Giappone - TOAssociati

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Tokyo - Nomadi della notte
di Cristiana Ceci
Il futon è uno degli oggetti simbolo della cultura
giapponese, e tra i più antichi. La notte a Tokyo è
calda e accogliente come un futon, e ugualmente
mobile, duttile, elastica. Una culla immensa, insomma.
II futon, che al contrario di un ingombrante letto si
può spostare senza sforzo in ogni angolo della casa,
è la metafora perfetta di una cultura nomade,
insonne, che azzera il dualismo fra giorno e notte,
sonno e veglia. Luoghi deputati al riposo e alla quiete
e luoghi dove prevalgono l'attività e lo svago.
Al calar delle tenebre queste linee di demarcazione
si spezzano. E il buio non sottrae, viceversa aggiunge
fascino, luce, dinamismo, idee, infinite possibilità.
In altre parole, un allargamento improvviso degli
orizzonti, che tanto piace ai cantori della Tokyo di
notte, a quegli scrittori contemporanei, Harukì
Murakami e Banana Yoshimoto in testa, che amano
far muovere ì personaggi proprio nelle atmosfere
crepuscolari della città. Non a caso, al tema è dedicato un libro appena pubblicato.
Tokyo. La scrittura, la città, la notte (Unicopli) di
Rossella Marangoni: un appassionato omaggio alla
capitale giapponese, ai suoi ritmi, alle sue luci e
ombre. «Se il giorno rivela la facciata, l'affaccendato
movimento quotidiano, all'imbrunire emerge un che
di sotterraneo, il lato nascosto della città», spiega
l'autrice. «Anche da un punto di vista psicologico: si
riserva alla notte il desiderio di stare fuori, di lasciarsi
andare, come per volere recuperare il tempo perduto.
La gente passeggia, fa shopping senza fretta di tornare a casa. È il momento più bello, quando i doveri
si allentano e, al loro posto, subentrano le pulsioni
latenti, i desideri.
Per gli scrittori giapponesi e per le persone comuni,
la notte regala incontri imprevisti. Il paesaggio
urbano con le tenebre cambia, mostra tutto il suo
lato mutevole, dinamico, che la luce del sole tende
ad appiattire. E sempre, ovunque, nella Tokyo notturna ci si sente avvolti, protetti.
In altre metropoli si trovano magari punti di luce
fortissimi e intorno I'abbandono. Una sensazione
che qui non si prova mai: né nei quartieri trendy
dove brulica la vita, né nelle zone più appartate in
cui regna la calma, un'atmosfera onirica».
È nel ponte sospeso della notte che si rianimano i figli di Tokyo. Ore che ognuno riempie e racconta a
modo suo. Dice Yoshimasa Daitoku. stilista:
«Dall'oscurità emerge nitida la città parallela, quella
del sogno e della fantasia. Si rivela un insieme di
trame, un pulviscolo di situazioni. La notte possiede
l'acume di una lama affilata e, insieme, la morbidezza
della seta».
«La notte non esiste a Tokyo, città scintillante,
sempre insonne», gli fa eco Yajuro Bando, attore di
teatro kabuki. «Adoro andarmene per wine bar a
bere da solo, o nei locali a gustarmi il sake».
Girovagare, perdere volutamente l'orientamento per
godersi un paesaggio metropolitano elettrizzante:
«È un caos luccicante, con frammenti di notte che ci
cadono dentro», osserva Tomoo Shitara, video artist.
«Anche i corpi assumono la consistenza del cielo.
Umidità dentro scatole d'acciaio, suoni che si avviluppano in un vortice, tensione e poi calma.
Un folle tripudio di cibo e alcool, per vincere sulla
notte. E io che gironzolo senza meta a Yanaka, in
stradine appartate».
Sì, si possono scegliere come meta Yanaka, Ueno e
Asakusa, i quartieri tradizionali della Shitamachi, la
downtown oggi inglobata nella megalopoli eppure
dal sapore ancora a tratti vetusto, con le tante piccole strade affollate di chioschetti che vendono
street food alla luce delle lanterne, con i mercatini
all'aperto. Oppure si può puntare verso Shibuya.
Roppongi, Ginza, Omotesando, le zone mondane e
sfavillanti di boutique, con le insegne che di notte
paiono ragni sospesi in cielo e i grandi monitor
arrampicati sui grattacieli. Si può scegliere fra quiete
e trambusto, fra una spa aperta tutta la notte o un
cinema multisala dove sonnecchiare e godersi un
film alle tre del mattino. Ci si può far fare un taglio
shock dì capelli alle due o trascorrere tutta la notte
in un manga bar a leggere fumetti. Tokyo concentra
in sé tutto questo: impossibile perderselo.
«Non si dorme mai nella notte profonda morbida,
umida, tiepida, amara», dice Aki Yamada, produttrice
televisiva. «È come una potenza folle che ti assoggetta e ti fa sua, lasciandoti con i nervi tesi.
A volte decido di starmene sul mio divano preferito
con il gatto. Altre, ho voglia di passeggiare brilla
lungo i viali alberati e di ascoltare solo il rumore
degli insetti. Oppure di indugiare in un bar da cui si
vede la Tokyo Tower, e ordinare un secondo bicchiere prima di esplorare stradine nuove sentendomi
addosso il profumo di fiori. Adoro andare nei ristorantini dove mi conoscono bene e ordinare semplicemente, "qualcosa di buono"». Mangiare, bere,
mangiare ancora e bere ancora, nei posti del cuore.
Katsushi Nagumo, architetto e designer, considera
un'esperienza unica cenare in vecchi locali sopravvissuti all'ombra dei grattacieli: «A Tokyo, oggi, se
vuoi mangiare fuori hai solamente l'imbarazzo della
scelta: tutte le cucine del mondo sono ben rappresentate, cosa impensabile solo fino a venti anni fa.
Abbiamo una cultura gastronomica internazionale,
eppure, nel nostro cibo, resta un che di speciale.
È meraviglioso riuscire ancora a scoprire, nella metropoli, posti senza tempo. Ce n'è uno a Yurakucho:
è un minuscolo ristorantino fumoso, nascosto sotto
la ferrovia della linea del metrò JR e specializzato in
yakitori (spiedino alla griglia, ndr).
Pigiate una contro l'altra, le persone entrano in sintonia, trovano una calda complicità.
Quel posto è lì da sempre, e non è cambiato in nulla».
L'informalità di uno spiedino di carne in un'area elegante come Yurakucho ha un sapore unico, condito
di stupore.
Lo stesso che suscita un'imprevista visita a un tempio,
oasi di pace nel cuore della città. Itaru Ito, giornalista che ora vive in Italia, ricorda così due episodi
notturni di Tokyo: «Come ai tempi dell'università,
sono tornato in un ristorantino aperto 24 ore su 24
sulla Omotesando, a chiacchierare con gli amici fino
al primo treno delle 5 del mattino. Prima di infilarmi
sotto la metropolitana, però, ho attraversato la
Omotesando appena illuminata dalle prime luci dell'alba e mi sono diretto verso il tempio Meiji. Facile
dimenticare, lì, di essere nel pieno centro di Tokyo.
Per un attimo mi sono ritrovato catapultato in un altro
mondo». Un'altra volta, «era un Agosto caldissimo,
e avevo deciso di passare la notte nell'ufficio di un
amico a Shibuya. Per lavarmi prima di coricarmi, sono
andato in una sauna vicina.
Ho comprato biancheria e pigiama in un konbini
(negozio aperto 24 ore, ndr) proprio lì sotto: che
gran comodità! Ho fatto la sauna al quinto piano di
un palazzo a un paio di minuti dall'ufficio e sono
tornato indietro, già in pigiama. Era notte fonda,
ormai. La stanza non aveva tende alle finestre.
Sul soffitto si riflettevano le luci, rosa e blu, dei neon
all'esterno. Al mattino presto mi sono svegliato nell'ufficio vuoto: in tutto l'edificio non era ancora arrivato
nessuno. E stato uno di quei momenti in cui si
avvertono presenze, anche se tutto è deserto.
Come dopo una guerra chimica che abbia distrutto
l'intera umanità».
Sulla strada dei cittadini di Tokyo c'è sempre un
konbini pronto a soddisfare ogni esigenza, ogni vezzo.
In questi convenience store che non chiudono mai è
possibile comperarsi un gelato, un instant ramen
(spaghetti o tagliatelle all'uovo, ndr), un caffè in lattina, il giornale del mattino o una matita: tutto.
Ce ne sono a centinaia: la città non ti abbandona
nei momenti di fame, di sonno, di voglia di qualcosa.
«Anche in zone relativamente tranquille, di notte si
incontra tanta gente», conferma Ako Nagao, architetto. «E si trova sempre qualche luce, di un konbini
o di un supermercato no stop.E’ una sensazione
molto rassicurante. Mi piace andare nelle vecchie
taverne di Shinjuku, dove le ore migliori sono proprio quelle in cui si sa di avere ormai perso l'ultimo
metrò.
I locali si rianimano all'improvviso, arrivano in tanti
ad aspettare il mattino: è piacevolissimo passare,
ogni tanto, notti così. Sconsiderate». E aggiunge:
«La fine del boom economico ha segnato il passaggio dall'epoca del macro a quella del micro.
La sensibilità è cambiata. È evidente nello stile dei
negozi, dei locali, dei palazzi: prima architetture
enormi e vistose, ora piccoli luoghi, umani e discreti.
Gli edifici di ultima generazione non si concedono in
modo esplicito; al contrario, serbano segreti riservati
a pochi. I locali o le gallerie di negozi si scoprono
solo attraverso il passaparola, ed è proprio questo
effetto sorpresa a darti gioia». Gioia che, a Tokyo, si
rinnova a ogni tramonto.