“scalogna” WALLY
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“scalogna” WALLY
Claudio Cojaniz “scalogna” WALLY Contemporary Blues Bastard Idea for Idiot poetry “…certi specchi dovrebbero riflettere prima di riflettere certe persone…” (Jean Cocteau) 2 SCALOGNA “ Wally ” Siccome ho lasciato la giacca in cucina e me ne sono andato a dormire su in camera ubriaco e le attenzioni che avrei dovuto avere, visti i precedenti furtarelli nei confronti dei miei danari dentro il taschino della giacca, sono svanite nei fumi della grappa e del cognac fin lì trangugiati, e quindi lo stronzone me li ha fottuti, mi ritengo un grosso imbecille! Organizzerò, quindi, un enorme, strepitoso e dionisìaco monumento in marmo pregiatissimo di Carrara venato da polvere d’oro mescolata a diamante puro, incastonato da splendenti zaffiri, sinuosi smeraldi e splendenti acquemarine di Samo, dove i Berliner Philarmoniker eseguiranno in seduta stabile il Magnificat di Monteverdi nella versione concertata da Schoenberg nel 1904, e la voce del grande Carmelo Bene redivivo per l’occasione saprà da suo pari dire l’amato canto di Paolo e Francesca, Lord Byron direttamente si inserirà con il suo Manfred ogni mattina, per l’eternità, alle sei in punto, e Maria Callas svenirà prima del termine dell’esecuzione di qualsiasi opera, dopo aver assaggiato i succosi pasticcini di Bilbao innaffiati da ettolitri di Kristall 1990, con Nureyev in piroettamento costante e Carla Fracci che vola tra ghirlande dei più bei fiori di Olanda e 1000 pavoni di Persia disposti a semicerchio eseguono le parti vocali del coro muto della Butterfly, guardando nel punto esatto in cui il santo astronomo indiano Ravi Bhahameehtrah individuerà per tutti lo zenith del 3 piacere tantra, seduto sulle sommità della colonna traiana, per l’occasione trasportata in loco da splendide ninfe dell’isola di Metilene: dedico tutto ciò alla mia imbecillità cosmica ! Bello è che lo stronzone di mestiere fa: “ Colui il quale attende che altri gli portino le sigarette e i viveri, grappa e birra compresi, o perlomeno gli dìano i soldi per andare a prenderseli lui. ” Che poi sìano a farlo una colei o un colui qualsiasi, la cosa lo lascia completamente indifferente. Egli fa parte di circoli sinistrorsi e và a sfilare iridato, legge di Sacco e di Vanzetti, del Che e di Bakunin, scambiandoli per idoli rock (pensa che loro stiano facendo la rivoluzione per lui, come Mitchum nei western fà piazza pulita dei banditi, per liberare il popolo di merda) si cura il pizzo e si rimbecillisce con la TV, quando lo picchiano mostra l’altra guancia: non certo per cristianità, comunismo o pacifismo, ma per banale senso di colpa cosmico, ha un cane che è meglio di lui,c’è anche una morosa, che è meglio di lui. Ha in mé un amico, un buon amico: ma ha pensato bene, come un tossico da quattro soldi, di fregarmi. La vicenda si svolge tra l’aula di Idiozia Teorica della Columbia University, il Mintown’s della 52esima, il mio loft- 4 tipografia beat e la casa della bella multiartista situazionista Plenilunya Masovitz, sua un po’ fidanzata. Questa è la storia del dottor Vladimir Mais ibn Said Joe Salamandra Sgnautzher Walleston, libero docente di Idiozia Comparata, noto come “ scalogna ” Wally, l’immobile. New York City (2007) 5 I. In quel gaio tempo-aurora in cui il ragù tenta di amalgamarsi al pomodoro che con tanto amore gli avevo inoculato, e l’olio di arachidi ben agliato (perché altro non ho trovato in questi cazzi di drugstores) compie la sua missione sapiente, ho appreso alla radio la notiziona del cambio di capitano della polizia nel mio distretto. Il vecchio Charlie mi trasformava ogni dieci multe, di solito schiamazzi o ubriachezza molesta, raramente divieti di sosta, in lavori sociali: immondizie o pulitura delle scale degli uffici della Metron, fabbrica di scarpe dove quel bastardo mafioso di suo cognato era direttore generale. Niente a che fare con la regolarità, d’accordo, ma tutto funzionava: invece adesso avrei dovuto ridiscutere il tutto con quello nuovo. Infatti si chiama, da quel momento, il Nuovo. Nella 52esima si faceva così: nella mia piccola tipografia si stampavano tante cose strane, era una scelta di vita. Quando qualche pezzo grosso si sentiva pigliato per il culo o addirittura preso con le mani nel sacco pubblico, anche se Charlie s’incazzava di brutto con me, alla fine trovavamo un accordo. Gli ero simpatico e gli erano simpatici i personaggi che pubblicavo: lui faceva finta di fare qualcosa “ per togliere di mezzo quei quattro comunisti di merda che appestano la città ”, ma poi lasciava correre. Era un maestro nel tergiversare e alla fine eravamo, seppur a distanza, diventati amici. A volte tra le sue confidenze mascherava 6 qualche leccornia sulle malefatte varie della città e così spesso conoscevo in anticipo la situazione. Il sospetto che l’avessero segato per far posto a un figlio di puttana, al soldo dei vari potenti di turno, diventò sicurezza quando due giorni dopo la nomina del Nuovo, vennero a trovarmi due stronzi che, con aria strafottente, cominciarono a fare discorsi su incendi che avrebbero potuto distruggermi. Non è che lo dicessero apertamente come minaccia o come nei film di mafia velando il messaggio con codici più o meno comprensibili. No! era una lingua da burocrati, la loro, l’applicazione, dicevano, di precise direttive del Nuovo, mandato dalla municipalità per mettere a posto le cose: un gran giro di vite, a tolleranza zero! Vivevo assieme ad un professore di Idiozia della Columbia, lo chiamavamo scalogna Wally. Dividevamo quel vecchio loft da due anni e, d’amore d’accordo, tutto filava: soprattutto perché entrambi ci facevamo i fatti nostri, senza occuparci più di tanto di quelli dell’ altro. Non per disinteresse, ma per rispetto. Mi piaceva vivere così e così pensavo di lui. Non aveva mai un soldo in tasca: non che io me la passassi tanto meglio, ma avevo più attenzione nell’amministrare quei quattro cent che mi giravano. Parlo di sigarette, birra, cognac, delle necessità primarie, insomma: ci pensavamo io e la fotografa, sua mezza fidanzata, Plenilunya, che ogni tanto capitava. Se lo usava, poi lo portava per un lavoretto da qualche parte e lo scaricava con qualche regalino, grappa e mozziconi, in tasca. A suo modo gli voleva bene. Wally, invece, non amava né odiava: questa dinamica gli era estranea e attendeva che fosse il mondo a girargli attorno, a venirlo a trovare. 7 Insegnava proprio questo ai tanti che frequentavano il suo corso alla Columbia e anche se non ci andava sempre, veniva giustificato in quanto genio! La scalogna a cui si fa riferimento riguarda una sequenza di avvenimenti disgraziati talmente sfortunati e concentrati in un breve periodo, che aveva fatto scalpore anche presso gruppi etnocinici, da tempo abituati, da questa società di merda, a fatti e misfatti criminali e ingiusti. Tutto è partito da una manifestazione pacifista due anni fa. Nel corteo, al solito, avevano infiltrato una ventina di provocatori: in mezzora avevano fatto in modo che la polizia caricasse e tutto il resto. Wally fù tra i primi a prendersi due manganellate in testa: dentro l’ambulanza che lo trasferiva all’ospedale, se ne prese altre. Dopo due giorni, dimesso dalla clinica, fu investito da una moto guidata da un neonazista che stava sperimentando la carenatura nuova. Gli dovettero togliere un testicolo per salvargli l’altro e inserirgli una lamina di metallo rarissimo nella clavicola. Quando lo riportarono in reparto, dopo gli interventi, ricevette la notizia di una denuncia a suoi carico fattagli dal Mintown’s bar, per un conto di 3.800 dollari di cocktails, campando promesse e cazzate micidiali a supporto. La cosa veniva aggravata dal fatto che il latore della minaccia era il fratello del gestore, ex-olimpionico di lotta greco-romana. Fuggì la notte stessa dalla finestra dell’ospedale e, tentando di cambiare città, dovette cedere le terga ai due texani che gli avevano dato un passaggio. Piangendo a dirotto, non si accorse che nel frattempo gli avevano fregato oltre all’intimità anche il portafoglio. 8 Girò a casaccio disperato, per ore, finchè una pattuglia lo trovò e ovviamente si prese un sacco di legnate: “sporco cane vagabondo, brutto comunista, frocio di merda, lurido pattume…” Lo ributtarono malconcio sul ciglio della strada, più o meno dove l’avevano trovato. Cercò allora, rantolando, la più vicina farmacìa notturna, dove avrebbe voluto chiedere aiuto. Naturalmente si trovò in mezzo ad una rapina. Quei tre rappers negri sparavano in aria a casaccio per farsi largo e scappare urlando, tra lo spavento generale. Pieni di crack e LSD scambiarono Wally, ridotto com’ era, per un drago schifoso e puteolente: gli spararono addosso, colpendolo al testicolo sopravissuto e, come un sacco vuoto, stramazzò al suolo. Si svegliò nel medesimo cazzuto ospedale da cui era scappato e, avvilito, volle assolutamente svenire e risvenire per più volte. Non ce la faceva proprio più, povero, povero, poverissimo, scalogna Wally: un simpatico cetriolo. II. Nella mia tipografia passano poeti beat, alcolizzati e non, e mi propongono i loro versi sbilenchi e spesso zeppi di errori, ma tutti, tutti pieni di calore: tanti poemi e racconti più o meno visionari. Da vari anni pubblico la rivista Contemporary Blues Bastard Idea for Idiot poetry, nota qui in città per aver denunciato Luis Hermano 9 Hernandez, detto Chico, fuoriuscito cubano, che smerciava coca tagliata con polvere di gesso e aspirina avariata, avanzi della guerra di Corea. I gonzi la prendevano e poi cagavano sugli angoli della strada, piccole mattonelle schifose che attraevano, chissà perché, i cani: e giù a vomitare, gattacci e hipsters, tra i cassonetti e sulle scarpe delle puttane che li rincorrevano, trascinando dietro i pappa, che a loro volta trascinavano i poliziotti, i quali poi venivano a sfogarsi in tipografia, ovviamente spaccando i miei trottoli e anche qualche macchinario. Avevo chiesto varie volte a Wally di scrivere qualcosa, lui si era anche ripromesso di farlo: ma c’era sempre altro, per cui doveva rimandare. Sapevo benissimo che andava solo a bere e a filosofare su ipotetiche rivoluzioni e inneggiava a questo o a quel rivoluzionario del passato. Ci trovavamo al Mintown’s, dove Guy el Carrera faceva degli ottimi cocktails. Io e Wally bevevamo raramente insieme: al massimo si avvicinava al mio tavolo giusto per un drink, poi se ne tornava dal gruppo dei qualsiasi che frequentava solitamente. Preferiva così e io rispettavo, anche se a malincuore, il suo modo di essere. Al mio tavolo erano seduti i migliori poeti della città, che come tutti i grandi, facevano altro; si coprivano cioè dietro ad un mestiere. Muddy, il tatuatore australiano appena arrivato da Sidney, da dove era scappato per via di una gran troia, cantante di blues che si esibiva nel suo gruppo (lui è un vero chitarrista telecaster-valvola) che lo aveva stregato. Rotto l’incantesimo aveva preso il primo aereo e saputo della rivista si era trasferito a New York, dove pubblica con me da un paio di 10 mesi, sempre nel senso che bisogna vedere… non so… sai, bisogna tener conto che… Julius the Howl, reduce e miracolato della guerra del Vietnam, schifato dall’umanità, usa il ghigno e la coca per fustigare i suoi simili. La sua poetica è ermetica e soggettivistica, tende alla sintesi, insomma, ma a quanto pare risulta di gran efficacia. Viene spesso avvicinato dai giovani, che picchia a dovere, e comprano la rivista perché lo seguono, ma senza comprenderlo e lui lo sà. Poi c’è Oscar Fybe, il filosofo dandy, la cui eleganza è pari solamente alla sua cultura eno-gastro-ginecologica. Il suo stile letterario è decadente e tendente al mitteleuropeo, ma alla fine risulta forse il più definitivo. Ogni tanto arrivano anche i più giovani rampolli della poesia, amici perlopiù di Muddy: Andreij, detto Mea Culpa, per via del peso di essere al mondo che lo perseguita. Evita con cura la vicinanza delle padelle, su cui teme di essere cotto. C’è anche Islam Chris-Boydrummer, una creatura gentile e raffinata come pochi, introverso e generoso, ma tendente alla gastroenterite perenne appunto per questo. C’era per un po’ anche un mugnaio della Louisiana di origini scozzesi, Mc Fogherty, erculeo e poderoso chitarrista hendrixiano, noto alle più recenti cronache come esperto di betulle bianche dal legno poroso del Montana. Lui prediligeva quel materiale, diceva che nulla era meglio per una chitarra che fosse tale. Tant’è che è stata proprio la sconfinata passione per questo genere di vegetale, unitamente alle sue tendenze austrocentriche e alle marche degli amplificatori, ad allontanarlo pian piano dal mondo della ragione e farlo sconfinare verso l’alienazione e la follia. La diagnosi dopo il 11 doloroso, ma necessario ricovero al Camarillo, non lascia dubbi: schizofrenia maniaco offensiva, con asperità pronunciate sulle gote e vistoso cambiamento di pettinatura con increspatura dei capelli di stampo ebraico-negroide. Una leggera brizzolatura sull’angolo della nuca formatasi durante la metamorfosi rappresenta un monito per le generazioni future. La coazione ci impedisce di avvicinare quel poco che oramai resta di lui. Il più emblematico è Oriblond - Allen, armonicist blues, insegna matematica all’istituto di educazione fisica per ex internati ne i lager nazisti e famiglie, voluto ai tempi di Nixon. Forse roso da un senso di colpa o un debito storico, ne ha tratto una squadra di football. Pubblica con noi i commenti sportivi del lunedì con ferocia pari solo al Savonarola, che si dice essere un suo avo. I suoi critici più spietati però sono soliti ricondurre le pretese abilità tattico-strategiche di Allen al fedele Sitzen, il suo pastore tedesco, vero rampollo di ceppo nazista ed esperto di educazione, essendosi laureato con la tesi “ Da Pavlov a Charcot: funzioni e metodi anti-montessoriani ” relatore il prof. Heinz Ratz Goebbels, università di Tubinga. Wally invece preferisce il branco dei Watussi, così chiamato a indicare non l’altezza corporea, ma quella delle vette intellettuali che sanno raggiungere: infatti sono noti come dei giganti del pensiero. Passano il loro tempo a non dire niente, e ci riescono benissimo, con delle punte sagaci di acutezza invidiabile. Curano principalmente il look, che deve risultare casuale e secondario, oltre alla assoluta inconsistenza della loro conoscenza sintattica, anche la più elementare. Fanno gran sfoggio di sé durante alcune feste dove invitano i migliori plagiatori musicali del circondario. 12 Ci fu un tempo in cui Julius, a cui questi invertebrati stanno particolarmente sulle palle, fece affiggere a sue spese vari cartelli dalla 52esima fino alle soglie di Manhattan, con su scritto “ Fuori i Watussi dalla Grande Mela ” Credo che non fosse odio, ma solo una infinita pietà che questo grande poeta (non so perché) riservava loro: forse per contiguità passate o solo per residui di stantio cripto - cristianesimo negletto. Che dire delle donne che frequentano il Mintown’s: non hanno particolarità degne di qualche nota, alla fine si assomigliano, infatti sono decisamente tutte stronze, fuorchè una. Io questo lo sò a mie spese! Potranno risultare più o meno simpatiche a seconda se te la mollano o meno, tutto lì. E Wally non fà che sbavargli dietro: come un cagnolino privo di una qualche volontà, basta che una di loro lo chiami lui arriva e si trasforma nel loro zerbino. E giù a raccontarsi cazzate, su questa o quella riunione, sul povero Che, sulla sinistra che verrà, su quanto sono stronzi gli stronzi. Fanno a gara a chi si dà più ragione e Wally di questo ne ha fatto professione. Il corso che tiene alla Columbia, l’ARTE DEL DARSI RAGIONE, si articola su cinque fasi: a) Idiozia Totale come premessa necessaria b) Birrocentrismo, come praxis c) Adesione definitiva al creazionismo d) Distruzione della forma sbadatamente appresa negli anni giovanili e) Definitivo abbandono di ogni procedere logico 13 Alla fine del magico corso floreal-quinquennale gli allievi prepareranno una tesi dove si dovranno dimostrare doti di inaffidabilità e financo di incapacità totale alla costruzione della frase. Dovranno quindi organizzarla usufruendo di una lingua che non preveda la banale e solita consecuzione soggetto, predicato, complemento, assolutamente inadeguata ad esprimere le nuove istanze che il corso si prefigge di divulgare. Bensì riuscire a dire una serie infinita di cazzate mostruose all’interno di quel congegno linguistico, tali, che la natura di esse sfugga a loro stessi. La discussione della tesi si svolgerà solo in presenza di quella che comunemente si definisce “ faccia da culo ”. Lo scopo finale è di raggiungere una totale irresponsabilità su qualunque cosa capiti al pianeta: bisogna essere in grado di dimostrare che è sempre colpa degli altri. Qualcuno dei watussi è riuscito a stabilire records ancora imbattuti, con punte così elevate da mettere in allarme i servizi segreti di mezzo mondo, e in primis la C.I.A., notoriamente sede degli studi più avanzati in questo campo. 14 III. Quando la sera preparo il rancio per me e per Wally, circola aria di festa e cominciamo a sparare cazzate. E giù ridere come scemi su tutto. I commenti solitamente riguardano le notizie dei giornali: stupri e manomissioni ai danni di bambini da parte di nonni, madri e padri, zii e cognati. Uno spettacolo quotidiano che ci tiene allegri per tutta la cena. Poi Wally ripiomba nelle tristezze delle sue misteriose meditazioni: batte costantemente il piede a terra e mi rompe i coglioni con un clamoroso silenzio che può durare ore. Ho imparato a ignorarlo, nel tempo, continuando a fare le mie cose, non considerando la sua esistenza. Qualche volta ci viene a trovare quella che per un po’ è stata la sua morosa: Plenilunya. Meravigliosamente vola tra le sedie e i tavolini, come i violinisti di Chagall: vola sul tetto e tra le case, vola sull’orto e tra gli alberi, parla e si intrattiene con gatti, uccelli, cani e zie alienate da troppi omicidi inconsapevoli. Poi piomba su Wally, gli mette il guinzaglio regolabile, lo carica sul furgone e per qualche misteriosa ragione se lo porta via. È sempre allegra e ha duegrandi occhioni. Forse lo porta a meditare sullo Hudson, dove i Masovitz, suoi genitori, hanno una casa con le rane gracchianti del Maine. Insomma ci si diverte io e Wally: nel tempo ho imparato a volergli bene. L’ho fatto partecipe delle mie peripezie di editore e di padre, di ex-marito e di innamorato, di bevitore e di anarchico: praticamente una gran amicizia. 15 Una sera galeotta, come al solito entrambi ubriachi, cerchiamo di procedere verso le rispettive camere: in qualche modo rocambolo sul paziente parallelepipedo preposto a tenermi su per varie ore, quando in qualche modo sono ancora in grado di riconoscere i movimenti di Wally giù in cucina. Ho risolto pensando ad una sete insopportabile, a tal punto da fargli rifare le scale in quelle condizioni. La mattina esco per i cazzi miei, quando sono vicino al Mintown’s e mi appresto alla prima decina di aperitivi, per sicurezza, controllo con le dita nel taschino dove solitamente ripongo i danari e non trova una mazza. Cerco dappertutto e continuo a non trovare niente: il sospetto odioso si fa avanti. Tutto il giorno a pensare e pensare, congetturare e vomitare sulla possibilità, oramai sempre più prossima, che a rubarmi quei quattro soldi sia stato il mio amico Wally. Non potevo crederlo e del resto non c’erano dubbi: quei passi nella notte, il ricordo come una foto del controllo serale positivo, anche se ero ubriaco, e quello mattutino negativo… Che cazzo si fà in questi casi? E chi se la sente di aprire argomenti simili con uno con cui condividi una caterva di cose, oltre la caverna? Mi confido con un amico: non ce la facevo a tener per me una cosa simile. Non riuscivo più a stare in quella casa. Ma si sà… il tempo… si è tutti umani… e altre cose, insomma decido di non dire nulla e tiro avanti. Passammo ancora bei giorni, con le nostre stronzate, per alleggerire il vivere e magari anche con discorsi impegnativi e interessanti, dalla politica alla poesia, dalla musica all’arte. Tutto scorreva bene e addirittura vedevo Wally progettare qualcosa, che 16 mi rimane ancora oggi fumoso, ma era la prima volta che lo vedevo assorto su di un progetto, magari balzano; comunque per me era un gran momento, mi rasserenava e mi permetteva di riprendere con tranquillità i progetti tipografici, che avevo interrotto, proprio perchè quell’evento balordo mi aveva turbato, molto turbato, assai turbato… Ricordo che una sera, passeggiando con Muddy tra un bar e l’altro del Village, mi definìi pappamolle. “ Ma guarda tu se dopo esser riuscito a salvarmi da una donna, mi devo fare fregare da un uomo! ” pensavo… __ ( “ How many time...” cantava Dylan.) 17 IV. “ Mettetevi a tavola, è pronto da due ore, teste di cazzo! ” ci rimproverava sempre Plenilunya, ma non in modo cattivo, anzi: era materna e ci teneva a fare bella figura cucinando, soprattutto con me, che sono un po’ cuoco. Quando ci invitava da lei, nel suo studio sulla 6esta, ce la prendevamo comoda con gli aperitivi. Se alle tre del pomeriggio eravamo ancora in bar, si sapeva che eravamo a pranzo dalla fotografa, eterna ex di Wally. E lui non le rispondeva mai, lei incalzava e niente: lui taceva e più lui taceva più la donna dagli occhi più belli del mondo si incazzava, fino a che ogni tanto lo picchiava. Ma niente smuoveva il teorico dell’immobilità più accreditato di New York, nemmeno quella volta che un suo consociato in una attività del cazzo, lo accusò di un consistente ammanco. Il continuo diniego del magnifico Wally gli significò alcuni giorni di degenza e una T.A.C. urgente alla testa. Quell’esame si rivelò utile però per poter conoscere finalmente il numero di cellule cerebrali attive nel suo cervello: una! …e anche quella cadente e sospesa, tra due neuroni stanchi e profondamente avviliti dalla coscienza della fine che stavano per fare. 18 Capite anche voi che da quel momento si aprì in me una infinita serie giustificatoria del tipo “ ah, ecco spiegato perché quella volta…” oppure “ ora capisco la sua immobilità…” e così via. Anche questa volta se la cavò e tutti ne furono felici e contenti. La sua condizione si divulgò presto e un nuovo mondo, più comprensivo e solidale, gli si mise a disposizione. La scorsa primavera, però, tutto ripiombò laddove era destino che dovesse stare: la sapiente e crudele immobilità sembrò strutturarsi definitivamente. Non rispondendo nemmeno per finta al telefono, alla segretaria dell’Università che lo cercava, perché da due settimane non si presentava alle lezioni ed era tanto anche per lui, mi interpellarono per avere sue notizie, visto che abitava con me. Io però mi trovavo a Richmond, per conoscere un nuovo scrittore, e non ne sapevo nulla di Wally e delle sue cagate. Sfondarono la porta, niente da fare: in camera non c’era e nemmeno in bagno. Sconcertati andarono nell’orto: era lì, sorridente e sereno, vicino al melo, e, come a lui, gli erano spuntate le gemme. Sapeva che di lì a poco sarebbe fiorito e questa esperienza lo gratificava, si vedeva, in modo sublime. Il suo destino si stava compiendo, follemente, unicamente, miracolosamente compiendo. Plenilunya lo venne a sapere e ne fu addirittura compiaciuta. In breve quell’orto diventò meta di visite sempre più frequenti e spargendosi la voce, moltiplicata poi dai media, arrivarono pellegrini da tutto il mondo, anche alcuni Visigoti. Furono depositati ai suoi piedi ex-voto con richieste di grazie e di miracoli tra le più incredibili. La cosa giunse alle orecchie del Vaticano, che inviò un padre esorcista, tra 19 i più accreditati, con l’obbiettivo di stanare il demone che certamente, secondo loro, lo abitava e chissà da quanto... Ci misi un po’ di tempo, ma alla fine compresi che il suo cattocomunismo aveva trovato una maturità pienamente rivelata e questo impensieriva proprio chi, su quella strada, costruiva i destini del mondo. V. La mattina mi alzo presto, di solito: sempre se non mi corico ubriaco sfatto alle sei o sette. Ascolto la musica del canale classico, mi aiuta ad iniziare a non fare un cazzo con tranquillità e armonia, senza inutili chocs occidentali da stress iperattivo. Arriva qualche amico per il caffè e per scambiare osservazioni sulla città o sulla politica di guerra che siamo continuamente chiamati a sostenere, qualunque testa di cazzo sia al potere. Sono mattinate splendide, quelle, intense e fatte in quel modo poi, con gli amici che ami, con cui condividi anche le mutande... E tra noi scende anche Wally, che con incedere profetico forse ascolta o forse no, comunque si siede e comincia la sua attività principale: tacere. Poi decide se andare a lezione o meno. Il non andarci fà parte della lezione, è il laboratorio dei suoi insegnamenti, il suo alto magistero. 20 Negli ultimi tempi dipendeva dalla presenza o meno della ex: se arrivava, lui preferiva andare alla Columbia, altrimenti diritto al Mintown’s, l’unico posto che poteva costringerlo ad uscire dalla tana. Il saluto di Guy el Carrera non aveva eco, ma il gran barman lo sapeva benissimo, e procedeva al cocktail preferito da Wally: vino rosso doppio con soda. Solitamente dopo tre o quattro era sbronzo e allora si apriva il loquace altro, represso e nascosto nelle stive dell’inconscio pretesco e seminaristico. Iniziava la corsa quotidiana, tra i reduci della stupidità umana, catto – depravati, e i watussi in toto, a darsi ragione. Naturalmente con un teorico simile per gli altri era dura, ma essendo tutti di carattere deciso, lo sfidavano comunque e, pur uscendo spesso con le ossa rotte, i fortunati presenti potevano annotare chicche storiche tra le varie articolazioni del banale, roba da citare in sedi ben più prestigiose. La sintesi di questa porcheria è incarnata in Free Cerebrus. Sappiamo con Aristotele che il tutto non è la semplice somma delle parti. Cerebrus ha un dono tutto suo, quello che rende alcune persone speciali: la sua interpretazione risulta aggiuntiva di uno specifico talmente unico, che sfugge a qualsiasi tentativo di decodificazione, che grandi semiologi hanno già messo in atto, desistendo e piombando nell’avvilimento più ingeneroso. Ne è portatore inconsapevole, come alcuni portano certe forme di epatite, senza alcun merito particolare: in buona sostanza egli ha quello che si dice un dono di natura. L’erre arrotolata tra le labbra e i denti gli dona maggior credibilità. Subito dopo c’è Vascos, appendice del laboratorio di elettrotecnica del prestigioso Wathoos Institut of Tecnology. È rimasto famoso nelle cronache 21 per essersi liberato da una ragnatela di cavi in cui era rimasto impigliato durante una spaventosa e fantomatica amplificazione che avrebbe dovuto predisporre per i Reds Pauseens, suoi idoli. Tutti scommettevano che nemmeno il mago Otelma, a cui assomiglia sia per cultura che nell’ incedere, ce l’avrebbe fatta ai suoi tempi: invece lui sparandole grosse ha prima schifato la corrente che attraversava i cavi, bloccandola con il pensiero e poi, approfittando di quel momento di smarrimento, con un guizzo repentino è sgattaiolato fuori dal groviglio. I presenti cercarono di ributtarlo dentro la centralina direttamente e porre fine a quella fastidiosa esistenza, ma non fecero in tempo: cominciò a piovere. Questo perché un altro watusso di qualità, Juancarlos, dirigente del centro meteorologico di Miami, ma prestato a una gruppo di reggae nella 42esima, aveva azionato i suoi poteri sciamanici per scatenare il temporale terapeutico e così salvare quello sciagurato affiliato tecnologico da morte certa. Il watusso con la Harley Davidson, Mr. Superfuck the Best, strabilia tutti per l’abilità veramente rara di non riuscire a pronunciare esattamente alcuna parola: non è che le inventi, oppure che risponda ad arcane regole da lui predisposte o amalgamate magari in sintesi intuitiva come miscela tra più idiomi, nò! Non conosce un vocabolo che sia uno, ma in qualche modo animalesco e istintivo si fà capire. E questo è straordinario: riesce comunque a dire cazzate. Magico! Anche alle signorine del puttanodromo di Sanset Boulevard, che frequenta con notevole solerzia e assiduità, risulta incomprensibile, eppure riesce a farle incazzare. Tra i watussi c’è anche uno a posto: Bersey the Prog of New Jersey, ex di tante cose, è stato anche ministro del lavoro con 22 Clinton oltre che dirigente del potente sindacato dei camionisti, a cui ha dedicato i migliori certificati medici per malattia che sia dato di conoscere. I Soft Machine e i Gong debbono a lui i testi, che con pseudonimo ha firmato, quando da giovani al Village lui, con i capelli ancora intatti e Robert Wyatt già senza, circolavano nudi, gonfi di LSD. Poi migrarono nel New Jersey e si persero di vista: fu tale il suo dolore che continua ancora oggi a scrivere testi a loro (e sua stessa) insaputa. Chiude l’allegra setta il ricercato da tutte le curie del mondo, essendo fuggito dai seminari dove era stato rinchiuso, perché fin da piccolo nessuno sapeva cosa cazzo dicesse a proposito di certe figure aureolate che lo venivano a trovare di notte, nella sua cameretta, da tempo addobbata con posters di santi sconosciuti e squallidi, da lui adorati neanche tanto segretamente. Appena si seppe che a Fatima c’era un quarto testimone, il padre inquisitore incaricato di praticargli il servizietto appena lo avessero preso, capì subito di chi si trattava. Ma il nostro riuscì a rifugiarsi nello Yemen. Da tre anni si è trasferito qui a New York, oggi è conosciuto come l’Imam ibn El An Aedy. Tiene innocui sermoni in fenicio aulico la domenica mattina nel minareto accanto alla Crazy Wather Church di Buffalo. 23 VI. Wally ha in Cheecchow l’alter ego perfetto, lo specchio che gli restituisce i contorni esatti. Il cagnolino in questione è figlio di Cuba, cagna di Chico, il cubano fuoriuscito, quello che insieme ad altri avevo prima denunciato con la rivista e poi fatto arrestare per aver avariato coca. È deliziosamente inerte: attende, come Wally, che qualcuno porti il cibo e gli metta l’acqua nella tazza. Se arriva va bene, altrimenti non cambia poi molto. Camminano alla stessa maniera; la curiosa deambulata si articola a partire da un congegno di equilibrio messo in atto chissà quando da Wally. Lui ha scoperto che se il tallone e la punta del piede, che solitamente si alternano nel toccare il suolo, si adagiano assieme, e se questo succede ad entrambi i piedi, magari anche un po’ divaricati, il risparmio energetico e la possibilità di rimanere in piedi, nonostante la scimmia poderosa in atto, aumentano. Il tutto con l’abile regìa delle anche: articolando questo movimento, che risulterà leggermente barocco, riescono a ben coordinarsi con armonia, soprattutto per chi non regge più di tre cocktails. Il simpatico cagnolino ha appreso fin da sùbito questa scaltra tecnica e assecondando il suo padrone ne ottiene anche i vantaggi affettivi. A pensarci bene, quel cagnetto è l’unico essere ad aver una certa importanza per il gran marxista-immaginario. Con i colombi invece è stato maldestro. È arrivato con una scatola: dentro due colombi tubazzavano in fin di vita. Li aveva 24 raccolti non sò dove e intendeva salvarli. Aveva lasciato la scatola su un ripiano troppo basso: Cheecchow saltò e con un morso preciso compì il destino circolare di uno dei due. Wally invece di procedere darwinisticamente con quattro bei calci in culo al cosiddetto amico dell’uomo, nascose la carcassetta tra le meraviglie dell’immondezzaio. Questo per paura di Plenilunya e così poteva dire che non ce l’aveva fatta a sopravvivere quel povero coombeto. Sì, perché la fotografa d’avanguardia ama gli animali, anche lei… A casa sua tiene formiche, farfalle, topi, rane e salamandre, che nutre con orrende narcopastoie, da lei stessa predisposte. Il secondo colombo riuscì a vivere per qualche giorno e poi lo trovammo morto stecchito: ’affanculo! VII. I K.K.K.K.K.K. blues sono il mio clan di riferimento, dove sono nato, dove ho mosso i miei primi passi, dove ho imparato a bestemmiare, a bere, a chiavare, a fare un gran casino, insomma. Si tratta di poeti anzianotti oramai, che si sono perlopiù pentiti per strada, vendendo l’anima faustiana che hanno per la chimera della pensione. A parte Allen e del vero autore delle sue strategie nel football, il suo cane Sitzen, di cui ho già accennato prima, solo uno di loro, Keith “ banana ” Erikson, chitarrista del gruppo, cammina 25 imperterrito su di una strada progressiva. Riesce a far passare tutta la sua sensualità erotica attraverso l’uso di una corda sola e mi manda in trance ogni volta. Lui pratica la tradizione orale e quindi, non conoscendo assolutamente nessuna lingua, parla direttamente con il corpus asinino che il buon Dio gli ha fatto trovare tra le gambe fin dai primi vagiti. Indimenticabili le gare che da giovinetto vinceva con chiunque osasse misurarsi con lui: solo il Bekenbauer, anche lui assolutamente privo di materiale cerebrale, ma dotato di sana attrezzatura equina, poteva reggere il confronto, ma molto da lontano. Quando i due si incontravano in Alabama, dove ogni anno si svolgevano i campionati riguardanti questa disciplina non ancora compresa nelle Olimpiadi e non si capisce perché, era un vero vertice di animalità. I due titani facevano in modo, sollecitando il loro whynot (tegolone) in erezione, di farlo sbattere contro la propria pancia e, dall’intensità del rumore provocato, i giurati stabilivano la vittoria. Già con il Beken le troie urlavano la loro gioia succulenta, ma quando si esibiva Keith l’apoteosi delle umidità vaginali iridava il cosmo intero: le urla assatanate si susseguivano a svenimenti con orgasmi multipli. La polizia non riusciva mai a calmare quel branco di puttane esaltate. Keith scappava ovviamente da quel delirio, col ghigno del satrapo stampato sul viso. L’ Amerikanmonnezza è il giocattolone che non manca mai di dire cazzate cosmiche. È il bastian contrario, l’albino tribale che, andando a rovescio, svolge una misteriosa funzione, all’apparenza negativa, ma alla fine le sue ragioni in qualche balordo modo saltano fuori. Incarna tutti i luoghi comuni del blues strutturato, di sistema, diciamo. Ha due tatuaggi: quello dei Blues Brother e una 26 nave, a ricordo delle ataviche maledizioni familiari che lo volevano marinaio. Ma è drammaticamente in buona fede e allora… C’era fino a poco tempo fa una specie di secondo chitarrista, diciamo così, a cui sfugge completamente il fare musica, anzi a pensarci bene gli sfugge qualunque cosa: the Ritz. Ha desistito per incompatibilità totale con qualsiasi forma espressiva, seppur minima: almeno il ragno tesse la tela, il cuculo ruba le uova agli altri, i banditi fanno le rapine, i santi bevono a iosa, i disperati vanno a puttane etc. etc. Del resto non ha fatto altro che contare i passi da casa sua alla stazione dei treni che lo ha portato per una vita al suo lager ( leggi “ posto di lavoro ” come i burloni di sempre chiamano il luogo dei destini malfamati.) Il mito della pensione e del pizzetto lo hanno fin qui sorretto ed ora può attendere il suo vero obiettivo: la morte, la fine, il termine di tutto, con cui convive da sempre. Ovviamente è comunista… Il numero uno per stramberia è il grande Gahatchy: non sempre è chiaro il suo sesso. Questo può anche essere indifferente, fino a quando si mette il moto il suo super-utero. Allora risulta dirompente e sciagurato nel portare sfiga, si ammanta aura di tecnico in tutto, in realtà si trova sempre alle prese con grovigli burocratici. Il suo destino, è sempre stato in lui palese: carte e circolari, leggi e uffici non hanno scampo, devono passare tra le sue mani. Ha in odio la libertà degli altri, li vorrebbe tutti prigionieri, come è lui, della ragnatela familiare, con il peso delle colpe e tutto il repertorio di bassa psicanalisi che si potrebbe in questi casi sciorinare. Un sintomo per tutti: si tinge i capelli. A volte, quando si mette in posizione di contrasto col sole, saltano 27 agli occhi riflessi che di volta in volta virano dal blù di anni fa al marroncino rossastro attuale. Chissà quali altre sorprese ci riserva il suo futuro nel mondo dell’iride… Mangia le noccioline come un criceto e non smettendo mai la furtiva masticazione, velocissima e mitragliante, insacca il masticato, per un poi che conosce solo lui, tra le guance interne, da entrambe le parti: a quel punto il visone diventa come quello di un qualsiasi roditore goloso. È simpaticissimo, in sostanza, anche se da quando lo ha mollato la moglie risulta insopportabile. I K.K.K.K.K.K. sono una meraviglia che non cambierei con nulla al mondo, tra orrori e splendori procedono nella loro balzana vita, con nobile inutilità e sapiente idiozia. Li adoro, tutti; del resto anch’io sono così! Ma Wally non ha niente a che fare con questo, non ne è nemmeno laterale: lui ha un imprinting anarchico e la sua storia nasce nei cortei, perché lo sfilare per lui non è solo un banale partecipare, magari giustamente, per dimostrare contro o a favore di qualcosa. No! Per Wally si tratta di un luogo espressivo, di un ambito della totalità: in lui si rivela il manifestare come Arte! I watussi, insieme al SuperMegaArciClub del East Bronx, più o meno retto da Claw-how-how e Saaby the Little Ass, ogni anno organizzano sulla Jamaica Bay, a Brooklyn, una specie di festa dedicata ai pellirosse e qualche tempo dopo una tutta in ricordo di Bobby Mallow. Arrivano gruppi dal Queens e dalla Lower Bay, sempre in contrasto netto con quelli dello Staten Island, ma 28 egualmente variopinti e idioti. In quei giorni l’aereoporto di North Beach è intasato da varie specìe di ominidi, non ancora tutte catalogate. Vari entomologi e paleontologi, nonché antropologi di scuole antagoniste, si sfidano a definire queste strane bestie, che, perlopiù motorizzate, spargono idiozie a ruota libera per 4 o 5 giorni. È il momento adatto per studiarli e gli scienziati di tutto il mondo non si fanno perdere occasioni così ghiotte. Naturalmente non si è mai venuti a capo di nulla, in questa cosmogonia di puteolenti ratti, deliziosamente dementi. Ci sono tra gli altri: nazisti e metallari vieni fuori che ti disfo la faccia, strafumati fin da piccoli con troiette post-punk che per un posto nel sedile dietro ad un energumeno la danno via “ a ” gratis che ballonzolano, non sapendo cosa altro fare, fanno finta di divertirsi, aspettando che i maschietti finiscano di darsi ragione e gareggiano per chi è più figa, facendo sempre finta che non è vero, maschioidi che passano la sera a dirle grosse e ruttare aliti nauseabondi, dalle bocche luride e ricovero perenne di virus e batteri che provocano una puteolenza che birra e carne agliata provvedono a rinnovare, per la gioia di tutti e dell’universo che, grato di questo, ogni tanto li fà andare a sbattere contro qualche albero o qualche casolare, se il diocane vuole. I masnadieri prediligono suoni che in qualche modo facciano loro tener presente quanto vivere in questo mondo sia più una condanna che altro: la loro divisa è uguale da anni ed è il solito chiodo con i jeans rotti. Sono come certi ex-marine invasati che 29 diventano predicatori, sparano lerciumi vari sulla scorta di linguaggi apocalittici contro neri, donne, portoricani e arabi, contro gli intellettuali e la scuola tutta, ovviamente perché intendono l’espressione umana come sfogo del bassissimo ventre e basta, essendo rutto/scoreggio-dipendenti, ascoltano musicaccia metallara, a ricordo del motore scassapalle delle loro moto-cazzo (evidente richiamo al cavallo nel far-west, simbolo fallico per eccellenza). Uno che va per la maggiore, anzi è convinto di essere la reincarnazione di tutti i fighi che hanno via via popolato quel mondo miserabile e stupido, è Magnemelcùl, detto Lunpert lo Strofinaccio, la vera iattura di tutto il complesso tribale di cui vado parlando. Scassa continuamente i coglioni facendo l’ubriacone, è convinto di essere talmente figo che deve oramai continuare in questa pantomima, anche se non ne può più, altrimenti si sentirebbe un cazzo di niente. Quando attacca le sue narrazioni mitologiche o un assolo di armonica a bocca, non termina mai, e le povere palle ti si gonfiano a dismisura: insopportabile. È il ragamuffin più stronzo che si possa immaginare e scassa col suo egocentrismo iterativo e la sua mimica scema: per me può andare a cagare quando vuole. In buona sostanza le due feste sono l’esibizione di tutto ciò che il corso della Columbia University retto da Wally durante l’anno insegna a questi giovanotti: ne sono il Congresso e l’Atto Rifondativo Continuo, sempre miseramente uguale a se stesso. 30 Debbo dire però, che tra loro c’era un ragazzo dolcissimo, una sorta di mascotte di tutti, che badava a seguire la natura nel suo scorrere involontario e si accompagnava ad un cane, che lo seguiva sempre. Rossiccio di pelle e rameato di pelo deambulava scalzo perlopiù e poteva sembrare un parìa indiano, in attesa di rivelazione: come un piccolo Buddha, che porta in sé l’inalterata condizione universale di chi si presta angelicamente a questo affitto che la natura chiede a qualche giovane corpo, talvolta imponendosi barbaramente, senza dare risarcimento alcuno. Al Peehlow, così lo chiamavàmo, l’Universo siderale ha richiesto il corpo anzitempo, senza pietà, togliendogli l’aria di cui aveva bisogno. Un bacio tenero vada al suo ricordo. VIII. Wally era appena approdato ai confini del darsi da fare; verso le dieci arriva “” che bestemmiando gli racconta la storia della gamba che rischia la cancrena, per botte pigliate sui palchi del muratoraggio. Quando se ne và, Wally ha già desistito da ogni qualsivoglia progetto riguardante la sua metamorfosi edilizia. Ritorna sul vocabolario di idiozia e procede intorno a questa di gran lunga preferita disciplina. 31 E ciò è solo un esempio di ciò che succede ogni giorno: si vede che la notte i sensi di colpa, così ben compressi durante il giorno con birra e grappa, lavorano a sua insaputa per preparargli il tranello in cui farlo cadere ed intrappolarlo nel lavoro dipendente a tempo pieno, vero mito sacro nella cultura celtica da cui proviene. Ma non credo ce la possa fare, il mito intendo…; Wally ha una preparazione solida e strutturatasi così bene nel tempo che risulterà sempre inscalfibile. Peccato che debba soffrirne, ma dura di solito qualche oretta, poi tutto rientra nella prassi idiota del dire un sacco di cazzate. Un giorno teneva una lectio magistralis alle rondini, appena giunte per la primavera, sulle foci dello Hudson. Erano talmente estasiate che si dimenticarono di farsi il prezioso nido, dimostrando così di apprezzare moltissimo gli insegnamenti dell’insigne teorico e poter agire dentro una prassi non più casuale, ma organizzata e metodica del non fare una cazzo, del non aver progetti, del non preoccuparsi di nulla, che tanto gesùpensapernoi, oppure la società, oppure io o Plenilunya (und so weiter…) Io non ho fatto altro che ripetergli che la bestia per rimanere sveglia deve sempre essere all’erta; dormire sì, ma con un occhio solo e che perdersi dietro a cagate qualsiasi, illusioni o trasferimenti alcoolici, non è un buon modo per trascorrere intelligentemente i giorni, visto che non sappiamo chi e perché cazzo ci ha scaraventato in questa infamia continua chiamata vita. Questo scherzetto che tanti miliardi di vittime ha fatto non trova soluzione, per cui per mettergliela in culo alla natura sarà bene esprimerci al massimo delle possibilità e togliersi dalle palle 32 quando lo decidiamo noi. Lasciarci vivere è come minimo un gesto masochistico in cui la vittima, noi, amiamo e invitiamo il carnefice, la natura, a compiere il suo definitivo misfatto. E allora mi sembra logico che nutrire l’eros, quello cosmico intendo e non solo quello genitale, e farlo procedere al massimo, sia la strada più creativa e dignitosa. Wally mi guarda e mi risponde sempre allo stesso modo: “ Prima si nasse, poi si creppa. ” E se avesse ragione lui? ( rifugio antiatomico, via Palladio, S.Giorgio di N., Italia del cazzo - 2007) 33