La Musica di Papa Francesco

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La Musica di Papa Francesco
Avvenire 04/11/2014
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Venerdì
11 Aprile 2014
Alain Finkielkraut
CULTURA, RELIGIONI, TEMPO LIBERO, SPETTACOLI, SPORT
anzitutto all’Academie française
I
l filosofo Alain Finkielkraut è stato eletto
all’Academie française: nonostante
recenti polemiche, Finkielkraut
occuperà la poltrona numero 21
rimasta vuota nel 2012, dopo la morte dello
scrittore belga Félicien Marceau.
Alain Finkielkraut
Finkielkraut, 64 anni, è stato eletto al primo
scrutinio con 16 voti su 28. L’annuncio di un possibile ingresso del
mediatico e anticonformista filosofo nella prestigiosa istituzione
aveva seminato polemiche: tra i suoi oppositori si è denunciata
una personalità «di rottura» e «troppo polemica».
GIACOMO GAMBASSI
Q
uella sedia vuota al centro dell’aula Paolo VI, che
lo scorso 25 giugno ospitava il concerto in occasione dell’Anno della fede, non va presa come
chiave di lettura per raccontare il rapporto fra papa Francesco e la musica. Lo scatto che
ha fatto il giro del mondo e che qualcuno ha commentato come un segno del
disinteresse di Bergoglio verso il linguaggio “mondano” delle note altera il
legame del Pontefice con gli spartiti, coltivato fin da bambino e alimentato anche negli anni del suo episcopato a Buenos Aires da appuntamenti pubblici e
privati.
Se si vuole descrivere il suo interesse per
il pentagramma è meglio trarre dall’album del primo anno di pontificato le
fotografie di Francesco che suona la batteria regalata dal presidente di Trinidad
e Tobago, Anthony Carmona, o della
cancelliera tedesca Angela Merkel che
gli dona un cofanetto di centosette cd
con le registrazioni del direttore germanico Wilhelm Furtwängler, una delle migliori bacchette del Novecento. Oppure si possono scorrere le biografie e le
interviste rilanciate in questi mesi per
scoprire gusti musicali che il Papa declina anche quando parla di tutt’altro,
come il dialogo fra la Chiesa e il mondo.
«Francesco ama tutta la musica», spiega la soprano argentina Haydée Dabusti. Ribattezzata oltreoceano la “Maria
Callas di Buenos Aires”, è una delle voci apprezzate dall’allora cardinale Bergoglio che dal 1998 l’ha invitata più volte nella sua cattedrale per animare le
Messe che presiedeva o tenere concerti a cui lui non mancava di essere presente. Come papa Francesco, anche i
parenti della cantante arrivano dall’Italia. «Dalla Lombardia e da Napoli», ci
tiene a precisare. E con la mente torna
alle esibizioni davanti a Bergoglio. «Il
suo sorriso si espandeva quando incontrava la musica classica. E poi ha
sempre avuto un debole per la lirica».
Lo racconta lui stesso a Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin nel libro Papa
Francesco (Salani, pagine 190, euro
12,90). «Con la mamma al sabato ascoltavamo le opere che trasmettevano
alla Radio del Estado. Ci faceva sedere
accanto all’apparecchio e prima che cominciasse ci narrava la trama. Quando
stava per iniziare qualche aria importante, ci avvertiva: “State attenti: questa
canzone è molto bella”. Passare il sabato con la mamma e i miei fratelli, godendo dell’arte, era una cosa meravigliosa». E prosegue: «Lei, con le sue spiegazioni, teneva desta la nostra attenzione. Nell’Otello di
Verdi ci avvisava: “Ascoltate bene, ora
l’ammazza”». Non è
un caso che a dieci
anni Jorge Mario abbia preso lezioni di
pianoforte.
Sarà anche per questa educazione musicale ricevuta fra le
mura domestiche
che da Papa, nel colloquio con padre Antonio Spadaro per La
Civiltà Cattolica, citi
Giacomo Puccini
parlando della speranza. «Pensa al primo indovinello della
Turandot», dice Bergoglio all’interlocutore. È l’enigma della
principessa che ha
come risposta proprio la speranza paragonata nel libretto
dell’opera a un «un
fantasma iridescente» che «sparisce con
l’aurora per rinascere nel cuore». «Ecco
– aggiunge Francesco – la speranza cristiana non è un fantasma e non inganna. È una virtù teologale e dunque, in definitiva, un regalo di Dio che non si può
ridurre all’ottimismo che è solamente
umano».
Mozart
«La “Tetralogia
dell’anello” eseguita
da Furtwängler
alla Scala nel ’50
è la cosa migliore,
con il “Parsifal” del ’62
di Knappertsbusch»
«Mi riempie:
non posso pensarlo,
devo sentirlo. Quell’“Et
incarnatus est”
della sua “Missa in do
minore” è insuperabile:
ti porta a Dio!»
Gli eretici
e il perdono
ALESSANDRO ZACCURI
U
Puccini
Beethoven
Bach
«La speranza
della Turandot,
“fantasma iridescente”
che “sparisce
con l’aurora
e rinasce nel cuore”,
è la virtù cristiana»
«Mi piace ascoltarlo,
ma prometeicamente.
Tra quello
che preferisco
c’è sicuramente
l’ouverture
“Leonore numero 3”»
«Il brano
che amo tanto
è l’“Erbarme Dich”,
il pianto
di Pietro
della “Passione
secondo Matteo”»
Tutta la musica
di papa
FRANCESCO
Mappe. C’è chi l’ha descritto lontano dalla lingua del pentagramma: niente
di più sbagliato. Gli amici musicisti (e lui stesso) raccontano la sua hit-parade
La soprano Dabusti è sicura che Bergoglio apprezzi con un tocco particolare
Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, Norma di Vincenzo Bellini, Aida di
Giuseppe Verdi. Certo è che Francesco
rivela sia a Spadaro, sia ad Ambrogetti e
Rubini di ammirare la
musica romantica del
cantore di Sigfrido e
Brunilde. «A un livello
diverso amo Richard
Wagner. Mi piace ascoltarlo, ma non sempre. La Tetralogia dell’anello eseguita da
Furtwängler alla Scala
nel ’50 è la cosa per me
migliore. Ma anche il
Parsifaleseguito nel ’62
da Knappertsbusch». E
sembra quasi di intuire
nelle parole del Pontefice come il Crepuscolo
degli dei che conclude
il Ring – e che termina
con il leitmotiv della redenzione d’amore –
trovi una sorta di riscatto nell’imponenza del
Parsifal e del suo finale
sacrale sulle note della
«Redenzione al Redentore». Seppure in Wagner la sua concezione
religiosa sia intrisa di molteplici venature, comprese quelle buddiste, e non collimi a pieno con una visione cristiana.
L’orecchio di Bergoglio è allenato anche
alle partiture di altre grandi penne. «Tra
quelle che preferisco c’è sicuramente
l’ouverture Leonore numero 3di Ludwig
van Beethoven», dice ad Ambrogetti e
Non solo spartiti
“colti” nell’animo
di Bergoglio.
Buon argentino,
è conquistato
dal tango
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Il caso
Wagner
Rubini. Si tratta di una delle quattro “introduzioni” scritte per Fidelio e la versione che ha sedotto il Papa è considerata la migliore sia per l’intensità drammatica, sia per il respiro sinfonico. E di
nuovo Bergoglio ricorda il direttore che
ha ispirato il dono di Angela Merkel.
«Beethoven mi piace ascoltarlo, ma prometeicamente. E l’interprete più prometeico per me è Furtwängler».
Quando parla di Wolfgang Amadeus
Mozart, il Papa si affida a un avverbio:
ovviamente. «In musica amo Mozart,
ovviamente». Come a dire che non si
può non restare affascinati dal genio di
Salisburgo che è uno dei preferiti
anche da Benedetto XVI. «Quell’Et incarnatus est
della sua Missa in do minore è insuperabile – sostiene Francesco –: ti porta a
Dio!». Siamo in mezzo al Credo musicato per la Grande Messae la voce del soprano, sostenuta da flauto, oboe e fagotto, narra la meraviglia dell’inconcepibile consegnata a un canto che turba
e aggancia il cielo. È l’«espressione più
potente e più convincente, più semplice e grande di un uomo che riconosce
Cristo», scriveva don Luigi Giussani a
proposito dell’Et incarnatus est. «Mozart mi riempie – confessa il Papa –: non
posso pensarlo, devo sentirlo». E lo predilige «eseguito da Clara Haskil», la pianista rumena che ha restituito alle
sonate del talento austriaco una grazia
triste capace
IL LIBRO
NOTE DALLA «E» ALLA... «E»
Spiegare la musica liturgica in dieci parole che
cominciato tutte per «e». Non è un quiz televisivo o un gioco
enigmistico, ma il libro Il canto dei secoli (Marcianum Press,
pagine 174, euro 13,00) in cui Aurelio Porfiri prova a tracciare le
caratteristiche delle composizioni sacre affidandosi alla lettera che,
scrive l’autore, «nell’antichità semitica designava un uomo nell’atto di
pregare». Nato a Roma ma trapiantato a Macao dove è direttore delle
attività corali nella scuola Santa Rosa de Lima, Porfiri sostiene che la
musica all’interno di una celebrazione deve essere ecclesiale («essere e
sentire con la voce della Chiesa»), eccellente («frutto di uno sforzo di
perfezione»), eccedente (invitare a «qualcosa che protende oltre»),
estatica (rimandare al «passaggio fra l’essere esteriore e l’essere
interiore»), estetica (specchio dell’autentica bellezza), espressiva
(aperta all’universalità), edificante («introdurre al sacro»), elegante
(«rivendicare la sua origine soprannaturale») ed educante (in
grado di «risvegliare l’uomo interiore»). La sua riflessione
analizza anche i problemi aperti della riforma liturgia e si
fa il punto su «usi e abusi» nei riti. (G.Gamb.)
na riabilitazione. Anzi,
due. È quello che ha
chiesto mercoledì scorso
al Papa il domenicano
brasiliano Frei Betto, già figura di
spicco della teologia della
liberazione e voce molto ascoltata
nel contesto latino-americano. I
casi da lui segnalati riguardano
però il Vecchio Continente e
rimandano, nello specifico, alla
storia dell’Ordine del Predicatori.
Si tratta infatti di Meister Eckhart,
uno dei pensatori più originali e
controversi del Medioevo
tedesco, e di Giordano Bruno
(1548-1600). Entrambi
condannati a suo tempo per
l’eterodossia delle opere, con la
differenza che il mistico tedesco
accettò di ritrattare, mentre il
Nolano non volle piegarsi e fu
destinato a una morte atroce. A
provocare il turbamento
maggiore è proprio il rogo di
AL ROGO. Giordano Bruno
Il teologo brasiliano
Frei Betto ha chiesto
al Papa di riabilitare
Meister Eckhart
e Giordano Bruno.
Ma sulla fine del Nolano
il ripensamento
è già in atto da tempo
di fondersi con la dolcezza.
Poi, nella hit-parade bergogliana, c’è
Johann Sebastian Bach con le Passioni
(altro tratto che lo accumuna a Ratzinger). «Il brano che amo tanto è l’Erbarme Dich, il pianto di Pietro della Passione secondo Matteo», riferisce. La composizione sacra è uno dei capolavori
della musica occidentale e quell’Abbi
pietà che il discepolo ripete di fronte alla sua infedeltà precede il coro che richiama la misericordia di Dio.
Non c’è soltanto la musica “colta” nell’animo di Bergoglio. Da buon argentino si è lasciato conquistare dal tango.
«È una cosa che mi viene da dentro»,
confida. Scrive Elisabetta Piqué nella
biografia Francesco. Vita e rivoluzione
(Lindau, pagine 384, euro 19,00): «Adora l’orchestra di Juan D’Arienzo e non
smette mai di ascoltare Carlos Gardel,
Julio Sosa, Ada Falcón (che si farà monaca), Azucena Maizani (a cui darà l’estrema unzione). Ma era anche aperto
ad esperienze più avanguardiste: seguiva Astor Piazzolla e Amelia Baltar».
Una passione che Bergoglio porta persino a Roma. «Ogni volta che da cardinale si fermava nella capitale – racconta il
compositore e pianista Rolando Nicolosi, nato in Argentina da genitori italiani e
da anni trapiantato a Roma – veniva a
colazione da me. E gradiva che suonassi per lui: non soltanto la musica classica ma anche il tango». E, quando Bergoglio ha incrociato Nicolosi nella parrocchia vaticana di Sant’Anna a poche settimane dalla sua elezione al soglio pontificio, gli ha stretto la mano esclamando: «Maestro, qui ci vorrebbe un pianoforte per sentire della buona musica».
Campo de’ Fiori, rispetto al quale,
del resto, il ripensamento è in atto
da tempo. Dal 1998, per la
precisione, quando l’allora
vescovo di Vicenza, monsignor
Pietro Nonis aveva sostenuto – in
una lunga intervista raccolta da
Maurizio Cecchetti per
«Avvenire» – la necessità di
riconoscere che nei confronti di
Bruno «la Chiesa cattolica ha
sicuramente il debito che si ha
verso qualcuno a cui è stato tolto
il bene più grande, la vita». Più
che di «riabilitazione» (le tesi di
Bruno, in particolare quella degli
“infiniti mondi”, restano
inaccettabili dal punto di vista
dottrinale), Nonis aveva parlato
di «comprensione». Il dibattito
era poi proseguito a ridosso del
Giubileo del 2000, in occasione
del quale Giovanni Paolo II aveva
pronunciato una significativa
serie di mea culpa . La vicenda di
Bruno non vi figurava
apertamente, ma il 17 febbraio
del 2000 era stato il segretario di
Stato vaticano, il cardinale Angelo
Sodano, a definire la condanna a
morte del filosofo «un triste
episodio della storia cristiana che
provoca profondo rammarico».
Pochi giorni prima un altro
cardinale, il francese Paul
Poupard, aveva parlato di una
«una di quelle
controtestimonianze di cui oggi
la Chiesa si pente, chiedendo il
perdono del Signore e dei fratelli».
A Frei Betto il Papa ha suggerito
di pregare e ha assicurato che farà
altrettanto. Ora non resta che
attendere.
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April 11, 2014 10:39 am / Powered by TECNAVIA