Aspetti fiscali del lavoro comunitario in Italia

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Aspetti fiscali del lavoro comunitario in Italia
Aspetti fiscali del lavoro comunitario in Italia
Un problema rilevante, in tema di lavoratori comunitari in Italia, riguarda l’aspetto fiscale delle
posizioni dei lavoratori occupati dalle ditte interessate per l’esecuzione di opere o servizi.
Sul tema come fonte principale ci sono le convenzioni internazionali.
Le convenzioni internazionali
Le convenzioni internazionali contro la doppia imposizione sono uno strumento di politica
internazionale tributaria necessario ad evitare il fenomeno per cui lo stesso reddito sia soggetto due
volte a tassazione in due diversi stati.
Le convenzioni infatti regolano i rapporti tributari tra i soggetti che operano negli stati firmatari
della convenzione e che sono collegati quindi agli stessi.
Questo strumento ha lo scopo di evitare il problema della doppia imposizione sui redditi di natura
transnazionale, cioè la tassazione del reddito sia nel paese in cui questo è stato prodotto sia nel
paese di residenza del soggetto che lo ha prodotto.
Le convenzioni internazionali, nei casi in cui è previsto, prevalgono sulla legge nazionale, così che
il giudice tributario sarà tenuto a disapplicare la normativa interna per applicare quanto previsto
dalla convenzione.
Tali convenzioni rappresentano il risultato di un accordo tra due Stati per regolamentare sulla base
del principio di reciprocità la sovranità tributaria di ciascuno.
Di regola questi accordi internazionali sono redatti sulla base di un modello standardizzato di
convenzione fiscale elaborato in ambito OCSE.
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico
L'Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica (OECE) fu istituita il 16 aprile 1948 con
sede al Chateau de la Muette di Parigi come organizzazione permanente destinata a controllare la
distribuzione degli aiuti americani del Piano Marshall per la ricostruzione dell'Europa dopo la
seconda guerra mondiale.
La creazione di tale organismo sovranazionale nasce dall'esigenza di dar vita a forme di
cooperazione e coordinamento in campo economico tra le nazioni europee attraverso una
liberalizzazione dei rispettivi scambi, attuata puntando alla liberalizzazione degli scambi industriali
e dei movimenti di capitali.
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Nell'aprile del 1948 si giunge così alla firma di una prima convenzione per la cooperazione
economica, entrata in vigore il 28 luglio 1948 e ratificata da 16 stati europei: Austria; Belgio;
Danimarca; Francia; Gran Bretagna; Grecia; Irlanda; Islanda; Italia; Lussemburgo; Norvegia; Paesi
Bassi; Portogallo; Svezia; Svizzera; Turchia.
La Repubblica Federale Tedesca ne divenne membro solo dopo la fine del periodo di occupazione
dei paesi alleati e la Spagna vi aderì nel 1959.
Nel 1961 fu riorganizzata e si trasformò nell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico (OCSE).
Entrarono a farne parte i paesi che avevano aderito all'OECE, oltre a Canada e USA mentre, in un
secondo momento, aderirono anche Giappone, Finlandia, Australia, Nuova Zelanda, Messico, Corea
del Sud, ed infine, dopo la dissoluzione del blocco comunista, anche Repubblica Ceca, Polonia,
Ungheria, Slovacchia.
L'OCSE ha così superato il ruolo di organizzazione europea ed ha allargato la sua azione verso
obiettivi di integrazione e cooperazione economica e finanziaria tra i maggiori paesi del cosiddetto
Occidente.
Fra i suoi compiti rientrano la creazione di condizioni più appropriate per la realizzazione del
comune programma di ricostruzione economica e di sviluppo della produzione industriale, la
promozione della cooperazione tra gli stati membri, sviluppare i piani nazionali di ricostruzione,
l’incentivazione dei commerci tra i paesi europei, riducendo le tariffe e gli altri ostacoli
all'espansione dei commerci, lo studio di fattibilità per la creazione di un'unione di mercati o una
libera area commerciale, il raggiungimento di migliori condizioni di lavoro.
La struttura istituzionale dell'OCSE comprende:

un consiglio composto da un rappresentante per ogni paese;

un comitato esecutivo composto dai rappresentanti di delegazioni permanenti di 14 membri
eletti annualmente;

i comitati ed i gruppi di lavoro specializzati;

le delegazioni permanenti dei paesi membri sotto forma di missioni diplomatiche dirette
quindi dagli ambasciatori;

il segretariato internazionale, a disposizione dei comitati e degli altri organi.
I modelli di convenzione
Nell'OCSE fu istituito il Comitato per gli affari fiscali e nel 1963 fu emanato il primo modello di
convenzione sulla doppia imposizione relativo al reddito e al capitale.
Dal 1973 il Comitato ha effettuato delle modifiche al modello di convenzione del 1963 che ha
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indotto alla pubblicazione di un nuovo modello di convenzione sulla doppia imposizione sul reddito
e sul patrimonio nel 1977 e nel 1992.
L’ultima versione riproduce il testo aggiornato con le modifiche apportate con effetto dal 15 luglio
2005 della Convenzione-tipo dell'OCSE per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul
reddito e sul patrimonio.
Questo modello è quello che la maggior parte dei paesi, tra i quale anche alcuni Stati non aderenti
all’OCSE, utilizzano come guida per la stipulazione degli accordi internazionali in materia di
doppia imposizione.
Di converso altri Stati, come gli Stati Uniti e i Paesi sudamericani, hanno elaborato un proprio
modello di convenzioni contro le doppie imposizioni.
La regola generale per quanto riguarda la tassazione dei redditi da lavoro dipendente è prevista
dall’art. 15 della convenzione OCSE:
1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 16, 18 e 19, i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni
analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un'attività dipendente
sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato
contraente. Se l'attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in
questo altro Stato.
2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le remunerazioni che un residente di uno Stato
contraente riceve in corrispettivo di un'attività dipendente svolta nell'altro Stato contraente sono
imponibili soltanto nel primo Stato se:
a) il beneficiario soggiorna nell'altro Stato per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale
i 183 giorni nel corso dell'anno fiscale considerato, e
b) le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dell'altro
Stato, e
c) l'onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa
che il datore di lavoro ha nell'altro Stato.
Le convenzioni internazionali possono indicare due metodi per evitare il problema della doppia
imposizione.
Si potrà scegliere alternativamente:

il metodo dell’esenzione (art.23 A)
Nel caso in cui un residente di uno Stato contraente ricavi redditi che, in conformità alle
disposizioni della convenzione, sono imponibili nell’altro Stato contraente, il primo Stato provvede
ad esentare da tassazione tale reddito (il Paese di residenza esclude dalla tassazione il reddito).
Anche il metodo dell’esenzione con progressione viene utilizzato nel modello di convenzione
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OCSE per evitare duplicazioni di tassazione sullo stesso reddito da parte dello Stato di residenza.
Con questo metodo il reddito estero, anziché essere escluso del tutto dalla base imponibile, viene
considerato nell’ambito del reddito complessivo soltanto per determinare l’aliquota applicabile.

il metodo del credito d’imposta (art.23 B)
Con questo metodo viene garantito un credito d’imposta per le imposte assolte all'estero e il reddito
partecipa alla base imponibile del Paese di residenza.
La detrazione del credito d'imposta spetta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo
d'imposta cui appartiene il reddito prodotto all'estero, sempre che il pagamento a titolo definitivo
delle relative imposte abbia avuto luogo anteriormente al termine di presentazione della
dichiarazione.
Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti in diversi Stati esteri, il
comma 3 dell'articolo 165 del Tuir dispone che la detrazione si applichi separatamente per ciascuno
Stato.
E’ interessate sottolineare che sia il modello OCSE che il commentario ai singoli articoli, sono
utilizzati anche dalla nostra Amministrazione finanziaria non solo in sede di interpretazione e di
applicazione delle disposizioni interne, ma anche per colmare eventuali lacune presenti nel nostro
ordinamento.
Al modello OCSE sono state apportate alcune modifiche, necessarie a causa dei mutamenti
verificatesi nelle legislazioni interne, dello sviluppo di nuovi settori economici e di nuove
tecnologie, dalla nascita di nuove tipologie di operazioni internazionali, che hanno rafforzato il
principio di tassazione esclusiva nel Paese di residenza del contribuente.
Attualmente sono state sottoscritte convenzioni bilaterali con tutti gli stati appartenenti all'Unione
europea e al G8, e complessivamente risultano stipulati 102 accordi, dei quali 83 ratificati e 78 in
vigore.
Le convenzioni dello stato italiano contro la doppia imposizione

Albania Tirana 12.12.1994 L. 21.05.1998, n.175

Algeria Algeri 03.02.1991 L. 14.12.1994, n.711

Argentina Roma 15.11.1979 L. 27.04.1982, n.282

Australia Canberra 14.12.1982 L. 27.05.1985, n.292

Austria Vienna 29.06.1981 L. 18.10.1984, n.762

Bangladesh Roma 20.03.1990 L. 05.07.1995, n.301

Belgio Roma 29.04.1983 L. 03.04.1989, n.148

Brasile Roma 03.10.1978 L. 29.11.1980, n.844
4

Canada Toronto 17.11.1977 L. 21.12.1978, n.912

Cina Pechino 31.10.1986 L. 31.10.1989, n.376

Cipro Nicosia 24.04.1974 L. 10.07.1982, n.564

Corea del Sud Seul 10.01.1989 L. 10.02.1992, n.199

Costa d'Avorio Abidjan 30.07.1982 L. 27.05.1985, n.293

Danimarca Copenaghen 05.05.1999 L. 11.07.2002, n.745

Ecuador Quito 23.05.1984 L. 31.10.1989, n.377

Egitto Roma 07.05.1979 L. 25.05.1981, n.387

Emirati Arabi Uniti Abu Dhabi 22.01.1995 L.28.08.1997, n.309

Estonia Tallinn 20.03.1997 L.19.10.1999, n.427

Etiopia Roma 08.04.1997 L. 19.08.2003, n.242

Filippine Roma 05.12.1980 L. 28.08.1989, n.312

Finlandia Helsinki 12.06.1981 L. 25.01.1983, n.38

Francia Venezia 05.10.1989 L. 07.01.1992, n.20

Georgia Roma 31.10.2000 L.11.07.2003, n.205

Ghana Accra 19.02.2004 L. 06.02.2006, n.48

Germania Bonn 18.10.1989 L. 24.11.1992, n.459

Giappone Tokyo 20.03.1969 L. 18.12.1972, n.855

Grecia Atene 03.09.1987 L.30.12.1989, n.445

India New Delhi 19.02.1993 L. 14.07.1995, n.319

Indonesia Giacarta 18.02.1990 L. 14.12.1994, n.707

Irlanda Dublino 11.06.1971 L. 09.10.1974, n.583

Israele Roma 08.09.1995 L. 09.10.1997, n.37

Jugoslavia Ex (1) Belgrado 24.02.1982 L. 18.12.1984, n.974

Kazakhistan Roma 22.09.1994 L. 12.03.1996, n.174

Kuwait Roma 17.12.1987 L. 07.01.1992, n.53

Lituania Vilnius 04.04.1996 L.09.02.1999, n.31

Lussemburgo Lussemburgo 03.06.1981 L.14.08.1982, n.747

Macedonia Roma 20.12.1996 L. 19.10.1999, n.482

Malaysia Kuala Lumpur 28.01.1984 L. 14.10.1985, n.607

Malta La Valletta 16.07.1981 L. 02.05.1983, n.304

Marocco Rabat 07.06.1972 L. 05.08.1981, n.504

Mauritius Port Louis 09.03.1990 L. 14.12.1994, n.712
5

Messico Roma 08.07.1991 L. 14.12.1994, n.710

Mozambico Maputo 14.12.1998 L.23.04.2003, n.110

Norvegia Roma 17.06.1985 L. 02.03.1987, n.108

Nuova Zelanda Roma 06.12.1979 L. 10.07.1982, n.566

Oman Mascate 06.05.1998 L. 11.03.2002, n.50

Paesi Bassi L'Aja 08.05.1990 L. 26.07.1993, n.305

Pakistan Roma 22.06.1984 L. 28.08.1989, n.313

Polonia Roma 21.06.1985 L. 21.02.1989, n.97

Portogallo Roma 14.05.1980 L. 10.07.1982, n.562

Regno Unito Pallanza 21.10.1988 L. 05.11.1990, n.329

Repubblica Ceca Praga 05.05.1981 L. 02.05.1983, n.303

Repubblica Slovacca Praga 05.05.1981 L. 02.05.1983, n.303

Romania Bucarest 14.01.1977 L. 18.10.1978, n.680

Russia Roma 09.04.1996 L. 09.10.1997, n.370

Senegal Roma 20.07.1998 L. 20.12.2000, n.417

Siria Damasco 23.11.2000 L. 28.04.2004, n.130

Singapore Singapore 29.01.1977 L. 26.07.1978, n.575

Spagna Roma 08.09.1977 L. 29.09.1980, n.663

Sri Lanka Colombo 28.03.1984 L. 28.08.1989, n.314

Stati Uniti Roma 17.04.1984 L. 11.12.1985, n.763

Sud Africa Roma 16.11.1995 L. 15.12.1998, n.473

Svezia Roma 06.03.1980 L. 04.06.1982, n.439

Svizzera Roma 09.03.1976 L. 23.12.1978, n.943

Tanzania Dar Es Salam 07.03.1973 L. 07.10.1981, n.667

Thailandia Bangkok 22.12.1977 L. 02.04.1980, n.202

Trinidad e Tobago Port of Spain 26.03.1971 L. 20.03.1973, n.167

Tunisia Tunisi 16.05.1979 L. 25.05.1981, n.388

Turchia Ankara 27.07.1990 L. 07.06.1993, n.195

Ucraina Kiev 26.02.1997 L. 11.07.2002, n.169

Uganda Kampala 06.10.2000 L. 10.02.2005, n.18

Ungheria Budapest 16.05.1977 L. 23.07.1980, n.509

Unione Sovietica Ex (1) Roma 26.02.1985 L. 19.07.1988, n.311

Uzbekistan Roma 21.11.2000 L.10.01.2004, n.22
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
Venezuela Roma 05.06.1990 L. 10.02.1992, n.200

Vietnam Hanoi 26.11.1996 L. 15.12.1998, n.474

Zambia Lusaka 27.10.1972 L.27.04.1982, n.286
Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri
Le iniziative annunciate dalla Commissione Europea mirano a promuovere il coordinamento dei
sistemi di imposizione diretta degli Stati membri per eliminare ostacoli fiscali quali le
discriminazioni e le doppie imposizioni a livello dell'Unione europea.
Il coordinamento dei sistemi di imposizione diretta non armonizzati degli Stati membri mira a far sì
che tali sistemi siano compatibili con il diritto comunitario e la giurisprudenza della Corte di
giustizia delle Comunità europee.
L'obiettivo è di garantire la conformità di questi sistemi nazionali con il diritto comunitario e
assicurare una buona interazione tra di essi.
Le iniziative in questione riguardano la soppressione delle discriminazioni e della doppia
imposizione a beneficio dei privati e delle imprese, nonché la lotta contro la frode fiscale e la
preservazione della base imponibile.
Gli obiettivi principali di un approccio fiscale coerente e coordinato sono i seguenti:

soppressione delle discriminazioni e della doppia imposizione;

prevenzione dei casi involontari di mancata imposizione e delle frodi;

riduzione dei costi che comporta l'obbligo di conformarsi alle disposizioni di più sistemi
fiscali.
La normativa comunitaria lascia agli Stati membri grande discrezionalità nella concezione dei loro
sistemi di imposizione diretta, consentendo loro di adattarli in funzione di obiettivi e imperativi
nazionali.
Disposizioni fiscali esclusivamente o principalmente fondate su considerazioni di ordine interno
possono tuttavia comportare incoerenze nel trattamento fiscale quando sono applicate in un contesto
transfrontaliero.
Un contribuente in situazione transfrontaliera, che si tratti di un privato o di un'impresa, può essere
vittima di discriminazione o di doppia imposizione, e può succedere che debba pagare spese
supplementari per conformarsi a più regolamentazioni diverse.
L'aumento netto delle denunce presentate in questi ultimi anni dai contribuenti dinanzi ai tribunali
nazionali e alla Corte di giustizia delle Comunità europee dimostra chiaramente che è necessario
garantire maggiore cooperazione e coordinamento tra gli Stati membri.
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L'iniziativa della Commissione non mira a sostituire i sistemi fiscali nazionali con un sistema
comunitario unico, ma si propone l’obiettivo di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri e di
migliorare il coordinamento delle loro legislazioni, per garantire il buon funzionamento di ventisette
sistemi nazionali diversi nel quadro del mercato interno.
La tassazione dei redditi in Italia
1.
Tassazione del reddito mondiale e tassazione del solo reddito prodotto in Italia (art. 3 Tuir)
“L’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da
tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’art. 10, nonché delle
deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli artt. 11 e 12, e per i non residenti
soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato”.
2.
La residenza delle persone fisiche
Ai sensi dell’art. 2 del TUIR, ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti
le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta:
a) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente;
b) hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice
civile.
3.
I redditi che si considerano prodotti in Italia
Criteri di collegamento (art. 23 del Tuir): redditi di lavoro dipendente e assimilato se
prestato in Italia e redditi lavoro autonomo se attività esercitate in Italia.
Tali criteri possono essere derogati in applicazione delle disposizioni di cui alle
convenzioni contro le doppie imposizioni e perciò si deve verificare l’impatto dei trattati
sui singoli redditi.
L’art. 169 del Tuir dispone, infatti, che:
“Le disposizioni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli, anche in deroga
agli accordi internazionali contro la doppia imposizione”.
4. L’impatto delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni (modello OCSE):
–
Quale Stato può tassare le singole categorie di reddito;
–
Quale Stato è tenuto ad eliminare la doppia imposizione.
Al fine di individuare il corretto trattamento tributario applicabile ai redditi di un contribuente che si
trasferisce all’estero, è importante stabilire se l'interessato, per effetto del trasferimento, risulti
fiscalmente residente in Italia ovvero all’estero. Le imposte sui redditi, infatti, si applicano sia ai
residenti che ai non residenti, ma la base imponibile per le due categorie di contribuenti è diversa.
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La differenza ai fini Irpef tra residenti e non residenti
Con riferimento all’imposizione diretta, l’imposta sul reddito delle persone fisiche si applica sul
reddito complessivo del soggetto, composto:
- per i residenti, da tutti i redditi posseduti in Italia e all’estero (principio del world-wide income
taxation);
- per i non residenti, soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato (principio della
territorialità).
Perciò è importante stabilire se il soggetto risieda o meno in Italia.
Nel primo caso, salvo eccezioni stabilite dalle Convezioni bilaterali, sul reddito che produce
all’estero, egli dovrà pagare le imposte, oltre che nel Paese estero, anche in Italia, mentre nel
secondo caso, invece, pagherà le imposte in Italia soltanto sui redditi qui prodotti.
Quando un soggetto è residente in Italia
Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del
periodo di imposta (cioè 183 o 184 giorni, a seconda che l’anno sia o meno bisestile) siano in
possesso di uno dei seguenti requisiti:
- iscrizione alle liste anagrafiche della popolazione residente;
- domicilio nel territorio dello Stato ovvero il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale
dei suoi affari e interessi (articolo 43 c.c);
- residenza nel territorio dello Stato ovvero il luogo in cui la persona dimora abitualmente (articolo
43 c.c.).
La nozione di residenza
Con riferimento alla definizione della residenza, si segnala che tale concetto è determinato
dall’abituale e volontaria dimora di un soggetto in un determinato luogo. Pertanto, è necessario
riferirsi all’elemento oggettivo della permanenza in un luogo nonché a un ulteriore elemento
soggettivo relativo all’intenzione soggettiva di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di
vita e dallo svolgimento di normali relazioni sociali dell’individuo. In ogni caso appare opportuno
evidenziare come i predetti requisiti siano tra loro alternativi e non concorrenti, nel senso che è
sufficiente il verificarsi di una sola delle condizioni per dar luogo alla residenza fiscale in Italia del
soggetto. Inoltre, sempre all’articolo 2 del Tuir, il comma 2 bis recita: "si considerano altresì
residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione
residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con
decreto del Ministero delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale". Pertanto con questa
ulteriore disposizione normativa, introdotta dall’articolo 10, comma 1, della legge 448 del 1998, è
stato previsto il principio della cosiddetta "inversione dell’onere della prova", con la conseguenza
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che viene posto a carico del contribuente l’onere di provare l’effettiva residenza nel Paese a regime
fiscale privilegiato.
La nozione di domicilio
Per quanto riguarda il domicilio, si evidenzia che per la definizione di tale concetto è necessario
fare riferimento a un elemento oggettivo, quale è la concentrazione degli affari e interessi, nonché a
un elemento soggettivo, quale è l’intenzione di operare tale concentrazione in quel determinato
luogo, manifestata espressamente, ovvero desumibile dallo stesso comportamento della persona
secondo una comune valutazione sociale. E’ da precisare che i termini "affari e interessi" non
devono essere intesi esclusivamente in senso economico, ma devono fare riferimento anche alle
relazioni familiari e sociali.
I lavoratori frontalieri
Ciò che distingue il lavoratore frontaliero dal tradizionale lavoratore migrante è il fatto di lavorare
in un Paese dell’Unione e di risiedere in un altro.
Nella normativa comunitaria, l'espressione "lavoratore frontaliero" designa qualsiasi lavoratore
occupato sul territorio di uno Stato membro e residente sul territorio di un altro Stato membro dove
torna ogni giorno o almeno una volta alla settimana.
Per quanto riguarda il regime fiscale dei lavoratori frontalieri, le convenzioni bilaterali contro la
doppia imposizione fissano criteri maggiormente restrittivi, che impongono il fatto di risiedere e
lavorare in una zona frontaliera in senso stretto.
I lavoratori frontalieri residenti e occupati nell'Unione europea godono, come tutti i lavoratori
migranti, del principio di non discriminazione e della parità di trattamento previsti per i lavoratori
che si spostano sul territorio dell'Unione. Sono soggetti alla legislazione del paese in cui sono
occupati e beneficiano degli stessi vantaggi sociali e fiscali di cui godono i cittadini di tale paese.
Sotto il profilo fiscale, le norme contenute nel Trattato istitutivo delle Comunità Europee non
prevedono una specifica competenza comunitaria sull’argomento favorendo gli Stati membri a
concludere accordi volti ad evitare la doppia imposizione all’interno del mercato comunitario.
Il regime fiscale applicabile ai lavoratori frontalieri rinvia interamente alle convenzioni bilaterali
firmate dagli Stati europei al fine di evitare la doppia imposizione sui redditi transnazionali.
In particolare, le convenzioni possono prevedere la tassazione nel Paese del luogo di residenza
(come ad esempio nell’accordo fra la Francia e il Belgio), nel luogo di lavoro (come nell’accordo
tra i Paesi Bassi e la Germania) o, infine, possono prevedere entrambe le fattispecie (come
nell’ipotesi del trattato tra Confederazione Elvetica e Germania).
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Mentre la regola generale enunciata dal modello dell'OCSE è l'imposizione nello Stato in cui il
lavoratore è occupato (cd criterio del luogo di lavoro secondo il quale le retribuzioni percepite da un
lavoratore residente in un Paese per l’attività svolta in un altro Paese sono sottoposte alla tassazione
di quest’ultimo a condizione che il datore di lavoro sia ivi residente e che l’interessato vi sia
presente per più di 183 giorni durante il corso dell’anno fiscale in esame), il caso del lavoro
frontaliero, generalmente, viene regolato con il criterio del luogo di residenza quando il
contribuente vive nella zona frontaliera di uno Stato e lavora in quella di un altro Stato, a
condizione che l’interessato ritorni regolarmente presso il suo domicilio.
Se il luogo di residenza e/o quello di lavoro sono situati fuori dal confine frontaliero tale reddito è
tassato nel luogo in cui il lavoratore è occupato (tassazione alla fonte).
Per quanto riguarda la tassazione del reddito in Italia, si ricorda che l'art. 2, comma 11 della legge
27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'articolo 1, comma 398 della legge 27 dicembre
2006, n. 296, ha stabilito che per gli anni a partire dal 2003 e fino al 2007 i redditi derivanti da
lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all'estero in
zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato concorrono
a formare il reddito complessivo per l'importo eccedente 8.000 euro (chiarimenti in merito a tale
disposizione sono stati resi dall'amministrazione finanziaria con circolare 15 gennaio 2003, n. 2).
Una norma di analogo contenuto è stata, infine, introdotta per gli anni 2008, 2009 e 2010,
dall'articolo 1, comma 204, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Claudio Milocco (Consulente del Lavoro)
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