valere su risorse comunitarie, sia a valere sui fondi propri della banca che
provengono dalla sua attività di raccolta e dai proventi collegati al lending. La BEI finanzia
i progetti, fino al 50% del costo dell’investimento, attraverso “prestiti globali” o “prestiti
individuali”. I primi, di importo inferiore a 25 milioni di euro, vengono concessi a banche e
intermediari finanziari locali che poi informano la BEI delle operazioni finanziate; i secondi,
di importo superiore ai 25 milioni di euro, vengono concessi direttamente ai promotori, per
lo più a controparti sovrane (e con garanzia sovrana) e successivamente canalizzati alle
imprese, per la realizzazione dei progetti. Il taglio dei finanziamenti in Sudafrica è
compreso tra 25 e 75 milioni di euro.
26
K
KE
EY
YN
NU
UM
MB
BE
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RS
SS
SU
UD
DA
AF
FR
RIIC
CA
A
Dati macroeconomici relativi al Sudafrica e
rapporti con l’Italia
27
SUDAFRICA
(Maggio 2007)
Key Numbers dell’economia
Indicatore
1997
2002
2005
2006
2007
Italia* UE27*
PIL a prezzi correnti (miliardi US$)
148,8
111,1
242,0
255,2
247,9
1.852 14.527
2,6
2,7
5,1
Variazione PIL Reale (%)
PIL pro-capite (US$)
5,10
4,8
1,9
3,0
3.610,0 2.600,0 5.690,0 6.040,0 5.910,0 31.515 29.381
Tasso inflazione medio (%)
11,9
9,3
4,0
4,6
5,3
2,2
2,2
Tasso di disoccupazione (%)
22,0
30,0
26,6
25,5
24,9
6,8
7,9
Debito Pubblico/PIL (%)
49
38,9
35,4
33,3
30,8
106,8
61,7
Debito estero/PIL (%)
17
22,5
12,2
11,7
12,2
--
--
2.319
4.756
-1.203
-5.791
-5.698
-26,9
-216,7
Popolazione (milioni di abitanti)
--
--
--
--
43,9
58,7
492,8
Età media popolazione (anni)
--
--
--
--
24,3
41,7
39,1
Tasso di crescita della popolazione (%)
--
--
--
--
0,46
0,07
0,16
Tasso di alfabetizzazione (%
popolazione con più di 15 anni)
--
--
--
--
86,4
98,6
98
Saldo Commerciale (mln di dollari)
Fonte: EIU su elaborazione Sintesi 2000, Banca Mondiale, CIA The World Factbook, Eurostat
* 2006
Interscambio Italia – Sudafrica (Valori in milioni di euro)
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
(marzo)
Esportazioni
996,3
1.073,6
1.007,1
964,2
1.148,0
1.304,3
1.591,4
395,7
Importazioni
2.447,4
2.018,8
2.034,0
1.531,0
2.011,2
2.390,5
2.303,0
683,9
Saldo
-1.451,2
-945,2
-1.027,0
-566,8
-863,2
-1.086,2
-711,6
-288,3
Interscambio
totale
3.443,7
3.092,5
3.694,8
3.894,5
1.079,6
3.041,1 2.495,2 3.159,1
Fonte: ISTAT
Secondo i dati pubblicati dall’ISTAT, nel periodo 2000-2006, le esportazioni hanno avuto
un incremento del 60% circa (passando da 996 a 1.591 milioni di euro), mentre le
importazioni hanno subito una lieve flessione, contribuendo alla riduzione del saldo
negativo per l’Italia. L’interscambio commerciale complessivo nello stesso periodo è
aumentato del 13% circa passando da 3,4 miliardi a 3,8 miliardi di euro.
28
ITALIA: BILANCIA COMMERCIALE CON IL
SUDAFRICA
(milioni di euro, Dati ICE)
3.000
2.500
2.000
1.500
1.000
500
0
-500
-1.000
-1.500
-2.000
1997
1998 1999 2000 2001 2002
Esportazioni
Importazioni
2003 2004
Saldo
2005
2006
Secondo gli ultimi dati comparati disponibili, l’Italia nel 2006 si è confermata nono
partner commerciale del Sudafrica, dopo Germania, Stati Uniti, Giappone, Cina, Regno
Unito, Arabia Saudita, Paesi Bassi e Francia (Dati UN Comtrade).
Nello stesso periodo, l’Italia è risultata il decimo acquirente delle merci sudafricane, con
una quota di mercato pari al 2,6%, preceduta da Giappone (11,9%), Stati Uniti (11,5%),
Regno Unito (8,8%), Germania (7,5%), Paesi Bassi (5,2%), Cina (4,0%), Svizzera
(3,3%), Belgio (2,85%) e Spagna (2,82%). Le principali merci importate dall’Italia sono:
metalli preziosi e semilavorati, prodotti della siderurgia, carbon fossile, pesci conservati e
trasformati e prodotti a base di pesce, macchine di impiego generale.
Nel 2006, l’Italia è risultata inoltre il nono fornitore del Paese, con una quota pari al
2,9%, preceduta da Germania (12,5%), Cina (10%), Stati Uniti (7,6%), Giappone (6,5%),
Arabia Saudita (5,3%), Regno Unito (4,9%), Iran (3,9%) e Francia (3,6%). Le principali
merci italiane esportate sono: macchine per impieghi speciali, prodotti petroliferi raffinati,
macchine di impiego generale, macchine e apparecchi per la produzione e l'impiego di
energia meccanica, macchine utensili, apparecchi trasmittenti, prodotti chimici di base,
autoveicoli, prodotti farmaceutici e prodotti chimici e botanici per usi medicinali.
La quota dell’Italia sulle importazioni sudafricane è diminuita dal 4,4% nel 1996 al 2,9%
nel 2006. Per quanto riguarda i maggiori Paesi europei, la Germania ed il Regno Unito
hanno visto ridurre la propria quota in modo molto più marcato, rispettivamente dal 15%
al 12,5% e dall’11,5% al 4,9%. La quota della Francia e della Spagna sono invece
aumentate nel periodo considerato (dal 3,4% al 3,6%, dallo 0,9% all’1,5%). Al di fuori
dell’Unione Europea, gli Stati Uniti ed il Giappone hanno registrato una diminuzione del
proprio peso, rispettivamente dal 12,9% al 7,6% e dal 7,8% al 6,5%, mentre è
29
aumentato quello della Cina (la cui quota sulle importazioni sudafricane è passata da 2,1%
al 10%), dell’Arabia Saudita (dallo 0,8% al 5,3%), dell’India (dallo 0,9% al 2,3%) e del
Brasile (dallo 0,9% al 2%). (Dati UN Comtrade).
Investimenti Diretti Esteri
Nel 2005 l’afflusso di investimenti diretti esteri in Sudafrica è stato pari a 6.379 milioni di
dollari, in aumento del 700% circa rispetto al 2004 (799 milioni di dollari), rappresentando
la principale destinazione in tutta l’Africa, con il 21% dei flussi di IDE in entrata (risultato
legato principalmente all’acquisizione dell’ABSA Bank da parte di Barclays - Dati UNCTAD).
Per quanto riguarda in particolare il flusso di investimenti dell’Italia in Sudafrica, alla fine
degli novanta esso ha cominciato ad assumere una certa rilevanza, grazie alle politiche di
stabilizzazione macroeconomica e di liberalizzazione, che hanno reso il Sudafrica una
destinazione sempre più competitiva ed attraente. Nel 1997, secondo dati dell’Ufficio
Italiano Cambi (UIC), il flusso di IDE in Sudafrica era pari a 58 milioni di euro; dopo il
picco di 113 milioni di euro nel 1998, anno nel quale l’Italia è stata il terzo investitore
estero diretto in Sudafrica, tale flusso ha iniziato una rapida discesa fino a raggiungere i
4,6 milioni di euro nel 2002. Successivamente, gli IDE hanno registrato una ripresa nel
2003 e 2004 (rispettivamente 5 milioni e 44 milioni di euro), che però non ha trovato
seguito nel 2005 (37,7 milioni di euro) e nel 2006 (21,5 milioni di euro). Il Sudafrica
rappresenta la trentottesima destinazione del flusso di investimenti esteri diretti italiani ed
il primo mercato nell’Africa Subsahariana; inoltre, il Paese è il ventisettesimo investitore in
Italia.
Per quanto riguarda invece il flusso di investimenti del Sudafrica in Italia, secondo dati
UIC, tra il 1997 ed il 2004, si sono attestati tra i 2-10 milioni di euro ed hanno raggiunto
eccezionalmente i 68 milioni di euro nel 2005, per poi diminuire a 34,7 milioni di euro nel
2006.
Presenza di imprese italiane in Sudafrica
Secondo dati ICE, in Sudafrica sono presenti 85 imprese italiane (2005). Si RICORDANO in
particolare Fiat Auto (autovetture), Magneti Marelli (componenti per auto), Parmalat Sud
Africa (agroindustria), Mario Levi Spa (pelletterie per auto), IVECO (veicoli industriali),
SICAD (nastri adesivi per imballaggio), Bonfiglioli (riduttori), FILK e SILMAR (catename in
oro), BLM (macchine per la lavorazione dei metalli), Bonfiglioli (riduttori industriali).
Infine, Luxottica e Pirelli possiedono aziende di distribuzione per la commercializzazione
dei propri prodotti.
30
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O
Dati di sintesi sul sistema bancario del Sudafrica
31
KEY NUMBERS SISTEMA BANCARIO SUDAFRICA
a cura di Sintesi 2000 Srl (2006)
Dati in
milioni di
US$
Banche
statali
Banche
private
Banche
estere
Totale
Numero
effettiv
o
Numero
per cui i
dati sono
disponibili
0
0
9
9
6
6
15
15
Total Assets
(valore
assoluto e
percentuale
su tot.)
0%
251.12
2
72.253
323.37
5
77,66
%
22,34
%
Mercato dei
prestiti
(valore ass. e
% su tot)
Mercato dei
depositi
(valore ass. e
% su tot)
0%
155.549
56.038
211.587
73,52
%
26,48
%
0%
196.81
6
62.565
75,88%
24,12%
259.38
1
Indicatori dell’andamento del settore:
I dati medi si riferiscono al campione di 15 banche dell’analisi (che costituiscono il 99% degli
assets di settore del sistema bancario del Sudafrica).
Dati a dicembre 2006
Tasso di interesse medio sui prestiti
11,2%
Tasso di interesse medio sui titoli a lungo termine
7,9%
Tasso di interesse medio sui depositi
7,1%
% Non performing loans (lordi)
1,22%
ROE
32,22%
Margine di intermediazione (Mg interesse + commissioni nette + attività
13.651,8 US$/mio
di trading nette)
Margine di interesse
8.731 US$/mio
Livello di bancarizzazione dell’economia:
(depositi+prestiti) /PIL
Depositi /PIL
Prestiti /PIL
Dati in milioni di US$ a dicembre 2006
In valore assoluto e percentuale
(259.381+211.587)/255.2
184,54%
00
259.381/255.200
101,63%
211.587/255.200
82,91%
Processo di privatizzazione:
E’ stato realizzato completamente. Rimangono solo due istituti di credito specializzato in mano
allo stato con quote di assets di settore modeste e che non possono prendere depositi dalla
clientela.
Regolamentazione di vigilanza:
Vengono applicati i requisiti di Basilea I.
L’applicazione di Basilea II è prevista per gennaio 2008.
Gli IAS sono obbligatori dal gennaio 2003.
32