DietrolaPalmad`oro spuntano«LeMeraviglie
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Corriere del Ticino 25 Lunedì 26 maggio 2014 mercoLedì sera teatro san materno zxy Mercoledì 28 maggio alle 20.45 lo Studio Foce di Lugano ospita un concerto dell’Orchestra internazionale di mandolini diretta da Gianluca Fortino e Carlo Aonzo e del trio formato da Carlo Aonzo (mandolino, chitarra e percussioni), Claudio Bellato (chitarra) e Loris Lombardo (batteria). L’orchestra, fondata nel 2009, è composta da musicisti provenienti da diversi Paesi e punta alla diffusione del repertorio contemporaneo per formazioni di strumenti a pizzico. L’entrata al concerto è libera. zxy Mercoledì 28 maggio alle 20.30 al Teatro San Materno di Ascona appuntamento con le polifonie dalla Georgia con il quintetto Kolchika formato da Ana Bajiashvili, Lia Khuntsaria, Zaza Gorelishvili, Ucha Pataridze e Tamaz Chikadze. La proposta musicale del gruppo mette l’accento su una tradizione musicale unica al mondo, al contempo piena di temperamento e di dolcezza e che in alcuni momenti è accompagnata da danze popolari. Prenotazioni: tel. 076 280 96 90. Mandolini allo Studio Foce Polifonie georgiane ad Ascona speTTaColi 67. Festival di Cannes Dietro la Palma d’oro spuntano «Le Meraviglie» Si impone «Winter Sleep» di Nuri Bilge Ceylan Alla coproduzione svizzera va il secondo premio iL paLmarès palma d’oro WINTER SLEEP di Nuri Bilge Ceylan. Gran premio della GiUria LE MERAVIGLIE di Alice Rohrwacher. premio per la miGlior reGia BENNETT MILLER per Foxcatcher. premio della GiUria (ex aeqUo) MOMMY di Xavier Dolan, ADIEU AU LANGAGE di Jean-Luc Godard. premio per la miGlior sCeneGGiaTUra ANDREI ZVYAGINTSEV E OLEG NEGIN per Leviathan di Andrei Zvyagintsev. premio per la miGlior inTerpreTe femminile JULIANNE MOORE per Maps to the Stars di David Cronenberg. premio per il miGlior inTerpreTe masChile TIMOTHY SPALL per Mr. Turner di Mike Leigh. palma d’oro del CorTomeTraGGio LEIDI di Simón Mesa Soto. premio Un CerTain reGard FEHÉR ISTEN di Kornél Mundruczó. Caméra dor (miGlior opera prima) PARTY GIRL di Marie Amachoukeli, Claire Burger, Samuel Theis. daL nostro inviato anTonio marioTTi zxy Cannes Se è vero, come afferma un motto ben conosciuto nell’ambiente del cinema, che dei festival non restano i film ma i premi, il 67. Festival di Cannes potrà essere ricordato come uno dei migliori degli ultimi anni, poiché non tutti i film meritevoli di un riconoscimento compaiono nel palmarès per assoluta mancanza di spazio. Si potrebbe quindi dissertare a lungo sull’assenza di opere riuscite come Still the Water di Naomi Kawase, Deux jours, une nuit dei fratelli Dardenne o Timbuktu di Abderrahmane Sissako, ma bisogna arrendersi all’evidenza e lodare il lavoro compiuto dalla presidente della giuria Jane Campion e dai suoi colleghi. Scorrendo la lista dei premi si ha addirittura l’impressione di trovarsi di fronte a una sorta di narrazione che procede per contrasti e parallelismi, seguendo ragionamenti artistici ma anche gene- razionali e politici. La Palma d’oro al regista turco Nuri Bilge Ceylan per il suo magnifico Winter Sleep rappresenta il logico sviluppo del percorso di un autore che negli ultimi dodici anni sulla Croisette aveva già conquistato il premio per la miglior regia e ben due Grand Prix. Non bisogna però pensare a una scelta «comoda» poiché si tratta di un film per molti versi arduo, che va gustato attimo per attimo sull’arco dei suoi 196 minuti di durata. Vicino per certi versi alla narrazione del suo connazionale premio Nobel Orhan Pamuk, Ceylan non cerca mai l’accondiscendenza dello spettatore, ma percorre strade a volte tortuose per metterci di fronte – senza mai giudicarci – alle nostre debolezze, alle nostre contraddizioni e alle nostre illusioni utilizzando un’ambientazione «provinciale», eppure pienamente universale e comprensibile, come la sua Anatolia. In un mondo altrettanto marginale ci conduce Alice Rohrwacher con il suo Le Meraviglie, che si è aggiudicato il secon- GRAN PREMIO DELLA GIURIA La regista italiana alice rohrwacher. sopra: nuri Bilge ceylan con la palma d’oro e Xavier dolan (premio della giuria). (Foto EPA) do premio, ovvero il Grand Prix. Con questo riconoscimento, la giuria ha di certo voluto segnalare il grande talento di una giovane autrice che, al suo secondo film, già dimostra di avere dentro di sé la forza per rappresentare una voce pienamente innovativa nel panorama, spesso fin troppo convenzionale, del cinema italiano. Un Grand Prix che è la vera e propria sorpresa del palmarès e che rappresenta motivo di enorme soddisfazione anche per la nostra regione, grazie all’impegno e all’intuizione della produttrice Tiziana Soudani che, con la sua Amka Films, aveva già creduto all’esordiente Alice Rohrwacher sostenendo (con la RSI) anche il precedente Corpo celeste. È vero che l’apporto svizzero rappresenta solo il 15% dell’intero budget, ma chiunque lavori in questo campo sa quanto sia prezioso – soprattutto su un piccolo film come questo – ogni tipo di contributo. C’è solo da sperare che anche il pubblico ticinese si lasci conquistare da Le Meraviglie quando uscirà nelle nostre sale nel prossimo autunno. A una lettura «a specchio» si prestano anche i premi alla miglior regia (Foxcatcher di Bennett Miller) e alla miglior sceneggiatura (Leviathan di Andrei Zviagintsev), le opere più politiche viste in concorso, così come i riconoscimenti agli attori, andati a due grandi nomi del mondo anglosassone come la statunitense Julianne Moore e l’inglese Timothy Spall, diretti da registi di enorme esperienza come David Cronenberg e Mike Leigh. Infine, il favorito assoluto della critica (lo spericolato e geniale Mommy del venticinquenne canadese Xavier Dolan) si è dovuto accontentare del Premio della Giuria in (scomodissima) coabitazione con Adieu au langage dell’ottantatreenne Jean-Luc Godard, omaggio quasi postumo alla carriera di un vero e proprio monumento della storia del cinema. altre foto su www.cdt.ch/K107373 Tre capolavori fra classicismo e romanticismo A Lugano Festival, con Renaud Capuçon, Semyon Bychkov e la Chamber Orchestra of Europe zxy Tre immensi capolavori situati fra il classicismo e il romanticismo e tre eccellenti interpreti hanno contraddistinto venerdì, al Palazzo dei Congressi, il penultimo appuntamento della prima parte di Lugano Festival. La Sinfonia n. 8 in si minore D. 759 («Incompiuta») di Schubert è pervasa da un colore intensamente drammatico, specialmente nel primo movimento, soprattutto per certe arditezze formali e armoniche e per la linea melodica, tipicamente schubertiana, ormai distante dalla tradizione mozartiana e beethoveniana. L’esecuzione ha reso pienamente le qualità interpretative di Semyon Bychkov: proporzionata nel fraseggio, nella definizione dei piani dinamici, senza enfasi e senza cedimenti. Particolarmente suadente lo stacco del primo movimento, lievemente più celere di alcune altre interpretazioni, eppure di notevole impressione lirica ed espressiva. Il Concerto per violino e orchestra in mi minore, op. 64 di Mendelssohn deve ormai considerarsi una parte inalienabile del repertorio per questo strumento. Il tema del primo movimento, annunciato dal violino, è di affascinante delicatezza melodica, di stampo prettamente romantico. Così come la seconda idea esposta dai legni. La linea melodica e lirica, che si districa fra «solo» e orchestra, predomina pure nel secondo tempo. Temi e melodie, a cui si affiancano una frizzante fantasia e momenti di superbo virtuosismo solistico, caratterizzano il terzo movimento. Superba è risultata l’interpretazione di Renaud Capuçon. Ammirevole tanto per la luminosità del suono, spiccatamente melodico, quanto per la trasparenza delle idee, colma di carica e intensità espressiva supportata da una tecnica e da un virtuosismo di prim’ordine, un’intonazione da manuale, la cavata di una bellezza apollinea. Perfettamente in sintonia la direzione di Semyon Bychkov. Splendido per intensità emotiva e sofferta interiorità il bis concesso: Melodia (Danza degli Spiriti beati) di Gluck. Ricca di ritmi e movenze di danza, infine, la Sinfonia n. 7 in la maggiore, op. 92 di Beethoven. Danze non tanto in- tese secondo lo stile rococò del Settecento, quanto piuttosto impregnate di sentimenti e passioni umane, sintomatiche degli eventi sociali dell’epoca. Semyon Bychkov ha diretto da grande maestro, con partecipe trasporto, garbo ed equilibrio, energia animatrice e rigorosità, profondo rispetto per le indicazioni dinamiche. La Chamber Orchestra of Europe ha conseguito, in tutti i brani eseguiti, esiti ragguardevoli garantendo la vivacità dei ritmi, l’espressività e la brillantezza dei colori. Un concerto da incorniciare. Prossimo, e ultimo, appuntamento della prima parte di Lugano Festival, martedì 3 giugno con l’OSI diretta da Markus Poschner. ALBerTO CiMA