febbraio2003 - Comune di Firenze

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febbraio2003 - Comune di Firenze
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febbraio2003
LAPSICOLOGAÈINLINEA!
ATAVOLACOLNUTRIZIONISTA
WELLNESS
Il transessuale: un’identità imprigionata
Le corrette abitudini alimentari
per il paziente diabetico
Il “Wellback” e “l’allungamento globale
e decompensato”
Le linee guida della alimentazione dei diabetici sono notevolmente cambiate in questi ultimi anni a conferma del fatto che la dieta
alimentare resta uno degli aspetti principali nella cura di questa
malattia. Difatti la nuova terapia dietetica consiglia un elevato
consumo di carboidrati (zuccheri), oltre il 50% rispetto al totale
calorico introdotto giornalmente.
Due sono i tipi di diabete mellito: quello insulino-dipendente e
quello non insulino-dipendente, entrambi caratterizzati
dall’aumentato livello di glucosio nel sangue (iperglicemia). La
forma più severa è quella insulino-dipendente, che rappresenta
circa il 10-15% delle forme diabetiche totali e compare prima dei
40 anni di età, con esordio improvviso. È causata dalla perdita
completa o parziale della capacità di produrre insulina da parte
del pancreas ed obbliga il paziente alla assunzione giornaliera del
farmaco insulinico.
Il diabete non insulino-dipendente interessa il restante 80-85%
dei pazienti a patologia diabetica e compare in età
adulta o senile. La gran parte dei diabetici non insulino-dipendenti
potrà
giovarsi della sola cura alimentare mentre per i malati che necessitano di
insulina, una alimentazione
corretta e personalizzata,
oltre a garantire un buono
stato nutrizionale, è in grado sicuramente di ridurre il
fabbisogno del farmaco,
aumentandone l’efficienza.
I principali obiettivi della terapia alimentare sono:
n il raggiungimento del peso ideale, dal momento che i diabetici,
con l’eccezione di quelli insulino-dipendenti, sono spesso in sovrappeso;
n il controllo degli zuccheri nel sangue;
n la prevenzione dal danno vascolare (aterosclerosi) e renale mediante adeguata assunzione di grassi vegetali, ricchi di acidi grassi
polinsaturi e limitazione delle proteine di origine animale.
La quantità totale di calorie deve essere tale da garantire il mantenimento del peso ideale: 50-60% di carboidrati complessi (amido),
13-15% di proteine e 25-30% di grassi. La distribuzione giornaliera degli alimenti dovrà essere di 3 pasti principali e di 1 spuntino
nel tardi pomeriggio per i diabetici che si sottopongono alla terapia insulinica mentre per tutti gli altri sarà sufficiente una ripartizione in 3 pasti principali: colazione, pranzo e cena. Per tutti, infine, saranno rispettati, con scrupolo, gli orari di consumazione dei
singoli pasti. Gli zuccheri assunti devono essere di tipo complesso
(pane, pasta, cereali), perché più lentamente assorbiti, meglio se
ricchi di fibre ed integrali o semintegrali.
La fibra alimentare, contenuta anche in frutta e verdure, assunta
fino a 30 grammi al giorno, migliora nettamente il metabolismo
dei diabetico, ritarda lo svuotamento gastrico e regola
l’assorbimento intestinale di zuccheri e grassi.
Il consumo degli zuccheri semplici (glucosio e saccarosio) presenti
in tutti i dolciumi deve essere ridotto ma non necessariamente del
tutto eliminato: i diabetici devono prestare attenzione invece ai
prodotti contenenti fruttosio e serbitolo (marmellate, cioccolato,
Lo studio Kinesi di Giovanni Quercioli, professore di educazione fisica-kinesiologo, propone corsi di
“Wellback”: “l’allungamento globale decompensato”.
Ma cos’è il Wellback? Tradotto
dall’inglese significa “benessere
della schiena” e consiste in una serie
di esercizi mirati all’allungamento
delle catene muscolari del corpo (di
qui allungamento globale) che hanno lo scopo di riequilibrare la biomeccanica della colonna vertebrale,
delle articolazioni e di rafforzarle.
Questo lavoro corporeo agisce decisamente e positivamente sulla postura. La postura costituisce
l’insieme degli atteggiamenti che
caratterizzano la nostra figura corporea; in altre parole è la nostra fotografia.
Una postura alterata è un segno,
oltre che di un cattivo portamento,
di squilibri articolari, di tensioni e retrazioni muscolari e sta a significare
che il nostro organismo non è in
equilibrio e che in una o più parti del
corpo è in sofferenza. Le tensioni
emotive alle quali la vita di tutti i
Dal primo istante in cui il neonato si
affaccia al mondo, viene classificato
maschio o femmina. Non ci sono
classi intermedie. Il nome che gli viene subito dato confermerà questo
primo accertamento. Man mano
che il bambino crescerà, il vestiario,
il taglio dei capelli, i giocattoli, lo
stesso sistema educativo seguiranno questa linea. Famiglia e società
procederanno a confermare il primissimo giudizio in una ferrea alleanza. O si è maschio o si è femmina:
non vi sono vie di mezzo.
E il transessuale dove si piazza?
Dove sta uno che è maschio ma si
sente femmina e una che è femmina
ma si sente maschio? Nei loro racconti i transessuali rivelano che fin
da piccoli hanno percepito l’incongruenza tra l’identità che gli era stata attribuita e il loro corpo.
Raccontano dei loro comportamenti
contrari al sesso biologico nonostante tutti i condizionamenti a cui
ogni bambino viene fatto oggetto,
delle loro perplessità, delle loro afflizioni.
Contrariamente a quanto avviene
per l’omosessuale che può optare
per la clandestinità, il transessuale è,
come dire costretto allo svelamento.
Quando raramente la consapevolezza avviene in età adulta, questa
ha carattere imperioso e travolgente.
Il “coming out”, il mettersi allo scoperto, è certamente il momento
cruciale nella vita di un transessuale,
una vita segnata, secondo le confessioni dello stesso soggetto, da grandi sofferenze. E infatti egli si sente
prigioniero in senso letterale, di un
corpo che non gli appartiene quasi
vivesse dentro una corazza. Il desiderio intenso ed esasperato di libe-
rarsi degli odiati attributi sessuali a
lui estranei, lo spinge a sottomettersi a dolorosi, ripetuti e delicati interventi chirurgici. Una volta raggiunta
l’identità di elezione, il transessuale
è pronto a porsi in aperta sfida contro tutti i criteri che governano la
nostra società, pagando di persona
costi psicologici pesantissimi. Infatti
se il “coming out” avviene in età
adulta non è difficile immaginare a
quali problemi di riadattamento va
incontro sia in campo affettivo che
professionale in quanto può essere
stato sposato e aver avuto dei figli.
Raggiunto il sesso di elezione si nota
che il transessuale si comporta, per
quanto riguarda l’apparenza, in maniera esagerata quasi volesse affermare ad ogni costo la propria nuova
identità.
La procedura italiana per la riattribuzione chirurgica del sesso (legge
164 del 1982) prevede che prima
dell’intervento il soggetto dimostri
di poter vivere adeguatamente il
sesso di elezione.
Da un punto di vista psicologico va
chiarito a chi vuole affrontare questo intervento che solo una parte dei
problemi esistenziali o di relazione
verranno risolti.
Il transessuale pone alla psicologia
una serie di interrogativi:
n di che natura sono i processi
mentali che portano un individuo a
rifiutare il proprio sesso biologico e
perché la scelta del sesso opposto?;
n in che misura riesce a elaborare le
perdite ad esso connesse?;
n e ancora: perché il transessuale
dopo la transizione si sente liberato?; che ne è dell’Io?.
Nell’universo fortemente variegato
della transessualità le risposte sono
più che mai personali.
giorni ci sottopone (il lavoro, lo
stress, etc) vengono “accumulate”
nel corpo e modificano sensibilmente quella che sarebbe la nostra “fisiologica”
respirazione.
Il
diaframma, questo importantissimo
muscolo che ha sede nel centro del
nostro corpo, rimane bloccato dalle
tensioni e dall’ansia che ci porta a
respirare con i muscoli accessori della respirazione e che, a sua volta, irrigidiscono il collo, la gabbia
toracica e la schiena. Siccome i muscoli dell’apparato locomotore agi-
scono secondo precise catene collegate le une alle altre, la colonna e le
altre articolazioni risentono di questa rigidità e, di conseguenza, andando fuori asse, alterano il loro
normale funzionamento. Tutto questo porta con il tempo a disturbi
che, se non affrontati nel tempo
giusto, si organizzeranno in vere e
proprie patologie.
I corsi di “Wellback” si avvalgono
dell’ausilio dell’attrezzo multifunzionale “Pancafit”. Questo metodo
di lavoro corporeo agisce sul diaframma, lo sblocca favorendo la
funzionalità di tutti gli elementi ad
esso correlati: colonna vertebrale,
sistema cardio-vascolare, sistema
linfatico, apparato digerente (stomaco-intestino). Migliora la respirazione e aiuta il rilassamento, sblocca
le articolazioni rigide e doloranti; è
risolutivo per chi soffre di crampi o
dolori ai polpacci.
A chi e rivolto?
n A tutti coloro che hanno perso la
naturale elasticità muscolare e soffrono dei più svariati disturbi: lombalgie, cervicalgie, tendiniti, artrosi,
crampi, etc.
n Ai ragazzi che portano zaini pesanti e trascorrono molte ore sui libri
assumendo spesso atteggiamenti
viziati.
n Alle donne che vogliono recuperare il tono muscolare (in particolare
glutei, interno coscia, addominali)
senza sottoporre il proprio corpo, la
colonna vertebrale e le articolazioni
ad esercizi violenti e dannosi.
n Agli sportivi amatoriali, agli atleti
professionisti, ai danzatori che vogliono migliorare potenza e resistenza muscolare agendo sull’allungamento dei muscoli antagonisti
che fungono da freno agli agonisti.
n Ai musicisti che nel loro lavoro alterano la propria postura.
n A chi vuole migliorare la propria
respirazione agendo sul diaframma
e sui muscoli dorsali.
n A coloro che soffrono di problemi
circolatori.
n Alle persone anziane che vogliono mantenersi attive, ma non possono stancarsi o affatticarsi troppo e
che soffrono di disturbi articolari.
n A coloro che desiderano fare un
piacevole rilassamento antistress.
dott.ssa Karla Saunig
dott. Daniele Leoni
Studio Kinesi (Salute e Wellness) del dott. Giovanni Quercioli
psicologa - psicoterapeuta
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specialista in scienza dell’alimentazione
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