natura e cultura del capitalismo italiano la scelta di Vendola

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natura e cultura del capitalismo italiano la scelta di Vendola
Rivista
della
Pro Civitate Christiana
Assisi
71
ANNO
periodico quindicinale
Poste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post.
dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1, comma 1, DCB Perugia
e 2.70
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15 settembre 2012
natura e cultura
del capitalismo
italiano
Carlo Maria Martini
l’estremo appello
nuovi
populismi
il mafioso
di terza
generazione
procreazione medicalmente
assistita
diritto a un figlio sano
la difficoltà
di leggere il presente
complesso
Marino Niola
il filo rosso
dell’umano
il turpiloquio
dall’osteria
al web
teologia
la Tradizione
discussa
la scelta
di Vendola
TAXE PERCUE – BUREAU DE POSTE – 06081 ASSISI – ITALIE
ISSN 0391 – 108X
Rocca
sommario
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15 settembre
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Ci scrivono i lettori
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Anna Portoghese
Primi Piani Attualità
Giovanni Sabato
Notizie dalla scienza
Vignette
Il meglio della quindicina
Maurizio Salvi
Etiopia
Problemi aperti del dopo Zenawi
Raniero La Valle
Resistenza e pace
La cenere sulla brace
Ritanna Armeni
Politica italiana
La scelta di Vendola
Romolo Menighetti
Oltre la cronaca
Nuovi populismi
Giannino Piana
Procreazione medicalmente assistita
Diritto a un figlio sano
Tonio Dell’Olio
Camineiro
Le bombe peggiori
Fiorella Farinelli
Sanità
Un decreto politicamente debole
Oliviero Motta
Terre di vetro
Epitaffi
Enrico Fontana
Rapporto Ecomafia 2012
Il mafioso di terza generazione
Marino Niola
70° Corso di Studi cristiani – Assisi
Il filo rosso dell’umano
Anna Portoghese (a cura di)
Siria
La primavera difficile
Intervista a Paolo Dall’Oglio
Claudio Cagnazzo
Linguaggio
Il turpiloquio dall’osteria al web
Pietro Greco
Natura e cultura del capitalismo italiano
Non è colpa solo degli idealisti
Marco Gallizioli
Società occidentale
La difficoltà di leggere il presente complesso
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Stefano Cazzato
Maestri del nostro tempo
Ernst von Glasersfeld
Come ci si inventa
Giuseppe Moscati
Nuova Antologia
Carmen Yáñez
E la sofferenza si fa poesia
Enzo Bianchi
Insieme
Stabilità e mobilità
Carlo Molari
Teologia
La Tradizione discussa
Lilia Sebastiani
Il concreto dello spirito
Armonia
Paolo Vecchi
Cinema
L’estate di Giacomo
Roberto Carusi
Teatro
Dal Derby a Verdi
Renzo Salvi
Rf&Tv
Sirene
Mariano Apa
Arte
Corciano
Alberto Pellegrino
Spettacoli
La Traviata di Svoboda
Enrico Romani
Musica
L’autobiografia di Johnny Cash
Giovanni Ruggeri
Siti Internet
Diritti sì, «Acta» no
Libri
Carlo Timio
Rocca Schede
Paesi in primo piano
Trinidad e Tobago
Luigina Morsolin
Fraternità
Costa d’Avorio: per dire grazie...
ROCCA 15 SETTEMBRE 2012
Giannino
Piana
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a Corte europea dei diritti umani
con sede a Strasburgo ha messo
sotto processo la legge 40 sulla
procreazione medicalmente assistita approvata dal Parlamento
italiano nel 2004 (e confermata dal
referendum del giugno 2005 per mancanza del quorum richiesto), bocciando la parte della normativa riguardante l’impossibilità per una coppia fertile di ricorrere alla
fecondazione artificiale, anche se affetta
da gravi malattie genetiche. Il verdetto costituisce la risposta all’interpellanza di due
coniugi italiani, portatori sani di fibrosi
cistica e genitori di una bambina di sei anni
soggetta a mucoviscidosi (una malattia fortemente invalidante), i quali, dopo aver
iniziato per via naturale una seconda gravidanza, rivelatasi anch’essa, grazie alla
diagnosi prenatale, patologica e dopo aver
fatto di conseguenza ricorso all’aborto
(come è peraltro ammesso dalla legge 194),
desiderosi di aver un figlio sano hanno
chiesto di sottoporsi alla fecondazione in
L
vitro per avere la possibilità di esaminare
l’embrione prima dell’impianto.
Il diniego delle istituzioni sanitarie italiane, motivato dal fatto che la legge 40 limita l’accesso alla fecondazione artificiale
esclusivamente alle coppie sterili o infertili o, al più – secondo le linee guida ministeriali emanate nel 2008 – al caso in cui
l’uomo sia portatore di malattie sessualmente trasmissibili derivanti da infezione
da Hiv o da epatite B e C, ma non al caso
di malattie di ordine genetico, ha provocato la giustificata reazione della coppia
che, tramite i propri avvocati, si è rivolta
alla Corte europea.
le ragioni della sentenza
In realtà la legge 40 è stata più volte sottoposta anche nel nostro paese al vaglio della amministrazione della giustizia in sedi
di diverso grado: ben sedici sono i ricorsi
avanzati nel breve volgere di anni, di cui
cinque davanti alla Corte Costituzionale.
PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
diritto
a un figlio
sano
statazione sempre più evidente dei limiti
della legge 40; limiti derivanti soprattutto
dalla assenza di una riflessione serena,
preoccupata di fare oggettivamente luce,
attraverso un onesto accostamento al dato
scientifico, sui diversi (e complessi) aspetti della problematica in causa (non escluse le ambiguità che inevitabilmente si nascondono dietro alcune pratiche di procreazione medicalmente assistita) e di evitare la caduta in sterili contrapposizioni ideologiche.
Le ragioni addotte dalla Corte europea per
sostenere l’inaccettabilità del rifiuto di accedere da parte della coppia italiana alla
fecondazione in vitro sembrano riconducibili, per quanto ci è dato sapere – è infatti doveroso attendere la deposizione delle
motivazioni della sentenza per esprimere
una valutazione più precisa – a due ordini
di considerazioni.
Il primo è rappresentato dalla rilevazione
che tale rifiuto costituisce una aperta violazione del diritto di ogni persona «al rispet-
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Tra i motivi di illegittimità (e talora di incostituzionalità) sollevati i più rilevanti
sono il limite posto all’utilizzo degli embrioni – tre per ogni ciclo di fecondazione
da impiantare contemporaneamente –,
l’impossibilità di congelamento degli embrioni in modo di poterli ricuperare e impiantare successivamente nel caso di fallito tentativo e, infine, il divieto della fecondazione eterologa. La limitazione del
numero degli embrioni e l’esclusione del
loro congelamento sono stati peraltro dichiarati incostituzionali nel 2009 dalla
Corte Costituzionale italiana, in quanto
giudicati irragionevoli e in contrasto con
il diritto della donna alla salute, essendo
quest’ultima di fatto costretta, nel caso di
mancato esito positivo del primo impianto, a sottoporsi a una ulteriore stimolazione multiovulatoria, con conseguenze pesanti per l’organismo.
La sentenza della Corte europea si inserisce dunque nel contesto di un’azione giudiziaria a vasto raggio, stimolata dalla con-
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PROCREAZIONE
MEDICALMENTE
ASSISTITA
dello stesso Autore
to della propria vita privata e familiare», diritto sancito dall’art. 8 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo. Si sarebbe
dunque qui in presenza di una forma di grave discriminazione, provocata dalla lesione di un diritto fondamentale, che non può
essere per nessun motivo conculcato.
Il secondo ordine di considerazioni chiama invece direttamente in causa la disciplina legislativa italiana, la quale viene giudicata incoerente, perché mentre, da un
lato, impedendo a coniugi portatori di
malattie genetiche il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, vieta loro
l’accesso alla diagnosi preimpianto, consente, dall’altro, qualora il feto risulti, alla
luce della diagnosi prenatale portatore di
anomalie o di malformazioni, di ricorrere
all’aborto (che, in quanto aborto terapeutico, può venire attuato anche al di là delle
otto settimane normalmente previste dalla legge). D’altra parte, è bene ricordare che
la possibilità di adire alla fecondazione artificiale per prevenire la trasmissione di
malattie genetiche è riconosciuta in quasi
tutti i paesi europei – fa eccezione, oltre
all’Italia, soltanto l’Austria –, e che pertanto l’intervento della Corte europea, alle cui
decisioni le legislazioni nazionali devono
adeguarsi, è stata presumibilmente anche
dettata dalla volontà di uniformare i criteri di valutazione e di gestione di questioni
delicate come questa, e in generale come
quelle attinenti l’area della bioetica, allo
scopo di evitare ingiuste sperequazioni.
rischio di derive eugenetiche
ETICA
Ma, al di là del giudizio sull’intervento della
SCIENZA E SOCIETÀ Corte, è importante interrogarsi sulla valii nodi critici
dità (o meno) dei motivi di ordine etico che
emergenti
hanno spinto gli autori della legge 40 a ripagg. 152 - e 20,00 fiutare il ricorso alla diagnosi preimpian-
to nel caso di malattia genetica della cop-
POLITICA
pia. Ora, oltre a una non ben precisata voETICA
lontà di tutelare la dignità e la libertà dei
ECONOMIA
logiche della convivenza medici (e del personale sanitario in genepagg. 184 - e 20,00 re), il motivo fondamentale addotto era
ROCCA 15 SETTEMBRE 2012
quello di evitare le derive eugenetiche; di
(vedi Indici in
impedire, in altri termini, che si incorra in
RoccaLibri
una forma di «selezione genetica», che
www.rocca.cittadella.org) consente di scegliere il figlio che si deside-
ra e di rimuovere quello che non è desiderato. Il rischio di tale esito è tutt’altro che
irreale, e la motivazione risulta dunque di
per sé seriamente fondata. La «selezione
genetica», praticata su vasta scala – come
richiedere a
potrebbe avvenire grazie alle prospettive
Rocca - Cittadella
06081 Assisi
aperte dalla decodifica del Dna e dal proe-mail
gresso delle tecnologie applicate a tale
[email protected] ambito – costituisce senza dubbio un feper i lettori di Rocca
• 15,00 ciascuno
spedizione compresa
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nomeno eticamente negativo, che occorre, nei limiti del possibile, scongiurare.
quale giudizio etico?
Tornando tuttavia all’oggetto della sentenza della Corte europea, si deve riconoscere che il dispositivo della legge 40 è destinato a determinare, nell’attuale contesto
legislativo italiano, un male maggiore.
Proibendo il ricorso alla fecondazione artificiale (e conseguentemente alla diagnosi preimpianto), mentre è invece ammessa, in virtù della legge 194 nel caso di malattia o malformazione del feto, la possibilità di ricorrere all’aborto terapeutico si finisce infatti per dare luogo (il caso della
coppia che ha fatto appello alla Corte europea lo conferma) a una situazione non
solo psicologicamente più traumatica, soprattutto per la donna, ma anche moralmente assai più problematica. La eliminazione di un embrione, anche per chi ritiene si possa già parlare, prima dell’impianto dell’ovocellula fecondata in cavità uterina, di «persona» (il che è, come si sa,
scientificamente discutibile), è, in ogni
caso, un atto eticamente meno grave dell’eliminazione di un feto, che ha già raggiunto un grado avanzato di crescita.
Gli sviluppi della ricerca scientifica, favoriti dall’innovazione tecnologica in costante
avanzamento, rendono oggi sempre più attuale l’azione predittiva della medicina.
Come per ogni forma di progresso anche
in questo caso gli esiti possibili sono ambivalenti. L’atteggiamento prudenziale è perciò d’obbligo; ciò che si esige è una forma
di discernimento che sappia, di volta in volta, soppesare in base a un preciso quadro
valoriale gerarchicamente ordinato, le conseguenze positive e negative degli interventi, promuovendo quelli nei quali le prime
prevalgono e rifiutando quelli in cui le seconde hanno il sopravvento. A dover essere
perseguito è infatti il bene possibile (e talora anche semplicemente il male minore)
evitando atteggiamenti preconcetti di rifiuto
o, inversamente, di facile adeguamento alle
mode, ambedue in definitiva eticamente
riprovevoli. Il fatto che si abbiano a disposizione nuovi strumenti per conferire all’esercizio della fecondità procreativa maggiori garanzie circa il futuro del figlio è di
per sé un dato positivo. Tutto dipende dall’uso responsabile che di tali strumenti si
fa, dalla capacità cioè di gestirli in modo
corretto, avendo di mira il bene delle generazioni future e della intera società.
Giannino Piana