Medie_M03_M44:Layout 1.qxd

Transcript

Medie_M03_M44:Layout 1.qxd
VI
HU
TE
GU
ZN
PR TWPRA
OI
AG
CI
SW
C
UO
YF
YF UOTC FR
A
EC XS
CAVALI ERI
PE
BA VIC L WBE
O
Q KSJQ LP FCABWI
MD
EATBPE
CI
NE
GF SL
CAD
RC
AG
CI SL
NE
GY VE
PO
IT
OP
AG
AOER
ITHR GM
TB
P
SX
VT
DEL
AE
RD CAMBIAMENTOFC VA VICL ISMP
NV TP ECWB NF RDCQ
R
AH BG VA VA TE
I
VA
I
G
V
L
C
EA
MD
ABWI NF XMFCABWI NF
CAVALIERI
DEL CAMBIAMENTO
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura - Ente Formatore per Docenti
Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero
Partendo dall’incipit di Marco Jaccond e con il coordinamento dei
propri docenti, hanno scritto il racconto gli studenti delle scuole e
delle classi appresso indicate:
Scuola Italiana “Cristoforo Colombo” di Buenos Aires (Argentina) - classe IC
I.C. ”R. Trifone” di Montecorvino Rovella (SA) - classe IIB
Scuola Sec. di Primo Grado Via Revel (ex A. Meucci) di Torino - classe IM
I.C. III “Castaldi - Rodari” di Boscoreale (NA) - classi IC/B
I.C. “G. Gonzaga” di Serre (SA) – classe IIB
Scuola Sec. di Primo Grado “Demetrio Cosola” di Chivasso (TO) - classe IG
I.C. “A. Maiuri” di Pompei (NA) - classe IIG
Istituzione Scolastica “Abbè J. M. Treves” di Saint-Vincent (AO) – classi IA/B
I.C. Pescara 6 Scuola Sec. di Primo Grado "B. Croce" di Pescara – classe IC
I.C. “Domenico Cimarosa” di Aversa (CE) - classe IIB
Editing a cura di: Mario Giuffrida
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali
Ente Formatore per docenti accreditato MIUR
Il racconto è pubblicato in seno alla Collana dei Raccontiadiecimilamani
Staffetta Bimed/Exposcuola 2013
La pubblicazione rientra tra i prodotti del Percorso di Formazione per Docenti “La Scrittura
Strumento indispensabile di evoluzione e civiltà” II livello. Il Percorso di Formazione è promosso
dal MIUR Dipartimento per l’Istruzione Direzione Generale per il Personale Scolastico Ufficio
VI e si organizza in interazione con l’Istituto Comprensivo “A. De Caro” di Lancusi/Fisciano (SA)
Direzione e progetto scientifico
Andrea Iovino
Monitoraggio dell’azione
e delle attività formative collegate
Maurizio Ugo Parascandolo
Responsabili di Area per le comunicazioni, il
coordinamento didattico, l’organizzazione
degli Stages, le procedure e l’interazione con
le scuole, le istituzioni e i fruitori del Percorso
di Formazione collegato alla Staffetta 2013
Linda Garofano
Marisa Coraggio
Andrea Iovino
Area Nord
Area Centro
Area Sud
Segreteria di Redazione
e Responsabile delle procedure
Giovanna Tufano
Staff di Direzione
e gestione delle procedure
Angelo Di Maso, Adele Spagnuolo
Responsabile per l’impianto editoriale
Mario Giuffrida
Grafica di copertina:
Valentina Caffaro Rore, Elisa Costanza
Giuseppina Camurati, Iulia Dimboiu, Giulia
Maschio, Giulio Mosca, Raffaella Petrucci,
Dajana Stano, Angelica Vanni - Studenti
del Corso di Grafica dell’Istituto Europeo
di Design di Torino, Docente Sandra Raffini
Impaginazione
Bimed Edizioni
Relazioni Istituzionali
Nicoletta Antoniello
Piattaforma BIMEDESCRIBA
Gennaro Coppola
Amministrazione
Rosanna Crupi
I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione Commerciale
RINGRAZIAMENTI
I racconti pubblicati nella Collana della
Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola
2013 si realizzano anche grazie al contributo erogato in favore dell’azione dai
Comuni che la finanziano perché ritenuta
esercizio di rilevante qualità per la formazione delle nuove generazioni. Tra gli
Enti che contribuiscono alla pubblicazione della Collana Staffetta 2013 citiamo: Siano, Bellosguardo, Pisciotta,
Cetara, Pinerolo, Moncalieri, Susa, SaintVincent, Castellamonte, Torre Pellice, Castelletto Monferrato, Forno Canavese,
Rivara, Ivrea, Chivasso, Cuorgnè, Santena, Agliè, Favignana, Lanzo Torinese. Si
ringrazia, inoltre, il Consorzio di Solidarierà Sociale “Oscar Romero” di Reggio
Emilia, Casa Angelo Custode di Alessandria, Società Istituto Valdisavoia s.r.l. di
Catania, Associazione Culturale “Il Contastorie” di Alessandria, Fondazione
Banca del Monte di Rovigo.
La Staffetta di Scrittura riceve un rilevante contributo per l’organizzazione
degli Eventi di presentazione dei Racconti 2013 dai Comuni di Bellosguardo,
Moncalieri, Ivrea, Salerno, Pinerolo, Saint
Vincent, Procida e dal Parco Nazionale
del Gargano/Riserva Naturale Marina
Isole Tremiti.
Si coglie l’occasione per ringraziare i tantissimi uomini e donne che hanno operato
per il buon esito della Staffetta 2013 e
che nella Scuola, nelle istituzioni e nel
mondo delle associazioni promuovono
l’interazione con i format che Bimed annualmente pone in essere in favore delle
nuove generazioni. Ringraziamenti e
tanta gratitudine per gli scrittori che annualmente redigono il proprio incipit per
la Staffetta e lo donano a questa straordinaria azione qualificando lo start up
dell’iniziativa. Un ringraziamento particolare alle Direzioni Regionali Scolastiche
e agli Uffici Scolastici Provinciali che si
sono prodigati in favore dell’iniziativa. Infine, ringraziamenti ossequiosi vanno a S.
E. l’On. Giorgio Napolitano che ha insignito la Staffetta 2013 con uno dei premi
più ambiti per le istituzioni che operano
in ambito alla cultura e al fare cultura, la
Medaglia di Rappresentanza della Repubblica Italiana giusto dispositivo Prot.
SCA/GN/0776-8 del 24/09/2012.
Partner Tecnico Staffetta 2013
Si ringraziano per l’impagabile apporto
fornito alla Staffetta 2013:
i Partner tecnici
UNISA – Salerno, Dip. di Informatica;
Istituto Europeo di Design - Torino;
Cartesar Spa e Sabox Eco Friendly
Company;
ADD e EDT Edizioni - Torino;
il partner Must
Certipass, Ente Internazionale Erogatore
delle Certificazioni Informatiche EIPASS
By Bimed Edizioni
Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
(Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura)
Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY
Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected]
La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2013 viene stampata in parte su
carta riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il
rispetto della tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi
intende contribuire alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi sono
risorse ineludibili per il futuro di ognuno di noi…
Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di
recupero e riciclo di materiali di scarto.
La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura
Bimed/Exposcuola 2012/2013
Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero.
Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo)
senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.
La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra tra i prodotti formativi di Bimed destinati
unicamente alle scuole partecipanti l’annuale Staffetta di Scrittura
Bimed/ExpoScuola.
PRESENTAZIONE
dedicato alle maestre e ai maestri
… ai professori e alle professoresse,
insomma, a quell’esercito di oltre mille
uomini e donne che anno dopo anno
ci affiancano in questo esercizio
straordinario che è la Staffetta, per
il sottoscritto, un miracolo che annualmente si ripete. In un tempo in cui
non si ha la consapevolezza necessaria a comprendere che dietro un
qualunque prodotto vi è il fare dell’essere che è, poi, connotativo della
qualità di un’esistenza, la Staffetta è
una esemplarità su cui riflettere. Forse,
la linea di demarcazione che divide i
nativi digitali dalle generazioni precedenti non è nel fatto che da una
parte vi sono quelli capaci di sentire
la rete come un’opportunità e dall’altra quelli che no. Forse, la differenza è
nel fatto che il contesto digitale che
sempre di più attraversa i nostri giovani porta gli individui, tutti, a ottenere delle risposte senza la necessità
di porsi delle domande. Così, però, è
tutto scontato, basta uno schermo a
risolvere i nostri bisogni… Nel con-
tempo, riflettere sul senso della nostra
esistenza è sempre meno un bisogno
e il soddisfacimento dei bisogni ci appare come il senso. Non è così, per
l’uomo, l’essere, non può essere così.
Ritengo l’innovazione una delle più rilevanti chiavi per il futuro e, ovviamente, non sono contrario alle LIM, a
internet e ai contesti digitali in generale, sono per me un motore straordinario e funzionale anche per la
relazione tra conoscenza e nuove
generazioni, ma la conoscenza è
altro, non è mai e in nessun caso l’arrivo, l’appagamento del bisogno…
La conoscenza è nella capacità di
guardare l’orizzonte con la curiosità, il
piacere e la voglia di conquistarlo,
questo è! Con la staffetta il corpo docente di questo Paese prova a rideterminare una relazione con l’orizzonte,
con quel divenire che accomuna e
unisce gli uomini e le donne in un afflato di cui è parte integrante il compagno di banco ma, pure, il coetaneo
che a mille chilometri di distanza ac-
coglie la tua storia, la fa sua e continua il racconto della vita insieme a
te… In una visione di globalizzazione
positiva. Tutto questo ci emoziona
anche perché è in questo modo che
al bisogno proprio (l’egoismo patologico del nostro tempo), si sostituisce il
sogno di una comunità che attraverso
la scrittura, insieme, evolve, cresce, si
migliora. E se è vero come è vero che
appartiene alla nostra natura l’essere
parte di una comunità, la grande
scommessa su cui ci stiamo impegnando è proprio nel rideterminare
con la Staffetta una proficua interazione formativa tra l’innovazione e la
cultura tipica dei tanti che nell’insegnare hanno trovato… il senso.
Dedico questo breve scritto ai docenti ma vorrei che fossero i genitori e
gli studenti, gli amministratori e le imprese, la comunità e l’attorno, a prendere consapevolezza del fatto che è
proprio ri/partendo dalla Scuola che
potremo determinare l’evoluzione e la
qualificazione del nostro tempo e
dello spazio in cui viviamo. Diamoci
una mano, entriamo nello spirito della
Staffetta, non dividiamo più i primi
dagli ultimi, i sud dai nord, i potenti
dai non abbienti…
La Staffetta è, si, un esercizio di scrittura che attraversando l’intero impianto curriculare qualifica il contesto
formativo interno alla Scuola e, pure,
l’insieme che dall’esterno ha relazione
organica e continuativa con il fare
Scuola, ma la Staffetta è, innanzitutto,
un nuovo modo di esprimersi che enuclea nella possibilità di rendere protagonisti quanti sono in grado di
esaltare il proprio se nel confronto,
nel rispetto e nella comunanza con
l’altro.
Andrea Iovino
L’innovazione e la Staffetta: una opportunità per la Scuola
italiana.
Quando Bimed ci ha proposto di
operare in partnership in questa importante avventura non ho potuto far a
meno di pensare a quale straordinaria
opportunità avessimo per sensibilizzare un così grande numero di persone sull’attualissimo, quanto per molti
ancora sconosciuto, tema di “innovazione e cultura digitale”.
Sentiamo spesso parlare di innovazione, di tecnologia, di Rete e di 2.0,
ma cosa sono in realtà e quali sono le
opportunità, i vantaggi e anche i pericoli che dal loro utilizzo possono derivare?
La Società sta cambiando e la
Scuola non può restare ferma di
fronte al cambiamento che l’introduzione delle nuove tecnologie ha
portato anche nella didattica: cambia il metodo di apprendimento e
quello di insegnamento non è che una
conseguenza naturale e necessaria
per preparare gli “adulti di domani”.
Con il concetto di “diffusione della
cultura digitale” intendiamo lo svi-
luppo del pensiero critico e delle
competenze digitali che, insieme all’alfabetizzazione, aiutano i nostri ragazzi
a districarsi nella giungla tecnologica
che viviamo quotidianamente.
L’informatica entra a Scuola in modo
interdisciplinare e trasversale: entra
perché i ragazzi di oggi sono i “nativi
digitali”, sono nati e cresciuti con tecnologie di cui non è più possibile ignorarne i vantaggi e le opportunità e
che porta inevitabilmente la Scuola a
ridisegnare il proprio ruolo nel nostro
tempo.
Certipass promuove la diffusione della
cultura digitale e opera in linea con le
Raccomandazioni Comunitarie in materia, che indicano nell’innovazione e
nell’acquisizione delle competenze digitali la vera possibilità evolutiva del
contesto sociale contemporaneo.
Poter anche soltanto raccontare a
una comunità così vasta com’è quella
di Bimed delle grandi opportunità che
derivano dalla cultura digitale e dalla
capacità di gestire in sicurezza la re-
lazione con i contesti informatici, è di
per sé una occasione imperdibile. Premesso che vi sono indagini internazionali da cui si evince l’esigenza di
organizzare una forte strategia di ripresa culturale per il nostro Paese e
considerato anche che è acclarato il
dato che vuole l’Italia in una condizione di regressione economica proprio a causa del basso livello di
alfabetizzazione (n.d.r. Attilio Stajano,
Research, Quality, Competitiveness.
European Union Technology Policy for
Information Society II- Springer 2012)
non soltanto di carattere digitale, ci è
apparso doveroso partecipare con
slancio a questo format che opera
proprio verso la finalità di determinare
una cultura in grado di collegare la
creatività e i saperi tradizionali alle
moderne tecnologie e a un’idea di digitale in grado di determinare confronto, contaminazione, incontro,
partecipazione e condivisione… I
docenti chiamati a utilizzare una piattaforma telematica, i giovani a inventarsi un pezzo di una storia che poi
vivono e condividono grazie al web
con tanti altri studenti che altrimenti,
molto probabilmente, non avrebbero
mai incontrato e, dulcis in fundo, le
pubblicazioni…
Il libro che avrete tra le mani quando
leggerete questo scritto è la prova
tangibile di un lavoro unico nel suo
genere, dai tantissimi valori aggiunti
che racchiude in sé lo slancio nel liberare futuro collegando la nostra storia,
le nostre tradizioni e la nostra civiltà
all’innovazione tecnologica e alla
cultura digitale. Certipass è ben lieta
di essere parte integrante di questo
percorso, perché l’innovazione è cultura, prima che procedimento tecnologico.
Il Presidente
Domenico PONTRANDOLFO
INCIPIT
MARCO JACCOND
Quel martedì d’inizio ottobre, il mio solitario amico Martino Canterel se ne stava, mogio mogio, davanti alla sua scrivania a guardare fuori dalla finestra. Le sue mani, tenute al caldo da due guanti
a righe senza dita, erano poggiate sopra una pagina bianca, immobili. Un poco discosta da esse la tastiera del suo computer non
comunicava alcun segno di vita: taceva il lieve ticchettio usuale.
Pensava, Martino Canterel: “Di ciò di cui non si può parlare si deve
tacere”. Anche il suo gatto, acciambellato sopra un puff, ronfando
piano, sembrava condividere il suo pensiero. Eppure al suo padrone sarebbe piaciuto molto poter parlare, anzi scrivere. Lo
aveva sempre fatto. Sì, perché Canterel era uno scrittore e aveva
pubblicato tanti racconti pieni di fantasia, vivaci, anche divertenti
a mio giudizio. Ma da un po’ di tempo non riusciva a mettere giù
niente. Neanche una frase. È che gli era venuta la voglia di scrivere una bella storia avventurosa che avesse il suo svolgimento
nel mezzo della natura viva; sì, nel mondo dei boschi, tra gli animali
liberi, sotto i cieli azzurri e tersi, o al largo delle verdi distese marine
sulle quali planavano nel vento le grandi ali degli albatri e dei
14
gabbiani. Soltanto che il mio amico scrittore ha sempre avuto bisogno di vedere, in qualche modo, le cose che poi racconta: cioè
egli trae ispirazione dallo sguardo. Osserva, riflette, e poi attacca
a scrivere. Ed era proprio questo il problema. Di là dai vetri della
finestra posta in fondo allo studiolo dell’appartamento cittadino
– dove da qualche mese si era trasferito – egli non riusciva a cogliere nemmeno un frammento di quella natura verde e incontaminata che nel pensiero si fingeva. Solo un angolo disadorno di
giardinetto pubblico, sistemato a lato di un piazzale ingombro di
auto parcheggiate, avrebbe potuto rendergli più gradita la vista
che gli si apriva di fronte. Ma era davvero poca cosa. Tanto più
che gli alberi erano striminziti, le aiuole mal curate e i sentieri ghiaiosi ingombri di cartacce e di avanzi della cosiddetta civiltà dei
consumi. Per il resto il paesaggio era ancora più avvilente: un’infilata di alti casamenti tutti uguali e un invadente centro commerciale era ciò che i suoi occhi azzurri potevano cogliere nel mezzo
di un reticolo disordinato di strade occupanti gran parte dello
spazio urbano. All’orizzonte altri edifici disadorni: parallelepipedi
in cemento armato i quali un tempo, almeno, avevano ospitato
fabbriche pulsanti di umana attività, ma che ora non risultavano
altro se non ruderi dismessi e malinconici. Erano appena suonate
15
le tre. Faceva piuttosto freddo quel giorno d’inizio ottobre. Il cielo
era coperto, noiosamente grigio. Martino Canterel sentiva freddo
nella sua stanza, ma soprattutto dentro al suo cuore. No, non era
affatto bello ciò che vedeva fuori. Egli avvertiva uno strano malessere di cui non avrebbe potuto parlare e tanto meno scrivere.
Altro che immaginarsi storie avventurose! A un certo punto, in fondo
alla strada che circondava il giardino pubblico, apparvero alcuni
operai del Comune che spingevano con fatica dei cassonetti per
l’immondizia e, dietro a loro, avanzava lenta una grossa ruspa, un
Caterpillar giallo. D’improvviso al mio amico scrittore venne
un’idea…
16
CAPITOLO PRIMO
La ruspa
Martino Canterel non riuscì a chiudere occhio durante tutta la
notte: se ne stava seduto di fronte al suo computer. Le sue mani
non erano più fredde e la tastiera non era più muta: il ticchettio era
costante e sicuro. Era molto concentrato e felice, a tal punto che
aveva perfino dimenticato di dare la razione di tonno a Felix, il
gatto. Il felino, che sembrava comprendere le ragioni del suo padrone, aspettava pazientemente e apparentemente addirittura
felice per il suo amico, che aveva trovato l’idea che lo avrebbe
allontanato dal malessere.
Da quando Martino aveva visto apparire in fondo alla strada
quella ruspa vecchia e gialla, tutto era cambiato. La sua immaginazione si era risvegliata e il suo cuore si era riscaldato, cancellando a un tratto il grigio e il freddo di fuori, che non sembravano
più così importanti. Il colore giallo, anche se sporco, del Caterpillar aveva cambiato tutto. La ruspa era come un piccolo e timido
sole in mezzo al grigio della strada. Quel grande e pesante strumento giallo rappresentava il cambiamento, il movimento della
terra, la rinascita. Martino iniziò a credere che le cose che ve-
18
La ruspa
deva, alberi striminziti, piante mal curate, carte e lattine per terra,
immondizia, non erano tutto: c’era dell’altro e la ruspa poteva portarlo in superficie. Le cose potevano cambiare, se si aveva il coraggio di scavare.
Il mio amico Martino Canterel poteva finalmente scrivere la sua storia!
Nel piazzale ingombro di auto parcheggiate, vicino all’angolino
del giardinetto pubblico, quando albeggiava, c’erano sempre
degli operai del Comune, che spesso turbavano la tranquillità
dell’unico spazio verde, in mezzo al reticolato di strade, sulle quali
si affacciavano sempre più edifici. Erano brutte costruzioni, spacciate per delle opere d’arte, ma così grigie e sporche, che non
meritavano di essere esposte alla vista di nessuno. Erano dappertutto, e sembravano dei giganti con tanti occhi oscuri e tristi. I colori freddi e grigi della città rendevano l’ambiente soffocante, il
paesaggio triste e le stagioni sempre uguali. L’unico colore che si
poteva intravedere in mezzo al cemento era quel po’ di verde del
giardinetto pubblico, anche se era spesso coperto dal grigio
dello sporco.
Un giorno gli uomini del Comune arrivarono, nel piccolo giardino,
con una grande e grossa ruspa, e subito cominciarono a lavorare.
Capitolo primo
19
Scavarono la terra per tutta la settimana, smettendo ogni giorno
di lavorare verso le cinque del pomeriggio.
Il giorno in cui Giorgio stava tornando a casa, stanco e frustrato,
avevano interrotto prima lo scavo per la forte pioggia, ed erano
andati via. L’uomo era sconfortato perché il suo progetto non era
stato approvato, e non avrebbe potuto realizzare il suo sogno:
ampliare il piccolo giardino pubblico sotto casa sua e creare un
grande spazio pieno di verde, di fiori colorati e di alberi alti e
belli. Sognava per la sua città una fonte di ossigeno ma il sindaco
aveva ritenuta più redditizia la costruzione di un nuovo centro
commerciale.
A quel punto Giorgio capì perché era arrivata la ruspa, della
quale aveva osservato il lavoro, dalla finestra del suo appartamento. Aveva notato, anche, che l’uomo che la guidava scavava
sempre nello stesso punto, come ossessionato. Era alto e grosso,
aveva pochi capelli e sapeva che il suo nome era Morodian perché aveva sentito chiamarlo così dagli altri operai.
Quel pomeriggio, prima di rientrare a casa, Giorgio si fermò un attimo davanti al giardinetto: era buio e la strada era deserta. Era
deluso perché sapeva che il suo progetto avrebbe potuto portare
un po’ di luce alla città, e mentre era preso da questi pensieri il suo
20
La ruspa
sguardo si posò in direzione della ruspa. Il punto della terra dove
Morodian aveva scavato durante tutta la settimana era molto profondo, tanto profondo che sembrava senza fine. Si avvicinò facendo attenzione a non scivolare, ma la pioggia aveva bagnato
troppo la terra, e cadde.
A un tratto tutto diventò buio, e quando riaprì gli occhi fu sopraffatto dalla luce: era in mezzo al verde, circondato da alberi pieni
di ogni tipo di frutta, piante colorate e fiori profumati. Era una festa
di colori, anche se Giorgio si sentiva perduto, e non capiva. L’ultima cosa che ricordava era la ruspa e la terra bagnata sotto di
essa. Dov’era finito?
Cominciò a camminare, e proseguendo per un sentiero arancione
vide un cartello dov’era scritto: Benvenuti ad ArreT. Era in un posto
sconosciuto ma non aveva paura di quel mondo magico e bellissimo. Dopo un po’ si trovò davanti a un albero gigante: non ne
aveva mai visto uno così. Dall’altro lato c’era ancora del verde e
in mezzo a questo delle persone tutte blu.
Cosa fare? Adesso aveva un po’ paura ma doveva reagire, doveva sapere perché si trovava lì, doveva capire. Decise di parlare, anche se si sentiva un po’ a disagio perché tutti lo stavano
guardando.
Capitolo primo
21
«Buon giorno, mi chiamo Giorgio».
«Ciao Giorgio - risposero tutti insieme, - benvenuto ad ArreT».
«Mi piacerebbe sapere dove mi trovo, me lo potete dire?»
Tutti si guardarono stupiti e preoccupati. Non risposero subito, ma
cominciarono a parlare piano tra di loro.
«È veramente molto strano che tu non sappia dove ti trovi e perché sia qui. Soltanto chi ha una missione è in grado di trovarci. Noi
siamo il centro della Terra, noi siamo la fonte della vita» disse un
uomo blu che aveva gli occhi gialli e luminosi come il sole.
«Non capisco» rispose Giorgio.
Tutti si guardarono pensierosi.
«L’ultima volta che un uomo ha messo piede su ArreT sono successe
cose molto strane e il mondo ha perso colore».
fece Giorgio molto preoccupato.
«La Terra e l’ArreT sono diventati più scuri e più freddi. Per fortuna
da noi ancora prevale la luce e l’amore, ma non come una volta».
Uno strano equilibrio sembrava mantenere in contatto due mondi,
e Giorgio si chiese cosa ci facesse in quel posto. Si chiese anche
che ruolo avesse Morodian, e chi fosse veramente.
Erano troppe le domande senza risposta. Da dove cominciare?
22
La ruspa
CAPITOLO SECONDO
ArreT la città del rinascimento
Quando Giorgio abbassò lo sguardo, e notò di essere completamente ricoperto di fango pensò che era il caso di darsi un’aggiustata. Guardò gli omini e chiese loro se potevano trovargli dei
vestiti puliti. Fu così che alcuni di loro, contentissimi poggiarono le
loro mani su di lui e, nello stesso istante si ritrovò pulito: indossava
una maglia di puro cotone, verde come il prato, che brillava a
ogni suo movimento, un pantaloncino corto, di colore blu come il
mare, ben stretto da una cinta di cuoio. Infine, al posto delle sue
sneakers aveva un paio di ciabattine di pelle con i lacci di cuoio.
Non si sentiva molto a suo agio in quelle vesti, ma presto si sarebbe abituato. Giorgio era proprio bello: giovane, sulla trentina,
moro con gli occhi azzurri come le profondità dell’oceano; era sua
abitudine andare in palestra, per questo il suo fisico sembrava essere stato scolpito nella pietra… ora era pronto. Fu condotto dinanzi all’albero gigante e un omino esclamò: «Eccoci arrivati! Qui
vive Don Jack, il nostro capo: lui è la saggezza assoluta, la fonte
di tutte le fonti». Il giovane alzò lo sguardo e alla vista di quella
casa rimase stupito: era semplice e umile, completamente mimetiz-
24
ArreT la città del rinascimento
zata tra i rami, uguale alle altre ma solo esteriormente. Dentro c’era
un silenzio armonioso e appena entrò fu travolto da un singolare
equilibrio interiore. Don Jack era lì, in cucina, e invitò Giorgio a entrare. «Accomodati pure!»
Giorgio si presentò e chiese: «Don Jack sapreste spiegarmi come
mai sono finito qui? E perché proprio io?»
Don Jack rispose: «Giorgio tu non sei finito qui ad ArreT per caso.
Ora ti racconto una storia… Tanto tempo fa nell’altra parte di
ArreT nacque un bambino di nome Morodian. Era come tutti i bambini: piccolo, indifeso e adorabile, cresceva allegro e spensierato,
pieno di gioia di vivere, con il solo desiderio di giocare e aveva
tanta paura della guerra, così ogni qualvolta che i suoi genitori
volevano parlarne lui si tappava le orecchie, non voleva ascoltarli per nessun motivo. Mi sembrava la gioia in persona, quella
che gli uomini spesso dimenticano. Allora decisi di fargli un dono
e così lo invitai ad ArreT. Lui si divertiva molto a giocare nei tanti
spazi verdi che c’erano qui, adorava correre a piedi nudi tra le
piante di nocciole… le sue golosità, tra i castagni, gli ulivi, le ginestre e i giardini di limoni, e mangiava tutto ciò che la natura gli
offriva e nient’altro: era proprio bello e forte come te. La cosa che
in assoluto gli piaceva fare di più era osservare i paesaggi mera-
25
Capitolo secondo
vigliosi di ArreT, soprattutto laddove finiva il bosco e iniziava il
mare, l’orizzonte, e il cielo. Costruiva le sue emozioni arrampicandosi sugli alti scogli frastagliati: era pericoloso ma lì si sentiva un
gabbiano, respirava a pieni polmoni l’aria che gli arrivava in faccia, piena del mare, ascoltava fino a stordirsi le onde che si infrangevano sulla roccia e il mare a stento riusciva a vederlo perché i
suoi occhi erano sempre accecati dal sole. Morodian poteva osservarlo alla sera quando il sole calava e tutto si dipingeva di
rosso… allora scendeva sulla spiaggia incantevole si sedeva sulla
riva e aspettava… L’azzurro non diventava mai nero perché ad
ArreT non c’era mai il buio. No… mai. Le stelle lo illuminavano e la
luna si rifletteva sull’acqua con un filo d’argento e ogni sera Morodian cercava di acchiapparlo, (faceva proprio come i pescatori quando tirano la rete), e quando lo prendeva era felice…
felice e libero… e cosi si addormentava, cullato dal suono delle
onde. Morodian visse così, con noi, una ventina di anni. Nel frattempo io mi accorsi che l’altra parte di ArreT era cambiata, gli uomini non stavano più a piedi nudi, correvano sempre e non
sapevano più aspettare. Erano stati talmente bravi a costruire
tutto che manipolarono anche il tempo e superarono la natura,
cosi da avere fiori e frutti sempre, ogni volta che volevano: poi,
26
ArreT la città del rinascimento
piano piano, dimenticarono e si assopirono proprio come accade
dopo una grande abbuffata e la terra stanca divenne tutta grigia,
priva di animali, con gli alberi sempre più spogli; i ruscelli persero
tutta la loro acqua e il cielo era sempre ricoperto di nuvole nere.
Così decisi di mandare Morodian in aiuto ma lui non riuscì a compiere la sua missione: nessuno lo ascoltava, e tutti andavano
troppo di fretta. Ma dove? Così anche lui iniziò a correre come gli
altri, e dimenticò la sua missione. Non per sempre, però: ArreT gli rimase nel cuore, gli mancava da morire, e temeva di averla perduta, fin quando non gli venne una idea: penso di farsi assumere,
come macchinista, da una ditta che doveva costruire un centro
commerciale. Si era convinto che se avesse scavato nel punto giusto avrebbe ritrovato ArreT, e solo un caterpillar poteva aiutarlo
nell’impresa, anche se sapeva che mai sarebbe ritornato qui, e
che solo uno spirito libero e puro poteva entrare». Giorgio si commosse a sentire questa storia, ma ora aveva capito… doveva rimediare al guaio di Morodian, e voleva a tutti i costi portare
l’amore e la pace sulla Terra, e magari si sarebbe guadagnato
anche il suo tanto desiderato pezzo di giardino: ma, sconsolato,
non sapeva proprio come fare. Don Jack lo guardò e lo invitò ad
andare via. Giorgio non capì ma in silenzio tra la paura e lo stu-
27
Capitolo secondo
pore girò le spalle e uscì dalla stanza. Don Jack sorrise. Camminava
solo e a un tratto udì una voce: «Ciao Giorgio, io sono Ariel. Ti
guiderò attraverso il bosco più bello di ArreT alla ricerca del nocciolo della pace». Ariel era una ragazza stupenda: i suoi biondi
capelli emanavano una luce naturale, i suoi occhi erano verdi
come lo smeraldo, il colore della pelle era blu, più intenso degli
altri abitanti di ArreT, Wow! Sembrava un angelo sceso dal cielo.
Giorgio, felice, s’incamminò al suo fianco.
28
ArreT la città del rinascimento
CAPITOLO TERZO
Istinto e coraggio
Martino si rigirava nel letto senza riuscire nuovamente a dormire.
Era arrivato al punto in cui la sua ispirazione era nuovamente
bloccata: era consapevole che il paesaggio desolato della
città lo stava intristendo, e avvertiva il bisogno di andare in un
bosco, pestare le foglie secche, risentirne i profumi e rivederne i
colori.
Vi ho già detto che il mio amico è un solitario: lo è diventato da
quando qualche mese fa si è dovuto trasferire in città, allontanandosi dalla sua adorata fidanzata, Anna, che vive nello splendido e antico parco del Gran Paradiso, dove svolge le sue
ricerche di botanica. Decise perciò di andare a trovarla l’indomani, affidandomi Felix, al quale bado sempre volentieri.
Anna lo accolse con affetto nella baita posta sul versante piemontese del Gran Paradiso e, approfittando della bella giornata
d’ottobre, decisero di affrontare subito un’escursione.
Imboccarono un sentiero e alzando lo sguardo videro uno stambecco, lassù su un crinale.
«È il simbolo del parco!» spiegò Anna
30
Istinto e coraggio
«È difficile scorgerlo, e noi siamo stati fortunati! Già alla fine dell’Ottocento il re Vittorio Emanuele II utilizzava quest’area come riserva di caccia, continuò, e nel 1919 lo donò allo Stato che, due
anni dopo, istituì il primo Parco nazionale italiano».
Si addentrarono quindi in una faggeta: il sentiero cominciava a
salire e in lontananza si scorgevano i castagni, mentre più in alto
erano i boschi di conifere. Martino era felice, e memorizzava tutto
ciò che vedeva, sentiva, odorava…
Davanti a un grosso arbusto chiese: «Che cos’è?»
Anna, stupita, rispose: «Ma è un nocciolo! Vedi le foglie ovali, quasi
tonde, verde cupo sopra, chiare e pelose sotto? A terra, poi, puoi
trovare tante nocciole rosicchiate da scoiattoli, ghiri, picchi… Un
fan della Nutella come te dovrebbe conoscerlo! Vive sui versanti soleggiati. Sai che nel Medioevo si pensava che i maghi e le streghe
costruissero le bacchette magiche con i rami del nocciolo?»
«Grazie! Mi hai dato un’idea!» rispose Martino, che appena tornato
alla baita, anche se stanco e accaldato, sentì il bisogno di scrivere.
La guardò con interesse: era una creatura alta poco più di un
metro e cinquanta, con un corpo minuto e fragile. Gli spiegò che
da piccola era stata immersa dal suo padrino, Don Jack, nelle
31
Capitolo terzo
acque del fiume EreveT che avevano dato alla sua pelle quel blu
così intenso. Era la figlia della Natura e aveva il potere di mantenere ArreT puro e incontaminato.
«Ti voglio portare fino al nocciolo magico» disse «che può aiutarci
a ripristinare la pace tra Natura e Uomini. Da un suo ramo estrarrai
una bacchetta, che saprai più avanti a cosa servirà. Stai attento
però, non sarà semplice!»
Detto questo sparì nel bosco fluttuando.
Giorgio, impaurito, si chiese se Ariel volesse abbandonarlo o metterlo alla prova e, immerso in questi pensieri, arrivò a un bivio del
sentiero: da una parte c’era un tratto di bosco costellato da mughetti, orchidee selvatiche, anemoni, cespugli con bacche rosse,
farfalle multicolori e coccinelle; dall’altra si scorgevano rovi spinosi, cespugli secchi, alberelli esili dalle foglie appassite.
Per fortuna la voce di Ariel, lontana ma chiara, gli suggerì: «Lasciati
guidare dal cuore, pensa al progetto che tanto hai desiderato!»
Era più che ovvio: se doveva seguire il suo istinto avrebbe preso
la strada fiorita, e così fece, proseguendo per un po’ tra colori e
profumi soavi. Ariel lo raggiunse in una radura abitata da un
branco di cervi.
«È un bosco magnifico!» esclamò il ragazzo.
32
Istinto e coraggio
«Non credere, troverai molte insidie» disse Ariel.
Andando avanti gli alberi cominciarono a diradarsi, l’erba divenne
secca e ingiallita e si trovarono a camminare in un paesaggio simile a una steppa, mentre una grossa pietraia li costrinse a procedere con maggior lentezza.
«Attenzione, potrebbero esserci delle vipere!» disse Ariel.
Altro che vipere! Subito dopo un mostro gigantesco e peloso
sbarrò loro la strada e terrorizzò Giorgio con il suo verso simile al
ruggire di mille leoni. Ariel però gli si parò davanti e, col suo
sguardo limpido ma deciso, costrinse il mostro a ritirarsi.
«È un essere che porta oscurità e dolore: è lui che ha reso insensibili gli uomini sulla Terra, che gioisce ogni volta che un mare si inquina, un habitat si spopola, una specie si estingue. Fintanto che
io sarò nei paraggi sei salvo, ma v’incontrerete di nuovo…».
Improvvisamente si trovarono davanti a un burrone, non troppo
largo ma profondo: un canyon al fondo del quale si sentiva scrosciare l’acqua di un torrente.
«Questo burrone, simile a una ferita, è il simbolo dell’inquinamento
globale del pianeta, ma il ruscello simboleggia la speranza che la
Terra si possa ancora salvare. Tutti noi, qui ad ArreT, speriamo che
l’eroe possa essere tu… non deluderci!» e così dicendo, Ariel flut-
33
Capitolo terzo
tuò dall’altra parte e si sedette ad aspettare con un sorriso lievemente beffardo sulle labbra. “Ci risiamo”, pensò Giorgio, “devo
cavarmela da solo”.
Guardando il bordo del burrone, scorse un albero secco, alto e
diritto. Legò un fascio di rampicanti al tronco e cominciò a tirare
con forza finché l’albero cadde dalla parte giusta. Il ponte era
pronto: ora serviva di nuovo del coraggio.
Appoggiò con cautela il piede destro sul tronco: reggeva il peso.
Stava per appoggiare il sinistro quando…
34
Istinto e coraggio
CAPITOLO QUARTO
Impegno, Stupore, Meraviglia!
Intanto sulla Terra il sole era appena spuntato e donava un gradito tepore di fine autunno quando Morodian riprese i lavori.
Aveva rimosso altri metri cubi di terreno slargando con impegno
una voragine a poche decine di metri da quella attraverso cui
era scivolato Giorgio.
Morodian continuava il suo lavoro scavando nel punto in cui, per
progetto comunale, doveva ergersi un ennesimo centro commerciale ma nel suo cuore e nella sua mente quello doveva essere
l’ipermercato dei valori dimenticati! Lui sapeva di non poter scendere ad ArreT ma in cuor suo sperava, nell’arrivo di qualcuno capace di compiere quella missione salvifica da tentare a tutti i costi.
Consapevole che l’unione fa la forza, era convinto di aver preparato la strada, un varco attraverso cui accogliere un probabile
cavaliere del cambiamento…
La parola ‘cambiamento’ appena evidenziata sul monitor fu quella
che riportò alla memoria di Canterel il ricordo di una scolaresca del
napoletano, incontrata nella giornata dedicata all’incontro con l’autore, in un quartiere grigio, dimenticato e bisognoso di una svolta.
36
Impegno, Stupore, Meraviglia!
“Che fantasia, quei bambini!” pensò stringendo un sorriso tra le
labbra e appurando che, nel mondo divenuto grigio, c’è ancora
qualcuno che continua a sperare, che grida ed esorta alla rinascita contro la cattiveria e l’egoismo. Nel riprendere il ticchettio
dei tasti, Cantarel ebbe la sensazione che quei bambini, fossero
lì vicini a Giorgio, e con un grido di incitazione simile a quelli che
allo stadio animano una squadra sostenevano il loro eroe: “Impegnati, resisti, non arrenderti! Sconfiggi il MALE! Stupiscici, meravigliaci!” Erano solo voci, intuizioni, percezioni. Riprese a
scrivere:
Lo strato del terreno da rimuovere era duro e la ruspa, con moto
ossessivo e ripetuto, grattava. Che boato!!!
Le onde sonore, le vibrazioni intense e sempre più fitte giunsero
ad ARRET nel preciso istante in cui Giorgio appoggiava il piede
sinistro su quel tronco incapace di resistere alla nuova minaccia.
Giorgio, braccia aperte, gambe inclinate cercò invano di bilanciarsi per tenersi in equilibrio.
Ariel, fluttuante lungo il lembo opposto del burrone, gli sorrise:
con un cenno della bionda chioma e strizzando l’occhietto che
sapeva d’erba gli trasmise sicurezza. Quello sguardo carico di
coraggio diede a Giorgio la forza di non mollare.
Capitolo quarto
37
Cercò di aggrapparsi lungo le pareti del precipizio afferrando
delle radici lunghe e legnose che, ben sostenute nel fondale del
ruscello in cui attutì la caduta, gli diedero la spinta per risalire a
galla.
L’acqua del ruscello cristallina, fluida e calda lo accolse come tra
le braccia di una madre che consola, allevia e deterge le ferite.
Riposò per ore come un naufrago lungo la riva. Svegliatosi, si rialzò
e si avviò verso un antro, dove esitante, si addentrò.
Era un luogo buio, umido, fetido e pieno di pipistrelli. Ammucchiati
in un angolo giacevano centinaia di fascine di rami di nocciolo.
Un cartello seminascosto diceva: “COLL della Rinascita”. Giorgio,
profondo conoscitore della storia antica, ricordò che i Celti chiamavano COLL, l’albero sacro, il nocciolo, simbolo della saggezza
e i cui frutti erano considerati contenitori della sapienza interiore.
Quei rami erano stati tagliati malvagiamente dal mostro spogliando l’albero sacro per impedirne l’individuazione da parte di
un probabile messia. Solo da quell’albero poteva essere realizzata la bacchetta magica. Nel preciso istante in cui scelse due
rametti da quel mucchio, ricomparve il mostro peloso.
Questa volta ElaM, così lo avevano battezzato, apparve ridicolo
perché mostrava la massa cavillosa sempre irta nonostante i residui
38
Impegno, Stupore, Meraviglia!
d’acqua gocciolante cercassero di fletterla. Il suo corpo, infatti,
era bagnato perché l’accesso all’oscura dimora avveniva per immersione nel canyon e oltrepassando a nuoto il fiume.
Giorgio rabbrividì. Tremava.
Il tremolio nervoso delle mani gli fece compiere un gesto magico:
intrecciò i due rametti di nocciolo con una forza tale da generare
un sibilo, campanello di comando per due serpenti-servitori.
Questi, striscianti, ersero la testa e vibrando la lingua biforcuta
così esclamarono al mostro il cui corpo appariva ora asciutto ma
sempre irsuto: «ELAM, è iniziata l’ERA DELLA RINASCITA!».
Giorgio, meravigliato, ricordò che quelle parole, insieme di lettere
magiche, erano le stesse, incise come gli OGAM dei Druidi sulla
tavoletta che Don Jack aveva in bella mostra nella sua minuta casetta, sul camino dinanzi al quale si era seduto mentre la fonte
della saggezza gli parlava della TERRA, di Morodian bambino,
nonché di quella missione che, da prescelto, doveva tentare.
Gli occhi dei due serpenti si infuocarono, carbonizzando magicamente la massa pelosa di ElaM: i peli arsi caddero come la cenere
da una sigaretta trascurata, e il mostro rimase svigorito.
Il collasso del Male rinvigorì la Sapienza e per magia ricomparve
Don Jack, ormai sicuro che la missione salvifica era iniziata.
Capitolo quarto
39
L’uomo si avvicinò a Giorgio, e disse con voce ferma: «Sorreggi i
due rametti con forza e tienili obliqui verso i serpenti!». Giorgio, con
lo stesso impegno mostrato finora, eseguì l’ordine, e i serpenti disegnarono con un movimento delle loro teste dei cerchi concentrici
che si illuminarono, consentendogli di avvilupparsi sui due rametti.
Si completava un rito. Giorgio si dotava di una bacchetta magica
e con essa doveva procedere per salvare e curare il mondo.
Osservando a lungo il mezzo magico mentre lo maneggiava con
cura quasi a volerlo accarezzare come si sfiora un oggetto
sacro, Giorgio meravigliato confidò a Don Jack di non temere
quei due serpenti.
La Fonte della sapienza gli parlò nuovamente: «Per vincere le fobie,
bisogna entrarci dentro! Bisogna cioè conoscerle e affrontarle!».
Don Jack continuò dicendo che i serpenti sono temuti perché animali custodi di un immenso potere primordiale. «Essi sono il simbolo
dello slancio dal basso verso l’alto, dalle tenebre al lume della
Conoscenza».
40
Impegno, Stupore, Meraviglia!
CAPITOLO QUINTO
Sulla strada dei ricordi...
nuove imprese!
Dopo aver pronunciato queste parole, Don Jack come avvolto da
una nebbia sparì e Giorgio si ritrovò da solo al buio. Doveva
uscire da quell’antro, provò a tornare indietro, ma sotto di sé c’era
solo il precipizio, mentre la parete di roccia sopra di lui era troppo
scoscesa.
L’ansia si impossessò di lui, quando dal fondo della grotta improvvisamente apparve una luce che sembrava avvicinarglisi. Giuntagli
di fronte, al centro di una sfera luminosa, apparve Ariel fluttuante
in tutto il suo splendore: mai si era sentito così confortato e rassicurato dalla presenza di qualcuno.
La fanciulla gli tese la mano e lui incantato non poté che seguirla.
Martino smise nuovamente di scrivere, dopo tutto era a casa di
Anna in un oasi di verde, si guardò intorno e vide la ragazza che lo
fissava in attesa: «...ti avevo chiesto di andare a fare una passeggiata e magari di raccontarmi su cosa stai fantasticando di nuovo».
«Scusami» disse Canterel «non ti avevo sentita, sono un po’ indeciso sugli sviluppi del mio “capolavoro”. Comunque hai ragione!
42
Sulla strada dei ricordi... nuove imprese!
Una passeggiata ci farà bene».
Insieme si incamminarono lungo un sentiero in mezzo ad un folto
boschetto e qui, Martino le confidò tutte le difficoltà che stava incontrando. Stavolta, a differenza di tante altre volte, non aveva
ancora elaborato con precisione lo sviluppo della vicenda, e non
era sicuro che il messaggio che voleva lanciare fosse chiaro: sentiva l’esigenza di esprimerlo in un modo più profondo e personale.
Anna, mentre lo ascoltava raccolse una castagna, caduta dal
proprio riccio e gliela lanciò per gioco. A Martino quella castagna
riportò alla mente quando, da piccolo, trascorreva le vacanze a
Serre, un piccolo paesino ai piedi del parco Nazionale degli Alburni ricco di castagne, dove abitavano i suoi nonni.
In quel momento realizzò che suo nonno, profondo amante della
natura, per la sua saggezza e maturità gli aveva ispirato la figura
di Don Jack.
Abbracciò Anna, grato del fatto che finora la sua sola presenza
aveva contribuito alla stesura di gran parte del racconto, e le
chiese di accompagnarlo a Serre, per fare una sorpresa al nonno.
«Ho giusto qualche giorno di ferie», disse la ragazza.
Quel fine settimana decisero di partire col treno. Dalla stazione di
arrivo, avrebbero dovuto prendere un mezzo per arrivare a casa
Capitolo quinto
43
di nonno Martino, ma il desiderio di attraversare a piedi quei luoghi tanto familiari e di farli conoscere alla sua amata, era troppo
forte. L’aria era frizzante e carica di tutti quei profumi tipici della
campagna. Raggiunsero la strada principale e si diressero alla
Chiesa di S. Martino, patrono del paese, dove tanti anni prima lui
era stato battezzato.
Dall’ultima volta in cui era stato lì, la Chiesa era stata ristrutturata
e il piazzale modificato, tanto che Canterel quasi non lo riconosceva. Risalendo attraverso gli stretti vicoli del paese, giunsero
alla “Castagneria”, una piccola piazza sovrastata da un alto albero di castagne selvatiche, sotto il quale c’erano due antiche
panchine di legno.
Martino fu assalito da un mare di emozioni e le lacrime gli velarono
gli occhi: lì d’estate giocava con suo padre e si rifugiava quando
la madre lo cercava arrabbiata.
Mentre stava per condividere con Anna queste sensazioni, vide
sedersi su una di quelle panche una figura particolarmente cara:
il nonno. Dopo, il primo momento di sorpresa seguirono gli abbracci e le presentazioni. Giunti a casa, dopo un pranzo “improvvisato” il nonno uscì con Anna per mostrarle con soddisfazione il
proprio orto e avere un parere dall’esperta, Martino invece ne
44
Sulla strada dei ricordi... nuove imprese!
approfittò per prendere dalla soffitta uno scatolone pieno di vecchie fotografie. Si sedette, accanto al fuoco, sulla sedia a dondolo che era stata della nonna, e cominciò a guardare quelle
immagini del passato: la nonna che lavava i panni alla “fontana
vecchia” del paese, il nonno che raccoglieva le olive, lui e il
padre che giocavano sulla spiaggia, lui e la madre che visitavano
per l’ennesima volta la zona archeologica di Paestum. Al centro di
una foto, era lui con pantaloncini corti e berretto rosso e sullo
sfondo, alle sue spalle, il tempio più grande; il tempio di Nettuno.
Martino allora seppe come continuare...
Giorgio e Ariel finalmente, dopo aver attraversato l’interno della
caverna, uscirono alla luce del sole. In un primo momento gli occhi
di Giorgio faticarono ad adattarsi al bagliore intenso della luce,
ma appena riuscì di nuovo a mettere a fuoco gli si stagliò davanti
la sagoma imponente di un tempio.
«Da qui devi continuare da solo» esclamò Ariel.
«Sei il prescelto e soltanto superando le prove che ti aspettano all’interno del tempio potrai sconfiggere le forze del male». Ciò detto sparì.
Giorgio rimasto solo, sempre con la bacchetta tra le mani, salì di
malavoglia i tre gradini del tempio: la facciata era composta da
sei colonne doriche di marmo bianco alte circa dieci metri: al di
Capitolo quinto
45
sopra della trabeazione risaltavano delle grondaie a testa di
leone e il frontone era abbellito da numerosi motivi vegetali.
Oltrepassate le colonne, si trovò di fronte la figura di Don Jack sospesa a mezz’aria che disse: «È giunto il momento di dimostrare il
tuo valore! Dietro di me troverai tre stanze ognuna difesa da un custode, che dovrai aggirare per poter entrare nelle stanze successive. L’impresa è molto impegnativa: per uscire dal tempio dovrai
sconfiggere i tre guardiani, tre mostri che cresceranno di volta in
volta se saranno alimentati dalle tue paure. Ricorda, la bacchetta
magica ti aiuterà, ma dovrai essere tu a indicarle cosa fare. Non
esitare, agisci con intelligenza… forza e coraggio!».
Detto questo, Don Jack si dissolse, lasciando Giorgio più confuso
e agitato di prima.
L’eroe, assalito dall’ansia per il nuovo ingrato compito, si diresse
coraggiosamente verso la porta indicata. Con facilità l’alta porta
di legno massiccio che arrivava fino alla sommità del soffitto si aprì
e...
46
Sulla strada dei ricordi... nuove imprese!
CAPITOLO SESTO
Oltre il buio
…nel lento movimento di rotazione sui suoi cardini, Giorgio non
poté fare a meno di osservare l’imponente struttura: un vecchio
portone di legno, simile a quelli posti all’entrata delle chiese, che
stranamente si stava aprendo da solo, scricchiolando e facendo
vibrare le vecchie cerniere arrugginite. Giorgio trasalì e istintivamente indietreggiò, poi si ricordò della sua missione e proseguì.
Avanzò solo per pochi passi, quando con un colpo sordo la porta
si chiuse alle sue spalle; subito il giovane si voltò indietro e nel
buio più completo cercò invano la maniglia della porta. Fermo,
fissava due piccole luci farsi sempre più intense. Solo quando sentì
un gelido respiro intuì che quei bagliori altro non erano, che gli
occhi della belva OrucS. Il giovane era paralizzato dal terrore, le
gambe irrigidite, il viso di un pallore glaciale; a un tratto però ricordò le parole di Don Jack: la paura avrebbe alimentato il mostro.
Egli allora cercò ricordi e figure positive, che lo soccorressero, e
la mente lo portò con naturalezza all’infanzia, ai giochi all’aperto,
ai giardini dove andava col nonno…
48
Oltre il buio
“Già, dove sono Anna e il nonno? Ancora nell’orto? Cos’avranno
poi da confabulare quei due?” si chiese Martino sospendendo il
ticchettio della tastiera.
«Così il frutto di ciò che cogliamo all’esterno è il risultato di radici
ben salde, curate…» stava dicendo il nonno, mentre rincasavano
«l’amore per la terra che coltivo mi ha insegnato che non è importante
solo la superficie delle cose, ma ciò che vi sta sotto, nascosto… ma
bando alle chiacchiere e laviamo quest’insalata per la cena!».
Anna si avviò lesta verso l’acquaio e Martino sorrise furbamente,
cogliendo al volo un nuovo spunto e anche un grande insegnamento dalle sagge parole del nonno.
Mentre la distanza che lo separava dalla belva diminuiva, Giorgio si sentì stringere con forza le caviglie, come se due tenaglie
lo stessero afferrando: OrucS con un colpo secco lo aveva gettato contro la porta. Una grossa scheggia divelta per l’urto lasciò penetrare nella stanza oscura uno spiraglio di luce intenso
e accecante. Il mostro arretrò e in quell’istante Giorgio intuì che
il bagliore faceva impaurire il guardiano; prontamente con la
sua bacchetta di nocciolo vibrò un netto colpo in direzione
della porta, forandola e favorendo l’ingresso della luce nella
stanza.
49
Capitolo sesto
Il mostro si sciolse come neve al sole, fino a ridursi in un liquido viscido e giallastro.
“Ce l’ho fatta, la prima è andata!” disse Giorgio, con un sospiro di
sollievo, riflettendo che le parole di congedo di Don Jack “Non
esitare, agisci con intelligenza… forza e coraggio!”, rivelavano
la stessa natura delle prove, ma in un ordine rovesciato.
“Questa era la stanza del coraggio, – osservò tra sé – ovvio, un
ologramma è il riflesso della realtà! Ora mi aspetta la prova della
forza….”
Mentre cercava di mettere ordine fra i suoi pensieri, per tenere a
bada la paura che quasi lo soffocava, si trovò a varcare la soglia
dell’immensa stanza. Un passo e Giorgio si sentì mancare: appena
accanto al maestoso armadio di mogano intarsiato gli parve di
vedere l’immagine fluttuante di Ariel che gli sorrideva.
“Sto impazzendo forse!” pensò, stropicciandosi gli occhi ma, nonostante la paura, si confortò e trovò la forza di andare avanti verso
Ariel. Improvvisamente però, trovò a sbarrargli la strada il secondo
guardiano OrebreC: un gigantesco e orrido cane a tre teste.
Il pelo, arruffato e scompigliato, era nero come la pece e qua e
là chiazze di cute scoperta testimoniavano furiose lotte precedenti. I denti, chiaramente adibiti a lacerare le carni delle vittime,
50
Oltre il buio
splendevano come perle. Gli occhi tondeggianti e leggermente
sporgenti emettevano bagliori di luce rossastra. Più insopportabilmente stomachevole era però il fetore che emanava.
Appena l’ebbe visto Giorgio si sentì invadere da un’immensa
paura, superiore a quella che aveva provato quando stava per
precipitare nel burrone. “Devo farcela – si disse – e ce la farò”, e
mentre teneva ben saldo il ramo di nocciolo, che man mano lo
guidava nella conoscenza di se stesso, si aggrappò alla forza
della ragione, controllando le emozioni che lo scuotevano. Più
determinato che mai, strinse allora il ramo di nocciolo e fissò la
belva con fierezza, mentre OrebreC si rimpiccioliva assumendo la
statura di un criceto. A quel punto egli fece un ultimo sforzo: sollevata la bacchetta, la puntò in direzione del mostriciattolo e lo pietrificò nel momento in cui una smorfia beffarda deformava le tre teste.
Finalmente era giunto alla terza porta. Tremò quando vide la scultura sull’architrave: la grande testa di Medusa risvegliò in lui un
vecchio mai sopito terrore, quello dei serpenti.
Esitando girò il pomello della serratura e con sorpresa si trovò in
uno stretto corridoio con pareti altissime. Questo fu il suo ultimo nitido pensiero, quando all’improvviso qualcuno alle spalle lo spinse.
Sobbalzò mentre l’uscio si richiudeva con un gran tonfo e il buio
51
Capitolo sesto
completo calava in quel luogo indefinito. Come fosse il suo filo
d’Arianna, lentamente avanzò con la bacchetta salda in una
mano, senza staccare l’altro palmo dal muro, sempre più freddo.
Non vedeva, ma percepiva una strana presenza: alle sue spalle il
guardiano AruaP avanzava con movimenti lenti, la testa coronata
da mille serpenti, la lingua biforcuta, due occhi verdi di una luce
sinistra, il corpo viscido ricoperto di squame, la coda sibilante.
Con lo sguardo terreo, pensò:
“È questa dunque la stanza dell’intelligenza? Chissà cos’avrà voluto suggerirmi Don Jack?”. La mente di Giorgio era attanagliata da
tanti interrogativi, ma ogni muscolo del suo corpo era teso, gli
occhi vigili. “Devo farcela – si ripeteva – per me, per ArreT, per la
Terra, per i bambini che giocheranno nel mio parco… ora lo so,
ne sono consapevole!” Un flash lo illuminò: “Ecco, l’intelligenza è
la consapevolezza!”.
Un brivido lo scosse. Una leggera brezza gli scompigliava i capelli, mentre osservava il pesante portone d’ebano che si era richiuso alle sue spalle.
52
Oltre il buio
CAPITOLO SETTIMO
L’apparenza… inganna
La voce di Anna, che annunciava la cena, fece sobbalzare Martino
dalla sedia, mentre, dalla finestra entrava un venticello fresco che
mitigava il calore della stanza. Nell’aria si diffuse un odore gradevole di minestrone di verdure, appena colte dal nonno nel suo orto,
che si mescolava con il profumo della crostata di mirtilli, che era ancora in forno.
La cena procedeva tranquilla tra chiacchiere e risate, e il nonno
raccontava episodi della sua vita, ai giovani che lo ascoltavano
estasiati. Alla fine nonno e nipote si sedettero davanti al camino,
mentre Anna sparecchiava cantando.
Come richiamato da una forza misteriosa Martino, si congedò dal
nonno e riprese a scrivere.
Un dolce canto attrasse Giorgio, che si ritrovò disteso su una spiaggia che sembrava non finire mai: la sabbia, soffice come l’ovatta, era
dorata, e brillava al riflesso del sole.
Giorgio si alzò e cominciò a camminare controvoglia, e nonostante
cercasse di fermarsi non ci riuscì perché attratto dalle voci, come un
ferro dalla calamita. Giunse così alla riva del mare, cristallino e tra-
54
L’apparenza… inganna
sparente e, come d’incanto, vide emergere delle creature stupende
che lo lasciarono senza fiato: avevano trecce lunghe di colore
rosso, occhi verde smeraldo; Giorgio come ipnotizzato le seguì.
Erano le EneriS creature malvagie quanto belle al servizio di ElaM,
e girandogli intorno ripetevano sempre la stessa cantilena: «Vieni
con noi… sarai felice!»
Giorgio le ascoltava e sorrideva, incapace di resistere al fascino
della loro voce soave.
Per un attimo pensò che non vi fosse niente di più bello e dimenticò
la sua missione, ma all’improvviso, dal nulla, apparve Ariel che gli riconsegnò la bacchetta magica che aveva perduto. Immediatamente
la voce delle EneriS gli giunse sgradevole, stridula come il gracidare
delle rane e il loro messaggio gli apparve falso e ingannevole. Quasi
involontariamente pronunciò più volte la parola “Verità” e le EneriS
si trasformarono in pesciolini rossi che scapparono lontano.
Giorgio stupefatto per l’esperienza vissuta nuotò fino alla riva, e
pensò che ancora una volta era riuscito a sconfiggere ElaM che
spesso si nascondeva dietro immagini belle ma false.
“Adesso ho capito che il mio compito è spingere gli uomini ad andare oltre le apparenze per cogliere la verità!” esclamò il giovane,
che rincuorato si sentì felice e sereno.
55
Capitolo settimo
Non fece in tempo a riprendersi dalla sorpresa quando improvvisamente la terra cominciò a tremare, il mare si agitò e Giorgio fu
inghiottito da un vortice che lo fece atterrare su di un letto completamente d’oro accanto al quale c’era un uomo altissimo, con i
capelli biondi come il grano e gli occhi azzurri come il mare, e
dall’età indefinita.
Il giovane si sentì a disagio in questa strana situazione: era molto
stanco, e non aveva neanche la forza di muoversi; sentiva freddo
perché era bagnato, e cominciava ad avere fame.
A un tratto, l’uomo, con il cenno di una mano lo fece alzare e guidandolo in un ampio salone trasformò in oro tutto quello che toccava: i lampadari, i mobili, le porte…
«Io sono AdiM, e nonostante abbia tutto ciò di cui ho bisogno
vivo qui da solo e mi sento un po’ triste» disse come se fosse in
grado di leggere il suo pensiero.
Quando Giorgio provò a raggiungere la porta per aprirla si accorse di essere prigioniero, e una risata malvagia lo raggiunse:
«Finalmente ho trovato una compagnia e non ti lascerò andare!».
Giorgio impaurito, impallidì non sapendo cosa fare! Le lacrime gli velarono gli occhi, quando gli vennero in mente le parole di Don Jack:
“La paura alimenta i mostri, e ci impedisce di superare le difficoltà!”.
56
L’apparenza… inganna
Allora si calmò, si concentrò e cominciò a parlare con AdiM, delle
sue esperienze, soprattutto della gioia che si provava ad avere
degli amici. Improvvisamente la risata malvagia si trasformò in un
pianto che rese AdiM consapevole dell’inutilità della sua vita in
quella prigione dorata: così, sia l’uomo, sia il castello scomparvero,
e Giorgio stanco, ma finalmente libero, si addormentò. Fu risvegliato da strani rumori, e si trovò in un paese sconosciuto: vi erano
tanti palazzi alti e grigi che affiancavano strade strette e dissestate; da lontano si vedevano fabbriche che con il loro fumo rendevano l’aria irrespirabile. Al suono di una sirena da esse uscirono
decine di omini vestiti di grigio con il volto triste e stanco che si trascinavano a fatica verso casa.
Quando Giorgio si avvicinò si rese conto che ognuno parlava una
lingua diversa, e non riuscì a comprendere ciò che dicevano.
Era molto disorientato, quando un omino avvicinandosi gli disse:
«Questo è il paese di OidO dove, poiché litigavamo sempre,
siamo stati tutti condannati dal Giudice Supremo a vivere insieme
senza comprenderci mai».
«Per vivere è importante comunicare» rispose Giorgio «quindi
penso che sia una condizione di vita davvero triste e infelice».
Il giovane trascorse lì vari giorni ma era in preda ad un totale
57
Capitolo settimo
sconforto: tutto era grigio e piatto, nell’aria si sentiva malinconia
e tristezza, e anche gli uccelli non cinguettavano; il sole era sempre nascosto da nuvoloni neri, e nessuno sorrideva mai.
Quando era quasi sul punto di perdere ogni speranza gli vennero
in mente le parole di una poesia letta da bambino: “Il sorriso nello
scoraggiamento rinnova il coraggio”.
Incominciò perciò a sorridere a tutti… sorrise a destra, sorrise a sinistra…
“Perché sorridi?”
Il nonno era davanti a lui e lo guardava con sospetto. Martino non
si era accorto di aver dedicato quasi due ore al suo romanzo estraniandosi dal mondo, tutto preso da mostri e sirene.
Nel frattempo, Anna, che li aveva raggiunti, gli mostrò un depliant
arrivato quel giorno per posta sul quale era raffigurato un paesaggio
bellissimo che fece trasalire Martino, perché era simile a quello che
avrebbe voluto descrivere per la prossima avventura di Giorgio.
58
L’apparenza… inganna
CAPITOLO OTTAVO
Il cammino di Giorgio
Guardando ancora quel dépliant, Martino cominciò a pensare tra
sé: “Devo essere davvero stanco: sto confondendo la realtà con
la fantasia! È meglio che vada a dormire!”. A letto, però, continuava a pensare alla sua storia, e tornò al computer a scrivere.
Mentre Giorgio sorrideva, tutti gli omini incominciarono a cambiare
l’aspetto del proprio corpo: persero il colore grigio diventando
variopinti e riuscirono finalmente a comprendersi. Anche i prati diventarono verdi, le fabbriche cessarono di inquinare, l’aria e il
cielo si rischiararono lasciando posto alla luce del sole.
La popolazione, allora, si recò dal giudice supremo di OidO, che
sospesa la condanna, fu felice di godere, con la sua gente, della
natura e dell’aria pulita.
Giorgio era confuso e non sapeva cosa fare, quando i suoi pensieri
furono interrotti dalla comparsa improvvisa di Don Jack.
«Giorgio, ora sei pronto per sconfiggere definitivamente ElaM perché,
grazie alle prove superate, ti sei armato di forza, coraggio, intelligenza, consapevolezza, ma soprattutto hai sconfitto le tue paure».
Giorgio, perplesso, domandò: «Dimmi, dove posso trovarlo?»
60
Il cammino di Giorgio
«La bacchetta ti guiderà».
Giorgio non si stupì nel vedere Don Jack sparire in una nube di fumo
e nel trovarsi, d’improvviso, circondato da una distesa deserta.
Impugnò la bacchetta che gli indicò la strada da seguire, e dopo
molte ore di faticoso viaggio, Giorgio si sentì stanco e si appisolò.
La mattina seguente riprese il cammino e Giorgio avvertì la fame
e la sete: all’improvviso, mentre camminava su una duna di sabbia,
inciampò, alzò il viso e in lontananza vide il verde delle cime delle
palme. Temette che fosse un miraggio, ma ugualmente proseguì in
quella direzione, finché trovò finalmente un’oasi.
Corse a dissetarsi a una fonte e, poichè stava diventando buio,
si accampò.
Nella notte, sentendo dei rumori, Giorgio si svegliò mentre l’acqua
della fonte si stava magicamente alzando; sgranò gli occhi e vide
ElaM in mezzo alla sorgente, che con una risata malvagia gli scaraventò addosso una massa d’acqua.
Giorgio rimase a terra, stordito, ma poi si alzò e disse: «Non ho
paura di te, ti ho già sconfitto. Ti ho sconfitto nel nostro primo incontro e poi tutte le volte in cui sei apparso sotto molteplici forme di
male. Non mi sono fatto travolgere dall’avidità, dall’odio, dall’oscurità, dalla paura e da tutte le altre tue facce. Non puoi più nulla».
61
Capitolo ottavo
Le sue parole fecero vacillare il mostro, e Giorgio approfittò del
momento per continuare: «Sì, non ti temo più, guardati, sei grosso
ma indifeso. Ti nutri del male che gli uomini fanno agli altri, del male
che anche io ho fatto. Senza la nostra paura non esisti più. Guardami negli occhi: io sosterrò il tuo sguardo. Non c’è più paura in me.
Sei finito!»
Il corpo di ElaM, di fronte allo sguardo deciso e puro di Giorgio,
cominciò a divenire inconsistente, poi trasparente e infine sparì
del tutto.
Giorgio si guardò intorno esausto e decise che era giunto il momento di tornare al villaggio di Don Jack, aiutato dalla bacchetta
che nuovamente gli indicò la strada.
Dopo un lungo cammino, e uscito finalmente dal deserto, incontrò
Ariel che, sorridendogli, gli suggerì: «Prendi il sentiero fiorito e arriverai alla casa del mio padrino». Giorgio non si meravigliò per la
fugace comparsa della ragazza: ormai aveva imparato che ad
ArreT tutto era possibile.
Giunto a destinazione, raccontò a Don Jack quello che aveva capito: «La battaglia affrontata e la sconfitta di ElaM sono state una
preparazione per la vera battaglia che dovrò combattere sulla
Terra».
62
Il cammino di Giorgio
«Giusto: adesso sei pronto per tornare sulla Terra per compiere la
tua missione, prima però festeggiamo con gli altri la tua impresa»,
gli rispose Don Jack.
Seguirono due giorni di festeggiamenti, durante i quali furono allestiti banchetti e organizzati balli in onore di Giorgio.
Il terzo giorno, Don Jack e Ariel salutarono Giorgio, con un lungo
abbraccio: doveva partire.
Martino Canterel, dopo una notte insonne trascorsa a scrivere, si
diresse verso la cucina per prepararsi un buon caffè. Gettò uno
sguardo al salotto e gli parve di vedere, nell’acquario, delle sirene
al posto dei pesci. Pensò di essersi sbagliato e andò in cucina:
all’improvviso vide un uomo tutto blu davanti alla porta, con in
mano una cesta di verdura.
Lo osservò meglio e vide che era solo il nonno. Fece finta di niente
e si bevve il caffè, mentre pensava che forse aveva bisogno di tornare alla normalità del suo condominio.
Quando Anna entrò in cucina, le raccontò quello che gli era successo.
«Forse è meglio che ti riposi!» gli propose Anna.
«Sì, hai ragione, è meglio che torniamo a casa».
Il nonno fu rattristato dalla partenza del nipote, però disse: «Mi
dispiace, ma capisco! Vi aspetto per la prossima estate!»
63
Capitolo ottavo
Anna rientrò al suo giardino botanico e Martino venne da me a
prendere Felix, che lieto se ne andò a casa con il suo padrone,
che non poté resistere alla tentazione di rimettersi a scrivere. Arrivato a casa guardò fuori dalla finestra e, dopo aver visto un operaio in un angolo del giardino, gli venne un’idea e iniziò a scrivere.
Don Jack, prima di congedarsi da Giorgio, gli disse: «Vai al tempio
con la grande porta d’ebano. Ora che hai fatto il tuo cammino di
consapevolezza e sei riuscito a sconfiggere ElaM in tutte le forme
in cui ti si è manifestato, lascia la bacchetta nel nostro luogo di
culto: appartiene ad ArreT e non puoi portarla con te. Sulla Terra
la tua battaglia sarà reale, e non hai bisogno di mezzi magici perché saprai come agire».
Giorgio fece come gli aveva indicato Don Jack. Raggiunse il tempio, lo attraversò, posò la bacchetta davanti alla porta e sentì,
al di là di essa, dei rumori e delle voci.
Incuriosito la aprì e si trovò a percorrere in salita un lungo corridoio
arancione: arrivò sotto il giardinetto e uscì in superficie, dal buco
procurato dalla ruspa gialla.
Vide Morodian e capì che doveva andare a parlare con lui se
voleva riuscire nella sua impresa.
64
Il cammino di Giorgio
CAPITOLO NONO
I Cavalieri del Cambiamento
66
Giorgio si avvicinò a Morodian; quell’uomo, vigoroso e possente,
ma dallo sguardo umile e gentile lo poteva aiutare. Subito riconobbe in lui qualcosa di speciale e, fissandolo attentamente, vide
che i suoi occhi emanavano un bagliore, tipico degli abitanti di
Arret. Anche Giorgio, che aveva vissuto in quel mondo fantastico,
possedeva la stessa luminosità nello sguardo. Si fissarono per un
lungo interminabile momento, come se stessero rivivendo gli attimi
magici e costruttivi trascorsi in quel mondo ipogeo; poi Giorgio, attratto da una forza misteriosa, domandò: «Anche tu sei vissuto ad
Arret’?».
«Si!» rispose Morodian.
Giorgio riprese: «Caro amico, aiutami! Guardiamoci intorno. Questo ambiente, bigio e malinconico, deve essere cambiato. I bambini hanno bisogno di una natura equilibrata, rigogliosa, vitale per
coltivare la speranza di un futuro migliore. Dammi una mano in questa missione salvifica!».
«Non ho grandi mezzi» rispose Morodian «ma puoi contare sulle
mie mani e la mia ruspa». Rinvigorito nelle forze dall’incontro con
I Cavalieri del Cambiamento
quell’uomo, un gigante buono e generoso, decise di tornare, da
solo, dal Sindaco e provare a fermare il progetto del centro commerciale, che avrebbe deturpato ancora di più quell’ambiente,
già tanto aberrante.
Intanto Martino, vedeva muovere velocemente le sue dita sulla
tastiera, come se i personaggi del suo racconto, per osmosi, gli
stessero donando l’energia positiva di cui aveva bisogno per
cambiare anche se stesso. Pian piano stava crescendo in lui la
consapevolezza di non dover rimanere immobile e fermo: come
scrittore sentiva l’obbligo di diventare un novello “Cavaliere del
cambiamento”.
Giorgio si diresse verso il Municipio: nella mente gli frullavano tante
idee, ma non riusciva a trovare il “bandolo della matassa”. Come
avrebbe potuto convincere il Sindaco a cambiare opinione?
Cosa, poteva proporre di nuovo, se il suo progetto era già stato
bocciato? Man mano che si avvicinava al Palazzo di Città, pensava come convincere il primo cittadino che la felicità dei bambini
valeva più di un centro commerciale. Era agitato, e il cuore gli
batteva forte. Se falliva? Giunto sul posto fu ricevuto, quasi subito,
dal Sindaco, e senza tanti preamboli, gli espose la sua idea: «Si
ricorda del progetto che tempo fa Le avevo proposto?». Il SinCapitolo nono
67
68
daco lo guardò con aria assente, ma aveva capito benissimo a
cosa si stesse riferendo.
Il giovane continuò: «Ho davvero bisogno che lei capisca: il quartiere deve essere migliorato e i bambini, il nostro futuro, devono
crescere in un luogo salutare, correre sicuri, divertirsi, socializzare.
Tutto questo non può avvenire in una città circondata dal cemento! Non è pensabile».
Il Sindaco, adesso, lo fissava intensamente e sul suo volto c’era
un’espressione meno ostile. Giorgio rimase in silenzio: aveva bisogno di riprendere fiato. Il suo sguardo, vagò nella stanza ordinata e pulita; aveva un che di accogliente e capì che
dipendeva dagli oggetti personali che il Sindaco aveva esposto. Due cornici attirarono la sua attenzione; in una sistemata
sulla scrivania, vi era l’immagine di una famiglia con due bambini,
abbracciati da una donna sorridente e dal Sindaco quasi commosso. Nell’altra, in bella mostra sulla parete alle spalle della
scrivania, si distingueva, tra una folla di bambini, il fiero Sindaco
che tagliava un nastro. Giorgio ricordò che si trattava dell’inaugurazione della piccola scuola del quartiere e i bambini sembravano davvero entusiasti. Il Sindaco, seguendo lo sguardo di
Giorgio su quei volti spensierati e festanti, si sentì profondamente
I Cavalieri del Cambiamento
turbato, e sentì crescergli la consapevolezza che i fondi stanziati
per la costruzione del centro commerciale potevano essere convertiti in un’opera destinata ai bambini. Fu attratto dalle immagini
dei bambini sorridenti: ma in quei sorrisi c’era qualcosa che non
andava, come se a un arcobaleno mancasse un colore. Allo
stesso tempo avvertì anche la sua debolezza e la pressione
degli impegni assunti. Giorgio, quasi gli avesse letto nel pensiero,
disse: «Sindaco, il cambiamento di cui abbiamo bisogno può
partire dalla scuola, grazie ai bambini e alle loro famiglie». Salutò l’uomo, che rimase pensieroso, e si diresse verso l’edificio
scolastico, nascosto tra palazzoni, che si ergevano in un ambiente piuttosto degradato. La scuola non aveva giardino né
palestra agibile. Entrò e chiese di parlare con la Dirigente, che
lo ricevette nel suo ufficio.
«Posso esserle utile?» esclamò.
«Avrei necessità di coinvolgere i bambini e le loro famiglie per
organizzare un flash mob; l’intento è di evidenziare il disagio di
abitare in questo quartiere e stimolare l’Amministrazione a ragionare con il cuore e non sotto una pressione economica».
La Dirigente si mostrò subito entusiasta: finalmente qualcuno che
prendeva l’iniziativa! Avrebbe pensato lei a coinvolgere i docenti
Capitolo nono
69
e a comunicare alle famiglie il progetto. Stabilirono che avrebbero
agito tra sette giorni, e Giorgio aggiunse: «Mi raccomando, dica
ai bambini di portare da casa tutto ciò che può produrre rumore».
Il giorno stabilito, diretti verso il giardino e il piazzale, molti bambini
con le loro famiglie, armati di pentole e mestoli, cantarono gli slogan contro la costruzione del centro commerciale. Il Sindaco, che
era stato invitato, spronato da tanto entusiasmo, annunciò: ”Mi impegnerò perché qui nasca un luogo solo per voi!».
Con gioia tutti gridarono: «Diritto alla vita, diritto alla salute, diritto
al gioco, diritto a un’aria salubre, diritto a socializzare”».
Le mani di Martino, intanto, correvano sulla tastiera; era come se
tra lui e i suoi personaggi si fosse creato uno scambio reciproco
di idee e opinioni. Era come se lo scrittore fosse galvanizzato dai
pensieri di Giorgio e avesse assorbito tutto il suo entusiasmo e la
sua positività: si sarebbe impegnato per rendere le città, intristite
da tanta cementificazione, luoghi più accoglienti e vivaci. Era
questo il messaggio che avrebbero trasmesso le sue parole ai lettori. Affinchè Giorgio e Morodian potessero realizzare un giardino
rigoglioso e ameno, chiamò al telefono Anna e le disse che aveva
bisogno delle sue conoscenze botaniche. La donna, affascinata
dal suo progetto, gli suggerì la vegetazione che poteva rinverdire
70
I Cavalieri del Cambiamento
quello spazio così triste. Gli eucalipti arcobaleno, con i loro tronchi
multicolore, avrebbero dato nuova gioiosità arricchiti dalla presenza di profumatissime violette mammole, vivaci papaveri rosso
fuoco, delicati nontiscordardimé, tenaci ginestre gialle.
Martino, mentre parlava con Anna, si rese conto che le sue parole,
efficaci scalpelli, potevano diventare strumenti del cambiamento
ed essere fonte d’ispirazione, non solo sulla pagina, ma nella realtà, risvegliando le coscienze, rendendole consapevoli di dover
agire per il domani dei propri figli.
“Armi in resta!” disse tra sé e sé “Giorgio e Morodian hanno da
fare!”
Capitolo nono
71
CAPITOLO DECIMO
Il sogno diventa realtà
Al segnale di Giorgio, Morodian saltò sulla ruspa e orgoglioso ricoprì i segni dello scavo. Il pubblico gridò “Forza Morodian” ed
ecco scendere dal viso dell’uomo una lacrima blu, segno che il
bene stava facendo ritorno sulla Terra. Giorgio, nel frattempo, fece
entrare nello spazio adiacente al parco un camion pieno di piante
e fiori colorati: erano i meravigliosi fiori di Arret. Avvertiva in quel
momento dentro di sé una forza e una gioia immense, provate
prima di allora solo ad Arret: era il segno che qualcosa di magico
stava accadendo anche lì, in quel triste giardino.
Bastò un semplice segnale e tutti si avvicinarono al camion: i
grandi si occupavano delle piante grosse e pesanti, mentre i piccoli erano impegnati a piantare quei magnifici fiori. In poche ore
quel luogo si trasformò in un arcobaleno di colori e profumi: il profumo delle viole rosse, delle ginestre gialle, delle mammole e delle
violette invase l’ambiente mentre gli eucalipti arcobaleno riflettevano i raggi del sole avvolgendo il parco in un alone luminoso.
Negli occhi dei bambini si leggeva la voglia di libertà e di creatività che finalmente poteva essere espressa. Giorgio e Morodian
72
Il sogno diventa realtà
si fissarono a lungo e Giorgio gli chiese se avesse nostalgia di
ARRET. Dopo qualche attimo di esitazione Morodian guardandolo
fisso, affermò: ”La Terra ha bisogno di me, il mio compito sarà quello
di aiutare gli uomini ad amare la natura, ad aprire i loro cuori alla
solidarietà e al rispetto reciproco”. I due si strinsero in un abbraccio affettuoso davanti agli sguardi meravigliati della folla.
Le mani di Martino che da un po’ correvano veloci sulla tastiera,
improvvisamente si bloccarono: “Forse sono un po’ stanco” pensò,
e abbandonandosi in un lungo e profondo sonno sognò di scivolare nella stessa buca di Giorgio e di giungere ad ARRET.
Il paesaggio era uguale a quello descritto nel racconto, ma non
trovò nessuno ad accoglierlo. Si incamminò nella foresta fino a
giungere davanti alla casa di Don Jack. Smarrito aprì lentamente
la porta e con grande stupore vide che Don Jack e Ariel avevano
le sembianze del nonno e di Anna. In quello stesso istante si svegliò, e agitato e impaurito, realizzò che il viaggio di Giorgio non
era altro che il suo cammino di crescita verso la consapevolezza.
Don Jack era il suo caro nonno che fin da piccolo lo guidava per
mano nella crescita. Ariel, ovviamente, era la amata Anna che correva in suo aiuto ogni volta che ne aveva bisogno proprio come
Ariel con Giorgio. Un brivido attraversò velocemente la sua
Capitolo decimo
73
schiena e in quel preciso istante capì che Giorgio era lui “Il cavaliere del cambiamento”. Doveva agire proprio come aveva fatto
il protagonista della sua storia. Tirò un sospiro profondo e decise
di trasformare quello squallido spazio pubblico, che appariva
ogni giorno ai suoi occhi mentre inventava racconti fantastici, in
un luogo accogliente per i bambini del quartiere. Raccolse tutte
le sue forze e si recò dal sindaco della sua città proprio come
aveva fatto il suo eroe.
Come sembrava lontano il tempo in cui non riusciva a mettere giù
niente. Neanche una frase.
Il mio amico da quel giorno iniziò a scrivere romanzi capaci di svegliare le coscienze, e insegnare che i sogni possono diventare realtà grazie alla forza di volontà e all’amore. Martino Canterel non
sentiva più freddo nella sua stanza, ma soprattutto dentro al suo
cuore, e iniziò a vedere le cose che aveva raccontato: era il
tempo di agire!
74
Il sogno diventa realtà
APPENDICE
1. La ruspa
Scuola Italiana “Cristoforo Colombo” di Buenos Aires (Argentina) – classe IC
Dirigente Scolastico
Claudio Morandi
Docente referente della Staffetta
Mariangela Di Bello
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Achille Guadalupe
Gli studenti/scrittori della classe IC
Leandro Angelici, Catalina Arce Giovinazzo, Flavia Canclini, Matias Cosarinsky,
Violeta Cristallini, Xoana Dambrosi, Chiara Di Filippo, Valentin Di Stefano, Olivia
Garcia Mastandrea, Manuel Lobato Gayoso, Clara Martinez Larrea, Guido Moggia, Valentino Morazzo Nunzi, Nicolas Neyrotte, Massimo Pasqualini, Lucia Penela,
Carlos Pirovano, Santino Posleman, Yazmin Ramos, Mara Redonda, Nicholas Santini Pellegrini, Florencia Senra, Abril Waisgrais Peña
Il disegno è di Flavia Canclini, Yazmin Ramos, Abril Waisgrais
Hanno scritto dell’esperienza:
“…L’esperienza è stata molto interessante. Gli alunni hanno lavorato molto bene
ed hanno mostrato interesse ed entusiasmo.
Dopo la lettura dell’incipit, i ragazzi, divisi a gruppi, hanno cominciato a scrivere.
Hanno condiviso idee e pensieri e si sono organizzati per poter scrivere bene ed
in modo ordinato. Hanno scritto molto e hanno avuto idee molto belle. Per il docente è stato molto bello vedere gli alunni usare così tanto l’immaginazione. Ogni
gruppo ha letto il proprio lavoro e tutti si sono divertiti ascoltando le idee, alcune
un po’ matte, dei compagni. In seguito hanno scritto la versione definitiva e tutti
hanno partecipato alla correzione.
I ragazzi hanno capito che scrivere può essere anche molto divertente”.
APPENDICE
2. ArreT la città del rinascimento
Istituto Comprensivo “R. Trifone” di Montecorvino Rovella (SA) – classe IIB
Dirigente Scolastico
Beniamino Tagnesi
Docente referente della Staffetta
Laura Mazzeo
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Silvana Camarda
Gli studenti/scrittori della classe IIB
Dorotea Arena, Martina Brunetto, Rita Caruccio, Gerardo Citro, Christian D’Arminio, Oussama ElMeghary, Alessia Ferrara, Nunzia Ferullo, Luca Fortunato, Martina
Galluzzo, Ilenia Generoso, Alessia Giella, Alessia Girasole, Gianluca Giuliano, Luciano Leo, Valentino Melillo, Vincenzo Merino, Emilio Pesticcio, Francesco Polisciano, Aniello Sansone, Alissa Scarano, Sara Stabile, Cheem Vassallo, Giulia
Vassallo, Salvatore Vassallo
Il disegno è di Alissa Scarano
Hanno scritto dell’esperienza:
“…La Staffetta di Scrittura Creativa è stata un eccellente banco di prova delle
capacità espressive di ogni singolo alunno nel gruppo classe.
Le loro considerazioni: “veder concretizzare le nostre immaginazioni in un testo
così importante è stata un’esperienza fantastica.
Riuniti in gruppi abbiamo lavorato con impegno, entusiasmo, voglia di realizzare,
allegria ma soprattutto abbiamo imparato a sentirci più uniti”.
APPENDICE
3. Istinto e coraggio
Scuola Secondaria di Primo Grado Via Revel (ex A. Meucci) di Torino – classe IM
Dirigente Scolastico
Anna Beretta
Docente referente della Staffetta
Renata Salusse
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Renata Salusse
Gli studenti/scrittori della classe IM
Giulio Amerio, Carlo Jacopo Appiano, Sabrina Assuncao Ataides, Santino Bacino,
Giulia Barrella, Francesca Calogiuri, Christian Carlomagno, Andrea Caronia, Emanuele Cuccu, Lucio Druetto, Alberto Frattoloni, Leone Galoustian, Evanjelie Gjini,
Lorenzo Mattrel, Francesco Mauro, Simone Melotto, Ludovica Mussano, Mariachiara Noce, Loubna Ouriche, Cecilia Pellizzeri, Paolo Perosino, Emma Peruzzi,
Eleonora Ripa, Christian Romani, Simone Rovagna, Pietro Stukovitz
Hanno scritto dell’esperienza:
“…Ci è davvero piaciuto lavorare in gruppo, mescolare le nostre idee, votare
per decidere alcuni punti salienti; se all’inizio non sapevamo cosa scrivere, alla
fine le idee erano perfino troppe e abbiamo dovuto selezionarle. Non ci sembra
vero di aver contribuito con il nostro capitolo alla stesura di un racconto e non
vediamo l’ora di sapere come si svilupperà la storia e di avere tra le mani il libro
finito.
Riteniamo che questo sia un modo straordinario per educarci al rispetto della
Natura, per darci la consapevolezza che il nostro pianeta è prezioso e insostituibile. Abbiamo imparato divertendoci!
Secondo noi lo scrittore ha pensato a un incipit realistico, ma era sicuro che noi
ci avremmo messo tanta fantasia…”
APPENDICE
4. Impegno, Stupore, Meraviglia!
Istituto Comprensivo III “Castaldi - Rodari” di Boscoreale (NA) – classi IC/B
Dirigente Scolastico
Teresa Mirone
Docente referente della Staffetta
Carmela Casinelli
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Carmela Casinelli, Ida la Rana
Gli studenti/scrittori delle classi
IC - F. Aquino, C.A. Arpaia, N. Arpaia, M. Cesarano, G. Cirillo, D. Cozzolino,
M.de Rosa, A.F. Esposito, M. Kalita, V. Langella, I.C. Longobardi, G. Mascolo, A.
Quartetto, M. Scotto, C. Somma, L. Terlino, M. Vernillo
IB - A.Abbellito, M. Greco, A. Grimaldi, C. Monti, A. Imparato, F. Izzo
Il disegno è di D. Cozzolino, M. de Rosa, M. Kalita, V. Langella, M. Scotto
Hanno scritto dell’esperienza:
“…Questa magica esperienza ci è servita per appassionarci al narrare e al narrato a più voci!
La stesura del capitolo, il nostro meraviglioso lavoro, è stato l’ultimo approdo. Divisi in gruppi, in più fasi, la nostra aula è diventata un’officina.
Abbiamo ‘consapevolmente’ pianificato, ideato, simulato, disegnato, recitato le
possibili varianti narrative di un unico percorso finalizzato alla Rinascita del
Mondo! Un’esigenza quest’ultima, avvertita profondamente, in un territorio come
il nostro che ha urgente bisogno di una svolta”.
APPENDICE
5. Sulla strada dei ricordi... nuove imprese!
Istituto Comprensivo “G. Gonzaga” di Serre (SA) – classe IIB
Dirigente Scolastico
Filomena Apicella
Docente referente della Staffetta
Maria Cristina Morriello
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Mascia Cordò
Gli studenti/scrittori della classe IIB
Mariagiovanna Campagna, Angelica Cervino, Marianna Cornetta, Carmine Coviello, Arianna Del Sozzo, Mirko Di Rosario, Antonio Gugliucciello, Eleonora Maratea, Anna Mazzella, Monia Morcaldi, Angelo Opramolla, Ilaria Opramolla,
Miriam Paolino, Vincenzo Perillo, Carmine Potenza, Mariagiovanna Potenza, Gerardo Andrew Junior Valente
Hanno scritto dell’esperienza:
“…Per i ragazzi questa si è inaspettatamente rivelata un’esperienza divertente,
durante la quale si sono di volta in volta immedesimati nel protagonista e provando a immaginare il succedersi delle azioni le hanno quasi vissute in prima persona.
La coincidenza, poi, che il protagonista abbia lo stesso nome del patrono del
loro paese li ha coinvolti maggiormente, una coincidenza che hanno ritenuto
doveroso sottolineare e che ha aperto infiniti scenari nella prosecuzione del capitolo. Aspettano curiosi l’evoluzione della trama”.
APPENDICE
6. Oltre il buio
Scuola Secondaria di Primo Grado “Demetrio Cosola”di Chivasso (TO) - classe IG
Dirigente Scolastico
Doriano Felletti
Docente referente della Staffetta
Maria Silvia D’Agnelli
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Maria Silvia D’Agnelli
Gli studenti/scrittori della classe IG
Nicolò Agricola, Elis Aversa, Andrae Giorgia Bernhardt, Alessandro Brisacani, Marzia
Candido, Sofia Castelli, Alessia Farro, Nicholas Gambarini, Tommaso Ippolito, Fabiana Mancuso, Irene Mancuso, Alice Medola, Andrea Orlando, Valeria Pagetto,
Fabrizio Pagotto, Mattia Piperato, Giorgia Reato, Letizia Sarra, Francesco Scolaro,
Nicolò Sinopoli, Stefano Spigariol, Francesco Stramandinoli, Chiara Trento, Simone
Zito
Il disegno è di Fabiana Mancuso
Hanno scritto dell’esperienza:
“…Di nuovo la parola emblematica è “ENTUSIASMO”, tanto del docente, alla seconda esperienza, quanto degli alunni al loro primo cimentarsi con l’attività di scrittura.
I miei “primini” hanno saputo sorprendermi perché, dopo le iniziali perplessità - dove
chi con gli sguardi chi con le parole mi diceva “ce la faremo?”- tutti si sono fatti
coinvolgere dalla storia, che hanno seguito capitolo per capitolo, con previsioni e
anticipazioni, sempre apprezzandone gli sviluppi. Sciolte le briglie alla fantasia, nei
piccoli gruppi di lavoro, insieme i ragazzi hanno prodotto originali segmenti narrativi,
sui quali si è discusso a fondo per trovare un giusto equilibrio e accettare tagli grazie
ai quali si potesse ricucire un capitolo appartenente a tutti...”
per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa
APPENDICE
7. L’apparenza… inganna
Istituto Comprensivo “A. Maiuri” di Pompei (NA) - classe IIG
Dirigente Scolastico
Fiorenzo Gargiulio
Docente referente della Staffetta
Giovanna Sorrentino
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Giovanna Sorrentino
Gli studenti/scrittori della classe IIG
Giovanni Avino, Antonella Balzano, Carmine Brizio, Mariarosaria Carbone, Mariarosaria Cirillo, Valerio Costantino, Domenico De Martino, Raffaele Gallo, Claudia Iovene, Erika Langella, Marika Manco, Maria Rosaria Nanni, Antonio Raimo,
Alessia Scafarto, Marlene Hannora Somuah, Raffaele Staibano, Sara Ursini, Paolo
Vitiello
Il disegno è di Giovanni Avino
Hanno scritto dell’esperienza:
“…È stata un’ esperienza davvero unica perché ci ha permesso di lavorare in
gruppo dando libero sfogo alla nostra creatività”.
APPENDICE
8. Il cammino di Giorgio
Istituzione Scolastica “Abbé J. M. Treves” di Saint-Vincent (AO) – classi IA/B
Dirigente Scolastico
Paola Cortese
Docente referente della Staffetta
Isabella Carena
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Isabella Carena
Gli studenti/scrittori delle classi
IA - Margherita Brscic, Rigers Bushi, Axel Celano, Mounia Chentoufi, Nicolò Omposto, David Cordisco, Nathan Crittino, Nicole Dujany, Ashley Fabrizio, Noah
Grosjacques, Kevin Lentini, Alessandra Mazzitelli, Anita Morani, Zaccaria Nassiri,
Aline Philippot, Alessandro Rollandin, Gabriel Scarpino, Davide Sebastianelli, Michelle Vallet, Zoe Zaccheddu, Alessia Zendri, Fabiola Zola
IB - Giovanni Azzaroli, Leonardo Balma, Sebastian Barariu, Delia Beccio,
Cedrik Ciurca, Chiara Fiore, Melisa Ilgun, Jean-Marie Juglair, Sofia Lovato, Anemona Mereuta, Giulia Minervini, Izabela Moise, Philippe Pession, Gabriel Pietropaolo Novallet, Martina Puddu, Jean Ramolivaz, Ivan Rigollet, Samuele Riva,
Lorenzo Salza, Giulia Savoini, Johan Segafredo, Noemi Seris, Ruggero Spampinato
Il disegno è di Michelle Vallet
Hanno scritto dell’esperienza:
“…L’esperienza è stata positiva perché ha permesso agli alunni di prima di lavorare sul testo narrativo in modo diverso, attraverso un percorso che ha permesso
loro di riflettere in modo critico sul testo e di sperimentare la fatica e la ricchezza
della costruzione collettiva di una storia, credibile, coerente e corretta”.
APPENDICE
9. I cavalieri del cambiamento
Istituto Comprensivo Pescara 6 - Scuola Secondaria di Primo Grado "B. Croce"
di Pescara – classe IC
Dirigente Scolastico
Ada Grillantini
Docente referente della Staffetta
Maria Elisabetta Lombardi
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Gabriella D'Egidio
Gli studenti/scrittori della classe IC
Matteo Ainis, Marta Angeloni, Edoardo Capoccetti, Giulia Caporale, Adriana
Cieri, Viviana Tiffany Cucco, Giulia D'Amico, Lorenzo Di Credico, Andrea Di Cretico, Giulia Lalli, Matteo Lanaro Chiola, Chiara Mauro, Elena Paciocco, Valentina
Palmucci, Christian Passiatore, Michele Perrozzi, Letizia Pirone, Bruno Quattrocchi,
Chiara Rosini, Marta Salomone, Carola Terracciano, Nicolas Terrenzio
Il disegno è di Adriana Cieri, Viviana Tiffany Cucco, Elena Paciocco
Hanno scritto dell’esperienza:
“…L'esperienza della Staffetta è stata accolta con entusiasmo dalla classe.
Sin dai primi capitoli, abbiamo studiato con attenzione le tecniche narrative durante l'analisi testuale.
La discussione in classe, attraverso il brain storming, ci ha permesso di socializzare, di collaborare nell'approfondimento e di arricchire il linguaggio. Il lavoro,
poi, è progredito in piccoli gruppi.
I ragazzi, inoltre, hanno potuto avviarsi allo sviluppo del senso critico riflettendo
sul messaggio riguardante l'ambiente e la speculazione edilizia”.
APPENDICE
10. Il sogno diventa realtà
Istituto Comprensivo Statale “D. Cimarosa” di Aversa (CE) - classe IIB
Dirigente Scolastico
Cecilia Amodio
Docente referente della Staffetta
Gabriella Ucciero
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Gabriella Ucciero
Gli studenti/scrittori della classe IIB
Federico Amabile, Giuseppe Ariano, Paola Aversano, Maria Giorgia Bellicose, Attilio Cammisa, Ilaria Castionettim, Fabiola Ciccarelli, Mariafiorenza Concilio, Daniele D’Alesio, Simone De Donato, Stefania De Rosa, Martina Del Villano, Gaia
Della Corte, Lidia Di Domenico, Daniela Di Lemma, Francesco Pio Docimo, Paolo
Laiso, Anastasia Marino, Salvatore Milone, Luigi Nerone, Matilde Panza, Matteo
Raucci, Paolo Francesco Stabile, Elena Valentino, Umberto Zoto
Il disegno è di Giuseppe Ariano
INDICE
Incipit di MARCO JACCOND ..........................................................................pag
14
Cap. 1 La ruspa ........................................................................................................»
18
Cap. 2 ArreT la città del rinascimento ............................................................»
24
Cap. 3 Istinto e coraggio ....................................................................................»
30
Cap. 4 Impegno, Stupore, Meraviglia! ............................................................»
36
Cap. 5 Sulla strada dei ricordi... nuove imprese! ........................................»
42
Cap. 6 Oltre il buio ................................................................................................»
48
Cap. 7 L’apparenza… inganna ........................................................................»
54
Cap. 8 Il cammino di Giorgio ..............................................................................»
60
Cap. 9 I Cavalieri del Cambiamento ..............................................................»
66
Cap. 10 Il sogno diventa realtà ........................................................................»
72
Appendici ..................................................................................................................»
76
87
Finito di stampare nel mese di aprile 2013
da Industria Grafica Campana Srl di Agropoli (SA) Italy
ISBN 978-8897890-56-0
La ruspa
ArreT la città del rinascimento
Istinto e coraggio
Impegno, Stupore, Meraviglia!
Sulla strada dei ricordi... nuove imprese!
Oltre il buio
L’apparenza… inganna
Il cammino di Giorgio
I Cavalieri del Cambiamento
Il sogno diventa realtà