AGGIORNAMENTI SUGLI STATI DI COSCIENZA

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AGGIORNAMENTI SUGLI STATI DI COSCIENZA
ANGELICO BRUGNOLI
MEDICO IN VERONA
STATI DI COSCIENZA
MODIFICATI NEUROFISIOLOGICI
OTTAVO VOLUME DELLA SERIE
“COSCIENZA”
Nel mio studio in un momento di relax
dopo ore di computer.
La mia immagine, catturata così all’improvviso,
mentre stavo meditando su tutto il lavoro ancora da finire.
Troppo immerso nei miei pensieri!
Aggiornamento febbraio 2011
Il volume è dedicato a tutti coloro che apprezzeranno,
lungo il lento trascorrere del tempo,
dopo un’attenta, accurata e diligente lettura,
questa mia lunga, assidua e diuturna fatica,
frutto di paziente ricerca,
di costante impegno e di continuo aggiornamento.
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Alcuni aforismi di benvenuto, come riflessione e valutazione di molti appunti che
propongo nell’attuale lavoro , per comprenderne meglio lo spirito di ricerca e di novità.
Anche per rilassarsi un po’, prima dei vari tipi di stimolazione dei vari livelli di
coscienza e di conoscenza che questo volume può incoraggiare e favorire.
“Una nuova verità scientifica suol farsi strada non in quanto i suoi avversari vengano
persuasi e si dichiarino convinti, ma piuttosto perché gli avversari muoiono a poco a poco e
la nuova generazione fin dal principio cresce convinta della verità”.
Max Plank.
“L’inerzia della mente umana e la sua resistenza all’innovazione si dimostrano più
chiaramente non, come si potrebbe pensare, nelle masse incolte, le quali vengono
facilmente trascinate una volta che è stata colpita la loro immaginazione, bensì nei
professionisti coi loro interessi acquisiti per tradizione e per il monopolio del sapere.
L’innovazione costituisce una duplice minaccia per le mediocrità accademiche: essa
mette in pericolo la loro autorità di oracoli ed evoca il timore più profondo che tutto il loro
edificio intellettuale, laboriosamente costruito, possa crollare”.
Arthur Koestler: da “I Sonnambuli”.
“La cultura è il miglior viatico per la vecchiaia”.
Aristotile.
“Se si riflette su ciò che la coscienza è realmente, si è profondamente colpiti dal fatto
meraviglioso che allo stesso tempo che un avvenimento ha luogo nel cosmo se ne crei
internamente un’immagine; che esso, per così dire, abbia luogo anche interiormente, cioè
diventi cosciente”.
C. G. Jung in un seminario tenuto a Basilea nel 1934.
“Felix qui potuit rerum causas cognoscere”.
Virgilio. “Georgiche”.
“Quello che hai provato, ricordalo e fallo tuo.
Se lo dimentichi, si disperde nel vento e torna al cielo”.
Canto navajo.
“Chi conosce gli altri è saggio; chi conosce se stesso è illuminato”.
Lao-Tsu. “La regola celeste”.
“Scava dentro di te. E’ lì la fonte del bene, ed esso può sempre continuare a zampillare,
se tu scavi sempre”.
Marc’Aurelio. “Ricordi”.
“Se vuoi diventare un vero scienziato, pensa almeno mezz’ora al giorno in maniera
opposta a quella dei tuoi colleghi”.
A. Einstein.
“Una cosa è certa, ed è il fatto che non possiamo dare niente per certo; perciò non è
certo che non possiamo dare niente per certo”.
S. Butler. “Notebooks”. First Principles.
“Io per mia natura non sono lontano dal dubbio anche sopra le cose credute
indubitabili”.
G. Leopardi. “Zibaldone”. I°. 94. 1.
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“L’universo è una sfera il cui raggio è uguale alla portata della mia immaginazione”.
A. Soffici. “Razzi”.
“E’ meglio allargare i confini dell’Intelletto che quelli dell’Impero Romano – diceva
Cicerone a Giulio Cesare”.
Soffici. “Taccuino di Arno Borghi”. 6
“Ci sono due specie di sciocchi: quelli che non dubitano di niente e quelli che dubitano
di tutto”.
Ch. J. Ligne. « Mes écarts”.
“Posso dubitare della realtà di tutto, ma non della realtà del mio dubbio”.
Gide. Les faux monnayeurs .
“Il debole dubita prima di prendere una decisione, il forte dopo averla presa”.
K. Kraus.” Pro domo et mundo“.
“Dubitare di se stesso è il primo segno di intelligenza”.
U. Oietti. “Sessanta”. XVI°.
“E’ men male agitarsi nel dubbio che riposare nell’errore”.
A. Manzoni. “Storia della colonna infame”. II°.
“Nulla è più terribile di un’ignoranza attiva”.
J. W. Goethe. “Massime e riflessioni”. V°. 1.
“L’ignoranza è un male invincibile”.
Sofocle. Frammenti”. 838.
C'è un solo bene: il sapere. E un solo male: l'ignoranza.
Socrate
Il mondo gira solo per ignoranza.
Charles Baudelaire
Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente.
Indro Montanelli
Il capo è uno come tutti gli altri, solo che non lo sa.
Anonimo
Gli uomini, non avendo nessun rimedio contro la morte, la miseria e l'ignoranza,
hanno stabilito, per essere felici, di non pensarci mai.
Blaise Pascal
Solo i grandi sapienti ed i grandi ignoranti sono immutabili.
Confucio
L'ignoranza è più vicino alla verità del pregiudizio.
Denis Diderot
Parla da saggio ad un ignorante ed egli dirà che hai poco senno.
Euripide
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Dopo oltre cinquantanni di studi, allenamenti, ricerche e pubblicazioni, tra i quali sette
libri, editi nel primo decennio del terzo millennio, eccomi qui a offrire pubblicamente
quanto al giorno d’oggi è possibile dire sugli Stati di Coscienza Modificati Neurofisiologici.
Il volume dal titolo:”Stati di coscienza modificati o diversi”, di 210 pagine, servirà
spero per molte persone, soprattutto perché è presente nel mio sito internet ed è download
free.
Si tratta anche di un rifacimento di tutti gli altri, nel senso che ho preso in
considerazione tra di loro ciò che è ancora attuale al giorno d’oggi.
D’altra parte la ricerca in questo campo si allarga ogni giorno sempre di più e diventa
addirittura difficile a volte tenersi aggiornati in tempo reale.
In questo modo il lettore può veramente allargare la sua visuale, in modo particolare
verso altri aspetti dell’unica realtà, o verso altre realtà che non sono quelle di veglia vigile,
nella quale trascorriamo gran parte del tempo quando siamo svegli, attenti e riflessivi.
Esistono molte discussioni in corso tra le varie discipline sia sulla coscienza, sia sulla
consapevolezza, sia sul grande ancora intatto mistero del perchè della loro presenza in
campo umano.
I vari aspetti dell’unica realtà o le molte altre realtà si manifestano dunque in quei
particolari stati di coscienza che ho classificato, a partire dalla veglia vigile, in
Veglia rilassata.
Vari tipi di rilassamento.
Immagini ipnagogiche.
Immagini ipnopompiche.
Cenni su sonno e sogno.
Stato ipnotico.
Autoipnosi.
Vari tipi di stato meditativo.
Vari tipi di stato mistico.
Stati modificati neurofisiologici dipendenti da droghe.
Stati modificati neurofisiologici dipendenti da forti motivazioni.
Stato di Coscienza Totalizzante.
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Prima di iniziare con l’attuale ottavo volume sugli Stati di Coscienza Modificati
Neurofisiologici, mi piace ricordare, a qualche mio lettore di anni fa, che l’introduzione al
quarto volume della collana, pubblicato nel 2004, dal titolo:”Stato di Coscienza
Totalizzante”, già esaurito, contiene valutazioni di grande attualità, forse ancora più di
allora.
Degno di attenzione il fatto che in quasi otto anni le condizioni fisiche del pianeta e
mentali dei suoi abitanti siano addirittura peggiorate e non di poco.
Il che sta a dimostrare che, come dice un noto proverbio:”La via dell’inferno è
lastricata di buone intenzioni”, la via del nostro vivere quotidiano veramente sta
diventando un inferno, ogni giorno sempre di più.
Riporto pertanto l’introduzione come è stata scritta, senza cambiare nemmeno una
virgola.
Se qualcuno vorrà farne delle deduzioni, potrà accorgersi della validità delle
argomentazioni, dei ragionamenti e delle dissertazioni in essa contenute.
Mi auguro però che questo volume possa essere bene accetto come gli altri, ma con
una funzione logica in più: quella di servire a smuovere in misura maggiore la soluzione dei
problemi che sembrano stagnanti a tutti gli effetti da lungo tempo.
Anche se mi sembrano ancora considerazioni profondamente utopiche.
Forse sarà necessaria una “grande crisi”, di cui si parla da tempo, per risvegliare le
coscienze addormentate o forse addirittura anestetizzate dai valori imperanti fasulli, fittizi
e ingannevoli.
E’ ormai auspicabile il ritorno a valori autentici, autorevoli e consolidati nel tempo e a
quelle doti e capacità che hanno determinato l’evoluzione umana nel corso dei secoli e dei
millenni.
D’altra parte da molte parti si sente, si avverte, si percepisce un grande bisogno e la
necessità di un rinnovamento che possa essere nello stesso tempo fisico e mentale.
Ci sono le premesse, ma l’inizio si presenta lento e difficile, come del resto succede
spesso, anche se a volte invece tutto procede come un’eruzione vulcanica violenta e di tipo
esplosivo, con tutte le conseguenze e i danni del caso.
Non è più nemmeno facile auspicare un cambiamento, un mutamento di rotta o
lasciare che tutto proceda in automatico, come del resto deve procedere secondo talune
convinzioni.
Ma procedere come?
Verso quale obbiettivo?
Più tecnologia?
Più cultura?
Più ricerca?
Più anima?
Più spiritualità?
O tutto insieme in un grande abbraccio planetario, di tutte le culture, di tutti i popoli,
di tutte le ideologie.
Solo considerazioni utopiche, anche per il fatto che il tutto eguale porterebbe
sicuramente un livellamento in basso, con ulteriore caduta dei valori.
Siamo stati creati per continuare la lotta verso l’evoluzione con tutte le conseguenze
che ne derivano.
Siamo stati fatti però anche oer agire sempre, in tutte le avventure umane, con
pazienza, costanza, perseveranza e forza di colontà.
Sta a ognuno di noi mettersi in cammino, soprattutto senza attendere gli altri, anche se
in compagnia il percorso sembra meno pesante, meno irto di pericoli, meno faticoso e
impegnativo.
Ecco intanto come iniziava il quarto volume.
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Introduzione al quarto volume.
Il quarto volume, dal titolo: ” Stato di coscienza totalizzante”. “Appunti di un viaggio
entro la coscienza planetaria e cosmica”. Alla ricerca del profondo Sé, vuole essere la
necessaria conclusione degli altri tre volumi che lo precedono, non certo però un
sostitutivo, anche per il fatto che altrimenti avrebbe dovuto essere di oltre 1000 pagine.
Già il secondo, con le sue quasi 600 pagine, si è rivelato un vero e proprio “mattone”,
nel senso buono della parola, anche se in verità è stato molto richiesto, soprattutto da parte
di chi coltiva la ricerca della e sulla Verità.
E’ chiaro che, senza una lettura attenta e impegnata dei primi tre, questo quarto ha
tutte le caratteristiche per sembrare, almeno ad una prima occhiata, alquanto arduo ai più,
dato che affronta tesi che non sono certo entrate ancora a far parte del linguaggio della
gente comune, e poco anche perfino delle persone di una certa cultura oppure nei circoli
accademici.
Per chi è già pronto, per i suoi studi, per i suoi ideali, per le sue applicazioni, per il suo
modo di vivere, per le sue aspirazioni verso i mondi dell’anima e dello spirito, forse già
questo volumetto potrebbe essere sufficiente per avere almeno qualche conferma delle sue
osservazioni ed intuizioni, ma i precedenti tre volumi possono inquadrare meglio anche i
suoi dubbi, le sue incertezze, le sue insicurezze e le sue domande sul perché del vivere in
generale.
Molto resta pertanto ancora da fare in questo campo meraviglioso ma difficile,
singolare ma faticoso, sorprendente ma impegnativo, specie se si vuole raggiungere quello
stato di coscienza totalizzante che non solamente abbraccia tutti gli altri stati di coscienza
modificati, ma in più diviene unico ed altamente soggettivo, dunque sempre personalizzato
in modo molto appropriato al carattere, al modo di pensare e di agire ed al comportamento
di ognuno.
“Puntualizzo dunque subito che la via, verso la coscienza, la conoscenza, la
consapevolezza e dunque nella realtà planetaria e cosmica, è sempre soggettiva, con
caratteristiche uniche ed irripetibili, come del resto è unico ed irripetibile l’essere umano,
in tutte le sue particolarità somatiche, mentali e spirituali”.
Ma in più lo stato di coscienza totalizzante diviene sorprendentemente ricco di
esperienze nuove anche collettive, ai limiti tra ragione ed intuizione, tra consapevolezza e
creatività, tra certezze e fantasia, tra nuove scoperte e momenti unicamente personali, tra
il mondo euro scienzi di tutti i giorni ed altri invece legati a vedute ultraterrene o per lo
meno oltre la quotidianità.
E’ molto importante considerare tutto ciò, sia con le certezze della ragione, sia volando
sulle ali della fantasia, che spesso poi, più avanti nel tempo, si rivela essere solo qualche
tentativo, di solito non molto ben riuscito, di preveggenza o precognizione.
Il volumetto si presenta, al contrario degli altri precedenti, in una veste editoriale
volutamente piuttosto scarna, quasi al limite di una “desiderata ed invocata povertà di
presentazione alla francescana”.
Ma non si tratta certo di povertà di contenuti, di povertà di conoscenze, di povertà di
informazioni.
Anzi credo che per la loro qualità e quantità indubbiamente molti avranno anche
qualcosa da ridire, ma ritengo il tutto soprattutto molto utile per chi si vuole avvicinare,
anche per sola curiosità, ad argomenti di grande attualità nei diversi campi dello scibile
umano e che sicuramente presentano anche qualche novità di fondo, rispetto
all’immediato passato.
Il volumetto è stato stampato nel formato A5, oppure, a scelta, in A4 in modo che l’A5
possa essere molto più trasportabile, specie per chi abbia desiderio di dargli un’occhiata in
momenti di pausa o di vacanza, senza ingombro.
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Inoltre vi sono, a differenza degli altri tre volumi, poche figure illustrative, tratte dalla
mia ricchissima raccolta di fenomeni atmosferici, alcune anche efficaci per donare un tocco
nuovo al testo.
Ma in modo particolare mancano temi di discussioni e confronti riportati da altre
fonti, di norma con importanza pratica di grado moderato.
Anche le citazioni sono ridotte all’indispensabile, ma chi ne volesse leggere o ne abbia
bisogno in misura molto maggiore, per cultura e patrimonio di conoscenze personale, è
subito accontentato perché i volumi precedenti si presentano invece molto ricchi in questo
campo.
Mi sento in dovere di puntualizzare subito che per me molte teorie, credenze o sistemi,
ancora in auge presso le varie scuole di fisica, di neuroscienze, di psicologia, di cosmologia
ed anche, se vogliamo, di medicina, sono ormai piuttosto obsoleti ed in gran parte quasi
completamente superati.
Proprio per questo mi avvalgo invece, come del resto ho già fatto nei precedenti
volumi, delle teorie dei fisici, dei cosmologici e degli psicologi d’avanguardia, che ben si
adattano ad alcune mie considerazioni in merito ai quesiti esistenziali più importanti.
Le teorie più obsolete servono sicuramente per una storia accurata ed attenta
dell’evoluzione umana nel corso dei millenni o delle ere, in modo particolare quando si
tratta del cervello e della mente, ma non ne vedo una grande utilità pratica per il viaggio
verso la coscienza planetaria e cosmica.
Le eventuali discussioni sul tema affrontato sono perciò rimandate a qualche possibile
incontro di persona, anche se per ovvii motivi ritengo il tutto piuttosto improbabile proprio
nel contesto del contenuto del volumetto. Ad ogni modo, nella piuttosto remota occasione
di un colloquio, desidererei che lo scambio di idee potesse risultare franco, sincero e leale,
al di fuori di posizioni precostituite, tanto meno di carattere fondamentalista, di qualsiasi
fede o corrente esse possano essere.
Vorrei anche precisare che ho desiderato che il presente volume non sia solo per
medici e psicologi, ma invece possa costituire una eventuale base di partenza per chiunque
abbia desiderio ed aspirazione di conoscere qualcosa in più sugli stati di coscienza
modificati e sullo stato di coscienza totalizzante.
Potrebbe essere molto adatto perciò per soggetti alla “ricerca della Verità”, specie se in
crisi con le attuali vedute e credenze della maggioranza, nei rapporti familiari e sociali, con
le religioni attualmente vigenti sul pianeta, in ultima analisi in crisi esistenziale, in modo
particolare in crisi di crescenza, soprattutto in campo spirituale.
Proprio tenendo presente tutto ciò, ho cercato di usare, per quanto possibile, un
linguaggio piano, facile e semplice, con poche difficoltà semantiche, in modo da essere
compreso almeno dalla stragrande maggioranza delle persone che si avvicinano al
volumetto, anche per sola curiosità oppure nell’intento di trovarvi qualcosa di apprezzabile
ed utile nel difficile viaggio della vita, specie se trascorsa in un periodo di percorso
alternante.
Sarà meglio anche chiarire subito che il volumetto non è nemmeno il sostituto di una
buona psicoterapia che rimane pur sempre il cardine di ogni “anima in crisi di crescenza”,
ma in esso il lettore potrebbe trovare dei suggerimenti utili per inoltrarsi meglio
nell’esplorazione dell’inconscio o meglio del “profondo Sé”, che, come ormai è noto anche
ai non addetti ai lavori, richiede senza dubbio una buona guida, un buon guru, un buon
maestro, un buon sostitutivo di quella pratica particolare che un tempo era denominata
confessione.
Non che la confessione sia superata, è che purtroppo è sempre meno usata, pur
sapendo che per lo meno può essere di indubbia utilità per “vuotare il peso di un’anima
sovraccarica di problemi irrisolti”.
Tornando a noi, per fortuna mi sono reso conto, almeno a partire dall’adolescenza,
come sia sempre meglio guardarsi dai “possessori della verità”, di qualsiasi tendenza essi
siano, noto essendo che chi possiede la “sua verità” non è certo disposto a mutare opinione
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per altri tipi di convinzioni, specie se sono viste e considerate come pericolose “altre
verità”.
Tutto questo naturalmente anche per il fatto che, dopo i tre volumi già usciti, in questo
quarto quello che conta ai fini di una “vera evoluzione” è solo il “contenuto del testo” che
valuto come il traguardo e l’obbiettivo finale dei precedenti miei scritti.
Sono del parere che molto mi resta ancora da fare in merito allo studio degli stati di
coscienza in toto, ma mi sono deciso di “gettarmi allo scoperto”, se non altro per far
conoscere, a qualche persona interessata, almeno quel poco che ho potuto raggiungere fino
a questo punto, lungo il cammino verso lo stato di coscienza totalizzante.
Gli appunti di viaggio tra la coscienza planetaria e cosmica, dunque, saranno
certamente irti di difficoltà, a volte, come dicevo, perfino di natura semantica, dato che il
linguaggio, in molte di queste situazioni, non è ancora adatto a fornire una chiara e valida
descrizione della realtà nella quale ci si trova immersi.
Ma non dubito che almeno qualcuno su questa strada potrà certamente trovarsi a suo
agio, specie se insofferente ed insoddisfatto, fisicamente e moralmente, della situazione
attuale del pianeta, che rivela una profonda crisi di crescita e di maturazione, verso confini
non ancora ben segnati e evidenti, ma che denotano ad ogni modo una netta ricerca della
verità con la V maiuscola.
Siamo sicuramente in presenza di una fase di trasformazione di tutte le attività umane
così che dal bruco, viscido, rugoso e freddo, che ci troviamo oggi a dover sopportare e
subire in molte situazioni, domani nascerà una radiosa farfalla dai colori sgargianti, che,
invece di strisciare sul terreno fangoso e maleodorante, si librerà in alto nel cielo in un volo
radioso verso l’infinito.
E questo non è solamente augurio e speranza senza alcun fondamento, ma certezza
che deriva dall’analisi accurata di tutte le attività umane degli ultimi tempi che, nonostante
le ombre sempre presenti all’orizzonte, si rivelano sempre più orientate verso una
maggiore presa di coscienza e consapevolezza dell’importante posto nel pianeta.
Il merito, ancora una volta, va senza dubbio ai fisici, ai cosmologi, agli psicologi, ai
medici, agli psichiatri d’avanguardia, che con le loro ricerche, anche se spesso settoriali,
contribuiscono e contribuiranno sempre più in futuro, a risvegliare le coscienze
addormentate nella certezza di “possedere la verità”, oppure ancora affette da quel
determinato tipo di dicotomia denominato “dissonanza cognitiva”, attraverso la quale,
anche per motivi spesso inconsci, molti ancora al giorno d’oggi negano l’evidenza, pure se
confermata a livello sperimentale, quando essa contraddice ai principi finora considerati
“inviolabili per sempre”.
Ecco perché la bibliografia si presenta molto ricca di testi e di lavori, in modo
particolare di questi autori d’avanguardia e varrà la pena per il lettore di soffermarsi un po’
su di loro, magari anche acquistando quel volume il cui titolo lo attrae maggiormente, per
sentirsi più seriamente accompagnato lungo il cammino.
A questo punto è anche necessaria una precisazione importante, soprattutto per non
creare confusione di termini, in questo campo già cosi difficile da affrontare, persino tra gli
addetti ai lavori.
In questo volume, come del resto anche negli altri tre precedenti, il significato che
riveste il termine ”stato di coscienza modificato o diverso” è solamente quello di “stato di
coscienza neurofisiologico”.
Non mi interesso minimamente, almeno in questa breve ricerca di fondo, di “stati di
coscienza patologici”, che lascio ben volentieri a chi di dovere, ma pur sempre presenti e
conosciuti da tempo in campo psichiatrico e che, nell’eventualità che dovessero essere
citati seppure di sfuggita, chiamerò con il termine molto più usato ancora in quasi tutti i
testi sull’argomento di “stati di coscienza alterati”.
Il termine alterato in italiano conserva pur sempre nella sua etimologia una
connotazione peggiorativa, un qualcosa di diverso dal normale che in campo medico e
psicologico assume dunque un chiaro significato patologico.
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Con queste brevi ma importanti considerazioni di base licenzio il volumetto,
augurandomi che possa avere la calda accoglienza dei precedenti, ma in più che possa
ulteriormente sviluppare nelle coscienze tutti quegli interrogativi che sono stati la mia
partenza per la ricerca entro gli stati di coscienza modificati e lo stato di coscienza
totalizzante.
Spero nel contempo che tutti quelli che si interessano dell’argomento,
indipendentemente dalle loro idee filosofiche, politiche o religiose, possano trovarvi
qualche nuova via per proseguire con maggior energia nel viaggio, mai compiutamente
finito, alla ricerca della coscienza planetaria e cosmica.
Non mi stancherò mai di sottolineare, anche più avanti, che il percorso non è certo dei
più facili: non è un percorso in discesa, non è un percorso di tutto riposo, non è un
percorso per persone abituate alle comodità di ogni giorno, cioè alla cosiddetta
quotidianità; è invece un lento cammino in salita, con difficoltà spesso anche critiche da
superare, tanto che a volte si cerca spesso di aggirarle, è una via stretta e scomoda, che
spesso “fa perdere o mancare il respiro”, che non da tregua, che non consente lunghe soste
o ripensamenti, che non permette lunghi tempi di riposo.
Ma una volta giunti in vetta, al limite delle “Peek experiences” di Maslow, di cui ho già
trattato nel terzo volume, si apriranno “nuovi cieli e nuove terre” ed il trascorrere del
tempo e dell’esistenza assumeranno un significato completamente nuovo, mai vissuto e
tanto meno considerato e meditato prima.
Si tratta proprio del classico nuovi cieli e nuove terre, almeno secondo le ultimissime
teorie cosmologiche che, con a capo uno dei più grandi cosmologi viventi, Max Tegmark,
professore di fisica ed astronomia all’Università della Pennsylvania, apre la via a quattro
possibili livelli di universi paralleli, con una teoria scientifica che parte dall’analisi del
“Multiverso o sistema di molti universi”. Teoria centrata su basi strettamente scientifiche
come lo sono la Matematica e la Meccanica Quantistica.
Le recenti osservazioni cosmologiche ammettono che il concetto di universi paralleli
non sia solo una metafora. Se lo spazio presenta dimensioni infinite, come appunto sembra
dalla ultimissime scoperte, allora in qualche luogo, tutto ciò che è possibile, diventa reale,
indipendentemente dal fatto che possa essere alquanto improbabile.
Tutto ciò si basa su teorie fisiche assodate.
Al livello 1, oltre l’orizzonte cosmico, la grande estensione o “infinitezza” del nostro
universo è sufficiente per garantire, a livello matematico, l’esistenza di gemelli
completamente identici in altre galassie, quello che più avanti presentando l’autoipnosi
chiamerò la scoperta dell’“alter ego”, per una scala di osservazione di 10 alla 1028 metri a
fronte però dei 4x1026 che ora, anche con i moderni telescopi, è la massima osservabile dal
pianeta terra.
In questo caso le leggi fisiche sono ancora le stesse e le variazioni dipendono
solamente da iniziali piccole differenze nella distribuzione della materia.
Al livello 2 troviamo il formarsi di innumerevoli bolle dalla materia originaria in
continua espansione che origina in questo modo copie di euro scien di primo livello allo
stato embrionale.
Al livello 3 ogni euro scien di livello 2 composto di molti euro scien di livello 1,
sarebbe in realtà composto da tutti gli stati previsti dalle funzioni d’onda della meccanica
quantistica.
Il punto fondamentale di questo terzo livello sarebbe che i mondi non sono più lontani
nello spazio, ma coesistenti su piani diversi dello spazio delle fasi del sistema, cioè
esisterebbero molti mondi quantistici che si intersecano con il nostro.
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Al livello 4 è la Matematica che porta a considerare innumerevoli variazioni dei gruppi
di universi fisici e quantistici, portando alla definizione di “una serie quasi illimitata di
Metamultiuniversi per es. dodecaedrici e vuoti, senza effetti quantistici e dove il tempo
scorre a “balzi discreti” invece che in modo continuo”.
Per un approfondimento teorico su queste considerazioni, che per gli obbiettivi del
presente volume divengono più avanti anche pratiche, si consiglia la lettura del saggio:
“Science and Ultimate Reality fron Quantum to Cosmos – Honoring John Weelher’s 90th
birthday. – di J. D. Barrow. P. C. W. Davies. C. L. Harper. Ed. Cambridge University Press.
2003, oppure, in italiano, di Max Tegmark: “Universi paralleli”. Le Scienze. Pag. 55-65.
Giugno 2003.
D’altra parte anche tra i cosmologi esistono illustri “eretici”, che vanno controcorrente,
fondando le loro teorie, ad ogni modo, attraverso “osservazioni visuali e fotografie ” con i
più grandi telescopi, come Arp, Hoyle, Narlikar, Burbidge, Bolognesi, ecc e con
conseguenti nuove teorie alternative sull’Universo.
Essi infatti propongono una alternativa cosmologica a quella imperante del Big-Bang
con un universo “senza origine”, “senza espansione ed in trasformazione continua, “un
universo senza tempo che trae dall’interno di se stesso le occasioni per le sue mutazioni”.
Un universo insomma in cui nulla è dovuto al caso od alla necessità, vedi Monod, ma
che si sviluppa in modo ordinato e sempre più complesso, come del resto succede con la
teoria dei frattali e con tutti gli organismi biologici viventi”.
Per maggiori informazioni vedi la Rivista “Coelum-Astronomia”, Sett. 2003, con
l’articolo di Bolognesi: “La cosmologia negata”.
Ecco perché parlo di sviluppo di una coscienza planetaria e cosmica e della sua ricerca
entro il Profondo Sé.
Con l’espansione della coscienza verso nuovi cieli e nuove terre, possibile dunque
anche con le ultime teorie fisiche e cosmologiche, oso affermare che, almeno in linea di
massima, per molti soggetti depressi, stanchi ed annoiati, con queste nuove acquisizioni ed
interessi, scomparirà il “male di vivere”, intessuto di noiosi disturbi depressivi, specie del
tipo esogeno ed ambientale, in modo particolare nei momenti quando tutto il lavoro di una
vita, per cause contingenti, sembra perdersi nel nulla in pochi attimi.
Si dissolverà l’ansia e la fatica di vivere in un mondo dove l’unico scopo sembra essere
solo il benessere del corpo, il piacere, il denaro ed il potere.
Sparirà il senso di inutilità o di nullità che spesso accompagna anche il soggetto ricco,
famoso, neuroscienziato, plurilaureato, idolo delle folle, quando inizia la discesa o la
caduta dal piedestallo.
Ci sarà invece il motivo per sentirsi più forti, attenti e agguerriti contro i minori o
maggiori problemi che il trascorrere del tempo ci offre abbondantemente ogni giorno.
Ci sarà il modo di ritrovarsi più preparati ed organizzati quando, ad un certo momento
della vita, in modo particolare con la caduta delle forze fisiche, iniziano a farsi strada entro
l’anima gli interrogativi di sempre, le domande più pressanti sul valore, il significato, il
senso profondo dell’essere un giorno giunti su questo pianeta.
Proprio l’ascesa verso lo stato di coscienza totalizzante, alla ricerca poi della coscienza
planetaria e cosmica, anche se non potrà essere la panacea di tutti i mali, sarà certamente
almeno un aiuto, un aiuto a volte molto valido, un aiuto a volte perfino determinante, verso
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la conquista e la conoscenza di se stessi, del profondo Sé, e delle grandi possibilità nascoste
che ognuno cela entro la sua mente razionale ed intuitiva.
E’ importante essere a conoscenza di quanto ho appena affermato prima di iniziare a
leggere questa mia ultima fatica (o piacere?), in modo da percorrere la via già con un
obbiettivo prefissato.
Se qualcuno poi già dall’introduzione dovesse aver notato troppi contrasti con le sue
idee, le sue convinzioni, il suo modo di vivere ed i suoi principi, se qualcuno si fosse trovato
fin d’ora a disagio con quanto vado affermando, soprattutto se si trovasse nella condizione
particolare di “dissonanza cognitiva” con quanto asserito, sarà ancor più il benvenuto se
proseguirà, magari anche con una certa fatica mentale, la lettura del volume, oppure potrà
benissimo chiudere già qui la sua presenza virtuale, con il mio augurio di procedere
indisturbato per la sua strada, senza troppi patemi d’animo da parte sua e senza rimpianti
o dispiaceri da parte mia.
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Dal secondo volume un introduzione esplicativa per favorire
l’apprendimento mnemonico dei concetti nella memoria a lungo
termine.
INTRODUZIONE IN TERZINA DANTESCA.
“Cantar vorrei, siccome il padre Dante,
della di noi coscienza certi stati,
fermandomi un momento, qualche istante,
a rimembrar li più dimenticati,
ma che per tutti son del ben più cari;
intendo dire li modificati.
Per i profani son incerti e rari,
ma noi li conosciam e sono tanti,
coi loro frutti molto belli e vari
nel rivelar incontri stimolanti
per tutte le conquiste della mente,
che ben ci porta invero sempre avanti
nel risvegliar l’inconscio tra la gente.
Son opra seria e financo ambita,
nel rendere il Sé per ben presente.
Se conosciuti, son di grande aita
donandoci ricordi ben fruttuosi
nella ricerca di cos’è la vita,
sebbene spesso molto laboriosi,
narrando ciò c’ognuno dentro sente,
svelando l’importanza dell’ipnosi,
oppur di quel che s’usa là in oriente,
assieme all’autoipnosi e il mistero
ch’ancor si cela in la nostra mente.
Cerchiam insieme uniti quel sentiero
che porta ad indagare con coraggio,
le vie più sconosciute del pensiero.
Diversi stati son; un buon assaggio
abbiam di essi già nel dormiveglia
se pur varchiam quel minimo passaggio
che li separa certo dalla veglia
con la corteccia già che s’addormenta
ma con la mente ancor piuttosto sveglia.
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Del resto qui posiam le fondamenta
delli diversi stati di coscienza,
per cui trattar di lor non ci spaventa.
Stati nascosti sol in apparenza
e sol per quei mancanti d’inventiva,
ancor infanti nell’intelligenza,
a rischio sempre di restare a riva,
per non saper del tutto ben sfruttare,
in tali stati, tutto ciò che arriva
dal Sé profondo con parole care,
dal Sé nascosto con parole vere,
seppure a volte con sentenze amare.
E tali stati non son già chimere
adatti per giullari o per cialtroni,
ma fonti antiche cui recarsi a bere
un’acqua chiara, ricca di quei doni,
che più ci servon nel seguir la strada
un dì segnata da vetusti eoni.
Son loro chiara, limpida rugiada
per elevar la rozza razza umana.
E’ d’uopo ben tenerli sempre a bada
per mantener la mente ricca e sana,
e per sentirli dentro ben presenti
e non sepolti come talpe in tana.
Son ricchi di vissuti per le menti,
ond’ampliare il di noi pensiero,
ed alta guida nei maggiori eventi,
per continuar la via nel giusto e vero,
placando l’ansia, fonte di tensioni,
onde capir il fulcro del mistero,
portand’in superficie sensazioni,
di norma nell’inconscio ritenute.
Son dunque grandi e immensi doni,
per ricordar le prove un dì vissute,
ma certo soffocate nel profondo
laddove, per censura, restan mute.
S’allarga quindi la vision del mondo
nel percepire tutt’il ben creato,
nel giungere del Sè in fondo al fondo,
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a ripescar il già dimenticato,
e tutto ciò che vien dai tempi andati,
fin dall’istante in cui ciascuno è nato.
Stati diversi son: modificati,
aiuto contro i nostri gran complessi,
presidio contro i geni deviati,
per superar dell’Io normal gli accessi,
ed arrivar all’autoconoscenza,
e qui svelarne molti suoi recessi.
Perciò ricoltiviamo la pazienza
per ben assaporare questi stati,
ed allenarsi alquanto con prudenza
per non trovarsi alfine più sbandati,
con il rimosso tutto dentro l’Io,
oppure dall’inconscio risucchiati.
E poi dover pagar purtroppo il fio
di quel che dentro resta lungamente
mandando il corpo intero in logorio.
V’esorto tutti dunque fermamente
a non entrare dentro questi stati
se non con grande zelo e seriamente
in modo da sentirvi preparati
a ben saperli tutti praticare
siccome fu, io credo, ai tempi andati.
E’ necessario alfine l’imparare
ciò che convien saper dell’infinito,
ascoso dentr’ognuno, come un mare,
ma spesso, troppo spesso, non gradito
perché rivela il vecchio antico ramo
da quando il buon volere fu smarrito.
Per colpa, se fu colpa, dell’Adamo
creato per goder di cose buone,
ma che nell’Eden preso fu nell’amo.
Così che ci troviamo tra persone
votate solamente al sensuale,
con vita solo piena d’ambizione,
in nome della legge più tribale,
nel conseguir le chiavi del potere,
magari con la morte del rivale.
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Ma valga in noi, amici, il “buon volere”,
provando e di nuovo riprovando
quel che li stati spesso fan sapere
in modo inver gradito solo quando
immersi siamo bene dentro loro.
E quindi ci accorgiamo di rimando
del come sian per tutti un gran tesoro,
svelandoci notizie le più belle
col cuor che fulge come fosse d’oro,
e l’alma chiara tra silenti stelle.
Angelico Brugnoli
“Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta”.
Socrate
“In ogni opera di genio noi riconosciamo i pensieri che avevamo rifiutato.
Essi ritornano a noi con una certa maestà alienante”.
R. W. Emerson. Essais. Self-Reliance.
E’ ricercando l’impossibile che l’uomo ha sempre realizzato il possibile.
Michail Bakunin.
La ricerca della verità è più preziosa del suo possesso.
Albert Einstein.
E’ nella ricerca delle risposte che nascono i libri.
Isabel Allende.
Un uomo non è vecchio finché è alla ricerca di qualcosa
Jean Rostand
Dal primo volume ancora qualche momento di riflessione e di analisi nel grande
campo degli stati di coscienza modificati neurofisiologici.
In un capitolo dal titolo “Stati di coscienza modificati e cervello destro” scrivevo
quanto segue:
“Ampi orizzonti si sono aperti sullo studio delle funzioni cerebrali da quando, negli
ultimi anni, l’informatica ha compiuto passi da gigante, in modo particolare con la sempre
maggiore miniaturizzazione dei chip, i quali, in questo modo, possono perfino essere
inseriti in alcune aree cerebrali, senza che diano il benché minimo disturbo.
Sugli animali e forse su qualche volontario umano proseguono questi tipi di
esperimenti che rivelano nuovi orizzonti a volte quasi fantascientifici”.
Anche per gli esseri umani si sono dischiuse nuove ed importanti porte della
conoscenza, specie per tutti quei settori cerebrali che possono essere maggiormente
analizzati con le nuove tecniche: risonanza magnetica (RM), tomografia a emissione di
positroni (PET e SPET) e da ultimo anche l’ecografia tridimensionale, che, nelle prove
sperimentali, sono ormai divenute indispensabili per la mappatura delle funzioni cerebrali.
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In questo modo si inizia, seppure a passi lenti ed incerti, a essere in grado, non
solamente di analizzare, ma anche di capire le varie attività del cervello, in modo
particolare dell’emisfero sinistro.
Ma sappiamo che esiste anche l’emisfero destro, unito al sinistro dal corpo calloso, per
un importante scambio di informazioni, molto utili del resto anche per l’equilibrio fisico e
mentale.
Si parla sempre più spesso di attività razionale e motoria deputata all’emisfero
sinistro, alle quali si contrappone l’attività fantastica, artistica, immaginativa ed emotiva
dell’emisfero destro.
Ancora non sappiamo bene se tutto questo corrisponda veramente alle usuali funzioni
dei due emisferi, anche perché recenti studi in merito hanno dimostrato che gli asiatici, per
esempio, in modo particolare i giapponesi, usano la parte sinistra del cervello per alcune
attività che per noi occidentali invece fanno parte del cervello destro, come ad esempio, la
musica.
Se prendiamo in considerazione però l’anatomia topografica del cervello sinistro e
destro non abbiamo, almeno fino ad oggi, una modalità specifica e sicura per notare
differenze sostanziali, non solo in campo macroscopico ma nemmeno in quello
microscopico
Fatta questa dovuta e necessaria precisazione entriamo dunque nel vivo
dell’argomento.
Quando, per vari motivi contingenti legati al momento vissuto, come sperimentazione
in atto, studio analitico, psicoterapia, forti motivazioni personali, si utilizzano o si entra
volontariamente negli stati di coscienza modificati, legati alla creatività, alle fantasie, alle
immagini, alle emozioni violente ecc. è vero che ci immergiamo nell’attività prevalente
dell’emisfero destro?
Se si fanno prove in questo senso, appunto attraverso i vari stati di coscienza
modificati che possono presentarsi in diversi momenti della vita o spontanei, o indotti od
anche autoindotti, si ha la sensazione che effettivamente entrino in gioco delle forze, delle
cariche, delle energie, che sicuramente non hanno niente in comune con l’attività
razionale; anzi molto spesso sembrano escluderla completamente.
L’attività fantastica unita ad una buona immaginazione sviluppa quel dato grado di
creatività che, in modo naturale, oltrepassa senza dubbio i limiti di una mera analisi
razionale di tutto quello che sta succedendo dentro l’organismo, piuttosto che nel solo
cervello.
In questo modo la compartecipazione alle esperienze vissute diventa “istantanea” e si è
così in grado di condensare una esperienza al di fuori della realtà di tutti i giorni in una
“intuizione immediata”, composta da immagini, sensazioni ed emozioni diverse da quelle
normali dello stato di veglia.
Il nostro pensiero corre subito all’intuizione immediata che fa capo al “lampo di
genio”.
Oltre a questo si può anche arrivare a crearsi “dal nulla” un “proprio spazio infinito”,
nel quale si raccolgono sia le informazioni archetipiche universali, sia le informazioni
subliminali facenti parte dell’inconscio personale e collettivo.
Alla luce di questi assunti, dal mio puntp di vista, chiameremo la coscienza, compresi
gli stati modificati: “la somma di esperienze interiori a vari livelli”.
Abbiamo detto proprio “dal nulla”, perché tutto questo bagaglio euro scienzi si
avvicina, anche se non collima, con la “Dottrina Zen del vuoto mentale”.
Dottrina veramente all’apice delle conoscenze intuitive ma che per noi occidentali,
abituati a raccogliere e solo in parte, unicamente le informazioni provenienti dai cinque
sensi, diventa alquanto difficile, non solo da comprendere, ma anche soprattutto da
realizzare.
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Per dare solo un piccolo esempio del modo di “vivere attimo dopo attimo” dei grandi
maestri Zen, ecco una significativa parabola Zen, inserita in: “La Dottrina Zen del vuoto
mentale” di uno dei più grandi maestri dell’oriente: D. T. Suzuki.
“Un cacciatore incontrò una tigre e fuggì con la tigre alle calcagna.
Arrivato sull’orlo di un precipizio l’uomo vi saltò, afferrandosi ad una liana e
rimanendo sospeso nel vuoto, mentre la tigre annusava al di sopra di lui.
Tutto tremante l’uomo guardò in giù e vide un’altra tigre che lo guardava.
Due sorci, uno bianco ed uno nero, si misero a rodere la liana alla quale era sospeso.
L’uomo vide allora vicino alla sua testa una appetitosa fragola selvatica.
Tenendo la liana con una mano, colse con l’altra la fragola e la mangiò.
Come era delizioso il suo gusto”!
In questa breve ma significativa parabola siamo lontani anni luce da tutto il nostro
modo di vivere, di pensare, di organizzare le nostre prospettive, di porsi in contatto con gli
altri, di lasciare scorrere il tempo.
Ci affligge così l’ansia anticipatoria, con un grande coinvolgimento emotivo, con un
alto grado di aggressività, con le diuturne polemiche familiari e sociali!
Basti pensare alla “Sindrome del burn-out”, ormai sempre più diffusa!!
Il vuoto mentale è veramente difficile da realizzare, ma non nell’attimo nel quale si
impara a gustare il delizioso sapore della fragola selvatica, pur in mezzo alle traversie di
ogni giorno.
Per tutti è ormai necessario fermarsi a gustare, ad assaporare “l’attimo che si fugge
tuttavia” e riuscire perfino a fermarlo, per viverlo intensamente in ogni “momento di
grazia” che si presenta e si vive come “esperienza istantanea ed infinita“, da realizzare
come “intuizione immediata, ricca di emozioni e perciò molto spesso dotata di una carica
creativa impensabile”.
Ecco dove entra in gioco la parte destra del cervello, l’emisfero destro, quella parte che
utilizziamo troppo poco o addirittura per nulla, legati come siamo alla nuda e fredda
razionalità di tutti i giorni, che ci tiene troppo legati alla materia, con la mente e lo spirito,
soffocati entro il “buio” dei contenuti inconsci rimossi, della “notte tenebrosa dei mistici,
prima dell’alba radiosa dell’incontro con la nuova luce”.
Mi piace ricordare in questo contesto anche Charles T. Tart, famoso psicologo
americano, molto noto negli anni 70-80 per i suoi studi e le sue ricerche sugli “stati discreti
e stati discreti alterati di coscienza”, secondo la sua terminologia.
Spesso egli, quando teneva conferenze nelle università americane, si divertiva ad
iniziare il suo discorso con questa domanda: “È qui presente, in questo momento,
qualcuno che crede veramente che ciò che state vivendo in questa stanza, ora, possa essere
soltanto un sogno? E con ciò non intendo riferirmi a dubbi speculativi e filosofici circa la
natura ultima dell’esperienza, né a qualcosa del genere. Sto semplicemente chiedendo se
qualcuno, in qualsivoglia senso veramente concreto pensi che questo possa essere un
sogno che voi state vivendo in questo momento, invece del vostro ordinario stato di
coscienza”.
Parafrasando Tart potrei io ora aggiungere “Come può il lettore di questo lavoro
essere sicuro di stare veramente leggendo queste righe, in questo momento, o non invece
di leggerle in sogno”?
Se poi si tratta di un vero “sogno lucido” con quali mezzi può accorgersi della
differenza?
Attendendo del tempo per sentire se suona la sveglia”?
Ognuno dei miei lettori, qui ed ora, sicuramente, sotto le mie sollecitazioni, sta
provando mentalmente di percepire tutte quelle sensazioni che di norma vengono
attribuite allo stato di veglia vigile, come l’ambiente familiare che lo circonda, lo stato di
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consapevolezza normale, le immagini, sensazioni ed emozioni che questo stato comporta,
ecc.
Però, a dir la verità, potrebbe anche non essere così.
Nei “sogni lucidi” le sensazioni, le emozioni, la consapevolezza, le immagini sono, non
sembrano, talmente vive ed attuali da non porre nessun dubbio che possa essere il
contrario.
Forse qualcuno ha già sperimentato, come è successo anche a me, in un “sogno
lucido”, di tenere una conferenza, in un aula molto affollata e molto attenta, con una
grande proprietà di linguaggio, che non è assolutamente quella sua usuale dello stato di
“veglia vigile”.
Al risveglio si sarà accorto quale filo estremamente esile accomuni i due diversi stati di
coscienza, tanto da renderli quasi se non completamente eguali.
Ed in più la consapevolezza di un vero rincrescimento che la realtà vera non fosse
invece proprio quella di sogno.
Ritornando a Tart egli aggiunge poi che ha posto quella domanda molte volte, ma
solo in pochissime occasioni ha notato una mano alzarsi in senso affermativo.
Nessuno ha avuto il coraggio di difendere una posizione simile anche per il fatto che è
opinione comune che tutto il cosiddetto “normale di ogni giorno” faccia parte di un’unica
verità, cioè di quel particolare tipo di esperienza che viene attribuito dal cervello ad uno
stato di coscienza normale, cioè di veglia vigile.
Il nostro discorso ci sta portando lontano, forse anche fuori dei limiti del presente
lavoro, ma è anche utile per cercare di comprendere ulteriori fasi dell’attività cerebrale
dell’emisfero destro.
Facciamo un altro esempio.
Scrive S. Dahaene:“I due emisferi cerebrali posseggono distinte capacità aritmetiche.
Entrambi identificano a vista le cifre e sanno quali quantità essi rappresentino, ma
solo l’emisfero sinistro accede alla pronuncia e al ricordo della tavole aritmetiche.
Se si seziona, per motivi superiori, come la presenza di un tumore maligno, il corpo
calloso, che mette in comunicazione i due emisferi, si nota che mentre il riconoscimento
visivo, la designazione ed il confronto dei numeri è più o meno eguale nei due emisferi,
differenze notevoli si notano invece sia per la lettura che per il calcolo di essi. La lettura ed
il calcolo sono di pertinenza del solo emisfero sinistro e non è possibile realizzarli con
l’attività del solo emisfero destro”.
L’espressione di concetti richiede la cooperazione di tre sistemi neurali, scrivono A .R.
Damasio e H. Damasio: uno li elabora, l’altro da forma a parole e frasi, ed il terzo funge da
mediatore tra i primi due.
Ma tutto si impernia esclusivamente sulla sola attività dell’emisfero sinistro.
In questo caso l’emisfero destro rimane totalmente silente.
Citiamo anche una frase di D. J. Chalmers: “L’esperienza cosciente è quanto di più
familiare ci sia al mondo, ma allo stesso tempo di più misterioso.
Non c’è nulla di cui abbiamo una conoscenza più diretta della coscienza, ma è
straordinariamente difficile conciliarla con tutte le nostre altre conoscenze.
Perché esiste? Come agisce? Come è possibile che nasca da processi neurali che
avvengono nel cervello?
Si tratta delle domande tra le più affascinanti di tutta la scienza”.
Se noi analizziamo quanto detto finora, possiamo cominciare veramente il nostro
discorso su stati di coscienza modificati e cervello destro.
Se prendiamo tra le varie definizioni di coscienza quella che ci sembra più vicina ai
nostri assunti ed alle nostre esperienze ritorniamo con il pensiero alla:“somma di
esperienze interiori a vari livelli”.
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In questo modo si possono avanzare dei progetti di studio anche su quei stati di
coscienza che noi intendiamo come “modificati”.
Ma cosa si modifica in realtà?
Cos’è che prende un suo significato intrinseco in questo contesto?
È sufficiente la laterizzazione in un emisfero piuttosto che in un altro?
Sono tutte domande alle quali né la neurofisiologia né la neuropsicologia sono ancora
in grado di rispondere. Forse la neuropsicoimmunoendocrinologia potrebbe avere qualche
carta in più da giocare a suo favore, dato che sappiamo ormai tutti che gli impulsi tra i vari
miliardi di neuroni, attraverso i dendriti, sono più che altro di natura elettrica e
biochimica. Ma ancora una volta quale aggancio elettrico e biochimico possono avere, in
senso stretto, la veglia rilassata, gli stati crepuscolari, gli stati meditativi, gli stati mistici,
gli stati ipnoidi, gli stati ipnotici, gli stati ipnopompici, gli stati ipnagogici ed altri ancora,
quando è notorio ormai che in questi stati la corteccia è più a riposo che non nella veglia
vigile e non il contrario?
Si parla infatti, più o meno per tutti questi stati, di “stato di inibizione corticale” con al
massimo un preciso focolaio acceso di attenzione o di concentrazione passiva, a seconda
del tipo di esperienze interiori.
Chi si interessa a fondo, per lungo tempo, con costanza, pazienza e perseveranza, di
stati di coscienza modificati, in modo particolare in autoipnosi, si accorge che i vari
momenti di esperienze interiori a vari livelli, specie quelli più profondi o elevati a seconda
dei vari punti di vista, si modificano nel tempo, assumendo caratteristiche strettamente
personali. Permangono poi nel più profondo dell’Io, assumendo vita propria e quasi del
tutto autonoma dalla coscienza normale della veglia vigile.
Questi tipi particolari di “engrammi” formano con l’andar del tempo una specie di
mappa, presumibilmente nell’emisfero destro, sulla quale i “vari momenti di esperienze
interiori a vari livelli” si agganciano, si moltiplicano, evolvono, elaborando vissuti propri
che costituiscono tutte quelle sensazioni diverse ed autonome, proprie degli stati che
abbiamo menzionato.
La corteccia cerebrale dell’emisfero destro, in questo modo, attraverso elaborazioni
continue delle mappe che va via via costruendo, specie con l’aiuto degli stati di coscienza
modificati, si rivela estremamente malleabile, ricca di sensazioni ed emozioni nuove,
molto diverse da quelle della corteccia dell’emisfero sinistro, “in altre faccende
affaccendata”. Non per niente Jung parla di un “processo di individuazione” che assume,
con l’andar del tempo, quasi vita propria autonoma.
Giunti a questo punto ci si potrebbe infine chiedere se lo stato di “veglia vigile” sia per
noi un punto di partenza e non un punto di arrivo, come sembra nella realtà comune di
tutti i giorni. Le costruzioni del cervello destro con le sue fantasie, simboli, allegorie,
immagini, sensazioni, emozioni, che possono risalire anche al “periodo arcaico”
dell’evoluzione umana, ci possono accompagnare, in modo particolare durante alcuni stati
di coscienza modificati, verso una maggiore comprensione del “sistema uomo”, sistema
aperto e non chiuso, in continua seppur lenta evoluzione, in modo particolare verso la
conoscenza di se stesso, degli altri, dell’ambiente nel quale vive, dell’universo intero.
Forse l’organismo vivente, in tutta l’accezione del termine, invece che avviarsi, come
tutti gli altri sistemi non viventi, verso una sempre minore complessità, verso l’entropia,
verso l’involuzione, in altre parole verso il nulla, potrebbe essere organizzato in modo da
acquisire invece una sempre maggiore complessità che potremo chiamare “entropia
negativa” o “evoluzione”.
Tutto questo sembra che non sia ancora ammesso dalle leggi fisiche conosciute ma
sappiamo anche con Shakespeare che “Esistono più cose che non conosciamo sulla terra
che non in cielo”.
Si spera che le prime timide ricerche in questo campo possano essere in grado di
fornire almeno una possibilità in più di risposta alle grandi domande antiche come l’uomo:
“Chi siamo”? ”Da dove veniamo”? “Dove andiamo”?.
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Stati di coscienza modificati neurofisiologici nel contesto storico
e attuale di ricerca.
“Gli dei non hanno certo svelato ogni cosa ai mortali fin da principio/ ma, ricercando,
gli uomini trovano a poco a poco il meglio”.
Senofane. Frammenti. 18.
“La scienza consiste nel sostituire un sapere che sembrava orami certo, con una teoria,
ovvero con qualcosa di problematico”.
J. Ortega, Y. Gasset. Filosofo spagnolo.
“Lo scoprire consiste nel vedere ciò che tutti hanno visto e nel pensare ciò che nessuno
ha pensato”.
(5) Szent Gyokovi. The scientist specculates.
Difficilmente si è consapevoli di ciò che è significativo nella propria esistenza.
Albert Einstein, Pensieri degli anni difficili, Boringhieri, Torino 1965, p. 36
La coscienza è il teatro, e precisamente l’unico teatro su cui si rappresenta tutto quanto
avviene nell’universo, il recipiente che contiene tutto, assolutamente tutto, e al di fuori del
quale non esiste nulla
Erwin Schrödinger, fisico
“L’idea di una Mente o Logos Universale sarebbe, penso, una deduzione abbastanza
plausibile basata sullo stato attuale della teoria scientifica; o almeno è in armonia con
essa.”
Sir Arthur Eddington
“Quando il campo della teoria fisica si è esteso sino a includere i fenomeni
microscopici, tramite la creazione della meccanica quantistica, il concetto di coscienza è
sorto nuovamente in primo piano, in quanto non era possibile formulare le leggi della
meccanica quantistica in modo pienamente consistente senza far riferimento alla
coscienza. I fisici hanno trovato impossibile dare una descrizione soddisfacente dei
fenomeni atomici senza far riferimento alla coscienza.”
Eugene Paul Wigner
“La chiave di tutte le scienze è senza dubbio il punto di domanda. Dobbiamo la
maggior parte di tutte le scoperte al “Come?” e la saggezza nella vita consiste forse nel
chiedersi, a qualunque proposito, “Perché?”.”
Honoré de Balzac (1799-1850)
“Tuttavia, e’ diventato sempre piu’ evidente che la natura opera su un piano
differente. Le sue leggi fondamentali non governano in nessun modo diretto il mondo cosi’
come ce lo raffiguriamo, ma controllano invece un substrato del quale non possiamo
crearci un’immagine mentale senza introdurvi elementi estranei.”
Paul Dirac
“Dio ha inserito un’arte segreta nelle forze di natura in modo da consentire a
quest’ultima di modellarsi passando dal caos a un perfetto sistema del mondo.”
Immanuel Kant
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COSCIENZA
Prima di tutto cerchiamo di definire cos’è la coscienza, alla luce di molteplici ricerche
nei vari campi dello scibile umano.
Prendiamo in considerazione la definizione di coscienza di Lino Missio, da: “Il cervello
e la sua coscienza” – Erga edizioni, che considero tra le puntualizzazioni migliori oggi
scritte sull’argomento.
Che cosa è la coscienza
La coscienza è il più grande dei misteri.
È forse uno dei problemi più difficili al quale la scienza deve ancora dare una risposta.
Le scienze fisiche sono ben comprese, e le scienze biologiche hanno rimosso molti
degli antichi misteri che circondavano la natura della vita.
Molti progressi sono stati compiuti anche nella scienza della mente.
Gli studi recenti nell’ambito della scienza cognitiva e delle neuroscienze ci hanno
portato ad una migliore comprensione del comportamento umano e dei processi
sottostanti che lo guidano. Certo non conosciamo nei dettagli la cognizione umana ma le
ricerche fanno prevedere che nuovi risultati non siano così lontani.
La coscienza, tuttavia, sembra sfuggire alle leggi fisiche, chimiche e biologiche; è
qualcosa di straordinariamente familiare e indiscutibile, ma, nello stesso tempo, diviene
misteriosa non appena la pensiamo sullo sfondo dell’immagine fisica del mondo.
La nostra esperienza cosciente è costituita da innumerevoli stati qualitativi, ovvero
colori, odori, sapori, dolori, sensazioni tattili, cinestetiche, propriocettive; e ancora piaceri,
emozioni, stati d’animo ecc.
Tutte queste sensazioni sono profondamente reali e indubitabili e contornano la nostra
vita soggettiva. Eppure non è chiaro in che rapporto la coscienza sia con la realtà che ci
circonda; la realtà scoperta e illustrata dalle leggi fisiche. Negli ultimi anni è stato scritto
molto sulla coscienza e questo potrebbe far pensare che stiamo facendo dei progressi.
Tuttavia, la gran parte dei lavori non tocca i problemi più spinosi relativi alla
coscienza. Essi si occupano spesso di quelli che potrebbero essere chiamati i problemi
semplici della coscienza. Si rimane quindi con la sensazione che il problema centrale resti
enigmatico come d’altronde è sempre stato.
Questo enigma, come sostiene Chalmers non deve essere fonte di scoraggiamento;
esso piuttosto fa del problema della coscienza una delle più eccitanti sfide intellettuali del
nostro tempo.
Lo studio della mente nei secoli.
Fin dal pensiero greco l’uomo ha cercato di capire il funzionamento della mente.
Ippocrate è uno dei pochi ad attribuire la vita psichica al cervello. I suoi studi più
importanti si basarono, appunto, sugli effetti di danni traumatici o malattie del sistema
nervoso).
Con questa affermazione, Ippocrate pone in evidenza una concezione che si sta
affermando nel pensiero greco, e che troverà la sua espressione più elevata in Aristotele: il
fatto cioè, che l’uomo è parte della natura, e può essere studiato con i metodi delle scienze
della natura.
Con Aristotele si afferma decisamente la concezione dell’uomo come oggetto di studio
naturale.
Il pensiero medioevale è del tutto alieno dallo studio dell’uomo, di cui nega addirittura
la possibilità. È evidente che la scienza medioevale è ben diversa, comunque, da quella
greca. Il mondo è concepito secondo una precisa struttura gerarchica, con alla testa Dio, e
immediatamente sotto l’uomo, che non viene però visto come facente parte della natura.
21
Esiste il mondo dell’alchimia e dei maghi ma la ricerca, è impregnata di spirito magico, a
tal punto da non assomigliare al concetto di scienza che oggi noi abbiamo.
Per molti secoli verranno evitati gli studi anatomici. È solo sulla fine del XIV secolo, e
poi soprattutto nei due secoli successivi, con il Rinascimento, che sarà possibile iniziare un
nuovo rivolgimento del pensiero umano.
A riportare sulla scena l’interesse per la mente è Cartesio che ridisegna i confini tra
anima e corpo che in precedenza Aristotele aveva unificato.
Tuttavia è a Wilhelm Wundt che va riconosciuto il merito di aver costituito la
psicologia come scienza indipendente e come studio della mente. Infatti nel 1879 a Lipsia
Wundt fondò il primo laboratorio di psicologia sperimentale nella storia della psicologia
scientifica.
Nel laboratorio, insieme ai suoi studenti si affrontarono sperimentalmente soprattutto
quattro campi d’indagine: la psicofisiologia dei sensi in particolare la vista e l’udito, il
tempo di reazione, la psicofisica e l’associazione mentale.
Alcuni anni dopo, nel 1913 nasce il comportamentismo, con a capo Watson, che si
propone come l’unica maniera di fare scienza psicologica. Per il comportamentismo,
l’oggetto “psiche” viene esplicitato nei “contenuti psicologici” (emozione, abitudine,
apprendimento, personalità, ecc.) e per essi si propone lo studio attraverso la loro
manifestazione osservabile nei termini di comportamenti emotivi, comportamenti
abitudinari, comportamenti d’apprendimento, comportamenti costitutivi della personalità.
Con il comportamentismo viene eliminato del tutto ogni riferimento a stati interiori.
È con la nascita del cognitivismo e della scienza cognitiva che il discorso euro scienzi
ritorna al centro della scena.
La scienza cognitiva, che è lo studio interdisciplinare della mente, integra discipline
diverse come la filosofia, la psicologia, l’intelligenza artificiale, la neuroscienza, la
linguistica e l’antropologia.
Di recente, con l’aiuto di nuove strumentazioni sofisticate, come la risonanza
magnetica, la tomografia ad emissione di positroni, ecc., la scienza cognitiva è riuscita ad
analizzare sempre più a fondo i meccanismi cerebrali avanzando teorie moderne sul
funzionamento della mente.
E’ grazie all’evoluzione delle tecniche di visualizzazione in vivo (che hanno reso
possibile l’esame e la rappresentazione del cervello in azione), agli studi euro
scienziati ci (che hanno fatto luce sul ruolo di molti neurotrasmettitori nei meccanismi
cerebrali) e al progredire degli studi sul cervello che oggi si è arrivati ad una conoscenza
sempre più dettagliata dei processi neurobiologici che danno origine al nostro
comportamento e ai nostri processi cognitivi.
L’importanza dello studio interdisciplinare.
La coscienza, come sostengono alcuni studiosi, con molta probabilità scaturisce dal
cervello ed è per questo motivo che filosofi e studiosi di discipline con scarse conoscenze
sul funzionamento del sistema nervoso dovrebbero prendere in seria considerazione lo
studio della neuroanatomia. In effetti, come ha sostenuto Eccles:
Troppa poca considerazione è stata dedicata in passato al meccanismo neuronale
implicato nelle varie manifestazioni della mente auto-cosciente. I filosofi che presentano
teorie fisicaliste del problema cervello-mente, come la teoria dell’identità di Feigl o la
teoria dello stato centrale di Armstrong, dovrebbero costruire le loro filosofie sulla
comprensione scientifica più accreditata del cervello loro disponibile. Sfortunatamente essi
22
si accontentano di informazioni sommarie o antiquate che spesso li inducono ad
abbracciare idee erronee.
C’è una tendenza generale a sopravvalutare la conoscenza scientifica del cervello, che
riguarda, deplorevolmente, anche molti studiosi del cervello e scrittori scientifici.
Tuttavia, anche la filosofia è di estrema importanza per la comprensione della
coscienza, dunque allo stesso modo i euro scienziati dovrebbero considerare, per i loro
studi sulla coscienza, le tematiche filosofiche della mente.
È proprio in questa visione dei fatti che dobbiamo, esaminare la coscienza.
È grazie a studiosi di discipline diverse, che vanno dalla neurofisiologia, alla
psichiatria, dalla neuropsicologia alla filosofia, che si potrà arrivare ad una conoscenza più
approfondita della coscienza.
Lino Missio – http://www.psicofilosofia.it/
Prima di addentrarci nel nostro studio qualche riflessione sul libro “La mente
cosciente”, del filosofo David Chalmers, considerato il maggior studioso della coscienza in
campo mondiale.
Da Il Diogene
La coscienza e l’evoluzione
«Anche coloro che prendono la coscienza sul serio sono spesso attratti da una
spiegazione evoluzionistica della coscienza. Dopotutto la coscienza è un fenomeno così
pervasivo e centrale che sembra logico che debba essere emersa durante il processo
evolutivo per una ragione.
In particolare, è naturale supporre che essa si sia sviluppata in quanto assolve una
funzione che non avrebbe potuto essere conseguita altrimenti. […] Sfortunatamente questa
idea sovrastima ciò che una spiegazione evoluzionistica può darci.
L’evoluzione seleziona proprietà sulla base del loro ruolo funzionale, e il mio gemello
zombie esegue altrettanto bene tutte le funzioni che io eseguo. In particolare egli lascia in
giro esattamente lo stesso numero di copie dei suoi geni. Ne consegue che l’evoluzione da
sola non può spiegare perché siano state selezionate creature consce piuttosto che zombie»
[da David Chalmers, La mente cosciente, McGraw-Hill, Milano, 1999,
pagg. 122-3]
Il problema “difficile” della coscienza
«I modelli cognitivi sono adatti alla spiegazione degli aspetti psicologici della
coscienza. Non c’è un grande problema metafisico dietro all’idea che un sistema fisico
debba essere capace di analizzare per introspezione i propri stati interni, di gestire
razionalmente l’informazione che riceve dal suo ambiente, o di spostare l’attenzione da un
posto all’altro.
E’ abbastanza chiaro che una spiegazione funzionale adeguata dovrebbe essere in
grado di spiegare queste capacità, anche se la scoperta della spiegazione corretta
richiedesse decine e centinaia d’anni. Ma il problema realmente difficile è quello della
coscienza fenomenica, ed esso non è toccato dalle spiegazioni della coscienza psicologica
che sono state finora avanzate»
[da David Chalmers, La mente cosciente, McGraw-Hill, Milano, 1999, pag. 31]
«Non vi è un grande mistero riguardo a come uno stato mentale possa giocare un
ruolo causale, anche se ci sono certamente dei problemi tecnici per la scienza. E’ invece un
mistero perché questo stato debba fare un certo effetto, perché debba avere una proprietà
fenomenica».
[da David Chalmers, La mente cosciente, cit,, pag. 15]
23
«Anche dopo aver spiegato il funzionamento fisico e computazionale di un sistema
cosciente, resta da spiegare perché il sistema ha esperienza conscia».
[da David Chalmers, La mente cosciente, cit,, pag. 29]
«Il problema difficile (the hard problem) della coscienza è il problema dell’esperienza.
Quando noi pensiamo o percepiamo, c’è un’enorme attività di elaborazione
dell’informazione, ma c’è anche un aspetto soggettivo. Per dirla con Nagel, si prova
qualcosa a essere un organismo cosciente. Questo aspetto soggettivo è l’esperienza».
Da David Chalmers, “Facing University Press to the Problem of Consciousness
Studies”, in Journal of Consciousness Studies, 1995, 2, 3, pag. 201
David Chalmers e la “mistica” dell’informazione di Astro Calisi
Uno dei grandi meriti del filosofo David Chalmers nella sua opera La mente Cosciente
(1) è quello di aver posto l’accento sul fatto che molti ricercatori impegnati nel campo della
mente pretendono di studiare la coscienza prendendo in considerazione soltanto le
funzioni cognitive ad essa ordinariamente associate.
Tale approccio, ovviamente, è legittimo, ma deve abbandonare la pretesa di essere
rivolto allo studio della coscienza, in quanto non si occupa dei principali dati con cui la
coscienza stessa si rivela a noi, vale a dire le esperienze soggettive.
Questo rilievo di Chalmers è di importanza fondamentale nello smascherare
l’inadeguatezza di certi studi sulla coscienza (o presunti tali) e nel riportare l’attenzione dei
ricercatori sugli aspetti di maggior rilievo.
Purtroppo Chalmers, sviluppando le proprie argomentazioni, dimostra di non saper
essere conseguente fino in fondo con le tesi iniziali, finendo per ricadere all’interno
dell’orizzonte cognitivista (2), anche se in una forma assai più sofisticata. Infatti, pur
affermando che la coscienza non può essere spiegata con le ordinarie leggi fisiche, egli
arriva a sostenere che essa potrebbe essere associata all’informazione (3).
In un altro passo, egli si spinge ancora più in là, affermando che non solo
l’implementazione della computazione appropriata è sufficiente affinché si manifesti la
coscienza, ma anche che “tale implementazione è sufficiente per un’esperienza cosciente
ricca come la nostra”. (4)
Con questo, Chalmers mostra di credere che l’elaborazione dell’informazione da parte
di un qualsiasi sistema (biologico o artificiale) abbia due livelli distinti: uno legato
all’esigenza di trasformare i dati in ingresso in forme tali da poter essere utilizzate dal
sistema stesso per gestire la propria attività; un altro che avrebbe origine dal medesimo
processo di elaborazione come una sorta di sottoprodotto secondario (sopravvenienza) e
darebbe vita alle esperienze coscienti. Analizziamo questi due livelli più nel dettaglio.
Per quanto riguarda l’informazione, bisogna dire che qualsiasi modalità di
elaborazione, come pure di codificazione e di immagazzinamento, ha bisogno di un
supporto materiale. Può trattarsi della posizione di una leva o di una ruota dentata (nelle
realizzazioni più primitive), come di campi magnetici o cariche elettriche di dimensioni
ridottissime, l’informazione ha comunque una consistenza fisica. Mentre l’elaborazione,
ovvero la trasformazione dell’informazione da una forma in un’altra, comporta
inevitabilmente dei cambiamenti nello stato del supporto stesso.
24
Va inoltre considerato che qualsiasi informazione non è mai tale in assoluto, bensì in
riferimento a un sistema in grado di decodificarla, dando ad essa un seguito operativo.
Infatti, la codificazione di un dato insieme di informazioni può essere effettuata in un
numero praticamente illimitato di modalità (linguaggi): come esempio molto elementare si
consideri che tutta l’informazione contenuta su un supporto digitale può essere convertita
nel suo esatto opposto, trasformando tutti gli 0 in 1 e viceversa, ma se si modifica
simmetricamente anche il sistema di lettura, non si avrà alcuna differenza nei risultati.
Ciò significa che l’informazione non ha valore in sé (significato), ma solo quello che le
deriva dalla relazione con un “interprete” operativo (macchina), oppure con un soggetto in
grado di attribuire ad essa un significato (individuo umano). L’elaborazione
dell’informazione da parte di una qualsiasi macchina computazionale avviene sulla base
degli algoritmi di cui essa è stata dotata. Tutto ciò che la macchina fa è rigorosamente
conforme alle leggi fisiche, anche se, a causa della complessità dei programmi utilizzati,
può essere difficile prevederne con esattezza i risultati.
Se prendiamo in esame l’altro livello, quello che darebbe origine all’esperienza
cosciente, ci troviamo di fronte a un’affermazione del tutto dogmatica, in quanto
assolutamente non controllabile sul piano empirico. Non solo essa va accettata del tutto
fideisticamente pur essendo in contrasto con i principali concetti e assunzioni di base del
metodo scientifico, ma non sembra neppure in grado di dare una risposta al problema
della natura del rapporto causale tra informazione ed esperienza.
Quest’ultimo problema è di fondamentale importanza, soprattutto nella
considerazione che larga parte dell’attività di elaborazione nervosa effettuata dalle diverse
aree cerebrali si svolgono del tutto automaticamente, senza la minima traccia di esperienza
cosciente.
L’idea di Chalmers, secondo la quale l’esperienza cosciente potrebbe trovarsi in stretto
rapporto con l’informazione (per cui anche sistemi molto semplici, come ad esempio i
termostati, potrebbero avere delle esperienze, sia pur molto elementari) (5), oltre a essere
largamente metafisica, si presenta in questa luce come una sorta di “ritorno” all’interno
dell’orizzonte cognitivista: Chalmers era partito dall’osservazione che non può darsi alcuna
seria indagine sulla coscienza se ci si limita ad esaminare “cognitivamente” le diverse
funzioni a cui essa solitamente si accompagna.
Lo ritroviamo qui ad affermare che il sorgere della stessa coscienza deriverebbe, in
qualche maniera che non è in grado di specificare, dal processo di elaborazione
dell’informazione, ovvero dalle funzioni cognitive poste in atto ordinariamente dal cervello.
Ecco quindi che ciò che era stato estromesso dalla porta, ritorna, anche se in veste
radicalmente nuova (e quasi irriconoscibile) dalla finestra.
NOTE (1) David Chalmers, La mente cosciente, McGraw-Hill, Milano, 1999
(2) Leggendo gli scritti di Chalmers, ci si rende facilmente conto, ad esempio, che per
lui la psicologia si identifica completamente con la scienza cognitiva.
(3) La mente cosciente, pag. 298
(4) Op. cit., pag. 321
(5) Op. cit., pag. 298
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Molte sono le definizioni di coscienza.
Fino a qualche decennio o secolo fa per coscienza si intendeva soprattutto lo stato
interiore di sintonia tra tre centri classificati come “centro intellettivo”, “centro motoreistintivo” e “centro emozionale”, collocati rispettivamente: in una parte dell’encefalo, nella
parte terminale della colonna vertebrale e nella zona del plesso solare, in quelli che sono
oggi chiamati “gangli del simpatico e del parasimpatico”. Si raggiungeva una specie di
sintonia che permetteva all’uomo di elevare la propria ragione verso livelli superiori.
Prenderemo in considerazione solamente ciò che interessa per le osservazioni e gli
scopi del presente lavoro.
In campo psicologico il lemma coscienza indica una funzione generale propria della
capacità umana di assimilare la conoscenza attraverso l’entrata sensoriale di sempre nuovi
bit di informazione.
All’inizio vi è consapevolezza, cioè constatazione attiva del nuovo tipo di conoscenza.
Quando la consapevolezza integra il nuovo con il vecchio, si può parlare di coscienza,
anzi di aumento di coscienza.
A seconda dell’ambito nel quale viene osservata, la coscienza viene intesa nei seguenti
modi:
Coscienza, in ambito neurologico, è lo stato di vigilanza della mente contrapposta al
coma.
Coscienza, in ambito psicologico, è lo stato o l’atto di essere consci, contrapposta
all’inconscio: esperienza soggettiva di eventi o di sensazioni.
Coscienza, in ambito psichiatrico, come funzione psichica capace di intendere, definire
e separare l’io dal mondo esterno.
Coscienza, in ambito etico, come capacità di distinguere il bene e il male per
comportarsi di conseguenza, contrapposta all’incoscienza.
Coscienza, in ambito filosofico, ha assunto nel corso della storia della filosofia
significati particolari e specifici distinguendosi dal termine generico di consapevolezza,
attività con la quale il soggetto entra in possesso di un sapere.
Autocoscienza, come riflessione del pensiero su se stesso.
Coscienza di classe, secondo le teorie marxiste della società e della storia, è la
consapevolezza che gli appartenenti di una specifica classe sociale hanno di sé come
gruppo.
Wikipedia.
Ciò che interessa per l’indirizzo del presente volume è avere qualche opinione su come
vengono percepiti da operatori sanitari non medici o psicologi i diversi stati di coscienza.
Ho trovato una interessante elaborazione da parte di Andrea Ghedina. Osteopata. D.O.
Differenti stati di coscienza.
Lo stato ordinario di base è quello che sperimentiamo durante la veglia, indispensabile
per la sopravvivenza nell’ambiente fisico e la coscienza ordinaria nella nostra cultura è
caratterizzata da un alto grado di razionalità e da un grado relativamente basso di capacità
immaginativa. All’estremo opposto c’è una regione di spazio psicologico nel quale la
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razionalità è normalmente bassa o diversa; in ciò consiste, ad esempio, il sognare ordinario
notturno, durante il quale noi creiamo l’intero mondo del sogno.
Gli stati di coscienza ordinari si possono classificare in tre gruppi: gli stati abituali, gli
stati di coscienza per i quali ogni essere umano passa automaticamente; gli stati
temporanei, o transitori, corrispondenti alle modificazioni della coscienza che
accompagnano certi sentimenti o emozioni in modo transitorio; gli stati rari o straordinari,
che possono talvolta essere considerati come stati patologici, vissuti solo da alcuni
individui in circostanze molto particolari.
Uno stato “altro” di coscienza è un nuovo spazio esperienziale dotato di proprietà sue
proprie, una nuova strutturazione della coscienza, che possiede una propria coerenza e
proprie leggi.
Il termine “altro” deve essere inteso in senso puramente descrittivo senza lasciare
spazio ad alcun giudizio di valore.
Gli stati “altri” di coscienza comprendono essenzialmente questi specifici caratteri:
Percezione del tempo distorta rispetto a quella ordinaria o senso di atemporalità;
spersonalizzazione e perdita del sé; Attenuazione delle inibizioni; Accresciuta empatia
seguita da sensazioni come quella di fondersi con altre persone od oggetti; Distorsioni
percettive e allucinazioni.
Maggior importanza e maggior significato vengono attribuiti alle esperienze
soggettive, alle idee, alle percezioni.
La ricerca di stati di coscienza alternativi a quello ordinario, presente nella stragrande
maggioranza delle tradizioni religiose ed esoteriche, può essere interpretata come il
tentativo di afferrare porzioni di realtà diverse o superiori ed è in pratica il sogno
millenario di rompere la circolarità della conoscenza umana superando la ricorsività dei
processi logico/razionali.
Fisica e metafisica.
Nell'assumere a oggetto dei suoi "balbettii metafisici" il tema classico della coscienza e
del suo "risveglio", Aurigemma muove dalla constatazione di un conflitto lacerante che
attraversa l'intera vita di Jung e la sua straripante opera di psicologo e fenomenologo
dell'esperienza religiosa e culturale: il conflitto, cioè, tra la sua vocazione kantiana di
scienziato empirista che vuole mantenere l'indagine sulla struttura e il funzionamento
della psiche entro i limiti della ragione, e l'urgere in lui di profonde e pressanti istanze
speculative e spirituali in merito alla natura del "sapere" - del sapere in sé, senza oggetto -,
e al senso della vita, e al destino di ognuno nella morte.
La proposta di soluzione suggerita da Aurigemma radicalizza gli esiti impliciti nel
secondo corno del dilemma e va coerentemente in direzione di un rigoroso ontologismo
coscienziale: l'essere - la kantiana "cosa in sé" non è oggetto della coscienza ma è
immanente in essa, e l'esistenza non è altro che una sua manifestazione: la vera realtà - la
realtà assoluta, fondamento ontologico dell'esistente - è la coscienza, e il proprio dell'uomo
è il rendersi conto, il comprendere, lo sperimentare la coscienza come divina fonte della
vita.
Di qui il potere di "risveglio" che per l'essere umano ha l'esperienza capitale
dell'individuazione, il cui significato più intimo è appunto quello di un radicamento e
approfondimento consapevole dell'individualità nella coscienza eterna.
Marzo 2010
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La Meccanica Quantistica e la Coscienza.
Dal lavoro di Attilio Maccari “La fisica moderna”.
Sin dagli Anni Trenta vennero avanzate delle ipotesi sul collegamento fra
funzionamento della coscienza e meccanica quantistica.
Queste congetture hanno una certa popolarità fra chi vuole dare una spiegazione
scientifica ad esperienze mistiche e paranormali, ma continuano ad essere respinte dalla
maggioranza dei biologi e degli esperti di intelligenza artificiale, che ritengono di poter
capire tutte le proprietà del cervello con le sole leggi della fisica classica.
La meccanica quantistica è una teoria che consente di fare delle previsioni, nel mondo
atomico e subatomico, puntualmente confermate dagli esperimenti, ma che suscita molti
interrogativi sul suo reale significato. Sono infatti possibili varie interpretazioni sul
significato del suo simbolismo, molto differenti fra di loro, ma equivalenti sul piano
pratico.
Come abbiamo già visto nel Capitolo Quarto, ha destato molti problemi ed è tuttora
irrisolto il cosiddetto paradosso della misura: quando si esegue una misura su un sistema
microscopico, per esempio un elettrone, cioè si determina il valore di una variabile, che,
per semplicità, supponiamo possa assumere soltanto due valori 0 o 1, in alcuni casi può
succedere che prima della misura il valore della variabile non è affatto definito, ma si
conosce solamente la probabilità di ottenere un determinato risultato.
La differenza con quanto accade nel mondo macroscopico è evidente: se misuriamo la
lunghezza di un tavolo e troviamo 90 cm, ovviamente questo vuol dire che il tavolo era
lungo 90 cm anche prima della misurazione, solamente che non lo sapevamo. Nello strano
mondo della meccanica quantistica la situazione è completamente diversa, perché prima
della misura la variabile non ha alcun valore, essendo il sistema in uno stato formato dalla
combinazione di due stati, denominati virtuali, uno stato in cui la variabile ha il valore 0 ed
un altro stato in cui la variabile ha il valore 1.
Secondo la meccanica quantistica, l’osservatore, in qualche modo, nel momento in cui
misura, costringe il sistema a precipitare in uno stato ben definito dove la variabile che si
sta misurando assume un valore determinato, 0 oppure 1 (questa proprietà della
meccanica quantistica prende il nome di collasso della funzione d’onda). Sul perché di
questo collasso esistono molte teorie, nessuna delle quali è universalmente accettata.
Il fisico (o ex-fisico secondo i suoi detrattori) F. Capra [Cap] ha cercato di collegare le
filosofie orientali, e più in generale il mondo dello spirito, alla meccanica quantistica,
riscuotendo un grande successo specialmente al di fuori del mondo accademico ufficiale.
Secondo Capra, lo spirito sarebbe il protagonista del collasso della funzione d’onda,
determinando in ultima analisi il risultato delle nostre misure. Questa teoria è stata ripresa
da Brian Josephson, premio Nobel in fisica per la scoperta di alcune proprietà dei
superconduttori, secondo il quale la meccanica quantistica sarebbe la chiave che ci
permetterebbe di dare dignità scientifica ai fenomeni mistici e paranormali.
I due studiosi che hanno prodotto i risultati più rilevanti, nel tentativo di collegare la
meccanica quantistica con la coscienza, sono Roger Penrose, un fisico famoso per alcuni
studi sui buchi neri e la relatività generale, e John Eccles, recentemente scomparso, premio
Nobel per i suoi contributi alla scoperta dei sistemi di comunicazione fra neuroni.
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La teoria di Eccles [Ecc, EcPo1, EcPo2] rifiuta decisamente il materialismo e sostiene
la presenza dell’anima, riallacciandosi quindi a tutte le filosofie dualistiche che vedono
l’uomo come il risultato dell’interazione fra un’entità spirituale, l’anima, ed una materiale,
il corpo.
Insieme al filosofo Karl Popper, anche lui recentemente scomparso, hanno sviluppato
una teoria che considera il libero arbitrio la caratteristica fondamentale dell’essere umano
e che quindi rifiuta tutte le dottrine materialistiche, sia biologiche che basate
sull’intelligenza artificiale, perché hanno come conseguenza il più rigido determinismo e la
riduzione dell’uomo ad una semplice marionetta, guidata dalle interazioni elettromeccaniche di miliardi di neuroni.
Essendo la fisica classica rigidamente deterministica, dobbiamo utilizzare la
meccanica quantistica se vogliamo attribuire all’essere umano quel libero arbitrio, che da
sempre è stato considerato come uno dei suoi attributi fondamentali.
Un’obiezione molto comune che viene avanzata nei confronti del dualismo (essere
umano = anima + corpo) è la violazione del principio della conservazione dell’energia, che
si avrebbe nel momento in cui la mente spirituale agisce sul corpo fisico, ordinandogli di
eseguire una certa azione.
Eccles e Popper sostengono che questa critica, valida nell’ambito della fisica classica,
non regge nella meccanica quantistica, dove sono possibili violazioni della conservazione
dell’energia di quantità arbitrarie, purché eseguite in un tempo molto breve, come abbiamo
già visto nel Capitolo Quarto.
Più il tempo è breve, maggiore è la quantità di energia che possiamo produrre "gratis",
mentre per tempi molto lunghi l’energia prodotta è talmente piccola che in pratica
ritroviamo il principio di conservazione dell’energia.
Riprendiamo ora l’analisi dell’attivazione di un neurone, che viene innescata quando
in corrispondenza di molte delle sue sinapsi si accumula un numero sufficiente di cariche
elettriche, che stimolano la produzione di neurotrasmettitori e quindi provocano
l’eccitazione del neurone. Il punto fondamentale da sottolineare è che l’innesco non
avviene sempre e automaticamente, perché secondo Eccles il neurone si trova in una
combinazione di stati virtuali, come previsto dalla meccanica quantistica, in alcuni dei
quali è eccitato ed in altri no.
Come fa allora il neurone a scegliere, a sapere se si deve eccitare oppure no?
La mente, la parte spirituale dell’uomo, entra in gioco rompendo questa combinazione
di stati virtuali, scegliendo solamente uno stato ed in questo modo esercitando il suo libero
arbitrio. Eccles sostiene che lo spirito umano (anima) viene incorporata nel feto,
direttamente da Dio, intorno alla terza settimana dal concepimento.
La teoria è stata attaccata sostenendo che non esistono affatto prove sperimentali a
suo sostegno, ma d’altronde abbiamo visto che una situazione simile si verifica anche per le
altre teorie.
Roger Penrose si colloca su un versante di critica ancora più radicale sia nei confronti
dell’intelligenza artificiale e delle visioni puramente materialistiche, sia infine nei confronti
delle attuali conoscenze scientifiche [Pen1, Pen2, Pen3].
Il funzionamento della coscienza deve coinvolgere la meccanica quantistica o meglio
una teoria completamente nuova che dovrà superare, unificandole al suo interno, sia la
meccanica quantistica che la teoria della relatività. Secondo Penrose, l’attuale situazione
delle teorie fisiche non è affatto soddisfacente, perché la meccanica quantistica e la teoria
della relatività, sebbene abbiano accumulato moltissimi successi sperimentali, sono fra
29
loro incompatibili. Questa opinione è condivisa da tutti i fisici, tuttavia tutti i tentativi di
unificare le due teorie finora sono falliti.
Inoltre mentre Penrose ritiene che sia la meccanica quantistica a dover essere
modificata per tener conto della relatività, la stragrande maggioranza dei fisici la pensa
esattamente all’opposto, cioè ritiene che la meccanica quantistica nella sua forma attuale
sia pressoché soddisfacente e che bisogna invece modificare profondamente la teoria della
relatività, in particolare la relatività generale.
Seguendo questa linea di ricerca, ormai da circa venti anni, i fisici delle particelle
elementari sono al lavoro per perfezionare la cosiddetta teoria delle supercorde, che è
appunto un tentativo di inglobare la relatività generale nella meccanica quantistica.
Come abbiamo visto nel Capitolo Quinto, allo stato attuale la teoria delle supercorde
non ha alcuna base sperimentale, potrebbe essere realmente verificata solo costruendo un
acceleratore delle dimensioni del sistema solare e quindi, per ora, deve essere considerata
più una congettura matematica che una teoria scientifica.
Secondo Penrose, invece, le attuali leggi della fisica sono incomplete e quindi inadatte
a spiegare il funzionamento della nostra mente. Bisogna quindi elaborare una nuova teoria
(che ovviamente non avrà nulla a che vedere con la teoria delle supercorde), che non si basi
solamente sulla logica deduttiva e che sia la fusione della meccanica quantistica e della
relatività generale.
Per respingere le pretese di chi sostiene che un giorno i computer potranno pensare,
Penrose si richiama al famoso teorema di Godel. Questo teorema implicherebbe che la
mente umana è superiore al computer e che quindi le pretese di M. Minsky e colleghi sono
completamente false. Un’altra conseguenza del teorema di Godel è, secondo Penrose, che
qualunque teoria non potrà mai essere completa e che rimarranno sempre dei problemi da
risolvere.
Penrose, che per sua stessa ammissione non è in grado di fornire una teoria completa
del funzionamento del cervello, ha cercato però una prima risposta basandosi su una
scoperta avvenuta recentemente, da parte di Stuart Hameroff, riguardante il
comportamento dei microtubuli, una specie di scheletro di proteine della maggior parte
delle cellule, compresi quindi i neuroni.
S. Hameroff ha scoperto che durante l’anestesia il movimento degli elettroni nei
microtubuli, che hanno una dimensione di circa un nanometro, un miliardesimo di metro,
risulta inibito.
Penrose suppone quindi che proprio i microtubuli siano la sede di strani effetti
quantistici che determinano il nostro stato cosciente. Il neurone non può quindi essere
interpretato come un semplice elemento binario che può assumere solo due stati, acceso o
spento, come suppongono i fautori dell’intelligenza artificiale, ma è invece un complesso
sistema quantistico.
I microtubuli sono costituiti da molecole proteiche che si possono trovare in due stati
diversi (eccitato-inibito o zero-uno). Ogni molecola con il suo comportamento influenza le
molecole immediatamente vicine e si vengono in questo modo a formare delle complicate
configurazioni di informazione che si muovono all’interno del neurone.
Il cervello non è quindi solo un insieme di neuroni interagenti, ma è in realtà molto più
complesso, perché bisogna tener conto della configurazione dei microtubuli all’interno di
ciascun neurone, dove gli effetti quantistici determinano una sovrapposizione di stati
diversi, rendendo possibile una potenza di calcolo incredibilmente più elevata di quella
della semplice macchina di neuroni studiata dai biologi.
La coscienza compare nel momento in cui dalla combinazione quantistica di stati
tipica dei microtubuli si passa alla consapevolezza interiore di un solo stato fra i tanti
30
possibili, seguendo una procedura sulla quale anche Penrose per il momento non ha una
teoria valida da proporre.
Anche questa teoria ha suscitato critiche ferocissime, per esempio si è detto che
siccome i microtubuli si trovano in tutte le cellule, non solo dell’uomo ma anche degli altri
animali, allora questo implicherebbe che anche il nostro stomaco oppure un microbo sono
coscienti di se stessi.
Inoltre Penrose è stato accusato di essere un vitalista che cerca di dimostrare, con i
suoi strani e misteriosi effetti quantistici, che la mente umana possiede un qualcosa, uno
spirito vitale, che rimarrà sempre proibito alla scienza.
(Originariamente pubblicato su Fisica Moderna)
I filosofi e la mente
Anche fra i filosofi esistono diverse posizioni, che vanno da una esaltazione delle
pretese più radicali dell’intelligenza artificiale ad un tentativo di proteggere la coscienza
dagli assalti della scienza.
Un sostegno molto deciso alle posizioni più radicali dell’intelligenza artificiale viene da
Daniel Dennett, secondo il quale il problema di capire che cosa sia la coscienza non esiste,
semplicemente perché non esiste la coscienza, essendo l’essere umano solamente una
macchina intelligente [Den].
La coscienza è infatti solamente una illusione derivante dall’interazione di tutti i vari
programmi e sottoprogrammi che stanno girando in un certo momento nel nostro cervello.
Potrebbe darsi tuttavia che il superprogramma del cervello risulti talmente complicato
da essere praticamente incomprensibile per noi.
Poiché l’essenza della mente è di essere un programma che gira su un hardware
biologico, e come è ben noto il software è indipendente dall’hardware, si può immaginare
che la nostra coscienza decida di trasferirsi e quindi di essere inglobata su un
supercomputer più intelligente di noi.
In questo modo il supercomputer sarebbe in grado di comprendere la natura della
mente umana, anche se non potrebbe comprendere se stesso.
Molti filosofi hanno cercato di rinforzare con nuove argomentazioni le motivazioni
riguardanti l’impossibilità di arrivare a un modello che spieghi in modo soddisfacente tutte
le proprietà della mente umana. Per esempio, Evandro Agazzi [Aga1, Aga2, Aga3 ed anche
ArAr] e John Searle [Sea] hanno cercato di mostrare come sia impossibile per un computer
poter pensare.
I computer infatti si limitano a manipolare dei simboli che obbediscono ad una certa
sintassi senza sapere che cosa questi simboli significano, cioè non hanno accesso alla
dimensione semantica delle parole.
Se è vero che il computer è in grado di eseguire delle manipolazioni sui simboli, una
volta che mediante assiomi siano stati stabiliti le relazioni fondamentali che intercorrono
fra i simboli, sembra altrettanto vero che il computer, non conoscendo il significato di
questi simboli, non è in grado di effettuare quei ragionamenti non interamente
formalizzabili in cui entra in gioco la dimensione semantica.
Per esempio i discorsi di tipo politico, giuridico, letterario, ecc. non possono essere
completamente formalizzati, perché in questo caso il discorso si base, oltre che sulla logica
e sulla deduzione, anche sul significato delle parole.
Di conseguenza discorsi di questo tipo non saranno mai alla portata di un computer.
Per capire meglio la differenza fra un uomo ed un computer ci possiamo servire del
seguente esempio.
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Due studenti devono affrontare un esame scritto. Il primo, più bravo, risolve il
compito assegnato, il secondo non sa assolutamente come fare, ma ricevuta la soluzione
dal compagno più bravo, copia tutto dalla prima all’ultima parola.
La commissione esaminatrice, di fronte a questi due compiti assolutamente identici e
ovviamente in mancanza di altri indizi, attribuirà ai due studenti il medesimo voto.
Possiamo dire che il primo studente si è comportato come un normale essere umano,
perché mentre manipolava i simboli ne conosceva il loro significato, l’altro come un
computer, perché ha scritto la soluzione sulla base delle istruzioni fornite dal compagno,
ma ignorando completamente il significato dei simboli.
Il computer può eseguire delle deduzioni logiche ed anche delle induzioni di tipo
probabilistico, come per esempio individuare la causa del guasto di una automobile in base
ai malfunzionamenti che presenta, ma sarebbe incapace di eseguire le astrazioni che
consistono nel costruire dei concetti, a cui si riferiscono molti oggetti del mondo reale,
riuscendo ad individuare in ogni oggetto quello che c’è di essenziale.
Di conseguenza il computer non è in grado di eseguire le induzioni di tipo non
probabilistico, perché sono quelle grazie alle quali noi riusciamo a capire che cosa vi è di
essenziale in ogni fenomeno e che cosa invece è secondario. In altre parole il computer è
incapace di associare ad un simbolo gli oggetti esistenti nella realtà.
Sul problema del rapporto anima-corpo, Agazzi critica sia il materialismo che il
dualismo platonico-cartesiano.
Secondo Cartesio mente (res cogitans) e materia (res extensa) sono completamente
separati fra di loro. La materia obbedisce a leggi puramente meccaniche e, se in questo
modo è stato possibile lo sviluppo della scienza moderna, è chiaro che si è finito per
mettere in secondo piano ed alla fine eliminare la parte spirituale.
Agazzi vuole invece recuperare una diversa concezione che risale ad Aristotele e S.
Tommaso, che afferma l’unità sostanziale dell’uomo non più arbitrariamente divisibile in
due parti.
Secondo altri filosofi (ed anche Penrose) l’impossibilità per un computer di arrivare a
pensare sarebbe la conseguenza del teorema di Godel. Abbiamo visto nel Capitolo Secondo
che questo logico matematico austriaco ha considerato tutte le teorie che si possono
costruire sulla base di un certo numero di assiomi arbitrari.
Ha scoperto che qualunque teoria sufficientemente complessa, in pratica di livello
uguale o superiore all’aritmetica, contiene al suo interno delle proposizioni indecidibili,
cioè di cui non si può dimostrare se sono vere o false.
Usando i simboli della teoria possiamo costruire delle affermazioni, di cui poi però non
siamo in grado di dimostrare la verità o la falsità. La conseguenza è che qualunque teoria
sarà sempre incompleta.
D’altra parte noi possiamo accorgerci intuitivamente se queste proposizioni sono vere
o false, perché la nostra mente ha accesso alla dimensione semantica dei simboli, cioè sa
cosa questi simboli indicano nella realtà, mentre usando la logica deduttiva, come farebbe
un computer, non lo possiamo sapere.
Ogni sistema deduttivo è quindi necessariamente incompleto, perché permette di
formulare con i propri simboli almeno una proposizione sulla quale non sa decidersi per la
verità o la falsità.
Una possibile scappatoia per un computer che voglia riprodurre il comportamento
umano potrebbe quella di assumere questa proposizione (oppure la sua negazione) come
un ulteriore assioma della teoria e fondare due teorie diverse, una prima nella quale la
proposizione è vera ed una seconda in cui è vera la sua negazione.
32
Naturalmente anche in queste due teorie si finiranno per trovare altre proposizioni
indecidibili, che verranno assunte come ulteriori assiomi, dando luogo ad una
ramificazione sempre più estesa di sistemi logici.
Il teorema di Godel implica quindi che i computer potranno usufruire di sistemi
assiomatici sempre più vasti e dedurre molte più conseguenze e risultati utili.
Quando, come previsto da Godel, incontreranno una proposizione indecidibile, allora
la faranno diventare insieme alla sua negazione come un assioma, fondando così due
sistemi logici complementari che si potranno espandere indipendentemente da loro
Potremmo avere dei sistemi logici con un numero quasi infinito di assiomi dai quali
dedurre moltissime conseguenze.
Evidentemente un tale sistema logico sarebbe totalmente al di fuori della portata di
una mente umana e potrebbe essere indagato esclusivamente da un supercomputer.
Resta il fatto che questi sistemi logici verrebbero indagati solamente sulla base delle
relazioni esistenti fra i suoi simboli, rinunciando completamente alla loro dimensione
semantica.
I sostenitori dell’intelligenza artificiale si basano su quella particolare versione della
matematica, il formalismo, che fu introdotta nei primi anni del Novecento ad opera di
David Hilbert, come abbiamo visto nel Capitolo Secondo.
La matematica viene ridotta ad un immenso sistema logico, basato sulla
manipolazione di simboli, definiti solamente in termini delle loro mutue relazioni, stabilite
mediante i postulati iniziali, senza alcun riferimento alla realtà.
Questa posizione filosofica fu aspramente avversata da Henri Poincaré, che voleva
mantenere un più stretto collegamento fra matematica e realtà.
Se identifichiamo la mente umana con un superprogramma, stiamo confondendo la
matematica di Hilbert con la realtà, stiamo pretendendo che quella versione
particolarmente riduttiva della matematica possa essere equivalente alla nostra mente, che
invece si basa soprattutto sulla dimensione semantica e non su quella sintattica.
Si comprendono allora i miseri risultati conseguiti finora dai sostenitori
dell’intelligenza artificiale, che sono fondamentalmente solo delle fantasie senza freno,
adatte per film di fantascienza di sicuro successo, esattamente come avviene per la teoria
delle supercorde e le moderne cosmologie, basate sugli universi baby e sui viaggi nel
tempo.
Altri filosofi si sono concentrati sull’impossibilità per la scienza di interpretare la
soggettività. L’uomo possiede una forma di autocoscienza, inspiegabile dalla scienza
attuale, che consiste essenzialmente nel provare qualcosa ad essere un certo animale cioè
nell’avere una esperienza soggettiva.
Per esempio per quanto noi possiamo studiare il comportamento di due persone
qualsiasi (per esempio Mario Rossi e Gianna Bianchi), tuttavia non sapremo mai che cosa
si prova veramente ad essere Mario Rossi o Gianna Bianchi.
Si ricordi inoltre che, come già visto nel precedente Capitolo, la mente umana, così
come il cervello di un qualunque animale, possiede delle limitazioni conoscitive. In altre
parole così come un topo non potrà mai arrivare a capire il teorema di Pitagora, allo stesso
modo l’uomo non potrà mai risolvere il problema del rapporto fra la mente ed il corpo.
Anche se un giorno gli scienziati saranno in grado di elaborare e di usare una serie di
regole, più o meno empiricamente trovate, in grado di prevedere il comportamento del
33
cervello, ma non potranno mai capire il loro reale significato, cioè si accorgeranno di non
riuscire a dimostrare il perché del loro corretto funzionamento.
La migliore esposizione di questo punto di vista filosofico è stata fornita recentemente
da David Chalmers [Chal].
Nessun programma di computer e nessuna teoria chimico-fisica dei neuroni potranno
mai spiegare quell’esperienza soggettiva che provo quando per esempio sento una musica
particolarmente piacevole.
I biologi ovviamente potranno spiegare come funziona il meccanismo della visione o
della memoria e far vedere quale zona del cervello è all’opera quando eseguo un certo
compito, ma non riusciranno mai a capire l’esperienza soggettiva.
Al limite si potrebbero costruire dei robot in tutto e per tutto somiglianti all’uomo, ma
che non saranno mai coscienti della loro esistenza. La scienza ci potrà dire quale zona del
cervello è in attività quando ho paura o quando sono felice, ma non potrà mai descrivere la
soggettività, che è una esperienza propria di quella persona.
Siamo quindi arrivati al classico problema filosofico del solipsismo, cioè io posso avere
certezza solo della mia propria esperienza soggettiva ma non di quella degli altri. Io so cosa
si prova ad essere Io, ma non posso sapere cosa si prova ad essere un altra persona, anzi
non ho neanche la certezza che gli altri siano coscienti.
Dopo questa parte di critica nei confronti delle teorie scientifiche, D. Chalmers
sostiene l’importanza dell’informazione insieme alla materia ed all’energia, riprendendo la
teoria dell’it from bit del fisico J. Wheeler.
Abbiamo visto nel Capitolo Quarto, parlando della meccanica quantistica, che
l’Universo vive in una sorta di stato virtuale in cui sono all’opera contemporaneamente
tutti i possibili valori di una certa variabile e solo quando un essere vivente esegue una
misura, cioè acquisisce informazione, si ottiene un risultato ben determinato che fissa il
valore della variabile misurata.
Sono gli esseri viventi che in qualche modo, mentre elaborano l’informazione, danno
vita all’Universo stesso.
Solamente se esistono gli esseri viventi, il concetto di informazione ha senso, perché
c’è qualcuno in grado di ricevere questa informazione.
Una critica relativamente scontata che si può fare a Chalmers è che la vita
nell’Universo sembra essere comparsa relativamente tardi e prima di allora non c’era
nessuno in grado di elaborare l’informazione.
http://utenti.multimania.it/solitoni/
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Fisica Quantistica e Mente
di Fiorindo Pelliccioli
Permalink: http://www.neuroscienze.net/index.asp?pid=idart&cat=3&arid=364
Fisica Quantistica e Mente: lettera a Neuroscienze.net
John C. Eccles premio nobel nel 1963 per le sue ricerche di neurofisiologia sosteneva
che l'io non è il prodotto dell'attività cerebrale,ma,al contrario,è il vero motore della
complessa catena di reazioni chimiche ed elettriche che formano il supporto materiale
della coscienza. Inoltre secondo la nota formula di Einstein E=mc2 si deduce che materia
ed energia sono in realtà due aspetti della stessa oggettività
I fondamenti della meccanica quantistica :affermano che : - Non esiste una realtà
obiettiva della materia, ma solo una realtà di volta in volta creata dalle 'osservazioni'
dell'uomo. –
Le dinamiche fondamentali del micromondo sono caratterizzate dall'acausalità. –
E' possibile che, in determinate condizioni, la materia possa 'comunicare a distanza' o
possa 'scaturire' dal nulla. –
Lo stato oggettivo della materia è caratterizzato da una sovrapposizione di più stati.
La conclusione più sconvolgente che si può trarre da quanto sino ad ora affermato è
senza dubbio quella che asserisce che la realtà è tale solo se è presente l'uomo con le
sue'osservazioni'; con i suoi esperimenti.
A differenza delle precedenti rivoluzioni scientifiche, le quali avevano confinato
l'umanità ai margini dell'universo, la Teoria Quantistica riporta l'uomo ('l'osservatore') al
centro della scena.
Alcuni eminenti scienziati si sono spinti a ipotizzare che la Teoria dei Quanti abbia
perfino risolto l'enigma del rapporto tra Mente e Materia, asserendo che l'introduzione nei
processi di misura quantistica dell'osservazione umana è un passo fondamentale per il
costruirsi della realtà.
Quindi mi chiedo se visto i progressi delle neuroscienze e della fisica quantistica non
sia possibile affermare oggi, che mente-cervello non siano altro che due aspetti della
medesima realtà o.addirittura se il cervello non sia l'epifenomeno della mente e non il
contrario,e se sia possibile che la scienza profili in qualche modo l'esistenza per gli
organismi superiori di " un'anima "
Fiorindo Pelliccioli. Psicolab.
Risponde Ignazio Licata, Fisico Teorico.
Ci sono diverse posizioni in questo campo.
Ci sono quelli che ritengono che nel funzionamento della mente entrino in gioco, a vari
livelli, effetti quantistici.
La cosa è più che accettabile se pensiamo al range d azione di certi effetti, come l
on/off delle sinapsi,la sensibilità della retina ad un bombardamento di pochissimi fotoni, e
così via.
Forse la più antica di queste teorie è dovuta a Von Foester, che collegò il decadimento
della memoria a breve termine con certe caratteristiche quanto-meccaniche delle macromolecole.
Si tratta di posizioni in cui l effetto quantistico è un elemento legato alla fisico-chimica
dei processi cerebrali, e non ha un ruolo evidente nel fissarne le caratteristiche generali.
Più ambiziose sono le teorie che si rifanno a processi come la coerenza quantistica o il
collasso della funzione d onda per spiegare i fenomeni mentali.
Tra i sostenitori di queste teorie il più famoso oggi è sicuramente R. Penrose, con la
sua teoria dei microtubuli caldeggiata da S. Hameroff.
Così com'è, è una teoria altamente speculativa,ed è ancora poco chiaro quanto un
dominio di coerenza quantistico possa formarsi e conservarsi nel rumore termico del
cervello.
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In qualche modo, anche il 'flusso di coscienza' è stato a volte accostato alla
sovrapposizione quantistica, ma non c è alcuna evidenza sperimentale in questo senso.
Ad esempio, non sono stati osservati fenomeni di sovrapposizione.
Quanto al 'collasso della funzione d onda', ammesso che una funzione d’onda 'globale'
possa formarsi alle temperature del cervello, anche qui non è chiaro in che senso possa
fissare uno stato di coscienza rispetto ad un altro.
Queste teorie tendono insomma a fare della mente una sorta di emergenza quantistica.
Esistono anche posizioni opposte.
Penso ad esempio ad alcuni lavori molto originali di Evan Harris Walker negli anni
'70, un tipo che ho perso un po' di vista.
Lui sosteneva che è la mente, intesa come entità non-fisica, a guidare i processi
cerebrali tramite effetti quantistici.
Si tratta di una teoria in qualche modo estrema, però riconducibile ad alcune idee di
Wigner, per un certo periodo riprese ed amplificate da J. A. Wheeler, secondo cui la mente
dell'osservatore è responsabile di uno dei postulati chiave dell'interpretazione di
Copenhagen, il collasso della funzione d'onda. La mente dell'osservatore, che nell'infinito
spettro dello spazio delle possibilità sovrapposte, lo spazio di Hilbert, sceglie la realtà che
viene osservata.
Affascinante, ma per citare Pulp Fiction, rispetto alla fisica non mi sembra lo stesso
terreno di gioco, anzi: non è neppure lo stesso gioco!
Qui non è tanto l idea della mente come entità non-fisica a porre dei problemi, quanto
la forzatura che si fa del formalismo quantistico, dove per osservatore si intende un
qualsiasi apparato di misura in grado di fissare uno stato microfisico in un processo
irreversibile macroscopico che chiamiamo 'misura dello stato'.
Non è necessario o evidente in nessun modo che l’osservatore debba essere cosciente!
Come disse una volta R.Serber, applichiamo la fisica quantistica anche nello studio dei
primi istanti dell universo, ed a quel tempo non c erano osservatori coscienti
(certo, so bene che il vescovo Berkeley non sarebbe daccordo, ma il suo originalissimo
pensiero non è di stretta pertinenza della fisica!).
Inoltre bisogna stare attenti ad usare termini come 'realtà oggettiva della materia'.
La fisica ci dice che possiamo descrivere il mondo tramite leggi, e la fisica quantistica
non fa eccezione.
Il fatto che su scala quantistica dobbiamo abbandonare il determinismo classico
newtoniano non mette in alcun modo in discussione una 'realtà esterna'.
Ci dice soltanto che dobbiamo usare strumenti diversi per descriverla.
Anche la faccenda dell a-causalità andrebbe valutata con attenzione.
L’indeterminazione di Heisenberg è strettamente connessa alle fluttuazioni del vuoto
in teoria quantistica dei campi, ma non è necessariamente connessa con la casualità, ma
piuttosto con una causalità 'invisibile', non accessibile.
L aspetto più interessante in un processo di decadimento radioattivo, ad esempio, non
la sua 'casualità', ma il fatto che possiamo scrivere una funzione d onda che ci fornisce, per
il sistema in esame, la distribuzione di probabilità degli eventi.
Il gruppo sicuramente più interessante delle teorie che connettono mente e meccanica
quantistica, risale ad un lavoro di Umezawa e Ricciardi del '67, e propone il
formalismo della teoria dei campi come strumento descrittivo delle strutture cognitive, con
la creazione di pattern che si richiamano e si rinnovano.
Lo spazio delle possibilità quantistiche, insomma, viene trattato come uno spazio dei
pensieri!
Si tratta di un approccio che potremmo definire rappresentazionale, e che non ha
particolari vocazioni bio-morfe, anche se recentemente sono state studiate le possibili
relazioni tra una descrizione di questo tipo e quelle basate sulle reti neurali.
Due nomi importanti in questa direzione sono Eliano Pessa e Giuseppe Vitello.
36
Postilla epistemologica.
In realtà la domanda sull anima è; la MQ impone anche una serie di riflessioni
metodologiche a proposito dell uso del linguaggio, e che costituiscono in gran parte il
problema delle relazioni tra ricerca scientifica ed aspettative socio-culturali.
A differenza del linguaggio comune, che è ricco di una pluralità di significati, il
linguaggio scientifico tende a definire i termini in relazione ad un preciso quadro
osservativo-sperimentale e ad un contesto teorico.
E un linguaggio che potremmo definire 'vincolato'. Il problema nasce nel momento in
cui una debole analogia, poco più che una suggestione linguistica,viene usata per costruire
improbabili ponti concettuali.
Ad esempio, è evidente che la parola 'cuore' assume due significati differenti nel
discorso tra due innamorati o tra due cardiochirurghi!
Nessuno dei due è 'più vero' dell altro, lo sono entrambi, ma si rifanno a contesti
diversi.
Personalmente, ritengo difficilmente concepibile parlare di 'mente' senza (almeno) un
'cervello', ed entrambi - ce lo dice la stessa teologia- sono cose profondamente differenti
dal concetto di 'anima'.
Usare la MQ o qualsiasi altra teoria scientifica per discutere dell anima è insufficiente.
A parte una vaga accezione di 'esistenza', infatti, una teoria scientifica nulla ha da dire sui
temi che riguardano tradizionalmente l’anima, e che sono identificati da una serie di parole
come 'salvezza', 'grazia', 'bene', 'male', etc.
Naturalmente, ognuno è libero di usare il linguaggio come vuole, ,ma in definitiva
bisogna chiedersi a cosa serve.
Personalmente trovo spiacevole che una teoria bellissima e precisa come la MQ venga
utilizzata per 'far passare' un pò di tutto, come a dire 'oltre il mondo newtoniano, tutto è
possibile', una sorta di giustificazione del mondo di Alice e delle relative 'meraviglie'.
Credo comunque che anche un uomo di fede possa sentire così 'impoverito' il senso
delle sue parole.
Credo che ci sia una colpa anche dei divulgatori in questo gioco al fraintendimento, e
persino di alcuni scienziati, per altri versi rispettabilissimi. Forse bisognerebbe aggiungere
nella quarta di certi libri un avvertenza, del tipo: 'Le opinioni filosofiche del Sig. Penrose,
Eccles, etc... non sono giustificate dal loro lavoro scientifico'.
Ignazio Licata
Ignazio Licata, allievo e poi collaboratore di D.Bohm, J. P.Vigier e G. Arcidiacono, Full
Professor of Theoretical Physics presso l' Institute for Basic Research , Palm Harbor,
Florida, USA, dopo il fortunato La Realtà Virtuale- L'altra storia della fisica quantistica,
edito nel 1992, ritorna sull'argomento con un libro nuovo, più ricco, con una bibliografia
triplicata e nuove prospettive sull'argomento. Titolo. Osservando. la sfinge. La Realtà
Virtuale della Fisica Quantistica.
Una particolare attenzione è data al ruolo della non-località nella teoria quantistica dei
campi, in particolare nello studio degli stati coerenti, che suggerisce una nuova stagione
della teoria quantistica ed un suo ruolo centrale non soltanto per la costruzione di una
Teoria del Tutto, ma anche nella costruzione delle future Teorie dell'Organizzazione.
Per una lunga intervista sulle applicazioni della MQ ecco l’URL
http://quantum.ibiocat.eu/eng/index.php?pagina=92
Ho scelto questi lavori molto recenti perché possono essere veramente introduttivi al
mio studio sugli SCMN, di cui mi interesso fino dai primi anni ’60, quando ovviamente non
esisteva nulla in merito.
Li ho scelti anche perché sono comprensibili a chiunque si interessi dell’argomento,
già di per se stesso per i più completamente astruso, misterioso, complicato e ignorato.
37
A quei tempi non bisogna dimenticare vhe si era anche guardati dai circoli accademici
dall’alto in basso, proprio perché mi interessavo di poter capire fenomeni inspiegabili e
molto spesso irripetibili.
E di conseguenza fenomeni inesistenti nella realtà di tutti i giorni, nella realtà di veglia
vigile, nella realtà organizzata e vissuta entro le pieghe delle conconvoluzioni cerebrali.
Avvenimenti fenomenici percepibili dunque solamente nella mia mente in cerca di
avventure strane e fantasiose, soprattutto come ritorno agli antichi miti o rituali ancestrali.
Tutti fatti e avvenimenti considerati quanto mai improbabili nel mondo della verità
scientifica, che, per essere tale, abbisogna sempre di essere ripetibile a volontà e in grado
di essere sottoposta al criterio di falsicabilità
Secondo Popper, perché una teoria sia veramente scientifica, occorre che possa essere
confutata di fatto. Questa affermazione, in un primo momento paradossale, risponde pur
sempre alla costatazione che il metodo induttivo non può garantire la veridicità di una
teoria (> punto 1).
Ogni teoria che si fonda sulla certezza derivante dall'enumerazione dei casi osservati
non può esimersi dalla possibilità di un solo caso contrario. Una volta verificata
l'eccezione, la teoria, se non confutata, andrà comunque migliorata. Da ciò deriva la
necessità di una continua vigilanza sulle teorie e la loro validità, l'atteggiamento che da per
scontata la validità assoluta di una teoria impedisce il miglioramento della teoria stessa.
Una teoria scientifica che si fonda sul principio di verificazione, per cui essa è vera se
dimostrabile empiricamente, presenta il problema che tale teoria, per affermare la regola
generale che rappresenta, deve fare fondamento sul processo induttivo.
Popper dimostra come il processo induttivo non può essere preso a fondamento per la
formulazione di regole generali. La proposta di fondare quindi la validità delle leggi
generali su un criterio di veridicità empirica non può essere percorsa.
Popper afferma quindi che una teoria non valida in quanto essa è verificabile
empiricamente (un'illusione), ma è vera nella misura in cui può essere esposta alla sua
falsificazione.
Solo se una teoria può essere falsificata di fatto questa teoria rappresenta realmente
una connessione con il tessuto empirico della realtà.
Vengono qui riproposti, per approfondire l'argomento, alcuni paragrafi già presenti
nella scheda sul neopositivismo:
Vi è quindi un'asimmetria tra verificazione e falsificazione di un evento: se per
verificare l'universalità di una legge non basta far riferimento alla frequenza degli eventi
che costituisce il fondamento di questa legge, dall'altro lato basta solo un evento contrario
che interrompa tale frequenza a falsificare la legge universale che vuole considerare tale
frequenza come eterna.
Tale constatazione è nota come principio di falsificazione:
Una proposizione universale può essere falsificata da un solo caso contrario, mentre
nessun numero di casi non contrari, per quanto elevato, può verificarla (E. Severino, La
filosofia contemporanea)
Dunque Popper cambia la prospettiva entro la quale viene negata la metafisica: essa
non è conoscenza certa non perché le teorie che esprime non sono verificabili
empiricamente, ma perché le teorie metafisiche non possono per principio essere
falsificate dall'esperienza, poiché la metafisica fa riferimento a un mondo oltre-sensibile.
Da http://www.padrebergamaschi.com/Filosofia/popper.html
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Il filosofo Giulio Giorello in il Grillo alla domanda
“Che cosa si intende oggi per verità scientifica”?
così risponde
“La risposta più naturale sarebbe quella di dire che la verità scientifica è ciò che
abitualmente gli scienziati credono e accettano. Naturalmente questa risposta lascia aperto
il campo a una serie di ulteriori domande
Facciamo un esempio.
La comunità scientifica di un tempo, o almeno quelli che allora si chiamavano i
"filosofi della natura", credeva che il vuoto non esistesse: il vuoto è il "non essere", e quindi
non c'è.
Per cambiare idea ci vollero degli eretici (in un qualche modo), cioè dei contestatori di
quello che veniva insegnato.
Noi potremmo dire che la verità scientifica è quello che viene controllato in un qualche
modo dalla comunità scientifica. Non è soltanto quello che viene creduto, ma proprio
quello che viene controllato con l'esperimento o con il ragionamento intellettuale.
Galileo Galilei parlava di "sensate esperienze e certe dimostrazioni". Le certe
dimostrazioni sono quelle della geometria e più in generale della matematica, mentre le
sensate esperienze sono le esperienze dei nostri sensi, e anche quelle che facciamo in
laboratorio.
Forse le verità scientifiche non sono così definitive come spesso si crede. Tante volte
quello che noi riteniamo una verità scientifica ben controllata è qualcosa che, con una
strumentazione più raffinata, viene ridotta di portata, e diventa meno universale. Questa
"verità" è sostituita da una verità un po' più profonda.
Noi riteniamo che una verità scientifica non sia altro che un enunciato che in un
qualche modo noi possiamo controllare e che può essere anche scartato e sostituito da un
altro, che ci permette di capire meglio le esperienze che facciamo, le osservazioni che
vengono registrate.
In questo senso, quello che ci importa non è tanto il possesso di un qualche cosa, ma la
tensione, lo sforzo che facciamo.
Ciò che io ho controllato lo puoi controllare anche tu, perché - come dicevano
giustamente Galileo, Cartesio, Pascal, e tutti i grandi padri fondatori della scienza moderna
- qualunque persona che sia in grado di intendere e di volere, e che abbia volontà di
applicarsi, è in grado di fare e controllare quell'esperienza.
La scienza è pubblica e controllabile da chiunque.
Se è controllabile e pubblica, è anche insegnabile”.
Ho diviso tutto lo studio per capitoli proprio perchè in questo modo possa risultare
meno difficile una classificazione degli Stati di Coscienza Modificati Neurofisiologici,
sempre alla luce delle ultime ipotesi di lavoro in merito.
Molti lettori potranno qui essere indotti a pensare:
”Ma, oltre lo stato di veglia vigile, si entra completamente nell’ignoto, ancora quasi del
tutto misterioso e oscuro, si entra da una porta della quale non si conosce né l’altezza, né la
profondità.
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Si inizia un vero viaggio verso l’ignoto, verso il mistero, verso il buio del profondo sé,
verso lidi inesplorati, con tutto un immenso corteo di riti, di miti, di metafore, di liturgie,
di favole, che fanno parte di situazioni di sonno, sogni, di sogni lucidi, sogni ricorrenti,
sonnambulismo, misticismo e sciamanesimo.
Del resto anche molta letteratura attuale è impregnata di tutto ciò e in molti campi
sembra che sia quella che ottiene maggior fortuna di vendita e di lettura,
Potrebbe essere un vero ritorno all’irrazionale, all’esoterico, a un ritorno all’arcaico
che, rimosso nel più profondo di ognuno di noi, tenta di riemergere in tutti i modi, in ogni
momento che se ne possa presentare l’occasione.
Si tratta dunque di una fuga dalla realtà normale di tutti i giorni, per difendersi dalla
paura dell’apocalisse prosima ventura, che aleggia sopra ognuno di noi, con le sue ali di
tenebra, con il suo sguardo sogghignante, soprattutto grazie ai programmi multimediali,
ricchi di tutto ciò in ogni ora del giorno, dai cartoons ai film più emozionanti.
E dopo aver “cantato in versi”, anche con la partecipazione del cervello destro, tutto ciò
che si racchiude entro gli stati coscienza modificati neurofisiologici e soprattutto di sonno e
di sogno, iniziamo così la trattazione dello stato modificato più vicino a quello di veglia
vigile, il normale di tutti i giorni, quando, abbandonato il sonno, l’attività delle aree di
associazione corticale riprende con tutte le sue facoltà di pensiero, di analisi e di
percezione sensoriale.
Veglia rilassata.
Questo stato particolare di rilassamento psicofisico è la tappa quasi obbligata per
raggiungere qualsiasi altro tipo di stato di coscienza modificato.
Si può anzi aggiungere che in determinati casi anche la veglia rilassata comporta già
qualche momento nel quale i sensi iniziano a modificarsi, pur essendoci ancora una
consapevolezza quasi piena, per divenire più sensibili, più fini, più attenti, più concentrati
sia sugli stimoli esterni, ma più ancora sul “mondo interno”, anche di tipo liminale o
subliminale.
Sono stimolazioni di tipo diverso che provengono dal mondo interiore, in modo
particolare dal profondo della propria coscienza, da quel labirinto che sottende angoli
ancora nascosti della personalità e del modo di essere di ogni essere umano del pianeta
Terra.
Sono momenti intensamente vissuti in cui l’“anima” o anche “la mente” tenta già di
esprimersi con il suo linguaggio ricco di metafore, aforismi, allegorie, liturgie, archetipi e
similsogni.
Si può affermare che con la veglia rilassata in molti casi si avverte addirittura
l’aumento di quel “flusso di informazioni elementari” di quell’”aumento di bit” che, in
ultima analisi, va sotto il nome di coscienza, di consapevolezza, di sensazione di sé e di
esistere, con graduale e progressiva partecipazione alla vita planetaria collettiva, per poi
gingere infine al contatto con la vita cosmica.
La veglia rilassata si può ottenere in diversi modi, normalmente astraendosi per un
certo periodo di tempo dal flusso delle informazioni afferenti provenienti dall’esterno
attraverso i cinque sensi, quando si vivono momenti di silenzio rilassante che smorzano
progressivamente l’attività corticale, in modo particolare frontale, oppure anche
ascoltando musica per così dire personalizzata, cioè variabile da individuo ad individuo, a
seconda dell’età, della cultura, dell’ambiente, del momento particolare in cui vive, dello
stato d’animo di quel momento, delle credenze, delle aspettative, degli orientamenti
psicologici e filosofici.
Da queste affermazioni risulta molto chiaro che di norma non è nemmeno possibile
fornire esempi validi per tutti ed anche al limite per lo stesso individuo, essendo variabile il
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momento di predisposizione e di concentrazione attiva verso determinati e specifici
momenti musicali.
Ad ogni modo la musica, in tutte le sue infinite variabili, dalla classica alla sinfonica,
da quella da camera, alla sacra, dal jazz al rock, dal blues alla tecno, è molto utile per
raggiungere buoni stati di coscienza modificati, proprio a partenza dalla veglia rilassata,
per inoltrarsi poi all’”ascolto progressivo ”del “mondo interno” che lentamente riaffiora
lungo i canali dei centri sottocorticali e dei nuclei della base.
In più è necessario anche imparare a vedere, con gli occhi dell’anima, cioè con
visualizzazioni spontanee, la musica, di qualsiasi tipo essa sia, ritmica o sinfonica, classica
o etno, blues o new-age, antica o moderna, jazz o barocca, sacra o rap, perché solo in
questo modo essa può condurre a quei stati di veglia rilassata che portano più avanti anche
ad altri stati più profondi e di conseguenza più degni di attenzione, legati anche a
sensazioni provenienti non solo dal cervello razionale ma anche dal cervello creativo e
soprattutto infine persino dal cuore.
La veglia rilassata dunque per me è molto importante e va considerata come il primo
gradino sul quale poi eseguire un buon allenamento per i successivi stati di coscienza
modificati.
Quasi indispensabile, secondo il mio punto di vista, iniziare l’allenamento alla veglia
rilassata con un operatore molto esperto, meglio se medico o psicologo, attraverso
determinate metodiche di rilassamento che analizzeremo tra poco.
E’ necessario infatti acquisire in modo corretto i primi rudimenti di una tecnica che,
dopo un certo numero di sedute, si può utilizzare da soli, in tutti i momenti in cui se ne
sente il bisogno, in modo particolare nei periodi di superlavoro o di iperstress, quando
facilmente si cade in burn-out.
Considerando dunque il fatto che la veglia rilassata deve essere ritenuta il primo
gradino per raggiungere poi gli altri stati di coscienza modificati, mi permetto di
aggiungere che l’allenamento deve essere costante, senza stancarsi di praticarlo tutti i
giorni, almeno per un certo periodo di tempo, non inferiore ad ogni modo ad un mese,
periodo del resto variabile a seconda dello stato fisico, dello stato d’animo e delle
motivazioni individuali, certamente quasi sempre diverse da soggetto a soggetto.
Molti soggetti iniziano la ricerca e l’analisi di questo tipo di esperienze con molto
entusiasmo, ma poi, molto spesso, se non sono seguiti da vicino con un buon training, con
il passare dei giorni, lentamente tutto si affievolisce, perde di importanza, addirittura fino
a svanire del tutto.
Ricordo però che di norma tutto ciò succede a soggetti con poca preparazione nel
campo particolare degli stati di coscienza modificati, ed in modo ancor più specifico a molti
di coloro che, anche nelle normali pratiche della vita quotidiana, non presentano quella
costanza, pazienza e perseveranza necessarie per raggiungere l’obbiettivo prefissato.
Oppure pensano di poter raggiungere tutto da soli, senza nessuna guida, che possa
dare loro almeno i primi rudimenti di una preparazione che comunque deve essere sempre
seria ed accurata.
E’ opportuno ricordare e considerare che anche il primo gradino, proprio lo stato di
coscienza modificato di veglia rilassata, abbisogna sempre e comunque di una buona dose
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di forza di volontà, accompagnata da quel grado di costanza e determinazione che sole
riescono a portare a termine ogni compito, più o meno difficile, della vita.
La veglia rilassata si presenta dunque molto importante per imparare gradualmente
quel dato tipo di “riposo mentale”, di “affievolimento progressivo degli input esterni”, di
“parziale inibizione corticale”, necessario per raggiungere poi altri stati di coscienza
modificati sicuramente più importanti ai fini di una buona realizzazione della conoscenza
di se stessi, degli altri e del cosmo.
E’ di grande interesse considerare brevemente la neurofisiologia del comportamento
delle onde cerebrali nelle varie fasi del passaggio dalla veglia, attraverso la veglia rilassata,
ai vari tipi di sonno.
Come ben si nota nel sonno REM, il sonno con i sogni, l’onda si confonde con quella di
veglia vigile.
Dal sito www.starrylink.it.
La forma delle varie onde cerebrali.
Dal sito brain.bio.msu.ru
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A seconda della forma di tale onde (misurata dalla loro ampiezza e dalla loro
frequenza) si può desumere lo stato di maggiore o minore attivazione dell'area corticale
registrata.
Le "onde alfa", sono di bassa ampiezza e di frequenza compresa fra i 9 e gli 11 cicli al
secondo. E sono caratteristiche della veglia rilassata.
Le "onde beta", di ampiezza poco minore ma di frequenza maggiore corrispondono
invece a stati di veglia attivata, con corteccia in intenso lavoro o veglia vigile.
Le "onde delta o theta", molto ampie ma anche assai lente, predominano nel sonno
profondo o sonno non REM o senza sogni e negli stati più elevati, come stato meditativo e
stato mistico.
Le onde cerebrali
Nel corso della nostra vita quotidiana tutti noi sperimentiamo diversi
"stati di coscienza".
Per esempio, nell'arco di una giornata, tra la luce del mattino e il buio della notte, ci
muoviamo da uno stato ordinario di veglia ai diversi stadi del sonno.
Ma anche gli stati di coscienza "straordinari" fanno parte della nostra comune
esperienza: quando ci sentiamo particolarmente "creativi", insolitamente "intuitivi",
eccezionalmente "lucidi", profondamente "rilassati".
Ordinari, o straordinari che siano, tutti gli stadi della nostra coscienza sono dovuti
all'incessante attivita' elettrochimica del cervello, che si manifesta attraverso "onde
elettromagnetiche": le onde cerebrali, appunto.
La frequenza di tali onde, calcolata in 'cicli al secondo', o Hertz (Hz), varia a seconda
del tipo di attivita' in cui il cervello e' impegnato e puo' essere misurata con apparecchi
elettronici.
Gli scienziati suddividono comunemente le onde in "quattro bande", che
corrispondono a quattro fasce di frequenza e che riflettono le diverse "attivita' del cervello".
Onde Delta.
Hanno una frequenza tra 0,5 e 4 Hz e sono associate al piu' profondo rilassamento
psicofisico. Le onde cerebrali a minore frequenza sono quelle proprie della mente
inconscia, del sonno senza sogni, dell'abbandono totale. In questo senso vengono prodotte
durante i processi inconsci di autogenerazione e di autoguarigione.
Onde Theta.
La loro frequenza e' tra i 4 ed i 8 Hz e sono proprie della mente impegnata in attivita'
di immaginazione, visualizzazione, ispirazione creativa. Tendono ad essere prodotte
durante la meditazione profonda. Il sogno ad occhi aperti, la fase REM del sonno (cioe',
quando si sogna). Nelle attivita' di veglia le onde theta sono il segno di una conoscenza
intuitiva e di una capacita' immaginativa radicata nel profondo. Genericamente vengono
associate alla creativita' e alle attitudini artistiche.
43
Onde Alfa.
Hanno una frequenza che varia da 8 a 14 Hz e sono associate a uno stato di coscienza
vigile, ma rilassata. La mente, calma e ricettiva, è concentrata sulla soluzione di problemi
esterni, o sul raggiungimento di uno stato meditativo leggero. Le onde alfa dominano nei
momenti introspettivi, o in quelli in cui più acuta è la concentrazione per raggiungere un
obiettivo preciso. Sono tipiche, per esempio, dell'attività cerebrale di chi è impegnato in
una seduta di meditazione, yoga, taiji.
Onde Beta.
Hanno una frequenza che varia da 14 a 30 Hz e sono associate alle normali attivita' di
veglia, quando siamo concentrati sugli stimoli esterni. Le onde beta sono infatti alla base
delle nostre fondamentali attivita' di sopravvivenza, di ordinamento, di selezione e
valutazione degli stimoli che provengono dal mondo che ci circonda. Per esempio,
leggendo queste righe il vostro cervello sta producendo onde beta. Esse, poi, ci permettono
la reazione più veloce e l'esecuzione rapida di azioni. Nei momenti di stress o di ansia le
beta ci danno la possibilita' di tenere sotto controllo la situazione e dare veloce soluzione ai
problemi.
Il fenomeno della risonanza.
Nel 1665 il fisico e matematico olandese Christiian Huygens, tra i primi a postulare la
teoria ondulatoria della luce, osservo' che, disponendo a fianco e sulla stessa parete due
pendoli, questi tendevano a sintonizzare il proprio movimento oscillatorio, quasi
"volessero assumere lo stesso ritmo".
Dai suoi studi deriva quel fenomeno che oggi chiamiamo 'risonanza'. Nel caso dei due
pendoli, si dice che uno fa risuonare l'altro alla propria frequenza.
Allo stesso modo e per lo stesso principio, se si percuote un diapason, che produce
onde alla frequenza fissa di 440 Hz, e lo si pone vicino a un secondo diapason 'silenzioso',
dopo un breve intervallo quest'ultimo comincia anch'esso a vibrare. La risonanza puo'
essere utilizzata anche nel caso delle onde cerebrali.
Studi che si sono serviti dell'elettroencefalogramma hanno mostrato un' evidente
correlazione tra lo stimolo che proviene dall'esterno e le onde cerebrali del soggetto in
esame.
Inizialmente, le ricerche in questo campo utilizzavano soprattutto la luce; poi, si e'
passati ai suoni ed alle stimolazioni elettromagnetiche. Cio' che si e' osservato e' che se il
cervello e' sottoposto a impulsi (visivi, sonori o elettrici) di una certa frequenza, la sua
naturale tendenza e' quella di sintonizzarsi.
Il fenomeno e' detto 'risposta in frequenza'. Per esempio, se l'attivita' cerebrale di un
soggetto e' nella banda delle onde beta (quindi, nello stato di veglia) e il soggetto viene
sottoposto per un certo periodo a uno stimolo di 10 Hz (onde alfa), il suo cervello tende a
modificare la sua attivita' in direzione dello stimolo ricevuto.
Il soggetto passa dunque ad uno stato di rilassamento proprio delle onde alfa.
I due emisferi cerebrali
Il cervello umano e' suddiviso in due emisferi:
destro:
- sintetico (comprende l'insieme delle parti), concreto, spaziale (coglie le relazioni
nello spazio), intuitivo (usa sensazioni e immagini), analogico (usa le metafore),
irrazionale, olistico (percepisce le strutture di assieme), atemporale e non-verbale. E' la
sede delle attivita' creative, della fantasia.
sinistro:
- analitico (comprende i dettagli), astratto (giunge all'interno, partendo dal dettaglio),
lineare (lavora in ordine sequenziale), Logico, numerico, razionale, simbolico, temporale,
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verbale. E' la sede di tutte quelle attivita' che coinvolgono il linguaggio, la scrittura, il
calcolo.
I due emisferi sono uniti da una lamina orizzontale di fibre nervose, il cosiddetto
"corpo calloso". Ogni emisfero ha competenze proprie: l'occhio sinistro, l'orecchio sinistro
e tutta la parte sinistra del corpo sono connesse all'emisfero destro; l'occhio destro,
l'orecchio destro e tutta la parte destra del corpo sono connesse all'emisfero sinistro.
I due emisferi, poi, funzionano in modo diverso; elaborano, cioe', tutti i processi
informativi, secondo modalita' distinte. Per come si e' finora strutturata, la nostra società
da' una maggiore rilevanza alle modalita' di pensiero dell'emisfero sinistro, tanto che fino a
poco tempo fa i neurologi definivano "minore" l'emisfero destro.
Ma, una visione piu' bilanciata delle due componenti, un maggiore equilibrio tra le
funzioni, una armonia tra razionalita' e fantasia e' ciò che, oggi, forse, l'umanita' necessita
con piu' urgenza.
Uno strumento semplice ed efficace per riequilibrare il potere dei due emisferi
cerebrali e' il suono
Come abbiamo visto, ogni attivita' cerebrale emette onde particolari, che possono
entrare in risonanza con le onde sonore esterne. In questo modo il cervello viene 'veicolato'
attraverso il suono, stimolato a sintonizzarsi su una frequenza (e quindi sull'attivita'
cerebrale che le corrisponde), portato a funzionare come un insieme.
Il ritmo biauricolare
Le onde cerebrali hanno una frequenza che l'orecchio umano non coglie. Ma, l'avvento
dell'elettronica e dell'informatica applicata al settore musicale ha dato la possibilita' di
utilizzare tali frequenze, veicolandole attraverso onde sonore particolari.
Viene usata una particolare tecnica, chiamata ritmo biauricolare o binaurale, che
opera in questo modo: se l'orecchio sinistro viene stimolato con un suono portante alla
frequenza, poniamo, di 500 Hz e l'orecchio destro con uno a 510 Hz, la differenza di 10 Hz
viene percepita dal cervello (e solo dal cervello, perché è una frequenza che sta al di fuori
dello spettro sonoro).
Il cervello e' cosi' stimolato ad entrare in risonanza con il 'ritmo biauricolare' di 10 Hz
(onde alfa) e, di conseguenza, con l'attività corrispondente: rilassamento, calma,
tranquillità.
Il Cervello
Se aveste libero accesso a tutta la ricchezza del mondo, e prendeste solo un soldino,
fareste esattamente quello che probabilmente avete fatto finora, nell'uso del vostro
cervello.
Non vi è nulla al mondo di più penoso del modo, errato, con cui la persona media
intende il potere del proprio cervello e delle menti cui esso è collegato, cioè quella conscia e
quella inconscia.
Si può paragonare il cervello ad una stazione radio, trasmittente e ricevente.
Infatti, il cervello non è solo trasmittente, nel caso dell'immaginazione creativa e di cui
si è già parlato; il cervello funge da ricevente, così come può ricevere gli stimoli di pensiero.
Quando viene stimolato, o sottoposto ad una alta dose di vibrazioni, il cervello diviene
più pronto a ricevere il pensiero che gli proviene da sorgenti esterne:
Attraverso le emozioni, si possono incrementare le vibrazioni e l' intensità del
pensiero.
Stiamo,entrando in un'era meravigliosa, che ci consentirà di comprendere qualcosa in
più delle forze naturali che sono in noi.
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Forse impareremo che "l'altro Io" è più potente dell'Io fisico, che vediamo quando ci
guardiamo allo specchio.
Spesso, si parla con ignoranza delle forze sconosciute che non possono rivelarsi
attraverso nessuno dei cinque sensi, e solo quando arriviamo a percepirle possiamo
constatare che tutto in noi è controllato da queste forze, basti pensare ai fenomeni della
gravitazione universale, cui anche il nostro pianeta obbedisce, o anche solo alla forza
dell'elettricità; che sappiamo in parte usare, ma non sappiamo ancora bene cosa essa sia.
Si deve riconoscere che ancor oggi l'uomo, nonostante tutta la sua cultura, ha capito
ben poco, o forse niente, della forza del pensiero, tuttora sconosciuta pur essendo forse la
più potente.
Si conosce ancora ben poco della struttura fisica del cervello e del complicato sistema
di lavoro che consente di tradurre gli impulsi di pensiero nel loro equivalente fisico, ma
stiamo per entrare in un'era in cui queste cose cominceranno ad essere comprese.
Molti scienziati hanno cominciato a studiare quella cosa stupenda chiamata "cervello"
e, anche se siamo soltanto agli inizi, hanno scoperto che la centrale del cervello umano ha
un numero di collegamenti tra le varie sue cellule equivalente al numero 1 (uno) seguito da
15 milioni di cifre.
E' stato accertato che vi sono da 10 a 14 miliardi di cellule nervose nella corteccia
cerebrale, e sappiamo che queste sono disposte in un sistema che non è assolutamente
casuale; ma, sono ordinate in modo perfetto.
E' sicuro che tale immenso ed incredibile sistema esiste allo scopo di sopperire alle
nostre funzioni fisiche, della crescita e del mantenimento del corpo, ma potrebbe essere
che con questo stesso sistema sia possibile anche comunicare con altre forze sconosciute?
Esistono sicuramente molte altre forme di percezione extra sensoriale che pervengono
al nostro cervello, e che non sappiamo ancora ben definire, e tanto meno spiegare; una è
quella che si verifica quando più persone si riuniscono attorno ad un tavolo, per studiare
un determinato problema e discuterne le possibili soluzioni.
Dal sito olotropica.it
http://www.amadeux.it/subliminale/
tratto da La scienza del benessere spirituale.
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Vari tipi di rilassamento fisico e psichico.
“Il rilassamento fisico e psichico è una pratica individuale o collettiva, che ha come
prima finalità di cercare di allontanare lo stato di iperstress o almeno di diminuirlo,
mediante un costante e diuturno allenamento, praticabile in vari modi, ma aventi sempre
come costante punto di riferimento il corpo, per poi passare, solo in un secondo tempo,
alla psiche.
Come seconda finalità invece possiede quella di conservare uno stato di calma
mentale, dipendente da un progressivo ed efficace allenamento, per tutto l’arco delle 24
ore, pur in presenza di stimoli piuttosto o altamente stressanti, ormai quasi normali nella
vita di tutti i giorni”.
La pratica del rilassamento, specie quello “passante per il corpo” si rivela molto utile
nei disturbi somatoformi, nella sindrome da “burn-out professionale” e in tutti quei
momenti in cui diventa necessario raggiungere uno stato di riposo, di distensione, di
calma, di tranquillità fisica e, se possibile, anche psichica.
È chiaro che non tutti i tipi di rilassamento comportano necessariamente stati di
coscienza modificati neurofisiologici.
Molti di essi sono comunque la strada migliore e più facile per ottenerli eventualmente
in un secondo tempo, se esistono motivazioni sufficienti.
I tipi di rilassamento che ritengo i migliori per avanzare lungo la strada degli stati di
coscienza modificati neurofisiologici sono ad ogni modo il Training Autogeno di Schultz, la
réve eveillé dirigé di Desoille, l’imagerie mentale di Fretigny-Virel, i tre tipi di rilassamento
dinamico di Caycedo e la Distensione Immaginativa di Parietti.
A questo punto un breve ricordo dei vari tipi di rilassamento più usati al giorno d’oggi.
Jacobson: rilassamento muscolare e somatico con indicazione specifica dei vari punti
di appoggio, se possibile senza intervento del pensiero, nel senso che tutto avviene da solo,
“non devo far nulla”. “I not doing”.
Schultz: esercizi inferiori e superiori del Training Autogeno.
Geissmann: training autogeno analitico.
Ajuriaguerra: rilassamento tonico, usato specie nei bambini.
Sapir: rilassamento a induzioni variabili, in sedute diverse e a volte anche con
modalità diverse.
Desoille:sogno guidato in condizioni di veglia rilassata, lasciandosi guidare dalle
parole del terapeuta, (réve eveillé dirigé).
Fretigny–Virel:rilassamento in stato di immaginazione mentale, (imagerie mentale).
Kretschmer: metodo detto del doppio-binario.
Aiginger:training analitico di tipo compensato.
Vari tipi di rilassamento basato sul controllo del tono muscolare in stato di veglia, con
esercizi diversi, a seconda del momento e degli autori.
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Caycedo:metodo cosiddetto sofrologico con rilassamento fisico e mentale seguito da
un controllo dinamico di tre tipi :
Rd1 rilassamento dinamico concentrativo.
Rd2 rilassamento dinamico contemplativo.
Rd3 rilassamento dinamico meditativo.
Parietti: tecnica della distensione immaginativa.
Inoltre esistono anche metodiche che si riallacciano, in modo particolare, alle terapie
comportamentali ed alle teorie dell’apprendimento, molto più in voga ora, naturalmente,
che negli anni 60 e 70, anche per l’utilizzo sempre più capillare dei computer e delle
comunicazioni via internet, che danno suggerimenti su molti altri metodi, come per
esempio la Meditazione Trascendentale (MT), le terapie comportamentali, nate dai famosi
esperimenti sui cani di Pavlov, con la scoperta dei riflessi condizionati, oppure quelle di
Watson sulle fobie infantili ecc.
Nate tutte dal bisogno di alcuni autori di voler sperimentare tutto ciò che rimane
sotteso ai disturbi del comportamento, lasciando da parte le teorie psicoanalitiche e quelle
legate a determinati tipi di psicoterapie.
Per questi autori i disturbi somatoformi ed anche quelli psichici sono legati ad un tipo
di comportamento errato, in modo particolare per quel specifico tipo di cultura, per cui i
sintomi presentati dal cliente non sono altro che la conseguenza di una “cattiva abitudine”,
appresa soprattutto nei primi anni di vita, cioè durante l’età evolutiva.
L’approccio “cognitivo-comportamentale” a questi soggetti, mediante determinati tipi
di rilassamento è di fondamentale importanza per poter individuare, nella maniera più
esaustiva, il loro modo di pensare, il loro modo di immaginare e le aspettative legate a
questo mondo sotterraneo che fa parte delle fantasie o fantasticherie individuali, oltre che
dei contenuti onirici.
Autori vari
Tecnica della creazione di riflessi condizionati: diverse scuole tra cui la
Scuola di Ipnosi di Granone (Torino).
Wolpe
desensibilizzazione sistematica e tecnica di sollievo dell’ansia.
Bandura
tecnica del modellamento.
Skinner tecnica del rinforzamento.
Salter
training assertivo.
Descrivo ora, seppure brevemente, tutti i tipi di rilassamento menzionati, in modo che
il lettore possa rendersi conto di come possono essere condotti da un valido operatore e
nello stesso tempo quale di loro si avvicina maggiormente alle sue motivazioni, alle sue
aspettative, ai suoi desideri consci ed inconsci, al suo tipo di cultura, alla sua razza, alla sua
età, al suo comportamento; in ultima analisi al suo modo di vita.
Prima di iniziare però mi sembra doveroso ricordare brevemente, non solo gli effetti
positivi che si possono ottenere con vari tipi di rilassamento, ma anche eventuali reazioni
negative o effetti collaterali, che si possono manifestare, a volte, sia durante un
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rilassamento con un solo soggetto, sia anche in gruppo, specie se il gruppo si presenta
piuttosto numeroso, maggiore di quindici-venti soggetti.
Di queste evenienze non si parla ancora nei vari testi specializzati, ma ritengo invece
che sia veramente utile conoscerle, per saperle pilotare bene in tutti i casi.
Questi effetti collaterali si manifestano di solito verso la fine di un rilassamento
piuttosto lungo, di solito oltre i 30-40 minuti, in soggetti fortemente disturbati o
“borderline” anche inconsci.
Si sviluppano di norma in modo eclatante, con accessi di pianto irrefrenabile o con
crisi di agitazione, di tachicardia, di profusa sudorazione, di brividi intensi cc.
Possono durare qualche minuto, ma, in casi rari, anche qualche ora.
Sono dovuti alla intensa stimolazione dei centri sottocorticali con emersione rapida e
spontanea di continuti inconsci rimossi e compressi da lungo tempo.
Di solito queste manifestazioni sono da considerarsi liberatorie, nel senso che il
soggetto più tardi riferisce di sentirsi come liberato da un grosso peso, di xui non si era
trovata una spiegazione razionale.
Reazioni secondarie o effetti collaterali di qualsiasi tipo di rilassamento.
Prendiamo ora in considerazione alcune delle reazioni secondarie che si possono
manifestare durante o in seguito a qualsiasi tipo di rilassamento e dipendono soprattutto
dalla profondità e dalla durata, del rilassamento stesso, nel quale il soggetto, senza
avvertirlo con la coscienza, va incontro ad uno stato ipnoide o addirittura ipnotico medio o
profondo.
Le reazioni secondarie al rilassamento si possono presentare in tutti i soggetti, ma, di
norma, sono più frequenti e più eclatanti nelle persone molto emotive e che naturalmente
non hanno ancora risolto alcuni problemi esistenziali, dei quali sono a conoscenza, ma che
non hanno il coraggio di affrontare.
Le reazioni secondarie poi hanno luogo quando il rilassamento viene condotto da
persone non troppo esperte in questo campo e che quindi non si accorgono dell’inizio di
alcuni comportamenti anomali, quali respirazione molto profonda ed accelerata, stato di
obnubilamento sensorio, parestesie specie alle estremità, sudorazioni fredde, cefalea
gravativa, tutti sintomi che denotano uno stato di malessere ingravescente, al posto della
sensazione di benessere che accompagna di solito un buon rilassamento condotto da
persone competenti..
L’esperienza si acquista, come in tutte le discipline, “sul campo”, ma qualche
suggerimento utile è molto indicato in questo contesto, specie per conduttori non bene
addestrati.
Le reazioni secondarie si presentano di vario tipo ma nel complesso derivano sempre
da una “emersione spontanea e a volte perfino tumultuosa di processi inconsci, rimossi da
lungo tempo e mai venuti in superficie prima del momento nel quale si attivano”.
Come abbiamo accennato, si presentano in persone molto emotive con “problemi
esistenziali di fondo, non ancora risolti” che possono appunto venire a galla durante stati
di coscienza modificati neurofisiologici, come ad es. lo stato ipnoide, concomitante o
successivo al rilassamento.
Come agire in questi casi con questi soggetti?
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Punto primo, fondamentale ed utile per tutti.
Non lasciarsi mai prendere dal panico.
Il panico è veramente sempre un cattivo consigliere e si possono prendere delle
decisioni addirittura contrarie a quanto si dovrebbe fare.
Ricordarsi che in questi casi il soggetto, anche se non sembra, è nelle sue piene facoltà
mentali. L’attenzione e la memoria si presentano ancora più vivide e si posson avere anche
emersioni nel conscio della memoria implicita, che tende ad esplicarsi, cioè a divenire
conscia. Il soggetto è perfettamente cosciente che in lui c’è qualcosa che non va, ma non si
rende bene conto di cosa sta succedendo, anche per il fatto molto importante che di solito è
la prima volta che si sente in questa situazione.
Può a volte anche essere spaventato ma, se si accorge che il conduttore è preso dal
panico e non sa come comportarsi, si spaventa mille volte di più e la situazione diviene
difficile sia per il soggetto che per il conduttore.
Punto secondo.
Agire con molta calma e tutta la competenza possibile e, se è il caso, anche con una
certa o addirittura molta direttività, senza alzare la voce, ma usando comandi di un certo
rilievo come ad esempio: “Non sta succedendo nulla di grave. Rimani calmo e se hai voglia
di piangere, piangi pure o sottovoce oppure anche a voce alta.
Il pianto è una grande liberazione e porta a sentirsi sempre molto meglio in un
secondo tempo. “Non c’è nessun bisogno di urlare, anche se hai paura”.
Se si lavora in gruppo sarà opportuno dire a voce alta, in modo che siano tutti
consapevoli di ciò che sta succedendo. ”Ora sono tutto per te e ti aiuto ad uscire da questa
situazione spiacevole. Calma. Benessere. Tranquillità. Anche il respiro ed il battito del
cuore si vanno lentamente tranquillizzando fino a normalizzarsi del tutto. Molto bene”.
Ripetere le frasi molto lentamente, per almeno quattro-cinque volte, con un timbro di
voce suadente e relativamente basso, in modo che il soggetto si senta guidato con
competenza ed autorità, fino al momento il cui torna allo stato di veglia vigile.
In molti casi è meglio stendere, “in tutta calma e tranquillità”, il soggetto per terra,
“nel luogo dove si trova”, senza preoccuparsi di doverlo portare subito e frettolosamente
nella sua stanza. Con questo tipo di comportamento il soggetto di norma si tranquillizza in
uno spazio di tempo più o meno breve, a seconda della sua costituzione, del suo carattere,
della sua preparazione umanistica, delle sue aspettative in merito al rilassamento, del suo
stato emotivo. ecc..
Punto terzo.
Lasciare trascorrere del tempo, senza “invadere” con inutili parole il “mondo interno”
del soggetto, Anzi, se si è ben preparati, alimentare con cautela eventuali “vissuti” che
possono essere molto importanti per avviare, in un secondo tempo, un colloquio
chiarificatore nello stato di “veglia vigile”, per avviarlo meglio ad un eventuale “counseling”
di ulteriore appoggio psicologico.
Punto quarto.
Il soggetto “in crisi” lentamente, per così dire, si “risveglia”, come da un brutto sogno,
ricco di incubi, riacquistando uno stato di “veglia vigile” con le sue piene funzioni di
consapevolezza. Se si ha troppa fretta il soggetto può non risvegliarsi perfettamente e
mantenere uno stato di coscienza particolare, tipo “stato crepuscolare” con tutte le
conseguenze negative del caso.
E’ chiaro, ad ogni modo, che soggetti che vanno incontro alle reazioni secondarie da
rilassamento, hanno bisogno di ricorrere sempre, in un secondo tempo, alle cure di uno
psicologo o di uno psicanalista per una analisi delle motivazioni inconsce che lo hanno
portato ad estrinsecare, in modo così tumultuoso e burrascoso, problemi irrisolti da lunghi
anni. (Sedute di psicoanalisi, psicosintesi, counseling, psicologia transpersonale, ecc.).
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Punto quinto.
Ricordarsi che le donne soffrono di queste reazioni secondarie al rilassamento in una
proporzione dell’80% rispetto agli uomini.
Tutto ciò si spiega con il fatto di grande importanza che l’anima femminile, non solo è
più legata a momenti emozionali più importanti dei maschi nel corso della vita, come la
pubertà, la gravidanza, l’allevamento dei figli e dei nipoti e la menopausa , ma anche e
soprattutto è sempre costretta a mantenere tutto dentro, a rimuovere i vissuti più duri,
affondandoli nell’inconscio e questo naturalmente come succede sicuramente da
innumerevoli generazioni.
Punto sesto.
Molto spesso subentra anche, per questi fatti, una “amnesia anterograda”, come quella
che si riscontra dopo incidenti stradali di una certa gravità con scomparsa dei ricordi fino a
qualche tempo prima della reazione secondaria. Tutto ciò non ha nessun valore patologico,
ma fa parte di una risposta normale dell’organismo al “trauma” del rilassamento, che viene
vissuto in senso negativo, piuttosto che positivo.
Punto settimo.
Utile sapere anche che al soggetto che manifesta simili reazioni non succede nulla di
importante dal punto di vista patologico, a meno che non sia un soggetto “borderline”, il
quale, eventualmente, va allenato a parte e non in gruppo.
Anzi, da molti punti di vista tali reazioni possono essere altamente benefiche in un
secondo tempo perché rivelano una “Emersione Spirituale” alla Grof, oppure un momento
di vissuto “transpersonale” tanto caro alla psicosintesi di Assagioli o alla psicoterapia
transpersonale di Tart.
Il mio consiglio è dunque di non praticare sedute di qualsiasi tipo di rilassamento se
non si conosce bene il soggetto oppure i soggetti su cui si lavora in gruppo, in modo
particolare se non si è ancora acquisita l’esperienza per saper pilotare bene i fenomeni, a
volte anche eclatanti, come pianto irrefrenabile o crisi di ira incontrollata, che fanno parte
delle reazioni secondarie.
Esse vanno sempre attentamente controllate e, in un secondo tempo, valutate,
analizzate e studiate, naturalmente con sedute personali di chiarimento in senso
psicoanalitico o psicosintetico.
In tal senso le reazione secondarie possono divenire veramente benefiche, perché
avvertono che il soggetto possiede, naturalmente a livello inconscio, molti problemi non
risolti, specie a carico della memoria implicita, che lo disturbano specie a livello
psicosomatico.
Da Psychomedia una definizione chiara di memoria implicita a cura di A. Correale.
“Il concetto di memoria implicita è stato formulato da Schacter e concerne
l’acquisizione e la messa in opera di comportamenti appresi (andare in bicicletta, giocare a
tennis), ma anche l’acquisizione e la ripetizione di abitudini “caratteriali” di tipo
emozionale, secondo modalità quasi automatiche, senza un corrispettivo
rappresentazionale.
Il concetto di memoria implicita si sovrappone e praticamente coincide con quello di
memoria procedurale, formulato da Squire. Nel termine implicita è prevista maggiormente
la mancanza di consapevolezza, mentre nel termine procedurale è implicita maggiormente
la componente automatica.
Entrambi i concetti concernono, comunque, modalità di reazioni emozionali ripetute e
quasi automatiche, che il soggetto mette in atto senza adeguate corrispondenti capacità
rappresentative. Questo significa che il soggetto, quando è in preda a tali modalità, non è
privo di coscienza di ciò che accade, ma non è in grado di svolgere un’adeguata funzione
riflessiva e di autocoscienza su quanto sta avvenendo”.
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.Jacobson: rilassamento progressivo passante per il corpo.
La tecnica di Jacobson permette di sperimentare in modo semplice e rapido la
differenza fra lo stato di "rilassamento" contrapposto a quello di "tensione".
Risulta pertanto utile nelle fasi iniziali dell'allenamento a qualsiasi tipo di
rilassamento per entrare successivamente e gradualmente in altri stati di rilassamento
tecnicamente e psicologicamente più avanzati.
Considero molto importante il rilassamento progressivo di Jacobson per il fatto che
aiuta a prendere coscienza dello stato in cui si trovano i muscoli, in modo particolare quelli
degli arti. Jacobson era un valente neurofisiologo ed ha sviluppato il suo metodo proprio in
base ai suoi studi ed osservazioni, praticate direttamente sui pazienti.
E’ stato infatti constatato che di norma i fasci muscolari, in modo particolare durante
qualsiasi tipo di lavoro, non solo fisico ma anche mentale, sono in uno stato di tensione
perenne, naturalmente più o meno intensa, a seconda del tipo di lavoro e delle emozioni
che attiva.
Tutto ciò però permane praticamente a livello subconscio, cioè al di sotto della soglia
di consapevolezza.
Con il rilassamento progressivo passante per il corpo invece ci si accorge, per così dire,
che i fasci muscolari sono tesi, avendo perciò il modo, dopo un allenamento adatto, di
diminuire la tensione con grandi benefici, sia dal punto di vista fisico, sia psicologico e un
conseguente aumento del benessere psico-fisico.
Le caratteristiche del metodo sono estremamente semplici e possono essere così
riassunte: in tutti gli esercizi, quello che conta è rimanere sempre completamente
spontanei e naturali, non importa se tesi o rilassati, non importa se la mente rimane vivace
o stanca, non importa se inizialmente si trova una certa difficoltà a seguire i suggerimenti
dell’allenatore oppure se la mente divaga con i suoi pensieri.
Non c’è assolutamente bisogno di fare nulla.
Il quasi imperativo, valido per qualsiasi soggetto, è il “I not doing”.
Per chi si vuole allenare è necessario seguire solo i suggerimenti del terapeuta, il quale,
lentamente, senza fretta, con voce piuttosto incisiva, lo accompagna dentro lo stato di
rilassamento, dopo avergli fatto sperimentare uno stato di tensione muscolare.
In questo modo si inizia gradualmente a prendere coscienza dei mutamenti del tono
muscolare nei vari distretti corporei, considerandoli e passandoli in rassegna uno ad uno.
E’ importante a questo punto analizzare questi “momenti” di tensione e di
rilassamento muscolare e tendineo per poi utilizzarli come punto di partenza per passaggi
successivi.
Il metodo di Jacobson consente anche un avvio naturale e graduale verso quello stato
modificato di coscienza che si potrebbe definire stato ipnoidale che si ottiene molto meglio
soprattutto se si instaura un buon rapporto interpersonale tra allenatore e allievo.
In questo modo si possono valutare i vari vissuti che saranno utili, in un secondo
tempo, nel passaggio dalla fase attiva a quella immaginativa, sia spontanea che guidata.
Ecco i passi più importanti e significativi, i quali, come è ovvio, sono da tener presente
per tutti i tipi di rilassamento , di ipnosi, oppure per altri stati di coscienza modificati.
Tenere nello studio luci sufficientemente basse da non dar fastidio agli occh,i in modo
da contribuire a creare un’atmosfera soffusa di carattere rilassante.
Evitare, per quanto possibile rumori esterni troppo sgradevoli, oppure fare in modo
che il soggetto si alleni a non avvertirli più come fastidiosi.
Sistemare il soggetto sulla poltrona o sul lettino dello studio nella posizione più
comoda possibile, per creare una situazione psicofisica favorevole alla distensione fisica e
psichica.
Evitare in tutti i modi ogni sensazione di disagio da posizione.
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Far appoggiare le braccia lungo le cosce oppure conserte sul torace o sull’addome
oppure anche lungo i braccioli della poltrona.
Eliminare ogni costrizione di abiti, jeans, magliette strette o cinture, in modo
particolare a livello addominale.
Lasciare che il soggetto, via via che passa il tempo, abbassi lentamente le palpebre
sugli occhi, fino anche a chiuderle completamente.
Cercare di fare in modo che il soggetto sia in grado di annullare, sempre nei limiti del
possibile, ogni pensiero che non sia quello inerente l’induzione e possa seguire
passivamente ogni tipo di suggerimento.
Terminato l’allenamento con il rilassamento proposto fare in modo che, per qualche
minuto, l’unico pensiero del soggetto sia
“non faccio nulla”…”non faccio nulla”…”non faccio nulla”….mi lascio andare... mi
lascio andare… mi lascio andare….lentamente passo dallo stato di tensione a quello di
distensione... sempre più lentamente tutti i miei tendini, i miei muscoli ed i miei nervi
perdono la loro tensione e mi sento rilassato... mi sento rilassato... mi sento molto
rilassato... mi sento molto rilassato…ecc.
Rilassamento somatico con vari punti di appoggio.
Dopo il rilassamento di Jacobson che assume di fatto un valore propedeutico alle
eventuali varie tecniche ipnotiche ed autoipnotiche, appare utile passare al rilassamento
muscolare e tendineo facendo riferimento ai punti di appoggio del corpo, insistendo
soprattutto sui vari distretti della colonna vertebrale e sui gruppi muscolari dei polpacci,
delle cosce e delle braccia.
Risulta importante spesso nominare anche i restanti distretti corporei, in modo da
ottenere un allenamento ancora migliore.
Si nota così che il “rilassamento” diviene via via sempre più completo e profondo, a
livello tendineo, muscolare e nervoso, in modo spontaneo e naturale, derivante dal training
costante e ripetuto.
A questo punto desidero sottolineare l’importanza dell’allenamento tipo Jacobson
nella preparazione all’attivazione di alcuni stati di coscienza modificati nei quali rientrano
l’ipnosi e l'autoipnosi, fondamentali per una buon inizio di ricerca nel profondo Sé, scopo
principale di tutta la mia ricerca attuale e futura.
Il Training Autogeno di Schultz.
Il Training Autogeno di Schultz o metodo di autodistensione da concentrazione
psichica è un particolare tipo di tecnica orientata sul rilassamento inventata da Heinrich
Schultz nei primi anni del secolo scorso.
Schultz fu dapprima discepolo e seguace di Freud e con lui intraprese un training
psicanalitico ma, dopo circa tre anni, si dedicò a ricercare metodi più semplici e più facili di
metodi distensivi.
Ideò così il training autogeno sui principi dello yoga orientale, adattandoli alle
esigenze ed alla cultura occidentale, ed in modo particolare a quelle della “sua gente”, la
popolazione tedesca. Nacquero così gli esercizi inferiori, con punto di partenza dal corpo.
Più tardi, con Luhte, ideò anche gli esercizi superiori, che partono invece dalla mente.
La prima serie venne anche chiamata serie inferiore o somatica; la seconda, serie
superiore o psichica.
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Appare utile sottolineare come un’attenta osservazione della tecnica riveli chiaramente
negli esercizi anche della serie inferiore un deciso orientamento di matrice tedesca,
vorremmo dire quasi prussiana.
I suoi esercizi, infatti, più che da suggerimenti, partono da una serie completa di
“comandi”, dapprima eteroindotti, cioè insegnati dal terapeuta e poi anche autoindotti.
In questo modo inizia un particolare tipo di autoallenamento che successivamente può
divenire molto utile per un training autoipnotico.
Sono sempre più dell’avviso, anche per lunga esperienza personale, che presso i popoli
mediterranei però sia molto meglio applicare le tecniche in modo più morbido, eclettico ed
elastico, facilitando in questo modo una distensione o un rilassamento migliore nel
soggetto, il quale, del resto, deve sempre essere orientato, almeno in un secondo tempo, a
fare da sé.
Crosa nella prefazione all’edizione italiana sul Training Autogeno di Schultz in due
volumi, (J. H. Schultz. Il Training Autogeno, Esercizi inferiori e Superiori, Due voll,
Feltrinelli, 1968) così scrive:
"Con il termine di Training Autogeno, J. H. Schultz definì un metodo di
autodistensione da concentrazione psichica che consente di modificare situazioni psichiche
o somatiche.
Training significa allenamento, cioè apprendimento graduale di una serie di esercizi di
concentrazione psichica passiva, particolarmente studiati e concatenati, allo scopo di
portare progressivamente al realizzarsi di spontanee modificazioni del tono muscolare,
della funzionalità vascolare, dell’attività cardiaca e polmonare, dell’equilibrio
neurovegetativo e dello stato di coscienza; il preciso e costante allenamento a tali esercizi
porta a modificazioni gradatamente sempre più valide, precise, consistenti.
Autogeno significa “che si genera da se”; ciò differenzia questo metodo dalle tecniche
autoipnotiche ed eteroipnotiche le cui realizzazioni somatopsichiche sono attivamente
indotte dal soggetto o dal terapeuta.
Oltre che dalle tecniche ipnotiche, gli esercizi del Training Autogeno (T.A.) si
differenziano sostanzialmente dai comuni esercizi ginnici; con questi si tende a particolari
scopi, ci si allena attivamente per migliorare determinate prestazioni, in conclusione si
vuole qualcosa.
Gli esercizi del T.A. hanno invece lo scopo di farci raggiungere lo stato autogeno, che è
una condizione di passività assoluta, priva di atti volitivi, realizzata nella indifferente
contemplazione di quanto spontaneamente accade nel proprio organismo e nella propria
mente.
In conseguenza dell’apprendimento di questo nuovo ed insolito atteggiamento si
sviluppano spontaneamente modificazioni psichiche e somatiche di senso opposto a quelle
provocate nella nostra mente e nel nostro corpo da uno stato di tensione, di ansia, di stress.
Di fronte ad una situazione-stimolo che, sia a livello psicologico che somatico, superi
una certa soglia di tolleranza, l’unità biopsichica reagisce, a seconda dell’intensità dello
stimolo, con tensione muscolare, spasmo viscerale, sensazione di freddo per il corpo,
alterazione funzionale nei meccanismi neurovegetativi, endocrini, umorali.
Si può inoltre avvertire sensazione di calore al capo, l’impressione di essere sopraffatti
dalle proprie emozioni e dai pensieri che si affollano nella mente.
L’allenamento alla realizzazione di uno stato di sempre maggiore passività consente
all’unità biopsichica di reagire, gradualmente, in modo opposto.
Si determinano allora distensione muscolare e vascolare, rilasciamente viscerale,
sensazione di calore per il corpo, regolarizzazione funzionale nei meccanismi
neurovegetativi, endocrini, umorali; infine sensazione di fresco alla fronte che corrisponde
a uno stato di calma, di benessere, di pace interiore.
Non soltanto da quando veniamo alla luce, ma già dalla vita prenatale è un continuo
susseguirsi di stimolazioni fisiche e psichiche che colpiscono la nostra unità biologica.
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A queste stimolazioni si reagisce: il loro incessante susseguirsi provoca innumerevoli
stati di tensione realizzati dal nostro apparato psichico e dal nostro apparato somatico allo
scopo di poter mantenere il più adeguato adattamento alle situazioni ambientali.
Attraverso gli anni ci alleniamo inconsapevolmente e fatalmente a queste modalità di
reazione in autotensione; non sempre però si riesce a riportarsi a uno stato di equilibrio
funzionale, anche se la causa che lo aveva alterato è venuta a mancare.
La tecnica di autodistensione di Schultz ci consente di realizzare, sia a livello
psicologico che a livello somatico, uno stato di per sé del tutto opposto alle reazioni in
autotensione, tale da migliorare, modificare, risolvere o normalizzare funzioni psichiche o
somatiche che si fossero allontanate dal loro equilibrio originario…..”.
Lo scopo principale degli esercizi inferiori del training autogeno è quello di "fare in
modo che si possa raggiungere lo stato autogeno, cioè una condizione di passività assoluta,
priva di atti volitivi, realizzata nell’indifferente contemplazione di quanto spontaneamente
accade nel proprio organismo e nella propria mente”.
I punti essenziali da prendere in considerazione per ottenere un buon risultato con gli
esercizi inferiori sono:
1) assumere una posizione la più comoda possibile nei tre momenti che sono ritenuti
classicamente i migliori: o seduti in poltrona, o supini a letto o sul pavimento oppure anche
la posizione a cocchiere in cassetta.
2) Ambiente tranquillo con temperatura confortevole, lontano il più possibile da fonti
di rumori molesti.
3) Abbigliamento adeguato, non troppo stretto od attillato, in modo particolare per chi
indossa jeans.
4) Atteggiamento mentale rivolto alla calma, alla tranquillità, alla distensione.
5) Chiusura degli occhi mantenendo continuamente, nei limiti del possibile, un
atteggiamento psicologico interiore di calma.
Gli esercizi inferiori si dividono in:
Esercizio della pesantezza.
Esercizio del calore.
Esercizio del cuore.
Esercizio del respiro.
Esercizio del plesso solare.
Esercizio della fronte fresca.
Qualche autore parla anche di preesercizio con rappresentazione mentale della calma,
ma, purtroppo, se manca l’allenamento adatto, è molto difficile da realizzare.
Per quanto riguarda gli esercizi inferiori del Training Autogeno di Schultz
sinceramente posso condividere a tutti gli effetti solo gli esercizi della pesantezza e del
calore, che sono praticamente realizzabili da tutte le persone, indipendentemente dal
livello culturale e dall’età, mentre mantengo certe riserve sugli esercizi orientati sul cuore,
respiro e plesso solare.
Esistono infatti soggetti che somatizzano a livello cardiaco o respiratorio per cui spesso
si trovano in difficoltà a rivolgere l’attenzione proprio sui loro “organi bersaglio” e
paradossalmente sviluppano tachicardia, palpitazioni e cardiopalmo, nonché sensazione
spiccata di “respiro corto”.
L’esercizio della fronte fresca poi è difficilmente realizzabile da quasi tutti i soggetti e
non si presenta certo indispensabile per un buon allenamento agli stati di coscienza
modificati.
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G. Crosa è stato il maggior studioso ed interprete italiano di questo metodo, nonché
traduttore dal tedesco dei libri di Schultz.
Presento quì, oltre che per il suo indiscutibile valore storico, una traccia per gli esercizi
inferiori del training autogeno, tratta direttamente da una cassetta che ho personalmente
inciso dalla voce dell’amico Crosa, in una sua dimostrazione durante un Congresso sul
Training Autogeno a Genova, ancora nel lontano 1972.
Ciò per comprendere meglio differenze anche minime tra questo tipo di allenamento,
basato sulla calma interiore, pesantezza, calore e fresco, ed una vera induzione di ipnosi.
Secondo il mio punto di vista, a volte l’allenamento al training si può veramente
confondere con una induzione ipnotica normale, se non è condotto secondo le regole che
sono state poste da Schultz.
Devo puntualizzare però che Crosa inizia ad interessarsi del Training Autogeno di
Schultz a partire dagli anni ‘60 e da allora molto cose sono cambiate soprattutto dopo la
grande svolta impressa all’ipnosi da M. Erickson.
Induzione di Giuseppe Crosa.
Un confronto si presenta ancora veramente utile, soprattutto perchè si tratta di
ricerche che in pratica non sono ancora terminate, presentando una indubbia validità,
perfino in campo di ricerca. Il modo caratteristico di Crosa di condurre gli esercizi inferiori
del Trainig Autogeno è dunque questo:
“Chiuda gli occhi…. ad occhi chiusi viene facilitata la concentrazione in se stessi ed il
distacco dal mondo esterno….. faccia un bel respiro e si lasci andare come volesse
dormire…….Le farò notare sensazioni già presenti in Lei alle quali di solito non fa caso…….
Immagini il suo corpo completamente rilassato…… abbandonato alla forza di gravità……
Pausa di 5 secondi.
Cerchi si sentire il contatto della nuca con la poltrona…….
(Passare poi alle altre parti del corpo che appoggiano come braccia, dorso, schiena,
coscie, gambe) ……….
Respiri profondamente e lasci che i suoi piedi si rilassino…… piedi rilassati…….
inerti…caviglie rilassate..…
Continuare con le altri parti del corpo fino alla fronte.
Lei va prendendo sempre più confidenza con questo esercizio e, per effetto della
posizione comoda, per effetto dell’immobilità, per effetto dell’atteggiamento mentale
rivolto al riposo…… alla calma…… per effetto degli stimoli verbali che, attraverso la mia
voce, le giungono…… si va immergendo in un particolare stato di benessere che le
consentirà di sentire i muscoli sempre più rilassati…… i nervi sempre più distesi e la mente
sempre più pervasa da un piacevole senso di quiete….. di riposo……. le riesce sempre più
facile seguire la mia voce e i cambiamenti che si vanno gradualmente sviluppando in lei.
Pausa di 5 secondi…….
Ora può orientare la sua mente sul suo braccio destro, con una attenzione che è
diversa dalla normale attenzione alla quale siamo abituati……. cerchi di sentire cosa sta
accadendo nel braccio destro, in conseguenza di questo stato di riposo mentale, di questa
tranquilla ed indifferente osservazione di questa parte del suo corpo…… cerchi
semplicemente di sentire come il braccio sia lì…… come appeso alla spalla……. del tutto
inerte…..
Lasci questo tipo particolare di attenzione lì, passivamente concentrata sul braccio…..
La chiave di tutto è questo atteggiamento di concentrazione passiva, che man mano la isola
dal mondo esterno così che, a poco a poco, i rumori esterni si attutiscono….. e tutta
l’attenzione è focalizzata lì sul braccio.….
Più riesce a porsi in questo atteggiamento di passiva indifferente contemplazione del
braccio destro…… più facilmente potrà sentire come, ad un certo punto, il braccio diventi
inerte e pesante…… è lui il braccio che in conseguenza di questo atteggiamento psichico di
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passività……. reagisce col rilassamento completo che si manifesta con una sensazione di
pesantezza…….E’ la reazione opposta alla abituale tensione dell’attività……
Cerchi di scoprire cosa accade seguendo questa strada…. il braccio destro pesa sempre
più sui punti di appoggio e lei lo apprezza sempre più in tutta la sua pesantezza.….. il
braccio sembra quasi calamitato dalla poltrona….. pesa sempre più inerte…… lo lasci
andare e si lasci prendere da questa sensazione……..
Più riesce in questo atteggiamento di passiva concentrazione, più queste sensazioni di
pesantezza e di rilassamento si fanno chiare, precise, evidenti….. e più la pesantezza si
evidenzia più facilmente e l’attenzione resta lì, passivamente concentrata sul braccio che
continua a rilassarsi…… del tutto indipendente dalla sua volontà……Il braccio destro
pesa…. E’ pesante…..E’ pesante…..E’ pesante……E’ pesante…….
Ripetere più volte.
A poco a poco, così come si allenta il tono del braccio destro, così accade anche che si
allentino gli altri muscoli del suo corpo……. Si lasci andare a questo benessere, a questa
calma, a questo piacevole riposo fisico e mentale….Nel suo corpo piacevolmente rilassato il
sangue scorre fluido e caldo e lei si sente come immerso in un piacevole bagno di
calma……Ora mentre lei rimane in tranquilla e passiva osservazione delle sensazioni
presenti nel braccio destro….. si rende conto che il braccio, sempre meglio irrorato dalla
circolazione del sangue…… facilitata dal rilassamento muscolare…… si fa sentire anche un
po’ caldo e, se già non l’avverte, sentirà come un piacevole senso di lieve formicolio e poi di
calore…… calore….
Ora si interessa solo al calore del suo braccio, sintomo di riposo, di distensione e fluida
circolazione……Si può aiutare immaginando il suo braccio vicino ad una sorgente di calore
od esposto ai raggi solari……. Il suo braccio si fa sentire sempre più piacevolmente caldo….
caldo…. caldo…. caldo….. caldo….Continui a mantenere la sua mente orientata
passivamente sul braccio destro……La aiuterò ripetendo la frase stimolo……..Il braccio
destro è pesante e caldo……. Il braccio destro è pesante e caldo…….. Il braccio destro è
pesante e caldo…… e gradualmente si renderà conto della circolazione fluida e calda del
suo braccio rilassato…..Non c’è bisogno di pensare e di volere….. più lei rimane in
tranquilla osservazione del suo braccio rilassato e pesante ed immagina che una sorgente
di calore lo riscaldi……. potrà avvertire dapprima un lieve formicolio e poi calore….. che lei
mi segnalerà con l’indice sinistro quando e se l’avvertirà……Non c’è bisogno di volere….. il
braccio destro è caldo e pesante e lei sta allenandosi a sentirlo così….
Ripetere il braccio è caldo e pesante alcune volte e se il soggetto non segnala,
procedere, senza dare alcuna importanza al fatto, così:
“Ogni volta che ripeterà questo esercizio, la sua mente sempre più allenata percepirà
sempre meglio le sensazioni di peso e calore”.
Continuando: ora smetterò per un poco di parlare affinché lei possa apprezzare
pienamente questo particolare stato di riposo e lasciare che la distensione…….. la
pesantezza ed il calore si diffondano gradualmente in tutto il corpo……così da provare uno
stato di benessere ancora più completo…… con la mente libera da ogni pensiero….. da ogni
preoccupazione….. in uno stato di serenità e di riposo emotivo che le renderà sempre più
facile seguire i miei suggerimenti.
Pausa di 5 secondi.
La sua mente è sempre più calma e tranquilla….. come un piccolo laghetto di
montagna…… pausa…. lasci venire alla sua mente l’immagine di un piccolo e tranquillo
specchio d’acqua….Ed ora immagini che in quell’acqua limpida e tranquilla venga lanciato
un piccolo sasso…… immagini i cerchi che lentamente si formano….. si allargano…. seguiti
da altri ancora….. si allargano….. seguiti da altri ancora…. si allargano….. nascono dal
punto di caduta del sasso e si allargano… si allargano…. si allargano……..
Questa immagine le dà calma, serenità, benessere, come se dal centro della sua mente
si allargassero delle onde di calma…… dal centro verso la periferia della mente…..
calma….questa parola agisce in lei, le dà benessere…. tranquillità…… riposo….. calma…..
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calma….. calma…..In questo particolare stato di calma…… la mente può richiamare
immagini come in un sogno…….
Immagini ora di passeggiare lungo un viale alberato……. è una bella giornata di
primavera….. non ha alcuna fretta….. alcun impegno….. nessuna meta da raggiungere……. I
rumori della città sono lontani…. c’è silenzio e pace intorno a lei…… si sente sempre più a
suo agio…. in sintonia con la natura….. in pace con sé stesso….Osservi il paesaggio…. gli
alberi…. ai piedi di un albero scorge delle margherite….. si avvicina…. si abbassa.… ne
coglie una….. comincia lentamente a sfogliarla…... petalo per petalo…. lentamente….. e a
ogni petalo che toglie e lascia cadere, si sente sempre più calmo, sempre più sereno…. in
grande armonia con se stesso……
Pausa di 5 secondi.
Si può chiedere al soggetto di segnalare con l’indice sinistro a mano a mano che
visualizza i vari elementi suggeriti, viale, albero, alberi, margherita, nuvola, montagna,
spiaggia ecc. Se ci segue bene si posso suggerire immagini più complesse raccolte durante
l’anamnesi.
Si continua con “ ora lasci che le immagini lentamente si dissolvano mentre lei si lascia
andare ancora un poco in questo benessere.
Bene……! Molto bene……! Calma….
benessere…. riposo… tranquillità….. autoregolazione agiscono in lei…. continui a riposare
lasciando che il suo corpo continui a pesare piacevolmente abbandonato sulla
poltrona”……
Pausa di 5 secondi.
Tutte le volte che faremo questi esercizi, lei realizzerà i miei suggerimenti con sempre
maggiore facilità e con l’allenamento riuscirà ad immergersi sempre più profondamente in
questo piacevole e particolare tipo di riposo…..
Ripetere più volte….Bene…..! Molto bene….!
In questo primo allenamento mi ha seguito molto bene e troverà più facile seguirmi
negli esercizi successivi, che saranno sempre più utili all’armonia della sua personalità e al
benessere del suo corpo”.
Iniziare poi lentamente la ripresa, in modo molto graduale, facendo muovere, prima
lentamente, poi in modo sempre più veloce, piedi, gambe, corpo, braccia e mani,
soffermandosi di più sul braccio fatto diventare pesante, molto pesante.
Ho volutamente riportato il testo integrale di questo “rilassamento-induzione anni 60”
per dimostrare come allora si usasse dare sempre del lei ai clienti o ai pazienti, mentre ora,
naturalmente previo accordo, si preferisce il tu, durante l’induzione, oppure anche il noi,
perché più pratici e molto più spontanei, con la possibilità di ritornare subito al lei una
volta terminato l'allenamento. Infine desidero anche far notare il particolare linguaggio
utilizzato, con frasi molto elaborate, che non sono assolutamente necessarie per ottenere
un buon rilassamento anche profondo.
Rilassamento tonico di J. De Ajuriaguerra.
Julian De Ajuriaguerra di origine basca era un tipico francese di adozione.
Il suo orientamento neuropsicobiologico lo portò nel 1958 alla cattedra di psichiatria
all’Università di Ginevra.
I suoi studi incentrati sulla biologia del cervello e la psichiatria dell’età evolutiva
furono molto utili ed in parte lo sono tuttora.
Fu anche grande umanista e proprio per questo si interessò anche di psicoanalisi, a
quel tempo quasi appena nata, per merito di Freud.
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Prendendo lo spunto dalle sue vaste conoscenze in campo psicoterapeutico, elaborò un
metodo particolare di rilassamento che denominò “rilassamento tonico” o “rieducazione
psicotonica”.
Utilizzò caratteristiche del vissuto relazionale del soggetto in stato di rilassamento
muscolare attivo e non passivo come per es. Schultz, cioè tonico, sfruttandone così gli
aspetti psicodinamici, non solo in campo neuropsicobiologico, ma anche e soprattutto in
quello terapeutico.
Ajuriaguerra pensò al rilassamento come ad una regolazione tra tensione e
distensione, un gioco tra muscoli agonisti ed antagonisti, piuttosto che ad una semplice
distensione.
Il rilassamento è dunque presentato come una scoperta, un vissuto, del proprio corpo
e di ciò che si vive nel rapporto relazionale con l’Altro.
Nel rilassamento psicotonico non si da nessun suggerimento perché non ci sono
esercizi da compiere. Si inizia chiedendo al soggetto di fissare l’attenzione su un piede, poi
sull’altro, in seguito su una gamba, poi sull’altra, sull’addome, sul torace, sul viso, sulle
braccia, passando poi al ritmo del respiro e al ritmo cardiaco.
Il punto focale di tutto il suo metodo è l’osservazione fisica e psicologica delle
resistenze che il soggetto attua per ottenere la distensione, più che la distensione in quanto
tale.
Il terapeuta, in questo caso, non si limita, come nel metodo di Schultz a dare comandi,
ma diventa stretto osservatore di tutto ciò che accade nel soggetto, come dice Ajuriaguerra,
proprio per ottenere un “dialogo tonico”.
E attraverso questo “dialogo tonico” il corpo diventa oggetto di relazione con sé stesso
e con gli altri. Per ottenerlo, secondo le sue direttive di neurofisiologo, sono necessarie
condizioni di allenamento ben precise che riguardano orario esatto, durata rigorosa e
ritmo quasi musicale.
Per conseguire un buon risultato la collaborazione deve essere perfetta ed il terapeuta
deve essere garante di questo.
È necessario che il cliente impari a sentire ed avvertire le proprie sensazioni ed a
riferirle all'operatore dopo il rilassamento.
Con tale modalità si favorisce l’atteggiamento riflessivo del cliente, al punto che questi
impara, anche se lentamente, a “guardarsi e a sentirsi dentro”. Così aumentano, con il
procedere delle sedute, le sensazioni corporee ed il corpo “ritrova la sua storia ed il suo
modo di essere percepito”.
Secondo il metodo del rilassamento tonico si ottiene una presa di coscienza del corpo,
aumentata e favorita quando il cliente, precedentemente avvertito, si sentirà “toccare”, in
una parte del corpo.
Così prenderà maggior coscienza della parte stessa rendendosi conto di tutto ciò che si
sta modificando dentro di lui.
E’ il piacere di “riscoprire” parti del corpo mai prima di allora sentite ed apprezzate, a
tal punto, dice Ajuriaguerra, che ci si può anche attendere perfino una rassicurazione
narcisistica.
In un secondo tempo si andrà formando una immagine del sé corporeo che diventerà
via via sempre più rassicurante, alleviando disturbi somatici e disordini fisiologici, nonché,
a volte, anche disturbi del vissuto corporeo.
Ajuriaguerra, in quanto neuropsicobiologo, si disinteressa però totalmente della mente
e dell'analisi, anche se aiuta il soggetto a iniziare a percepire il suo “mondo interno”,
naturalmente ben diverso dal mondo esterno di tutti i giorni.
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A lui interessa il corpo, le sue funzioni e tutti quei particolari sintomi che porta con sé
fin dal momento del concepimento.
E’ una tecnica che deve essere condotta da medici almeno orientati verso la
psicoanalisi che si siano interessati del rapporto medico-malato, perché sarà sempre
necessario prendere nella dovuta considerazione il vissuto corporeo, le resistenze opposte
al momento distensivo, i vissuti fantasmatici, la possibile reviviscenza dei ricordi, in ultima
analisi tutto ciò che normalmente accade in sede di transfert e controtransfert in un
normale procedimento analitico.
Per quanto mi riguarda l'allenamento condotto il questo modo è molto utile per il
successivo avvio verso l'ottenimento graduale di stati di coscienza modificati, più
interiorizzati e forse anche più profondi..
Rilassamento a induzioni variabili di Sapir.
Tra i numerosissimi sistemi di rilassamento “passanti per il corpo” mi sembra utile,
dopo Jacobson, Schultz ed Ajuriaguerra, ricordare anche M. Sapir con il suo metodo di
rilassamento a induzioni variabili, molto noto negli anni ’70-80. Sapir, appartenente alla
scuola psicanalitica freudiana francese degli anni 60, considerava il Training autogeno di
Schultz poco mediterraneo, cioè troppo direttivo e di pretta matrice tedesca, come del resto
ho già fatto notare anch’io precedentemente.
Pensò così, insieme ai suoi collaboratori, di apportare delle modificazioni al metodo di
Schultz, rendendolo molto meno direttivo, ma allo stesso tempo, adattandolo, di volta in
volta, sia alle esigenze del terapeuta che a quelle del cliente, esigenze che molto spesso
possono essere diverse a seconda delle circostanze, del “momento terapeutico” e di molti
altri fattori fisici e psicologici diversi, anche ambientali.
Nacque in questo modo il “rilassamento a induzioni variabili” che si affermò
soprattutto in Francia e, più tardi, in tutta l’area mediterranea.
Per Sapir ciò che conta è la scelta delle parole, il suono ed il timbro vocale, la
particolare cadenza delle frasi, che rendono possibili scambi affettivi importanti ai fini
terapeutici.
Si potrebbe affermare che Sapir è molto legato, nelle sue induzioni, alla “musica delle
parole”, oppure anche alla “parola come musica”. Come Ajuriaguerra, anche Sapir usa il
contatto fisico per evocare situazioni conflittuali latenti o i fantasmi nascosti nel profondo
dell’inconscio. Proprio per quanto sottolineato dal libro di M. Sapir “Il rilassamento ad
induzioni variabili” Franco Angeli. Milano. 1995, ecco un suo passo importante:
“L’induzione nascerà così.
Vorrei citare una poesia di Henri Michaux, scritta prima della guerra, poiché per me
essa rappresenta l’induzione ideale, semmai questa fosse una sola. In ogni caso si tratta
della più poetica delle induzioni. Il suo impatto viene amplificato sia dall’apparente
povertà di linguaggio, sia dalla sua intensità.
Tutte le parole sembrano uscire dal corpo, incollarsi ad esso, entrare nel corpo
dell’altro. Tutte suscitano immagini:“rallentàti sentiamo il polso delle cose; ronfiamo;
abbiamo tutto il tempo; tranquillamente; tutta la vita…
Si inghiottono i suoni, si assorbono tranquillamente; tutta la vita… Non c’è più bisogno
di affannarsi. Si ha tutto il tempo. Si può degustare. Si ride da soli. Non si deve credere
più di quanto non si sa. Non c’è più bisogno di contare. Si è felici bevendo e si è felici
anche quando non si beve. Si fa crescere la perla. Si è. Si ha il tempo. Si è qui, rallentàti.
Si è usciti dalle correnti d’aria. Si ha il sorriso statico.
Non si è più stanchi. Non si è più toccati da niente. Non ci si vergogna più delle
proprie miserie. Si sono venduti i propri monti. Si è fatto l’uovo. Si sono messi a riposo i
nervi. Qualcuno che. Qualcuno che non è più stanco. Qualcuno che non sta più a sentire.
Qualcuno che non ha più bisogno di aiuto. Qualcuno che non è più teso”.
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Sappiamo, tuttavia, che il metodo viene detto a “induzioni variabili” poiché si
modifica in funzione di ciò che il rilassatore percepisce del paziente.
Sarebbe bene che nelle variazioni che si verificano da una seduta all’altra potesse
conservare un po’ di poesia, sia nell’espressione, sia nel ritmo. A mio parere è innegabile
che una parola poetica penetra nel corpo più profondamente, come se la carne diventasse
tale per le parole del poeta.
L’induzione, dunque, contrariamente al training autogeno, cambierà da una volta
all’altra. Non si tratterà di una consegna breve che riguarda, ad esempio, il braccio destro,
imperativa come nel metodo di Schultz, ma presente anche abbastanza spesso nella
rieducazione psicotonica di Ajuriaguerra . Nel nostro caso lo scopo del discorso è
certamente la distensione, ma esso è ispirato dallo sguardo, influenzato, per non dire
mitigato, da ciò che si crede di sapere del paziente.
A dire il vero, il rilassamento ad induzioni variabili, anche se suggerisce la distensione,
non ritiene che essa sia l’ultimo scopo e unico scopo del metodo…Abbiamo detto che
l’induzione è variabile fin dall’inizio; essa infatti, come accade nella maggior parte dei casi,
può iniziare con la parola, ma anche con il toccare, e può variare da una volta all’altra. La
parola ed il toccare non hanno nulla di sistematico o di ritualizzato”.
Ho citato questo passo di Sapir per far capire al lettore come molte sue intuizioni siano
tuttora attuali. Sapir, come Ajuriaguerra, agisce non soltanto con la parola ma anche con il
toccare, anche se la pratica del toccare il cliente viene usata sepre meno in sede
terapeutica, per non creare resistenze oppure, al contrario, un transfert troppo intimo.
Così, come Sapir ha constatato, la parola poetica “penetra nel corpo più
profondamente”, anche se sono convinto che essa possa dare stimolazioni importanti a
livello conscio e raggiungere il cuore, come afferma la gente comune, il subconscio e
l’inconscio, come possiamo dire noi.
Ho personalmente provato ad usare “frasi poetiche” per osservare le reazioni di
soggetti, che si immedesimano in una “realtà virtuale”, suggerita o guidata.
A questo proposito ho notato che le “frasi poetiche” favoriscono l'induzione ipnotica ed
il suo approfondimento. Come sostiene Sapir, riferendosi alla poesia del poeta Michaux, le
frasi poetiche, oltre che offrire terreno fertile per le immagini, costituiscono terreno ancora
più fertile per sensazioni ed emozioni a tutti i livelli.
In questo modo il cliente, “immergendosi nel passato, può ricostruire il suo futuro,
passando per l’attimo del presente”, divenendo consapevole della realtà di veglia e delle
realtà sottese agli stati di coscienza modificati anche di tipo ipnotico.
Per chiarire il concetto di “ricostruire un futuro” cito un passo di A. Di Benedetto, (A.
Di Benedetto, Sperimentare un pensiero che verrà, Rivista di Psicoanalisi, N°1, 1998, anno
XLIV, pgg. 8 e seg). il quale, con il suggestivo sottotitolo di ”Inventare insieme un futuro”,
a proposito di terapia psicoanalitica, cosi scrive:
“L’esperienza clinica mi ha insegnato che molte volte i pazienti non sanno che farsene
della fotografia psichica della loro vita passata e presente, pur non avendo particolari
difficoltà a riconoscere le continue traslazioni del passato nel presente. Non basta loro
conoscere le situazioni e motivazioni antiche, sapere come sono nati e come sono diventati.
Cercano di far svolgere alla mente dell’analista una funzione gestativa, adatta alla
nascita di elementi potenziali della loro personalità (Di Benedetto 1991). Chiedono perciò,
tra le righe, di essere accompagnati nella ricerca e valorizzazione di qualcosa che avvertono
oscuramente dentro di sé allo stato germinale.
Sollecitano a evidenziare e far fiorire semi che non hanno mai trovato terreno fertile
nei tempi andati. Se l’analista saprà sintonizzarsi con tali elementi germinativi della
personalità, se saprà cogliere l’orizzonte delle sue possibilità evolutive, sarà sentito
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dall’analizzando “sperimentare” non solo il passato ed il presente, ma anche il futuro, in
forma anticipatoria, e quindi la globalità della sua esperienza esistenziale.
Il paziente, in tal modo, si conoscerà non tanto perché si rispecchia in interpretazioni
che ne rappresentano fedelmente lo stato, quanto perché vi trova una forma di sviluppo
che da solo non era riuscito a trovare. Non si conosce soltanto per come è nel “qui ed ora”,
ma anche per come potrebbe divenire. Avvertire lo scarto tra “ciò che è” e “ciò che potrebbe
essere” lo spinge a sviluppare le proprie risorse latenti………….
Il rispetto dell’area “germinativa del Sé” ha trovato altre teorizzazioni autorevoli in
Balint e Winnicott. Balint postula una sorta di narcisismo auto-costruttivo, un’area
creativa, non oggettuale né intersoggettiva, tutta individuale, nella quale si struttura
un’oggettività da preservare. Occorre allora saper attendere nell’incertezza, tenendo a bada
quell’”impingement al funzionamento” di cui parla Winnicott. Lasciar emergere, lasciar
“fiorire” l’individualità del paziente nei suoi aspetti più specifici”.
Sogno da svegli guidato di R. Desoille o Reve Eveillé Dirigé.
Con questo metodo, piuttosto in voga soprattutto negli anni 80, dopo un buon
rilassamento iniziale, si ottiene un approfondimento dello stato ipnoidale con immagini,
che possono essere sia spontanee che suggerite.
Se il rilassamento è ancora più profondo, si utilizzano immagini ipnagogiche che il
cliente dovrà allenarsi a ricordare: immagini molto simili a quelle che si hanno poco prima
di addormentarsi e che, di solito, sono completamente dimenticate al risveglio.
In alcuni casi si possono avere anche “momenti di sogno” veri e propri, i cui simboli,
ricordati al risveglio, potranno essere analizzati, oppure anche utilizzati in un secondo
tempo, per proseguire la ricerca del Profondo Sé.
Diviene così più facile l’emersione simbolica di contenuti inconsci, molto utili per un
successivo più profondo rilassamento.
Se suggeriamo ad esempio al cliente di accompagnarlo verso una alta vetta, attraverso
sentieri impervi con vento forte e con molta neve e ghiaccio, oppure nella discesa in una
grotta molto profonda, con animali di tutti i tipi, con antri allagati, possiamo ottenere
ulteriore materiale subconscio molto produttivo per una analisi accurata dei contenuti più
profondi.
Durante questo tragitto simbolico si può consigliare al soggetto, ad esempio, il modo
migliore per iniziare una autoanalisi, con uno specialista, di norma a orientamento
junghiano, adatto alla sua personalità, per una successiva autorealizzazione.
Si creano, come afferma Desoille “nuovi stereotipi dinamici” a fronte di una seppur
lenta diminuzione di “riflessi condizionati adattati in modo non conforme alla realtà”, che
dipendono da molti fattori, tra i quali spiccano per la loro importanza e il loro peso
psicologico, quelli familiari, ambientali e sociali, in modo particolare se sono di vecchia
data e di lunga durata.
L’approccio terapeutico attraverso il Reve Eveillé Dirigé consta di quattro punti
fondamentali.
Sviluppare le capacità del nostro mondo interno di evolvere e di prenderci in carica,
anche con la mole dei difetti ereditati nel corso dell’evoluzione.
Imparare a vivere in accordo con i bisogni, con i desideri ma anche con i limiti
impostici fin dal concepimento dalla nostra personale struttura genetica.
Migliorare il rapporto con gli altri nella vita sociale, in modo da mantenere una vita di
relazione molto efficiente ed attiva.
Accrescere con il passare del tempo la libertà interiore, per avviarsi verso nuove
aspirazioni di vita, non solamente in senso organicistico, anzi superandolo in vari
momenti, specie emotivi e creativi.
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Imagerie Mentale di Fretigny e Virel.
(Vedi “L’Imagerie Mentale” di R. Frétigny e A. Virel - Editions du Mont-Blanc,
Genève, 1968).
Quasi del tutto eguale, ma con ispirazione analitica più ortodossa del Reve Eveillé
Dirigè appena trattato, è il metodo dell’Imagerie Mentale.
La prima utilizzazione sistematica dell’Imagerie Mentale risale a R. Desoille, come
abbiamo appena visto, che apprende la tecnica dall’occultista E. Casland e la usa come un
metodo per l’esplorazione e per lo sviluppo della personalità e a fini terapeutici (opera,
1945).
Desoille coglie le possibilità di un mondo immaginario dinamico e capace di
modificazioni significative nella vita del paziente. Egli definisce in quegli anni il metodo
psicoterapico denominato ”Rêve Éveillé Dirigé”, che diventa il fondamento di tutti i
moderni metodi psicoterapici fondati sull’uso delle immagini mentali.
Rigo è tra i primi a conoscere, applicare e successivamente a modificare il ”Rêve
Éveillé Dirigé”. In Rigo viene curato maggiormente il legame con la vita reale del soggetto e
soprattutto viene introdotta una maggior spontaneità e non direttività, divergendo
dall’approccio direttivo e decisamente pedagogico dell’ultimo Desoille, attratto dalle teorie
del condizionamento pavloviano.
Egli mantiene i punti essenziali del metodo di Desoille, in particolare:
• la “rêverie”, che rende più profondo il rapporto con le immagini, provocata
stimolando l’immaginazione del soggetto per mezzo dell’idea di movimento e di azione,
soprattutto di ascesa e discesa, intervenendo soprattutto dopo un’induzione di
rilassamento;
• la partecipazione del soggetto a livello chinestesico e i procedimenti che permettono
allo stesso di far fronte ad immaginiche possono sviluppare ansia ed angoscia con
atteggiamento attivo e di superamento delle stesse, aumentando i poteri dell’Io di fronte
alle forze inconsce;
• i fattori di cura soprattutto con il riordino della serie archetipica, i fattori di
apprendimento e di modifica di molti pattern, particolarmente estesi data l’azione
immaginativa in stato semioniroide o ipnoide.
L’ “Imagerie mentale” di Fretigny e Virel lascia molto più spazio al soggetto di
elaborare la propria “produzione simbolica e fantasmatica”, sempre in stato di
rilassamento il più possibile profondo, utilizzando di solito le immagini spontanee fornite
durante i colloqui ed il rilassamento, più che visualizzazioni guidate a partenza dal
terapeuta.
In questo modo l’emersione dei contenuti inconsci sarà veramente ed altamente
spontanea e non dipenderà dai desideri consci od inconsci dell'operatore, il quale, anche
inconsciamente, può dare degli stimoli liminali o subliminali che possono alterare
l’”emersione attiva dei contenuti”.
Essi serviranno in un secondo tempo per una analisi in stato di veglia vigile, in modo
da rendere consapevole il soggetto di tutto il suo carico inconscio e subconscio da portare
in superficie e da diminuire progressivamente la carica emotiva che essi comportano.
Se il terapeuta è ben preparato con molti anni di esperienza, l’“Imagerie mentale”, può
divenire molto importante e di grande utilità, anche ai fini di una profonda, anche se
piuttosto lunga, ipnoanalisi dei contenuti emersi.
63
In questi casi l’ipnoanalisi si differenzia e si discosta dalla psicoanalisi per il fatto che
si lavora sui contenuti emergenti, dapprima già entro lo stato ipnotico e successivamente
anche durante la veglia vigile, dopo la deipnotizzazione.
Come è ovvio, il lavoro di ipnoanalisi si presenta spesso piuttosto lungo nel tempo, ma
mai come nel training psicanalitico, proprio per il fatto che, soprattutto le immagini
descritte e vissute durante lo stato ipnotico, specie se esse sono spontanee, divengono
relativamente meno difficili da analizzare, in modo particolare se il cliente è in grado di
verbalizzare durante lo stato ipnotico senza abbandonarlo, cioè senza ritornare
spontaneamente allo stato di veglia vigile normale.
Nel training psicoanalitico il lavoro diviene più difficile per il fatto che l’emersione
spontanea dell’inconscio è molto più lenta e difficile da ottenere.
A queste constatazioni e riflessioni posso aggiungere che, per esperienza personale, se
l’iter psicoanalitico di norma dura cinque anni, l’iter ipnoanalitico di solito è ridotto ad un
anno, comparando naturalmente i risultati ottenuti. D’altra parte sappiamo anche che per
alcuni pazienti troppo critici e con la paura nascosta o manifesta di perdere il controllo di
sé e della propria volontà cadendo in ipnosi solo la psicoanalisi classica può essere di
valido aiuto nel risolvere i loro problemi.
Training Compensato di Aiginger.
Dopo aver allenato il cliente ad un rilassamento muscolare, sempre più profondo e
completo, si procede con esercizi respiratori sempre più lunghi e rallentati, insegnandogli
non a trattenere il respiro ma a diminuirne l’intensità e la frequenza, in modo graduale e
ripetitivo, senza nessun ostacolo.
Come per altri rilassamenti basati sul respiro, è ovvio che, anche in questo caso, non è
mai utile affrontare il Training Compensato di Aiginger con soggetti che presentano
disturbi respiratori piuttosto accentuati.
In modo particolare se sofferente di accessi asmatici recidivanti oppure di scarsa
capacità vitale, oppure ancora di broncopneumopatia cronica ostruttiva oppure da dispnea
da varie cause.
Dopo un certo periodo di training si invita il soggetto a praticare l’esercizio di
respirazione a casa, almeno due volte al giorno, mattina e sera, in modo da ottenere
progressivamente un buon rilassamento muscolare e mentale.
In un secondo tempo gli si insegna anche ad ascoltare tutte le sensazioni che questo
esercizio favorisce, quali calma, tranquillità interiore, rilassamento muscolare, padronanza
di sé e risveglio di cariche energetiche assopite da lungo tempo.
Se il cliente soffre d’insonnia gli si può consigliare di effettuare l’esercizio prima
dell’addormentamento, poiché oltre a favorire il rilassamento muscolare, aumenta la
possibilità di passare facilmente alle immagini ipnagogiche o a quel tipo di fantasticherie
che preludono ad un sonno ristoratore, elemento importante per l’aumento delle difese
immunitarie, secondo le ultime ricerche in merito.
Questo esercizio si fonda su interessanti ipotesi psicofisiologiche.
Se il soggetto presenta una spiccata eccitabilità corticale e sottocorticale, l'esercizio
della respirazione, basato sulla diminuzione della frequenza degli atti respiratori, riduce la
stimolazione sui centri nervosi, forse per meccanismi neuroendocrini non del tutto ancora
conosciuti, ma sempre più in corso di accertamento presso istituti di ricerca creati allo
scopo.
64
Ho provato personalmente, con un allenamento diuturno piuttosto lungo, a ridurre
progressivamente gli atti respiratori fino a due-tre al minuto ed effettivamente si entra in
uno stato di calma interiore gradevole e proficua, anche se piuttosto difficile da descrivere
in tutte le sue componenti.
Iniziano spesso, dopo qualche minuto, immagini, dapprima statiche e poi in
movimento, che non presentano alcun legame con i vissuti del giorno ma piuttosto invece
con dei contenuti legati forse ad esperienze del primo periodo di vita od addirittura
ataviche.
Ci si trova in presenza di visioni di tutti i tipi come quelle descritte in molti testi
oppure in molti romanzi, dalla carica emotiva intensa, dal contenuto archetipico allegorico,
con rituali mai conosciuti in stato di veglia vigile, con personaggi poco identificabili tra
quelli conosciuti in ambito scolastico ecc.
Si tratta del tipico “sognare ad occhi aperti” come si dice spesso.
Sono sempre più convinto che molti autori di libri di grande impatto emotivo presso le
folle, coscienti o no, entrino in questo stato di coscienza modificato neurofisiologico
durante la stesura dei loro scritti, magari rallentando involontariamente il ritmo del
respiro fino a raggiungere il momento delle immagini e dei vissuti descritti.
Va sottolineato comunque che l’ipocapnia, cioè la diminuzione del contenuto di
anidride carbonica nel sangue con conseguente alterazione dell’equilibrio acido-base, che
si realizza in seguito all’aumento della ventilazione polmonare per varie cause, non sarà
ottenibile in questo esercizio, perché l’autore raccomanda sì di approfondire il respiro ma,
nello stesso tempo, anche di rallentarlo.
Per questo motivo il cliente dovrà attenersi scrupolosamente alle indicazioni del
terapeuta. In caso contrario, cioè se egli approfondisce il respiro ma nello stesso tempo lo
accelera, invece che diminuirlo, può andare incontro a notevoli disagi.
Tra tutti aumento della frequenza cardiaca con alterazioni elettrocardiografiche,
aumento dell’eccitabilità neuromuscolare con crampi, senso di stordimento per diminuito
apporto di sangue all’encefalo ecc.
In ogni caso si tratta di un esercizio molto utile nei soggetti molto attivi e razionali che
necessitano di controllare l’ansia attraverso meccanismi di controllo e ricontrollo e che
ricercano sempre una spiegazione su tutto quello che devono fare.
Essi hanno paura sia del rilassamento sia degli stati di coscienza modificati dell’ipnosi
e possono presentare comportamenti che ricordano disturbi fobico-ossessivi.
Conseguentemente accetteranno meglio una tecnica che potranno gestire in modo
autonomo, dalla quale uscire quando vogliono, senza ansia o turbamenti emotivi di
qualsiasi tipo.
Le indicazioni più importanti sono avvicinabili a quelle degli altri tipi di rilassamento
descritti.
Rallentamento e regolarizzazione del ritmo cardiaco e respiratorio, in modo
particolare nei soggetti con disturbi somatoformi attinenti agli apparati cardiovascolare e
respiratorio.
Riduzione del tono muscolare, tendineo e nervoso con progressiva diminuzione dello
stato ansioso.
Vasodilatazione cutanea con sensazione di calore, in modo particolare agli arti.
Senso di rilassamento e galleggiamento generale, come essere in assenza di gravità,
con manifestazioni particolari a carico del sistema neurovegetativo.
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Miglioramento della memoria a breve e lungo termine ed anche in parte della memoria
implicita.
Aumento della creatività, specie quella di contenuto subconscio.
Sofrologia. A. Caycedo.
Il fondatore della sofrologia è Alfonso Caycedo, medico colombiano, che si è dedicato a
questo indirizzo terapeutico nuovo nel 1960, allo scopo di poter rendere l’ipnosi al suo
stato originario, cioè al di fuori delle pratiche dei ciarlatani e degli occultisti, molto in voga
in quel periodo in America Centrale e Meridionale, dove si univano varie metodiche rituali,
in modo particolare la santeria, che del resto continua tuttora ad essere molto florida in
quei territori.
Molto importante per gli scopi del presente volume la sua definizione di sofrologia:“lo
studio degli stati modificati di coscienza”, per cui si adatta a perfezione agli studi che sto
conducendo da decenni.
La sofrologia prende nome da tre radici greche: sos, armonia, equilibrio; phren,
anima, psiche e spirito e logos, parola e scienza.
Essa è pertanto una scienza della coscienza, una ricerca dell’armonia tra corpo e
anima. Si basa su un misto di concezioni di rilassamento, stato ipnoidale e ipnotico,
medicina non convenzionale, prendendo lo spunto dallo yoga, specie quello di derivazione
occidentale, dallo zen e dal buddismo zen, dagli stati modificati di coscienza come estasi e
stati meditativi, dal Training Autogeno di Schultz, da Stokvis, dal rilassamento progressivo
di Jacobson, da Jean-Paul Guyonnaud, fondatore della Chithérapia e del karatè sofrologico
usato con terapie naturali, dai riflessi condizionati alla Pavlov ecc.
Caycedo ha fornito già al suo inizio delle direttive particolari per il suo metodo che si
applica dapprima con una serie di sedute di rilassamento fisico e mentale, seguite da un
controllo dinamico del corpo e della mente in tre cicli ben distinti tra di loro, adattati nel
tempo alle aspettative, al modo di vivere, all’acculturazione ed ai bisogni del paziente.
I tre cicli si possono distinguere in:
Rd 1 rilassamento dinamico concentrativo, nel quale si fanno uso di tecniche
relativamente facili a partenza da Jacobson, Schultz e Pavlov.
Rd 2 rilassamento dinamico contemplativo, nel quale si usano soprattutto
procedimenti basati sullo yoga e sullo zen.
Rd 3 rilassamento dinamico meditativo, nel quale invece si utilizzano tecniche di tipo
meditativo e per soggetti particolari si cerca di poter raggiungere lo stato di estasi, che, nel
mio caso, denominerei proprio Stato di Illuminazione.
Come ben si può arguire “nihil novi sub sole”.
Per quanto riguarda Jean-Paul Guyonnaud, sentiamo quanto dice lui stesso e per
questa volta nella sua lingua.
Sito http://www.guyonnaud.com/
66
“La chithérapie
Il existe une énergie de vie.
Ce qui permet la guérison, c'est l'énergie de vie. Fondamentalement, la chithérapie est
l'utilisation de l'énergie de vie à partir du Yi King, discipline chinoise. Sa grande
caractéristique : l'initiation.
L'énergie propulsée par le maître de Chithérapie permet de faire passer l'énergie
cosmique à travers l'initié.
La Chithérapie est une technique de guérison par l'imposition des mains dont le point
de départ est une initiation. C 'est une variante de la Yi King thérapie. Inocuïté, efficacité,
simplicité sont les points forts de cette discipline.
La chithérapie favorise l'élimination des toxines, des blocages....
Elle donne du bien-être et de la détente, prédispose à la spiritualité, est capable
d'exercer une action sur les plantes, les animaux, et même sur les situations.
C'est le traitement par le chi, comparable à l'eau qui fertilise le désert. On agit par
l'intermédiaire des chakras qui sont des centres d'énergie et de conscience.
La Chithérapie s'adresse aux personnes
convalescentes, et à toutes celles qui souffrent.
stressées,
surmenées,
dépressives,
Le karaté sophrologique, une psychothérapie à partir des arts martiaux.
Le karaté sophrologique est une pratique de "hara", un procédé de rassemblement de
l'énergie, de centrage, une psychologie de la pensée positive faisant intervenir le
subconscient et l'image de soi, un moyen de sortir de l'esclavage des crispations et de
retrouver sa liberté intérieure, condition de toutes les autres libertés.
C'est une possibilité de quitter le petit moi, toujours sur le qui-vive, anxieux, incapable
d'aimer, jamais satisfait, pour atteindre le grand Moi, le Soi transpersonnel, autrement dit
de se dépasser.
Cette discipline existentielle se fonde sur le rapprochement entre l'Orient et l'Occident
et sur l'harmonie du Yang et du Yin”
67
Tecnica della Distensione Immaginativa di Parietti.
La tecnica di distensione immaginativa si rivela una pratica utile nella cura dei disturbi
somatoformi e necessita di una buona dose di creatività e di carisma, ma si rivela anche
positiva per imparare un progressivo allenamento agli stati di coscienza modificati sempre
più profondi.
Distensione immaginativa (d/i).
La distensione immaginativa è una tecnica sorta dalle esigenze e dalle esperienze
connesse al lavoro clinico, alle esperienze cliniche e didattico formative in ambito
psicosomatico e inizialmente ipnologico da parte di Piero Parietti e della sua equipe di
lavoro.
Tecnica ulteriormente elaborata ed approfondita dall’autore nell’ambito dell’attività
dell’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica di Milano. Dalle esigenze del lavoro clinico è
emersa la difficoltà del trattamento dei cosiddetti malati psicosomatici, in cui i sintomi
legati a lesioni organiche si intrecciano con manifestazioni di disagi e conflittualità
psicologico relazionali. L'esperienza clinica ha evidenziato come il tradizionale bagaglio di
conoscenze del medico e lo strumentario terapeutico fondamentalmente biologico da
esso posseduto, non sia adeguato alle esigenze della terapia.
D'altro canto né la tecnica psicoanalitica 'ortodossa', né la psicoterapia analitica, né le
varie forme di psicoterapia ad impostazione dinamica (ed anche comportamentale) hanno
prodotto apprezzabili risultati in questo campo. In ambito psicosomatico, in definitiva, le
terapie a livello esclusivamente verbale risultano altrettanto inadeguate di quelle
esclusivamente somato-farmacologiche.
Da tutto ciò è sorta l'esigenza di ricorrere a tecniche in grado di poter agire sia a livello
'somatico', sia a livello “psicologico” anche utilizzando “stati di coscienza modificati”.
La Distensione Immaginativa è stata elaborata tenendo conto di tali esigenze.
Nella sua struttura operativa la tecnica in questione è stata suddivisa in fasi o
momenti, tra loro articolati secondo la seguente modalità:
Fase della contrazione/distensione agita:
presa di coscienza, da parte del soggetto, del proprio corpo (situato in una posizione
comoda: divano poltrona lettino) ottenuta attraverso la focalizzazione dell'attenzione sulle
sensazioni collegate ai punti di contatto del corpo col supporto che lo accoglie.
(Tutto questo con la finalità di iniziare il viraggio dell'orientamento mentale,
spostandolo dalla percezione dei dati della realtà esterna verso una sempre maggiore
soggettività dei vissuti);
esecuzione programmata di una serie di contrazioni muscolari (attività) in vari
distretti corporei, seguiti da periodi di maggiore durata di detensione muscolare
(passività), con la finalità di addestrare il soggetto a cogliere le differenze tra i momenti di
contrazione muscolare da attività (tensione) e quelli di detensione da inattività
(rilassamento).
L'allenamento alla percezione dei punti di contatto del corpo e l'orientamento mentale
sulle sensazioni che ne risultano hanno la finalità di coinvolgere il corpo intero, e le sue
parti, nell'attività immaginativa, intesa come capacità di rappresentarsi mentalmente
oggetti, persone, ambienti, scene che, al momento, non sono presenti nel campo percettivo
del soggetto.
La contrazione e la detensione muscolare dei vari distretti corporei, oltre ad attivare la
dinamica attività/passività, che é una delle caratteristiche della tecnica considerata,
rendono più comprensibile e realizzabile il rilassamento.
68
Per ottenere ciò si ricorre ad una utilizzazione semplificata della tecnica del
“Rilassamento Frazionato” o “Progressivo” di Jacobson.
Fase della contrazione/distensione immaginata.
Consiste nella ripetizione della fase precedente (contrazione – detensione) senza però
eseguire i movimenti, ma solo immaginando di farli. Questo per accentuare ed affinare la
capacità immaginativa del soggetto (é più facile rappresentarsi mentalmente azioni, atti
ecc. compiuti da poco o con cui si ha familiarità) collegata al proprio corpo.
Fase del inventario corporeo.
Si tratta di una “nominazione” delle varie parti del corpo (a partire dai piedi) sino a
realizzare una sorta di “passeggiata immaginativa” interessante il corpo in toto sia nelle
sue componenti esterne che in quelle interne. Non si tratta però di una forma di autoscopia
nel senso tradizionale del termine, ma di una risposta immaginativa ad una formulazione
ambigua correlata alla parola “interno” o “dentro”.
Verbalizzazione dei vissuti.
L'esperienza di focalizzazione corporea costituita dalle varie fasi é preceduta e seguita
da momenti di verbalizzazione dei vissuti del soggetto.
Costruzione del testo.
Questa fase (che fa parte della “verbalizzazione” successiva all’esperienza) prevede che
la produzione immaginativa emersa costituisca un 'testo' (verbale e/o scritto) che verrà
“letto” in riferimento agli aspetti “formale” e “contenutistico” che lo caratterizzano.
La raccolta di detto “testo” può essere effettuata con modalità differenti in relazione
alle diverse condizioni di utilizzazione della tecnica che, inizialmente appresa con la guida
del terapeuta, viene in seguito sperimentata in maniera autonoma dal soggetto come
progressivo allenamento.
Potrà quindi trattarsi di un “testo” verbalmente “raccontato” dal paziente al terapeuta,
oppure registrato in forma scritta. L'aspetto “formale” è costituito dalla modalità con cui
l’attività immaginativa esprime i suoi “contenuti” privilegiando i diversi canali sensoriali
immaginativi ai cui estremi si trovano quelli collegati al “vedere” e quelli collegati al
“sentire”.
Tra questi estremi si collocano i dati relativi al colore, al movimento, alle valutazioni
ed osservazioni personali. Questa modalità di lettura del testo non riveste un carattere di
rigidità quantitativa ma vuole rappresentare un dato relativo ad alcune tendenze più o
meno costanti che possono manifestarsi nel corso dell’esperienza.
Le variabili modificazioni che possono realizzarsi nella globalità del profilo dei “canali”
utilizzati potrebbero essere considerati come indici della dinamica o della staticità
emozionale interna in atto nei vari momenti della terapia.
I “contenuti” vengono letti facendo riferimento a tre parametri:
Simbolico: collegato alla traduzione dei contenuti emersi in significati simbolici
comunemente utilizzati .
Ad esempio vaso = contenitore = utero = madre ecc.
Relazionale: permette di collegare i contenuti e la loro traduzione simbolica alla
relazione tra operatore e soggetto, ma anche all’atmosfera della seduta in atto o della
terapia in corso. Questo aspetto permette di cogliere i vari movimenti transferali che
69
vengono attivati nel corso del rilassamento (es. vaso = contenitore = utero = madre = tipo
di relazione attivata col terapeuta nella seduta o nella terapia in generale.
Circostanziale o contestuale: in cui vengono considerati i vari elementi che sono
connessi all’esperienza esistenziale del soggetto (la storia, il tipo di rapporti con se stesso e
gli altri, i motivi del suo essere in trattamento, la particolare tecnica terapeutica utilizzata
ecc.).
In questa tecnica, la “distensione" o “rilassamento” non si pone esclusivamente con
finalità terapeutiche, ma viene considerata, anche, quale mezzo idoneo a favorire, tramite
una modificazione dello stato di coscienza, l’attività immaginativa attraverso la produzione
ed il libero fluire di immagini spontanee.
L'atmosfera di tipo regressivo, connessa al vissuto dell’esperienza di passività in
relazione con l’”Altro”, può attivare “animazioni” di tipo “fantasmatico”, a partenza
corporea, non facilmente realizzabili in esperienze di altro tipo.
Il carattere sensoriale di queste “animazioni fantasmatiche” rende più facilmente
coglibili le tensioni emozionali che ne sono alla base, mentre la prevalenza dell'elemento
visivo delle stesse permette una loro traduzione verbale in misura maggiore di quanto non
lo possa fare il pensiero astratto.
Il loro essere correlate a particolari vissuti corporei può infatti far ipotizzare che
costituiscano un’espressione meno mediata dell'attività endopsichica profonda del
soggetto.
Partendo da questi elementi, possiamo ritenere che la tecnica della “Distensione
Immaginativa” può essere utile secondo varie prospettive:
a) quella di poter disporre di un ulteriore mezzo di intervento tanto a livello
diagnostico che terapeutico in tutti quei disturbi o affezioni in cui appare più accentuata la
“somatizzazione” delle emozioni, con riduzione delle capacità di simbolizzazione anche a
livello verbale,
b) quella di rendere possibile un allenamento a comunicare sul duplice registro
immaginativo (corporeo/verbale),
c) quella di fornire al soggetto la possibilità di un progressivo abbandono delle
modalità difensive a livello somatico, tramite l’acquisizione di un progressivo allenamento
al rilassamento,
d) quella di aprire spiragli all’operatore di quanto certe somatizzazioni possano
costituire barriere difensive contro la possibile evenienza di scompensi psicologici.
La Distensione Immaginativa (D/I) può essere considerata come una tecnica a
focalizzazione corporea in cui la “distensione” (intesa come rilassamento muscolare) é
perseguita attraverso un'alternanza programmata di attività/passività (a livello somatico:
contrazione e distensione muscolare; a livello mentale: attività immaginativa).
Questa componente 'somatica' viene utilizzata a livello terapeutico secondo particolari
caratteristiche del “rilassamento” inteso come:
- attivatore della “funzione trofotropica”, e riattivatore mnestico della primaria
“relazione tonica” madre – bambino.
- elemento di “modificazione” del livello di vigilanza che favorisce l'attivazione della
funzione immaginativa del soggetto.
70
La componente “immaginativa” é intesa come capacità di “rappresentazione mentale”
di oggetti, persone, scene (e le emozioni associate), al momento assenti dal campo
percettivo sensoriale del soggetto ed organizzate secondo sequenze narrative e regole
specifiche e particolari, definibili come “mondo immaginale” – “percezione immaginativa”'
– “coscienza immaginante”.
La
tecnica,
attraverso
le
sue
'fasi'
(Contrazione/Distensione
agita
Contrazione/Distensione immaginata – Inventario Corporeo) tende a correlare la
produzione immaginativa ai vissuti del 'corpo in relazione' (regressiva) del soggetto con
l’operatore.
Questa tecnica, che fa propri, modificandoli, alcuni aspetti di diverse forme di
“rilassamento strutturato” e di “imagerie mentale” viene particolarmente utilizzata in
ambito psicosomatico, ambito che pare caratterizzato da un’incapacità elaborativa delle
dinamiche affettive, che vengono esiliate nella periferia biologica del somatico.
Il corpo viene “agito” (fase della contrazione/distensione agita) e “parlato” (nominato
verbalmente nella fase dell’inventario corporeo) a ciò corrispondendo l’attivazione della
produzione immaginativa del soggetto.
In sintesi potremmo definire la “Distensione Immaginativa” una tecnica che utilizza il
ricorso alla distensione (detensione muscolare) per attivare l’immaginazione.
Immaginazione: intesa, a livello operativo,come rappresentazione mentale di eventi
ecc... non presenti, al momento, nel campo percettivo sensoriale del soggetto.
Dinamizzazione dell'immaginazione come attivazione dell'immaginario nel senso, ad
esempio della capacità di creare storie (vicende immaginative).
Che tipo di storie/vicende?
Storie che hanno a che fare (originano) dal “corpo in relazione”.
Ma quale corpo? Quale relazione? Quali storie?
Corpo, un corpo che, dapprima percepito sensorialmente (Körper) in connessione ad
un particolare tipo di relazione si viene connotando come corpo della soggettività vissuta
(Leib).
Evento che è reso possibile con un particolare tipo di: apprendimento, collocazione
spazio/temporale, situazione posturale. Relazione definibile di tipo regressivo.
Cioè una relazione finalizzata ad un apprendimento che utilizza le funzioni corporee
nel contesto di una dinamica tra attività/passività .
In tale contesto si articolano tra loro: i ruoli oggettivi nei quali vi é una persona
(autorevole = che sa) che insegna ad un'altra (bisognosa/desiderante) che ha chiesto aiuto
per eseguire (nella realtà/fantasia) certi compiti.
I ruoli simbolici in cui si realizza una riattivazione di una situazione asimmetrica di
tipo adulto/bambino (tragitto dal bisogno al desiderio).
Le storie immaginative che sorgono, si articolano, si sviluppano, partendo dalla
situazione in cui c’è un corpo in una relazione di tipo regressivo nella quale la realtà
percettiva sensoriale si integra ed amalgama con le costruzioni immaginative.
In questa situazione ciò che fa fluire le immagini (cioè crea le storie) non é la ragione.
E’ la coscienza immaginante con le sensazioni sottese ed il codice di riferimento: non é
quello della logica ma è quello della “analogia”.
Si può concludere considerando la “Distensione Immaginativa” una tecnica
psicoterapica a “focalizzazione corporea” di derivazione “psicodinamica” che chiamando in
causa funzioni “somatiche” e “psichiche” si colloca nell’ambito delle procedure
terapeutiche ad “impostazione psicosomatista”
71
TABELLA ESPLICATIVA DELLA DISTENSIONE IMMAGINATIVA
Tecnica
Basi della relazione
Schultz
Induzione e controllo;
suggestione e
verbalizzazione
Training
Autogeno.
Jacobson
Tipo di approccio
corporale
Segmento dopo
segmento verso
l’unità del corpo
Controllo
“Rilassamento
differenziale”
segmento dopo
segmento
De Ajiuraguerra
rieducazione tonica
Analisi delle resistenze
mediante il “dialogo
tonico”
Considerazione
dell’immaginario
del corpo
Sapir R.I.V.
(rilassamento a.
induzioni multiple o
variabili
(influenza della
psicoanalisi)
Analisi della situazione
di trasferimento in
rilassamento a
induzione multipla
Considerazione
dell’immaginario
del corpo
Alternanza di livelli di
vigilanza in una
dinamica di
attività/passività
(regressione passante
per il corpo)
Dal corpo “reale” al
corpo
“fantasmatico”
Rilassamento
progressivo o
frazionato
Parietti
Distensione
Immaginativa
Progressione
della cura
due cicli:
uno inferiore
(6 esercizi)
uno superiore
(7 esercizi)
Rilassamento
generale
profondo;
rilassamento
differenziale;
decondizionamento
Ciclo inferiore
del training
autogeno e
progressione
della relazione
terapeutica
Ciclo inferiore
del training
autogeno e
progressione
della relazione
terapeutica
3 fasi integrate
(1 agita
2 immaginate)
Scopi espliciti
della cura
deconnessione
dell’organismo;
stati
autenticamente
suggestivi
In vista di una
“inibizione
corticale”
Ristrutturazione
dell’immagine del
corpo,
riacquisizione
simbolica del
vissuto corporale
Ristrutturazione
dell’immagine del
corpo,
riacquisizione
simbolica del
vissuto corporale
Attivazione della
produzione
immaginativa
(creazione di
storie) per
acquisire
simbolismi
correlati alle
funzioni corporee
e mobilizzare
emozioni
“radicate” nel
somatico
Ho riferito ampiamente della Tecnica della Distensione Immaginativa per il fatto che,
se bene applicata, è di grande valore nell'allenamento sempre più completo e profondo a
raggiungere elementi importanti per la ricerca analitica del Profondo Sé.
72
Tecnica della Creazione di Riflessi Condizionati Positivi o
Negativi.
La scuola di Granone, a cui in gran parte si riferisce questa tecnica, poco importante
per l'allenamento agli stati di coscienza modificati, è invece apprezzabile per ottenere
alcuni risultati positivi nella terapia dell'etilismo, dell'obesità, del tabagismo e delle
tossicodipendenze.
Si attua con la creazione di un tipico riflesso condizionato, praticamente eguale al
famoso esperimento di Pavlov nei cani.
Se nella tecnica della creazione di riflessi condizionati positivi o negativi, si suggerisce
al soggetto, in stato di rilassamento profondo oppure, ancora meglio, di ipnosi media o
profonda, una sensazione negativa di rigetto, come nausea, vomito, sudorazione profusa,
tachicardia, palpitazioni, cioè in pratica una esaltazione di fenomeni neurovegetativi, alla
vista dell'oggetto da evitare, come nell'obesità il cibo, nell'etilismo gli alcolici o il bicchiere
di vino, nel tabagismo la sigaretta o il sigaro, nelle tossicomanie la siringa, la pillola, la
bustina di polvere, il soggetto ubbidisce ai comandi dell’operatore sviluppando i fenomeni
suggeriti e lentamente “si allena” ad eliminare completamente il disturbo da combattere.
E' la più vecchia tra le terapie decondizionanti, ma è anche, almeno dagli anni 90, la
meno seguita, perché implica, non solo una preparazione specifica del terapeuta ed una
forte motivazione a questo tipo di “terapia d'urto”, ma anche, e soprattutto, perché poco
accetta al cliente, il quale, dopo la prima o le prime sedute di questo intervento, chiede con
insistenza metodi meno traumatici, sia dal punto di vista fisico che psicologico.
Nello stesso tempo si è purtroppo constatato che questo metodo porta anche a
frequenti ricadute, forse per il fatto che, dopo un certo periodo, il riflesso condizionato
acquisito si attenua fino a scomparire del tutto.
Pertanto è necessario rivedere il paziente spesso, se non altro per un “rinforzo” del
riflesso condizionato creato, il che prolunga “ad libitum” la terapia stessa.
Ad esempio basti ricordare gli etilisti in trattamento con Disulfiram che,
periodicamente, dimenticano di assumere il farmaco, preparandosi al rituale incontro con
il “bene” perduto. In passato questa terapia d'urto è stata utilizzata qualche volta anche da
G. Guantieri, sotto consiglio di Granone, soprattutto nei casi legati o all'etilismo oppure
all'obesità.
La tecnica è stata quasi del tutto abbandonata, almeno secondo le scuole che seguono
le nuove indicazioni specie utilizzando tecniche posteriksoniane, in quanto i risultati si
sono rivelati davvero molto limitati ed anche spesso purtroppo solo temporanei.
73
Tecnica di Sollievo dell’ansia di J. Wolpe o terapia per inibizione
reciproca, oggi chiamata anche "desensibilizzazione sistematica".
La tecnica di sollievo dell’ansia, proposta da J. Wolpe nel 1958, per un graduale e
significativo decondizionamento degli stati ansiosi, si basa sulla teoria della
"desensibilizzazione sistematica" intesa come versioni immaginative dell’oggetto
ansiogeno e pertanto temuto.
Si tratta di una tra le tante terapie cognitivo-comportamentali.
La desensibilizzazione sistematica secondo J.Wolpe consiste dunque nell’assunto che è
sempre possibile ottenere una risposta antagonista all'ansia alla presenza dello stimolo
ansiogeno provocata con visualizzazioni guidate, in modo tale che esse provochino
l'eliminazione parziale o totale della risposta d'ansia, indebolendo gradualmente il legame
esistente tra lo stimolo e l'ansia stessa.
Gli elementi principali che costituiscono la desensibilizzazione sistematica sono:
l'individuazione e l'utilizzazione di stimoli visualizzati che producono risposte in grado
di inibire l'ansia,
il graduale passaggio da situazione-stimolo meno ansiogena a situazione-stimolo più
ansiogena,
la sostituzione di risposte che indicano minore ansia a risposte indicatrici di una ansia
maggiore nei confronti di una stessa situazione stimolo.
Il soggetto in questo modo si allena a percepire lo stimolo ansiogeno come sempre
meno ansiogeno e quindi meno stressante.
Le fasi indicate da Wolpe per ottenere un buon risultato terapeutico sono
1 L'addestramento al rilassamento muscolare il più possibile profondo e completo.
2 La costruzione di una gerarchia di stimoli ansiogeni, in modo da poterli visualizzare
durante il rilassamento.
3 L'abbinamento della gerarchia degli stimoli ansiogeni con lo stato di rilassamento
ottenuto, in modo che siano sempre meno ansiogeni (desensibilizzazione sistematica vera e
propria).
Si parte dall’arresto dei pensieri ossessionanti:
“Basta, ferma questa catena di pensieri”, scrive Wolpe (1973), usando una tecnica
alquanto autoritaria.
La tecnica usata da Meichenbaum sfruttando l’idea a quel tempo innovativa di Wolpe
(1977), si basa su dei punti particolari che riassumiamo.
Procedere seguendo le istruzioni fornite di volta in volta.
Agire insegnando al soggetto a verbalizzare durante lo stato di rilassamento completo
e profondo.
Fornire autoistruzioni a bassa voce, in modo che il soggetto possa ripassarle anche a
casa.
Fornire autoistruzioni che in un secondo tempo possono essere anche pensate.
In un secondo tempo si passa anche alla Teoria delle attribuzioni che sono processi
attraverso i quali il soggetto in terapia interpreta le cause degli eventi e dei fatti che
“avverte” come ansiogeni. (Kelley, 1967).
Osservazione delle cause interne e esterne che forniscono stimoli ansiogeni.
Ricerca delle cause globali e delle cause specifiche che intervengono nei processi
ansiogeni.
Analisi accurata delle cause prossime e remote, stabili e instabili.
74
In un secondo tempo è possibile passare anche ad una analisi degli stili di spiegazione
con i quali il soggetto fornisce i suoi dati e del modo di presentarli o in modo pessimistico,
quando dipendono da una causa interna, globale, stabile oppure ottimistico, quando sono
legati a una causa esterna, specifica e instabile. (Weiner 1986), oppure ancora se si
presentano controllabili e incontrollabili.
Molti dati sperimentali dimostrano che la desensibilizzazione sistematica alla Wolpe è
stata usata con successo nel trattamento di vari disturbi fobici, come la paura di trovarsi ai
piani alti delle abitazioni, della guida dell'automobile, di diversi animali anche miti, degli
esami, di parlare in pubblico, di volare, dell'acqua, di figure autoritarie, delle iniezioni,
della folla ed altre.
Secondo quanto spiega P. Stettini in "Rilassamento e terapia del comportamento",
Psicologia Contemporanea, Vol XII, N° 68, 1985
“L’inibizione reciproca:……….postula che, così come nella formazione delle nevrosi la
risposta fobica si generalizza ad altre situazioni più o meno simili, similmente l’attivazione
di una risposta incompatibile con l’ansia può determinare una generalizzazione nella
estinzione di tale reazione.
In altre parole, se il soggetto, in presenza della situazione ansiogena riesce a produrre
una risposta antagonista all’ansia e quindi in grado di inibirla, il legame esistente tra
questa situazione e l’ansia ne risulterà indebolito. Non a caso Wolpe individuò proprio nel
rilassamento – il rilassamento muscolare profondo – il principale fattore antagonista
dell’ansia.
La Desensibilizzazione Sistematica inizia dunque con l’allenamento del paziente al
rilassamento muscolare, usualmente condotto secondo una metodica che costituisce la
versione abbreviata e semplificata del “rilassamento progressivo e differenziale” di E.
Jacobson ….
Tale metodica, elaborata dallo stesso Wolpe, consente un notevole risparmio di tempo
rispetto alla versione originale, riducendo il training a sole sei sedute di circa venti minuti
ciascuna. Il paziente, nel frattempo, viene invitato ad elencare le situazioni per lui
disturbanti, ordinandole in base al grado di ansia che evocano.
Egli può utilizzare, ad esempio, un “termometro della paura”: alla sommità dovrà
porre, indicandola con “100”, la situazione più angosciosa e alla base, indicandola con “0”,
una situazione neutra, indifferente, graduando quindi lungo la scala le varie situazioni
disturbanti, in base alla intensità di ansia ad esse legata.Per migliorare l’accuratezza di
questa lista graduata di situazioni – definita “gerarchia degli stimoli ansiogeni”:il terapeuta
può eventualmente ricorrere ai questionari opportunamente predisposti e persino a
misurazione diretta di parametri fisiologici con apparecchi GSR, EMG, EEG.
Una volta che il soggetto è in grado di raggiungere, in modo rapido e sicuro, uno stato
di profonda distensione muscolare, si da avvio alla desensibilizzazione.
In stato di profondo rilassamento il paziente viene invitato ad immaginare, per
qualche secondo, dopo una scena indifferente, la scena successiva nella gerarchia, ovvero
quello che, pur disturbandolo, genera in lui un grado di ansia molto contenuto.
Questo esercizio viene ripetuto finché la situazione immaginata non perde il suo
potenziale ansiogeno. A questo punto si procede con le scene successive poste sui vari gradi
della gerarchia.
Se vi sono più gerarchie esse andranno evocate sia singolarmente, sia in combinazione
tra loro. E’ importante per il buon esito della terapia che il soggetto permanga nello stato di
profondo rilassamento per tutta la durata della seduta, onde evitare che la
desensibilizzazione diventi essa stessa ansiogena”.
Ho riportato questo commento di Stettini alla tecnica della desensibilizzazione
sistematica di Wolpe, per far notare come questo metodo sia esattamente sovrapponibile a
75
quello utilizzato per decondizionare dagli stimoli ansiogeni, con il metodo degli stati
ipnotici o anche ipnoidali.
Se lo stato ipnotico è sufficientemente profondo, non vi è alcun pericolo che il soggetto
lo abbandoni a causa di un particolare stimolo ansiogeno, anche se vissuto in modo
traumatico.
Ciò potrebbe invece accadere limitandosi solo al rilassamento muscolare. Pertanto
appare evidente come lo stato ipnotico risulti molto più efficace, anche in questi casi, del
solo rilassamento muscolare anche piuttosto profondo e possa risultare molto più valido
non solo in terapia, ma anche per avviare il soggetto in allenamento verso l'autoipnosi,
praticamente fondamentale in un secondo tempo per inoltrarsi nella ricerca analitica del
Profondo Sé.
Tecniche di Bandura, Skinner, Salter.
Solo un cenno su queste tecniche che hanno alla base sempre uno stato di
rilassamento psicosomatico, più o meno profondo.
La tecnica del Modellamento o socio-cognitiva di Bandura si basa sull'acquisizione, in
stato di rilassamento, di un particolare tipo di apprendimento per imitazione di un
modello, che è solitamente identificabile, ma non necessariamente, nello stesso terapeuta.
Questi, in una serie di sedute anche ravvicinate nel tempo, mostra al cliente come sia
possibile passare attraverso una serie sempre più importante di situazioni ansiogene, senza
sviluppare ansia forte oppure anche veri e propri attacchi di panico.
L'imitazione, in questo caso, diventa molto importante, perché il cliente reagisce,
sentendosi protetto, con la creazione di riflessi condizionati, atti a superare tutte quelle
situazioni che per lui sono fonte sia di ansia che di aggressività.
Un breve cenno sui vari passaggi nell’applicazione della teoria socio-cognitiva di
Bandura, che viene ancora utilizzata da psicoterapeuti ad indirizzo più che altro
sociologico.
Si procede con passi elaborati e personalizzati al paziente.
Si attiva gradatamente un’emulazione di modelli (modelling).
Si pratica un rinforzo indiretto o rinforzo “vicariante”.
Si usa un apprendimento con risposte sempre nuove.
Si utilizza poi un’inibizione o disinibizione delle risposte già apprese nel corso di varie
sedute.
Si sfrutta un’induzione di una risposta già appresa in precedenza.
Si impiega un ulteriore serie di apprendimenti per osservazione del comportamento
acquisito, utilizzando procedimenti di attivazione dell’attenzione, della eventuale
ritenzione di fenomeni inconsci e della successiva esecuzione di tutto ciò che si è appresso
in precedenza.
E sempre necessario creare una motivazione ad imitare i comportamenti che si sono
appresi per imitazione, procedendo poi ad una accurata analisi dell’aggressività latente.
Più avanti sarà anche necessario creare nel soggetto un giudizio personale sulla
propria capacità di affrontare e risolvere i problemi con il metodo della self-efficacy,
mediante l’analisi delle motivazioni che lo hanno portato nello studio, creando vari
rinforzi.
Rinforzo 1. Con il metodo comportamentista analizzare le pulsioni innate o primarie e
quelle secondarie o apprese, come pulsione all’esplorazione ed alla curiosità, pulsione
soddisfatta dall’attività e dal desiderio di benessere e di contatto.
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Rinforzo 2. Si usa la teoria dello stato di attivazione ottimale per raggiungere il livello
massimo di arousal. dato dall’intensità, complessità, e novità dello stimolo, provocando un
riflesso di orientamento, per esempio l’abituazione nei neonati.
Rinforzo 3. Si utilizzano le risposte date dal paziente come agenti rinforzanti,
analizzando lr risposte strumentali che portano ad un premio, oppure tutte quelle risposte
comsumatorie specie-specifiche che indirizzano verso il “piacere/dovere” di farlo.
Tale tecnica si presenta veramente utile per il decondizionamento da attacchi di
panico, ma deve essere condotto solamente da professionisti ben preparati, che sappiano
altresì intervenire se si sviluppano episodi psicosomatici o effetti secondari di una certa
gravità nel corso dell’applicazione della tecnica.
La mente umana agisce è in modo unitario ed 'olistico', per quanto estremamente
complesso. Scindere questa complessità, come avviene peraltro in tutte le tassonomie, ha
soltanto fini espositivi e pratici: proporre agli insegnanti e agli educatori le molteplici
sfaccettature e i numerosi fattori di cui occorre tenere conto nel processo di
istruzione/educazione.
Inoltre, la complessità del funzionamento mentale non può prescindere da variabili
emozionali, affettive e motivazionali che interagiscono continuamente con quelle cognitive
secondo un principio che Bandura (1978) ha definito del 'determinismo reciproco': ciascun
aspetto (cognizioni, emozioni,motivazioni) può essere, di volta in volta, causa o effetto nei
confronti dell'altro.
Secondo questo principio di causalità reciproca, gli aspetti cognitivi (conoscenze:
percezioni, pensieri, memorie; e valutazioni di significati: atteggiamenti, opinioni, valori)
influenzano le emozioni (negative: rabbia, invidia, paura, ansia, vergogna, colpa, tristezza,
e positive: gioia, gratitudine, amore) e ne sono a loro volta influenzati.
Ad esempio, nell'ansia legata ad una prestazione (come l'ansia che un soggetto prova al
momento di essere sottoposto ad un esame), gli aspetti cognitivi sono costituiti dalle
preoccupazioni ('worries') legate alla scarsa auto-stima, alla percezione di non essere
sufficientemente preparati, alla valutazione della importanza dell'esame e delle risonanze
che esso potrà avere sui rapporti con i compagni e con la famiglia, ecc.
Queste preoccupazioni accrescono il livello di ansia dell'esaminando, mentre la
attivazione emozionale (sudore, tremore, agitazione interna, ecc.) a sua volta influenza
negativamente il funzionamento cognitivo, abbassando il rendimento percettivo e
mnestico e innescando così un circolo di interferenze che rende sempre più pesante il
'blocco' emozionale del soggetto (sui diversi meccanismi di apprendimento delle emozioni
si veda il volume di Meazzini e Corao, 1978).
Sia le cognizioni che le emozioni influenzano le motivazioni del soggetto: interessi,
intenzioni, anticipazioni di scopi e programmazione di strategie, che costituiscono la
premessa e la 'spinta' (drive) all'azione. Anche il rapporto tra motivazioni e cognizioni è
biunivoco: da un lato gli apprendimenti cognitivi sono stimolati dalle motivazioni (si può
parlare a questo riguardo di 'cognizioni motivate'), dall'altro le conoscenze progettano e
chiarificano le motivazioni.
La motivazione a viaggiare induce ad approfondire le conoscenze delle lingue
straniere; reciprocamente, le conoscenze circa le caratteristiche di una certa professione
motivano il giovane ad intraprendere il corso di studi che conduce alla professione favorita.
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Parallelamente, emozioni e motivazioni sono pure legate in modo biunivoco: il
prevalere di una emozione negativa come la paura del buio motiva il bambino a mettere in
atto
strategie di evitamento della situazione temuta; reciprocamente, la frustrazione di un
bisogno al cui appagamento si è molto motivati induce stati emozionali di rabbia.
Le cognizioni, le emozioni (e i loro derivati 'stabili', meglio definiti affetti), le
motivazioni e i comportamenti funzionano sempre come un tutt'uno integrato. Nulla
accade che implichi uno degli aspetti isolatamente; ed il funzionamento dei quattro aspetti,
che solo artificiosamente possono essere separati nell'unità della persona umana, avviene
sempre in un rapporto di interazione, coinvolgendo cioé altre persone che si scambiano
reciproci feedbacks in un ben definito contesto culturale e sociale.
Un esempio di integrazione fra molteplici abilità di base: l'apprendimento della
lettura.
Leggere implica un complesso processo di decodificazione dei segni linguistici scritti in
una certa lingua e di comprensione del significato di ciò che l'autore del testo ha voluto in
esso comunicare
(Cornoldi e al., 1985; Sartori, 1992).
Le capacità richieste ad un buon lettore sono, come è noto, almeno quattro: leggere
rapidamente, senza errori, con comprensione del significato e ritenendo almeno la
struttura essenziale di ciò che si legge.
Queste capacità richiedono la integrazione di diverse abilità di base, che devono essere
presenti e utilizzabili contemporaneamente nel repertorio del soggetto: abilità attentive
(focalizzazione, mantenimento, cambiamento); visuo-percettive (analitiche e globali,
percezione spaziale, figurasfondo, costanza percettiva), coordinamento visivo-motorio,
integrazione uditivo-visiva, attivazione semantica, competenze grammaticali-sintattiche,
memoria visiva e semantica.
E' discutibile se queste abilità possano essere considerate, come alcuni autori
ritengono, dei 'pre-requisiti' nel senso che il bambino deve possederle stabilmente prima di
imparare a leggere: si può pensare piuttosto che alcune di esse vengano acquisite
parallelamente all'apprendimento della lettura.
E' però indubbio che un certo livello minimo di queste abilità debba essere presente
già all'inizio dell'apprendimento: si può intendere così il concetto - diffuso nella letteratura
anglosassone – di 'reading readiness'.
In questa prospettiva un accertamento analitico e differenziato delle capacità
possedute dal bambino prima dell'inizio dell'apprendimento appare indispensabile; lo
stesso discorso può farsi per tutte le altre abilità coinvolte in diversi processi di
apprendimento scolastico (per esempio dell'aritmetica).
Bandura A. The self-esteem in reciprocal determinism. American Psychologist, 1978,
33, 344-358. Tr. it. Il sistema del sé nel determinismo reciproco. In: V.F. Guidano, M.A.
Reda (cur.)
Cognitivismo e psicoterapia. Milano, Angeli, 1981.
Bandura, A. Il senso di autoefficiacia. Trento, Erikson 1996.
(estratto dal lavoro: “Psicologia cognitiva e obiettivi educativi - tassonomia e strumenti
di valutazione” Santo Di Nuovo Università di Catania.
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La tecnica del Rafforzamento di Skinner, praticata sempre in stato di rilassamento
profondo, si basa sulla creazione di riflessi condizionati, senza un modello da imitare. In
questo modo si pratica un condizionamento operante a vari livelli e per varie situazioni
stressanti, utilizzando i sia pur minimi miglioramenti e rinforzandoli di volta in volta,
anche con visualizzazioni gratificanti.
“E’ una derivazione del comportamentismo classico, una filosofia della scienza che
nasce agli inizi del 1900, in aperta contrapposizione alle due scuole più importanti
dell'epoca: lo strutturalismo ed il funzionalismo ed ai rispettivi oggetti di studio, la
struttura e le funzioni della mente. Con il comportamentismo, lo studio del
comportamento umano viene effettuato con metodi differenti, ed il campo viene ampliato
alla ricerca della fisiologia e della psicologia animale.
La premessa teorica del comportamentismo è la possibilità di raggiungere la
spiegazione dei fenomeni psichici di ogni organismo animale, a condizione che non ci siano
riferimenti a concetti non suscettibili di verifica e che le spiegazioni siano cercate solo sui
materiali osservati. Si elimina, cioè, ogni richiamo introspezionistico ed ogni spiegazione
analogica.
Guardando alle cause che, nella situazione presente, stanno con evidenza alla base del
comportamento attuale degli individui, la teoria comportamentista contrasta apertamente
con le tradizionali teorie dinamiche, le quali inferiscono i motivi, i conflitti, le disposizioni
dell'individuo.
Watson è l'interprete più convinto della nuova prospettiva di ricerca; egli pone le basi
concettuali che orienteranno tutta la ricerca psicologica statunitense fra le due guerre
mondiali e buona parte di quella europea in seguito.
Lo stesso Watson dice:
"La psicologia, come la vede il comportamentista, è una branca, puramente oggettiva e
sperimentale, delle scienze naturali. Il suo scopo teorico è la predizione ed il controllo del
comportamento. L'introspezione non costituisce una parte essenziale della sua
metodologia, ..."
Watson sostiene che la psicologia ha il compito di studiare le condizioni obiettive che
determinano il comportamento, l'indagine viene limitata all'individuazione del semplice
dato fenomenico suscettibile di misurazione; volutamente si eliminano i contenuti
mentalistici e tutto ciò che riguarda il mondo simbolico, mentale ed intenzionale, non
considerato oggetto di ricerca scientifica.
Importante è stata l'influenza di Pavlov, soprattutto per quanto attiene al carattere
naturalistico e antiintrospezionistico delle sue ricerche.
Il comportamento umano viene spiegato con le stesse modalità che si usano per il
comportamento animale: si individuano catene causali di stimoli e risposte, viste come
unità minimali del comportamento.
Si è detto del comportamentismo che, dinnanzi alla difficoltà o impossibilità di
cogliere gli aspetti interni dell'organismo, si è rivolto unicamente alle connessioni
organismo-ambiente.
Gli stessi comportamentisti contemporanei non risparmiano critiche alla teoria
elaborata da Watson, definendola meccanicistica, riduzionista ed ambientalista;
l'ambiente, infatti, è considerato sempre attivo mentre l'individuo resta passivo finché non
viene stimolato: gli stimoli sono sorgenti di energia che vanno a colpire gli organi di senso
della persona e le risposte sono movimenti ed azioni di parti del corpo.
79
In questo modo si evidenzia l'impossibilità di studiare i fenomeni complessi, anche la
psicologia non può qui essere intesa come scienza storica e dello sviluppo. Il modello
watsoniano verrà sottoposto ad una revisione teorica, concettuale e sperimentale e darà
luogo a due indirizzi che si esprimeranno nelle teorie della contiguità di stimolo e risposta,
rappresentata da Watson e Guthrie e alle teorie del rinforzo con Thorndike, Skinner e
Miller.
L'indifferenza verso la fisiologia e quindi verso le condizioni interne dell'organismo,
propria di Watson, trova una posizione più equilibrata nella revisione
neocomportamentistica, lo stesso si può dire per il campo dei significati fenomenici.
Possono così essere ripresi concetti come fine, motivazione, impulso ed intenzione; si
assiste ad un progressivo abbandono del primitivo riduzionismo e la teoria
comportamentistica diventa più aderente alle modificate condizioni della ricerca
scientifica, con maggiore aderenza alla realtà fattuale.
Il movimento avviato da Watson stimola quindi la ricerca di laboratorio e dà vita ad
una grande varietà di teorie dell'apprendimento; un contributo importante è offerto dal
comportamentismo intenzionale di Tolman, dalla teoria oggettiva del comportamento di
Hull.
Ma sono soprattutto il comportamentismo radicale del già citato Skinner e
l'intercomportamentismo di Kantor a dare forma sistematica alla psicologia del
comportamento, dotandola di posizioni chiare circa l'oggetto di studio, la metodologia ed il
rapporto tra ricerca di base e ricerca applicata.
Skinner, del comportamentismo watsoniano conserva la convinzione che il compito
della scienza psicologica sia prevedere e controllare le variabili che possono influenzare il
comportamento.
A differenza di Watson, interessato solo al comportamento osservabile, egli rifiuta il
dualismo corpo-mente ed è convinto che i processi mentali possano essere studiati con la
metodologia delle scienze naturali.
Skinner ha analizzato sistematicamente e sperimentalmente il rapporto tra il
comportamento e le sue conseguenze nell'ambiente, arrivando così ad evidenziare un
fenomeno non spiegabile ricorrendo ai principi del condizionamento pavloviano, da qui la
necessità di introdurre un nuovo concetto: quello del condizionamento operante.
Skinner effettuò una serie di esperimenti utilizzando la "scatola di Skinner", una
gabbia che gli permetteva di osservare il comportamento di un ratto che imparava a
premere una leva per ottenere del cibo: chiamò la leva risposta e il cibo rinforzo.
Inizialmente l'associazione tra risposta e rinforzo era casuale, in seguito il topo agiva
sull'ambiente per ottenere il rinforzo e l'azione diventa intenzionale. Il rafforzamento del
comportamento può derivare sia dalla comparsa di un rinforzo positivo, sia dalla
cessazione di uno negativo. Skinner studia, inoltre, diversi programmi di rinforzo
intermittente che chiamerà "schedules" di rinforzo, per ottenere risposte analoghe alle
situazioni della vita quotidiana. Uno stimolo originariamente indifferente può assumere
carattere di rinforzo se collegato ad un rafforzatore efficace divenendo in tal caso rinforzo
secondario.
I rinforzi secondari sono operanti in situazioni sociali: il denaro ne rappresenta un
esempio, lo stesso si può dire per i rinforzi verbali di incoraggiamento; i rinforzi primari,
invece, possono presentarsi in situazioni di isolamento sociale.
Altro esponente della teoria comportamentista è Kantor, egli elabora il concetto di
interazione, in particolar modo interazione fra le funzioni dello stimolo ambientale e le
80
funzioni della risposta, Kantor privilegia come oggetto di studio la coordinazione
dell'organismo all'interno di un campo.
I fattori che prendono parte ad un atto comportamentale sono sia le funzioni stimolo,
sia le funzioni risposta, sia i fattori del setting. Del comportamentismo watsoniano, Kantor
dice che:"Il suo più grande merito sta nell'aver promosso l'evoluzione della materia verso
lo status di scienza naturale… Notevoli cambiamenti si sono resi necessari prima che
potesse diventare autentico comportamentismo…".
L'integrazione del comportamentismo radicale skinneriano con l'analisi
intercomportamentale di Kantor, fatta da Bijou e Baer negli anni sessanta, rappresenta la
più recente evoluzione della psicologia comportamentale. Gli studi dei sopraccitati autori
riguardano in modo particolare la ricerca in età evolutiva, tali studi trovano immediata
applicazione nelle pratiche educative.
Dal sito http://users.aliseo.it/angelo.vecchiarelli/
Queste tecniche possono risultare abbastanza utili nel trattamento di alcuni spunti
fobici, soprattutto se essi non sono ancora molto radicati e necessitano comunque in tutti i
casi di professionisti ben preparati a pilotare anche la comparsa di effetti collaterali con
episodi spiacevoli, che non sono poi nemmeno tanto rari.
Il Training Assertivo di Salter si basa più che altro sul rinforzamento graduale
dell'auto-affermazione, attraverso sedute con visualizzazioni guidate, sempre in
rilassamento profondo, nelle quali si incontrano ostacoli sempre più impegnativi da
superare, aumentando gradualmente la forza di volontà contro ogni tipo di situazione
spiacevole o stressante.
Essere assertivi significa vivere esercitando i propri diritti in modo naturale, senza
provare disagio, ma anche riconoscendo agli altri lo scambio o la reciprocità di questa
affermazione.
Alla base della teoria assertiva vi sono concetti “funzionalisti” che definiscono le
“buone maniere” dei rapporti del vivere sociale su regole di norma ampiamente condivise
in quel dato tipo di società. Ne deriva dunque il presupposto che le esperienze sociali sono
stili di comportamento atti a rendere efficace la comunicazione e i rapporti tra le persone.
Secondo questi principi l’assertività è dunque una “filosofia” di vita che condiziona
l’amore e il rispetto degli altri all’amore e al rispetto di sé.
L’assertivo interagisce con l’ambiente senza farsi sopraffare dai condizionamenti,
persegue il suo bene da persona libera e saggia con una attenta valutazione dell’ecologia
delle scelte.
Questo presuppone come punto fondamnetale una buona conoscenza del “mondo
interno personale” con conseguente notevole efficacia nel manifestare le proprie idee, gli
affetti e le emozioni.
In questo modo il soggetto non cade in preda dell’ansia, prevenendo anche disturbi
psicofisici. E’ necessario notare che la psicologia inizia ad occuparsi con molto ritardo
dell’ansia sociale che, nelle sue forme estreme, assume carattere fobico-depressivo.
Nel 1949, l’americano Salter, studioso del comportamento, elabora le prime
interessanti ipotesi sulle cause e gli effetti dell’ansia sociale tracciando il primo profilo
dell’assertività. Essa è oggi utilizzata in ambito clinico per trattamenti a largo spettro di
nevrosi e psicosi. Anche in questo caso, come nei precedenti, il terapeuta deve sempre
essere preparato a pilotare con destrezza l’emersione improvvisa e tumultuosa di contenuti
inconsci per il grande impatto emotivo suscitato nel paziente.
81
Biofeedback.
Con il termine di biofeedback, etimologicamente derivante dalle parole biology e
feedback, si intende una particolare tecnica clinica che tende a fornire ad un soggetto la
capacità di gestire le proprie funzioni fisiologiche, operando un controllo "volontario" su
strutture di norma autonome nelle loro espressioni, come la frequenza cardiaca, il ritmo
del respiro, la pressione arteriosa, ecc.
Il soggetto, infatti, munito di trasduttori ed elettrodi, viene collegato ad una
apparecchiatura capace di misurare, in tempo reale, la modificazione della funzione da
monitorare, fornendo alla persona un segnale di feedback, che di norma è visivo od
acustico e che lo stesso si addestra a modulare di volta in volta, tramite un segnale di
allenamento condizionante.
Biofeedback. Wikipedia.
Il biofeedback (tradotto dall'inglese: retroazione biologica), chiamato anche
biofeedback training, è un metodo terapeutico che riguarda la psicoterapia. Esso è basato
sulla teoria comportamentista ed aiuta il paziente a prendere controllo del suo
comportamento.
L'organismo umano interagisce continuamente con l'ambiente esterno attraverso
l'elaborazione di un comportamento adattativo. Questo è il risultato di processi ciclici che
si possono equiparare a sistemi di controllo interagenti e legati tra di loro. I
comportamenti adattativi sono dei meccanismi di autoregolazione che avvengono spesso
automaticamente e non interagiscono con il campo di coscienza della persona.
Alcuni di questi meccanismi sono regolati dai sistemi neurovegetativo, endocrino ed
immunitario.
A volte l'indipendenza di questi processi dalla coscienza può mancare: ad esempio,
dopo una corsa si può percepire il cuore battere più forte, oppure se un organo ha un
problema si può percepire dolore.
Quando la persona percepisce questi segnali può agire per modificarli, formando un
sistema elementare di biofeedback.
Il biofeedback è l'applicazione di queste osservazioni con le tecnologie opportune.
Questo metodo terapeutico coinvolge nel suo funzionamento tre discipline diverse:
psicologia, fisiologia ed elettronica.
Con il biofeedback, una certa funzione corporea come la tensione muscolare o la
temperatura cutanea viene monitorata con l'uso di elettrodi o di trasduttori applicati sulla
pelle del paziente.
I segnali captati vengono amplificati ed usati per gestire segnali acustici o visivi. Il
paziente può così adottare strategie di controllo per imparare a controllare
volontariamente la funzione monitorata.
Il biofeedback nacque con la diffusione negli anni sessanta della meditazione
trascendentale negli Stati Uniti.
Si osservò che nello stato di meditazione il cervello aumenta la produzione di
particolari segnali detti onde alfa. Addestrando il soggetto sulla sua produzione di onde
alfa si può aumentarne la produzione ed aumentare così il rilassamento.
Alla base della terapia di biofeedback si trova la teoria comportamentista. Questa è
composta da tre caratteristiche essenziali (il rinforzo positivo, il rinforzo condizionato e la
generalizzazione) che intervengono strettamente nei processi di apprendimento. Le tre
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componenti della teoria comportamentista permettono di interpretare e gestire
correttamente le terapie di biofeedback.
.
Gli aspetti fisiologici misurabili sono diversi e riguardano più frequentemente:
frequenza cardiaca, pressione arteriosa (sistolica e/o diastolica), temperatura e
conduttività cutanea, solitamente misurate a livello dei polpastrelli delle dita, onde EEG,
elettromiografia (EMG), numero degli atti respiratori ecc.
È possibile intervenire quindi sia su parametri di cui l'individuo non è quasi mai
consapevole, sia modificarne altri, come nel caso dello EMG, in cui può esistere,
indipendentemente dall'utilizzo di apparecchiature di misurazione, una conscia capacità di
valutazione dello stesso come per la tensione o la distensione muscolare.
La metodica si basa su quattro fasi:
1. Apprendimento e addestramento in varie fasi con modalità diverse, tenendo conto
delle aspettative e delle condizioni psicosomatiche del paziente.
2. Sviluppo delle capacità di autocontrollo del soggetto, con un allenamento
progressivo e condizionante.
3 .Strutturazione di automatismi particolari con i quali il soggetto dapprima
volontariamente e successivamente inconsapevolmente opera un costante aggiustamento
dei parametri fisiologici interessati.
4. Sedute periodiche di follow-up, sempre più distanziate nel tempo, allo scopo di
mantenere l'apprendimento acquisito, che andrebbe altrimenti perduto nel tempo, dato
che si tratta sempre di apprendimento temporaneo e non permanente.
Per addestrare il cliente è necessario collegarlo all’apparecchiatura e, dopo alcuni
minuti necessari per valutare e stabilizzare i parametri di base del soggetto, si potranno
suggerire situazioni “stressogene” come invitare l’esaminando a contare all’indietro da
10001 sottraendo il nr 7, seguite da altre più rilassanti.
I segnali di feedback, indicheranno immediatamente il grado di stress cui egli è
sottoposto.Nella maggioranza dei casi il soggetto impara a “rilassarsi”, prendendo
coscienza di tutto quello che avviene nel suo organismo, attraverso lo spostamento di un
cursore a Led luminosi, o mediante la riduzione del segnale acustico del sistema feedback.
È importante anche la funzione dell’esaminatore; questi infatti oltre a fornire i citati
input, è in grado di intervenire direttamente nel modulare artificiosamente i segnali di
feedback.
Questo è necessario solo in presenza di soggetti “resistenti”, i quali possono essere
aiutati, nelle prime sedute, da risultati gratificanti, funzionalmente fornitigli
dall’operatore.
È anche possibile utilizzare tali apparecchiature per misurare la modificazione di
funzioni fisiologiche nel corso di normali sedute di ipnosi naturalmente senza segnali di
feedback al soggetto, consentendo una quantificazione dei cambiamenti intervenuti.
Tale procedura è di fatto prevista nei trattamenti con biofeedback, nelle fasi successive
a quelle di apprendimento, per emancipare il soggetto dal segnale di feedback e quindi
dall’apparecchiatura.
Le applicazioni possibili sono diversificate e riporto uno schema sintetico estratto da
G.B. Cassano ed AA, Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, 1993. che le elenca
sinteticamente:
Medicina Riabilitativa Postumi di Ictus cerebrale EMG-biofeedback (BFB)
Disturbi del movimento volontario – EMG-BFB
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Trattamento della spasticità – EMG-BFB
Medicina Psicosomatica
Cefalea muscolotensiva – EMG-BFB
Emicrania vascolare – Thermal-BFB
Disturbi funzionali cardiaci – Cardiopulse-BFB
Morbo di Raynaud – Thermal-BFB
Ipertensione essenziale – PWV-BFB
Asma – EMG-BFB, Electrodermal-BFB, feedback delle resistenze dell'albero
respiratorio
Ostetricia
Preparazione psicofisica al parto – EMG-BFB, Electrodermal-BFB
Neuro psichiatria -infantile Disturbi del comportamento su base ansiosa ed
ipercinetica – EMG-BFB, Electrodermal-BFB
Neurologia
Epilessia – EEG-BFB
Odontoiatria
Sindrome dolorosa miofacciale – EMG-BFB
Trattamento dell'ansia connessa ad interventi odontostomatologici – EMG-BFB,
Electrodermal-BFB
Sessuologia
Impotenza psicogena
della tumescenza peniena,
Thermal-BFB
EMG-BFB, Electrodermal BFB, biofeedback
Eiaculazione precoce – EMG-BFB, Electrodermal-BFB
Vaginismo EMG-BFB, Electrodermal-BFB, biofeedback del tono muscolare vaginale
Psicoterapia
Disturbi d'ansia – EMG-BFB, Electrodermal-BFB
Insonnia – EMG-BFB, Electrodermal-BFB, EEG-BFB
Questa tecnica appare controindicata sia in soggetti affetti da turbe psichiche maggiori
quali psicosi e disturbi dissociativi, sia nei portatori di pacemaker.
Particolare attenzione va operata nei soggetti affetti da disturbi di conversione, a causa
delle caratteristiche psicodinamiche di tali disturbi, che possono sconsigliare o
controindicare l’uso del biofeedback.
Desidero infine ricordare come tale tecnica possa trovare valido impiego in campo
sperimentale, come già detto, per studiare i cambiamenti realizzabili con i vari stati di
coscienza modificati neurofisiologici degli stati ipnotici.
Sono state infatti riscontrate significative modificazioni sia su soggetti alle prime
esperienze ipnotiche, sia su altri già esperti con variazioni di ±5 C° rispetto alla
temperatura base e ottenute in pochi minuti al polpastrello di un dito, con semplici
suggerimenti di calore o freddo.
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Stati ipnagogici ed ipnopompici.
“Le immagini eidetiche, vivide e reali, che si formano spontaneamente prima
dell’addormentamento o subito prima del risveglio, quando si è già in stato di relativa
consapevolezza, ma gli emisferi stanno entrando o sono ancora immersi in uno stato di
parziale inibizione corticale”.
Di norma sono immagini che seguono un loro svolgimento, quasi come dei flash, ma
che non presentano nessun legame con eventuali pensieri precedenti.
Nascono e si sviluppano in modo completamente autonomo e continuano il loro
percorso lungo un filo che non possiede alcuna relazione logica pratica Sono praticamente
indipendenti dalla volontà e si sviluppano, si moltiplicano, si fondono, si avviluppano fino
all’entrata nel sonno profondo, nel sonno senza immagini e senza sogni che si possano
ricordare, ove però esiste ancora un tipo di pensiero circolare o paradosso, oppure, per le
immagini ipnopompiche, fino al risveglio.
Di loro colpisce, non solamente la loro assoluta indipendenza, ma anche e soprattutto
il fatto che non hanno un andamento logico, ma piuttosto sembrano immerse “in un altro
mondo di tipo alogico od illogico” ove lo spazio ed il tempo procedono in modo
completamente diverso da quello normale di tutti i giorni e ove compaiono logiche diverse
o vari sottosistemi di logica, completamente distinti tra di loro.
Sembrerebbero quasi momenti di vita in altre dimensioni, ove la tesi e l’antitesi non
confluiscono, come in veglia, in una sintesi logica, ove si raccoglie il frutto delle conoscenze
e delle esperienze di ogni giorno, ma invece piuttosto in una successiva nascita di nuovi
problemi, di nuove istanze, di nuovi concetti, di nuove ricerche, di particolari momenti di
attività creativa che a volte, ma non sempre, aumentano di molto la cosiddetta conoscenza
superiore, quella conoscenza cioè che è il frutto non solo di esperienze dello stato di veglia
vigile, ma anche di quelle acquisite in tutti gli altri stati di coscienza modificati.
Le immagini ipnopompiche e ipnagogiche quindi vanno rivalutate proprio per il loro
intimo meccanismo, in grado di avviare, sia pure solo in soggetti allenati, verso “quei
molteplici momenti di vita diversi ed affascinanti” che si possono sperimentare in molti
stati di coscienza modificati.
Di particolare importanza anche la loro analisi, se qualche volta si riesce a ricordarne
qualcuna, in modo particolare forse più al momento del risveglio.
Anche se presentano un andamento poco logico o addirittura illogico, divengono utili
come allenamento mentale per risvegliare l’attività fantastica, in modo particolare nel
campo delle creazioni artistiche, che così divengono molto più attive, anche se a volte,
come dimostrano parecchi artisti, non fanno parte del mondo del reale, entro il cammino
del pensare logico di tutti i giorni.
Lo stato di relativa inibizione corticale che le accompagna favorisce infatti, a tutti gli
effetti, un legame più stretto con l’attività dei centri sottocorticali e dei nuclei della base.
Ne consegue certamente un parziale ritorno all’arcaico che vive dentro ogni essere
umano con conseguente emersione a volte addirittura di ricordi ancestrali, legati alla
memoria della specie o memoria filetica, eminentemente adattativa, dal momento che
contiene in sé la prolungata esperienza adattativa della specie.
In questo modo, attraverso le esperienze immaginatorie ipnopompiche o ipnagogiche,
la memoria adattativa trova il modo, non solo di rinforzarsi, ma anche di esprimersi sotto
forma di caratteristiche proprie, per noi ancora quasi completamente incomprensibili.
85
CENNI SUL SONNO E IL SOGNO.
Dagli stati ipnagogici quasi sempre si entra nel sonno e pertanto per questo
importante motivo mi permetto a questo punto di inserire queste mie osservazioni, in
terzina dantesca, con la speranza (inconscia) che possano essere maggiormente recepite,
proprio per questo, anche a livello conscio.
Ho citato poi qualche brano di autori interessati all’argomento, in modo da rendere
più chiaro il concetto che anche il sonno e il sogno rientrano nel grande campo degli “Stati
di Coscienza Modificati Neurofisiologici”, naturalmente con caratteristiche proprie e ben
diverse dagli altri stati modificati.
Vorrei cantar, siccome il grande Omero,
in su la cetra certi fatti e dati
che dall’inconscio come sempre invero
fin dentro il sonno vengono inviati
con fantasie spesso a passo lento.
I sogni son, di norma censurati.
Dobbiam tener lo spirto molto attento
nel valutar i sogni e anco il sonno
ché lor si perdon facili nel vento
e pur essendo sempre il nostro donno,
ancor non diamo a lor il lor valore
perché spiegarli sol in pochi ponno.
Sappiam infatti che ci vuol fervore
nel penetrar l'arcano lì sotteso,
pur se si studia con un grande amore,
per dare un volto al molto non compreso,
nel mondo invero strano e senza senso,
laddove tutto non è mai paleso.
Il sonno ci può dar il suo consenso
se lo si studia dunque come vero
con tutto quel che dentro c’è d’immenso,
seppure ascoso come in un maniero,
nel campo vero della conoscenza
dell'Io profondo immerso nel mistero.
Sonno non Rem, entro il qual la scienza
calar non può per ora il suo desio;
attività simil pensiero, lenza
immersa nel gran mare dell’oblio,
dal qual emerge quel di noi passato,
che sale dal profondo verso l'Io,
in modo che sia tutto ben dosato,
che tutto vada bene nel cervello,
che mentre dorme vien ricaricato.
86
Ed ora un cenno al sonno più bello
il sonno Rem, dai sogni a colori,
il sonno che porta l’ampio fardello,
di tutte le ansie, di tutti i dolori,
racchiusi da sempre nell'ancestrale,
quando si visse in mezzo agli orrori.
Così si fan strada, in modo geniale,
gli schemi fissi comuni ed eterni,
ancor legati alla forza vitale,
pur sempre ricchi di simboli alterni.
Archètipi son, pronti a parlare,
in mille modi, paterni e materni,
sottili purtroppo da decifrare,
ma che porteran, nel corso degli anni,
verso quel ben che ben fa sperare.
E pure lontani da tutti gli inganni
del nostro pianeta, giungla d'asfalto,
ormai ripieno di molti malanni,
dove s’eleva sempre più in alto
il sacro nume del vile danaro,
nei duri di cuore più del basalto.
Il sonno ed il sogno fungon da faro,
se nella sera la nebbia s’addensa,
la nebbia scura con dentro l'amaro
di tanti errori che vita dispensa,
da quando il corpo è troppo curato
e alla mente nessuno più pensa.
Il sogno dunque è grande alleato,
pur se bisogna saperlo capire
nel suo linguaggio purtroppo sfocato,
cercando sempre quel che vuol dire,
in ogni campo, sia buio, sia bello;
perché di certo ci vuol favorire.
Facciamolo nostro questo gioiello,
dandogli tutto l'amore del cuore
per ritrovarci un nuovo cervello
e della vita l'antico sapore,
quando la mente invero sapeva
il grande bene del sogno, signore
87
di quell’inconscio che già conosceva
tutto l’ascoso più dentro la vita,
disperso più tardi dai figli di Eva.
Con nuovo vigor giochiam la partita,
onde cercare risposte con cura,
alle domande di tutta una vita,
che forse il sogno, con grande premura,
porge nel sonno a tutti i mortali,
spesso donando quell’apertura,
che si propone di mettere l’ali
a chi contempla visioni future
volando più in alto, oltre quei mali,
fonti perenni di mille paure,
dentro racchiuse nel nostro profondo,
che mai ci dan certezze sicure.
Inconsce paure d’un vecchio mondo,
oltre, ben oltre il tempo passato
allor che nel sonno un Io tremebondo
si rivolgeva al nume adorato
che dando risposte spesso fumose
accontentava il gramo malato
con delle promesse alquanto radiose,
dandogli il modo di ben sopportare
le prove più dure ed anche penose.
Sì che il tapino andava a pregare
nei grandi templi a lui dedicati,
offrendogl’in cambio le cose più care.
I sogni vanno per bene studiati,
in modo sereno, tutto speciale,
per lungo tempo, da veri scienziati.
Lor danno spesso un soffio geniale,
aprendo d’incanto tutto quel mondo
ch’offre a ciascun la via personale
onde scrutare più dentro il profondo
che solo così riesce a parlare,
nel mentre il Sé diviene fecondo
nell’allenarsi a come calcare
le vie più ampie dell’infinito
guarendo col tempo da molte tare,
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ereditate a mo’ di vestito
lungo il fluire di ere passate
da chi con frode ci aveva tradito,
con belle promesse anche giurate
di conquistar una vita perenne,
di ammassare oro a palate,
d’aver un bel corpo, sano ed indenne
da ogni gene malo e corrotto,
svelto, robusto e sempre ventenne.
Facciam che i sogni servan da motto
per l’alma inquieta che cerca sollievo
in un pianeta purtroppo interrotto,
nel buio profondo del Medio Evo,
dal modo normal di ben avanzare
a causa di ciò ch’è rimasto coevo.
Molto ci resta ancor da studiare
in questo campo dal fascino arcano,
in questo mondo tutto da amare,
onde capire almen qualche brano
di quel discorso ben preparato,
di cui sol il sogno è vero sovrano,
ma che ci proviene solo da un lato,
il lato legato alla ragione,
nel mentre il resto resta abbozzato
nell’intuizion, quel magico sprone
nel far svelare nozioni nascoste
proprio fin dentro ogni neurone.
Orsù esponiam feconde proposte
che faccian varcar nuovi orizzonti
per allevare speranze riposte
sul come affrontar sicuri confronti
su sonno e sogno nel loro complesso
e darne nel tempo bei resoconti,
magari financo in qualche congresso,
con prove evidenti, onde parlare
in qualche modo del nostro successo
in questo studio che insegna a trattare
come conviene essere all’erta
e stati diversi ben conciliare,
89
offrendo così libera offerta
di fantasie davvero geniali,
di simbolismi in avanscoperta,
con aforismi non certo banali,
con miti e fantasmi di dentro impressi
lungo i millenni coi rituali,
che sfocian purtroppo anche in eccessi,
con sacrifici perfin tra gli umani,
e consultando financo gli ossessi,
che a volte preparan dei fatti strani,
di cui ancor oggi tutta la scienza
non sa spiegare che pochi brani.
Di tutto ciò rimane parvenza
nell’importante ancor da chiarire
nel grande campo della coscienza,
nei sogni tutti, ch’è come morire,
nei quali passiamo un terzo di vita,
senza saper dov’andiamo a finire,
o forse laddove si trova l’uscita
per altri lidi, per altri universi,
alla scoperta di forme di vita,
o d’altri mondi del tutto diversi,
con abitanti legati a lor terra,
forse cortesi oppure perversi,
con simbol la pace oppure la guerra,
forse malati oppur sempre sani,
nell’universo che vita rinserra.
I sogni per noi non son dunque vani,
saperli però capire bisogna,
come ci narran i testi lontani,
che molto spesso fur messi a la gogna
da chi credea di tutto sapere
intriso invece di grande menzogna.
Ma forse un giorno il nostro parere
che i sogni sian pensieri profondi
da coltivare non sol per piacere
ma per non esser a niuno secondi
durante il tempo nomato riposo,
curato sarà da ingegni fecondi.
90
Allora tutto sarà più fruttuoso,
il terzo di vita nei sogni trascorso
sarà per noi vieppiù numinoso.
E’ chiaro dunque il nostro discorso:
su ciò che pensiam del sonno e dei sogni.
Ma fare dobbiam un nuovo percorso
tenendo presenti tutti i bisogni
del caro lettore sì compiacente
d’averci seguito nei nostri sogni,
in modo perfetto e ben producente,
lungo il sentiero alquanto fecondo
del consultarsi con l’altra mente,
del sonno non rem, del sonno profondo,
dove ragione di veglia non vale,
perché si resta più fuori dal mondo,
che forse sarebbe il nostro ideale
onde allargar la nostra coscienza
e tutto ciò che indentro ci cale.
Così s’arriva in piena coscienza
alla ricerca dell’anima vera,
ch’ancora dimostra qualche carenza,
in modo speciale se si fa sera
dentro la mente, per vari motivi,
quando gli stressors la rendono nera,
non più capace di moti affettivi,
non più capace di stimoli veri,
ma sol d’impulsi anche aggressivi.
Facciamo nostri i due emisferi
per ritrovarci dei sogni più chiari,
onde capire i vari misteri
che nostra coscienza tiene più cari
porgendo in offerta quando dormiamo,
con la speranza che siano fari
per costruirci, per ciò che possiamo,
vita migliore e un’anima chiara,
solo che lesti noi lo vogliamo.
Il tempo incalza, inizia la gara
tra quanti vorranno il sonno chiarire
e tutto ciò che la mente prepara
91
nel corso dei sogni, onde scoprire
e forse capire quanto di bello
ascoso si cela nel nostro dormire,
vieppiù silente nel nostro cervello
quand’al mattino in pochi momenti
tutto sparisce ad ogni livello,
e ci troviamo passivi e sgomenti
per non sapere che pesci pigliare,
nel bel vissuto pien di fermenti
che ci poteva dunque guidare
in narrazioni di ricche esperienze
e sulle quali più val meditare.
Ancor non si sa se simil carenze
per noi si celin nella memoria
o se invece a forti esigenze
di render chiara di noi la storia,
siccome un giorno predicava Gesù
per tramutar la miseria in gloria.
La mente val di sicuro di più,
quand’ascosa in un buon cervello.
Convien liberarla dai molti tabù,
ed anche credo dall’ampio fardello
che la trattiene legata al pianeta
ove lei trova ben poco di bello.
Ad alto livello è la sua méta
ond’incontrar molte menti gemelle
e ritrovare la porta segreta
che porta d’un balzo fino alle stelle.
Angelico Brugnoli
Tutti gli esseri viventi hanno una sorta di orologio biologico che influenza alcuni
processi fisiologici e che condiziona le ore di veglia e quelle di sonno.
Il sonno d’altra parte è un processo naturale biologico che permette, attraverso
meccanismi ancora poco chiari, la ricarica delle energie perdute e consente anche un
corretto utilizzo di quello che chiamiamo "ritmo circadiano" per le varie necessità di ogni
giorno.
Il ritmo o ciclo circadiano (dal latino circa diem circa un giorno), il quale regola
attraverso l'azione di messaggeri chimici e nervosi i processi organici che avvengono ogni
giorno nel nostro corpo come la respirazione, la circolazione, la digestione, l’emuntorio
renale, la crescita e il ricambio cellulare.
92
Questo ritmo regola anche l'alternanza dei periodi di sonno e di veglia con un
intervallo di solito piuttosto regolare e costante all'interno del ritmo circadiano.
Un ciclo regolare di sonno e veglia determina quello stato di ben-essere, tanto invocato
al giorno d’oggi proprio nei centri di benessere.
Durante il sonno il livello basso di adrenalina e di corticosteroidi, che sono gli ormoni
associati alla condizione di veglia, danno la possibilità all'organismo di sfruttare i più
elevati livelli di ormone della crescita, prodotto dall'ipofisi nelle ore notturne.
Dormendo diminuisce lentamente la temperatura corporea fino a raggiungere circa un
grado meno del valore serale.
La luce, penetrando nell'occhio attraverso il nervo ottico, manda un messaggio
all'epifisi che, in base alla quantità di luce in arrivo, blocca o stimola la produzione di
melatonina.
Il buio determina la produzione di questo ormone che dà il segnale all'organismo il
quale rallenta lentamente le sue attività e si prepara al sonno.
Ormai si è stabilito che esistono varie fasi del sonno, che sono reperibili e visibili
attraverso l’elettroencefalogramma (eeg), con la produzione di vari tipi di onde.
Attraverso l’eeg infatti si sono potute evidenziare durante il sonno due fasi principali:
la fase non-REM - sonno ortodosso
la fase REM - sonno paradosso
Il termine REM deriva dal fatto che durante tale fase gli occhi si muovono con
movimenti ritmici rapidi (dall'inglese rapid eye movements = movimenti oculari veloci).
In questa fase, che si verifica normalmente 4 o 5 volte per notte, si fanno sogni molto
intensi.
Il termine sonno paradosso deriva dal fatto che l'elevata attività celebrale e i rapidi
movimenti oculari che caratterizzano questa fase sono in contrasto con il grado di generale
rilassamento muscolare.
Durante la notte si verificano diversi cicli del sonno della durata di 90-100 minuti
caratterizzati dal passaggio attraverso vari stadi del sonno e la fase REM.
stadio 1
L'attività celebrale rallenta e le onde alfa dell'elettroencefalogramma, che sono tipiche
dello stato di veglia in rilassamento ad occhi chiusi, vengono sostituite da ondulazioni
abbastanza regolari.
stadio 2 - "Sonno leggero"
In questo stadio prevalgono le onde con brevi esplosioni di attività celebrale, "fusi del
sonno".
stadio 3 - "Sonno profondo"
Le onde cerebrali diventano lente e grandi.
E' il primo sonno vero e dura circa la metà del tempo totale del sonno.
stadio 4 - "Sonno profondo vero"
E' quello del sonno al massimo della profondità In questo stato il nostro organismo
riprende le energie perdute.
Le onde corrispondenti all'attività cerebrale di questo momento sono piuttosto lente.
Le fasi di sonno REM, della durata di circa 15 minuti, sono caratterizzate da sogni
intensi e da movimenti oculari ritmici e rapidi.
93
Nel corso della notte diminuiscono progressivamente le fasi di sonno profondo e
aumentano di durata e di intensità le fasi REM.
Un giovane adulto arriva al sonno REM più o meno 90 minuti dopo
l'addormentamento; questa fase, che si ripete all'incirca ogni 2 ore, dura sempre un po' di
più fino ad arrivare al momento più lungo che precede il risveglio.
I vari studi fatti sul sonno concordano nell'affermare che sia il sonno REM che quello
non-REM sono necessari per essere in buona salute, ma ancora non si conosce bene il
ruolo specifico di ognuno.
Sappiamo che durante il sonno non-REM si ha una produzione elevata dell'ormone
della crescita che si pensa sia vitale per la salute fisica, mentre nel sonno REM aumenta il
flusso sanguigno verso il cervello e questo potrebbe essere utile per la salute mentale.
Se una persona è disturbata in fase REM o nel momento di sonno profondo,
facilmente presenta sintomi di stress e di nervosismo.
La durata ottimale del sonno è troppo personale e soggettiva.
Alcuni pur con sole cinque ore di sonno sono in ottima salute e in piena attività fisica e
mentale.
Altri invece anche con sette-otto ore avvertono segni di stanchezza e sonnolenza, in
modo particolare dopo i pasti.
Importante è la qualità del sonno piuttosto che la quantità che varia secondo le
esigenze personali.
E' comunque noto che il fabbisogno di sonno diminuisce con l'età:
Il sonno essenziale, determinato da sonno profondo e da sonno REM, è quello
maggiormente riposante: succede che anche chi dorme poco, riesce comunque a soddisfare
la sua esigenza quando dorme di questo sonno essenziale.
Le caratteristiche psicologiche personali sembra che possano in qualche modo
determinare l'esigenza nei confronti del sonno.
Si nota infatti che la persona estroversa, efficiente, lavoratrice accanita, bramosa di
successo e sicura di sé generalmente dorme poco.
Il soggetto che facilmente si preoccupa, si inquieta anche per le piccole avversità della
vita, che è insoddisfatto di sé, un po' nevrotico, creativo tende a dormire per tempi più
lunghi.
Imparare a conoscere le esigenze personali significa anche evitare inutili stress.
Infatti spesso andare a coricarsi troppo presto e non riuscire ad addormentarsi
velocemente può creare il dubbio di avere un problema anche serio, quando in realtà
basterebbe cambiare leggermente l'orario e adeguarlo all’esigenza fisica soggettiva.
Quando, per un qualsiasi motivo, perdiamo ore di sonno, manifestiamo un po' di
stanchezza il giorno dopo, ma certamente questo non è dannoso per la salute.
Il sonno perso viene recuperato facilmente il giorno successivo proprio grazie alla
capacità di autoregolazione del nostro organismo.
Esiste un tempo minimo e indispensabile alla sopravvivenza che deve essere dedicato
al sonno.
Il corpo ha bisogno di dormire almeno due ore al giorno per vivere e l'orologio
biologico determina anche il numero massimo di ore da dedicare al sonno: 15 ore.
Questi dati sono il risultato di esperimenti eseguiti su persone le quali, dopo essere
state private del sonno per tempi lunghi, non dormirono mai per più di 15 ore consecutive.
Un debito di sonno viene recuperato dal corpo con una sola notte di riposo.
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Un fatto discusso è quello del sonnellino pomeridiano, abbastanza comune nella
nostra cultura mediterranea.
Dormire nelle ore pomeridiane può aiutare, può avere un effetto benefico, può dare un
piacevole sollievo; ma non può sostituire il sonno notturno, ne si può pensare di
recuperare le ore di sonno perse durante la notte con il sonnellino del pomeriggio.
Per me, per esempio, una pausa di sonno dopo pranzo, a volte anche di soli dieciquindici minuti, è sufficiente per rimettermi in gamba fino a tarda sera.
Ad ogni modo la siesta pomeridiana non dovrebbe mai durare per più di trenta minuti,
perché con un riposo più lungo si potrebbe cadere nel sonno profondo non rem, dal quale è
poi difficile risvegliarsi in fretta e in piena veglia.
A volte infatti quando succede ci si sente più stanche e affaticati di prima del riposo.
Sentiamo ora Aurora Smeriglio, del consiglio direttivo di messinaweb, ci inoltra con
perizia e competenza nell’abisso dei contenuti dei sogni nel suo lavoro “Il Sogno. e
Occidente ed Oriente. Esplorazione negli abissi dell’Anima”.
Sito: http://www.messinaweb.eu/home
“Sommando le ore che nell'arco di tutta una vita dedichiamo al sonno, ne risulta che
complessivamente trascorriamo 23 anni a dormire e ne impieghiamo ben quattro
sognando.
Dormire non è tempo perso, ma un processo, biologico e psicologico assieme, utile per
il nostro benessere e per la nostra salute.
Il sonno, dona all'uomo il ristoro del corpo e la magia dei sogni. Imparando ad
ascoltare la voce del sogno, che proviene dai livelli più profondi della nostra anima, è
possibile raggiungere un’autoconoscenza. In altre parole, apprendere informazioni su di
noi che celiamo a noi stessi. I sogni, anche quelli più angosciosi, costituiscono un
importante patrimonio interiore.
Il merito storico di Sigmund Freud fu di assegnare al sogno un significato psicologico,
individuabile attraverso il lavoro analitico dell'interpretazione, concependo il sogno come
il risultato di un processo psichico.
Secondo Freud è dall'inconscio dell' individuo che si originano i sogni. L'inconscio
esprime essenzialmente desideri, che nel sogno trovano una loro "realizzazione
allucinatoria". Il sogno è quindi la rappresentazione dell' appagamento mascherato di
desideri repressi in un modo tale, e tramite immagini, che assicurano che loro intima
natura non sia svelata.
Secondo, Carl Gustav Jung, i sogni potevano essere letti col metodo prospettico, con
uno sguardo sul futuro, il che consentì a Jung di osservare nel vissuto onirico, le linee di
sviluppo della crescita psicologica, a partire dalla potenzialità che nel sogno si manifestino
"cose non ancora realizzate".
Un'altra differenza rispetto al modello freudiano, sta nel fatto che, secondo Jung, il
sogno può rappresentare oltre che contenuti dell'inconscio personale, anche temi propri
dell' inconscio collettivo, intesi come parte della nostra psiche che conserva simboli
universali detti archetipi che non provengono da acquisizioni personali, ma che sono
ereditati dalla specie, come risultato della storia dell'umanità a partire dalle origini.
Secondo la concezione junghiana all' inconscio collettivo vanno ascritte la produzione dei
miti, delle idee religiose, delle visioni e dei sogni, poiché persone di culture differenti
possono spontaneamente attingere da un comune immaginario simbolico. Jung scrive
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trattarsi di "grandi sogni”, ossia di sogni ricchi di significato che provengono da questo
strato più profondo della psiche.
E’ necessario puntualizzare che Jung fu particolarmente interessato al Buddismo e alle
filosofie orientali, tanto da indurlo a scrivere la prefazione alla prima traduzione
occidentale del classico buddista “Il libro tibetano dei morti “ (Il Bardo Thodol). Da questa
prima traduzione, ricca purtroppo di termini impropri, quale quello di “mente unica” al
posto di “natura della mente pura dalle origini”, Jung giunse ad un’interpretazione erronea
associata all’incoscio, da cui appunto “inconscio collettivo”.
Potremmo quindi definire il sogno di tipo Junghiano come "sogni del Sé", e di "sogni
dell' Io", freudiani. Il "sogno del Sé" di solito è un tipo di sogno che compare a colori, che
ha un' evidenza netta, non si fa fatica a ricordarlo al risveglio; ma, è il sogno che si impone
alla coscienza.
Invece i sogni dell' Io hanno a che fare con la pulsionalità, col desiderio, con
l'aggressività. In questi compaiono anche figure importanti della nostra vita ordinaria,
figure genitoriali, amici, parenti, ... in questo caso però, per quanto il sogno possa essere
significativo, non ha mai quel valore di orientamento che hanno i sogni del Sé, e non hanno
soprattutto quell'evidenza sensoriale, quel vero e proprio effetto numinoso di cui parla
Jung.
Il sogno può anche servire per trovare risposte originali a dei problemi: il metodo dell'
"incubazione onirica" consiste nel formulare in modo chiaro la domanda al nostro
inconscio e al risveglio annotare i contenuti emersi dal sogno.
Ogni singolo individuo è creatore di un personalissimo "dizionario dei simboli", pur
considerando che esistono dei simboli comuni a tutti gli individui. Se ne citano un paio,
come ad esempio:
Automobile e mezzi di trasporto= rappresentano il desiderio di guidare la nostra vita;
complicazioni nella guida o nello sterzo esprimono ansia circa l'autocontrollo; problemi
con i fari o i tergicristalli difficoltà relative al conoscere dove si sta andando.
Casa= rappresenta la psiche del sognatore: consiste di stanze e piani con funzioni
differenti; la facciata sarebbe la nostra maschera sociale, l'apparenza; la cantina
rappresenta l'inconscio; la cucina i processi di trasformazione e di "digestione psichica"
delle esperienze; la soffitta il piano spirituale; il tetto la coscienza.
C'è un particolarissimo tipo di esperienze psicologiche che si verificano durante lo
stato di sonno, che implicano una conoscenza per via extrasensoriale di pensieri o
avvenimenti esterni al sognatore.
La percezione extrasensoriale, come il sogno, è un processo intrinseco alla natura
umana: rivela la conoscenza inconscia che l'uomo ha di se stesso e del suo rapporto col
mondo.
Lo "stato mentale" nel quale più frequentemente si manifestano facoltà di tipo
extrasensoriale, è il sogno. Si tratta di esperienze, che dimostrerebbero la possibilità che i
sogni rivelino eventi che si svolgono a distanza, e che non si sarebbero potuti immaginare
basandosi sulla logica o sul buon senso.
Le persone riconoscono questi sogni differenti da quelli ordinari, in ragione di una loro
peculiare vividezza, impressione ed intensità; il sognatore sente che essi hanno un
significato importante e si sente spinto a raccontarlo; sono vissuti onirici facilmente
rievocati al risveglio, frequentemente segnalano episodi inattesi o tragici ed infine non
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presentano quella bizzarria e quella dinamicità da una scena all'altra tipici dei sogni
comuni.
Si potrebbe supporre che questo sia il mezzo originario, arcaico, di comunicazione fra
gli individui, e che, nel corso dell'evoluzione filogenetica, esso sia stato soppiantato dal
metodo migliore di comunicazione, che si avvale dei segni che gli organi di senso sono in
grado di captare, ma il metodo arcaico potrebbe rimanere, in fondo, conservato, e farsi
ancora valere in date condizioni.
Questa tipologia di sogni rivelerebbero le vestigia di questa modalità originaria di
comunicazione fra gli uomini, superando la barriera delle separate individualità.
I sogni hanno ispirato anche importanti progressi scientifici. Il più celebre fra tutti è la
scoperta della struttura molecolare del benzene da parte di Kekule, che in uno stato di
dormiveglia vide gruppi di atomi di grandezze diverse contorcersi come serpenti. Da
questo sogno-intuizione ne risultò appunto la sua scoperta scientifica.
Anche la teoria della relatività di Albert Einstein ebbe parzialmente origine in sogno.
I sogni possono annunciare in anticipo, in maniera più o meno simbolica, l'insorgenza
o lo sviluppo delle malattie, o di altri processi fisiologici. Questi sogni, però, non
rappresentano presagi di malattie future, ma segnalano disturbi già esistenti – ma, non
avvertiti dalla coscienza.
Già Ippocrate, Aristotele e Galeno credevano a questi sogni prodromici e li spiegavano
dicendo che il sogno è come se amplificasse le sensazioni. Se pensiamo agli studi sul sonno
che ci derivano dalla medicina taoista, o da quella ayurveda, scopriamo che il loro grande
segreto era come far parlare coscientemente l'organo.
Molto spesso si scopre con stupore una netta corrispondenza tra il vissuto del corpo e
l'analogo psichico, nel sogno.
Nella medicina cinese abbiamo la legge dei cinque elementi: fegato, cuore, milza,
polmone e rene, dove ad ogni organo è associato uno stato psichico corrispondente.
Così per esempio possiamo dire che i sogni dominati dall'elemento-archetipo cuore,
sono tutti sogni che hanno una fisionomia di questo tipo: sono sogni in cui compaiono
elementi associati al tema archetipico del calore, o eventi legati a fantasie-immagini del
fuoco; all'opposto i sogni del rene sono dominati dal tema delle acque, come il sognare di
fare bagni nell'acqua buia, eccetera.
Addentrandoci in altre culture, come per esempio per i nativi americani appartenenti
alle tribù, Crow, Blackfoot, Kwakiutl e Winnebago, essi riportano descrizioni di sogni nei
quali un animale, un uccello, o un serpente insegnavano metodi di cura che, al risveglio,
una volta applicati, si erano dimostrati efficaci per la guarigione.
All'interno delle culture animistiche, non è netta la distinzione fra la realtà del vivere
quotidiano e il sogno.
Ad esempio, gli aborigeni australiani parlano del "tempo del sogno", come di una
dimensione che ha valore, tanto quanto ciò che noi definiamo "la realtà", e tutta quella
dimensione onirica acquisisce un significato più forte di quanto possa assumere all'interno
della nostra cultura occidentale.
Il fenomeno dei “sogni lucidi” esiste nella letteratura, da migliaia di anni. Aristotele ad
esempio, fece la seguente affermazione: “perché spesso quando si dorme c’è qualcosa nella
coscienza che ci dice che quello che è presente davanti a noi è solo un sogno”.
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Nelle cosiddette mistiche superiori, riscontriamo che in uno dei più vecchi testi della
tradizione induista, come le Upanishad, sia fatto specifico riferimento alla condizione di
sonno-sogno, attraverso cui l’essere si trasferisce dal mondo manifesto a quello
immanifesto o dei <piani ultrasottili>.
Degno di attenzione quanto espresso nella “Brihad-Aranyaka Upanishad” a proposito
dello stato di sonno-sogno: Ajatasatru disse:
Quando un uomo si addormenta così, la persona fatta di coscienza raccoglie la
coscienza di tutti i sensi e si ritira nello spazio all’interno del cuore.
Quando i sensi sono così trattenuti si dice che l’uomo è addormentato. Allora il respiro
è trattenuto.
La voce è trattenuta.
L’occhio è trattenuto.
L’orecchio è trattenuto.
La mente è trattenuta.
Quando si addormenta, questi mondi sono suoi.
Allora diventa un grande re, portando con sé la sua gente, si muove a proprio
piacimento nel suo regno, così la persona fatta di coscienza, portando con sé i sensi, si
muove a proprio piacimento nel corpo. Quando si entra nel sonno profondo, in cui non c’è
più coscienza di nulla, la persona fatta di coscienza esce attraverso i 72.000 canali che dal
cuore conducono al pericardio e ivi si riposa.
Si riposa come un giovane, o come un grande re, o come un bramino che ha raggiunto
il culmine della beatitudine. Come un ragno secerne la sua tela, come le scintille sprizzano
dal fuoco, così da questo Sé emergono tutti i soffi vitali, tutti i mondi, tutti gli déi, tutti gli
esseri. Il suo significato mistico è “la Realtà della Realtà”. In verità, i soffi vitali sono la
realtà. Esso è la loro Realtà.>>
Da millenni appunto, nell’Induismo, nel Buddismo, nel Taoismo e nelle culture
tradizionali di tutto il mondo è stata dimostrata l’esistenza di una classe di esperienze
oniriche che hanno favorito l’evoluzione del progresso culturale e religioso dell’umanità.
Sempre da tempi molto antichi, inoltre, sono ben documentate sia la possibilità di
sviluppare la consapevolezza del sogno, per ottenere esperienze profonde e ispirazione, sia
la capacità di controllare il sogno stesso.
L’insegnamento del Dzogchen è molto interessato alle esperienze del sogno e a tutti i
fenomeni ad esso correlati nonché la prescienza (preveggenza). Alcuni metodi, tra cui
anche lo “Yoga del sogno” sono impiegati per sviluppare una maggiore consapevolezza allo
scopo ultimo di conseguire la liberazione.
Secondo l’insegnamento Dzogchen i sogni possono essere raggruppati in due
categorie: i sogni di tipo più comune, causati dalle tracce karmiche - “sogni karmici” - e i
sogni che rilevano un’opportunità di accesso alla dimensione spirituale - “sogni di
chiarezza”.
I sogni di tipo karmico possono risalire ad una vita passata, alla giovinezza e al passato
più recente della persona.
Nella tradizione della medicina tibetana, un medico che indaga le origini di una
malattia considererà anche a quale di questi tre stati di esistenza si riferiscono i sogni del
malato.
A volte, se una persona è affetta da una grave malattia molto difficile da curare, ciò
può essere dovuto a cause karmiche risalenti all’infanzia, o persino a una vita passata; ma,
una malattia può anche scaturire da una causa karmica maturata in base ad azioni recenti.
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Perciò, in questi casi, l’esame dei sogni è uno dei mezzi più importanti per analizzare e
individuare le cause primarie e secondarie del problema.
Nei sogni condizionati dalle tracce karmiche, possono apparire cose sconosciute delle
quali non si è avuta esperienza in questa vita, come visioni di altri paesi, o di gente dalle
usanze e dalla lingua ignote.
Per alcuni individui, i “sogni di chiarezza” sorgono spontaneamente dalla limpidezza
della mente, senza la necessità di applicare metodi secondari per rilassare il corpo, o
controllare l’energia.
Lo “Yoga del sogno” riguarda fondamentalmente lo stato che precede il sogno. Se siete
persone di natura agitata, prima di andare a letto potete fare alcuni esercizi di respirazione
profonda per regolare il flusso del respiro e calmarvi. Quindi concentratevi sulla lettera -A, immaginandola di colore bianco, in modo che, visualizzandola automaticamente,
riconosciate il suo suono. Questo simbolo rappresenta l’unificazione dello stato di
coscienza di tutti i vostri maestri.
Se non riuscite a concentrare e a visualizzare questa lettera, il problema può essere che
non siate in grado di <visualizzare>; in questo caso, scrivete una -A- su un foglio di carta,
ponetela di fronte a voi e fissatela un po’. Quindi, chiudete gli occhi, e questa -A- apparirà
immediatamente alla vostra mente. Cercate di rilassarvi senza mai abbandonare la -A- sino
a che non ci si addormenta.
Con questa visualizzazione si utilizza l’attività mentale allo scopo di raggiungere,
infine, uno stato che trascende la mente. E’ ugualmente molto importante ricordare la
pratica della -A- bianca nel momento in cui vi svegliate al mattino.
Se possibile, intonate subito il suono -AAAA-. Se non potete farlo perché qualcuno
dorme accanto a voi, è sufficiente esalare il respiro con il suono -AAAAA- in modo da
potervi udire e sentire la presenza della -A- bianca. Ricordando la -A- bianca al mattino e
poi concentrandola di nuovo alla sera, si viene a creare una specie di connessione, o
continuità di presenza.
La visualizzazione della -A- nella gola, è particolarmente adatta per ricordare i sogni, e
ha la specifica funzione di controllare l’energia e la chiarezza. Quando si visualizza la -Abianca nel cuore, si lavora nel principio della luce naturale.
Se avete avuto una giornata particolarmente faticosa e, tornati a casa, vi è rimasta solo
l’energia per mangiare e andare a letto, cadrete in un sonno pesante, e molto difficilmente
si manifesteranno sogni di chiarezza. A causa del sonno pesante, inoltre, potrà risultare
difficile persino ricordare i sogni. Tuttavia, avvicinandosi all’alba, appena prima del
risveglio, i vostri sogni possono diventare più chiari.
Un sogno associato alla chiarezza può avere un significato particolare per il sognatore.
Può indicare molte cose.
Quando si sviluppa la chiarezza è molto facile avere particolari manifestazioni durante
il sogno, come per esempio scoprire qualcosa riguardante il futuro.
I sogni di chiarezza sono legati alla nostra saggezza innata, ai semi karmici che
abbiamo prodotto attraverso l’esperienza della meditazione e alle azioni positive svolte
anche nella nostra attività quotidiana. Vi sono altri sogni legati alla chiarezza nei quali è
possibile fare molte cose, come studiare, leggere, o apprendere. Una persona che riceve
una “trasmissione”, anche se in quel momento non ha la capacità di comprendere, in
futuro prima o poi scoprirà il significato dell’insegnamento.
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I sogni, in conclusione, sono parte della nostra vita. Nella vita abbiamo il giorno e la
notte. Di notte abbiamo confusione nei sogni; di giorno abbiamo confusione nella mente;
giudichiamo, pensiamo, creiamo tante cose.
Mantenere la consapevolezza nello stato del sogno, significa continuare la stessa
presenza che abbiamo durante il giorno, e, con la pratica, farla progredire.
Ritornerà così ad essere unica la relazione originaria all'interno dell'individuo, o lo
stato della relazione fra il maschile e il femminile, soggetto e oggetto, luce e ombra, verità e
amore”.
Possiamo essere completamente d’accordo con queste affermazioni?
Direi di si, ma non del tutto.
Sappiamo infatti, proprio dallo studio degli stati di coscienza modificati, che esistono
momenti di questi stati al di fuori completamente del sonno nei quali è possibile assistere a
delle rappresentazioni visive e non, più o meno bizzarre, incongruenti, al di fuori di ogni
logica comune, con narrazioni anche difficili da ricordare proprio perché esse si svolgono
in modo da “saltare di palo in frasca” nello spazio di pochi secondi.
E’ il vero “sognare ad occhi aperti” con tutto ciò che comporta anche in termini fisici,
psicologici e quant’altro.
Di che natura può essere tutto questo?
A quale stato di coscienza modificato appartiene?
Alla semplice veglia rilassata, al dormiveglia, alle immagini ipnagogiche, a pensieri
ridondanti, ecc.?
Quale attività cerebrale è in funzione in quel momento e quale zona di esso viene in
qualche modo attivata?
Lavora più intensamente il cervello sinistro o il cervello destro, oppure sono attivi
solamente alcuni centri sottocorticali, i quali, proprio perché manca la “supervisione” della
corteccia, si sbizzarriscono, con impulsi loro propri, a “divertirsi” con altri sottosistemi di
logica, che non fanno parte sicuramente di quella di veglia?
Tutte domande pertinenti alle quali però è difficile dare una risposta definitiva, pur
con tutti gli esperimenti, le ricerche, le analisi, le discussioni, i progetti, le intuizioni che
ogni giorno aumentano in modo esponenziale e che interessano molti campi dello scibile
umano, dalla neurofisiologia alla psicologia, dalla filosofia alla religione, dalla onirologia
alla parapsicologia ecc.
Siamo però perfettamente d’accordo con Mancia quando dichiara che l’argomento del
sonno e del sogno non si può affrontare con la sola neurofisiologia, in modo da attendersi
fenomeni sempre ripetibili nel tempo e soprattutto con qualunque sperimentatore od
osservatore.
Va affrontato invece come confronto dei vari momenti che indubbiamente
interagiscono tra di loro, come del resto per la psicanalisi e la filosofia, ma che, prendendo
in considerazione anche il Principio di Indeterminazione di Eisemberg, vanno valutati con
occhio diverso da quello della fisica classica che pretende sempre come si diceva fenomeni
ripetibili..
La valutazione deve necessariamente partire invece dal fatto, comunque comprovato,
che l’osservatore, in certi casi, specie nelle scienza umane, può interagire con l’osservato e
pertanto le conclusioni possono essere diverse caso per caso, pur usando sempre lo stesso
metodo.
100
Da http://eyeclipse.forumcommunity.net/?t=23137737
La prima cosa che molti ignorano è che i sogni possono essere divisi in almeno tre
categorie:i sogni dovuti essenzialmente ad attività psichiche (ordinari), i sogni straordinari
e i sogni premonitori.
Sogni ordinari.
I sogni ordinari, vale a dire quelli che discendono direttamente da un attività psichica
in ognuno di noi, sono quelli che ci consentono di esplorare il nostro “io”, il nostro
subconscio. Senza scomodare la psicanalisi, possiamo dire che i sogni ordinari spesso sono
i più facili da “interpretare”.
La nostra mente a riposo sembra analizzare velocemente il nostro vissuto e darci delle
risposte, con dei meccanismi intuibili ma non classificabili, dei consigli. Nei sogni
“ordinari” dobbiamo solo analizzare i legami che esistono tra le “figure” sognate e le
“azioni” che le figure sognate pongono in essere nei sogni.
Sogni straordinari.
In genere sono sogni molto lunghi, spesso articolati in più scene : al risveglio lasciano
sensazioni di angoscia, di felicità, di euforia, di pace, di paura.
Sono sogni che possono essere interpretati con il metodo introspettivo : occorre
“capire” il soggetto, la sua vita , le sue difficoltà, le sue motivazioni.
Sogni premonitori.
La nostra mente è in grado di elaborare milioni di informazioni e di ottenerne
proiezioni.
In realtà i “sogni premonitori” possono essere suddivisi in sogni premonitori propri e
indotti da entità che così comunicano con noi.
Quelli propri sono legati, in un certo qual modo, agli straordinari : con la differenza
che ci preavvisano di qualcosa che sta per accadere e ci parlano con un linguaggio
“figurato”. Anche nei premonitori dovuti ad “entità” che così comunicano con noi il
linguaggio è simile : i sogni premonitori non preannunciano solo “eventi” ma anche modi
di afronatrli, comportamenti da tenere. Anzi soprattutto questi.
Sogni ricorrenti.
I sogni ricorrenti e i sogni di sequenza mettono in luce l'esistenza di un problema che
viene ignorato a livello cosciente. Ci sono cose nella nostra vita o in noi stessi che non
riusciamo a "vedere" e che hanno bisogno di essere modificate: ci sono cambiamenti da
affrontare, disagi legati all'età ed ai suoi cicli, blocchi e complessi risalenti al passato o
addirittura all'infanzia.
Sogni di sequenza.
Sogni di sequenza presentano sempre lo stesso tema.In questo caso c'è un aspetto
della vita del sognatore che l'inconscio vuole mettere in risalto e che è centrale, ma, a
differenza dei sogni ricoorenti, i sogni di sequenza cambiano nel corso del tempo
adattandosi ai cambiamenti reali della persona, anzi mettendoli in rilievo, e segnalando
quindi l' avanzare del suo processo interiore.
Modificato da Kriu - 25/4/2009, 12:25
A cui io personalmente aggiungo i
Sogni programmatici.
Se ne parla ancora troppo poco, ma certi tipi di sogni, quando si ruesca a trovare la
chiave dei simboli che esprimono, sono molto utili nel dare un certo programma di vita per
il futuro, anche non tanto prossimo.
101
E’ però un’operazione molto impegnativa, sia da parte dello psicoterapeuta, sia anche
da parte del soggetto, il quale deve avere la pazienza e la costanza di annotare, per almeno
sei mesi, tutti i sogni che ricorda.
Circa trentanni fa ho voluto seguire certi casi particolari ed effettivamente ne è uscito
un programma di vita veramente degno di attenzione.
Ne posso parlare solo ora, dato che ciò che era stato dedotto dai sogni, si è
puntualmente verificato.
Mi sono accorto però che non tutti sognano sogni programmatici, forse per il fatto che,
non solo consciamente ma anche inconsciamente, non hanno ancora redatto un loro
programma di vita.
Non è escluso tuttavia che seguendo questi soggetti per lungo tempo si possa arrivare
ad un certo momento anche ai sogni programmatici.
Ritorniamo ancora ad analizzare il sonno dal punto di vista neurofisiologico, o
neuropsicologico ed anche con Flanagan neurofilosofico, nell’attesa che nuove ricerche
possano offrirci lumi più chiari su tutto questo grande insieme di argomenti vari che fanno
parte del sonno e del sogno.
Ho trovato un importante lavoro di Mauro Mancia del 2001 dal titolo:
Edipo fra sogni e desideri.
sul sito http://guide.supereva.it/sogni/interventi/2006/11/275930.shtml
Ecco allora che dalla interpretazione dei sogni emerge un'altra scoperta: il "complesso
di Edipo".
E infatti su questo mito che si fondano le dinamiche affettive di ogni nucleo familiare e
quindi la scoperta dell'Edipo ha una rilevanza sociale universale...
Questo è un anno importante per i sogni: ricorre infatti il centenario della
pubblicazione di un famoso libro di Sigmund Freud: “L’interpretazione dei sogni”.
Bisogna dire subito che alla sua uscita questo libro non ebbe molti lettori ed ebbe
critiche anche severe da parte degli scienziati dell’epoca.
Tuttavia il libro è stato ed è tuttora di un’importanza fondamentale per lo studio della
nostra mente.
Possiamo domandare perché.
La risposta è che Freud, interpretando i propri sogni e quelli dei suoi pazienti
nevrotici, è stato in grado di dare per la prima volta un significato a questi pensieri ed
emozioni della notte collegandoli a una parte della nostra personalità che è nascosta
rispetto alla nostra percezione cosciente e che può emergere proprio nel sogno:
l’”inconscio”.
Ne “L’interpretazione dei sogni” Freud dunque propone il lavoro sul sogno come la via
regia per raggiungere l’inconscio e dà del sogno una definizione che farà discutere
generazioni di analisti dopo di lui ma che il padre della psicoanalisi non abbandonerà mai
nel corso della sua lunga vita: la “soddisfazione allucinatoria di un desiderio rimosso
nell’infanzia”
Ne deriva che l’inconscio è la forza motrice che spinge l’apparato psichico a lavorare
nel sogno e che il sogno è determinato a sua volta dal “desiderio” che deve soddisfarsi
allucinatoriamente.
Il desiderio di cui parla Freud in questo libro è infantile, ha le sue radici nella
sessualità che il bambino non può soddisfare nella realtà ed è costretto a rimuovere
nell‘inconscio dove tuttavia resta sempre attivo come una molla caricata pronta ad
espandersi durante il sogno.
102
“L’interpretazione dei sogni“ permette allora a Freud di dare un’altra scoperta
sconvolgente per i benpensanti della sua epoca: il bambino ha desideri sessuali. Sono
questi desideri che alimentano in lui la fantasia di avere la mamma tutta per sé escludendo
il papà.
Ecco allora che dalla interpretazione dei sogni emerge un’altra scoperta: il “complesso
di Edipo“.
E infatti su questo mito che si fondano le dinamiche affettive di ogni nucleo familiare e
quindi la scoperta dell’Edipo ha una rilevanza sociale universale che resta tutt’oggi e
intorno alla quale ruotano le relazioni umane.
Lo studio dei sogni permette a Freud di intuire il lavoro che la censura compie durante
queste esperienze.
E un lavoro che consiste nella “condensazione, spostamento, simbolizzazione” e
“drammatizzazione”.
Ma che cosa sono questo processi?
La “condensazione” permette al sogno di condensare lo spazio e il tempo.
Lo “spostamento” permette al sognatore di focalizzare l’attenzione su un oggetto o una
persona al posto di un’altra più significativa.
Anche la “simbolizzazione” permette ad un oggetto di essere rappresentato al posto di
un altro e può assumere diversi significati in rapporto ai contesti in cui è sognato.
La “drammatizzazione” fa sì che ogni sogno diventi la messa in scena di un dramma
dove si muovono come attori molti personaggi dell’inconscio.
La finalità del sogno resta per Freud comunque quella di soddisfare un desiderio.
Anche i sogni di angoscia rientrano in questa categoria.
Possiamo chiederci: che cosa è rimasto in questi cento anni delle idee di Freud sul
sogno?
Molte cose sono cambiate poiché la psicoanalisi come altre discipline è andata
incontro a profonde trasformazioni teoriche e cliniche.
Ad esempio, non pensiamo più oggi seriamente che il sogno sia solo l’esaudimento di
un desiderio.
E il contributo di Melanie Klein è stato determinante per cambiare il nostro modo di
lavorare con il sogno.
Lo stesso concetto di inconscio, che nasce con “L’interpretazione dei sogni”, ha subìto
un profondo cambiamento.
Esso non è più soltanto il prodotto della rimozione di un desiderio, ma anche il
contenitore delle esperienze affettive e dei traumi grandi e piccoli spesso ripetuti che il
bambino ha subìto nelle sue prime relazioni con i genitori e con l’ambiente in cui è
cresciuto.
Non meraviglia allora che il sogno sia diventato il rivelatore più fedele di questa nuova
dimensione dell’inconscio.
E poiché è il transfert che riattiva le antiche esperienze dell’individuo, è naturale che il
sogno diventi la rappresentazione di queste esperienze e delle difese che il sognatore ha nel
tempo organizzato.
Oggi quindi più che ai tempi di Freud, il sogno permette di conoscere i sentimenti, le
ansie, le modalità difensive che il paziente vive in quel preciso e fuggevole momento
transferale.
103
Esso acquista significato dunque se può essere elaborato nel contesto della relazione
analitica, in un lavoro che non è solo del paziente o solo dell’analista, ma della coppia
analitica che cerca di cogliere nel sogno il senso del loro stare insieme in una stanza.
E poiché i personaggi che si muovono nel sogno sono tutti cittadini dell‘inconscio,
diventa più facile riconoscere le dinamiche con cui questi cittadini riescono a stare in
relazione tra loro: in armonia o in conflitto, con amore o con odio, con serenità o con
ambivalenze.
Tuttavia questo grande lavoro che la psicoanalisi ha fatto in questi cento anni sul
sogno, non avrebbe mai potuto verificarsi se Freud non avesse creato le basi per questo
sviluppo e scoperto l‘inconscio che resta comunque il promotore di quella esperienza che
noi chiamiamo sogno.
Un ultimo punto, ma non certo per importanza.
Vorrei ribadire qui che il sogno ed anche il sonno sono stati argomenti di interesse
della psicoanalisi molto prima dei neurofisiologi e degli psicologi sperimentali. Freud,
infatti, parla anche di sonno ne “L’interpretazione dei sogni“ e considera il sogno come il
custode del sonno nel senso che, mentre sogniamo, noi proteggiamo il nostro sonno.
Con circa mezzo secolo di ritardo rispetto a Freud, le neuroscienze si sono occupate di
sogno quando è stata scoperta la fase di sonno cosiddetta Rem, cioè caratterizzata da
movimenti oculari rapidi e da encefalogramma fase rem un’attività elettrica del cervello
simile alla veglia.
Gli psicofisiologi hanno dimostrato che nei risvegli che avvengono durante queste fasi
Rem si hanno sogni più lunghi e più bizzarri di quelli che si ottengono durante risvegli
dalle fasi di sonno al di fuori di quelle Rem.
Questa osservazione ha spinto i neuroscienziati ad identificare l’attività cerebrale di
queste fasi del sonno con l’evento mentale rappresentato dal sogno. Ma in questa
prospettiva hanno dimenticato l’insegnamento di Freud che il sogno non può essere ridotto
soltanto ad un’attività di determinati neuroni e circuiti cerebrali simile negli individui della
stessa specie, ma deve essere piuttosto considerato come l’espressione di una storia
affettiva e personale diversa da individuo a individuo.
Se le neuroscienze si occupano dei meccanismi neurologici che sottendono il sonno e il
sogno, è soltanto la psicoanalisi che è in grado di dare un significato a questa straordinaria
esperienza mentale che chiamiamo sogno.
Mauro Mancia
I sogni son desideri...
Dal sito http://www.dica33.it
L'attenzione ai sogni ha origini antichissime, anche se è solo con Freud che il loro
studio ha assunto un valore scientifico.
Parallelamente alla psicoanalisi, anche le neuroscienze si sono occupate del sogno.
Gli studi condotti sul sonno hanno individuato in esso l'alternanza, ogni notte, di fasi
chiamate REM, caratterizzate da rapidi movimenti oculari, intensa attività cerebrale,
elevato consumo di ossigeno e glucosio e immobilità degli arti, e di altre dette non-REM. E'
stato riscontrato che nella fase REM sono più frequenti i sogni ma che, soprattutto, una
persona svegliata in tale fase è in grado di ricordare ciò che stava sognando.
In particolare, esistono delle correlazioni tra la durata della fase REM e la quantità del
materiale onirico riferito, la frequenza dei movimenti oculari e il contenuto del sogno, la
direzione dei movimenti oculari e l'organizzazione spaziale degli eventi del sogno.
104
Inoltre, si è visto che l'emisfero destro risulta più coinvolto nell'organizzazione degli
aspetti geometrico-spaziali del sogno, oltre che degli aspetti emozionali, mentre quello
sinistro parteciperebbe agli aspetti legati alla sua narrazione.
Inoltre, si sono riscontrate anche cambiamenti a livello ormonale, con abbondante
rilascio di prolattina, melatonina e ormone della crescita.
Il sogno, infine, sembra favorire il consolidamento di tracce mnestiche (cioè dei
“segni” cerebrali del ricorso) relative a materiale che si è appreso nel corso della giornata, o
poco prima di addormentarsi.
Non è il contenuto quanto il modo.
L'approccio cognitivista, secondo il quale il sogno è un processo puramente cognitivo,
che si sviluppa a partire dal secondo anno di vita in poi, è preceduto di pari passo con le
neuroscienze. .
Entrambi si sono interrogati non tanto su cosa si sogna, ma sul come.
La psicoanalisi, invece, sebbene si interroghi sulla relazione tra le funzioni
neurologiche e quelle mentali del sogno, si focalizza maggiormente sul senso che le
rappresentazioni contenute in esso assumono per i singoli individui. Da qui, la centralità
della vita affettiva del singolo nella costruzione della scena onirica e del suo significato.
Essa considera il sogno un modo per conoscere se stessi, per rappresentare il mondo
passato, riattualizzandolo nel presente, elaborando gli aspetti affettivi connessi e
liberarsene.
L'attività onirica, però, è anche proiettata verso il futuro, in quanto rappresenta un
momento di progettazione e di preparazione all'azione, che verrà messa in atto
successivamente, nella fase di veglia.
Su questo si fonda il profondo senso di verità che contiene il proverbio ‘La notte porta
consiglio': quante volte ci siamo addormentati con un dubbio, un quesito, un problema e,
la mattina seguente, ci siamo resi conto di avere trovato la soluzione. Il sogno, in questo
senso, favorisce la creatività, come testimonia quanto è accaduto ad Otto Loewi, che aveva
visualizzato proprio in sogno l'esperimento delle rane, che è stato determinante nelle sue
ricerche, che lo portarono a ricevere il premio Nobel.
Oltre il cervello c'è di più
Da un punto di vista psicoanalitico, il sogno non è un mero prodotto cerebrale, ma
trascende il cervello, ponendosi ad un livello superiore, grazie al suo intreccio con la sfera
affettiva del singolo individuo.
Eppure, spesso, i sogni lasciano stupiti, a volte, sconvolti, o, addirittura, intimoriti.
Accanto ai sogni che ricalcano la realtà, che rassicurano con la loro familiarità, ce ne sono
altri che sembrano quasi non appartenerci.
Sono insoliti, inusuali: il loro significato appare totalmente estraneo, al punto da
chiedersi come si sia potuto sognare qualcosa di simile. Si tratta di un tentativo estremo di
allontanare la paternità di questi sogni, di deresponsabilizzarsi di fronte ai messaggi che
l'inconscio ci invia. Allo stesso fine possono servire le spiegazioni solo ed esclusivamente
neurofisiologiche, come se si potessero annullare le componenti affettive ed emotive
contenute in esso.
Freud aveva proposto una classificazione dei sogni in tre tipi:
quelli che rappresentano la realizzazione immediata di un desiderio, per esempio
mangiare un pollo se si ha fame
quelli in cui si raffigura la soddisfazione di un desiderio in forma dissimulata, come,
sognare di ricevere del cibo gustoso, anche se non si ha fame, perché la sera prima si è
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convinti che la propria moglie abbia favorito un altro componente della famiglia, anziché il
sognatore, nel preparare le porzioni
gli incubi, che rappresentano l'esatto opposto di ciò che si desidera.
In realtà, i sogni del primo e del terzo tipo possono essere abbinati, in quanto alla loro
origine sembra che ci siano desideri assai intensi, da cui ci si difende grazie al sonno, che
comporta la paralisi muscolare e, quindi, l'impossibilità di realizzarli.
I sogni del secondo tipo, invece, rappresenterebbero una sorta di problem solving e
sembra che siano i più numerosi.
Al di là delle classificazioni generali e delle facili interpretazioni, tuttavia, una
interpretazione corretta del sogno è imprescindibile dal riferimento alla storia personale
del singolo sognatore: qualsiasi generalizzazione rappresenta una forzatura di fronte
all'unicità del singolo individuo.
Eppure, i sogni devono pur avere una funzione nella nostra vita affettiva ed emotiva
diurna e notturna, data la grande quantità di tempo che gli si dedica: circa un'ora e mezza
ogni notte.
Al nostro risveglio, si tende a ricordare solo uno o più sogni in modo nitido, alcuni li
dimentichiamo in brevissimo tempo, altri non ci verranno mai in mente. Ma quale è la
motivazione di tale distinzione?
Sembra che i sogni che si dimenticano rappresentino qualcosa che, al momento
presente, è stato risolto, mentre, invece, ciò che si ricorda è qualcosa di irrisolto, su cui
siamo invitati a concentrare la nostra attenzione.
I sogni, infatti, consentono di raggiungere determinati obiettivi con un risparmio
energetico, rappresentato dalla immobilità fisica a cui di fatto si è costretti nel corso della
fase REM del sonno. I sogni dispensano energia, che potrà essere utilizzata nel corso della
veglia, per raggiungere quanto desiderato, dopo aver favorito l'elaborazione e il distacco
dal passato.
Il sogno, inoltre, favorisce il proseguimento di attività mentali compiute nel corso della
giornata, come l'apprendimento, dopo una elaborazione ed una trasformazione radicale dei
contenuti appresi.
La vita non è un sogno, ma il sogno è vita
Il sogno, quindi, rappresenta una parte di noi, della nostra vita cerebrale, affettiva ed
emotiva che ancora non si conosce abbastanza a fondo, ma che suscita grande fascino ed
interesse. Da qui, le numerose ricerche in materia.
Per esempio, si sono riscontrate similitudini di contenuto tra i sogni di persone
accomunate da legami affettivi, come tra madre e figlio, oppure tra coniugi.
Inoltre, si è visto che gli obesi sognano meno, rispetto ai normopeso. Questo sembra
che concorra a mantenere un peso superiore alla media in tali persone, a causa del loro
consumo inferiore di glucosio nel corso della notte, in concomitanza con la scarsa attività
onirica.
Un'altra ricerca ha invece messo in rapporto caratteristiche del sogno e la modalità di
“attaccamento”, cioè di creare una relazione con gli altri. I ricercatori hanno rilevato che
coloro che hanno un attaccamento ‘insicuro' riferiscono un numero maggiore di sogni e che
questi sono caratterizzati da emozioni intense.
Chi ha un attaccamento ‘ansioso', invece, riporta un numero maggiore di parole per
sogno raccontato, rispetto a quelli con attaccamento ‘sicuro', ‘evitante' (cioè teso a
svalutare la necessità o importanza del rapporto con altri) e ‘ambivalente'. Il ricordo dei
106
sogni è inferiore tra gli evitanti, rispetto agli ansiosi. Da ciò, si è ipotizzato che i rapidi
movimenti oculari possano avere la funzione, almeno in parte, di favorire l'attaccamento.
Un altro studio ha rilevato una correlazione positiva tra la ricerca di sensazioni
(intendendo sensazioni forti), la frequenza dei sogni ed il loro essere particolarmente
significativi e profondi. E' stata anche rilevata una correlazione positiva tra l'ansia di morte
e la ricorrenza degli incubi, oltre che la rappresentazione della morte nei sogni.
Infine, è stato evidenziato uno schema di comportamento onirico tipico degli individui
depressi. In esso viene ridotta progressivamente la durata del sonno a onde lente, più
profondo e ristoratore, per arrivare rapidamente a quello ad onde rapide, ricco di sogni.
Eppure, una volta giunti in tale fase, molto spesso, i depressi si svegliano di soprassalto. Da
una parte, quindi, sembrano avidi di sonno e di sogni, dall'altra sembrano temerli. Gli
ansiosi, invece, fanno fatica ad addormentarsi, perché, presumibilmente, temono di
perdere il controllo della situazione. Non tutti, infatti, riescono ad abbandonarsi alla notte,
al sonno ed al sogno, perché si tratta di condizioni in cui predominano il buio, la
solitudine, il ritorno di paure ancestrali e che richiedono la capacità di lasciarsi andare.
Anna Fata
Fonti
Abraham Giorgio. Sogni del giorno e sogni della notte. Arnoldo Mondadori Editore,
1996
Bolognini Stefano (a cura di). Il sogno cento anni dopo.Bollati Boringheri, 2000
Kroth J., McDavit J., Brendlen C., Patel A. and L. Zwiener L. Risk-taking, death
anxiety and dreaming. Psychological Reports 2001 Apr; 88(2): 514-6
McNamara P., Andresen J., Clark J., Zborowski M. and C.A. Duffy. Impact of
attachment styles on dream recall and dream content: a test of the attachment hypothesis
of REM sleep. J. Sleep Res. 2001 Jun; 10(2): 117-27
Stickgold R., Hobson J.A., Fosse R. and M. Fosse. Sleep, learning and dreams: off-line
memory reprocessing. Science 2001 Nov; 2; 294 (5544): 1052-7
“I sogni sono inspiegabili ed ambigui e non in tutto ciò che promettono si avverano,
purtroppo”.
Omero.
“Agli uomini sfugge quello che fanno da svegli proprio perché dimenticano ciò che
sognano dormendo”.
Eraclito.
“Le credenze degli uomini sono trastulli di bimbi”.
Eraclito.
“Sogno di un’ombra è l’uomo”
Pindaro.
“Le opinioni sono libere”.
Cicerone.
“Iacet corpus dormientis ut mortui; viget autem et vivit animus”.
Cicerone.
“Il sonno è uno strisciare dell’uomo dentro se stesso”.
Herbel. “Diari”.1839.
107
“Senza dubbio il sogno è per lo spirito ciò che il sonno è per il corpo”.
Herbel. “Diari”. 1846.
“Nella notte ingannevole i lievi sogni si prendono gioco di noi, fanno trepidare di falsi
terrori le nostre menti spaventate”.
Tibullo. “Elegie”. III°. 4. 7-8.
“Io ti ho avuto come un sogno lusinghiero, nel sonno un re, un niente da sveglio”.
Shakespeare. “Sonetti”. 87.
“La fantasia governa il mondo”.
Napoleone. “Memorial de Sainte-Hèlène”.
“La fantasia non fa castelli in aria ma trasforma le baracche in castelli in aria”.
Kraus. “Pro domo et mundo“.
“La fantasia umana è immensamente più povera della realtà”.
Pavese. “Il mestiere di vivere”.
“L’immaginazione è il primo fonte della felicità umana”.
Leopardi. “Zibaldone”. I°. 274.
“La persona non è un insieme di cellule da curare, ma un progetto fatto di poche e non
incrollabili certezze”.
Romano. “Avvenire Medico”. XXXVIII° Anno. N° 9. Pag. 21.
“Va considerato come sia il sogno e per quale motivo chi dorme ora sogna, ora no,
oppure se a chi dorme capita sempre di sognare, ma non se ne ricorda; e se questo accade
quale ne è la causa”.
Aristotele. “Parva naturalia”.
“La coscienza scompare nel sonno profondo e riappare nel sogno…
Il tipo di coscienza che una persona ha durante il sogno è decisamente non standard.
Ci piacerebbe sapere come essa differisca dall’altra e perché esista”.
Churchland. “La macchina della ragione. La sede dell’anima”.
“Ogni sogno si rivela come una struttura psichica dotata di un significato che può
essere inserita in un punto determinabile nelle attività mentali nella vita che si svolge
durante lo stato di veglia”.
Freud. “L’Interpretazione dei sogni”.
“Nelle rare occasioni in cui i nostri sogni raggiungono la perfezione (di solito i sogni
sono confusi), essi sono sequenze simboliche di scene ed immagini che hanno il ruolo di un
poetico linguaggio narrativo; descrivono o disegnano le nostre esperienze, le nostre
aspettative o le nostre situazioni, con tale audacia e risolutezza poetica che al mattino
siamo sempre stupiti quando ce li ricordiamo”.
Nietzsche. “Umano, troppo umano”.
“L’intelletto ha i suoi pregiudizi, il senso le sue incertezze, la memoria i suoi limiti,
l’immaginazione le sue oscurità, gli strumenti le loro imperfezioni, i fenomeni sono
infiniti,le cause nascoste, le forme transitorie.
Contro tanti ostacoli che troviamo in noi stessi e che la natura ci oppone, disponiamo
solo di un’esperienza lenta e di una riflessione limitata”.
Diderot.
108
“L’ovvio di oggi non è l’ovvio di ieri, l’ovvio di domani non è l’ovvio di oggi”.
Brugnoli. “Stati di coscienza modificati”.
“Sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole”.
Ennio Flaiano.
“C’è un luogo ove accadono le cose più strane, dove il tempo e lo spazio sono oggetto di
una beffa continua, dove convivono il tragico, il grottesco, l’assurdo.
Questo luogo è il sogno.
A metà strada fra preistoria e fantascienza, il sogno è anche il luogo di tutte le
ambiguità, l’anagrafe di tutti i fantasmi che popolano la nostra mente, lo spazio dove si
incontrano persone e cose della vita ma che più spesso esistono solo lì e non hanno alcun
riscontro con la realtà.
Come le figure di un film sullo schermo, le immagini del sogno si dissolvono con
l’arrivo della luce.
Talora non lasciano tracce sensibili e svaniscono nel nulla, in altri casi si imprimono
profondamente nella memoria e ci perseguitano per giorni o per anni”.
Luigi Malerba “La composizione del sogno”.
“Nella realtà di sogno troviamo allegorie, metafore, simboli, archetipi, riti, miti
dissociazione, ricordi.
Ma la realta di veglia non è molto spesso ancora tutto questo, almeno per molte
persone”?
A. Brugnoli. “Stati di coscienza modificati”.
I sogni dunque potrebbero essere anche un processo di adattamento dello stato di
coscienza modificato in senso onirico.
Ma può anche non essere affatto così.
A cosa serve la coscienza onirica se poi non si ricordano affatto la gran parte dei sogni
ed anche quelli che si ricordano sono sempre e comunque difficili da interpretare?
Questo è il punto fondamentale della questione.
Facciamo un esempio.
Sono in poltrona che leggo il giornale.
Ad un certo punto, passando attraverso vari tipi di immagini ipnagogiche, entro nel
sonno, facilmente quello profondo, quello con “attività similpensiero”, come vuole la
fisiologia, ma posso anche sognare o per lo meno vedo immagini..
Mi cade il giornale dalle mani e non mi accorgo di nulla.
La mia realtà è un’altra ed io sto vivendo solamente quella.
Inizia un momento, non posso sapere nemmeno quanto dura, nel quale il mio mondo
è fatto soprattutto di bizzaria, stranezza, incongruenza, incertezza, discontinuità di tempo e
luogo e solo qualche volta forse anche metacognizione, cioè la consapevolezza di star
sognando mentre si sogna, caratteristica dei sogni lucidi.
Dopo un certo periodo di tempo, ad un certo momento mi sveglio.
Se non guardo l’orologio non posso rendermi conto di quanto tempo sia trascorso: un
minuto, dieci minuti, un’ora.
Non posso saperlo in nessun modo se l’orologio non mi aiuta.
Nel frattempo dove sono stato?
Esiste spesso solo un vago ricordo di qualcosa di indefinibile che a volte porta
malessere, a volte invece benessere.
Ma nulla più.
La mia mente è libera, sono di nuovo consapevole della mia realtà di veglia vigile.
109
Ma, se ricordo bene, tramite le poche sensazioni che mi sono rimaste, anche prima di
svegliarmi, nel sonno, possedevo un certo grado di consapevolezza, analizzavo la mia
situazione con l’attività similpensiero, seppure, come si diceva, fatta di stranezze, di
bizzarrie, di incongruenze, di incertezze, di discontinuità di tempo e luogo, con una certa
vivacità di suoni, di odori, di colori ecc. situazione però accettata come vera in ogni sua
parte ed in tutto il suo svolgimento.
Per cui, ed è questo il punto principale, non posso mai possedere, in nessun tipo di
stato di coscienza, neppure di veglia vigile, la certezza di essere nella vera realtà, perché,
dal punto di vista fenomenologico, non sono in grado di possedere “indicatori certi” per
poter distinguere, in modo plausibile, per esempio la veglia dal sonno.
Sentiamo a questo proposito cosa scrive Flanagan a pag. 156-157 del volume:”The
science of mind”.
“Un compito importante per una completa teoria della mente cosciente è quello di
fornire un modo di tracciare una mappatura della fenomenologia all’interno delle
neuroscienze, ovvero un modo per mappare tipi di stati mentali, che sembrerebbero
possedere determinate caratteristiche, sulla base di tipologie di stati cerebrali.
Ciò che vogliamo sapere è come i vari tipi di coscienza vengano realizzati all’interno
del cervello. Potrebbe esserci qualche proprietà neurale, per esempio una determinata
frequenza di oscillazione indispensabile perché un’esperienza cosciente possa verificarsi.
Ma anche se ci fosse un marcatore indispensabile per tutti gli stati mentali coscienti,
esso non sarebbe certamente sufficiente per distinguere tra i diversi tipi di stati mentali di
coscienza.
Grazie ai progressi compiuti nelle tecniche di mappatura visiva del cervello, ora
sappiamo che quando si verifica una percezione o un’immagine o una allucinazione di tipo
visivo, in tutti questi casi si attiva la corteccia visiva del cervello.
Allo stesso modo, quando l’esperienza è di tipo uditivo, tattile o linguisticamente
pertinente, si illuminano differenti aree del cervello. Probabilmente, tutte le aree
illuminate condividono qualche singola caratteristica,, per esempio un distintivo pattern di
oscillazione.
Ma anche se venisse scoperto qualche marcatore per occorrenze di stati mentali ed
anche se venisse usato per distinguere in modo affidabile gli stati mentali coscienti da
quelli non coscienti, tale marcatore non potrebbe esserci d’aiuto nel distinguere tra i
differenti tipi di stati di coscienza.
La ragione è semplice.
Il marcatore dovrebbe essere identico lungo tutti gli stati di coscienza e, di
conseguenza, potrebbe non segnalare alcuna differenza tra essi.
Pertanto, pur supponendo che possa essere scoperto qualche marcatore affidabile, in
grado di distinguere stati di coscienza da stati mentali non coscienti, avremmo ancora
bisogno di sapere che cosa marca la differenza tra diversi tipi di stati mentali di coscienza.
Avremmo ancora bisogno di porci domande come:”che cosa fa sì che un’esperienza
cosciente sia visiva piuttosto che olfattiva”?.
La risposta, almeno una parte importante, consiste nel rivelare il fatto che le esatte
aree cerebrali e gli specifici percorsi in ingresso ed in uscita dei segnali cerebrali attivati,
rendono uno stato mentale di coscienza uno stato di un certo tipo (nel caso in questione
una percezione di tipo visivo piuttosto che di tipo uditivo).
Sicuramente la questione è più complicata della descrizione dataci dalla mappatura
cerebrale.
Le tecniche di visualizzazione cerebrale localizzano in modo assai raffinato solo
l’attività elettrica, i livelli di attivazione dei neuroni, il consumo di ossigeno ed il flusso
sanguigno.
Ma sappiamo anche, grazie alle ricerche sui neurotrasmettitori, molti dei quali devono
essere ancora scoperti, che i processi neurochimici sono di importanza cruciale per
110
determinare in quali stati mentali ci troviamo, di quali emozioni e stati d’animo facciamo
esperienza e se un’esperienza cosciente possa essere in seguito ricordata”.
Alla luce di tali considerazioni possiamo ora intenderci meglio anche sul sonno ed i
sogni, soprattutto sui sogni, i quali ci fanno intendere situazioni cerebrali diverse, forse
anche di natura neurochimica.
E’ qui giunto il momento di ricordare alcuni particolari della letteratura cristiana, la
Bibbia e di quella laica, nel suo maggiore rappresentante, Emanuel Swedenborg, per
cercare di afferrare meglio certi concetti, anche se, in definitiva, il compito si presenta
sempre alquanto indaginoso, proprio per la mancanza di un linguaggio appropriato.
Abbiamo dunque cercato nella Bibbia qualche brano ove si parla di sogno o di visione,
ma non ci sembra molto chiaro a quali manifestazioni di stati di coscienza più o meno
modificati si riferiscono.
A dire la verità alcuni mi sembrano proprio veri sogni, ma altri invece potrebbero
essere più vicini ad altri stati di coscienza modificati, come gli stati ipnagogici od
ipnopompici, oppure anche forse facenti parte di un particolare allenamento a stati
meditativi o mistici.
Diamo ad ogni modo qualche esempio più o meno significativo.
Genesi 28:12 “Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima
toccava il cielo; e gli angeli di Dio salivano e scendevano per la scala”.
Genesi 37:9
“Egli fece ancora un altro sogno e lo raccontò ai suoi fratelli, dicendo:
“Ho fatto un altro sogno! Il sole, la luna e undici stelle si inchinavano davanti a me”.
Genesi 41:15
Il faraone disse a Giuseppe: “Ho fatto un sogno e non c'è chi lo possa
interpretare. Ho udito dire di te che, quando ti raccontano un sogno, tu lo puoi
interpretare”.
Esodo 3:3
Mosè disse: “Ora voglio andare da quella parte a vedere questa grande
visione e come mai il pruno non si consuma!”
Numeri 12:6
Il Signore disse: “Ascoltate ora le mie parole; se vi è tra di voi qualche
profeta, io, il Signore, mi faccio conoscere a lui in visione, parlo con lui in sogno”.
Giobbe 20:8 Se ne volerà via come un sogno, non si troverà più; si dileguerà come
una visione notturna.
Zaccaria 1:8
Questa notte ho avuto una visione: ecco un uomo in groppa a un
cavallo rosso; egli stava fra le piante di mirto nella valle; dietro a lui c'erano cavalli rossi,
sauri e bianchi
Matteo 2:12
Poi, avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, tornarono al loro
paese per un'altra via.
Matteo 17:9
Poi, mentre scendevano dal monte, Gesù diede loro quest'ordine: “Non
parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo sia risuscitato dai morti”.
Matteo 27:19 Mentre egli sedeva in tribunale, la moglie gli mandò a dire: “Non aver
nulla a che fare con quel giusto, perché oggi ho sofferto molto in sogno per causa sua”.
Luca 1:22
Ma quando fu uscito, non poteva parlare loro; e capirono che aveva
avuto una visione nel tempio; ed egli faceva loro dei segni e restava muto.
Luca 24:23
…..non hanno trovato il suo corpo, e sono ritornate dicendo di aver
avuto anche una visione di angeli, i quali dicono che egli è vivo.
Apocalisse 9:17 Ed ecco come mi apparvero nella visione i cavalli e quelli che li
cavalcavano: avevano delle corazze color di fuoco, di giacinto e di zolfo; i cavalli avevano
delle teste simili a quelle dei leoni e dalle loro bocche usciva fuoco, fumo e zolfo.
Come ben si nota la Bibbia è molto ricca di immagini allegoriche, ma le troviamo
almeno citate o ricordate anche in pieno 2002.
Nella recente pubblicazione del terzo segreto di Fatima, che tanto aveva fatto parlare
di sé negli scorsi decenni, con previsioni in gran parte apocalittiche, troviamo delle
111
immagini allegoriche di notevole interesse, ma sempre solo per chi sa leggerle e non certo
con il solo cervello sinistro.
Vediamo ora, sempre molto brevemente, cosa scrive l’allora Card. Ratzinger, ora Papa
Bebedetto XVI°, nel suo commento al terzo segreto.
“L’Antropologia teologica distingue in quesito ambito tra forme di percezione o
“visione”: la visione con i sensi, quindi la percezione esterna corporea, la percezione
interiore e la visione spirituale (visio sensibilis.- imaginativa- intellectualis). E’ chiaro che
nelle visioni di Lourdes, Fatima, ecc. non si tratta della normale percezione esterna dei
sensi: le immagini e le figure, che vengono vedute, non si trovano esteriormente nello
spazio, come vi si trovano ad esempio un albero o una casa……..Così pure è evidente che
non si tratta di una “visione” intellettuale senza immagini, come essa si trova negli alti
gradi della mistica.
Quindi si tratta della categoria di mezzo, la percezione interiore, che certamente ha per
il veggente una forza di presenza, che per lui equivale alla manifestazione esterna sensibile.
Vedere interiormente non significa che si tratta di fantasia, che sarebbe solo
un’espressione dell’immaginazione soggettiva. Piuttosto significa che l’anima viene sfiorata
dal tocco di qualcosa di reale anche se sovrasensibile e viene resa capace di vedere il non
sensibile, il non visibile ai sensi –una visione con i “sensi interni”………
Nel suo tentativo di spiegazione razionale Ratzinger percorre sentieri che sono solo
alla portata di poche persone introdotte nella cultura di un certo orientamento.
Per me invece è relativamente facile dare una spiegazione molto più semplice.
Si tratta molto probabilmente di “visualizzazioni guidate” di un certo tipo e come tutte
le visualizzazioni guidate si presentano al di fuori del nostra misura del tempo e della
nostra percezione dello spazio.
Eventualmente ci si potrebbe porre la domanda a cui è veramente difficile dare una
risposta, come del resto succede anche per altri tipi di visualizzazioni guidate in stati di
coscienza modificati.
Ma guidate da chi?
Quando lavoriamo nel nostro studio le chiamiamo guidate perché siamo noi che diamo
i suggerimenti opportuni al caso da trattare.
Qui invece esistono visualizzazioni che sembrano veramente “guidate” perché hanno
un loro particolare senso logico in un contesto religioso, ma non è possibile fornire una
adeguata risposta razionale, al di fuori cioè di ogni convincimento religioso.
Dal punto di vista religioso, in seno alla corrente cristiano-cattolica, non si trova
alcuna difficoltà ad ammettere che si tratta della Madre di Cristo, che ci avvisa che il nostro
comportamento ci sta portando verso l’autodistruzione.
Per quanto riguarda invece l’interpretazione dal punto di vista agnostico, ammesso e
non concesso che qualcuno ci creda, potrebbe essere il più profondo inconscio legato alla
Madre Terra che avvisa personalmente e collettivamente che il pianeta sta andando alla
deriva, a causa del comportamento umano errato, in modo particolare in campo
ambientale e tecnico-scientifico.
Solo da poco i maggiori esponenti politici del pianeta, come i capi di stato, iniziano
forse ad accorgersi che “qualcosa” non funziona più nell’equilibrio della nostra terra, ma
poi proseguono imperterriti i loro interessi di parte, pur consci che è giunto il momento
non più procrastinabile di prendere provvedimenti seri e veloci.
Tutto ciò che sta succedendo, almeno per gli eventi climatici estremi sempre più
numerosi, vedi nel solo mese di Agosto 2002 inondazioni ed esondazioni in Europa, in
Cina, in Bangladesh, in Corea, nelle Filippine, come pure l’eccezionale siccità del 2003 in
Europa, accompagnata da una estate estremamente calda con punte estreme oltre i 40
gradi all’ombra in molte città europee e prolungata da maggio a settembre.
112
Speriamo che possa essere di monito per cambiare tipo di comportamento ecologico
oppure la razza umana sarà certamente condannata all’estinzione.
Già nel lontano 1978 in un Congresso a Catania delle Scienze Ambientali ho portato
una relazione sulla necessità urgente di iniziare ad interessarsi delle energie rinnovabili
non inquinanti ma solo dopo 24 anni forse si inizia a parlare di tutto questo.
Dal 1978 siamo giuntii al 2011 e tutto è rimasto più o meno come allora.
Anche nell’ultimo Congresso Mondiale di Cancun sui cambiamenti climatici della fine
del 2010 i passi fatti in avanti si presentano ancora lenti ed incerti, ma con meno
oppositori di qualche anno fa.
Devo solo dire in questo momento:”Speriamo in bene e che Dio ce la mandi buona”.
Tornando al nostro argomento ho riportato solo alcune delle innumerevoli visioni
bibliche, per non essere troppo prolisso.
Esse molto probabilmente fanno capo o a sogni oppure a immagini o visioni ottenute
in stati di coscienza modificati, molte volte anche spontanei, ma di solito da parte di
soggetti che si dedicavano, per lunghi periodi di tempo, al ritiro, al silenzio,
all’introspezione e soprattutto alla meditazione e alla contemplazione.
Qualcosa di veramente utile ed importante, per gli assunti di questo lavoro, lo
troviamo però anche nelle opere laiche, come quelle di Emanuel Svedenborg, grande
scienziato del secolo decimoottavo, dagli interessi multiformi ed enciclopedici.
Nato a Stoccolma nel 1688 per molti anni la sua attività fu completamente assorbita
dalla scienza di quel tempo.
Studiò in Inghilterra ove fu accolto perfino in casa di Newton e, presso l’Osservatorio
di Greenwich, conobbe anche Halley, lo scopritore della famosa cometa che porta il suo
nome e che abbiamo ammirato in tutto il suo splendore alle Isole Mauritius nel 1986,
molto vicina alla Croce del Sud.
In quegli anni inglesi si interessò di tutto: geografia, astronomia, chimica, fisica,
cosmologia, ma anche di incisione ed architettura.
Di lui si posseggono perfino poesie in latino e saggi sulla letteratura inglese.
Fu anche assessore alla miniere alla corte di Svezia.
Più tardi si reco anche a Parigi, ove divenne subito un membro dell’Academie Royale.
Ma un giorno del 1744, all’età di 56 anni, iniziarono per lui esperienze insolite e
sconcertanti, che gli fecero cambiare completamente vita.
Cominciò con sogni particolari e con visioni che di norma avvenivano prima o dopo il
sonno (forse immagini ipnagogiche od ipnopompiche), a volte belle, a volte terribili, che,
con l’andar del tempo, però divenivano sempre più armoniche.
Più avanti esse hanno dato vita a continui messaggi dal mondo spirituale.
Il diario delle sue esperienze - “Il diario dei sogni” - fu pubblicato in latino solo nel
1859, esattamente 87 anni dopo la sua morte e contiene, in 603 paragrafi, la narrazione di
tutte le sue esperienze in mondi diversi, anche d’oltretomba.
Sentiamo cosa scrive di lui lo psicologo americano Van Dusen:“Avendo esaurito tutti i
campi conosciuti della scienza umana, Svedenborg scelse di esplorare se stesso nel modo
più diretto possibile, attraverso visioni, trance ed esperienze ipnagogiche. Si consideri che
a quel tempo non c’erano né psicologi né psicanalisti, e che in pratica nessuno si occupava
di processi interiori e di sogni, eccetto qualche monaco isolato e qualche mistico.
Era “terra incognita” quella che Swedenborg si accingeva ad esplorare, mettendo a
rischio la propria vita e la propria salute mentale”.
Nel suo libro “Il diario dei sogni” narra di esperienze e di incontri nel mondo spirituale
che a molti potrebbero far sorridere, anche se, con le ultime scoperte in campo tecnologico
e psicologico, si sta molto restringendo la dicotomia cartesiana tra mente e corpo.
Swedenborg, l’uomo:
113
che stupì Kant al punto che scrisse di lui un saggio dal titolo: “Sogni di un visionario”
per le sue premonizioni;
che apri la strada a Goethe in letteratura e a Jung in psicologia,
che fu molto onorato in patria, mori invece lontano dalla sua patria in Inghilterra nel
1772.
I suoi resti riposano, dal 1910, per volontà del re di Svezia Gustavo V°, nella grande
cattedrale di Uppsala, dove sono sepolti i più grandi cittadini svedesi di tutti i tempi.
I suoi seguaci, detti swedenborghiani, esistono tuttora ed in Inghilterra hanno
all’attivo 75 associazioni, che continuano a tramandare il suo messaggio.
Perché mi sono interessato di presentare, in modo piuttosto prolisso, questo
personaggio così importante ma misterioso e per lo meno strano?
Perché ho trovato in lui molti punti di contatto con tutto quello di cui mi sto
interessando da qualche decennio, cioè dagli anni ’50.
Quelli che chiamo gli “stati di coscienza modificati in autoipnosi con la presenza di
similsogni” presentano infatti molte analogie con quanto descritto da Swedenborg, al
punto tale che alcune sensazioni, esperienze, vissuti, immagini, visioni, allegorie si possono
considerare quasi del tutto sovrapponibili.
E tutto questo è nato dentro naturalmente molto prima di conoscere le opere
swedenborghiane.
Una conclusione certo non esiste.
Forse, intuitivamente, ci troviamo di fronte all’emersione spontanea, in certi
“momenti di grazia”, come quelli dei compositori, dei pittori, degli attori, degli inventori,
dei geni, degli scienziati, ecc., di contenuti inconsci, che non fanno parte del bagaglio
personale, individuale, ma che sono patrimonio collettivo di tutta l’umanità e molto
facilmente non fanno parte solo del bagaglio dell’ “homo sapiens”.
114
Stato ipnotico o anche sonno ipnotico.
Prima di presentare le varie definizioni di ipnosi o stato ipnotico che sono stata date da
vari autori fino dal secolo diciannovesimo, è utile sapere che non esiste ancora oggi una
definizione che possa abbracciare tutte le varie teorie o concezioni che si sono andate
affermando lungo il corso dei decenni.
Tutto ciò perché molti autori ed anche alcune scuole hanno avuto ed hanno tuttora
orientamenti diversi sia nell'analisi, sia nello studio degli stati di coscienza modificati che
sottendono proprio allo stato ipnotico.
Come vedremo infatti alcune definizioni possono anche essere vicine come linguaggio
adottato, ma altre invece sono quasi del tutto diverse.
Definizioni.
Definizione di stato ipnotico di Gualtiero Guantieri, il padre dell’ipnoterapia italiana.
“Con il termine di Ipnosi possiamo indicare un insieme di condizioni, stato psicofisico
e rapporto interpersonale ad un tempo (Kline), del tutto peculiari, tra loro intimamente
correlate, che si instaurano, a seguito di opportune stimolazioni, attraverso il susseguirsi di
molteplici fenomeni, psichici e psicosomatici, che coinvolgono l’uomo ed il suo modo di
essere nella loro totalità, determinando in tal modo particolari effetti”.
Altre utili definizioni del panorama italiano e mondiale.
”Stato di coscienza modificato neurofisiologico, al di fuori della realtà di veglia vigile,
inteso da molti autori anche come stato intermedio, molto probabilmente inserito tra
veglia rilassata e sonno”.
“Stato di parziale inibizione corticale, con attivazione di alcuni centri sottocorticali,
molto facilmente, secondo le ultime ricerche nel campo delle neuroscienze, in modo quasi
specifico l’ippocampo e l’amigdala, con focalizzazione selettiva dell’attenzione sulle parole
dell’ipnologo e conseguente riduzione importante di altri stimoli sensoriali”.
Nelle induzioni infatti uso spesso la frase: “Stato particolare, che non è veglia, che non
è sonno”.
”Stato di coscienza particolare, sempre neurofisiologico, che sottende anche un
determinato tipo di relazione interpersonale, di solito tra due soggetti, ma a volte anche in
gruppo, importante sia in fase terapeutica, sia sperimentale, tanto più spontanea, utile,
efficace e operativa quanto più esiste sintonia o empatia tra l’operatore e il soggetto o i
soggetti”.
”Speciale ma autentico, reale e sperimentato stato di consapevolezza, in modo quasi
specifico del “mondo interno” con esperienze vissute in molti modi, spesso non logiche e a
volte perfino alogiche, nelle quali si elaborano, si rinnovano o anche si sperimentano, a
vari livelli di coscienza modificata, condizioni fisiche e psicologiche non legate al normale
stato di veglia”.
Si attua così un parziale o completo ritorno allo stato arcaico o similarcaico, nel quale
possono anche prendere forma momenti particolari ed utili di rivisitazione o rivificazione
subconscia od inconscia, come archetipi, miti, rituali, favole, leggende, metafore, aforismi,
allegorie, liturgie, episodi di “fuga del pensiero” accompagnati da elaborazione di
neologismi, visualizzazioni spontanee o guidate, ecc.”.
Definizione di ipnosi della Britisch Medical Association.
“L’ipnosi è uno stato passeggero di attenzione modificata – stato che può venir
prodotto da un’altra persona e nel quale possono comparire diversi fenomeni –
115
spontaneamente o in risposta a stimoli verbali o di altro tipo. Questi fenomeni
comprendono un mutamento nella coscienza e nella memoria, maggiore suggestionabilità
e la comparsa nel soggetto di risposte ed idee che nelle condizioni di spirito abituali non gli
sono familiari
Inoltre nello stato ipnotico possono venire prodotti o soppressi fenomeni quali
l’anestesia - la paralisi la rigidità muscolare e modificazioni vasomotorie”
British Psychological Society 2001 (Heap, M. 2005 Defining hypnosis: the UK
experience, American Journal of Clinical Hypnosis, 48 – 2/3, 117-122) definizione:
“Il termine “ipnosi” denota una interazione tra una persona, “l’ipnotista”, e un’altra
persona o altre persone, il “soggetto” o i “soggetti”. In questa interazione l’ipnotista tenta di
influenzarele percezioni, i sentimenti, il pensiero e il comportamento dei soggetti
chiedendo loro di concentrarsi su idee e immagini che possano evocare gli effetti
desiderati. Le comunicazioni verbali che l’ipnotista usa per raggiungere tali effetti vengono
definite “suggestioni”.
Le suggestioni sono diverse dal tipo di istruzioni che vengono date nella quotidianità
perché implicano che una risposta “valida” sia vissuta dal soggetto come avente la
caratteristica dell’involontarietà o dell’assenza di sforzo.
L’ipnosi è uno stato di veglia in cui l’attenzione di una persona è focalizzata lontano dal
proprio contesto e assorbita da esperienze interne come i sentimenti, i pensieri e
l’immaginazione. L’induzione consiste in una serie di istruzioni e suggestioni volte ad
incoraggiare il soggetto ad avere un’esperienza di trance, ed è anche una serie di istruzioni
e suggestioni che hanno lo scopo di aumentare la responsività del soggetto alle suggestioni
che seguono”.
L’American Psychological Association – Division 30 (Society of Psyhological
Hypnosis) -1993 (Kirsh, I. 1994 Defining hypnosis for the public. Contemporary Hypnosis,
11, 142-143) cosi definisce l’ipnosi.
•”L’Ipnosi e’ una procedura durante la quale un medico, uno psicologo o un ricercatore
suggerisce che il paziente, cliente o partecipante faccia esperienza di cambiamenti nelle
sensazioni, percezioni, pensieri o comportamenti;
•il contesto ipnotico e’ generalmente stabilito mediante una procedura di induzione
•le persone rispondono all’ipnosi in modi diversi.
Alcune persone sono altamente responsive nei confronti delle suggestioni ipnotiche e
altre sono meno responsive
•le persone che sono state ipnotizzate non perdono il controllo sul loro
comportamento
•l’ipnosi è stata usata nel trattamento del dolore, della depressione, dell’ansia, dello
stress, dei disturbi dell’abitudine, e in molti altri problemi psicologici e medici
•in aggiunta al suo uso nei contesti clinici, l’ipnosi è usata nella ricerca con l’obiettivo
di apprendere di più circa la natura dell’’ipnosi di per sé così come il suo impatto sulle
sensazioni, percezioni, apprendimento, memoria e fisiologia”.
Definizione di Ipnosi dell’American Psychological Association – Division 30 (Society
of Psyhological Hypnosis) -2003 (Green, J. P.; Barabasz, A. F.; Barrett, D.; Montgomery,
G. H.; 2005 Forging ahead: the 2003 APA division 30 Definition of hypnosis. Journal of
Clinical and Experimental Hypnosis, 53-3, 259-264)
“L’ipnosi tipicamente riguarda un’introduzione alle procedure durante la quale viene
detto al soggetto che gli verranno presentate suggestioni per esperienze immaginative.
L’induzione ipnotica è una estesa suggestione iniziale affinché uno usi la propria
immaginazione, e può contenere ulteriori elaborazioni dell’introduzione.
116
Una procedura ipnotica viene usata per incoraggiare e valutare le risposte alle
suggestioni. Quando si usa l’ipnosi, una persona (il soggetto) è guidato da un altro
(l’ipnotista) a rispondere a suggestioni per cambiamenti nell’esperienza soggettiva,
alterazioni nella percezione, sensazione, emozione, pensiero, o comportamento.
Le persone possono anche apprendere l’auto-ipnosi, che è l’atto di somministrarsi da
sé le procedure ipnotiche.
Se il soggetto risponde alle suggestioni generalmente si deduce che l’ipnosi è stata
indotta. Molti credono che le risposte e le esperienze ipnotiche sono caratteristiche di uno
stato ipnotico.
Mentre alcuni pensano che non è necessario usare la parola ipnosi come parte
dell’induzione ipnotica, altri pensano che sia essenziale”.
Dal "Dizionario medico" di Luciano Sterpellone. Newton & Compton editori.
Ipnosi
È una tecnica basata sulla suggestione, che induce un particolare stato di coscienza
simile ma non identico al sonno.
Tra il soggetto e l’ipnotista si stabilisce un rapporto caratterizzato da una volontà di
sottomissione del primo, con abbandono dell’autocontrollo al fine di realizzare uno stato di
«regressione» dell’io: il soggetto ipnotizzato riporta facilmente alla coscienza fatti o ricordi
sopiti o rimossi nell’inconscio.
Nell’iniziale stato di trance indotto dal terapista facendo concentrare il soggetto su di
un particolare stimolo, il soggetto può ancora con la volontà resistere alla suggestione
ipnotica; segue una seconda fase di sonno «lieve», durante la quale egli esegue
passivamente gli ordini dell’ipnotizzatore, pur mantenendo poi il ricordo di questa
esperienza.
Segue ancora una terza fase di sonno profondo, il cui contenuto il soggetto non è più in
grado di ricordare nemmeno a distanza di tempo.
Questo sonno può essere approfondito a seconda delle finalità terapeutiche; il risveglio
viene ottenuto con modalità inverse a quelle con le quali l’ipnosi è stata indotta.
Le migliori indicazioni dell’ipnosi sono le nevrosi ansiose e isteriche, le manie
ossessive, i disturbi del sonno, alcune malattie psicosomatiche, l’alcolismo; questa tecnica
può essere anche utilizzata per indurre anestesia in odontoiatria e in chirurgia, e nella
preparazione al parto.
Dev’essere praticata esclusivamente da persona competente e autorizzata, che ne
conosce bene la tecnica, le indicazioni, i limiti.
http://www.staibene.it/dizionario_medico_ipnosi_y_846_.html
I dettagli delle procedure e dei suggerimenti ipnotici saranno diverse a seconda
dell’obiettivo del professionista e a seconda degli scopi del contesto clinico o di ricerca.
Le procedure tradizionalmente prevedono suggerimenti a rilassarsi, sebbene il
rilassamento non sia necessario per l’ipnosi e nonostante possa essere usata una ampia
varietà di suggerimenti compresi quelli di diventare più vigili.
I suggerimenti che permettono di valutare il livello di ipnosi mediante una
comparazione delle risposte a scale standardizzate possono essere usate sia nel contesto
clinico che in quello di ricerca.
Mentre la maggioranza delle persone risponde almeno ad alcuni suggerimenti,
l’estensione dei punteggi sulle scale standardizzate varia da alto a trascurabile.
Tradizionalmente, i punteggi vengono raggruppati nelle categorie “poco ipnotizzabile”,
“mediamente ipnotizzabile”, “molto ipnotizzabile”.
Come nel caso di altre scale di misura di costrutti psicologici quali l’attenzione e la
consapevolezza, la salienza dell’evidenze dell’aver raggiunto l’ipnosi aumenta col crescere
del punteggio dell’individuo.
117
Definizione dell’University of Tennessee’s Conference on Brain Imaging and Hypnosis
2003 (Killeen, P. R. & Nash, M. R.; 2003 The four causes of hypnosis. International
Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 51, 195-231).
“L’ipnosi è uno stato modificato di coscienza che prevede esperienze immaginative
associate ad un elevato livello di convinzione soggettiva e del senso di involontarietà
vissuta.
Si manifesta nella situazione ipnotica, che a sua volta è calata in una più ampia matrice
socioculturale di significati.
Il processo del portare un soggetto in questo stato è chiamata procedura ipnotica, un
nome che racchiude le operazioni salienti all’interno della situazione ipnotica.
La risposta ipnotica prevede movimenti fisici e un loro resoconto soggettivo, con una
corrispondenza tra quelli atipici e spesso sorprendenti, sia per il soggetto che per il
pubblico!.
Definizione di Antonelli, noto psicosomatista.
"Si è definita terapia ipnotica la possibilità di indurre in un soggetto un particolare
stato psicofisico che permette d’influire sulle condizioni psichiche somatiche e viscerali del
soggetto stesso per mezzo del rapporto interpersonale stabilitosi tra il paziente e il
terapeuta. Nella terapia ipnotica si rilevano spontanee modificazioni neurovegetative
diverse secondo i vari soggetti".
Granone nel suo “Trattato di Ipnosi” in due volumi così definisce la terapia ipnotica.
“L’ipnoterapia è un metodo di indagine che permette di esplorare la possibilità di
influire sulla patologia psicosomatica di un organo o apparato per mezzo del rapporto
interpersonale stabilitosi tra il paziente ed il terapeuta. Ha la possibilità di servirsi dei
comandi postipnotici per potenziare una eventuale psicoterapia di sostegno e rieducativa“.
G. Tirone nel suo libro “Ipnositerapia” Tecniche di liberazione, Xenia 1999, a pag, 4,
così definisce lo stato ipnotico:
”L’ipnosi è un fatto biologico, è un dinamismo psicosomatico di particolare
partecipazione mente-corpo attraverso il quale il soggetto riesce a influire sulle proprie
condizioni fisiche e psichiche.
L’aspetto caratterizzante di tale dinamismo è il monoideismo plastico. Attraverso la
propria coscienza di sé il soggetto è in grado di gestire la potenzialità della
rappresentazione mentale”.
Nel sito www.arsenio.net/sognilucidi.net ho trovato una definizione di ipnosi diversa
dalle altre fin qui menzionate.
“Si può definire l'ipnosi come quel processo che induce il rilassamento e la distrazione
della mente conscia, accentua la suggestionabilità e la percezione, consente di accedere al
subconscio attraverso l'immaginazione, di sperimentare pensieri e immagini come se
fossero reali”.
Massimiliano Zisa
“L’ipnosi viene definita una modificazione momentanea e funzionale dello stato di
coscienza all’interno del quale sono possibili alcuni cambiamenti, anch’essi momentanei e
funzionali, nelle aree del comportamento, della percezione e della memoria. Tali
cambiamenti vengono definiti “fenomeni ipnotici” e sono oggetto di studio dell’ipnosi
sperimentale, sono “leve esperenziali” nel campo dell’ipnosi clinica, e sono visibili
dimostrazioni dell’ipnosi da spettacolo.
118
Tra i fenomeni della memoria tipicamente vengono annoverati l’amnesia ipnotica e
l’ipermnesia ipnotica.
La regressione d’età è invece un fenomeno in cui aspetti mnesici si intersecano con
aspetti di percezione temporale”.
Wikipedia.
“L'ipnosi è un fenomeno psicosomatico che coinvolge sia la dimensione fisica, sia la
dimensione psicologica del soggetto. È una condizione particolare di funzionamento
dell'individuo che gli consente di influire sulle proprie condizioni sia fisiche, sia psichiche e
sia di comportamento.
In particolare "oggi sappiamo che l'ipnosi non è altro che la manifestazione plastica
dell'immaginazione creativa adeguatamente orientata in una precisa rappresentazione
mentale, sia autonomamente (autoipnosi), sia con l'aiuto di un operatore con il quale si è
in relazione".
È inoltre opportuno differenziare i termini: ipnosi e ipnotismo, intendendo con
"ipnosi" lo stato particolare, psicofisiologico (trance) del soggetto e con "ipnotismo" la
metodica e le tecniche impiegate dall'ipnotizzatore per realizzare l'ipnosi.
Attraverso l'ipnosi o l'autoipnosi è possibile accedere alla dimensione inconscia ed
emotiva del soggetto.
In termini scientifici di solito si tende a restringere il campo di definizione dell'ipnosi
alla gestione consapevole di tale processo.
Attualmente l'ipnosi è impiegata scientificamente nella ricerca clinica e in ambito
terapeutico (ipnositerapia da non confondere con ipnoterapia che riguarda la terapia del
sonno)”.
Lo stato ipnotico potrebbe anche essere classificato, almeno secondo alcuni autori,
come lieve, medio e profondo.
Non discuto a fondo questo problema, certamente più teorico che pratico, soprattutto
per il fatto che nello stato ipnotico non esiste soluzione di continuità tra i vari passaggi che
si ottengono quando l’ipnosi diventa via via sempre più profonda o sempre più intensa.
La tecnica che uso personalmente nel primo approccio, dopo due-tre colloqui
chiarificatori, anche dal punto di vista anamnestico, si può chiamare la “Tecnica
dell’induzione neutra”, termine usato per la prima volta da Crasilneck e Hall nel libro
"Ipnosi Clinica" del 1959 e poi praticamente dimenticato fino ai giorni nostri.
Ipnosi e scale di ipnotizzabilità.
Le scale di Ipnotizzabilità furono ideate per stabilire in modo preventivo quale potesse
essere la risposta dei molteplici tipi di soggetti a vari momenti di induzione ipnotica.
L’assunto alla base di tale metodologia si basava sul concetto che non tutti gli individui
potessero essere soggetti all’ipnosi. Era essenziale stabilire, sin dall’inizio, se l’utilizzo di
tale modalità terapeutica potesse, non solo essere possibile, ma soprattutto se la stessa non
fosse inutile o addirittura dannosa.
Furono così realizzati diversi protocolli di valutazione che, sulla base della risposta
degli esaminandi a stimoli standardizzati, consentissero di definire in modo più o meno
oggettivo la suscettibilità dei singoli clienti/pazienti all’ipnosi, e fra queste possiamo citare
la “Stanford Hypnotic Susceptibility Scale", distribuita in Italia dall’O.S. Organizzazioni
Speciali di Firenze.
Qualora un soggetto dia risposta insufficiente ad una scala di valutazione della
suscettibilità ipnotica, è possibile escludere in assoluto che lo stesso possa essere
ipnotizzato?
119
Qualora un soggetto dia risposta insufficiente ad una scala di valutazione della
suscettibilità ipnotica è ipotizzabile che lo stesso dia una risposta valida ad:un’altra scala?
Alla stessa scala con altro operatore?
Un soggetto che offra una buona risposta alle scale di Ipnotizzabilità, è sempre e
comunque ipnotizzabile?
Per rispondere ai quesiti posti bisogna innanzi tutto considerare che cosa sia l’ipnosi e
quale fenomenologia complessa si intenda definire con tale termine.
Alcuni ritengono che si possa già considerare realizzato uno degli Stati di Coscienza
Modificati dell'ipnosi al semplice invito di rilassarsi, altri invece pensano che sia
indispensabile il manifestarsi di una fenomenologia piuttosto complessa come analgesia
distrettuale, levitazione o pesantezza del braccio, stato similonirico, eccessiva dipendenza
dai comandi o dai suggerimenti dell'operatore ed altro.
Altri autori ritengono indispensabile la somministrazione preventiva delle scale di
ipnotizzabilità, considerando, come già accennato, inutile o dannosa l'induzione ipnotica in
assenza di una risposta positiva alle scale, mentre altri esprimono pareri diametralmente
opposti, come potrebbe appunto anche essere il mio.
A questi aspetti ritengo opportuno aggiungere anche che sperimentalmente alcuni
soggetti offrono risposte diverse a seconda della modalità di induzione, e/o dell’operatore
ed addirittura forniscono risposte differenti a seconda dell’ambiente oppure dello stato
psicologico del momento.
Ho osservato infatti, in modo particolare durante le prime induzioni sullo stesso
soggetto, che lo stato ipnotico non era egualmente profondo, pur adottando la stessa
tecnica di induzione.
Circa l’ipnotizzabilità esistono due modi diversi tra la concezione classica e quella
Ericksoniana.
Per la concezione classica i pazienti sono più o meno ipnotizzabili, anche se esistono
differenti capacità di ipnotizzabilità per cui si utilizzano scale di ipnotizzabilità..
Per la scuola di Erickson e Rossi tutti i soggetti sono ipnotizzabili in quanto secondo il
principio della utilizzazione, si può utilizzare tutto ciò che il paziente fa.
Tecnica dell’induzione neutra o del rilassamento breve.
Una delle tecniche che io uso più spesso è la tecnica dell’induzione neutra, oppure del
rilassamento breve, cioè con pochissime parole chiave, della quale fornisco subito un
esempio.
I puntini di sospensione indicano le pause di almeno due-tre secondi.
Mettiti nella posizione più comoda possibile…..più comoda possibile….ad occhi aperti
o chiusi…ad occhi aperti o chiusi….come più ti piace…..mentre il tempo passa….mentre il
tempo passa….mentre il tempo passa…….Lentamente….mentre il tempo passa….molto
lentamente….entri in uno stato di grande calma….grande calma….grande
tranquillità…..grande tranquillità.…grande benessere…..grande benessere…..grande
serenità….grande tranquillità…..e tutto il resto non ti interessa più….tutto il resto non ti
interessa più…..
Lasciati andare……lasciati andare…...lasciati andare…...dentro questo stato di grande
calma……grande
calma…….grande
benessere…...grande
benessere…….grande
distensione…grande
distensione…….distensione
muscolare……..
distensione
tendinea…….distensione nervosa….mentre il tempo passa …..mentre il tempo passa …. e
tutto il resto non ti interessa più…… non ti interessa più….Anche i rumori esterni si
120
attutiscono…….si attutiscono……e mentre il tempo passa…. mentre il tempo passa……non
ti danno più nessun disturbo.
Lasciati andare…...lasciati andare…….lasciati andare……entro questo stato
particolare….che non è veglia..….che non è sonno…...che non è veglia…..che non è
sonno….stato di grande benessere…...grande distensione..….grande calma…....grande
tranquillità…..grande serenità…..e benessere….benessere fisico…...benessere psichico…. e
calma a tutti i livelli…….con grande distensione tendinea…..grande distensione
muscolare….. grande distensione nervosa…….mentre il tempo passa ….mentre il tempo
passa…. e tutto il resto non ti interessa più….tutto il resto non ti interessa più….
Bene…..molto bene….molto bene…..lasciati andare ……lasciati andare ancora più
profondamente entro questo stato che non è veglia…… che non è sonno………mentre
assapori
il
benessere…….la
calma…….la
tranquillità……..la
distensione..……la
serenità……assapori ancora più ed ancora meglio questo stato particolare, che non è
veglia….che non è sonno…...che non è veglia…...non è sonno…...mentre i rumori esterni
svaniscono…..svaniscono lentamente…….Molto bene…..molto bene…..apprezza questo
stato particolare per qualche momento…..mentre il tempo passa…...mentre il tempo
passa..…. e tutto intorno a te…..tutto dentro di te…..è solo grande calma… .solo grande
tranquillità …..solo grande benessere……solo grande distensione…….distensione…
..distensione…a livello dei muscoli….....distensione a livello dei tendini……..distensione a
livello dei nervi.…..
Ora conto dallo zero fino al cinque e mentre passano i numeri questo tuo stato
particolare diventa sempre più completo….sempre più profondo …sempre più
completo….sempre più profondo………sempre più completo…..sempre più profondo….
Zero….…..Rilassamento muscolare, tendineo e nervoso sempre più completo….sempre
più profondo….mentre passa il tempo e tutto il resto non ti interessa più……
Uno……….Lasciati andare dentro questo stato che non è veglia, che non è
sonno…….lasciati andare…….lasciati andare..….
Due….…..Molto bene…...molto bene…...molto bene…....tutto… il… tuo… corpo…
rilassato….rilassamento….benessere….calma…...rilassamento…..benessere….tranquillità…
…distensione….….mentre passa il tempo……...mentre passa il tempo…..e tutto è calmo e
sereno……e tutto è calmo e sereno…..
Tre …...Lasciati andare ancora più profondamente entro questo stato di grande
calma…...grande benessere …....grande tranquillità…..…mentre passa il tempo……
Quattro…...Ancora…
grande
benessere…...grande
calma…..grande
distensione….grande… calma..…..grande…calma…grande… tranquillità…..a .tutti i
livelli….tendineo…..muscolare….nervoso…..mentre passa il tempo…..
Cinque…Molto..bene…rilassamento…muscolare….tendineo….nervoso,,,,muscolare….te
ndineo…nervoso…….rilassamento
tendineo….muscolare….nervoso…sempre
più
completo….sempre più profondo….mentre passa il tempo…..entro questo stato
particolare….che non è veglia….che non è sonno….
(Continuare con l’induzione del rilassamento dai 5 ai 10 minuti).
Ritorno allo stato di veglia
Ora conto dal cinque fino allo zero e mentre passano i numeri in successione tu
riacquisti lentamente lo stato di veglia normale, pur tenendo dentro di te, almeno per un
certo periodo di tempo, la calma, la tranquillità, la distensione, la serenità che hai acquisito
con questo tipo particolare di induzione.
Cinque…….(10 secondi)….
Quattro…..(1o secondi)……
Tre…..(10 secondi)
Lentamente….mentre passa il tempo….riacquisti lo stato di veglia normale. Puoi anche
incominciare i primi movimenti dei piedi e delle mani, con calma…. senza
fretta….lentamente…..mentre passa il tempo……mentre passa il tempo……..
121
Due………..(10 secondi)……..Movimenti lenti a tutto il corpo………specie agli arti…e
mantieni dentro di te……… almeno per un certo periodo di tempo……….la calma…. la
tranquillità……. la distensione….. la serenità….. che hai acquisito con questo tipo
particolare di rilassamento a tutti i livelli……...
Uno………..(15-30
secondi)…….Puoi
pure
riaprire
gli
occhi
lentamente…..lentamente….e riprendere sempre lentamente…..molto lentamente….. lo
stato di veglia normale………
Zero……..Movimenti normali……. ma mantieni dentro di te……… almeno per un certo
periodo di tempo……….la calma…. la tranquillità……. la distensione….. la serenità….. che
hai acquisito con questo tipo particolare di rilassamento.
Come va? Come va?……Hai raggiunto bene lo stato di calma, distensione, tranquillità,
serenità, distensione muscolare, tendinea e nervosa?
Oppure forse è ancora troppo presto? Non hai avvertito nulla di particolare?
Bene….molto bene……..
La prossima volta tutto diverrà più facile, più spontaneo, più normale. Anche il
rilassamento profondo dei tendini, dei muscoli, dei nervi”.
La tecnica si rivela molto utile per allenare il cliente ad entrare progressivamente nello
stato ipnoidale e di seguito in stati sempre più profondi di ipnosi sperimentale e
terapeutica.
A questo punto inserisco anche
Traccia di induzione per raggiungere lo Stato Ipnotico Totalizzante.
Un breve accenno sul come indirizzare il malato verso lo “stato ipnotico totalizzante”,
dopo aver condotto due-tre sedute conoscitive di approccio e di orientamento e quattrocinque sedute di preparazione con alcune tecniche ipnologiche già note.
Come il solito io uso il tu durante le induzioni, oppure anche spesso al noi,
naturalmente previo accordo, per poi tornare al lei subito dopo il cosiddetto risveglio, in
modo che il paziente si senta come accompagnato per mano durante tutto il percorso
ipnotico, in questo caso di tipo immaginativo.
“Dopo aver raggiunto lo stato particolare che non è veglia, che non è sonno, che già
conosci ed al quale ormai sei abituato da un po’ di tempo, inizia ora una emersione dal
profondo dei contenuti rimossi da lungo tempo……da lungo tempo… sotto forma di
immagini via via sempre più vivide e chiare…..sempre più vivide e chiare…….. immagini
che riguardano praticamente tutti gli indirizzi e gli aspetti della vita passata……..della vita
passata……..della tua vita passata………
Le immagini gradatamente si rinforzano e si rendono sempre più reali o
realistiche……sempre più reali o realistiche…… come in una proiezione filmata……….come
in una bella proiezione filmata…….il film della tua vita…….il film della tua vita……il film dei
tuoi ricordi……il film dei tuoi ricordi più profondi……il film dei tuoi ricordi più profondi, il
film dei tuoi ricordi più vissuti……..il film dei tuoi ricordi più sentiti……lungo il trascorrere
del tempo…….lungo il lento trascorrere del tempo…….il lento trascorrere del tempo…….
Continua la proiezione filmata, mentre le immagini si producono in sempre maggiore
quantità………in sempre maggiore quantità……in uno sfavillio di colori e suoni……di colori
e suoni….suoni familiari e nuovi….suoni familiari e nuovi……
Immagini molto belle, in continuo movimento e a colori………Immagini molto belle ed
a colori…….Colori vivi e quasi scintillanti……..colori vivi e scintillanti….colori vivi e
continuamente scintillanti……..Colori molto belli ed interessanti……..molto belli ed
interessanti……..
122
Dimmi ora quello che vedi e quello che senti……..Dimmi ora tutto quello che vedi e
tutto quello che senti…..in questa atmosfera particolare…..Dimmi ancora quello che vedi,
quello che senti……..Molto bene…..Molto bene….
(Attendere 10 secondi).
Ora lentamente le immagini svaniscono come nella nebbia e tutto diviene grigio ed
uniforme……grigio
ed
uniforme……grigio
ed
uniforme…….Mentre
passa
il
tempo…….mentre passa il tempo….. ora inizi ad elevarti verso l’alto……verso l’alto…..verso
il cielo…..verso il cielo…..verso il cosmo…..verso l’universo….e lentamente……mentre passa
il tempo……mentre passa il tempo…..divieni un tutt’uno con il cielo…..con il cosmo…..con
l’universo….con l’universo….Tu e l’universo siete insieme……siete una cosa sola…..siete
un’anima sola……
Tu e l’universo siete un’unica esperienza di vita…..di vita…..di vita….di energia……di
energia….di energia……di luce……di luce…..di luce….Di luce che nasce dentro……che nasce
dentro…..di luce che nasce fuori….. che nasce fuori…..in una fusione di vita……di
energia…….di luce……..di vita……di energia…..di luce…..di vita…..di energia……di
luce…….luce viva…..luce viva…..luce vivente…..luce vivente……Molto bene….molto
bene…..molto bene…..Ogni attimo è vivo….ogni attimo è vivo….ogni attimo è sempre più
vivo……
(Attendere ancora 10 secondi).
Ora di nuovo tutto svanisce lentamente come nella nebbia……come nella nebbia….in
un’atmosfera soffusa ed ovattata…..in un’atmosfera soffusa ed ovattata….dove regna il
silenzio…..dove regna il silenzio….e tutto intorno e dentro di te è solo pace, tranquillità,
benessere e distensione…..tutto intorno a te è pace, tranquillità, benessere,
distensione….distensione del corpo e della mente….distensione dei muscoli, dei nervi, dei
tendini…distensione dei muscoli, dei nervi, dei tendini…..
Solo pace intorno e dentro di te, pace del corpo, pace dei sensi, pace
dell’anima……pace del corpo, dei sensi, dell’anima….e vivi nella luce, nella luce che non
muore mai….nella luce che non muore mai….nella luce che non muore mai…..
(Un nuovo momento di pausa di 10 secondi).
Ora lentamente riprendi lo stato di veglia normale….di veglia vigile….di veglia
vigile….mantenendo però dentro di te le sensazioni che hai vissuto….le sensazioni che hai
vissuto….in questo momento di grazia….in questo momento di pace….in questo momento
di serenità…..di grande serenità……
Lentamente…..
mentre
passa
il
tempo……mentre
passa
il
tempo…..torni…..lentamente…..allo stato di veglia vigile…..di veglia vigile….di veglia
vigile…..mantenendo
dentro
la
calma…..la
tranquillità…..la
distensione……la
distensione…..dei muscoli….dei nervi…..dei tendini…..la distensione fisica…..la distensione
fisica….la distensione psichica….la distensione psichica…..
A tutti i livelli….. a tutti i livelli……
Molto bene…..molto bene……molto bene…..”
E’ necessario guidare lentamente il paziente verso il risveglio completo facendogli
attuare in sincronia movimenti delle mani e dei piedi sempre più veloci ed infine di tutto il
corpo.
Segue un colloquio chiarificatore delle esperienze e delle sensazioni vissute, di
qualsiasi tipo esse siano, tenendo sempre presente il modo di esporle e le eventuali
“razionalizzazioni” utilizzate.
Il paziente infatti spesso cerca di fornire una spiegazione di tipo razionale anche per
quelle esperienze e sensazioni che non entrano affatto nel campo del razionale.
123
Classificazione generale degli Stati Ipnotici.
Per quanto riguarda i vari tipi di Stati Ipnotici riporto ora un tentativo di
classificazione dal volume “Ipnosi Clinica” di H. B. Crasilneck e J. A. Hall, Astrolabio, 1978.
Si tratta di una tabella pubblicata a pag. 76., alla quale ho aggiunto anche alcune
osservazioni personali più particolareggiate.
Dagli autori citati si usa ancora il termine “trance ipnotica”, ormai obosoleto e che io
non condivido, anche per il fatto che va a rischio di essere confuso con la “trance
medianica” delle sedute spiritiche, non più in voga come un tempo, ma ancora coltivate
presso certi club privati, di norma dell’”high society”, con soggetti cosiddetti “sensitivi”, i
quali dichiarano di ricevere messaggi dai defunti oppure da esseri disincarnati oppure
anche perfino da E.T.
La classificazione dei vari stati ipnotici suggerisce sei momenti dal più leggero al più
profondo.
Stato ipnoide.
Sbattimento delle palpebre.
Rilassamento fisico muscolare, tendineo e nervoso.
Chiusura spontanea degli occhi, con abbassamento delle palpebre, dopo un breve
periodo di tempo, segno di inizio del rilassamento psicofisico.
Sensazione progressiva di profondo rilassamento psicofisico, accompagnato spesso da
spiccata diminuzione dell’attività mentale, in modo particolare quella di tipo attentivo
corticale.
Diminuzione dello stato d’ansia e dei disturbi somatoformi, ma non in tutti gli
individui.
Ipnosi leggera.
Incapacità di aprire gli occhi volontariamente, forse proprio per parziale inibizione
dell’attività corticale.
Respirazione progressivamente più profonda e lenta con pause più lunghe.
Intensificazione progressiva della letargia o dello stato di progressiva e graduale
sonnolenza.
Visualizzazioni spontanee di norma del tipo ipnopompico o ipnagogico, senza una
particolare progressione logica.
Ipnosi media.
Anestesia a guanto in vari distretti dell’organismo.
Amnesia parziale dei vissuti.
Visualizzazioni di tipo sogno “ad occhi aperti” o “sogno lucido” con coinvolgimento dei
cinque sensi, ma non in tutti i soggetti.
Per alcuni autori in questa fase dello stato ipnotico si possono creare anche
allucinazioni visive ed auditive, che personalmente preferisco denominare “visualizzazioni
visive ed auditive”, per il fatto molto importante che il lemma allucinazioni presenta
sempre una connotazione patologica, non certo adatta per soggetti in stato ipnotico.
Ipnosi profonda.
Capacità di aprire gli occhi e di movimento, senza nessuna influenza sulla profondità
della trance.
Capacità di verbalizzare, cioè di rispondere alle domande dell’ipnologo riguardanti i
particolari vissuti del momento.
Esperienze di molti tipi definite come importanti, specie in campo ipnoanalitico o
ipnosintetico, con immersione dei cinque sensi nei vissuti e visualizzazioni a tipo di sogno,
di norma “sogno lucido”.
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Sonnambulismo.
Anestesia o analgesia praticamente completa, molto spesso in tutti i distretti
dell’organismo.
Sonnambulismo ipnotico
Anestesia o analgesia estensiva a molti distretti dell’organismo, a volte anche
spontanea, a volte indotta con opportuni suggerimenti dell’ipnologo.
Anestesia ed analgesia postipnotica provocata in un singolo distretto dell’organismo
(analgesia o anestesia distrettuale) con suggerimenti o comandi appropriati, in modo da
poter verificare il grado di profondità ipnotica ottenuta dal soggetto.
Molto utile non solamente in fase terapeutica come analgesia nel dolore cronico, ma
anche in campo sperimentale, per analizzare meglio le varia opportunità o possibilità di
controllo.
Regressione d’età, a volte anche fino all’età neonatale, molto utile in campo
ipnoanalitico o ipnosintetico per conoscere, analizzare ed eventualmente rimuovere,
traumi infantili contenuti nella memoria implicita, cioè rimossi nei contenuti inconsci.
Secondo alcuni autori è anche possibile la regressione a vite precedenti, vedi Ian
Stevenson, “Le prove della reincarnazione”, Armenia, Milano 1999 oppure B. Weiss,
“Molte vite, molti maestri”, Mondadori, Oscar, Milano 1998), regressione che io considero
ancora oggi non sufficientemente comprovata in modo scientifico.
Visualizzazioni positive e negative postipnotiche, sempre con suggerimenti o comandi
appropriati durante llo stato sonnambolico.
Pallore delle labbra e spesso anche del viso per probabile caduta pressoria, non in tutti
gli individui.
Possibilità di ottenere dal soggetto l’esecuzione di comandi strani o quanto meno
illogici nello stato di veglia normale. Di norma però non vengono eseguiti i comandi
contrari alla visione etica del soggetto, il che starebbe a dimostrare che esiste sempre,
anche in stato sonnambolico, un certo grado di autocritica consapevole.
Questi passaggi presentano anche specifiche differenze individuali, dipendenti sia
dall’operatore sia dal soggetto, per cui una classificazione in questo senso è puramente
descrittiva e non rende edotti della vera realtà oggettiva specifica dei molteplici stati di
coscienza modificati degli stati ipnotici.
Vediamo ora qualche altra definizione e classificazione attraverso vari autori che
hanno agito o che agiscono nel grande campo dello stato ipnotico.
Meares in “The atavistic theory of hypnosis in relation to yoga and pseudo trance
states”. Atti del Terzo Congresso Mondiale di Psichiatria, MontreaI, 712-714, 1961,
definisce l’ipnosi come ”una regressione al modo di funzionamento mentale primordiale in
cui si accettano le idee acriticamente con il processo primordiale di suggestione”.
Ancora nel lontano 1962 Wolberg in “The Nature of Hypnosis”, con grande capacità di
sintesi, riassumeva in una molte definizioni di Ipnosi in voga a quel tempo che considero
ancora oggi una delle più complete che si conoscano.
Sintetizzando alla Wolberg si possono catalogare le teorie sull’ipnosi in
a) Teorie fisiologiche, specie per quanto riguarda la partecipazione del sistema nervoso
centrale e dell aree di associazione della corteccia cerebrale.
b) Teorie che definiscono l’ipnosi come un tipo particolare di sonno.
125
c) Teorie dell’inibizione corticale diffusa con un focolaio selettivo di attenzione,
focalizzata sulle parole o sui suggerimenti dell’ipnologo.
d) Teorie che partono dallo studio della patologia, in modo particolare del sistema
nervoso centrale e che si orientano su eventuali momenti di dissociazione temporanea e
limitata a carico di alcune aree, non solamente corticali, ma anche dei centri sottocorticali
e dei nuclei della base.
e) Teorie di tipo psicologico, come una possibile risposta a stimoli condizionati sul
modello di Pavlov.
f) Teorie che prendono in considerazione la suggestionabilità del soggetto,
classificandolo in vari modi, a seconda dei fenomeni ipnotici presentati. Si sono
approntate, in questo caso, delle Scale di Suggestionabilità, che per alcuni autori sono da
prendere in seria considerazione; per altri, al contrario sono poco attendibili e di nessun
valore diagnostico.
g) Teorie che parlano di un possibile investimento in un ruolo sia da parte
dell'ipnologo come del paziente.
h) Teorie psicanalitiche.
1) Scuola di Nancy a cui facevano parte in modo particolare Liébeault e Bernheim.
2) Scuola Viennese specie con i nomi di Freud, Breuer e Ferenczi.
3) La scuola di Gill e Brenman, i quali considerano l’ipnosi come un prestito, da parte
del soggetto, di un sottosistema del suo Io al controllo temporaneo dell’ipnologo, essendo
però il soggetto sempre in grado di revocare la dissociazione delle funzioni dell’Io e di
ritornare volontariamente allo stato di veglia vigile normale, teoria del resto molto cara
anche a Guantieri.
4) Teoria del “Ponte Affettivo” di Watkings, in cui un’emozione spiacevole attuale o
recente, viene intensificata fino a quando può divenire un ponte per ricordare con
memoria vivida un precedente evento traumatico che aveva comportato un’emozione della
stessa intensità o simile. Il Ponte Affettivo si attua per creare lentamente una progressiva
perdita di coinvolgimento nell’evento stesso, fino a ricordarlo senza più tensione emotiva o
ansiosa.
k) Teorie ipnoanalitiche tra le quali quella di Granone che la usava per il rinforzo
dell’Io e per il decondizionamento attivo delle dipendenze da alcol, da tabacco e da
sostanze psicoattive.
i) Teorie e Tecniche Eriksoniane basate sulla confusione dei termini, nel senso di
fornire al cliente, entro un contesto logico, delle parole o delle frasi poco o nulla attinenti
con il fluire del discorso, in modo da deviare l’attenzione o di non fornire tempi sufficienti
per una risposta adeguata di tipo razionale. Deve necessariamente però esistere in questi
casi uno stretto rapporto di “fiducia” tra ipnologo e cliente, in modo che qualsiasi tipo di
discorso o di induzione possa essere accettata acriticamente.
I 5 principali Criteri di Induzione Ipnotica di Erickson sono:
1) Non è necessario rendere cosciente l'inconscio. È infatti possibile stimolare i
processi inconsci in modo che funzionino in forma autonoma, più adatti per risolvere in
maniera personale i problemi di ciascun paziente.
2) Non è necessario analizzare al paziente i meccanismi mentali e le caratteristiche
della sua personalità. Si possono utilizzare invece processi, dinamismi e vie che
favoriscono il conseguimento degli obiettivi terapeutici.
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3) Non è necessario che i suggerimenti siano diretti o direttivi. Spesso i suggerimenti
indíretti risultano migliori nell’aggirare le limitazioni del paziente che favoriscono di
norma la produzione di eventuali resistenze. In tal modo si aiuta e si asseconda solo lo
sviluppo e l’espansione dei processi inconsci.
4) Con una suggerimento indiretto molto spesso il paziente è messo in grado di
superare i difficili processi interni di disorganizzazione, riassociazione e proiezione di
esperienze interiori per soddisfare le esigenze degli obiettivi terapeutici.
5) Il suggerimento di tipo terapeutico non è un processo di programmazione del
paziente secondo il punto di vista del terapeuta. Comporta invece "una risintesi interiore
del comportamento del paziente a opera del paziente stesso".
l) Tecniche postericksoniane, con l’attuazione di particolari stati di confusione,
necessari per diminuire le difese razionali in alcuni soggetti troppo introspettivi, nei quali
non è possibile raggiungere lo stato ipnotico nei modi voluti, per il fatto che si presentano
sempre “troppo vigili ed attenti a tutto ciò che succede intorno a loro”.
Per esempio l’induzione con neologismi verbali, introdotti volontariamente durante la
seduta, praticata da qualche autore, ottiene spesso risultati ottimi, proprio per il noto
fenomeno della confusione.
La metodica ipnotica che uso personalmente si avvale per così dire del complesso di
molte tecniche ipnotiche riunite insieme che applico, in varie sedute, una per una o
sintetizzate, a seconda del paziente, della sua professione, del suo grado di acculturazione,
del suo comportamento, della sua carica o energia vitale, della sua razza, della sua
religione, del contenuto emotivo delle sue verbalizzazioni, del suo specifico modo di
affrontare quel determinato tipo di disturbo o malattia, per la quale è giunto nel mio
studio.
E’ una tecnica altamente personalizzata e adattata al paziente, è molto variabile ma
conduce sempre, dopo un certo numero di sedute, alla realizzazione nel paziente di uno
stato ipnotico particolare, che io definisco “stato ipnotico totalizzante”.
Va precisato che lo stato ipnotico totalizzante non abbraccia il contenuto o la somma
delle singole induzioni, ma soprattutto risveglia nel soggetto uno speciale stato di coscienza
modificato.
Esso riesce in molti casi a far sì che possa affrontare, senza indecisioni od insicurezze,
problematiche, situazioni od eventi che, allo stato di veglia, non si sarebbero potute
fronteggiare con un certo grado di sicurezza.
Questa specie di ipnoanalisi è raggiungibile anche con alcune tecniche ericksoniane e
postericksoniane come ad es. “ipnosi non verbale”, “ipnosi mascherata”, “ipnosi senza
trance”, “ipnosi vigile”, ecc.
Pertanto il raggiungimento dello “stato ipnotico totalizzante” si ottiene veramente in
molti modi, alcuni dei quali anche non molto ortodossi, secondo la terminologia ufficiale.
Si presentano però molto efficaci dove altre terapie allopatiche o non convenzionali
avevano costantemente fallito il loro scopo.
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Autoipnosi.
“Stato di coscienza modificato, ottenuto attraverso un lungo, serio, costante,
impegnativo e motivato allenamento a rivolgere la mente dall’esterno verso il mondo
interno, anche con l’uso di vari metodi di rilassamento, praticando l’introspezione, senza
giungere con questo a realizzare sempre e comunque una vera e propria “autoanalisi”,
oppure un “processo di individuazione” alla Jung.
E’ possibile invece risvegliare il mondo interno, in modo che possa fornire, attraverso
percorsi variabili da soggetto a soggetto, tutto il materiale inconscio che di norma si
evidenzia attraverso metafore, simboli archetipici, simboli arcaici, visualizzazioni, rituali,
liturgie e tutto ciò di cui si serve l’inconscio per parlare il suo linguaggio”.
La letteratura definisce anche l'autoipnosi come uno stato mentale diverso dallo stato
di veglia, che può essere utile per imporsi degli obiettivi, per diminuire o annullare un
imprinting negativo, ma soprattutto per aumentare l'autostima, la forza di volontà nelle
situazioni ambientali difficili ed anche e soprattutto adatta al pensare produttivo e
creativo.
Può essere utilizzata inoltre per rivivere eventi e fatti del proprio passato remoto
attraverso il procedimento delll'Autoipnosi Regressiva, simile al procedimento dell’Ipnosi
regressiva, risvegliando e portanto verso il conscio almeno una parte della memoria
implicita..
Si parla spesso di varie tipologie di autoipnosi.
Come ad esempio
autoipnosi occidentale classica basata su affermazioni,
autoipnosi occidentale classica basata su visualizzazioni,
autoipnosi "simbolica",
autoipnosi orientale,
autoipnosi libera o creativa.
Io personalmente non sarei tanto del parere di affermare che possano esistere varie
categorie di autoipnosi.
Secondo il mio punto di vista essa dipende, in modo quasi esclusivo, dalla personalità
del soggetto che la pratica, oltre naturalmete dal suo modo di vivere, di “sentire”, di
“autoanalizzarsi, di vivere in modo parsonale quello stato particolare che varia molto
perfino di giorno in giorno con momenti relativamente facili, ed altri invece veramente
difficili.
In questo stato però, dopo un serio e costante allenamento, si possono ottenere
esperienze di grande interesse e valore, in modo particolare nel campo della psicologia
psicosintetica ma ancor più transpersonale.
Si hanno così vari tipi di crisi di identità oppure evolutive, come episodi di
consapevolezza non presenti nello stato di veglia vigile, esperienze legate all’anima, allo
spirito, al cosmo, a processi mistici.
Tutti processi che fanno indubbiamente parte di un processo evolutivo del proprio
“mondo interno” verso una migliore e maggiore comprensione di se stessi e degli altri, di
maggiore equilibrio psicofisico, anche se a detta di qualche positivista, si tratta solo del
mondo dei sogni “a occhi aperti”, di un “mondo autocostruito” che porta lontano dalla
“realtà normale dello stato di veglia vigile di tutti i giorni” e per questo pura finzione
mentale, delirii non ancora bene classificabili e facenti parte più della patologia che della
normale fisiologia.
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Tra i cultori dell’autoipnosi infatti si trova anche chi parla del risveglio della Kundalini
come energia cosmica vitale, della presenza di visualizzazioni di tipo sciamanico con
incursioni nel mondo sotterraneo del Profondo Sè, di alcune esperienze di pre morte, o di
altre di eternità ed unicità, di pace vera e profonda, di gioia incolmabile, di rapimento
mistico od estatico, di incontri con spiriti guida, di “channeling”, con episodi di medianità,
di ricezione di messaggi telepatici, come è accaduto, tanto per citare i più seguiti oltre che
conosciuti, per gli antichi Veda indiani, per il Corano, per il “Libro dei Sogni”, per il Libro
dei Mormoni, per i libri di Carlos Castaneda ecc.”.
L’allenamento all’autoipnosi diventa più facile se si seguono i ritmi personali del
respiro, senza doverlo accelerare, come con la tecnica di Grof e senza doverlo diminuire,
secondo molte tecniche indiane. Un po’ alla volta, seguendo un allenamento giornaliero,
tutto diviene automatico e ci si inoltra via via verso le esperienze già elencate.
Dal punto di vista strettamente personale però devo aggiungere che, mano a mano che
l’allenamento prosegue, il respiro diviene via via sempre più lento e profondo ed infatti, in
certi momenti, mi sono ritrovato con un ritmo di respiro molto diminuito, fino a
raggiungere una inspirazione ed una espirazione nel tempo di un minuto, quando di norma
le respirazioni complete sono di almeno dieci al minuto.
Un punto veramente importante e indispensabile che vale la pena di sottolineare ora è
che considero necessario, almeno nei primi momenti, imparare l’autoipnosi con una guida,
una guida seria e preparata, la quale abbia gia attuato un percorso almeno da qualche anno
e sia perciò in grado di indirizzare l’aspirante verso il “mondo interno”, ricco di enormi
possibilità, la stragrande maggioranza delle quali ancora totalmente sconosciute.
Solo così è possibile iniziare in modo proficuo, efficace e produttivo, nel trascorrere dei
giorni e dei mesi, un cammino verso il Profondo Sé, che si presenta senza dubbio ricco di
ostacoli di ogni genere, ma anche prodigo di soddisfazioni nel campo mentale e a volte
perfino spirituale.
Tecniche elementari per giungere all’autoipnosi.
“Noi siamo ma anche diveniamo, nel trascorrere lento del tempo, ciò che pensiamo
con maggior forza ed energia.”.
La nostra salute fisica è legata a molti fattori ma è largamente influenzata dalle nostre
aspettative. L’autoipnosi diviene pertanto un valido ed utile strumento per diminuire le
aspettative negative e aumentare le positive. Ricordarsi sempre che la teoria della
comunicazione afferma che essa avviene su molti livelli e soprattutto che quelli più bassi
determinano il significato conscio o inconscio di quelli superiori.
La razionalità viene così ad essere perdente quando l’immaginazione è preponderante.
Con la pratica dell’autoipnosi possiamo modificare le abitudini sbagliate, il
comportamento errato, il pensiero fuorviante e negativo, una sintomatologia emozionale
troppo a lungo coltivata, tutte situazioni che portano a malattie funzionali o
psicosomatiche.
Si inizia con un allenamento ad autosuggerimenti semplici sempre di natura positiva,
come sensazione di calore piacevole oppure di benessere fisico e psichico, di rilassamento
di tutti i muscoli del corpo, cercando di “sentire bene” solo coloro che sono appoggiati al
tavolo oppure alla poltrona.
Memorizzare che è assolutamente necessario allenarsi per un certo periodo di tempo
variabile da individuo ad individuo, per ottenere risultati validi, sicuri ed incoraggianti.
Se ci si vuole allenare con la mente subconscia ed inconscia è necessario un tempo di
latenza per assimilare quanto si vuole ottenere in un secondo tempo ed imparare a
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spegnere lentamente l’attività corticale raggiungendo lo “stato di inibizione di corticale con
attivazione dei centri sottocorticali, in modo particolare ippocampo e amigdala.”
Ad esempio molte persone soffrono d’insonnia perché spesso pensano tra sé e sé
“Adesso devo dormire bene e subito.” Se ci si allena ad usare la parte subconscia ed
inconscia si hanno migliori risultati a “lasciare che accada”, “lasciare che il sonno giunga”,
piuttosto che sforzarsi per produrlo con la volontà.
Come detto in precedenza iniziare con pensieri o formule molto semplici e inserirle
sempre nel presente.
Non pensare “domani mi sentirò meglio” ma “mi sento meglio, in questo momento mi
sento meglio, ora le mie condizioni psicosomatiche iniziano a migliorare, adesso mi trovo
nelle condizioni più adatte per iniziare a sentirmi megio dai mie disturbi o dalle mie
malattie, ecc.””
La nostra attività subconscia o inconscia “lavora sempre nel presente, lavora
nell”attimo dell’Adesso”, lavora subito per darci benessere, tranquillità e distensione.”
Pertanto va attivata solamente così altrimenti i risultati sono poco attendibili e
scarsamente duraturi.
Tenere sempre presente che per il subconscio e l’inconscio il futuro è sempre
proiettato avanti nel tempo e di conseguenza non si realizzerà mai secondo le nostre
aspettative. Il futuro non è in grado di creare un’immagine positiva, perché non esiste, non
è ancora arrivato e non giungerà mai. Il futuro non ci appartiene. Non è influente sul corso
della nostra vita e non è in grado di creare un’immagine mentale positiva.
Solo il presente ha la facoltà di risvegliare situazioni e comportamenti nuovi anche se
proiettati nel futuro.
La formuletta magica per allenarsi bene all’autoipnosi è ricordarsi sempre del “Qui e
ora.” oppure del “momento dell’Adesso”.
Procedendo in questo modo tutto il resto “viene da sé” sempre però con un progressivo
allenamento nel tempo.
Come è ovvio è ancora più errato riferirsi al passato.
I ricordi rallentano o fermano l’allenamento.
I ricordi funzionano come “palle al piede” perfino se sono positivi e piacevoli.
Creare dunque sempre immagini mentali positive nel presente con frasi semplici.
L’inconscio riceve solo frasi semplici esenti da forme letterarie elaborate E’ come un
bambino di cinque-sei anni.
Allenarsi dunque alle frasi con gradualità e misura fino a raggiungere scopi più elevati
degli ordinari come autoanalisi, autorealizzazione e autoguarigione.
Punto ancora più importante.
Scegliere una frase per volta, innanzitutto rinforzando il proprio Io con pensieri od
immagini positive, nel presente, all’incirca ogni due-tre giorni, come Mi sento meglio.
Sono più forte. Mi sento a mio agio con me stesso e gli altri.
Passare poi, più avanti nel tempo, a frasi mentali come:”Inizio a trovare la mia strada.
Inizio a sentire come mi devo comportare. “Scorgo ora la mia strada verso la luce. Mi sto
veramente incamminando verso la luce, e, mentre mi incammino verso la luce, altra luce
nasce dentro, nasce dentro di me, nel mio profondo Sé.
A poco a poco mi immergo in essa come in un grande bagno caldo di benessere e di
serenità. La luce, la gioia, la serenità sono le fedeli compagne della mia vita e devo iniziare
a correggere i miei errori con il loro costante, utile e sincero aiuto.”
Di grande interesse a questo punto fissare degli obbiettivi da raggiungere, in base alla
loro importanza ed attualità. Fissarne uno alla volta ricordandosi sempre di pensarli
realizzati nel presente e mai nel futuro.
In questo modo si procede nel cammino dell’autoanalisi per poi passare
all’autorealizzazione con conseguente autoguarigione fisica e mentale. Dopo un certo
130
periodo di tempo sempre variabile da individuo a individuo ci si può lentamente
incamminare sulla strada della realizzazione dell’inconscio collettivo e mentale e più avanti
dell’inconscio cosmico e spirituale alla ricerca del Profondo Sé, come spiegato meglio e in
modo più vasto ed esauriente nel quarto volume degli “Stati di Coscienza Modificati
Neurofisiologici”.
L’autoipnosi pertanto, se utilizzata con le metodiche suggerite, diviene non solo una
valida e importante ricerca personale. ma anche un modo completo, pur se piuttosto lungo,
di incontro con l’inconscio collettivo e cosmico, carico di momenti intensi che si avvicinano
allo stato meditativo e mistico.
Il tutto per iniziare a dare un senso alla vita, a cogliere gli aspetti più importanti di
ogni Adesso che fluisce, di ogni breve momento di riaffioramento del profondo Sé. Il dare
un senso alla vita non è certamente facile. Alcuni autori contemporanei richiesti di dare
una risposta su questo argomento hanno così risposto.
Max Frisch:“Fate conto che la vita abbia un senso e poi lo cercate mentre la state
vivendo”.
Uwe Johnson:”La vita comprende molto più di quanto possa apprendere su di essa
colui che la vive”.
Martin Walser:“Prometto che appena affiorirà alla mente questo ricercato senso, Vi
scriverò”.
Gregor Von Rezzoni:“ Il senso della vita sta nell’interrogarsi sul senso della vita
stessa”.
Metodica personale di allenamento per l’autoipnosi.
Un cenno ore alla mia metodica personale per il raggiungimento dello stato di
autoipnosi.
“Seduto su una comoda poltrona con le braccia appoggiate alle coscie o sdraiato a letto
in posizione supina, con le braccia che scorrono lungo il corpo, recito per pochi secondi il
mio mantra personale, costituito da un misto di componenti indiane:
Om
di
derivazione
indiana
e
Ra
di
derivazione
egiziana:….cioè
OmRa……OmRa…...OmRa……OmRa…..OmRa……OmRa…… fino al momento in cui
iniziano immagini, anche del tipo ipnagogico e le lascio scorrere come fossero inserite in
un film.
A volte presentano una sequenza razionale ma, il più delle volte, la sequenza delle
immagini segue uno schema completamente irrazionale, ove si alternano visioni di mondi
irreali, corpi diversi dal normale, animali mai visti, tecnologie avveniristiche, cieli di colori
diversi e smagliati, tunnel bui e misteriosi, immersione in buchi neri, viaggi in universi
paralleli, ecc”.
Tutto questo fa parte di un lungo allenamento e, mano a mano che passa il tempo, la
realtà irreale o virtuale diviene via via più chiara e limpida, portandomi perfino all’incontro
con esseri di altri mondi i quali, molto spesso, mi porgono informazioni utili per la mia
evoluzione, in modo particolare quella a livello spirituale, con tanto di spiegazioni anche
relativamente vicine alla realtà terrestre normale, ma che la superano in termini di concetti
evolutivi.
Molti lettori potrebbero pensare che si tratti solo di “sogni ad occhi aperti” ma, per
conto mio, c’è indubbiamente qualcosa di più.
Molto facilmente si tratta di affioramenti dell’inconscio, del mondo interno, che in
questo modo trova un varco per “dire la sua” al cervello razionale, esplicando
probabilmente desideri rimossi di vecchia data oppure anche esperienze subliminali che
non hanno mai raggiunto il livello della coscienza o della consapevolezza.
131
Si tratta, ad ogni modo, di informazioni a tutti i livelli che si rendono utili anche per
“vivere meglio una vita troppo tesa o troppo complicata”.
Questa autoipnosi personale ad ogni modo ha favorito in passato, ma favorisce anche
nel presente, il superamento di gravi iperstress e di grossi ostacoli fisici, mentali e
spirituali, nello scorrere normale della vita, come del resto succede a qualsiasi persona di
questo pianeta.
L’autoipnosi, nei casi più difficili come gravi malattie o intensi iperstress, mi ha
sempre donato una grande carica in tutti i campi, dal fisico al spirituale e mi ha aiutato
anche a superare, senza danni di una certa entità, momenti altrimenti difficilmente
governabili con le attuali convinzioni o teorie oppure con l’uso di psicofarmaci.
Dopo la mia definizione vediamo anche ciò che dicono altri autori qualificati
sull'autoipnosi.
Cheek e Le Crohn in “Clinical Hypnotherapy” nel 1968 sostengono che in fin dei conti
“ogni ipnosi è essenzialmente autoipnosi”.
Wolberg ancora nel lontano 1948 in “Medical Hypnosis”, Vol. I° definisce l’autoipnosi
“una vera e propria trance indotta dal paziente per effetto delle suggestioni ipnotiche
dategli dal medico”.
L'autoipnosi è la realizzazione dello stato ipnotico su se stessi.
In ambito clinico l'ipnotista impartisce al paziente delle istruzioni particolari affinché
apprenda a entrare nello stato ipnotico autonomamente. All'inizio dell'apprendimento, per
agevolare la realizzazione della trance, possono essere utili delle audiocassette con la voce
registrata del terapeuta.
Con l'allenamento e l'esperienza migliora sempre più l'abilità del soggetto a realizzare
l'ipnosi. Wikipedia.
L'autoipnosi è una tecnica che possiamo utilizzare per riuscire a migliorare le nostre
potenzialità e aiutarci a raggiungere i nostri obbiettivi. E' una tecnica che ci permette di
ricercare dentro di noi una stato di benessere utile per superare al meglio i nostri conflitti e
gli stati di disagio. Giovanni Grosso.
L'autoipnosi può essere utilizzata per gli stessi obiettivi per i quali è impiegata l'ipnosi
eterodiretta. Correzione di comportamenti inadeguati (mantenere una dieta, smettere di
fumare ecc.), controllare emozioni (ansie varie), realizzare stati di distensione, terapia
regressiva, etc..
Al giorno d’oggi riveste notevole importanza, per le conseguenze a volte disastrose che
comporta, lo stato similipnotico o ipnoidale che compare più spesso in autostrada, specie
durante la pioggia con il movimento delle spazzole sul vetro anteriore, oppure nelle
giornate assolate estive, quando si guida subito dopo un lauto pranzo con libagioni
profuse, oppure, specie di notte, se si è costretti ad osservare la linea continua
spartitraffico per molti minuti di seguito, oppure anche il seguire per molto tempo, specie
in caso di nebbia, le luci di posizione del veicolo che precede.
In tutti questi casi si parla di “ipnosi” ma io sono piuttosto dell’avviso che le condizioni
che abbiamo riferito possano più spesso portare verso un “vero stato autoipnotico” che
sfocia sovente in quei caratteristici e funesti “colpi di sonno” tanto pericolosi per chi è al
volante ad anche purtroppo per gli sfortunati che in quel momento si trovano sulla
traiettoria di impatto del veicolo.
132
Ad ogni modo l’autoipnosi si può realizzare partendo sia da qualche tipo di
rilassamento, sia dall’ipnosi che da eteroindotta diviene poi, in un secondo tempo, con
l’allenamento, autoindotta, oppure anche a volte allenandosi a prolungare gli stati
ipnagogici con il loro imprevedibile ed irrazionale corteo di sensazioni, immagini, vissuti
esperenziali di tipo fantastico e di norma irreale, cioè senza agganci con la realtà normale
di tutti i giorni.
E’ molto importante a questo punto conoscere che considero l’autoipnosi come uno
degli stati di coscienza modificati con i quali si può con meno difficoltà raggiungere lo stato
di coscienza totalizzante, sempre che si sia disposti ad allenamenti diuturni per lunghi
periodi di tempo.
La mèta ad ogni modo è così importante che vale la pena, almeno da molti punti di
vista, di sottoporsi a qualche ….sacrificio.
Un classico esempio di allenamento all’autoipnosi anni ’60 lo troviamo nel libro già
citato di Crasilneck-Hall a pag. 361 e 362, per quanto riguarda un caso di dolore cronico
per carcinoma prostatico, dopo che il paziente era stato allenato ad entrare in uno stato di
ipnosi tra media e profonda con una serie di sedute. L’allenamento viene poi proseguito al
letto del paziente, se non ambulabile, o sul lettino dello studio suggerendo le frasi e le
parole adatte per un buon raggiungimento di uno stato di autoipnosi, almeno media.
I puntini di sospensione fanno riferimento alle pause da mantenere tra una frase e
l’altra.
Cito testualmente:
”Sono disteso nel mio letto e sto facendo quanto posso per guarire da questo
male……Riesco a dominare la maggior parte delle mie sofferenze e a essere estremamente
rilassato……e ora concentrerò il pensiero sulla mia respirazione addominale e sulla trama
della stoffa che tocco con la mano destra……mentre mi concentro sulla punta delle dita
della mano destra sollevo lentamente l’indice…..
Ora questa percezione intensificata della mano destra passa e l’indice riprende la
posizione normale mentre io entro in un più profondo stato di rilassamento…..Non ho più
alcuna tensione muscolare e non avverto né stress, né sforzo…..la gamba destra incomincia
a pesarmi un po’…..sento un peso alla gamba destra…..un peso muscolare….e sentendolo
alzo l’indice della mano destra…..Sento questo peso e alzo e abbasso il dito…..
Adesso il peso scompare, la gamba riacquista la sensibilità normale e io sto entrando
con tutti i muscoli del corpo in uno stato di grande rilassamento…..sono estremamente
rilassato…..nel corpo, nella mente…..sono rilassato….tensione e sofferenza stanno
diminuendo….soffro molto meno.
Adesso mi si irrigidiranno la mano destra e la punta delle dita….per un istante saranno
rigidissime…..tese e rigide come acciaio…..sento la mano, dal polso alle dita, come un pezzo
di legno che sia stato immerso per molti giorni nell’acqua, rigidissima e tesa…..Ora
quest’impressione scompare e le dita si rilassano…..un rilassamento che si diffonde per
l’intero corpo…..e io entro in uno stato più profondo…..non sento più né tensione, né
sforzo…..il disagio diminuisce e lo segnalo movendo l’indice della mano destra. Ora avverto
una leggera sensazione di prurito alla guancia destra, come se una piuma mi
sfirasse……mentre la sento muovo il lato destro della faccia….
Muovo l’indice della mano destra per segnalare che la sento e ora il prurito scompare e
io entro in uno dei più profondi stati di rilassamento possibili……Il dolore è diminuito
molto e sono estremamente rilassato…..
133
Adesso sento un profumo delizioso….Respiro quest’aroma e lo segnalo movendo
l’indice della mano destra…..muovo l’indice perché riesco a sentire la fragranza….
Ora l’aroma si dissolve, il mio odorato riacquista la normale sensibilità e io entro nel
più profondo livello di ipnosi che sia possibile raggiungere….praticamente dolore e disagio
sono scomparsi….Sono tanto rilassato…..profondamente e completamente rilassato in ogni
mia fibra muscolare.
Sono sicuro di riuscire a mangiare tutto quello che mi daranno e che ciò mi darà
forza….Seguirò la cura prescrittami, nella certezza di poter migliorare e di trarre il
massimo beneficio dalla terapia. Dormirò bene e con il potere del mio inconscio riuscirò a
dominare quasi interamente le mie sofferenze, acquisterò forza, libero da tensione e
rigidezza e il mio disagio si ridurrà al minimo…..Ora conterò lentamente da dieci a uno, e
così facendo mi sveglierò poco alla volta dall’autoipnosi, rilassato e rinfrancato, sicuro di
fare tutto quello che posso per stare bene”.
Mi sono soffermato su questa seduta di autoipnosi pilotata per far notare come negli
anni cinquanta e sessanta ci si trattenesse su dei particolari che ora, specie dopo la svolta
impressa da Erickson, si rivelano molto spesso non solo inutili ma a volte anche
controproducenti, specie quando si continua a fissare l’attenzione, come in questo caso, sul
dolore, il quale, nei pazienti sofferenti di dolore cronico maligno, non va mai menzionato.
Altro particolare, peraltro positivo e che sarebbe buona cosa non dimenticare mai,
specie nei soggetti più resistenti, è quello di farci indicare, con il movimento di un dito, di
solito l’indice destro, se o quando il paziente riesce a sviluppare quanto gli si va
suggerendo.
Per gli ipnologi esperti, per la presenza di molti altri segni, quali la caduta della
mandibola, le palpebre immobili, l’assenza totale di movimenti, il respiro molto lento, ecc.,
questo passo può anche essere sorvolato, ma per ipnologi alle prime armi si rivela invece
molto vantaggioso ed importante ai fini di una migliore conduzione dell’iter autoipnotico.
La tecnica di Krasilneck e Hall si rivela ancora molto efficace, in modo particolare
come propedeutica a passaggi più profondi e diviene molto utile specie in soggetti già
costituzionalmente sensibili all’ipnosi e pertanto più facili da allenare, in poche sedute,
anche all’autoipnosi.
Considero tutto ciò quasi essenziale anche per una seria preparazione ai diversi gradi
di autoipnosi, necessari per raggiungere infine, assieme ad altri stati di coscienza
modificati, l’ambìto traguardo dello stato di coscienza totalizzante.
Ultimo, ma certo non meno importante, last, but not least, la domanda
fondamentale:per noi occidentali, ormai sommersi nella tecnologia, con la mente gravata
da una moltitudine di problemi, dettati anche da tutti i falsi bisogni che ci siamo creati
negli ultimi decenni: “riveste ancora un senso cercare delle vie, anche di ascesi mentale e
spirituale, ottenibili con l’autoipnosi, legate per lo più a metodi orientali, dei quali molti
mantengono solo un sapore arcaico”?
Se vogliamo apprendere una metodica d'autoipnosi dobbiamo utilizzare uno
strumento per comunicare più efficacemente con alcune vie del “mondo interno”
Si inizia dunque imparando l’ipnosi vera e propria, sotto la guida di un ipnologo serio
e ben preparato che ci inoltra lentamente negli “Stati di Coscienza Modificati
Neurofisiologivi” di cui anche i vari stati ipnotici fanno parte.
L’ipnosi e di conseguenza anche l'autoipnosi sono in grado di farci comprendere dopo
un certo periodo di tempo, variabile da individuo a individuo, che la nostra "mappa" della
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realtà non è la vera realtà; noi abbiamo una rappresentazione della realtà nella nostra
mente, ma la rappresentazione della realtà nella nostra mente non è la realtà stessa.
Attraverso una continua perfezione del linguaggio rappresentiamo la realtà attraverso
delle parole o lemmi, attribuendo ai vari oggetti che ci circondano un nome.
Ma i nomi sono solo una maniera di raccogliere in categorie la realtà.
Dopo aver attribuito delle categorie alla realtà, noi decidiamo che significato dare ad
ogni categoria e come reagire ad essa; se un vegetale, ad esempio, viene classificato come
"pianta velenosa", probabilmente non lo mangeremo, se un animale presenta un
comportamento ostile, noi lo definiremo come pericoloso e pertanto cercheremo di
evitarlo, se un nostro simile esibisce una grande aggressività, lo cataloghiamo come
difficile e prepotente e faremo di tutto per non incontrarlo sul nostro cammino.
Coltivare l’autoipnosi, scegliendo il metodo preferito, non è però sufficiente a trarne
degli effetti veramente benefici, se non si hanno motivazioni ben precise che coinvolgano
globalmente la personalità e il comportamento, anche in sede terapeutica.
Solo se si è bene allenati all’autoipnosi, diviene molto più facile entrare in sintonia e in
contatto con il “mondo interno” del soggetto e di conseguenza ad aiutarlo nel corpo e
nell’anima.
Se durante l’induzione, ci si pone anche noi in stato di lieve autoipnosi, si attivano
sensazioni che consentono di captare segnali subliminali metacomunicati dal cliente, che
saranno molto utili, una volta “decifrati”, per condurre meglio il training ipnotico. In
questo modo si aprono prospettive di intervento terapeutico, anche in casi che
normalmente sono considerati piuttosto difficili da trattare, come i disordini somatopsico-somatici o psichici.
Anche in questo caso, come è ovvio, è necessaria una grande preparazione, un training
operativo di lunga durata e una buona dose di coraggio e creatività.
Questa è la linea di approccio all’autoipnosi, linea certamente innovativa, specialmente
per quanto riguarda la terapia dei disturbi somato-psico-somatici e psichici. anche se in
gran parte da sperimentare, ma molto valida, specie in campo ipnoanalitico e
ipnosintetico.
Sciamanesimo.
Inserisco il capitolo sullo sciamanesimo come inerente la metodica autoipnotica,
perché, dal mio punto di vista, lo sciamano, con i suoi rituali, si avvicina molto di più allo
stato di coscienza modificato dell’autoipnosi che non ai successivi stati meditativi e stati
mistici, anche se nella letteratura attuale si persiste nella visione misitca.
Per me è molto importante questa collocazione e precisazione per il fatto che i
cosiddetti ”poteri speciali” degli sciamani si avvicinano molto a tutto ciò che è possibile
ottenere durante l’autoipnosi, naturalmente quella seria, ottenuta con allenamento che può
durare molti anni se non tutta una vita.
Lo sciamanesimo è una pratica che di norma va oltre le culture di un popolo.
Deriva in gran parte dalle supposte civiltà primitive, addirittura preistoriche, e
presenta una struttura adattabile e malleabile, capace dunque di coordinarsi con diverse
culture e religioni.
Per questo motivo lo sciamanesimo, anche se in parte trasformato dalle concezioni
primitive, feconda ancora oggi molti settori della medicina non convenzionale attuale, in
modo speciale la naturopatia, con diversi rituali che affondano le loro radici nei
simbolismo ancestrale.
La parola sciamano deriva etimologicamente dal sanscrito sramana o dal pali samana
e significa "uomo ispirato dagli spiriti" – "portatore di energia" – "uomo saggio" - "colui
che vede nell'oscurità".
135
La definizione che più si adatta allo spirito sciamanico è la seguente:
"Sciamano è colui che impara a comprendere, armonizzare e dirigere le energie
dell'universo verso il mondodegli esseri viventi, per poter guarire se stesso e gli altri".
Dal sito: http://it.wikipedia.org/wiki/Sciamanesimo
Sciamanesimo, in antropologia culturale, è un termine che indica l'insieme delle
credenze ed il modo di vivere e di vedere il mondo, di società animiste non alfabetizzate,
imperniato intorno ad una particolare figura di guaritore-saggio ed alla sua attività
magico-religiosa: lo sciamano.
Lo sciamanesimo si riferisce a una vasta gamma di credenze e pratiche tradizionali che
comprende la capacità di diagnosticare e curare malattie, nonché tutti i possibili problemi
della comunità e del singolo, dal come procurarsi il cibo al come sbarazzarsi dei nemici. Ciò
attraverso l'asserita capacità dello sciamano di "viaggiare" in stato di trance nel mondo
degli spiriti e di utilizzare i loro poteri.
È questa la principale caratteristica dello sciamano che lo contraddistingue da altre
forme di guaritore.
Lo sciamanesimo è un'antichissima pratica transculturale che presenta caratteri
distintivi ben precisi e comuni, all'interno di una struttura flessibile, capace cioè di
adattarsi a diverse culture e religioni.
Etimologia.
Secondo svariati dizionari etimologici, la parola sciamano (per la prima volta attestata
nel 1698) sarebbe entrata nell'italiano dall'inglese shaman, questo (attraverso lingue slave
e germaniche) dal tunguso šaman, a sua volta dal pali samana, derivato dal sanscrito
sramana che significa "monaco ".
Da notare la radice indoeuropea sa- legata al verbo "sapere".
La figura dello sciamano
salute
riproduzione
sussistenza.
Secondo queste società primitive, in ultima istanza, erano gli spiriti ultraterreni a
determinare la sorte e gli avvenimenti terreni; ogni problema poteva perciò essere risolto
solo da qualcuno che avesse la capacità ed i mezzi per entrare in contatto con tali spiriti,
affrontando un "viaggio" ultraterreno nel loro mondo, trovando lì la soluzione ai problemi.
Questo è lo sciamano, un "ponte" tra il mondo terreno e quello ultraterreno.
Secondo la cultura sciamanica, non si può diventare sciamani per scelta o per semplice
iniziazione, ma si deve ricevere una "chiamata" da parte degli "spiriti" e a questa chiamata
non si può rispondere negativamente.
Detto ciò, è comunque possibile che alcune culture prevedano un qualche tipo di
iniziazione per lo sciamano.
Per chi la riceve, la "chiamata" è spesso un dramma: essa ne sconvolge la vita e ne
mina seriamente la stabilità e l'integrità fisico-psichiche; il chiamato ne farebbe volentieri a
meno.
Tuttavia, il non accettare, sempre secondo la tradizione sciamanica, avrebbe
conseguenze molto più gravi, che potrebbero portarlo fino alla follia ed alla morte.
Generalmente nello sciamanesimo classico, gli sciamani sono di sesso maschile, ma
esistono anche sciamani di sesso femminile ed il loro numero aumenta man mano che ci si
136
avvicina ai gruppi sedentari, soprattutto nelle società agricole e contadine (p. es. Uzbeki e
Tagiki, ma anche Estremo Oriente e Sudest asiatico). Il loro ruolo però è generalmente più
marginale rispetto a quello degli sciamani maschi perché, sempre secondo la tradizione
sciamanica, il "viaggio" dello sciamano di sesso maschile sarebbe di ben più ampio respiro,
avrebbe un raggio d'azione molto più vasto e la sua azione sarebbe molto più potente. Le
sciamane (dove esistono) sarebbero invece generalmente più "specializzate" in quelle cure
che prevedono l'uso dell'erboristeria.
Lo sciamano, diversamente da quanto succede per il sacerdote o il re, non deriva da
un'istituzione, ma ha base empirica, possiede facoltà innate o trasmesse e, a differenza
invece dello stregone-medico, ha un comportamento di carattere estatico, in trance è ponte
fra le energie spirituali e quelle terrene, un canale della volontà divina e delle forze della
natura che mette a disposizione dell'umanità attraverso l'amore e la comprensione.
Durante l'estasi si impadronisce di lui una forza (che può essere concepita sia
dinamisticamente come impersonale, sia animisticamente come spirito o demone): con
questo aiuto lo sciamano influisce sulla vita dei compagni. Il legame fra lo sciamano e il
potere che lo invade è molto stretto, perde la sua personalità e diventa temporaneamente
l'"altro".
Sciamani dell'America settentrionale e della Groenlandia portano maschere proprio
per sottolineare questo significato.
Non sempre tutto questo viene sentito come un dono ma anche temuto come la morte,
per la sua potenza.
Alcune culture sciamaniche fanno risalire le loro origini alle donne, per esempio lo
sciamanesimo che opera tramite l'aquila oppure in Cile, dove le sciamane Mapuche da
25.000 anni praticano guarigioni seguendo la luna. Addirittura presso i Ciukci dell'Asia
settentrionale o i Daiaki delle coste della Malesia, lo sciamano si "trasforma" a volte in
donna e come tale si sposa.
Gli Sciamani sono protettori della mitologia dei raccoglitori – cacciatori (la cui vita era
basata sull'economia di sussistenza, sulla predizione e sul rapporto diretto con la natura)
con un ruolo fondamentale sull'evoluzione delle società di cui facevano parte.
Le regole fondamentali della pratica sciamanica sono il rispetto dell'individualità e
della libertà di ogni singolo individuo; divieto per lo sciamano è nuocere a sé e agli altri,
mancare di rispetto alla Madre Terra e a qualsiasi espressione di vita, nonché ricevere
compensi in denaro. Aspetto significativo della "cura" nella credenza sciamanica è che la
guarigione è sia fisica che psichica.
Parte della psichiatria moderna attribuisce le eventuali guarigioni ad ipnosi o
autoipnotismo o anche ad ipnotismo collettivo. Gli strumenti musicali, per esempio, con il
frastuono violento che spesso accompagna queste pratiche, "strappano" il guaritore ed il
paziente dalla loro solita esistenza, con funzione terapeutica.
Diffusione.
Lo sciamanesimo, originariamente legato alle culture di cacciatori-raccoglitori, appare
diffuso quasi ovunque nel mondo, dall'Australia alle Americhe con caratteristiche comuni.
Lo sciamanesimo non è presente nel continente africano[senza fonte], né presso le
società di coltivatori di Melanesia e Nuova Guinea e neppure nelle zone delle grandi civiltà
dell'antichità, come quella cinese, le grandi civiltà del Mediterraneo, quelle mesoamericane
e andine.
Presso le grandi civiltà è possibile che sia originariamete esistito, ma che poi sia stato
rimosso.
137
In Africa, invece, dove è presente un'altra figura, quella dello stregone, non vi è alcuna
traccia di sciamanesimo, nemmeno le più antiche pitture rupestri forniscono alcuna
indicazione in proposito (nonostante vi siano ipotesi occasionali di segno contrario).[senza
fonte] Sepolture in caverne del nord dell'Iraq, a Shanidar, datate 150.000 anni fa, come
petroglifi di 7000 anni fa del Nord America, recano tracce di riti sciamanici.
Particolarmente radicato appare invece in Asia, specialmente in Siberia, dove non c'è o
è stata minima la sovrapposizione di altre culture; lo sciamanesimo siberiano è pertanto
considerato dagli studiosi quello classico, il più puro.
Sappiamo che lo Stretto di Bering, spesso ghiacciato, era l'itinerario seguito dai
cacciatori del paleolitico (homo sapiens sapiens) per penetrare nel continente americano;
dal sud-est dell'Asia penetrano fino in Australia, 53.000 anni prima della nostra era e gli
attuali aborigeni sono i diretti discendenti.
Pratiche sciamaniche si ritrovano quasi ovunque: presso i Ciukci, gli Inuit, gli Yupik, i
Samoiedi, i Cumani, i Tartari e i Mongoli, i Buriati, i Daigate del Borneo, in Oceania, nel
Sud-Est Asiatico, in India, Tibet, Giappone e nel continente americano ma si hanno anche
forme più "raffinate" come presso gli Yoag Indiani, oppure i Berserkr germanici che
infuriano durante le battaglie o addirittura gli eroi invasati dallo spirito di Jahvè nell'antico
Testamento (Gedeone e Saul che è poi messo fra i profeti).
Riti sciamanici avevano continuato ad essere praticati nel corso della storia in Cina: la
loro presenza è confermata dalle fonti storiche Han, secondo cui numerosi sciamani che
abitavano il territorio cinese nel III secolo a.C. erano invitati dagli imperatori per la
costruzione di altari e templi nella capitale. Nonostante l’ostilità dei funzionari di corte essi
mantennero un ruolo importante per oltre un millennio fino all’emanazione di un editto
del 1023 che rimandava gli sciamani nelle loro province d’origine, decretando
l’abbattimento dei loro altari; in un’epoca in cui lo stato si era ormai completamente
confucianizzato lo sciamanesimo venne abolito dalla corte, continuando però ad essere
praticato a livello popolare fino ai giorni nostri, seppur con una estensione molto minore.
[1]
Gli indigeni della Nuova Guinea, sotto l’effetto di alcune droghe, erano convinti di
entrare in contatto con i parenti defunti: il problema che sorgeva era che un morto tornato
tra i vivi cambiava il proprio carattere, così da buono sarebbe potuto divenire cattivo e
viceversa; questo cambiamento era alla base dei riti funerari, tesi a prevenirlo o ad
assecondarlo.
I Roro della Nuova Guinea inscenavano una strana cerimonia per richiamare al
villaggio gli spiriti dei morti, considerandoli loro alleati. [2]
Esistono diverse teorie per spiegare la diffusione quasi globale dello sciamanesimo, le
principali sono:
La cosiddetta teoria diffusionista, ipotizza che il fenomeno, nato presso un popolo, si
sia diffuso da un popolo all'altro, da un luogo all'altro.
La teoria della derivazione da una fonte comune, ipotizza cioè che ogni popolazione
abbia attinto alla stessa fonte.
La cosiddetta teoria strutturalista, ipotizza che il fenomeno sia sorto
contemporaneamente in vari luoghi e presso varie popolazioni perché innato nella
struttura mentale umana.
Probabilmente (come spesso accade) il giusto sta nel mezzo e cioè che tutte e tre le
teorie sono valide e non incompatibili, quindi si possono integrare tra loro.
138
Note.
^ concetti tratti da: Paolo Santangelo Storia del Pensiero Cinese - Nexton Compton
Editori, 1995
^ concetti tratti da: Alfredo Castelli, Vittorio Di Cesare Nuova Guinea: Il Paradiso degli
Etnologi - Sergio Bonelli Editore, 1995
^ (EN) American Indian Cultural Support: "Declaration of War Against Exploiters of
Lakota Spirituality"
^ (EN) Blain, Jenny, Nine Worlds of Seid-Magic: Ecstasy and neo-Shamanism in
North European Paganism. 2002. London: Routledge. ISBN 0415256518
^ (EN) Plastic shaman
Scrive M. Eliade, nel volume “Lo Yoga”, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1999,
p.298 - 303.
“Tra gli elementi costitutivi e specifici dello sciamanesimo bisogna considerare in
primo luogo:
1° una iniziazione che comporti lo smembramento, la morte e la resurrezione simbolici
del neofita, e che implichi, tra l’altro, la discesa agli Inferi e l’ascensione al Cielo:
2° la capacità dello sciamano di intraprendere viaggi estatici nella sua qualità di
guaritore e di psicopompo (cerca l’anima del malato, rapita dai demoni, la cattura e la
reinserisce nel corpo; accompagna negli Inferi le anime dei morti; etc.);
3° la “padronanza del fuoco” (lo sciamano può toccare impunemente il ferro rovente,
camminare sui carboni ardenti, etc.);
4° la facoltà dello sciamano di assumere forme animali (volare come gli uccelli, etc.) e
di rendersi invisibile: l’elemento essenziale e specifico dello sciamanesimo è l’estasi”.
“L’estasi non viene qui intesa nel senso religioso di rapimento prodotto da
un’attitudine di devozione estrema verso una delle figure divine, siano esse quelle cristiane
della Vergine Maria o del Signore Gesù, oppure quelle Indù di Krishna, Shiva o Shakti.
L’apprendista sciamano dovrà invece specializzarsi nella gestione di tutta l’energia che
ha a disposizione e dell’energia verso la quale è chiamato da altri ad averne cura, dovrà
avere questa attenzione tecnica, noi diremmo anche professionale, sempre entrando in un
attitudine sacra.
Per fare un esempio concreto, egli deve essere «capace di abbandonare il proprio
corpo e di intraprendere “in spirito” (in trance) dei viaggi cosmici per vari obiettivi, tutti
comunque interconnessi, che vanno dal suo intento “religioso” di voler comunicare col
Grande Spirito alla necessità di dover affrontare dei compiti, curativi per lo più, che
richiedono il contatto con altri livelli di esistenza.
Queste potenzialità sopite nell’essere umano che fanno capo a concetti prettamente
scientifici quali l’energia e l’inconscio, per esempio, sono ravvisabili in svariate tradizioni.
Come dicevo prima con l’aiuto di M. Eliade, vi sarebbe in queste ultime un’attenzione
particolare verso tali specificità “estatiche” dell’uomo, tanto da avvalorare l’ipotesi che
elementi del genere siano appunto costitutivi di un sostrato ancestrale sciamanico che era
la base naturale-spirituale della vita di gruppi umani con un certo livello di
consapevolezza”. “Lo sciamanesimo come percorso di crescita personale”. Tesi di Laurea
di Stefano Sottile. Pagg. 20 21.
“Pratiche sciamaniche si ritrovano quasi ovunque: presso i Ciukci, gli Inuit, gli Yupik, i
Samoiedi, i Tartari e i Mongoli, i Buriati, i Daigate del Borneo, in Oceania, nel Sud-Est
Asiatico, in India, Tibet, Giappone e nel continente americano ma si hanno anche forme
più "raffinate" come presso gli Yoag Indiani, oppure i Berserkr germanici che infuriano
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durante le battaglie o addirittura gli eroi invasati dallo spirito di Jahvè nell'antico
Testamento come Gedeone e Saul, quest’ultimo addirittura inserito tra i profeti. Lo
sciamanesimo però non è presente in tutto il continente africano e nelle zone delle grandi
civiltà dell'antichità, come quella cinese e le grandi civiltà del Mediterraneo.
Elementi fondamentali che caratterizzano l’essere sciamano, ovunque la credenza
sciamanica sia presente sono:
la chiamata sciamanica. Lo sciamano, prima di diventare sciamano, riceve una
"chiamata" da parte degli "spiriti", alla quale non può rifiutarsi di rispondere
positivamente.
Il viaggio sciamanico. Un "viaggio" mentale nel "mondo degli spiriti" che lo sciamano
compie alla sua investitura e successivamente, con modalità differenti, ad ogni suo
intervento. Le caratteristiche del "viaggio" sono: estasi, metamorfosi (in animale) e
combattimento contro gli spiriti ed altri sciamani.
L’anargirismo, ovvero lo sciamano non può ricevere compensi in denaro, pena la
perdita del potere sciamanico”. (Wikipedia)
È importante menzionare i “momenti meditativi” o “mistici” degli sciamani, in grande
declino dopo la rivoluzione russa del 1917.
La forma classica dello sciamanesimo è stata identificata nelle regioni siberiane; si
trova però anche in alcune zone dell’America settentrionale e dell’Oceania.
Quello che conta nel nostro contesto è che lo sciamanesimo si rivela una tecnica
particolare per il raggiungimento dell’estasi, che si attua attraverso il “volo mistico” in
stato modificato di coscienza oppure arrampicandosi sulla sacra betulla.
Gli sciamani, che sono sempre di sesso maschile, attraverso particolari “tecniche
meditative e/o mistiche”, riescono per esempio a sedere completamente nudi sulla neve,
come gli sciamani Manciù.
Anche nel Tibet, come riferisce l’antropologa Alexandra David-Neel, si praticavano,
prima dell’invasione cinese del 1950, rituali derivanti dalla religione indigena arcaica, il
Bon.
La David.Neel scrive nel libro:”Mistici e Maghi del Tibet” quanto ha visto nei suoi
lunghi, interminabili viaggi con permanenza in Tibet per ben 14 anni.
“La resistenza di quei monaci è dovuta al potere che hanno acquisito di generare
tumo". La parola tumo significa calore, tepore, ma non viene usata nel linguaggio comune
per definire il calore o il tepore ordinario. Essa fa parte della terminologia mistica.
Questa disciplina viene tenuta segreta dai lama, i quali la insegnano e non mancano
mai di dichiarare che le informazioni in proposito, ottenute per sentito dire o attraverso la
lettura, sono del tutto inutili se il soggetto non è stato personalmente istruito e allenato da
un maestro che sia a sua volta un iniziato.
A volte, il periodo d'allenamento e d'istruzione, viene concluso con una specie di
esame.
Durante una gelida notte invernale, i candidati che si sentono in grado di sopportare
vittoriosamente la prova sono condotti sulla sponda di un fiume o di un lago. Se l'acqua del
fiume è gelata si pratica un foro nel ghiaccio. L'ideale è una notte di luna con un forte
vento.
I neofiti siedono sulla terra con le gambe incrociate e nudi. Vengono immerse delle
lenzuola nell'acqua gelida e ogni uomo se ne avvolge uno intorno al corpo.
Appena il lenzuolo si è asciugato, lo si immerge di nuovo nell'acqua e lo si riavvolge
intorno al corpo del novizio, finché si asciuga come prima.
L'operazione continua fino all'alba.
Si dice che alcuni candidati riescano ad asciugare fino a 40 lenzuola in una notte.
140
Forse c'è un po' di esagerazione in questo, anche per quanto riguarda la grandezza
delle lenzuola che, in alcuni casi, possono essere talmente piccole da diventare quasi
simboliche.
Ho tuttavia visto alcuni respas asciugare parecchi panni simili a un grande scialle i
respas indossano un'unica veste di cotone in tutte le stagioni e a qualsiasi quota. È difficile
per noi farci un'idea precisa dei risultati ottenuti con l'istruzione tumo, ma alcune di queste
prodezze sono autentiche. Gli eremiti vivono veramente nudi, o con un leggero indumento,
per tutto l'inverno, nelle alte regioni che ho menzionato.
Non sono l'unica ad averli visti.
Mi è stato detto che alcuni membri della spedizione sull'Everest incontrarono una
volta, per caso, uno di questi anacoreti nudo".
Gli sciamani, definiti anche “uomini di medicina”, vivono in sintonia, con tutto il
pianeta e tutte le creature che lo abitano, che da molti punti di vista, specie dopo l’avvento
della globalizzazione, sembrano loro i "veri civilizzati".
L'uomo di medicina, o guaritore, o sciamano, o "stregone", curano le persone facendo
ricorso alla natura, ai suoi elementi e chiedendo aiuto all'Energia Cosmica. E' riconosciuto
dagli abitanti del luogo, come cului che è in grado di mediare tra l'uomo e gli spiriti della
natura.
Lo sciamanesimo non è una religione, ma un tipo di esperienza tra la meditazione e il
misticismo e sembra essere dovuto a una certa predisposizione del sistema
neurovegetativo a raggiungere determinati stati di coscienza modificati neurofisiologici di
tipo ipnoide.
Lo sciamano infine è riconosciuto tale dagli abitanti del luogo e questo avviene dopo
un'iniziazione e relativo tirocinio in cui l'allievo acquisisce varie tecniche e supera certe
prove, a volte molto impegnative per chiunque.
La fine del "tirocinio" è decretata da un altro sciamano anziano che generalmente è
colui che ha suguito l'iniziazione del novizio, che lo consacra ufficialmente.
Dal 1970 lo sciamanesimo ha ricevuto un forte impulso dai libri di Carlos Castaneda,
antropologo e studioso dello sciamanesimo messicano tolteco (vedi bibliografia).
Carlos Castaneda nasce il giorno di Natale del 1923.
Dichiara di essere nato a San Paolo, in Brasile, nel 1935 e di essere figlio di un
professore universitario.
I documenti della sua immigrazione negli Stati Uniti – riemersi in occasione delle
dispute sull’eredità – lo dichiarano invece nato a Cajamarca, in Perù, nel 1923, e affermano
che il padre era un gioielliere. Sembra che, emigrando negli Stati Uniti, nel 1951 avesse
lasciato in Perù, incinta, una moglie di origine cinese.
Entra all’Università della California di Los Angeles nel 1959.
Con l’occasione si dichiara invece celibe e sposa Margaret nel 1960 dalla quale
divorzierà nel 1973, dopo un alternarsi di periodi burrascosi ed altri relativamente
tranquilli.
Nel 1962 consegue il primo grado universitario (BA) in antropologia e studia per
ottenere un dottorato. Ma nel 1968 – quasi improvvisamente – diventa famoso in tutto il
mondo, con la pubblicazione, attraverso la casa editrice della sua università, la University
of California Press, del volume “The Teachings of Don Juan” - traduzione italiana, A scuola
dallo stregone del 1970.
Nel libro Castaneda racconta i suoi incontri con Don Juan Matus, un nagual o
sciamano messicano di etnia yaqui che avrebbe incontrato per caso a Nogales, in Arizona, a
una fermata dell’autobus nel 1960.
Don Juan avrebbe introdotto il giovane studente a straordinarie avventure spirituali,
alcune delle quali "aiutate" dall’uso di sostanze tratte da diverse qualitò di funghi
messicani.
141
Nel 1971 Castaneda pubblica “Una realtà separata”, affermando di avere con questo
secondo volume completato la sua trascrizione degli insegnamenti di Don Juan.
Ma la casa editrice, visto il successo internazionale dei primi due, spinge per ulteriori
libri anche se essi vengono criticati nei confronti di quella che sembra essere quasi una
provocazione per una neanche troppo velata promozione delle droghe psichedeliche.
Così, nel 1973, Castaneda afferma di avere incidentalmente "ritrovato" degli appunti
che erano andati perduti, da cui emerge che le droghe non sono strettamente necessarie
per raggiungere stati di coscienza diversi dal normale stato di veglia.
E’ il tema svolto nel “Viaggio a Ixtlan”, che viene accolto positivamente dall’ambiente
degli antropologi.
Sulla base di questo volume, l’Università della California gli concede il dottorato e
anche un’autorità come Mary Douglas, socio-antropologa britannica, nata a S.Remo nel
1921 e studiosa del simbolismo nelle varie colture e delle religioni comparate, afferma che
si tratta di nuove scoperte antropologiche di notevole importanza.
L’insegnamento dello sciamano Matus è importante perché, dopo aver fornito dice lui
“come aiuto” droghe derivate dai funghi messicani, come la psilocibina, dichiara
apertamente che un percorso simile si può benissimo realizzare senza alcun tipo di droga,
solo “entrando nel proprio mondo interno con una specie di autoipnosi che si avvicina
all’area meditativa e mistica”.
E’ proprio ciò che io sostengo da molti anni nei miei libri sugli “Stati di Coscienza
Modificati Neurofisiologici”.
Esiste dunque la “via breve” attraverso le sostanze psichedeliche, che con il tempo
sono tossiche, anche le più leggere e la “via lunga”, dell’allenamento continuo, anche per
anni, che porta però solo e grandi benefici fisici, mentali e spirituali.
Molto difficile la via lunga perchè richiede un valido impegno, pazienza, costanza,
perseveranza e forza di volontà.
Ma al tempo attuale del “Tutto e Subito” si preferisce la via breve, anche se pericolosa
e tossica, sia a livello fisico, sia ancor più a livello mentale.
Prima di trattare dello stato meditativo, colgo l’occasione per accennare al metodo
Feldenkreis, che si adatta bene a quanto già scritto sugli stati di rilassamento e per avviarsi
volendo anche verso lo stato meditatico.
Il metodo è ancora poco conosciuto in Italia, ma molto in voga ormai in molte nazioni,
sia americane, sia europee, sia asiatiche.
Lo ritengo molto utile per il fatto che insegna determinati tipi di movimenti che
ripetuti spesso accompagnano lentamente perfino entro stati che si avvicinano alla
meditazione.
Dal sito http://www.feldenkraisdallavalle.info/ prelevo qualche nota informativa di
questo metodo che agisce direttamente sul corpo.
E indirettamente anche sulla mente.
L’integrazione della persona nell’atto, che passa attraverso il corpo e si esprime in
esso, rivela allo stesso tempo il senso profondo dell’integrità dell’uomo come persona.
Karol Wojtyla, “Persona e atto”.
142
Il metodo Feldenkrais: conoscersi attraverso il movimento.
“Il movimento è vita, senza il movimento la vita è impensabile” dice Moshe
Feldenkrais, ingegnere e fisico, prima cintura nera di judo europea e pioniere
dell’educazione somatica.
Qualsiasi cosa noi facciamo, richiede movimento, incluso lo stare seduti, il parlare ed il
respirare.
I movimenti e la postura o meglio l’attura, il nostro portamento, possono, essere
compromessi da sforzi non adeguati e stress.
Molte persone non pensano al proprio corpo fino a che non sperimentano dolore o
qualche problema.
Il corpo invece, manifesta la persona.
Con Merlau Ponty possiamo dire: “io sono il mio corpo”.
Esso va quindi trattato con cura e rispetto.
Cos’è il Metodo Feldenkrais?
E’ un sistema innovativo di lavoro su di sé che utilizza il movimento, il tocco e la
conoscenza degli schemi motori.
Sviluppa le capacità di percezione del corpo per ottenere un miglioramento funzionale
della persona.
Non è una forma di ginnastica, nemmeno una forma di terapia o di riabilitazione, e
neppure un sistema psicologico o religioso.
Il metodo Feldenkrais fa delle proposte attraverso il movimento per aiutarci ad essere
autentici e consapevoli della nostra storia corporea e motoria. Ogni scelta ha infatti
conseguenze che influiscono su quelle successive e che producono, a poco a poco, una
biografia unica ed irripetibile.
Possiamo dire che c’è una “narrativa del movimento o del corpo” frutto della storia
della persona. In questo senso sono da leggere le abitudini corporee, i traumi, l’attività
motoria esercitata nel passato, l’influenza emotiva…
Feldenkrais ci aiuta a vivere un’unita nel movimento, come esiste un’unità di vita ed
un’unità di anima e corpo.
Si potrebbe dire che.”Affinando i movimenti del corpo si potrebbero migliorare anche
quelli dell’anima”.
Moshe si è dedicato allo studio del movimento, per migliorare la consapevolezza e la
capacità di azione delle persone. La sua idea base è che ogni aspetto della vita umana,
compresa la sicurezza interiore, dipende dall’immagine che ciascuno ha di se stesso.
Nel conoscersi attraverso il movimento si ha un’immagine di sé prima del processo e il
traguardo sarà la conoscenza di ciò che veramente si è almeno in un certo aspetto della
propria esistenza.
Secondo Feldenkrais la persona ha la potenzialità di auto-orientarsi e il suo lavoro
conferma l’idea che l’uomo è strutturalmente predisposto ad imparare per tutta la vita, è
motivato e desideroso di fare nuove esperienze sensoriali.
Questo lavoro aiuta ciascuno a diventare “attore” del proprio apprendimento, ad
imparare ad imparare.
La persona agisce in modo intenzionale, per prove ed errori per trovare una soluzione
soddisfacente e corrispondente alle proprie intenzioni.
Sappiamo infatti che la realtà è morbida all’intenzionalità.
Il Metodo Feldenkrais viene insegnato in due forme:
*Conoscersi attraverso il movimento®
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Lezioni di gruppo: l’insegnante conduce verbalmente attraverso una sequenza di
movimenti semplici e piacevoli che vengono cambiati ogni lezione e che coinvolgono ogni
parte del corpo.
Il massimo rilievo viene dato al come ci si muove.
*Integrazione funzionale®
Lezione individuale: le mani dell’insegnante guidano l’allievo in un processo di
comunicazione non verbale. Si può sperimentare e registrare dentro di sé modi di
muoversi meglio organizzati in un lavoro di volta in volta adattato alle proprie necessità.
Questo lavoro ha aiutato le persone in tutto il mondo a vivere una vita più integrata e
realizzata.
Esso vuole risvegliare l’intelligenza del corpo e la sua naturale spontaneità, migliorare
la coordinazione, aumentare la flessibilità, migliorare posture scomode o dannose,
eliminare rigidità, tensioni e dolori.
Si basa sull’ascolto delle sensazioni che i movimenti suscitano, sullo sviluppo di nuovi
modi di muoversi, atteggiarsi e percepirsi.
Poiché la maggior parte degli stimoli che raggiungono il sistema nervoso proviene
dall’attività muscolare, il movimento è una delle chiavi più importanti per apprendere,
modificare così i modelli comportamentali inadeguati e giungere alla vera maturità,
dirigendosi verso un maggiore possesso delle proprie facoltà fisiche, intellettuali e affettive,
unito a un controllo consapevole del proprio agire.
La consapevolezza dà la libertà di scegliere, di restare fedele ad una abitudine oppure
cambiarla.
Per praticare il Metodo Feldenkrais basta avere curiosità, apertura all’esplorazione,
alla conoscenza di sé ed all’ascolto del proprio corpo.
Esso non ha controindicazioni perché rispetta la persona adattandosi alle sue
peculiarità, potenzialità e limiti.
L’applicazione del metodo, tuttavia, non è solo nell’ ambito della salute per la
riduzione del dolore, dell’ansia e per restituire funzionalità e capacità motorie in caso di
problemi ortopedici e neurologici ma i campi sono i più svariati.
Infatti, potendo essere considerato “la grammatica del movimento”, viene usato
nell’educazione, arte, sport, psicologia, aziende ecc. per migliorare la tecnica e superare
limitazioni connesse alla situazione performativa.
Un aforisma di Gandhi degno della massima attenzione collaborativa.
Da ricordare e meditare per migliorare se stessi.
Le tue convinzioni diventano i tuoi pensieri.
I tuoi pensieri diventano le tue parole.
Le tue parole diventano le tue azioni.
Le tue azioni diventano le tue abitudini.
Le tue abitudini diventano i tuoi valori.
I tuoi valori diventano il tuo destino.
(Mahatma Gandhi)
Imparare ad accettarsi come si è, ogni giorno di più,
per imparare ad accettare gli altri, cosi come sono.
A. Brugnoli.
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STATI
DI
COSCIENZA
MODIFICATI
NEUROFISIOLOGICI,
COSCIENZA, METEOROPATIE E DISTURBI SOMATOFORMI.
L’argomento del presente lavoro non è certamente molto comune, né fra i cultori degli
stati di coscienza modificati, né fra quelli che si interessano di argomenti di psicologia o di
psichiatria, né tanto meno degli appassionati o cultori di meteorologia e climatologica
applicate al campo medico.
Tutto questo perché gli ipnologi, gli psicologi o gli psichiatri non sono di norma
interessati all’azione delle variazioni delle condizioni atmosferiche sull’organismo umano.
Esistono d’altro canto sulla materia molte tradizioni popolari, riassunte in modo
particolare in alcuni proverbi alquanto significativi, tramandati certamente nel corso di
molte generazioni.
Essi sono nati in modo inequivocabile dall’osservazione empirica di determinati tipi di
comportamenti animali ed umani, all’avvicinarsi di particolari tipi di perturbazioni
meteorologiche, specie quelle forti ed improvvise.
I più rappresentativi tra questi sono indubbiamente le osservazioni in campo di
comportamento animale, quando “cambia il tempo”.
Molti di loro forniscono descrizioni molto vivaci di come, presso gli antichi popoli
dediti all’agricoltura, gli improvvisi mutamenti di tempo fossero guardati ed osservati,
anche nell’intento di essere in grado di prevederli, almeno a breve scadenza.
Ed il comportamento animale, in simili occasioni, si presentava relativamente più
facile da analizzare rispetto al comportamento dei propri simili.
Esiste una grande raccolta di testi antichi che si riferiscono proprio al comportamento
animale, in modo particolare per l’arrivo della pioggia.
Citiamo volentieri Esiodo con “ I segni del tempo” ne “Le opere ed i giorni”; Arato di
Soli ne “I fenomeni e i pronostici”; Publio Virgilio Marone, con il suo testo: “I pronostici”
nella prima Georgica; Plinio il Vecchio in “Naturalis Historia”; Giacomo Zanella in
“Astichello” e molti altri.
Ad ogni modo, data la portata del presente lavoro, vorremmo ricordare in questo
contesto il magnifico sonetto di Menzini, tra i poeti toscani minori dell’ottocento, nel quale
descrive i segni di Arato e di Virgilio, con grande efficacia e splendidi versi.
“Sento in quel fondo gracidar la rana
indizio certo di futura piova;
canta il corvo importuno, e si rinnova
la folaga a tuffarsi alla fontana.
La vaccherella, in quella falda piana,
gode di respirar dell’aria nuova;
le nari allarga in alto, e si le giova
aspettar l’acqua che non par lontana.
Veggio le lievi paglie andar volando
e veggio come obliquo il turbo spira
e va la polve qual palèo rotando.
Leva le reti, o Restagnon; ritira
il gregge agli stallaggi; or sai che quando
manda i suoi segni il ciel, vicina è l’ira”.
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Per quanto riguarda invece il comportamento umano prima dell’arrivo delle
perturbazioni, esiste in letteratura molto meno, per non dire quasi nulla, almeno fino al
nostro secolo, quando gli studi scientifici e medici si sono orientati anche in questo senso.
Per questo dobbiamo senz’altro risalire ad Ippocrate che, già nel V° secolo a.c., nel suo
“Corpus Ippocraticum”, una raccolta di circa settanta opere, nel libro: ”Delle acque, delle
arie e dei luoghi” cosi scrive:
"È necessario considerare l'uomo come un tutt'uno, come facente parte integrante del
l'ambiente che lo circonda; è altresì necessario analizzare le varie stagioni dell’anno, come
esse cambiano ed evolvono, nonché la loro influenza sull’organismo umano, non
solamente dal punto di vista fisico ma anche sul versante psicologico.
Bisogna analizzare i venti che soffiano da direzioni diverse, quelli generali e quelli
invece locali (per noi questa è sicuramente la prima intuizione del microclima, come lo
stiamo studiando solo da pochi anni!).
Interessiamoci pure delle acque sorgive, caratteristiche di determinati luoghi e
studiamo le loro proprietà intrinseche.
Notiamo anche le posizioni geografiche nelle quali si trovano le varie città, il
particolare modo di vita degli abitanti, il loro modo di comportarsi a seconda del
mutamento delle stagioni oppure delle condizioni atmosferiche ecc.".
(La libera traduzione e la punteggiatura è mia)
Anche i Cinesi si sono sempre dimostrati molto attivi in questo campo di osservazioni
meteorologiche e climatiche applicate all’organismo umano.
Essi parlano infatti dei “Sei eccessi climatici” tra le cause esterne di malattia, che sono
classificate nei germi, nei virus, nei parassiti, nei traumi e nelle ferite esterne.
I “sei eccessi climatici” sono il vento, il freddo, il calore canicolare, la secchezza,
l’umidità, e il fuoco.
Naturalmente i sei eccessi climatici sono legati alle stagioni.
Il vento in primavera, il freddo in inverno, il calore canicolare ed il fuoco in estate,
l’umidità alla fine dell’estate e la secchezza in autunno.
Non bisogna certo dimenticare il contesto nel quale sono nate queste osservazioni.
La Cina presenta un tipico clima continentale e pertanto esiste una stagione molto
fredda in inverno, una stagione molto calda, l’estate, una stagione prettamente umida, la
stagione delle piogge verso la fine dell’estate ed una stagione secca che di norma è
l’autunno od anche in parte l’inizio dell’inverno.
Nonostante il fiorire di questi studi ancora prima di Cristo, sembra impossibile che sia
necessario arrivare fin quasi a noi per ritrovare studi specifici e scientifici su questo tema.
Possiamo ad ogni modo prendere in considerazione in questo contesto il veneto
Toaldo, nato a Montegalda, in provincia di Vicenza, che nel 1770, pubblicò un interessante
opera dal titolo: "Della vera influenza degli astri, delle stagioni, e mutazioni di tempo.
Saggio meteorologico – fondato sopra lunghe osservazioni, ed applicato agli usi
dell’Agricoltura, Medicina, Nautica, ecc.", come pure il lavoro del veronese Cesare
Lombroso, neuropsichiatra, che nei primi anni del 1900 pubblicò, con Tamburini, un
lavoro dal titolo: “Pensiero e Meteore”.
A partire dagli anni ’30 poi è stato tutto un fiorire di Testi o di Trattati che riguardano
l’influenza del clima sull’uomo, che culminano negli ultimi da ricordare: “Climate Change
and Human Health”, pubblicato nel 1996, a cura del WHO, WMO e UNEP e “Weather and
People” di Morgan e Moran, edito nel 1997. Ultimo “Gender, climate change and health”
Draft discussion WHO. pages: 32. 2009. pdf. 702 kb.
Dopo il breve ma necessario excursus, entriamo ora nel vivo dell’argomento che ci
siamo proposti in questo nostro lavoro.
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Quanto incidono le perturbazioni atmosferiche sull’organismo umano determinando
tutti quei sintomi che sono legati alla neurolabilità e di conseguenza anche alla
meteorolabilità (meteoropatie)?
E soprattutto quanto i cambiamenti di tempo influenzano anche il grado di
ipnotizzabilità di un individuo?
Anche questo argomento si presenta piuttosto arduo come del resto anche gli altri.
Non esiste nemmeno una bibliografia specifica al riguardo, anche perché è molto
difficile trovare un medico o uno psicologo che si interessi contemporaneamente di stati
modificati di coscienza e di meteoropatie con i correlati disturbi somatoformi.
Proveremo dunque a dare un primo accenno di tutto questo, in attesa di poter essere
in grado di fornire risultati migliori, anche se non certo definitivi, in un prossimo futuro.
Come primo punto cerchiamo di fare il punto sulla meteorolabilità che naturalmente
condiziona anche la neurolabilità e viceversa.
Quali sono, nel nostro caso specifico, gli eventi principali che determinano uno stato
di meteorolabilità?
L'individuo meteorolabile è soprattutto un neurolabile, cioè un soggetto di norma
depresso ed ansioso nello stesso tempo, che si coinvolge emotivamente anche in situazioni
non molto stressanti, ma che diventano per lui molto spesso quasi insopportabili. Si
presenta di norma con habitus longilineo ed astenico, con il viso segnato dalla sofferenza e
comportamento a volte perfino ricurvo in avanti. Diventa pertanto molto difficile evocare
in lui, se non in casi eccezionali, anche un minimo accenno al sorriso.
Questi soggetti si possono individuare particolarmente tra i sofferenti di una delle
dodici sindromi cliniche che il DSM IV classifica come segue:
Disturbo da attacco di panico senza agorafobia.
Disturbo da attacco di panico con agorafobia.
Agorafobia pura, senza anamnesi di attacchi di panico.
Fobia sociale.
Fobia specifica o semplice.
Disturbo ossessivo-compulsivo.
Disturbo post-traumatico da stress.
Disturbo acuto da stress.
Disturbo d’ansia generalizzato (GAD).
Disturbo d’ansia dovuto a una condizione medica generale.
Disturbo d’ansia indotto da sostanze.
Disturbo d’ansia non altrimenti specificato.
Quello che interessa maggiormente la nostra trattazione è senza dubbio il Disturbo
d’ansia generalizzato (GAD), diffuso almeno nell’80% dei soggetti affetti da
meteorosensibilità.
La principale caratteristica clinica del GAD è la presenza, per un periodo di almeno sei
mesi consecutivi, di una condizione psicologica di ansia e di preoccupazione eccessiva nei
riguardi di molteplici eventi o di attività di ogni tipo, come ad esempio le prestazioni in
ambito scolastico, lavorativo, familiare, sociale ecc.
All’ansia ed alla preoccupazione sono associati almeno tre dei seguenti sintomi,
mentre per i bambini ne è sufficiente anche uno solo.
Irrequietezza, specie nelle ore pomeridiane e serali oppure sensazione di "nervi tesi" o
nervi “a fior di pelle”.
Stanchezza o facile tendenza alla spossatezza, in modo particolare nelle ore
antimeridiane.
Notevole difficoltà nella ideazione e nella concentrazione o improvvisi vuoti di
memoria.
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Irritabilità, spesso anche per cause banali.
Forte tensione muscolare, in modo particolare ai muscoli del collo e lombosacrali.
Alterazioni del sonno con difficoltà all’addormentamento, sonno con frequenti risvegli,
con risveglio precoce, o non riposante, inquieto ed insoddisfacente.
Il soggetto non è pertanto nelle condizioni psicologiche di controllare l’ansia o lo stato
di preoccupazione. L’insieme della sintomatologia gli causa un disagio clinicamente
significativo, con notevole compromissione o riduzione della funzionalità in campo sociale,
lavorativo, familiare ed individuale.
Da notare infine che il GAD è un fenomeno di comune riscontro, in modo particolare
in medicina generale, con una prevalenza annua variabile dal 3 fino al 10%.
Il GAD si trova poi frequentemente associato a forme depressive, che possono essere
più o meno specifiche o importanti, anche a prescindere dalla costituzione del soggetto.
Puntualizzando ancora meglio questi concetti, possiamo infatti aggiungere che i
meteoropatici possono essere affetti sia da ansia, sia da depressione, anche
contemporaneamente..
I sintomi principali della depressione invece sono:
Umore depresso con tristezza e scontentezza.
Sensi di colpa e di irrequietezza
Rallentamento psicomotorio a volte notevole.
Disinteresse per l’ambiente ma in modo particolare per tutto quello che può dare una
sensazione di piacere.
I sintomi comuni ad ansia e depressione sono:
Tensione nervosa e muscolare elevata.
Disturbi del sonno, come quelli legati al GAD.
Stanchezza mentale, astenia muscolare specie mattutina e scontentezza.
Disturbi somatici di tipo somatoforme.
Irrequietezza specie serale.
Scarsa concentrazione ed attenzione con momenti di distraibilità.
I meteoropatici si ravvisano in gran parte proprio tra tutte quelle persone che hanno
difficoltà di adattamento con se stessi e con gli altri.
Abbiamo preso in considerazione la classificazione del DSM IV perché ci sembra la
più vicina a tutto ciò che di norma si constata, prima o durante i cambiamenti di tempo,
proprio nei soggetti che sono catalogati come “meteorolabili”, anche se, a dire il vero, la
classificazione riguarda in prevalenza soggetti psichiatrici.
La sintomatologia di questi venne classificata da Sigmund Freud alla voce "nevrosi".
La meteorosensibilità può anche essere legata all'età, al sesso, al gruppo etnico, al tipo
di educazione ed alla poca adattabilità del fisico, ma soprattutto della psiche, alle situazioni
ambientali poco favorevoli od avverse.
Al giorno d'oggi poi i meteorolabili sono in continuo aumento anche perché, a causa di
fattori esterni ed interni sfavorevoli, molti soggetti si trovano ad essere sempre più
disadattati, ansiosi, preoccupati e depressi.
Diminuiscono così le difese dell'organismo, a tal punto che questi soggetti possono
presentare sintomi legati alle sindromi meteoropatiche per buona parte dei mesi dell'anno.
A questo punto è necessario ricordare che legati alle sindromi cliniche del DSM IV,
specie ai disturbi somatoformi, esistono anche soggetti sofferenti di meteoropatie, in
modo particolare quelle secondarie, che possono accusare, accanto alla sintomatologia
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ricordata, anche una importante sintomatologia “fisica” legata a noxae preesistenti, o a
malattie di tipo cronico.
Esse si riacutizzano, all’avvicinarsi o al permanere di perturbazioni atmosferiche, al
suolo e in quota, in modo particolare se sono caratterizzate da arrivo di aria fredda polare
marittima, sempre molto instabile a tutte le quote, per cui i fenomeni atmosferici sono più
imponenti.
Ricordiamo anche le sindromi meteoropatiche stagionali, riguardanti il passaggio da
una stagione all’altra, molto importanti nel riacutizzare artropatie croniche, nevralgie e
nevriti, per l’abbassamento della soglia del dolore, dovuta a cause ambientali avverse.
I segni principali della sintomatologia a livello fisico si possono riassumere come
segue:
Riacutizzazione delle forme artroreumatiche con aumento della dolorabilità neuromuscolo-tendinea; particolarmente dolenti i muscoli del rachide cervicale e lombo-sacrale.
Nei sofferenti di discopatie alla colonna vertebrale è avvertibile anche una dolorabilità più
intensa a livello delle radici nervose interessate, specie lo sciatico.
Disturbi cardiovascolari in aumento, specie quelli dipendenti dalla neurolabilità e da
alcune sindromi ansiose, come episodi di tachicardia, “batticuore”, palpitazioni, eretismo
cardiaco, ipertensione arteriosa con aumento della massima e della minima, specie
durante le tarde ore notturne.
Aumento negli anziani fumatori, in modo particolare in quelli già predisposti, degli
episodi di TIA, di ischemia coronarica , con crisi di angina pectoris più acute, ravvicinate e
persistenti.
Nei soggetti che presentano costituzionalmente, oppure durante periodi di stress, una
certa diminuzione delle difese organiche, aumento delle infiammazioni delle prime vie
aeree, come riniti, sinusiti, laringiti, faringiti, tonsilliti e tracheiti.
Nei broncopneumopatici, specie se del tipo cronico ostruttivo, sensibile aumento degli
episodi di asma bronchiale notturna con accentuazione delle infiammazioni a livello
bronchiale, polmonare e pleurico.
Riacutizzazione accentuata degli episodi di reflusso gastroesofageo, delle gastroduodeno-colonpatie, specie del tipo spastico funzionale, episodi di nausea e vomito.
Nei portatori di calcolosi epatiche e renali aumento delle coliche, in modo particolare
nelle seconda parte della notte o nelle prime ore del mattino.
Aumento, a volte pesante, delle cefalee tensive e delle crisi emicraniche, specie se
l’arrivo della perturbazione coincide con i momenti di riposo o di rilassamento (sindrome
del week-end).
Segni di sofferenza della cute con episodi allergici, specie nei soggetti predisposti, in
modo più accentuato in primavera, quando, oltre agli inquinanti presenti in tutte le
stagioni, si aggiungono pollini di vario tipo.
Turbe della cenestesi con diminuzione dell'attenzione, dell'ideazione e del
coordinamento, dell'efficienza fisica e dei tempi di reazione con riflessi meno pronti. In
tali occasioni si nota spesso un aumento degli incidenti stradali e sul lavoro.
Per quanto riguarda i disturbi di tipo somatoforme ricorderemo invece che si possono
classificare in:
Sintomi somatici o disturbi da conversione, come parestesie agli arti superiori ed
inferiori con sensazione di acuto formicolio o diminuzione della sensibilità, contratture
muscolari anche di grado elevato e persistenti nel tempo, paresi di tipo isteroide, afonia e,
molto meno frequenti, cecità o sordità temporanea, mancanza di odorato (anosmia), o di
gusto.
Disturbi facenti capo a stimoli dolorosi anche persistenti come angor o pseudoangor,
cervicalgie, dorsalgie, lombalgie, sciatalgie, spalla dolorosa acuta, coliche addominali
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viscerali, dolorabilità diffusa a tutti i muscoli del corpo, nevralgie, ma tutte sempre “sine
causa”.
Disturbi da somatizzazione che fanno parte del corteo sintomatologico di tutti quei
soggetti che si spostano da uno specialista all’altro, da un tipo di cura ad un altro, e, specie
se si tratta di lavoratori dipendenti, molto spesso a casa per “malattia”, oppure anche di
soggetti i quali, avendo subito un qualsiasi tipo di incidente, sono nell’aspettativa di un
“congruo risarcimento”.
Ricordiamo infine che nelle meteoropatie sono particolarmente interessati:
l'ipotalamo che invia neuroormoni all’ipofisi anteriore (adenoipofisi) e all’ipofisi
posteriore (neuroipofisi) modulandone l’attività.
I neuroormoni ipotalamici sono:
ormone stimolante il rilascio di tireotropina (TRH).
Ormone stimolante il rilascio di gonadotropina (GnRH).
Dopamina.
Ormone stimolante il rilascio di corticotropina (CRH) che stimola la secrezione di
ACTH.
Ormone stimolante il rilascio di ormone dell’accrescimento (GRH).
Somatostatina.
L’ipofisi anteriore produce poi ACTH, betalipotropina, ormone alfa e beta melanocito
stimolante (MSH), encefaline ed endorfine.
Per il nostro tipo di trattazione importanti sono l’ACTH e le endorfine (oppioidi
personali).
L’ipotesi più plausibile potrebbe essere che l’arrivo delle perturbazioni atmosferiche,
in modo particolare quelle a carattere di fronte freddo, stimolino la produzione di ACTH,
con conseguente aumento delle sindromi ansiose e dei disturbi somatoformi ed al
contrario diminuiscano la produzione di endorfine, con diminuzione della soglia del dolore
con tutte le conseguenze che essa comporta, a livello scheletrico, muscolare, tendineo e
nervoso.
Ora qualche informazione utile ed attuale anche in questo settore.
Le migliorate ricerche in campo medico e psichiatrico infatti hanno fatto in modo che
sia più facile comprendere anche i soggetti che soffrono di meteoropatie, in modo
particolare quelle secondarie e stagionali.
Tali soggetti si possono così catalogare, almeno in parte, tra i sofferenti o di sindromi
ansioso-depressive o di disturbi
somatoformi, anche se, come dicevamo,
altri
meteoropatici invece accusano disturbi fisici legati a “noxae” preesistenti.
Alla luce di queste considerazioni risulta pertanto facile poter inserire gli stati
modificati di coscienza nella cura delle sindromi meteoropatiche, in modo particolare
quelle che sono legate alla neurolabilità, le quali, tra l’altro, sono le maggiormente diffuse
ormai presso tutte le classi sociali.
Si dirà, a questo proposito, perché cercare di curare con procedimenti anche di tipo
ipnotico le sindromi meteoropatiche, in modo particolare quelle secondarie, legate più che
altro a sintomatologia di natura fisica, quando, come sembra abbastanza ovvio, queste
migliorano oppure si esauriscono quando la perturbazione si allontana ed il cielo ritorna
sereno?
Ed invece i meteoropatici non si comportano certo nel modo che crediamo il più
semplice, ma, come del resto è più frequente in natura, in quello più complicato.
Se per esempio esiste una famiglia di perturbazioni atmosferiche in arrivo
dall’Atlantico, specie durante i mesi più freddi, la sintomatologia caratteristica, sia a livello
fisico che psicologico, non accenna a diminuire; anzi tende a procedere verso la
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cronicizzazione, con tutte le conseguenze che si possono immaginare, ed in modo
addirittura eclatante, più il meteoropatico soffre di ansia e/o depressione.
Naturalmente è ovvio che, oltre i procedimenti ipnotici, è necessario far leva, anche in
questi casi, sul rapporto interpersonale con il cliente. Improntato su una buona sintonia,
ed usare, in modo particolare nelle sindromi meteoropatiche secondarie, una tecnica
piuttosto sofisticata di ipnosi direttiva indiretta o addirittura mascherata.
A questo proposito un’ultima considerazione che in questo contesto può risultare utile,
anche se si tratta solamente di ipotesi di lavoro e non certamente di teoria sperimentata.
Qualche anno fa sono andato in un negozio per vedere se rintracciavo un
masterizzatore cd esterno che mi serviva per tenere in memoria i miei studi e i miei dati.
Entro in negozio rtrovo un mio vecchio amico che non vedevo da anni.
Apprendo che nel frattempo si è laureato in fisica e si è specializzato in fisica
dell’atmosfera, credo presso l’Università di Ferrara.
Cosi abbiamo parlato di tante cose che riguardano proprio la fisica dell’atmosfera.
Era finita la grande pioggia con alluvioni in Piemonte.
Una pioggia con molti millimetri nell’unità di tempo era interessante per degli studi
particolari sia di macro, sia di micrometeorologia.
Ebbene mi sento dire da uno che presenta dei lavori scientifici:“Ma guarda, mi sono
accorto che da quando noi ci stiamo interessando veramente a fondo dei fenomeni
meteorologici più importanti, c’è la sensazione che ci sia qualcosa di speciale dentro questi
fenomeni, un qualcosa che ci sfugge, perché sembra veramente che siano completamente
al di fuori di quelle che sono le leggi fisiche normali.
Stiamo studiando veramente a fondo questi assunti, e, se ci troviamo, vorrei parlarne
anche con te, perché l’argomento mi interessa proprio tanto”.
Mi ha fatto l’esempio del 4-6 ottobre 1994 quando si è verificata una grande alluvione
a Genova e sulla riviera di levante. Ne aveva fatto un intervento particolare ad un
Congresso di Meteorologia e Climatologia, soprattutto per il fatto che era avvenuta in
condizioni di pressione molto elevata, a tipico carattere anticiclonico e pertanto senza
alcun segno premonitore, nemmeno nei dati in quota, ottenuti attraverso i sondaggi.
Le previsioni infatti non avevano assolutamente dato alcun avviso di allerta per
fenomeni alluvionali. E sono caduti ben 200 mm. in poche ore a Genova con allagamenti
su vasta scala, anche in piena città. Tanto per inciso 200 mm. sono 1/4 di quello che cade a
Verona in un anno, essendo la media della pioggia a Verona di circa 800 mm.
Hanno realizzato degli studi veramente seri ma non sono riusciti a cavare un ragno dal
buco. E dice:
“In tanti studiosi ci siamo resi conto che sembra proprio che certi tipi di fenomeni
atmosferici, quando vengono studiati in questo modo, presentino delle caratteristiche che
denotano qualcosa di cosciente.
Cioè si sviluppano e si muovono a volte in modo del tutto imprevedibile, almeno per
quanto riguarda le previsioni fornite dai modelli dei principali centri di meteorologia del
globo, in modo speciale, per quanto riguarda l’Europa, Reading nelle Isole Britanniche.
C’è qualcosa di strano in tutto questo, perché qualche volta sfugge il vero nesso logico.
Magari fra dieci anni tutto sarà spiegato a dovere.
Ma oggi siamo in alto mare.
Sembra che i fenomeni atmosferici, quando vengono studiati in maniera così sottile e
così abile, presentino veramente un comportamento che si avvicina alla coscienza, a
possedere quel qualcosa che noi chiamiamo anima, cioè a fenomeni che non si spiegano
solo con le leggi naturali conosciute”.
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Perché ve ne parlo?
Studiando gli stati di coscienza modificati neurofisiologici mi sono accorto che anche
certi momenti del comportamento umano non si possono spiegare con le nozioni mediche,
psichiatriche, psicologiche e filosofiche.
Esistono infatti negli esseri umani a volte dei comportamenti assurdi, di cui i vari Tg
ci danno prontamente notizia soprattutto in cronaca nera, che non possono essere prodotti
nei momenti di veglia vigile.
Ed è proprio per questo che sono assurdi , illogici e irrazionali, cioè non spiegabili alla
luce di considerazioni razionali.
Partendo da attente valutazioni in questo campo è ovvio pensare che non abbiamo
ancora in mano tutto ciò che riguarda il grande campo della circolazione generale
dell’atmosfera.
Forse ci siamo vicini.
Ma manca ancora qualcosa.
Quel qualcosa che avvertono le persone cosiddette “sensitive” o sensibili, quando la
perturbazione è ancora lontana mille Km., quando, guardando in cielo, non esiste anxora
nessun segno di un prossimo mutamenyo delle condizioni atmosferiche.
Esse, pur in mancanza di dati e di mappe del tempo, avvertono proprio un “qualcosa
dj diverso”, una spiccata sensazione di malessere “sine causa, una astenia profonda di cui
di solito non soffrono, una svogliatezza ai limiti della “scontentezza, oppure una sensazione
di “agitazione interna diffusa per la quale sono in continuo moto, in perenne moto, perfino
in casa, pur in assenza di stimoli psicologici sfavorevoli.
Molto facilmente si tratta di un “fattore atmosferico” che ancora non conosciamo, pur
attraverso i molteplici indicatori di cui facciamo un uso quotidiano.
Un quid più sottile, forse sorprendente una volta reperito, ma che sarebbe necessario
per avere risposte migliori e più attendibili di quelle attuali in fatto di “accuracy
forecasting”.
Quando conosceremo questo “qualcosa”, questo “quid più sottile”, potremo avere
finalmente in mano le previsioni a lunga scadenza, forse anche di mesi.
Anche i cicloni tropicali, se li seguite attentamente per molti giorni, meglio ancora se
dalla nascita alla morte, presentano dei comportamenti che non sono ancora interpretati
uniformemente e univocamente da tutti gli studiosi di fisica dell’atmosfera.
Si rivela molto difficile infatti prevedere il loro percorso per più giorni, entrando in
gioco proprio quel “qualcosa” non ancora conosciuto.
Da Greenreport del 25 Gennaio 2011.
Che sia qui il “bandolo della matassa”?
La conoscenza culturale indigena per gestire i cambiamenti climatici
Robert Bakiika deputy executive director, Environmental Management for Livelihood
Improvement dell’Uganda
Una sera, durante una passeggiata lungo uno stretto sentiero, ho incontrato un vecchio
che mi ha chiesto: perché gli insetti come le nsenene (cavallette) non migrano più durante
la prima stagione e durante l'usuale periodo dell'anno?
Ho faticato a spiegarglielo, fino a che il vecchio non mi ha narrato una storia su come
utilizzavano le conoscenze indigene per determinare quando piantare, raccogliere e
prevedere le piogge ed i cattivi auspici.
Una recente pubblicazione della Banca mondiale, "New Frontier of Social Policy",
parla esplicitamente delle istituzioni culturali e della loro importanza nel plasmare
152
gestione delle risorse naturali. Per un periodo relativamente lungo, le istituzioni culturali
hanno giocato un ruolo importante nel contesto del cambiamento climatico e della sua
mitigazione, come l'attuazione delle politiche di protezione delle foreste e la trasmissione
delle informazioni tra le generazioni.
Tuttavia, è disponibile solo una conoscenza limitata sul ruolo delle istituzioni culturali
nel contesto del cambiamento climatico.
Vale la pena di notare che i popoli indigeni svolgono un ruolo importante
nell'adattamento al cambiamento climatico, promuovendo l'inclusione delle esperienza nei
nuovi e già noti fenomeni del cambiamento climatico, della natura e delle specie di piante
ed animali.
In alcune parti del mondo, come i Paesi dei Caraibi, le istituzioni culturali sono state
coinvolte in programmi volti a produrre benefici in termini di riduzione delle emissioni da
degrado.
Ricordare che una parte della Mpanga Forest Reserve nel distretto di Mpigi è
utilizzata come luogo di sepoltura per alcuni capi di istituzioni culturali, dimostra
chiaramente come tali istituzioni rispettano la gestione delle risorse naturali.
Inoltre, richiamando la regola del "no touch" nei boschi sacri e per gli alberi sacri, con
l'aiuto di tabù, la conoscenza indigena ha continuato ad essere prodotta e mantenuta.
Tuttavia, quando le condizioni cambiano, può anche cambiare la produzione di
conoscenza, sottolineando così le capacità di adattamento ai cambiamenti climatici.
D'altra parte, le popolazioni indigene devono adeguare le loro strategie di sussistenza
per affrontare un ambiente alterato (alterato sottoforma di distruzione del calendario
agricolo, siccità e piogge torrenziali).
L'effetto combinato del cambiamento climatico e della perdita di fiducia nelle
conoscenze culturali minaccia il set-up tradizionale e le norme. Tuttavia, l'accesso
all'informazione, la mutua comprensione del ruolo s dei sistemi di conoscenza per
l'interpretazione degli effetti del cambiamento climatico stanno migliorando i sistemi di
allarme. I processi in corso, attraverso i quali si perde la conoscenza tradizionale, sono
rapidi. L'attuale generazione di agricoltori compromette l'adattamento ai cambiamenti
climatici.
Per esempio, pochi degli agricoltori di oggi ricordano come utilizzare indicatori come il
comportamento di uccelli ed insetti o gli indicatori locali delle erbe infestanti che hanno
guidato i nostri predecessori nel loro calendario agricolo.
Incorporando le istituzioni culturali con gli altri attori della gestione del cambiamento
climatico aumenteremo le probabilità di successo e l'efficacia dei costi, in quanto queste
istituzioni, nel tempo, potrebbero essere il principale contributo per lo sviluppo di strategie
di adattamento e mitigazione basate sui loro valori culturali che si accordano con
l'incertezza e la variabilità.
Questo articolo è apparso il 20 gennaio sul giornale ugandese " The Monitor" con il
titolo " Cultural Knowledge Vital in Managing Climate Change" ed è stato ripubblicato su
diversi siti africani.
La perdita rapida delle conoscenze tradizionali, che durano sicuramente da millenni,
specie in zone del globo poco o nulla globalizzate, è davvero emblematica.
Mi chiedo:”Potrebbe il quid che cerco essere parte intima, essere conglobato in
qualche conoscenza tradizionale ancestrale che anche i nostri progenitori utilizzavano e
che ora sono quasi completamente perdute?
Il grande errore di oggi è fidarsi esclusivamente degli strumenti scientifici lasciando
da parte ciò che può essere ancora utile dal punto di vista tradizionale o invece sarà
tecnologia più avanzata a farci superare l’empasse, la stasi nei servizi di “accuracy
forecasting”.
153
Stato meditativo.
“Pratica essenzialmente di tipo autogeno, con allenamento progressivo alla
concentrazione mentale, in veglia vigile o rilassata, o anche in autoipnosi, a seconda dei
soggetti e delle loro convinzioni religiose oppure anche dei metodi usati.
Lo scopo principale è aumentare progressivamente la consapevolezza di se stessi e del
vissuto interiore, a vari livelli, anche in relazione all’ambiente circostante e alle motivazioni
personali, giungendo, per alcuni soggetti, a quel particolare stato di rapporto con l’Assoluto
che possiamo definire “preghiera meditata senza formule precostituite".
Può anche essere usata con varie metodiche per raggiungere, in un secondo tempo, lo
“stato mistico”.
Alcune ricerche scientifiche sugli stati di coscienza hanno rilevato che i quadri più
sincronici osservati all'olotester, sia in Oriente come in Occidente, appartengono a persone
che meditano.
La meditazione è uno strumento potentissimo di conoscenza di sé e quindi di
autorealizzazione.
È altresì il grande unificatore, armonizzatore e sincronizzatore della nostra mente e del
nostro essere più profondo, del “mondo interno” oggetto di studio delle neuroscienze.
Alcuni pensieri per appianare la via della meditazione.
“La meditazione è uno stato di mente passiva, di silenzio interiore in cui i pensieri
tacciono e la coscienza è quieta ma risvegliata a vivere momenti di intenso scambio di
energia con tutti gli esseri viventi e con il cosmo intero”.
A. Brugnoli.
“Nella meditazione la prima cosa di cui ci rendiamo conto è che non serve cercare;
infatti ciò che si cerca è predeterminato da ciò che si desidera; se siete infelici, soli,
disperati, cercherete la speranza, la compagnia, qualcosa che vi sostenga, e la troverete
inevitabilmente ...”
J. Krishnamurti, 1895-1986.
... “non hai bisogno di essere un santo per risvegliarti; il risveglio può arrivarti da
qualsiasi angolo, da qualsiasi dimensione della vita”.
Osho (1931-1990).
“I poteri si ottengono con la nascita, con le droghe, con l'abilità della parola, per
mortificazione o per concentrazione.
Essi sono le insidie più tentatrici e più pericolose per colui che ha intrapreso una
pratica spirituale.
Questi poteri sono otto: quello di riassorbirsi in un atomo; di essere leggero come il
cotone; di recarsi ovunque, anche sulla luna; di realizzare tutti i propri desideri; di
riempire lo spazio; di creare; di comandare; di sopprimere il desiderio ...”
Swami Vivekananda, 1863-1902.
“Vago e nebuloso è l'inizio di ogni cosa, ma non la sua fine ..”
(Kahlil Gibran, 1883- 1931).
154
Qualche aforisma Zen per essere più elastici con la mente.
“Che cos'è la vera meditazione? Riassumere tutto - tossire, deglutire, agitare le braccia,
muoversi, star fermi, parlare, agire, male e bene, prosperità e onta, guadagno e perdita,
giusto e sbagliato - in un solo koan”.
Hakuin.
“Quando lo spirito non dimora su nulla, il vero spirito appare”.
Ignoto.
“Tenete le mani aperte, tutta la sabbia del deserto passerà nelle vostre mani. Chiudete
le mani, non otterrete che qualche granello di sabbia”.
Dogen.
“La vita è un gioco, la cui prima regola è far finta che non lo sia”.
Alan Watts.
“Se hai ragione non hai bisogno di gridare”.
Proverbio zen.
“Stare attenti vuol dire vivere nel momento presente, non essere imprigionati nel
passato e nemmeno anticipare eventi futuri che potrebbero non accadere. Allorchè siamo
pienamente coscienti del momento presente, la vita si trasforma e l'ansia e lo stress
scompaiono. Gran parte della vita se ne va nella febbrile anticipazione delle cose da fare e
nella conseguente sospensione d'animo. Dovremmo imparare a fare un passo indietro nella
libertà e possibilità del presente”.
Bhagavad Gita 12:12.
“La meditazione è come un singolo pezzo di legno. L'investigazione e l'introspezione
sono un'estremità del legno, la calma e la concentrazione sono l'altra estremità. Se sollevi
un pezzo di legno, entrambe le estremità si sollevano contemporaneamente. Qual è la
concentrazione e qual è l'introspezione? Soltanto questa mente”.
Bede Griffiths, 1906-1993.
"Tranquillo stagno nella foresta"
Ajahn Chah.
Mentre ogni essere umano è diverso da ogni altro nell’aspetto esteriore e nelle
informazioni della sua mente, è certamente uguale o molto simile nel suo stato di vuoto
mentale e interiore.
Sul nostro vuoto interiore possiamo sincronizzarci tutti al di là delle razze, delle fedi
religiose e delle ideologie. ll vuoto interiore è lo stato in cui si trovano i poeti quando
percepiscono la bellezza, è lo stato in cui si perdono gli amanti quando fondono le loro
menti, è lo stato dell’artista quando improvvisa tele e quadri oppure costruzioni di
qualsiasi tipo, come cattedrali, grattacieli, aeroporti ecc.che rimarranno nei secoli, come
esempio pregnante di risveglio del cervello destro, cioè della creatività a tutti i livelli.
Il vuoto della mente è uno stato di pienezza dell’essere, l’unica via all’unità individuale
e planetaria, l’unica strada per vivere ed apprezzare la complessità e l’armonia caotica o il
caos armonico del cosmo.
155
Hesychia.
La chiesa cristiana ortodossa invece, specie attraverso la tradizione dell’esicasmo, un
metodo contemplativo dei monaci del IV° secolo, in modo particolare del Monte Athos e
ancora praticato presso popolazioni ortodosse di tradizione russa, si trova su posizioni
nettamente differenti.
L’“hesychia” o quiete o pace spirituale, intesa come unica condizione che rende
possibile la contemplazione delle cose invisibili, è infatti ottenibile solamente attraverso
una metodica che si avvicina gradualmente ad alcune pratiche yoga, sia tramite il controllo
del respiro, sia per fissazione di determinate parti del corpo, in modo quasi specifico
l’ombelico.
Prendiamo ad esempio questo passo dell’esicasmo athonita nel “Metodo della
preghiera e dell’attenzione sacra” citato da Poli in “Yoga ed esicasmo”: “….quindi, seduto in
una cella tranquilla, in un angolo isolato, fa quel che ti dico: chiudi la porta ed eleva il tuo
spirito al di sopra di ogni cosa vana e temporale; poi, appoggiata la barba al mento e rivolto
l’occhio corporeo e lo spirito al centro del ventre, ossia verso l’ombelico, comprimi
l’inspirazione d’aria che passa attraverso il naso, in modo da non respirare agevolmente ed
esplora mentalmente l’interno delle viscere per ritrovarvi il luogo del cuore, che la forza
delle anime sanno frequentare.
All’inizio troverai una tenebra ed una opacità ostinata ma, con la perseveranza e la
pratica di questo esercizio notte e giorno, otterrai……una felicità senza limiti”.
Gli esicasti athoniti, usavano e usano la “preghiera di Gesù”, o preghiera del cuore, che
consiste nel ripetere incessantemente l’invocazione: "Signore, Gesù Cristo, Figlio del Dio
vivente, abbi pietà di me, peccatore" e che può essere ritmata con la respirazione e
conteggiata con un apposito cordoncino composto di nodi, komboi, il cui nome è
komboskini. Viene praticata in modo ripetitivo e usando la preghiera come un particolare
tipo di “mantra”, come i “meditanti” orientali: induisti, buddisti, scintoisti, lamaisti,
confuciani, buddisti zen ecc., tanto che ne appare logico dedurre la loro influenza, nel corso
delle varie epoche.
Anche i monaci sinaiti del deserto che si ritiravano nel deserto del Sinai, ricco di
tradizioni bibliche, con il loro metodo di “meditazione nascosta” hanno accolto una
interessante pratica di ripetizione verbale: di norma una preghiera molto breve da
assimilare nel cuore, che, secondo la loro mentalità, era l’organo più importante di tutto il
corpo, per trovare la calma e la pace interiore.
Una delle storie dei "Detti dei Padri del deserto" descrive una visita di Teofilo,
arcivescovo di Alessandria. ai monaci di Scete che potrebbe servire da semplice ma molto
bene indovinata spiegazione di questo termine millenario. Ansiosi di fare una buona
impressione al loro illustre ospite. i monaci riuniti chiesero all'abate Pambo: "Di' qualcosa
di edificante all'Arcivescovo". Ed il vecchio rispose: "Se non è edificato dal mio silenzio,
tanto meno sarà edificato dalle mie parole".
Questa storia indica l'estrema importanza data dalla tradizione del deserto all’esychia,
la qualità dell'immobilità e del silenzio.
"Dio ha scelto l'esychia al di sopra di ogni altra virtù" è detto altrove nei "detti dei
padri del deserto". Come insiste S. Nilo di Ancira: "È impossibile che l'acqua infangata si
possa chiarificare se si continua a rimestarla; ed è impossibile diventare monaco senza
l'esychia".
Esychia, comunque, significa ben di più della semplice astensione dal parlare fisico e
Massimo Cacciari nel suo libro “Della Cosa Ultima” uscito nel mese di Marzo 2004,
Biblioteca Filosofica 24. Adelphi, a pag.492 e segg, nella lettera VIII°. Paradiso, al
sottocapitolo Post scriptum II°, tratta proprio di questa antica forma meditativa.
“Ho detto che è “in pace” poiche perfettamente energòs-avrei potuto dirlo anche
hésycos questo Paradiso? Una grande storia si concentra in questo nome dall’etimo
156
misterioso, che connette la civiltà ellenistica al Cristianesimo orientale, pur non avendo
quasi riscontro nel linguaggio neotestamentario (ricordo soltanto l’uso che ne fa Paolo in 2
Ts, 3,11-12: a coloro che si affaticano senz’ordine, ataktos,egli oppone coloro che si
procurano il pane, operando “Metà hesychias, cum quiete”:in silenzio, andrebbe forse
tradotto, facendo anche mente al “tria mystéria krauges”, ai tre grandi misteri del Grido, di
cui parla Ignazio di Antiochia – di Maria nel parto, del Figlio nel momento della morte e in
quello dell’ascensione vittoriosa-, misteri che stanno eternamente nella hesychia di Dio. E
dunque la vera pace è abitata dal grido! Altro che quiete bonaria!).
Esicastica è tutta la spiritualità bizantina. Ma hesychia non significa che inviolabile
attività del cuore.Trattieni, si, nel silenzio il tuo stesso respiro, ma per indagare l’intimo
delle tue viscere. Non pronunciare la preghiera, ma per concentrarti in essa.Fai silenzio,
per essere sempre desto e rivolto alla Voce che parla nel silenzio. Se preghiera è il confine
della parola, allora l’esicasmo afferma che la parola nasce soltanto dal più silenzioso
ascolto.
Questo è il grande respiro dell’esicasmo, come suprema attività dell’anima,
coinvolgente memoria, attenzione, indagine, ritmo e rima di mente e cuore, dove il corpo si
sente vigile-vivo, pulsante nel suo meditare. Completamente erroneo interpretarlo in
chiave “spiritualistica”, alla luce di un’astratta separazione tra il simbolo Maria e il simbolo
Marta. Se si fugge il mondo, se il monaco si ritira sul monte, non è per affermare la propria
xeniteia un proprio superbo essere-stranieroma per concentrarsi sulla figura del Theòs
xénos – e questo predicare attraverso tutte le dimensioni della propria vita.Il monaco è
straniero solo nella misura in cui comunica che Dio, lo stesso Dio-con-noi, è straniero, ha
patito il suo essere-straniero e lo ha amato.
E questo amore è il fare ultimo, l’attività che misura tutte le cose. Se mancasse
l’enérgeia di questa preghiera, crollerebbe ogni “ordine” del fare, le nostre fatiche si
disperderebbero atàktos. Perciò l’hesychia deve custodire in sé una relazione essenziale
con le forme del fare; potremmo anche dire che la sua efficaciasi invera in esse:il fare di
Marta è segno della perfezione della contemplazione silenziosa di Maria.
Il monaco non deve essere da nulla “occupato”, Lo sappiamo concentrarsi sul pràgma
touto esige il riconoscersi nell’idea dell’essere libero. Hesycos vuol dire sereno, sgombro,
heilig – ma come dev’essere l’occhio che intende vdere e comprendere, corrispondere alla
luce del “vero cielo” oltre l’ultimo dell’aria in cui abitiamo (Phaed.,109 d – 110 a). Hésychos
è l’anima che vuole accedere alla verità: così il problema era già impostato da Plotino
(Ennead.,III, ii, 2). E allora l’essere “in pace” è immanente ad ogni forma del fare, vive in
ognuna, come ciò che le consente di esprimersi secondo la sua forma e anche come sua
caysa finale, poiché ogni agire, ogni produrre è volto a trovare la quiete del
compimento.”Agein scholén” dice Socrate nell’Apologia, “agite otium ripete Agostino nel
De vera religione. La scholé si fa: soltanto agendo non si è “occupati”. Esiscastico è il cuore
dell’opera. La verità che non trema” del fare consiste nell’ascolto en scholé, en hesychia…
della Parola, lei dice – io dico: dell’ascolto del silenzio dell’Inizio che la Parola stessa rivela.
Otium, scholé devono “colmarsi” di hesychia; il loro “contenuto” è la libertà che concede di
toccare la cosa.
L’”uomo nobile” non ha nulla dell’àristos, che si ritiene ab-solto dall’érgon, ma è colui
che riconosce l’”ispirazione divina” che muove ogni forma del fare, poiché tutte,
consapevoli o inconsapevoli, sono tratte dalla possibile gioia della propria perfezione, così
come ogni argomentare dialettico dal possibile del sapere im-mediato. Hesychia,
insomma, come l’opposto di katàstasis, interruzione, rovina della “vera fatica”, ma
rivelazione del suo significato escatologico. Otium-labor, insieme, formano il termine del
padre Virgilio. L’”uomo nobile” è poietés di pace”…….
Subito dopo il bellissimo testo di Cacciari, facciamo un salto all’indietro di molti secoli
e passiamo al sito www.meditare.it, dove troviamo un interessante suggerimento sul come
157
dovrebbe essere condotta la meditazione per raggiungere la “Via Perfetta”.
I consigli sono del maestro T'sen T'sang, circa 606 d.C. del Buddismo Ch'an e sono
stati tramandati fino a noi in pochi frammenti del poema Hsin-Hsin-Ming.
E’ importante leggerli con attenzione perché il testo denota una grande conoscenza
dello Stato Meditativo fino ai suoi frutti migliori, tanto che si conclude proprio facendo
accenno ad un Principio di Illuminazione.
“La via perfetta non conosce alcuna difficoltà,
se non che rifiuta ogni preferenza.
Solo quando è liberata dall'odio e dall'amore
si rivela interamente e senza maschera ...
Una differenza di un decimo di pollice
e il cielo e la terra sono separati.
Se volete vedere manifestarsi la Via Perfetta,
non concepite pensieri, né per essa, né contro di essa.
Opporre ciò che amate a ciò che non amate.
Ecco la malattia dello spirito.
Quando sfugge il senso profondo della Via,
la pace dello spirito è turbata e non si è guadagnato nulla.
La via è perfetta come il vasto spazio.
Nulla vi manca, nulla vi è superfluo.
E' quando si fa una scelta,
che si perde la propria verità assoluta.
Non inseguite le complicazioni esteriori.
Non indugiate nel vuoto interiore.
Quando lo spirito resta sereno nell'unità delle cose
il dualismo svanisce da solo.
E quando l'unità delle cose non è compresa fino in fondo
da due parti la perdita è sopportata ...
Fraseologie, giochi dell'intelletto ...
Più ce ne lasciamo prendere e portare lontano,
più ci perdiamo.
Allontaniamoci quindi dalla fraseologia
e dai giochi dell'intelletto ...
Non c'è luogo in cui non si possa passare liberamente.
Nel momento in cui siamo illuminati in noi stessi
oltrepassiamo il vuoto del mondo che ci si oppone.
Non tentate di cercare la verità ...
Cessate semplicemente di attaccarvi alle opinioni.
Non attardatevi nel dualismo.
Mollate la presa ... lasciate le cose come possono essere.
Obbedite alla natura delle cose ...
e siete in accordo con la Via.
Se un occhio non cadrà mai addormentato
tutti i sogni svaniranno da soli.
Se lo spirito conserva la sua unità,
le diecimila cose sono di una sola e medesima essenza.
Quando il profondo mistero di questa essenza
è scandagliato,
d'un tratto dimentichiamo le complicazioni esteriori.
Torniamo all'origine e rimaniamo ciò che siamo.
158
Dimentichiamo il perché delle cose
e raggiungiamo uno stato al di là dell'analogia.
Lo scopo ultimo delle cose,
là dove non possono andare oltre,
non è limitato da regole e misure.
Lo spirito in armonia con la Via è il principio d'identità
dove troviamo tutte le azioni in uno stato di quiete.
Ora nulla è trattenuto.
Non c'è più nulla che si debba ricordare.
Tutto è vuoto, lucido
e porta con sé un principio di illuminazione.
Nel più alto regno della vera essenza
non ci sono più né l'altro né l'io”.
Monachesimo islamico.
Ricordiamo anche il monachesimo islamico di cui i più valorizzati sono i sufi,
dall’arabo sufu, vestito di lana grezza. Compaiono all’inizio del IX° secolo d.C. in
prevalenza fra i sunniti, benché comprenda anche confraternite e membri sciiti e non
assunse mai le caratteristiche settarie di altri gruppi, come, ad esempio, quello degli
ismailiti.
La loro mistica è fatta di meditazione e penitenza.
É questa la corrente più esoterica e mistica della religione islamica. Vivendo in una
perfetta adesione all'istante presente e in un accettazione incondizionata della realtà intesa
come manifestazione di Dio, i santi e i saggi sufi arrivano a conoscere la più alta
realizzazione spirituale e accedono alla coscienza della realtà ultima fino ad annullarsi in
essa. Il sufismo è la via che conduce dall'individuale all'universale, dal mondo delle
apparenze all'Unità, anche di tipo cosmico.
Rumi e i dervisci rotanti.
La città santa di Konya, in Turchia, è teatro di un rito che affonda le sue radici nel
mistero. Abbiamo così il sama estatico dei dervisci mevlevi, la confraternita sufi fondata da
Gialal-ud-Din Rumi nel XIII secolo dell'era cristiana. Accanto al mausoleo che ospita il
sepolcro di Rumi, i dervisci si esibiscono, davanti a un pubblico attonito, nella loro danza
folle e vertiginosa. Mentre il flauto e i tamburi cominciano a suonare, essi depongono la
sopravveste nera, simbolo del basso, oscuro mondo in cui l'anima è prigioniera e, candidi
come aironi migranti verso una patria lontana, cominciano a ruotare senza posa sul perno
di un piede.
Lo scopo della danza (dhikr) è generare ed alimentare uno stato di estasi rituale e
accelerare il contatto tra la mente del Sufi e la Mente Cosmica di cui egli si considera parte.
Origini.
Per quanto gli adepti riconducano le origini del loro movimento all'epoca di
Maometto, il termine che lo denota,”Tasawwuf”, comparve a Kufa, in Iraq, soltanto nel IX°
secolo, al tempo degli abbasidi. Esso sembra derivare dal termine arabo suf, da cui
"sufismo", che indica l'abito di lana grezza indossato dagli asceti musulmani.
Alla fine del X secolo questa corrente aveva già diffuso confraternite di seguaci da
Bassora e da Baghdad, capitale Abbaside, in tutto l'Iraq e nel resto del mondo islamico,
dove rappresentava un tentativo di interpretazione mistico-esoterica della religione di
Maometto.
Da principio oggetto dell'ostilità delle correnti islamiche più tradizionaliste, il
movimento ottenne dal XII secolo un riconoscimento formale nell'ambito dell'ortodossia,
159
soprattutto grazie all'operato e agli scritti di alcuni membri illustri provenienti dai ceti colti
del sunnismo, come il pensatore al-Ghazali.
Caratteristiche.
Il sufismo non prevede un sistema dottrinale omogeneo che lo caratterizza dalle altre
correnti dell'Islam tanto che gli studiosi hanno attribuito ai diversi settori del movimento
prospettive teologiche tendenti al monismo, al teismo o al Panteismo. Un motivo
unificante tra le varie dottrine dei sufi è forse la convinzione di godere di una speciale
relazione di elezione (walaya) con la divinità, grazie alla quale sarebbe possibile stabilire
una forma di comunicazione con Dio al fine di ottenere la comunione spirituale e la
conoscenza della verità divina (haqiqa).
Fonte di questa potenzialità è lo stato di grazia riservato da Dio stesso agli iniziati, che
ne entrano in possesso mediante un lungo cammino di ascesi spirituale (maqamat) in varie
tappe, da compiersi sotto la guida di un maestro (shaykh o pir) ritenuto capace di
trasmettere al suo discepolo uno stato di benedizione soprannaturale (baraka). Tale
benedizione sarebbe concessa alle generazioni future da Alì e dallo stesso Maometto per
mezzo della successione autorevole (silsisla) di maestri illustri.
L'esistenza del mondo, secondo i sufi, sarebbe garantita, in ciascuna generazione, dalla
nascita di un maestro dotato della natura di "uomo perfetto" (qutb), la cui identità può
essere svelata solo a quanti abbiano raggiunto lo stato del distacco da sé (fana), della
dipendenza da Dio (baqa), e della conoscenza (marifa).
A differenza dell'Imam degli sciiti, con il quale pure condivide alcuni aspetti essenziali,
come i poteri soprannaturali e il ruolo di garante dell'esistenza dell'universo, l'"uomo
perfetto" del sufismo non dipende da una particolare linea di discendenza familiare e non
appare come figura isolata nella sua epoca.
Rappresenta, al contrario, il vertice di una gerarchia di maestri venerabili, dotati in
qualche misura delle sue stesse facoltà. I sufi, infatti, venerano come santi, accanto agli
uomini perfetti, innumerevoli maestri del passato, fra i quali personaggi estranei alla loro
dottrina e gli stessi Imam sciiti.
Grande importanza è attribuita alla musica e alla poesia; per quanto riguarda l'amore
profano e il vino, tendenzialmente demonizzati dalla tradizione islamica, essi vengono
considerati esperienze simboliche dell'amore divino e dell'estasi mistica, come del resto
per lo sciamanesimo.
Vediamo ora come interpretare meglio la situazione dei Dervisci rotanti, dato che
ancora al giorno d’oggi esistono delle compagnie teatrali che se ne vanno per il mondo
rappresentando questi rituali di vecchia data e di grande significato anche esoterico,
cercando di comprendere le eventuali connessioni tra il tarantismo delle nostre regioni
meridionali ed appunto le danze rituali dei dervisci rotanti.
Sebbene le origini dei due riti siano molto lontane tra di loro dato che il tarantismo si
fa risalire ai miti orfici e la danza dei dervisci invece al Medioevo, sono pure noti molti
punti di contatto come "i vestiti bianchi a ruota" e certi movimenti delle tarantate che
richiamano le danze sufi.
Ma per conto mio la caratterisica comune e più affascinante tra i due è lo stato di
coscienza modificato o diverso nel quale entrano per tutto il tempo della rappresentazione.
La coscienza modificata si riscontra, come dicevamo, in tutti i casi come vissuto
essenziale tra due esperienze che si presentano sempre veicolate dalla musica e dal
movimento con la precisa intenzione dei soggetti di “dare accesso” ad un mondo percettivo
diverso dallo stato di veglia.
160
In entrambi i casi si tratta cioé di un viaggio particolare, come ad es. quello degli
stregoni messicani come descritto con arte nei volumi di Carlos Castaneda oppure sempre
degli stregoni del Centro Africa.
La cerimonia di carattere religioso o meglio pseudo-religioso avvia verso un
particolare rituale di iniziazione in modo da “sentire” le parti del corpo da abbandonare
sotto la guida dello sciamano e per addestrare, nello stesso tempo anche il proprio io
sciamanico sempre nell’intento di propiziarsi il favore della divinità con uno specifico
tributo di approfondimento dell'ignoto, per assicurare all'anima la salvezza, evitandole il
doloroso peregrinare post-mortem. Infine anche per familiarizzare con le forze del male,
andando nel loro territorio a tentare di carpirne i più profondi segreti.
Lo stato di coscienza modificata diviene dunque una specie di salvacondotto per un
viaggio che conduce la persona a contattare e visitare nel proprio “mondo interno” i
simboli archetipici più rappresentativi dell'esistere nel mondo e in questo modo avere il
metodo migliore e più veloce per portarli a coscientizzarsi nello stato di veglia vigile.
Meditazione Yoga.
Le pratiche meditative del Raja Yoga (Yoga Reale) nascono dalla fusione del
bhaktiyoga, yoga religioso, che si fonda sull’autocontrollo e l’osservanza fedele dei principi
religiosi con il karmayoga, il sentiero del buon operare e del buon servizio e dell’jnanayoga,
la via dell’intelletto.
Patanjali, saggio esponente dello Yoga, nei suoi Yoga Sutra, divide il sentiero del Raja
in otto passi di cui la meditazione costituisce il settimo (dhyana: meditazione). Per arrivare
ad educare la mente a stare in stato di meditazione, dobbiamo prima avere ottenuto il
controllo sul nostro corpo e sulla corretta respirazione, passi che costituiscono il primo
sentiero, quello dell’Hatha Yoga.
‘Meditazione’ non è sinonimo di 'concentrazione’.
Patanjali, nei suoi "Aforismi", paragona, in maniera molto suggestiva, la mente ad un
lago: "I pensieri sono come le onde che increspano la superficie e ci impediscono di vedere
il fondo, cioè l’anima".
La meditazione è il successivo stadio mentale che non ha più niente a che vedere con la
razionalità.
La mente non si crea più delle proiezioni, ma si trasporta all’interno di ambienti e si
possono percepire così profumi, suoni, sensazioni infinitesimali che anche stando, ad
esempio, su un prato non si percepirebbero.
Oppure ci trasportiamo in situazioni o ambienti che nella nostra reraltà materiale non
esistono.
La differenza sostanziale fra concentrazione e meditazione è, quindi, che la prima è
una proiezione della mente di cose conosciute, mentre nella seconda la nostra energia si
sposta nell’ambiente visualizzato e ci rimanda una serie d’immagini.
La meditazione yoga serve soprattutto per raggiungere la purificazione, pervenendo,
attraverso vari passaggi od elevazioni, fino al nirvana che si ottiene solo staccandosi
completamente dalle cose terrene, controllando il respiro e concentrandosi con intensità e
perseveranza su un “mantra” oppure su qualche parte del corpo o su un solo oggetto per
volta.
La via della meditazione yoga si persegue compiendo l’“ottuplice sentiero”, dei quali
però solo il settimo è “vera e propria meditazione”, immediatamente precedente
l’“illuminazione”.
161
Un breve sguardo quindi a ciascuno di loro.
1) Yama.
Purificazione della mente. Si raggiunge osservando la legge della non violenza, della
castità, della serenità, dominando i desideri e non accettando mai regali.
2) Niyama.
Regole da osservare: studio, digiuno purificatore, piacere del poco, adorazione di Dio.
3) Asana.
Controllo della postura fisica, mantenendo tutto il corpo completamente libero.
4) Pranayama.
Controllo costante e progressivo della respirazione, fino a mantenerla calma,
profonda, tranquilla e regolare ( due-tre respirazioni al minuto). In questo modo si può
vivere lo scorrere del tempo in modo diverso da quello normale, avvicinandosi, come
afferma Mircea Eliade, al fluire dei ritmi del gran tempo cosmico.
5) Pratyahara.
Controllo delle sensazioni da parte della volontà.
6) Dharama.
Concentrazione mentale ottenibile con la fissazione della mente o sul loto del cuore o
sul loto della testa.
7) Dhyana.
Stato meditativo ottenibile quando le onde mentali si congiungono in una sola, senza
più pensieri.
8) Samahdi.
La vetta più alta raggiungibile da esseri umani. Può essere ottenuto con l’esperienza
del superconscio, con la contemplazione, con l’identificazione con il cosmo, con
l’illuminazione interiore, con la dispersione del pensiero entro determinati tipi di contenuti
immaginati.
Gli ultimi tre gradini, concentrazione – meditazione – illuminazione, quando sono
ottenuti in modo perfetto, formano il Samyana o stadio della conoscenza vera o del
dominio perfetto dei sensi.
Lo Swami Sivananda Sarasvati parla anche di meditazione concreta (Saguna Dhyana)
e di meditazione astratta (Nirguna Dhyana).
Nella meditazione concreta l’attenzione viene focalizzata su una immagine fisica ad
occhi aperti o su una immagine mentale ad occhi chiusi.
Nella meditazione astratta, invece, l’attenzione è focalizzata sulla pura essenza di sé,
facendo in modo di dimenticare completamente il corpo, la mente stessa ed il cosmo
intero.
Ancora più ad oriente, in Cina ed in Giappone, ma anche presso i popoli della
Polinesia, la dottrina Zen del vuoto mentale, come scrive Suzuki, è avvicinabile, se non
addirittura a volte sovrapponibile, ad uno stato meditativo ottenuto con la tecnica della
concentrazione passiva.
Tramite questo particolare tipo di tecnica, dopo un allenamento ed un apprendimento
a volte molto lungo, anche di anni, il soggetto diventa via via adatto a coltivare una
162
capacità mentale che riesce a condensare una esperienza infinita in una intuizione
immediata.
Sperando di essere stati sufficientemente esaustivo, mi limito a quanto descritto,
poiché moltissime sono le tecniche meditative nate e sviluppate in oriente, da cui alcune
ancora in voga.
Segnalo anche alcune tecniche orientali, riadattate in occidente negli ultimi decenni,
che hanno ottenuto risultati piuttosto discutibili ma molti seguaci.
Tecniche meditative occidentali di derivazione yoga.
Al primo posto esiste la meditazione trascendentale M.T che è una antica tecnica
indiana, portata in occidente da Maharishi Mahesh Yogi, riveduta e riadattata alla
mentalità occidentale.
Si tratta di una meditazione mantra, cioè di uno stato di coscienza modificato,
ottenibile attraverso la ripetizione mentale di una parola sanscrita (mantra), seduti su di
una sedia o meglio su di un tappeto, nella posizione classica yoga, ad occhi chiusi, per un
periodo variabile dai 15 ai 20 minuti.
La M.T. si è diffusa in modo molto rapido ed ampio in tutto il mondo, specie nei paesi
anglosassoni, anche se ultimamente sembra avviarsi verso un costante, anche se lento,
declino.
Abbiamo poi la meditazione clinicamente standardizzata, M.C.S., della Carrington. Si
tratta di una rielaborazione della M.T. Il mantra non viene dato dall’istruttore e tenuto
segreto dall’allievo come nella M.T., ma invece è l’allievo che sceglie liberamente il suo
mantra in una lista di sedici.
Un’altra tecnica meditativa è la tecnica di Benson, nella quale il soggetto ripete
mentalmente “One” ad ogni inspirazione. La tecnica consiste nel rallentare funzioni
corporee come il battito cardiaco, la pressione sanguigna e il consumo di ossigeno.
Secondo Benson, i due passi necessari al raggiungimento del relax, ripetere una parola,
una frase, un suono o un movimento muscolare ogni volta che preoccupazioni invadono la
mente, sono pratiche in uso dalla maggior parte delle religioni.
“Questi due procedimenti esistevano in ogni cultura dell’umanità e di solito in un
contesto religioso”, dice Benson.
Differisce sia dalla M.T., sia dalla M.C.S. perché richiede un maggior grado di
“concentrazione mentale” e pertanto si potrebbe classificare più come “metodo di
rilassamento” che non come vera e propria meditazione. Infatti è il respiro che controlla il
mantra, del resto eguale per tutti, invece del contrario come nella M.T. e nella M.C.S.
Una quarta tecnica meditativa occidentale è quella che va sotto il nome di “Open
Focus”, ideata da Fehmi, che si avvale di immagini guidate. Anche in questo caso è difficile
dire se si tratti di una vera meditazione, o piuttosto di un tipo di rilassamento ipnotico con
visualizzazioni guidate.
Woolfolk ha infine sviluppato una forma di “meditazione respiratoria”, simile alla
tecnica di Benson che si discosta da questa per il fatto l’inspirazione e l’espirazione
vengono osservate e condotte insieme.
Dopo questa breve e forzatamente lacunosa carrellata, vediamo ora le affinità e le
differenze tra stati modificati di coscienza ipnotici e stati modificati di coscienza
meditativi.
La tecnica che si avvicina di più ad un buon rilassamento fisico è il rilassamento
progressivo o frazionato di Jacobson, già trattato in precedenza, che serve sostanzialmente
163
ad allentare la tensione muscolare e a dominare l’ansia, attraverso un meccanismo di
biofeedback, acquistando, così la padronanza delle funzioni fisiologiche.
Anche l’autotraining di Schultz o tecnica di autoconcentrazione da distensione passiva
può facilitare certe tecniche meditative dato che si avvicinano agli esercizi superiori del
autotraining di Schultz, specialmente quando ci si allena a visualizzare dapprima oggetti
concreti e successivamente concetti astratti.
Queste visualizzazioni autoguidate possono essere indirizzate verso esperienze di tipo
immaginativo e simbolico, che permettono di poter comprendere gli “archetipi” emergenti
dall’inconscio.
Non bisogna infatti dimenticare che l’autotraining di Schultz è nato anche con il nome
di “yoga occidentale”.
L’autoipnosi, per quanto mi riguarda, è molto utile per giungere ad un buono stato di
coscienza modificato, che può avvicinarsi a vere esperienze meditative, specie quelle del
tipo esicasmo, proprio per il fatto che lo stato modificato è autoindotto.
Quest’ultimo è ottenibile attraverso le varie tecniche già descritte. Alcuni “momenti
meditativi” sono molto simili agli stati modificati realizzabili con l’ipnosi con la differenza
che mentre i primi sono autoindotti, gli stati ipnotici sono eteroindotti, pur potendo
pervenire in seguito ad una vera e propria autoipnosi.
Non ho conoscenza di pratiche meditative eteroindotte, anche se, nel contesto di un
insegnamento da parte di uno yogi, si può sempre pensare, almeno nelle prime fasi, a
“momenti meditativi eteroindotti”.
Astraendo dai modelli di meditazione che si avvalgono di processi concentrativi
cerebrali o concentrazione attiva, vale la pena di affermare che sia le tecniche meditative
sia lo stato ipnotico presentano molte affinità, almeno per quanto concerne lo stato fisico
di distensione.
Tutte si avvalgono di uno stato di inibizione corticale diffusa con focolai di attivazione
nelle sole zone specifiche, diverse non solo a seconda della metodica usata, ma anche del
tipo di soggetto, indipendentemente dall’operatore.
Si può pertanto asserire che le affinità tra stati meditativi e stati ipnotici possono
offrire materia di studio in molti campi dello scibile umano. È sempre necessario però un
periodo più o meno lungo di allenamento e di apprendimento, per instaurare riflessi
condizionati complessi e soprattutto persistenti nel tempo.
Inoltre in questo contesto sono sempre riscontrabili un certo grado di
suggestionabilità, coesistenza di forti motivazioni e grande capacità di “involvment”.
Se infine consideriamo, oltre ai processi mentali, anche quelli neuromotori,
neurovegetativi, organici e sensoriali, vediamo come, in tutti questi stati di coscienza
modificati, le affinità siano nettamente superiori alle divergenze.
Per es. nella M.T., Wallace e Benson hanno potuto dimostrare:
a)
una riduzione della velocità del metabolismo e del fabbisogno di ossigeno, in
concomitanza ad una diminuzione degli atti respiratori e del volume dell’aria respirata,
senza che però vi fosse una contemporanea significativa diminuzione della pressione sia
sistolica che diastolica.
b)
la diminuzione dell’acido lattico nel sangue arterioso dell’avambraccio per
aumento del metabolismo ossidativo, dovuto al maggiore afflusso di sangue.
c)
aumento significativo della resistenza elettrica cutanea.
d)
diminuzione della frequenza cardiaca.
e)
rapido incremento, riscontrabile con EEG, delle onde alfa lente a 8-9 cicli al
secondo nella regione frontale e centrale del cervello con comparsa di onde Theta,
specialmente in regione frontale.
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Al contrario, sempre esaminando le onde cerebrali di “meditatori trascendentali”,
Schwartz non ha trovato modificazioni significative da quelle dello stato di veglia. Tebecis
infine ha trovato soggetti che, in un lieve stato di rilassamento, producono
spontaneamente una grande quantità di onde alfa, con la semplice chiusura degli occhi.
Maharishi Mahesh Yogi chiama lo stato indotto dalla M.T. come “quarto stato di coscienza”
e, sotto questo aspetto, sembrerebbe avvicinarsi allo stato di sonno o anche di ipnosi.
Invece, a quanto sembra dalle ultime ricerche, i “meditatori” del Maharishi non sono
né in stato di sonno, ma neppure in quello di ipnosi.
Nell’ipnosi infatti, a parte qualche raro caso, non si rilevano né modificazioni
significative delle onde cerebrali, che sono quasi simili a quelle di veglia, né diminuzione di
consumo di ossigeno.
Tutt’al più si possono osservare, in qualche soggetto, modificazioni delle frequenza
cardiaca, che appare rallentata, diminuzione della resistenza elettrica della cute, della
pressione sia sistolica che diastolica e del ritmo della respirazione, ma solamente dopo
suggerimenti specifici da parte dell’ipnologo.
Le modificazioni delle onde cerebrali non appaiono significativamente diverse rispetto
a quelle di veglia; possono assomigliare alle onde che si presentano durante il sonno, solo
se, in ipnosi, si danno suggerimenti di sonno. I suggerimenti postipnotici sono molto più
duraturi di quelli spontanei, che di solito si presentano deboli e transitori.
La tecnica di Benson o la meditazione clinicamente standardizzata della Carrington,
oppure l’”Open Focus” di Fehmi o ancora la meditazione respiratoria di Woolfolk, portano,
a mio avviso, a “stati di coscienza modificati”, simili ma non sovrapponibili, né
all’autotraining di Schultz né all’ipnosi, eccettuati forse gli esercizi superiori
dell’autotraining.
Tutte queste metodiche presentano come obbiettivo principale lo stato di distensione
psicofisica o il rilassamento muscolare più o meno profondo e completo.
Nelle altre metodiche meditative, specialmente di tipo orientale, il soggetto si impone
una severa, costante e lunga autodisciplina, per raggiungere, un continuo ed incessante
sviluppo spirituale, condotto in stato di profonda concentrazione mentale fino al
raggiungimento dell’unità con l’oggetto della meditazione stessa.
Nonostante la grande quantità di lavori pubblicati, sia in campo sperimentale che
terapeutico, non è ancora facile dare una esatta classificazione degli “stati di coscienza
modificati” attuabili con il rilassamento, la meditazione e l’ipnosi. Risulta difatti difficile
trovare dei limiti netti di confine tra una metodica e l’altra.
È mia opinione personale che i molteplici “stati di coscienza modificati
neurofisiologici” dipendano dalle qualità intrinseche del soggetto e dell’operatore.
E’ quindi auspicabile lo sviluppo di uno studio costante ed approfondito su molti
aspetti neurofisiologici, neuropsicologici, sociopsicologici, psicoanalitici e psicosintetici dei
“momenti meditativi”, e “momenti ipnotici”, che potrà finalmente portare un valido
contributo, sia per una migliore classificazione, sia ad una più vasta conoscenza dei vari
tipi di inconscio.
In tale luce sarà molto utile ricercare sempre un accordo con tutti gli operatori che
usano l’ipnosi, al fine di studiare, analizzare, comprendere ma soprattutto classificare gli
“stati di coscienza modificati”, sia in campo meditativo che ipnotico, per arrivare, insieme
alla méta di una migliore comprensione della mente, dell’anima umana e dello spirito.
Si potrà inoltre modificare l’attuale orientamento psicopedagogico, nel senso di una
psicologia non solo cognitivo-comportamentale ma anche umanistica e transpersonale,
riconducendolo ad una migliore utilizzazione dei contenuti inconsci rievocati.
Avremo così a disposizione “armi efficienti” e “naturali”, che siano in grado di
modificare un sistema di vita trascinante nel vortice, di stress, tensioni, emozioni,
frustrazioni, conflitti repressi, super lavoro ecc, in modo da ricordarsi del vecchio ma
sempre valido “conosci te stesso”.
165
Stato mistico.
E’ importante conoscere che esiste anche lo stato mistico.
Davvero degno di attenzione in questo particolare momento storico ove alle conquiste
tecnologiche sempre più sofisticate, alla multimedialità, alle esplorazioni spaziali si
contrappone spesso la ricerca di fenomeni ancora avvolti nel più fitto mistero e di cui la
scienza vorrebbe trovare una spiegazione razionale per tutti.
Del resto sembra che, per certi fenomeni non catalogabili secondo le conoscenze
attuali, sia sempre necessario il binomio preghiera e digiuno prolungati che potrebbero
favorire stati di coscienza modificati particolari, promoventi determinate manifestazioni
della mente con la sospensione delle leggi naturali, entrando in un contesto di assenza
dello spazio-tempo.
“L’emozione più bella che possiamo provare è quella mistica.
E’ il seme di ogni vera arte e scienza.
Chi ignora tale emozione è come morto”.
A. Einstein.
“Se nell’intimo del nostro cuore abbiamo costruito una cella ben protetta in cui ci
ritiriamo il più spesso possibile, non ci mancherà mai niente dovunque ci troviamo”.
Edith Stein. “Incontro a Dio”.
“Dieci minuti quotidiani di colloquio intimo con se stessi insegnerebbero, forse, una
più umana filosofia di quella contenuta in molti libri”.
N. Salvaneschi.
“Quando l’amore vuol parlare, la ragione deve tacere”.
J. F. Regnard. “Le joueur”.
“Credo che….al fondo di tutti i nostri stati mistici ci siano delle tecniche del corpo non
ancora studiate…..Tale studio socio-psico-biologico della mistica deve ancora essere fatto.
Esistono dei mezzi biologici per entrare in contatto con Dio”. M.Mauss, a chiusura del suo
saggio: “Le tecniche del corpo”.
“Se ti capita di fare del male, non ripeterlo, non lasciare che metta radici in te, onde
non incorrere nella sofferenza”.
Dhammapada. IX°. 117.
“Se ti capita di far del bene, ripetilo, lascia che metta radici in te e ti riempia di gioia”.
Dhammapada. IX°. 118.
“Anche gli splendidi carri dei re perdono con il tempo i loro colori.
Così il corpo invecchia. Ma la legge eterna non invecchia.
Questo è l'insegnamento che i saggi trasmettono ai saggi”.
Dhammapada. XI°. 151.
“Apprendere a parlare con il cuore è molto più importante, efficace e fecondo che
tenere mille discorsi con il cervello sinistro, cioè con la sola razionalità”.
A. Brugnoli. “Stati di coscienza modificati”.
Fin dagli anni 60-70 l’argomento è sempre stato oggetto di una ricerca personale,
anche se ritengo che esso sia piuttosto arduo da descrivere con linguaggio appropriato.
Una prima puntualizzazione si rivela necessaria per non creare confusione anche nel
lettore più esperto.
166
Per non appesantire troppo il presente lavoro prenderò in considerazione solamente
qualche mistico del campo cattolico, essendo i più vicini alla nostra cultura, ma con un
cenno anche ai mistici di altre culture e di altre religioni.
Argomento sinceramente molto impegnativo, dato che è già difficile dare una valida
definizione degli stati mistici.
Il compito si rivela forse meno difficile dato che i lettori sono nella massima parte
persone competenti.
Si attua così, in termine pratico, quella sintonia di intenti, di conoscenze e di
esperienze che altrimenti sarebbe veramente quasi impossibile ottenere con lettori
impreparati per i quali il discorso potrebbe cadere nel vuoto già fin dall’inizio od essere
addirittura frainteso nei suoi punti essenziali.
“Esperienza particolare, di tipo ineffabile e indescrivibile, con sensazione reale di
essere o vivere con Dio o in Dio oppure, a seconda delle varie convinzioni religiose, di
entrare in immediato contatto con l’Assoluto, attraverso porte completamente sconosciute
alla razionalità normale di ogni giorno”.
Si può anche definire in termini accessibili al profano come:
“Lo stato di coscienza raggiungibile quando si è riusciti a liberare il cuore da tutto
quello che non serve, attuando così il modo di poter far entrare Dio o l’Assoluto entro se
stessi, vivendo l’unione intima con esso, al posto delle piccole, temporanee ed insignificanti
cose comuni di ogni giorno, anche se nel contesto umano possono sembrare spesso molto
importanti”.
Mi sto chiedendo ancora oggi se vi sia qualche differenza fondamentale tra stato
meditativo e stato mistico, dal momento che, ad una prima impressione, potrebbero
sembrare molto simili se non eguali, almeno come tipo di realtà, seppure diversa da quella
di veglia vigile.
Le motivazioni del resto possono essere eguali.
Ma la realtà di stato mistico, per quanto ne penso io, dovrebbe essere un gradino più
elevata di quella raggiunta nello stato meditativo.
E se per raggiungere lo stato meditativo si intuisce che sia necessario un “salto
quantico”, è molto probabile che anche per raggiungere lo stato mistico sia essenziale e
basilare un nuovo successivo “salto quantico”.
D’altra parte, da come viene raccontato da coloro che l’hanno sperimentato, il
“vissuto” del tempo nello stato mistico è rapidissimo.
Potrebbe durare al massimo un tempuscolo, forse qualche nanosecondo, ma
l’esperienza è una di quelle che non si dimentica più, per tutto il corso della vita.
Rimane indelebile entro i neuroni come fossa stata impressa a fuoco.
Rimane indistruttibile dentro la memoria, anche quando essa inizia la sua più o meno
lenta discesa nella valle dell’oblio.
Rimane duratura in tutti i centri, anche quando ci si avvia inesorabilmente verso la
fine.
Rimane perenne nei ricordi più stabili, anche quando la nebbia avanza lungo i viottoli
della vita che sfugge.
Come esempio dimostrativo, consideriamo la piena fioritura della esperienza mistica
di Maurice Bucke, un fisico del XIX° secolo.
Egli la descrisse in terza persona, cercando di essere il più accurato ed obiettivo
possibile.
Era primavera, all'inizio dei suoi trentasei anni.
Egli e due amici avevano passato il pomeriggio leggendo Wordsworth, Shelley, Keats,
Browning, e specialmente Whitman.
167
Si lasciarono a mezzanotte ed egli ebbe un lungo viaggio in una carrozza (era in una
città inglese).
La sua mente profondamente sotto la influenza delle idee, immagini ed emozioni
evocate dalla lettura e discussione del pomeriggio, era calma ed in pace.
Egli era in uno stato di quieto, quasi passivo godimento, già stato modificato.
Improvvisamente, senza alcun preavviso, si trovò come avvolto da una nuvola del
colore di fiamma. Per un istante egli pensò al fuoco, qualche improvvisa esplosione nella
grande città, quindi si accorse che la luce era dentro di lui.
Immediatamente dopo fu pervaso da un senso di esultanza, di immensa gioia,
accompagnato od immediatamente seguito da una illuminazione intellettuale
assolutamente impossibile da descrivere.
Nel suo cervello passò un momentaneo lampo dello splendore Brahmico che ha da
allora in poi illuminato la sua vita; sul suo cuore cadde una goccia di Benedizione
Brahmica, lasciandogli da allora in poi un sapore di paradiso.
Tra le altre cose...egli vide e seppe che il Cosmo non è materia morta ma una Presenza
vivente, che l'anima dell'uomo è immortale, che l'universo è così costruito ed ordinato che
al di là di ogni dubbio tutte le cose lavorano assieme per il bene comune, che il principio
fondante del mondo è ciò che chiamiamo amore e che la felicità di ognuno è alla fine
assolutamente certa.
Egli dichiara che ha imparato di più nei pochi secondi che è durata la illuminazione
che nei precedenti mesi e persino anni di studi, e che egli apprese molto di più di ciò che
nessuno studio avrebbe mai potuto dare.
La illuminazione durò solo pochi secondi, ma i suoi effetti di rivelarono indelebili; fu
impossibile per lui per sempre dimenticare ciò che vide e seppe quella volta, nè egli dubitò
o potè mai dubitare, della verità di ciò che fu allora presentato alla sua mente...
Si può ben dire che Bucke fosse oltre, trans il suo sè ordinario.
Avvenire. 24 novembre 2010
IL CASO
Torna la mistica e va oltre le visioni
Mistica, un termine oggi molto ricorrente in qual-siasi produzione culturale, a partire
da quella alta, che si e-sprime in ricerche e pubblicazioni volte a indagare percorsi di
ap-profondimento di temi caratteristici della religiosità, di testi riconosciuti come fondativi
nella storia della mistica cristiana maschile e femminile, di fenomeni di estasi, visioni e
rapimenti, che in generale attraversano molte tradizioni reli-giose, oltre che pratiche
filosofiche, letterarie, psicologiche.
Si tratta di interrogarsi sulla possibilità di trovare una fondazione rigorosa
del-l’esperienza mistica, un suo specifico statuto concettuale e un linguaggio criticamente
omologato.
Gli orientamenti in proposito restano ancora oggi diversificati, con autori che
ritengono di riconoscere la solidità epistemologica della mistica, facendo ricorso alla
fenomenologia che consente di evidenziare la natura intenzionale, cosciente e libera,
dell’esperienza mistica, e con altri autori che invece ritengono prevalentemente soggettivo
il linguaggio usato dai mistici per narrare le loro esperienze.
A questo fine, è molto importante una premessa chiarificatrice: qui si inten-de
sviluppare un discorso collocandosi all’interno della mistica ebraico- cristiana, la quale
differisce da tutte le altre linee di mistica presenti in altre tradizioni religiose, occidentali e
orientali, come pure differisce dalle plurime e diversificate correnti della mistica olistica,
filosofica, teosofica, erotica.
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L’esperienza mistica sviluppata all’interno della tradizione ebraico-cristiana è un
essere presi da Altro, quindi è fare esperienza di una passività che conduce all’unione con
l’Altro, il quale prende l’iniziativa.
Tale passività non significa tuttavia l’annullamento del soggetto.
La mistica non è mai il semplice frutto di una tecnica o di una preparazione ascetica da
parte dell’uomo, e non si esprime soltanto nel sentire, ma ha al suo centro la parola di Dio
rivelata. L’iniziativa assolutamente non anticipabile e libera di Dio consiste nel fatto che
Dio si rivela e l’unione con lui è collocabile solo in una relazione cui si accede affidandosi
alla sua parola rivelata.
Se questo è già presente nell’Antico Testamento, lo è in misura maggiore nel Nuovo,
dove – secondo Giovanni – la Parola si fa carne: l’iniziativa di Dio è l’evento storico della
sua autocomunicazione in Gesù Cristo.
Su queste basi la mistica cristiana, quindi, non è la semplice intuizione di una realtà
divina di cui tutti facciamo parte, ma è l’accoglienza interpretante del senso della vita e
della morte di Gesù.
Da qui nasce il sentire di essere stati presi dall’iniziativa di Dio e il senso di fiducia
attestativa della sua verità, che entra nell’esistenza, nella carne, nel respiro. Non c’è unione
senza relazione, e non c’è relazione senza il darsi di Dio come parola, come storia.
In linea generale, sono due le modalità di mistica nella fede cristiana, egualmente
presenti nella storia del cristianesimo: la mistica autentica in senso proprio, che potremmo
chiamare mistica unitiva, in cui Dio si comunica in modo sperimentale diretto nella forma
dell’estasi, e l’uomo lo conosce senza mediazioni concettuali e ne fruisce amorosamente; e
una mistica da intendere in un senso più lato, una mistica affettiva, come contemplazione
frutto di orazione, in cui Dio non si dona direttamente e l’uomo non «vede», ma «crede» la
deità come tale e di ciò esulta e cresce in lui il desiderio di vedere Dio.
Siamo sempre all’in-terno di un cammino che presuppone la fede: ogni altra mistica,
che si concentri su elementi puramen-te emozionali e funzionali, resta fuori dalla vera
mistica, risultando piuttosto una ricerca dello straor-dinario come securizzazione della
tragicità della vita.
Anche una mistica strettamente filosofica, pur essendo portatrice di un autentico
desiderio di vedere Dio, risulta inefficace per il raggiungimento pieno dell’obiettivo, perché
nessu-na ascesi intellettuale può produr-re la visione di Dio.
Alla ricerca di un «fondamento» forte dell’esperienza mistica cristiana-mente intesa,
l’aiuto maggiore vi-ne dalla corrente filosofica della fenomenologia, al cui interno è
risultata esemplare la ricerca di Edith Stein, allieva di Edmund Husserl, il fondatore della
scuola fenomenologica.
Alla fenomenologia infatti si deve la possibilità di accreditare sul piano filosofico
l’esperienza mistica, dal momento che l’apertura trascendentale della coscienza dà spazio
all’intenzionalità della stessa, che riconosce l’Altro, colui che assume l’iniziativa
dell’unione, e risponde all’appello dell’Altro: occorre che l’unione sia intenzionale e
reciproca.
Ma è possibile anche la proposta di una fondazione antropologica della mistica, volta a
presentare all’uomo contempora-neo l’esperienza mistica come normale nella sua
eccezionalità: normale, perché è possibile per ogni uomo che dalla religiosità naturale
transiti per grazia alla vita di fede; eccezionale perché, sebbene per il fedele il fine di diritto
sia la visione beatifica di Dio, l’esperienza mistica è doppiamente dono gratuito che si
aggiunge al dono della fede.
Un percorso che ben converge con la fondazione teologica e cristologica della mistica.
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Il richiamo alle tradizioni forti della mistica del passato (Meister Eckhart, la Theologia
deutsch, san Giovanni della Croce), così come la riflessione sui complessi e variegati
linguaggi del-la mistica nella modernità e nella filosofia contemporanea (Heidegger e
Wittgenstein), può consentire una vasta messe di confronti critici e avvincenti analisi circa
un territorio da sempre coinvolgente per il cristiano, in cui il sapienziale si coniuga con
l’esperienziale, e in cui soprattutto accade di fare esperienza della immensa gioia che dà
l’essere presi da un Altro perché l’Altro prende l’iniziativa.
Alessandro Ghisalberti
Da Wikipedia
Per gli arabi esiste la parola Hal che significa stato mistico.
Ḥāl (arabo: ‫لاح‬, lett. "stato" o "condizione", pl. aḥwāl) è uno speciale, temporaneo stato
di consapevolezza, generalmente prodotto da pratiche spirituali, riconosciuto nell'ambito
del Sufismo.
Un ḥāl è transitorio per natura e non si dovrebbe tentare di prolungarlo.
È il risultato di un'influenza di tipo psicologico o spirituale di cui fa esperienza l'uomo
durante il suo progredire nell'ascesi verso Dio.
Da questo derivano i concetti di Estasi (wajad), Annientamento (istilam) , Felicità
(bast) , Scoramento (qabd) , Risveglio (sahû) Ebbrezza (sukr) , e altri ancora.
Si mostrano come lampi sull'orizzonte, lampi accecanti di luce che spariscono subito.
In ogni caso, queste fasi sono indispensabili per la liberante esperienza dell'Uomo;
tramite questi Egli può distinguere in ogni cosa tranne ciò che è destinato a durare il
contingente dal consapevole.
Secondo Ibn Arabi, Fanaa (al-fanâ) (estinzione) è l'apice del hāl.
Vediamo innanzitutto se è possibile dare una definizione di mistica, dal momento che
si tratta di esperienze squisitamente personali e delle quali non è possibile parlare o dare
una descrizione con il linguaggio comune.
Il Devoto-Oli alla parola “mistica” scrive: ”L’esperienza spirituale condotta attraverso
l’approfondita conoscenza e la contemplazione del divino, per mezzo della quale l’anima
raggiunge la sua massima perfezione; anche la dottrina relativa a tale possibilità (più
propr. Teologia mistica) e la letteratura in cui si trova espressa tale esperienza”.
Hans Kung, il grande teologo tedesco, non esente da critiche da parte cattolica, in “Dio
esiste?” invece parla della mistica come:”….quella religiosità che tace sui propri misteri
segreti alla presenza di occhi profani, e addirittura chiude i propri sensi di fronte a tutto il
mondo esterno per ricercare la salvezza nel proprio intimo”.
Definita esattamente, perciò, la “mistica” designa “quella forma di rapporto con Dio, in
cui il mondo e l’Io vengono negati radicalmente, mentre la personalità umana si dissolve, si
sommerge, scompare nell’Uno infinito della divinità”.
L’enciclopedia Encarta infine definisce la mistica:” Esperienza attestata in tutti i
contesti religiosi, che si caratterizza come immediata fruizione dell’Assoluto, e in
particolare come identificazione o massimo avvicinamento alla realtà di Dio”.
Estremamente diversificata nelle sue manifestazioni, l’esperienza mistica è
contraddistinta sia da un’intesa vitalità, serenità e gioia, sia dall’armonizzazione
dell’interiorità col mondo esterno nel processo di fusione col divino.
In quanto soggettiva, la mistica si pone sempre in una posizione dialettica rispetto al
quadro religioso cui fa riferimento o all’ortodossia eventualmente definita nei sistemi
religiosi complessi: in alcuni casi conferma ed approfondisce tale orizzonte ponendosi
dunque come modello di realizzazione religiosa. In altri casi, portando al limite le capacità
espressive del linguaggio e le categorie della teologia e dell’etica, o esplicitamente
invitando a un ineffabile silenzio, la mistica sembra proporsi come provocazione e
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relativizzazione delle strutture religiose in nome della superiorità dell’esperienza interiore,
percepita come certa e vera”.
Un cenno ai mistici di altre confessioni ci porta a ricordare in campo protestante
Jakob Bohme, autore del Misterium Magnum, Kaspar Schwenkfeld von Ossig, e molti
esponenti delle sette anabattiste e quacchere.
Nella Grecia antica la mistica si collega con i riti orfici, i misteri eleusini ed alcune
parti della dottrina di Eraclito, Parmenide e Platone.
In Cina la parte preponderante della mistica si riallaccia al Taoismo e non certo al
Confucianesimo, come pensano ancora oggi in molti.
E' il Taoismo che propone di eliminare la razionalità, elaborata dal pensiero e dal
linguaggio, per tornare con la mente ad una specie di unità indifferenziata con l’universo,
nel quale tutto viene visto come in uno specchio, dove, con l’allenamento in campo mistico,
si riesce a scorgere l’ordine universale di tutte le cose materiali e viventi.
Secondo Miegge in “Religione” per mistica si intende:”Il processo dell’identificazione
del divino nell’estasi, quel processo cioè in cui l’“excessus mentis” viene posto come
traguardo dell’itinerario dell’anima verso Dio”.
“Dobbiamo comprendere Dio e la creatura non come due realtà tra loro distanti, ma
come una sola e medesima cosa.”
Giovanni Scoto Eurigena.
“La mistica è l’esperienza dell’unità dell’essere, unità di uomo e Dio, Dio e mondo e
dunque anche unità uomo-mondo”. “Mistico non significa misterioso ma supremamente
razionale, dialettico, speculativo”.
Vannini, La mistica delle grandi religioni, 2004.
Il grande studioso delle religioni, Zolla, Elemire , ha pubblicato nel 1962 una grande
opera dal titolo i “Mistici dell'Occidente” Vol. I di 997 pagine pubblicata da Adelphi.
Riporto la prefazione/introduzione perché veramente significativa in questa sede.
“Lo stato mistico come norma dell'uomo.
Esistono interpretazioni psicoanalitiche della religiosità e del misticismo come
malattia; senonché morbosa è, anzitutto, nella psicoanalisi volgare, la mancanza di un'idea
dell'uomo normale, l'assenza, cioè, d'un centro, e ancor più morbosa la rude teoria che
vuole sano colui che non abbia atteggiamenti critici verso la società in cui si trovi a vivere. I
mistici invero descrivono appunto ciò che la psicoanalisi a suo modo indica per esclusione,
elencando forme di patologica immaturità, ossia la adeguazione alla norma, all'essere che è
come dovrebbe essere normativo.
La confusione che fa apparire paradossale questa coincidenza nasce dall'uso di un
gergo semplicista da parte della psicologia moderna: quando il mistico afferma di essere
abbandonato a Dio, la rozzezza moderna crede che egli si proclami librato in una sorta di
transe ipnotica; quando egli afferma di essere passivo, essa gl'imputa una femminilità
masochista.
L'uso del termine "io" in psicoanalisi e nei mistici è la prima fonte d'equivoci. Per
Freud "io" può coincidere con il " sé " e non designa un contenuto di coscienza ma uno
schema di comportamenti, un contenente che si distingue dall'Io o Es come dal Superio,
sicché "per lo psicoanalista l'insistenza del mistico sulla perdita dell'io o identità può anche
suggerire che si versi in una confusione psicotica fra realtà esterna e interiore, con la
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conseguente perdita dell'identità personale, come nell'allucinazione o nelle illusioni
paranoidi ...
Ma i grandi mistici ... lungi dal mostrare una confusione fra l'io e l'ambiente, agiscono
con grande efficacia e con un acuto senso delle realtà sociali ... L'io, il sé, che va smarrito
nell'illu-minazione mistica non è quell'io o sé necessario all'esecuzione pratica dei propri
compiti, non è l'io nel senso psicoanalitico".
Così l'io del mistico non coincide con l'immagine di sé o nozione della propria persona,
perché il mistico non è affatto privato di questo fondamentale dato dell'orientamento.
Federn, partendo da concetti come l'alienazione e la spersonalizzazione, elaborò il concetto
del "senso dell'io" ; ma in realtà ciò che egli chiama "mancanza del senso dell'io" non è
l'assenza di sentimento ma un sentimento positivo, quello di una mancanza”.
Anche l’induismo presenta nella mistica tre momenti particolari che si ritrovano nei
Veda, nelle Upanishad e nella Bhagavad Gita.
“Ascolta ancora la mia parola suprema, la più segreta di tutte.
Siccome mi sei molto caro ti dirò ciò che è bene per te: fissa su di me l’anima tua, sii a
me devoto, rendi a me onore, così verrai a me. Te lo prometto in verità perché mi sei caro.
Metti da parte ogni dovere, cerca solo in me il tuo rifugio, non ti affliggere perché io ti
libererò da tutti i mali.”
Da Bhagavad Gita,18, 63-66
Presso il Buddhismo Zen l’illuminazione, che prende il posto della mistica, si presenta
come generale catarsi e purificazione, ed è ben descritta in questa parabola.
"Nan-in, maestro giapponese dell’era Meiji, ricevette la visita di un professore
universitario che desiderava avere lumi sullo Zen.
Nan-in servì il the. Colmò la tazza del suo ospite e continuò a versare.
Il professore guardò traboccare il the, ma dopo un po’ non riuscì più a contenersi.
E’ ricolma, non c’entra più.
Nan-in lo guardò:
Sei come questa tazza.
Sei troppo pieno delle tue opinioni.
Come posso spiegare lo Zen se prima non vuoti la tazza"?
Il misticismo islamico fa capo a al Hallaj sottoposto al supplizio a Bagdad nel 922 per
la sua teoria sull’Unità, mentre la fede islamica, come quella cristiana, si basa sulla dualità.
Hallaj invita spesso a compiere, oltre al pellegrinaggio alla Mecca, uno dei cinque
obblighi fondamentali della fede islamica, ad interiorizzarlo nel proprio cuore, vera dimora
di Dio.
“I pellegrini vanno alla Mecca e io da Chi abita in me, vittime offrono quelli ed io offro
il mio sangue e la vita. C’è chi gira intorno al suo Tempio senza farlo col corpo. perché gira
intorno a Dio stesso che dal rito lo scioglie”. Una tra le sue massime:“Quello a cui vado
incontro nessuno lo può sapere, se non Colui che siede nel fondo del mio cuore”.
Nell’Ebraismo la mistica vera non esiste. L’ebraismo è infatti in modo specifico la
religione della Legge e pertanto si configura come simbolo di appartenenza sociale ed
etnica e non certo di una ricerca dell’interiorità.
In questo contesto è sufficiente sottolineare che nella Bibbia manca addirittura il
concetto e la parola “anima”, che compare molto tardi con l’ellenismo e la filosofia greca.
Dio e uomo restano due soggetti completamente distinti, assolutamente lontani l’uno
dall’altro. Dio è forza e potenza e punisce i popoli anche se “lento all’ira”.
Per quanto riguarda la mistica nel Cristianesimo due parole su Meister Eckhart come
principale esponente della mistica cristiana di tutti i tempi.
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Secondo Mastro Eckhart tutto il sapere dell’uomo ha solo un valore di purificazione e
di liberazione, perché l’anima possa portare alla luce quella luce che ha in sé nel profondo e
nella luce ricevere la luce divina.
Questo punto del resto l’avevano già compreso i principali filosofi pagani dai quali
quelli cristiani hanno attinto a piene mani.
Anche le parole del Cristo sono molto chiare: “Non sono venuto per abolire la Legge
ma per renderla più chiara e viva per tutti”.
Da Psycomedia. Tesi di Baccalaureato di Paolo Spagnol
Sentimento oceanico e Trascendenza nella relazione tra mistica e
psicoanalisi.
3 - L'evento mistico e le sue possibili definizioni
A questo punto occorre addentrarsi in quella che Freud chiama "L'oscura autopercezione del mondo", identificata da lui nella dimensione mistica.
Inoltre, è opportuno tentare di circoscrivere il fenomeno mistico anche a motivo degli
sviluppi della psicoanalisi contemporanea, che intravede possibili contatti e pratica
proficue collaborazioni con le tecniche meditative, sia occidentali sia orientali.
Tuttavia, parlare di "esperienza mistica" non significa, necessariamente, avere a che
fare con la religione.
La mistica consiste in un modo di esperire tutto particolare: si tratta di un'estensione
della coscienza alla percezione del mondo intero, con una capacità poetica - e poietica - di
coglierla.
In tal senso ogni persona è predisposta all'esperienza mistica.
Nella mistica esistono numerose divergenze concettuali, a tratti radicali, tra studiosi e
tradizioni di pensiero, persino nella definizione del concetto.
Talvolta i termini mistica, mistico e misticismo si rivelano, addirittura, inadeguati di
fronte alla spiegazione del fenomeno che intendono designare, poiché sono iper-inclusivi
di concetti, fenomeni o stati della mente profondamente diversi fra loro.
A questo punto si rivela opportuno individuare una modalità per definire i fenomeni
mistici.
Per semplificare, si può procedere con la seguente classificazione:
- mistica dell'amore;
- mistica speculativa o apofatica;
- eventi di pura coscienza;
- stato mistico unitivo;
- stato mistico dualistico;
- mistica catafatica. 55
In letteratura, e nella pratica di vita, si incontrano vari gradi di estensione del concetto
di mistica.
Nel contesto religioso, per mistica si intende la continua e costante esperienza della
grazia, ovvero del divino nell'umano e dell'umano nel divino.
In questo ambito si afferma che si hanno fenomeni mistici esclusivamente all'interno
delle religioni istituite, in primo luogo quelle monoteistiche con a seguire, l'induismo e il
taoismo; tuttavia si tende, qui, a escludere il buddismo, in quanto non definibile come una
vera e propria religione.
Secondo quanto afferma uno dei massimi studiosi di fenomeni mistici Marco Vannini
il termine "Mistica" significa anzitutto conoscenza di sé, quindi del vero "fondo"
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dell'anima, secondo l'insegnamento dell'Apollo di Delfi: "Conosci te stesso, e conoscerai te
stesso e Dio".56
Tale conoscenza può essere raggiunta dall'anima/psiche attraverso una sorta di "morte
mistica", con la quale l'uomo sa di dover abbandonare la propria accidentalità psicologica.
Questo atto fa emergere veramente l'"Io", in quanto l'uomo si eleva all'Universale.
Vannini fa riferimento a Meister Eckhart, fondatore della mistica speculativa tedesca
medioevale, per il quale "Io" non designa il soggetto psicologico, ma l'universale Sé, la
"pura sostanza", cui non ineriscono accidenti, libera da ogni elemento estraneo.
Questo Io universale, in cui si effonde l'anima, è impersonale: ogni distinzione
personale, infatti, deve annullarsi se l'anima stessa vuole giungere al suo fondo, nel
"silenzioso deserto della nuda divinità" dove non c'è posto per niente di determinato.
Meister Eckhart afferma che l'uomo deve far morire in sé tutto ciò che appartiene alla
creatura: la morte dell'essere creaturale dell'uomo è la nascita in lui dell'essere divino. Ma
per fare ciò occorre raggiungere Dio nel punto centrale dell'anima.57
Nella pratica religiosa cristiana, l'accesso a Dio, la sua visione e l'unione con Lui sono
limitati a pochi: i santi, i profeti, i poeti, i filosofi mistici e gli asceti. La loro produzione
intellettuale ha la straordinaria capacità di esprimersi con un linguaggio metaforico di
straordinaria bellezza.
Essi fanno esperienza di visioni, audizioni e "rapporti" vari con il divino e il diabolico;
quest'ultimo rappresenta sempre un fattore di disturbo che interferisce e contrasta
l'unione amorosa con Dio.
Di solito i mistici sono persone segnate da esperienze di lutto e di perdita dolorose che,
sottoponendosi a pene e privazioni, giungono in particolari casi alla "Imitatio Christi".58
In questa accezione, il significato di mistico, mistica, misticismo include tutto ciò che
ha a che fare con estasi (intesa nel senso di "uscir fuori da sé", attuando una
depersonalizzazione), rivelazioni, doni e grazie, pratiche e riti iniziatici.
Gli studiosi, in tal caso, parlano di "mistica nuziale" o "mistica dell'amore",
distinguendola in modo rigoroso dalla "mistica dell'essenza" o "speculativa".
Quando la religione è intesa nella forma delle religioni istituite, consacrate dalle
Scritture, si genera un'incompatibilità tra la concezione di un Dio posto in un luogo Altro
rispetto a quello dell'uomo, e la concezione della divinità intima all'umanità, al contempo
Altro da essa ma ad essa strettamente connessa mediante la proposizione che ingloba in sé
gli opposti.
Lo stesso Aristotele ritiene che coloro che sono guidati alla perfezione “non devono
imparare qualcosa, ma farne l’esperienza e disporvisi, divenendone perciò stesso, capaci“.
“Qualunque possa essere il livello di questa esperienza che sembra proprio di tipo
affettivo, diventa molto più facile arguire che essa non entra nelle attività dell’intelletto e
della ragione ma è invece caratterizzata da un tipo di ricettività che si attua nel percepire,
con un’esperienza di nuovo tipo, una realtà al di fuori della conoscenza di quel momento
storico”.
Con queste frasi Aristotele non fa altro che mettere in chiara evidenza vissuti che
fanno sicuramente parte di una esperienza ai livelli della contemplazione.
Nei testi platonici del resto si trova l’idea dell’“imprevedibilità dell’illuminazione”.
Sorge allora spontanea la domanda:” Questa imprevedibilità sarebbe possibile se non
intervenisse un qualcosa di esterno alla coscienza del singolo e che si imponesse alla sua
percezione in modo completamente sconosciuto”?
Cicerone del resto mette in contrasto “experiendo” con “discendo”. Ne deriva che se la
mente è disposta in modo adatto, qualunque sia la caratteristica della sensazione o
dell’emozione, non agisce più tramite il cervello sinistro, intellettivo, ma invece essa attiva,
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per vie completamente ignote, il cervello destro, ricettivo, divenendo pertanto capace di
percepire realtà e mondi diversi, oltre l’esperienza e le conoscenze di tutti i giorni.
Anche Plotino produce alcune pagine stupende quando parla di “passività psicologica”
e di “interiorizzazione”. Le sue parole sulla passività denotano un certo grado di
approssimazione, tipica di quando si devono riferire esperienze spirituali di grado elevato
per le quali manca un linguaggio adatto.
“Ripudiando i disordini di questo mondo ed essendosene purificata, (l’anima) ritorna
verso suo padre e si trova bene. Chi non ha fatto questa esperienza, la immagini a partire
dagli amori di questo mondo E possibile allora vederlo e vedersi, nella misura in cui ciò è
permesso; si vede se stessi splendenti di luce, pieni di luce intelligibile, o piuttosto si è
divenuti luce pura, sottile, leggera; si è divenuti, o piuttosto, si è Dio, infiammati d'amore,
anche se si ricade sotto il peso come un fiore appassito”.
Il secondo aspetto della dottrina plotiniana dell’esperienza mistica si avvale della
pratica dell’ “interiorizzazione” con la quale si può giungere ad uno stato di coscienza ai
limiti dello spirituale.
Secondo Vannini solo alla "mistica dell'essenza", o "speculativa" andrebbe riservato il
concetto autentico di mistica, poiché solo questa si pone nella dimensione dello spirito.
Solo nel distacco l'uomo raggiunge il nucleo più remoto e profondo della propria anima, e
viene investito dalla grazia, cioè dallo spirito.59
La mistica speculativa, secondo un'altra distinzione presente in letteratura, viene
classificata anche come "mistica apofatica".
La tradizione apofatica, definita anche "via negativa", è orientata verso il "far vuoto
dentro", per favorire l'avvento dell'Altro/Dio, che viene raggiunto meglio "per negazione",
dimenticando e/o non conoscendo, in un'oscurità della mente, senza il supporto di
concetti, immagini, e simboli; la quiete, la pratica dell'umiltà e il silenzio sono congeniali a
tale via.60
All'opposto di tale concezione si trova il misticismo catafatico, definito anche "via
affermativa", il quale enfatizza la somiglianza che esiste tra Dio e le creature.
Poiché Dio può essere trovato in ogni cosa, la via affermativa raccomanda l'uso di
concetti, immagini e simboli come mezzi per contemplare Dio; ad essa sono associati
eventi somatici di vario genere, quali allucinazioni, visioni, audizioni, stati di estasi più o
meno prolungati, sapori, odori, ecc.
La mistica dell'Amore differisce in maniera radicale da quella dell'essenza; nella
prima, infatti, l'anima-psiche è ancora pervasa da istanze appropriative; solo la "morte
mistica dell'anima/psiche" introduce alla dimensione dello spirito, cioè all'esperienza della
dialettica degli opposti e alla loro sintesi armonica superiore, ossia alla realtà ultima come
principio unificante.
In tale condizione sono possibili stati di estasi, ma non obbligatoriamente; l'estasi,
inoltre, in quanto uscita fuori da sé, è indissolubilmente legata all'en-stasi, cioè al
movimento verso il "fondo dell'anima".
Viene precisato, così, che un'esperienza affine a quella mistico-religiosa può essere
sperimentata anche da non-credenti, in contesti differenti.
Essa si esprime tramite una particolare forma semplificata di coscienza e
consapevolezza, che dispone il soggetto a investigare e interpretare l'universo in una
maniera del tutto inedita e particolare.
Alcuni studiosi considerano questo stato di "coscienza mistica" un potenziamento
della facoltà percettiva dell'uomo; esso, infatti, è in grado di veicolare una conoscenza della
realtà fenomenica non raggiungibile agevolmente tramite la coscienza razionale, che si
rivela utile per il contributo conoscitivo ulteriore che può offrire.
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Va fatto notare, inoltre, che questa dimensione della mistica si può manifestare anche
nel "quotidiano", di cui a chiunque è dato fare esperienza, sia in condizioni ordinarie
(innamoramento, contatti significativi con la religione, esperienze estetiche
particolarmente intense, legate al mondo dell'arte, della musica, della poesia, contatto
rigenerante con la natura, ecc.), sia straordinarie (malattie, traumi, lutti, assunzione di
sostanze allucinogene che alterano il senso consueto della realtà, ecc.).
Tale esperienza non implica isolamento o alienazione rispetto al mondo, ma una
continua assunzione di consapevolezza di ciò che è accidentale e ciò che è essenziale nel sé,
nel mondo e nella quotidianità.61
La mente è un agglomerato di pensieri, sentimenti, desideri, ricordi, pulsioni, di cui la
coscienza è più o meno consapevole. Per comprendere la coscienza in sé, e fare chiarezza
circa le proprie percezioni, occorre allontanare il più possibile quelli che si presentano
come fattori disturbanti interni.
Le esperienze mistiche avanzate possono ridurre l'intensità di emozioni e pensieri,
diminuendo la compulsività a essi associata.
Tale "disinvestimento" degli attaccamenti affettivi, o emotivi, nei confronti dei desideri
e delle aspettative del soggetto meditante lo conducono, progressivamente, ad uno stato di
quiete e silenzio interiore, di cui è pienamente consapevole mentre, al contempo, è in
grado pensare e rispondere al mondo esterno.
Un'acquisizione stabile di tale dimensione di raccoglimento richiede una disciplina al
pensare auto-riflessivo, che contribuisca a rendere efficace la meditazione,
tradizionalmente riconosciuta quale tratto distintivo dei mistici (religiosi e laici).
Ne risulta che i mistici sembrano fare esattamente questo, impiegando tecniche di
meditazione o contemplative che riducono sistematicamente l'attività mentale.
Durante la meditazione il soggetto diventa totalmente percettivo, distaccato da quanto
non si rivela come essenziale al pensiero e pienamente conscio.
Queste esperienze, definite "eventi di pura coscienza", e riscontrabili in tutte le
tradizioni meditative, possono diventare sufficientemente stabili in persone dedite a tali
esperienze.
In questo "stato di vuoto", ottenuto attraverso la pratica del non attaccamento a
desideri, memoria, e conoscenza, ciò che persiste, tuttavia, è la coscienza in sé.
Si tratta di una coscienza senza contenuto, ossia di una "pienezza della coscienza nel
vuoto".
Lo stato mistico unitivo riguarda la relazione fra la consapevolezza del soggetto e il
mondo esterno, dalla quale deriva un senso immediato di unità quasi fisica tra sé, gli
oggetti e gli altri, che trascende i confini corporei.
Questo, tuttavia, non dà luogo ad una "discontinuità esistenziale": il soggetto non
diventa un altro, non dimentica o rinnega la precedente identità; ciò che subisce variazioni,
piuttosto, è la struttura epistemologica della persona: la relazione esperita tra il sé e gli
oggetti, e il modo stesso di percepirli, cambiano profondamente, e in molti individui tale
nuovo orizzonte epistemico diventa permanente.
Sia il mistico dell'essenza, sia il mistico unitivo, individuano nell'Uno la loro meta; qui
c'è tutto quello che serve circa la conoscenza del vivente, per immedesimazione intuitiva.
Entrambi sono interessati a permanere in questa dimensione il più a lungo possibile,
anche se ciò dovesse comportare un ritiro dal mondano e dal quotidiano, quando
diventano troppo disturbanti.
Lo stato mistico dualistico si avvicina di molto a quello esperito tramite il già citato
"sentimento oceanico".
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Rolland suggerisce a Freud di considerare questa sensazione da un punto di vista
psicoanalitico, e di distinguerla dal comune sentimento religioso.
Rolland ha trovato in essa una sorgente di rinnovamento vitale, che gli permette di
mantenere uno stato di profondo benessere interiore. In tal senso può dirsi "religioso" e, al
contempo, vivere la vita della ragione critica (che è priva di illusioni). Aggiunge che questo
sentimento s'impone alla sua coscienza come un fatto, un'intuizione.
Esso è un "contatto", ed è espressione della natura umana più autentica.
La metafora oceanica, l'oceano come simbolo dell'illimitato unico, dell'unità in cui le
molteplicità si dissolvono e gli opposti coincidono, è molto diffusa in tutte le tradizioni
mistiche per descrivere la scomparsa dei limiti dell'Io.
Il soggetto mistico permane in una condizione di quiete, calma, silenzio interiore; essa
continua anche quando si è coinvolti in pensieri e attività rivolte al mondo esterno. Infatti,
pur rimanendo consapevole del proprio stato di coscienza, il soggetto è simultaneamente
conscio di pensieri, sensazioni, azioni che egli impiega con straordinaria operosità nel
mondo.
Questo stato di quiete interiore si può spiegare utilizzando un'immagine tratta dal
pensiero di Meister Eckhart; egli parla di "nascita della parola nell'anima", per spiegare la
quale usa la metafora della porta e del suo cardine: l'uomo esteriore (l'anta della porta)
agisce con i sensi nel mondo, mentre l'uomo interiore (il cardine) rimane immobile anche
se l'anta è in movimento. 62
Si tratta, quindi, anche di una "mistica del dialogo interiore" tra umano e divino, che
consente al mistico di superare le aporie del pensiero ordinario di fronte all'apparente
inconciliabilità delle coppie di opposti, quali, ad esempio, le classiche identico/diverso,
uno/molteplice, finito/infinito, creatura e Creatore.
Al termine di questo tentativo di classificazione, si intende ribadire l'importanza di
adottare un atteggiamento di ricerca spirituale, che sia un processo molto personale e
unico per ogni individuo, e che si sviluppi in maniera trasversale a tutte le mistiche sin qui
incontrate; queste, infatti, sono tutte accomunate dal fatto di utilizzare un qualche metodo
di meditazione, finalizzata al raggiungimento e all'espansione della consapevolezza di sé,
per la realizzazione di uno stato mentale superiore.
Inoltre, se si fosse disposti ad intendere un "pensiero senza pensatore", quale è quello
proposto da Wilfred Bion, anche la psicoanalisi assumerebbe uno statuto di scienza mistica
o intuitiva, oltre a quello più consueto di scienza euristica, sul quale tutti concordano.
Note:
55_Salvatore FRENI, La dimensione mistica nell'esperienza psicoanalitica, in Rivista
Telematica Psychomedia, Menthal Health e Communication, (16.06.09)
56 Doriano FASOLI, La morte dell'anima, in riflessioni, (10.09.09)
57 Nicola ABBAGNANO, Storia della filosofia, Torino, UTET, 1989
58 FASOLI, La morte dell'anima.
59_Op. cit.
60_FRENI, La dimensione mistica nell'esperienza psicoanalitica.
61_Op. cit.
62_ABBAGNANO. Storia della filosofia.
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Per raggiungere uno stato di quiete interiore che potrebbe essere paragonato, molto
lontanamente, a uno stato di coscienza di tipo meditativo-mistico uso, fin dagli anni ’70
ritenendolo ancora oggi molto valido, per “aiutare l’anima ad elevarsi verso l’infinito” e
ricaricarsi di tutte le energie perdute, fisiche, mentali e spirituali il seguente tipo di tecnica
che serve per accompagnare il cliente, prendendolo per mano, sulle vie metaforiche di un
viaggio verso infinito.
“Tecnica della distensione fisica e psichica con frasi, immagini e metafore poetiche, per
l’attivazione dell’inconscio superiore o spirituale, inteso anche come profondo
rinnovamento”.
”Ora che ci sentiamo perfettamente rilassati.... perfettamente rilassati e a nostro
agio....perfettamente rilassati nel corpo e nella mente... in questo momento di incontro per
noi..... di incontro particolare per noi... di incontro importante per noi….di incontro
importante per lo sviluppo futuro....per lo sviluppo della nostra sintonia….della nostra
sintonia…. ricca di nuove sensazioni e emozioni....... delle nostre aspirazioni…..delle nostre
affinità….. delle nostre emozioni……delle nostre sensazioni…..mentre fuori sussurra
leggermente il vento tra le foglie degli alberi in fiore... tra le piccole vie della nostra città.....
tra i giochi di sempre della grande piazza antica.... tra nubi leggere che si rincorrono… che
si rincorrono nel limpido cielo del tramonto.... mentre un pallido sole si smorza pigro e
lento......pigro e lento….. lungo i crinali degradanti delle verdi colline....giocando a
nascondino tra le foglie delle silenti betulle…..o morendo lentamente oltre la finissima
sabbia della bianca spiaggia..... entro i campi dorati del grano maturo..... sopra le bianche
nevi delle alte montagne.... mentre il ruscello veloce intona la sua gioia… la sua gioia
profonda… scendendo saltellante a valle, scendendo veloce e ribelle lungo i tortuosi
sentieri delle alte montagne….
Ora….lentamente….lentamente….i rumori diventano…via via sempre più ovattati....
sempre più lontani..... sempre più evanescenti..... e la temperatura sempre più
confortevole ed amica.... ed il nostro corpo sempre più rilassato.... sempre più calmo.....
sempre più disteso..... sempre più riposato.... e la nostra mente invasa solo… solo da
grande calma.... da grande tranquillità.... da grande distensione.....ecco noi qui…. qui ed
ora…. qui ed ora…. ci prendiamo tutto il nostro tempo per questo….ci prendiamo tutto il
nostro tempo….tutto il nostro tempo…. per ascoltare la voce del nostro io profondo, la voce
del cuore…..la voce calda del cuore…..la voce nuova del cuore…. mentre assaporiamo tutto
il nostro tempo…. il nostro tempo…. che lento fluisce... fluisce…. fluisce…..e si dilata…..si
dilata…..si dilata nello spazio infinito…..
Ecco.... ecco.... dentro di noi.... nel nostro profondo… ecco… si risveglia una
vibrazione... un fremito lento e sottile….. un sussurro lieve quasi impercettibile… quasi
indefinito…. come ali leggere di farfalla… come ali vibranti di libellula… come ali
armoniose di aquila… di aquila in volo planante… a larghe spirali….a larghe spirali…. e
tutto in noi entra in sintonia..... tutto entra in armonia.....tutto entra in empatia…. con il
vento leggero e sottile.... con la campagna pigra e silente….con le colline verdeggianti e
oziose….con il cielo azzurro e vicino…..con il sole terso e brillante.... con la luna grande e
piena .... con le stelle luminose e pulsanti... con il cosmo….con il cosmo infinito.... con il
cosmo tutto......
Nel momento più bello di sempre….nel momento più intenso di sempre….nel
momento di gioia diffusa…. incominciamo lentamente a danzare.... a salire....a danzare
nell’aria….a salire nell’aria…. a salire danzando.... a danzare salendo... ancora a salire.... a
danzare... senza peso..... senza più peso.... in un lento movimento a spirale..... a spirale....a
spirale….. la spirale del tempo e dello spazio… la spirale del DNA.... la spirale delle
galassie... la spirale delle lontane galassie…..lungo le vie del cielo.... lungo le ampie vie del
cielo, lungo le ampie e spaziose vie del cielo, lungo le ampie, spaziose, luminose vie del
cielo... dentro l'immensità dello spazio.... dentro l'immensità dello spazio....oltre il fluire
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del tempo….oltre il fluire del tempo…. immersi nell'infinito...... immersi
nell'infinito....immersi nell’infinito.
Ora lentamente….. molto lentamente….. tutto svanisce.…. tutto svanisce…. tutto si
perde nel nulla….ed insieme... sempre insieme... piacevolmente insieme..... sempre
piacevolmente insieme... percorriamo la notte dei tempi...... la grande notte dei tempi.....
la notte dei ricordi.... la grande notte dei ricordi….la notte delle nuove sensazioni … la notte
delle nuove emozioni… per rivivere tutto il nostro passato….
Il nostro passato remoto…. passato molto remoto…. dove sono presenti migliaia di
generazioni…. le nostre migliaia di generazioni…. le generazioni di tutto il pianeta terra….
di tutto il nostro pianeta….. il pianeta terra… il nostro pianeta terra…. ed insieme così
lentamente….molto lentamente… svuotarci di tutto..... svuotarci di tutto….di tutto il peso....
di tutto il peso delle generazioni.... di tutto il peso dei ricordi….di tutti i ricordi sognati... di
tutti i ricordi vissuti… di tutti i ricordi sentiti......
Ora sempre insieme... ancora sempre insieme... ancora piacevolmente insieme....ci
avviamo per mano….ci avviamo per mano….più dentro la luce.... la grande luce.... la luce
del futuro.... la luce del nostro futuro..... la luce del cuore.... la luce del nostro cuore... la
luce dell'anima..... la luce della nostra anima.... la luce dell'anima cosmica....
Incominciamo così a librarci .... a librarci leggeri…. a librarci senza peso.....a librarci
nel cielo…. tramite l'attimo..... tramite l'attimo..... tramite l'attimo del presente.... verso una
nuova vita...... verso una nuova era.... verso la resurrezione.... verso la nostra
resurrezione... verso l'infinito.... dentro l'infinito... oltre l’infinito... verso l’immensità...
dentro l’immensità... oltre l’immensità... oltre il tempo e lo spazio... oltre il tempo e lo
spazio... oltre lo spazio... per sentirci piacevolmente cullare in un momento... in un
momento di rara bellezza... di rara concentrazione... di rara beatitudine… in un vissuto
insolito e pregnante… in un vissuto attuale e futuro... in un vissuto verso lidi ignoti e
presenti... verso lidi ridenti e futuri... verso lidi inconsueti ed amici...
Assaporiamo insieme questo momento di grazia... questo grande momento di
grazia...questo nostro momento di grazia….. mentre fluisce il tempo... fluisce lentamente il
tempo... mentre ogni attimo è vivo… ogni attimo è vivo… ogni attimo è vivo… e tutto si
confonde nel grande mistero della vita... nel grande mistero del tempo….nel grande
mistero del cosmo... nel grande mistero dell’infinito...
Siamo ormai creature senza peso.... senza peso....senza nessun peso… fluttuanti nello
spazio.... fluttuanti nello spazio e nel tempo.... alla ricerca di nuove immagini...... alla
ricerca di nuove sensazioni.... alla ricerca di nuove emozioni.... alla ricerca dell'eden
perduto...alla ricerca dell’eden perduto…..alla ricerca dell'anima...... alla ricerca della
nostra anima.... alla ricerca dell’anima perduta….alla ricerca dell’anima universale….. alla
ricerca dell'anima cosmica...
Chi ne guadagna in tutte le sue facoltà è il soggetto stesso che in questo modo vede
ampliarsi all’infinito le sue possibilità, in modo specifico tutte quelle che fanno parte
dell’attività dell’emisfero destro.
Naturalmente questo particolare tipo di allenamento va adattato personalmente ad
ogni soggetto il quale va preparato progressivamente ma soprattutto non deve mai essere
un borderline, uno schizoide o tanto meno schizofrenico, per non slatentizzare situazioni
sfavorevoli, appunto usando simboli e metafore di tipo universale che in alcuni casi
possono determinare o favorire una vera e propria sindrome dissociativa oppure favorire
anche invece quello stato di emersione spirituale tanto evidenziato nelle terapie usate da
Grof.
Tornando ai mistici in campo cattolico, cerchiamo di analizzarli anche in questo
momento storico, specie per quelli vissuti nel cinquecento, primi fra tutti Giovanni della
Croce e Teresa d’Avila.
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Giovanni della Croce. Salita del M. Carmelo. Dal libro II°. Cap. 16
“Non v’è ragione che io mi dilunghi ora a parlare dei segni necessari per distinguere le
visioni che provengono da Dio da quelle che provengono dal demonio e i modi diversi in
cui esse avvengono.
Mio unico scopo è quello di ammaestrare l’intelletto, affinché, nelle buone, non trovi
un impedimento e un ostacolo all’unione con la Sapienza divina e, nelle cattive, qualche
inganno.
6 - Dico dunque che l’intelletto non deve ingombrarsi e nutrirsi con tutte queste
apprensioni e visioni immaginarie e con altre forme e specie, di qualunque genere siano,
allorché esse gli si offrono sotto l’aspetto di forme, di immagini o di qualche conoscenza
particolare, siano false perché da parte del demonio, sia che si riconoscano vere perché da
parte di Dio.
L’anima poi non le ammetta né le ritenga, onde possa rimanere distaccata e nuda, pura
e semplice, senza modo alcuno di percezione, come si richiede per l’unione”.
Teresa d’Avila, donna fragile nel corpo a causa della malaria ma tenace nello spirito
fino a resistere perfino all’Inquisizione.
A quel tempo era ancora in auge la “Santa Inquisizione” e pertanto furono costretti a
descrivere nel modo più dettagliato possibile le loro esperienze, per non essere condannati
al “rogo”, come impostori o peggio ancora come eretici.
Entrando più dettagliatamente nel loro modo di procedere vediamo come essi, in linea
generale, si rivolgessero alla ricerca di un qualcosa di esterno che li potesse guidare nelle
loro esperienze che normalmente sono descritte di tipo allucinatorio, ma per noi possono
essere molto meglio classificate come “visualizzazioni spontanee per determinati stati di
coscienza modificati”.
Per loro la guida migliore era la figura del Cristo, che veniva visualizzato più come
“sofferente” nella Passione che come “glorioso” nella Resurrezione oppure Dio stesso, in
qualche caso anche nelle tre persone della Trinità. Meno frequentemente invece persone
conosciute, ma già morte da tempo, come, ad esempio, in Teresa d’Avila.
Nelle loro descrizioni essi narrano di varie fasi, molto similmente vicine a quei stati
modificati di coscienza che abbiamo visto per l’autoipnosi.
La sintesi migliore delle varie fasi che mi sento in grado di proporre ai lettori è la
seguente, sempre tenendo presente che la classificazione è mia, pur nell’intimo
convincimento che si avvicini molto alla realtà delle esperienze vissute dai mistici.
Prima fase: il momento della “preghiera vocale ripetitiva”, quello normale dei credenti
che si recano nelle chiese oppure la recitano in famiglia.
Ha un significato pregnante e suggestivo nei rituali delle grandi solennità, con musica
e canti, come avviene nelle manifestazioni religiose importanti ed imponenti.
Si attua naturalmente in veglia vigile, con attività del cervello sinistro.
Seconda fase: il momento della “preghiera mentale ripetitiva”.
Le formule delle preghiere si pensano, senza recitarle o cantarle a voce alta.
Si attua, come è ovvio, ancora in veglia vigile, con attività del cervello sinistro.
Terza fase: il momento della “preghiera mentale libera”, per i più allenati che non
usano le solite formulazioni.
Si attua meglio in veglia rilassata, ma sempre con attività del cervello sinistro.
Quarta fase: il momento della “meditazione mentale”.
180
Si ottiene in modi diversi, ma, secondo la scuola di Ignazio di Lojola, la più accreditata
in campo cattolico, si attua soffermandosi ad analizzare le parole delle preghiere ripetitive,
concentrando il pensiero sul loro significato intrinseco.
È ottenibile quasi sempre solo in veglia rilassata, ma ancora con attività prevalente del
cervello sinistro.
Quinta fase: il momento della “contemplazione”.
In questa fase è necessario mettersi “passivi di fronte a Dio”, perché abbia modo di
entrare nel cuore che deve essere sgombrato da tutte le cose materiali.
Altrimenti Egli non può portare la sua luce, dopo la notte tenebrosa della rinuncia alle
realizzazioni comuni della vita.
È necessario uno stato similipnoide con attività prevalente del cervello destro.
Sesta fase: il momento dell’ ”estasi”.
Il cuore inondato da Dio con sensazione di “vera presenza reale”.
La nozione di estasi non è però chiara e distinta: la parola “estasi”, in tutti i contesti di
tipo spirituale è la sensazione, accompagnata da vivido desiderio, di trascendere, almeno
per un attimo, la condizione delle coscienza normale per raggiungere un tipo di esperienza
che si pone in un tempo diverso.
È facilitata da uno stato di autoipnosi lieve o media con perdita della cognizione dello
scorrere del tempo ed attività del cervello destro ed inizio della partecipazione del
subconscio.
Settima fase: il momento dell’ ”annullamento”. “Vivere con Dio”.
Annullamento completo della personalità e sensazione di vivere esperienze che si
innestano non in un tempo terrestre ma in un tempo cosmico.
Si vive in stato di autoipnosi media o profonda con sensibile aumento dell’ attività
subconscia o inconscia.
Ottava fase: il momento dell’ ”illuminazione”. “Vivere in Dio”.
Esperienza al di fuori del tempo, senza tempo o in tempo unificato.
Si esperisce in stato di autoipnosi profonda con grande attività legata prevalentemente
all’emersione di contenuti inconsci.
Come è ovvio, tutte le fasi possono essere ottenute solo in successione, l’una dopo
l’altra, passando dal “buio più profondo della solitudine dell’anima”, come il passaggio
dalla quarta alla quinta fase, fino alla “luce più intensa”, nelle fasi successive.
Il tutto si ottiene solo in condizioni di purezza d’animo, di umiltà, di distacco, di
coraggio, di pazienza, di disponibilità, di perseveranza.
Naturalmente i vari accostamenti degli “stati mistici” con quelli dell’autoipnosi sono
solo mie interpretazioni personali, che nulla hanno a che vedere con gli scritti e le
esperienze narrate dei singoli mistici, ma che possono far capire meglio quanto si vuole
analizzare e discutere in questa breve analisi.
Molto importante infatti constatare tutto quello che sta succedendo nella massa
ancora al giorno d’oggi.
Il momento migliore o più elevato che è possibile raggiungere con la massa ai nostri
tempi è senza dubbio solo il primo gradino, la prima fase, “la preghiera vocale ripetitiva”,
con formule precostituite, come i vari canti liturgici, il Rosario, le preghiere normali di tutti
i giorni, ecc.
Ed è già un passo enorme, riconosciuto anche dalle massime autorità religiose,
ottenere questo in modo pregnante!
Figurarsi dunque per le fasi successive, in modo particolare a partire dalla quarta!
Ci si può benissimo rendere conto che dal punto di vista evolutivo siamo ancora all’età
della pietra.
181
Emblematico ed ancora attuale il detto del Cristo: ”Misereor super turbam”!
Analizzando dunque più da vicino le varie fasi del percorso mistico siamo dell’idea che
si tratti veramente di stati di coscienza modificati autoindotti e ce ne rendiamo conto
specie se risaliamo molto indietro nel passato, addirittura a quello precristiano.
Ci riferiamo ai misteri di Eleusi, i quali, secondo quanto scrive Sinesio, portavano i
partecipanti, “attraverso vari e complicati rituali”, ad uno stato di “atteggiamento passivo”
della mente verso tutto quello che stava succedendo intorno e anche dentro di loro.
Scrive ancora Sinesio: “È lo spirito che riceve, in modo apparentemente sconosciuto,
una illuminazione”.
182
Stato di coscienza modificato da sostanze psicoattive.
“Stato particolare di concentrazione passiva con presenza di fenomeni allucinatori, in
prevalenza di tipo visivo e uditivo, con notevole distorsione delle percezioni sensoriali,
emersione spontanea di contenuti rimossi con esperienze di vario tipo, che possono andare
dall’angoscia, al terrore, agli attacchi di panico ma anche presentarsi a volte come
esperienze di grado elevato o pseudomistico, come hanno più volte constatato nei loro
esperimenti, Castaneda, Grof, Tart, Walsh, Rhine ecc.”.
È dovuto ad assunzione di alcol etilico, degli alcaloidi della Canapa indiana, della
dietilamide dell’acido lisergico (LSD), dei derivati dell’oppio, della caffeina, della nicotina,
della cocaina, della mescalina, dell’anfetamina ed altre ancora di recente introduzione, tra
le quali ricordiamo l’ecstasy.
Ne parlo in questa sede perché non sempre le droghe portano a stati modificati
neuropatologici.
Ma a volte, assunte in modica quantità e saltuariamente, possono far entrare in stati di
coscienza modificati neurofisiologici che assomigliano allo stato di autoipnosi, oppure allo
stato meditativo e mistico.
Propongo questo lavoro dal sito http://www.lsd.virtuale.org/page3.html
che riguarda la sostanza allucinogena più provata e studiata in assoluto in modo
particolare dal suo scopritore Albert Hofmann, la dietilammide dell’acido lisergico o LSD,
vietata ormai in tutti i paesi del mondo.
Mi piace citare queste righe di Hofmann, perché sono dell’avviso che sia possibile
ottenere gli stessi risultati con un lungo allenamento in autoipnosi.
Prefazione al libro:”Il mio bambino difficile”.
Sebbene l'LSD abbia già compiuto mezzo secolo, e l'edizione originale di questo libro
sia apparsa nel 1979 seguita da numerose traduzioni in altre lingue, è dominante tuttora
presso l'opinione pubblica un'idea errata circa questo straordinario e fantastico principio
attivo psicotropo.
Debbo perciò ringraziare Urra e la casa editrice Apogeo che con questa edizione
italiana contribuiscono a fare ulteriore chiarezza sul mio «bambino difficile».
Nei primi quindici anni dalla sua scoperta 1'LsD venne impiegato quasi esclusivamente
in psichiatria e nella ricerca biologica.
Durante gli anni Sessanta, tuttavia, fece sempre più la sua comparsa nel panorama
delle droghe, divenendo per un certo periodo di tempo, soprattutto negli Stati Uniti, la
droga di più largo consumo il cui impiego sconsiderato, che non teneva conto della sua
inquietante azione psichica, causò incidenti e danni psichici ai consumatori.
A questo si aggiunse il fatto che 1'LsD assurse a droga di culto degli hippy e di altri
movimenti che contestavano il sistema.
Ciò provocò la messa al bando totale dell'LsD e delle sostanze affini.
La produzione, il possesso e il consumo di LSD, persino il suo impiego in psichiatria,
divennero reati perseguibili.
Questo divieto draconiano dura tuttora.
L'uso terapeutico venne interrotto, ma non il consumo in circoli privati, che al
contrario si estese sempre più, con tutti i rischi e le circostanze negative di un consumo
respinto nell'illegalità.
Le pressioni da parte della psichiatria sulle istituzioni sanitarie affinché l'LsD possa
essere di nuovo disponibile per il trattamento terapeutico, sono risultate fino a oggi inutili.
183
Questo atteggiamento è difficilmente comprensibile, poiché le esperienze recenti
dimostrano che l'utilizzazione dell'LsD in contesto medico non solo è priva di pericoli ma
può arrecare vantaggi alla psichiatria quale strumento terapeutico.
Il divieto appare discutibile anche sotto un'altra luce, dopo la scoperta di principi attivi
simili all'LsD in certe droghe magiche del Messico che da millenni vengono impiegate con
successo nelle pratiche mediche.
Ci troviamo di fronte, qui, a un bagaglio di conoscenze di cui si dovrebbe tener conto.
Due di queste droghe messicane usate in contesti cerimoniali e religiosi e in
determinate pratiche magiche di guarigione - il fungo teonanacatl e il convolvolo magico
ololiuqui - furono analizzate nel mio laboratorio. Le ricerche evidenziarono in modo
sorprendente la parentela stretta fra la struttura chimica dei principi attivi isolati da queste
piante e la struttura dell'LsD.
La scoperta aveva un grande significato perché dimostrava che 1'LsD, sia
chimicamente che per i suoi effetti psichici, appartiene al gruppo delle sostanze sacre
messicane.
In quanto a queste droghe si tratta di prodotti vegetali, di principi attivi, cioè, che non
sono stati creati dalle mani dell'uomo, bensì erano già presenti nella natura molto tempo
prima che l'uomo li scoprisse e li impiegasse quali medicamenti.
Come tutto ciò che proviene dal regno vegetale, sono doni del creato alla sua creatura
dotata di coscienza, l'essere umano.
È di ciò che dovremmo essere consapevoli, facendo di questo dono assai speciale un
uso rispettoso e sensato.
Albert Hofmann
L'esperienza con l'LSD e la realtà.
La realtà è inimmaginabile senza un soggetto conoscente, senza un io. Essa è il
prodotto del mondo esterno, «il trasmittente», e di un «ricevitore», un soggetto nel cui sé
più profondo le emissioni dell'ambiente circostante, registrate dalle antenne degli organi
sensoriali, divengono coscienti.
Se uno dei due viene a mancare, la realtà non accade, la radio rimane muta e lo
schermo visivo appare privo di immagini.
Se manteniamo questo modello - il mondo come prodotto del trasmittente e del
ricevitore - , l'accesso a un'altra realtà, provocato dall'azione dell'LsD, può essere allora
spiegato con il fatto che il cervello, sede del ricevitore, subisce un'alterazione biochimica.
Il ricevitore viene così a sintonizzarsi su una lunghezza d'onda diversa da quella che
coincide con la normale e quotidiana realtà.
Poiché all'infinita molteplicità e diversità dell'universo corrisponde un numero
illimitato e diversificato di lunghezze d'onda, possono manife-starsi nella coscienza, in
base alla disposizione del ricevitore, numerose e svariate realtà, comprendenti il rispettivo
soggetto. Esse, o meglio ancora, queste distinte stratificazioni della realtà non si escludono
a vicenda, ma sono complementari, e costituiscono insieme una parte della realtà
onnicomprensiva, eterna e trascendentale, dove ha sede anche il centro inattaccabile
dell'autocoscienza che registra -i vari stati dell'ego.
La vera importanza dell'LsD e degli altri allucinogeni consiste nella capacità di
disporre su altre lunghezze d'onda il soggetto ricevitore, provocando in tal modo
alterazioni nella percezione della realtà.
La possibilità di far emergere nuove e multiformi immagini del mondo, questo potere
davvero cosmogonico, rende comprensibile la venerazione cultuale delle piante
allucinogene in funzione di droghe sacre.
Qual è la caratteristica e fondamentale differenza tra la realtà ordinaria e l'immagine
del mondo esperita durante l'inebriamento con l'LsD?
Negli stati usuali di coscienza l'io e l'ambiente esterno sono separati; il soggetto sta di
fronte al mondo, che si è trasformato in oggetto.
184
Con l'LsD i confini tra l'io conoscente e ciò che sta di fronte più o meno svaniscono, a
seconda dell'intensità dell'inebriamento.
Ha luogo una reazione fra il ricevitore e il trasmittente.
Una parte dell'io straripa nel mondo esterno, nelle cose, che si animano e assumono
un significato diverso e più profondo.
Questa esperienza, che si accompagna alla perdita dell'io su cui facciamo sempre
affidamento, può essere estatica o assumere i tratti demoniaci del puro terrore.
Nell'eventualità auspicabile, il soggetto rinnovato si sente beatamente fuso con le cose
della realtà esterna e di conseguenza con le altre creature del mondo, fino a raggiungere
possibilmente il senso della totale unità con l'universo.
Questo stato, che, date certe favorevoli condizioni, può essere procurato dall'azione
dell'LsD e delle altre sostanze sacre messicane, è analogo all'illuminazione religiosa
spontanea - l'unio mystica.
In entrambi i casi, spesso della durata di un solo eterno istante, viene percepita quella
dimensione da cui traspare il fulgore della realtà trascendentale.
Il rapporto tra 1'illuminazione spontanea e quella indotta dalle droghe è stato
ampiamente indagato da R.C. Zaehner nel libro Mystik - religiós und profan («Misticismo sacro e profano»), Ernst Klett Verlag, Stoccarda 1957.Gottfried Benn, nel saggio
Provoxiertes Leben («Vita provocata») (apparso in: Ausdruckswelt, Limes Verlag,
Wiesbaden, 1949), definisce la realtà in cui 1'io e il mondo stanno l'uno di fronte all'altro
come «la catastrofe schizoide, il destino nevrotico dell'occidente».
Così scrive:
L'attuale concetto di realtà ebbe origine nel sud del nostro continente.
Determinante per la sua formazione fu il principio ellenistico-europeo dell'agóne e
della vittoria conseguita attraverso la prestazione, l'astuzia, la perfidia, il talento e la forza,
espresso all'inizio nella forma greca dell'aretè, e successivamente in quella europea del
darwinismo e del superuomo.
L'io venne allo scoperto, calpestò la terra, condusse batta-glie e per far questo ebbe
bisogno di strumenti, di materiali, di potere. Si pose di fronte alla materia come altro da
essa; se ne distaccò con i sensi, ma ci stabilì un rapporto formale più stretto.
La scompose, la esaminò e la classificò: armi, oggetti di scambio, denaro per riscattare.
La spiegò mediante isolamento, la ridusse a formule, ne strappò dei frammenti, la
suddivise. (La materia divenne) un concetto appeso come sciagura sopra l'Occidente,
contro cui esso lottò, senza afferrarlo, a cui sacrificò un'ecatombe di sangue e di felicità, e
le cui tensioni e fratture era ormai impossibile risolvere attraverso lo sguardo naturale e la
conoscenza metodica dell'essenziale, quieta unità delle forme prelogiche dell'essere...
invero, il carattere catastrofico di questo concetto venne alla luce in maniera sempre più
evidente... uno stato, un'organizzazione sociale, una morale pubblica, per i quali la vita
altro non è che esistenza sfruttabile economicamente, e che non accettano il mondo della
vita provocata, non possono arrestare la sua distruttività.
Una comunità, la cui igiene e tutela razziale, quali moderni rituali, si basano su vuote
conoscenze biologico-statistiche, può solo difendere il punto di vista superficiale delle
masse, nella cui osservanza conduce incessantemente le guerre, perché la realtà è per essa
materia prima, rimanendole nascosto il suo presupposto metafisico.
Come sostiene Gottfried Benn in questo brano, il concetto di realtà che mantiene
separati 1'io e il mondo ha senza dubbio stabilito il corso evolutivo della storia intellettuale
europea.
Il mondo vissuto come materia inanimata e oggetto, a cui l'uomo sta di fronte in
opposizione, ha prodotto la scienza moderna e la tecnica.
E grazie al loro intervento, gli uomini hanno sottomesso la terra e hanno abusato del
suo patrimonio; le imponenti realizzazioni della civiltà tecnologica si trovano faccia a faccia
con il disastro ecologico.
185
Questo intelletto che tutto oggettivizza è penetrato anche nel cuore della materia, il
nucleo dell'atomo, e lo ha spaccato, liberando energie che minacciano le forme vitali del
nostro pianeta.
Se l'uomo non si fosse separato dal mondo, ma avesse vissuto in armonia con la natura
vivente e la creazione, mai sarebbe stato possibile un impiego sbagliato della conoscenza e
dell'intelletto. Tutti gli attuali tentativi di provvedere ai danni causati attraverso misure di
protezione ambientale risulteranno solamente rattoppi superficiali e senza speranza, se a
essi non seguirà la cura di quello che Benn ha chiamato «il destino nevrotico
dell'Occidente». Guarire significa poter esperire la realtà profonda delle cose che tutto
abbraccia, compreso il soggetto che vi partecipa.
Questo tipo di esperienza viene sempre più ostacolato in ambienti che mani umane
hanno reso inanimato, nelle metropoli e nei paesaggi industriali delle nostre società. È qui
che soprattutto si palesa il contrasto fra l'individuo e il mondo esterno.
Sensazioni di alienazione, di solitudine, di minaccia si presentano incessantemente e
dominano la coscienza quotidiana degli individui delle società industriali; esse prendono
inoltre il sopravvento ovunque si estenda la civiltà della tecnica, e in larga misura
influiscono sulla produzione dell'arte moderna e della letteratura.
Nell'ambiente naturale il pericolo di vivere una realtà frantumata è minore. Nei prati,
nelle foreste e nel regno animale che vi si rifugia, ma anche in ogni giardino, si avverte una
realtà infinitamente più vera e antica, più profonda e stupefacente di qualsiasi cosa gli
uomini abbiano costruito, e che sarà sempre presente quando il mondo esanime delle
macchine e del cemento si dileguerà di nuovo, si coprirà di ruggine e cadrà in rovina.
Nella germinazione, nella crescita, nella fioritura, nella fruttificazione, nella morte e di
nuovo nella comparsa dei primi germogli delle piante, nel loro rapporto con il sole, la cui
luce esse trasformano in energia chimica sotto forma di composti organici, dai quali tutte
le forme viventi del nostro pianeta provengono - nell'essenza propria delle piante, si
manifesta la stessa misteriosa, inesauribile ed eterna energia vitale che ci ha generato e ci
condurrà di nuovo nel suo ventre, dove saremo a1 sicuro e uniti con tutto il creato.
Non stiamo qui parlando di sentimentali utopie naturiste, di un «ritorno alla natura»
in senso rousseauiano.
Quel movimento romantico, che ricercava 1'idìllio nel mondo naturale, rappresenta
senz'altro il sentimento di un'umanità che ha visto scissi i propri legami con la natura.
Ciò di cui oggi abbiamo bisogno è vivere di nuovo l'unione fondamentale con tutte le
forme viventi, ed essere consapevoli della dimensione onnicomprensiva della realtà.
Più sporadico risulte-rà lo sviluppo spontaneo di questa consapevolezza, più la flora e
la fauna primigenie del pianeta dovranno sottomettersi a un ambiente tecnologico
inanimato.
I misteri e il mito
Il concetto di realtà secondo cui il soggetto si pone di fronte al mondo e con esso si
confronta, cominciò a delinearsi, come riferisce il passo di Gottfried Benn, nella parte
meridionale del continente europeo, l'antica Grecia.
Già gli uomini di quell'epoca conoscevano il dolore che deriva dalla coscienza di una
realtà frantumata. Lo spirito greco andò alla ricerca della cura, integrando la multiforme e
variopinta, sensuale ma anche dolorosa visione apollinea del mondo, prodotta dalla
separazione del soggetto dall'oggetto, con l'esperienza dionisiaca del mondo, in cui questa
frattura si annulla nell'ínebriamento estatico.
Scrive Nietzsche in «La nascita della tragedia»:
O per l'influsso delle bevande narcotiche, cantate da tutti gli uomini e dai popoli
primitivi, o per il possente avvicinarsi della primavera, che pervade gioiosamente tutta la
natura, si risvegliano quegli impulsi dionisiaci, nella cui esaltazione l'elemento soggettivo
svanisce in una completa dimenticanza di sé... Sotto l'incantesimo del dionisiaco non solo
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si restringe il legame tra uomo e uomo, ma anche la natura estraniata, ostile ' o soggiogata
celebra di nuovo il suo giorno di riconciliazione con il figlio perduto, l'uomo.
Celebrati ogni anno nella stagione autunnale, entro un arco di tempo di quasi duemila
anni - dal 1500 a.C. circa fino al quarto secolo "' dopo Cristo - i Misteri di Eleusi erano
intimamente legati alle cerimonie e ai festeggiamenti in onore del dio Dioniso.
Essi furono istituiti da Demetra, dea della fertilità, come ringraziamento per la
liberazione di sua figlia Persefone, che il dio degli inferi, Ade, aveva rapito. Tra i doni di
riconoscenza offerti dalle due divinità al sommo sacerdote di Eleusi, Trittolemo, figurava
anche una spiga di grano.
Esse lo istruirono sulla coltivazione di questo cereale, che egli disseminò poi su tutto il
globo terrestre.
A Persefone, tuttavia, non fu sempre concesso di rimanere con sua madre, poiché,
disubbidendo agli ordini degli dei supremi, aveva ricevuto il nutrimento da Ade. Come
punizione, avrebbe dovuto far ritorno negli inferi per un certo periodo dell'anno.
Durante questo tempo l'inverno calava sulla terra, le piante morivano e si ritiravano
dentro il suolo, per rinascere poi a nuova vita in primavera, insieme alla ricomparsa di
Persefone sulla terra.
Il mito di Demetra, Persefone, Ade e delle altre divinità, rappresentato come dramma,
costituiva comunque solo la cornice esterna degli avvenimenti.
Il momento solenne delle celebrazioni annuali era la cerimonia notturna d'iniziazione.
Agli iniziati veniva proibita, pena la morte, la divulgazione di quello che avevano
appreso e visto nella sala più segreta e sacra del tempio, il telesterion (mèta). Nessuno dei
numerosi iniziati ai misteri di Eleusi lo ha mai fatto.
Tra i molti personaggi celebri dell'antichità, vi parteciparono anche Pausania, Platone
e gli imperatori romani Adriano e Marco Aurelio. Dai commenti degli iniziati sul valore e
l'importanza della visione si può senz'altro parlare di stati d'illuminazione vissuti dai
partecipanti, durante i quali si offriva alla loro vista la dimensione più profonda e il
fondamento eterno della creazione.
Così recita un inno omerico:
«Beato è colui tra gli uomini sulla terra, che ha visto queste cose! Chi invece non è
stato iniziato ai Sacri Misteri, chi non vi ha avuto parte, è destinato a giacere, da morto,
nelle lugubri tenebre».
Parlando della benedizione eleusina, Pindaro così si esprime: «Beato chi entra sotto la
terra dopo aver visto quelle cose. Conosce la fine della vita, conosce anche il principio dato
dalla divinità». Cicerone, un altro famoso iniziato, allo stesso modo esaltò la luminosità
che pervase la sua vita dopo la visione di Eleusi: «Là abbiamo ricevuto il motivo per vivere
non solo con letizia, ma anche con una speranza migliore nella morte».
Come poteva la rappresentazione di un evento così comune, che ogni anno si rinnova
davanti ai nostri occhi - il seme del grano che viene messo sotto terra e qui muore, affinché
una nuova pianta, una nuova vita, possa ergersi verso la luce - rivelarsi un'esperienza così
confortante, come traspare dalle precedenti testimonianze?
Sappiamo da fonti antiche che nella cerimonia finale veniva offerta agli iniziati una
bevanda, il kikeon, í cui ingredienti erano l'estratto d'orzo e la menta. Alcuni studiosi di
religioni e di mitologia - come Karl Kerényi dalla cui opera sui Misteri di Eleusi sono state
riprese le precedenti indicazioni, e con cui ho collaborato nella ricerca su questa misteriosa
bevanda - sono dell'opinione che al kikeon fosse mescolata una sostanza allucinogena [nel
libro di R. Gordon Wasson, Albert Hofmann e Carl A.P. Ruck, The road to Eleusis
(Harcourt Brace Jovanovich, New York, 1978), viene discussa l'ipotesi che nel kikeon fosse
presente un preparato estratto dalla segale cornuta]. .
Questa ipotesi renderebbe comprensibile l'esperienza estatico-visionaria del mito di
Demetra e Persefone, come simbolo ciclico della vita e della morte inscritto all'interno di
una realtà incorruttibile che le abbraccia entrambe.
187
Quando il re goto Alarico, spingendosi dal nord, invase la Grecia nel 396 d.C. e
distrusse il santuario di Eleusi, non si trattò solamente della fine di un centro religioso, ma
anche del definitivo tramonto del mondo antico. Con i monaci al seguito di Alarico il
cristianesimo fece il suo ingresso in Grecia.
Il significato storico-culturale dei Misteri e la loro influenza sulla storia del pensiero
europeo possono essere scarsamente sopravvalutati.
Un'umanità separata dal mondo a causa della propria razionalità dualista trovava la
cura al proprio dolore nell'esperienza mistica totale che i Misteri le procuravano, e che le
dava la certezza dell'esistenza di un essere immortale e imperituro.
Questa fede è sopravvissuta nel cristianesimo delle origini, sebbene con altri simboli.
Essa si manifesta come una promessa anche in alcuni passaggi dei Vangeli, in
particolar modo nel Vangelo secondo Giovanni, nel capitolo 14, 16-20. Gesù parla ai suoi
discepoli, mentre prende congedo da loro:
Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore, affinché sia per sempre con
voi: lo Spirito della verità, che il mondo non può accogliere, perché non lo vede né lo
conosce. Ma voi lo conoscete, perché dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò
orfani, ritornerò da voi. Ancora un po' e il mondo non mi vedrà più; ma voi mi vedrete,
perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi riconoscerete che io sono nel Padre, voi in
me e io con voi.
Questa promessa forma il cuore del mio credo cristiano e della mia vocazione alla
ricerca scientifico-naturale: attraverso lo spirito della verità noi arriveremo alla conoscenza
dell'universo e alla consapevolezza della nostra identità con la realtà più profonda e
onnicomprensiva, Dio.
Tuttavia il cristianesimo ecclesiastico, caratterizzato dal dualismo creatore-creato e da
una religiosità alienata dalla natura, ha cancellato ampiamente l'eredità dionisiacoeleusina dell'antichità.
Nell'ambito della fede cristiana, solo particolari uomini di grande talento hanno potuto
testimoniare, nel corso di esperienze visionarie spontanee, di una realtà eterna e
confortante, esperienze a cui l'élite di innumerevoli generazioni dell'antichità aveva
accesso attraverso l'iniziazione eleusina.
L'unio mystica dei santi cattolici e le visioni che i rappresentanti del misticismo
cristiano, Jakob Boehme, Meister Eckhart, Angelus Silesius, Thomas Traherne, William
Blake e altri, descrivono nelle loro opere, sono essenzialmente e in maniera evidente simili
all'illuminazione ricevuta dagli iniziati ai Misteri eleusini.
L'importanza fondamentale dell'esperienza mistica per la guarigione di un'umanità
malata di visione materialistica e mono-razionale del mondo, non è oggi particolarmente
sottolineata solo dai seguaci dei movimenti religiosi orientali, come quelli del buddismo
zen, ma anche da esponenti di primo piano della psichiatria accademica.
Vorrei qui richiamare l'attenzione sulle opere di Balthasar Staehelin, lo psichiatra
originario di Basilea che lavora a Zurigo: Haben und Sein (1969), Die Welt als Du (1970),
Urvertrauen und zweite Wirklichkeit (1973), Der finale Mensch (1976). Questi libri
rinviano a numerosi altri autori che si occupano della stessa problematica. Un nuovo
indirizzo sta oggi prendendo campo nella psicologia, quale elemento basilare della sua
pratica terapeutica; mi riferisco alla psicologia transpersonale, il cui obiettivo è il
raggiungimento della dimensione metafisica dell'uomo che si manifesta nell'esperienza di
una realtà più ampia e non dualista.
Ancora più significativo è il fatto che non solo la medicina, bensì settori sempre più
larghi della nostra società considerino il superamento della visione dualista della natura il
presupposto e il fondamento della guarigione e del rinnovamento spirituale della civiltà e
della cultura occidentale.
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Nelle sue molteplici forme, la meditazione si pone oggigiorno in primo piano quale via
per la conoscenza di quella dimensione profonda e avvolgente in cui l'uomo sente
protezione e conforto.
Essa si differenzia dalla preghiera tradizionale, costruita sulla dualità creatore e creato,
nell'obiettivo fondamentale che vi si persegue, consistente nell'abolizione della barriera IoTu attraverso la fusione dell'oggetto e del soggetto, del trasmittente e del ricevitore, della
realtà oggettiva e dell'io.
Tuttavia, questa conoscenza fattuale sempre più estesa, che abbraccia la realtà
oggettiva in virtù dell'indagine scientifica, non deve essere considerata una profanazione.
A1 contrario, se si spinge abbastanza in profondità, essa perviene al fondamento primario e
imperscrutabile dell'universo, al prodigio e al mistero del divino: nel microcosmo
dell'atomo, nel macrocosmo della nebulosa a spirale, nei semi delle piante, nel corpo e
nella psiche dell'uomo.
La meditazione inizia ai confini della realtà oggettiva che sono stati raggiunti dalla
conoscenza e dalla percezione razionale. Essa, per' ciò, non si pone come negazione della
realtà effettuale, bensì rappresenta una penetrazione nelle dimensioni più profonde di ciò
che esiste; non si tratta di una fuga verso la sfera immaginaria del sogno, ma della ricerca
della verità che avvolge il mondo oggettivo, tramite la contemplazione simultanea e
stereoscopica delle sue superfici e dei suoi abissi.
Da ciò potrebbe nascere e svilupparsi una nuova consapevolezza, su cui costruire una
nuova religiosità, non più sostenuta dal credo nei dogmi delle varie religioni ma dalla
conoscenza attraverso lo «spirito della verità». Con questo si intende una conoscenza, una
lettura e una comprensione del testo direttamente «dal libro che le dita di Dio hanno
scritto» (Paracelso), dalla creazione.
Il passaggio da una visione in cui il mondo è posto di fronte e in contrasto al soggetto a
una conoscenza profonda e quindi religiosa della realtà può compiersi solo gradualmente,
mediante una continua pratica meditativa.
Ma può anche manifestarsi, come improvvisa e spontanea illuminazione, in
un'esperienza visionaria; i suoi effetti sono allora particolarmente intensi e gioiosi.
Oppure, può, come scrive Balthasar Staehelin, «non presentarsi neppure dopo decenni
di meditazione». Inoltre non a tutti capita di vivere una simile esperienza mistica, benché
questa possibilità sia inerente alla natura della spiritualità umana.
Nonostante ciò, a Eleusi, la visione mistica, l'esperienza ristoratrice e confortante,
poteva essere procurata ai numerosi iniziati ai sacri misteri in un luogo e in un tempo
stabiliti.
Ciò potrebbe essere spiegato con l'intervento farmacologico di una droga allucinogena,
come affermano alcuni studiosi di religioni tra i quali ho già citato Karl Kerényi.
La proprietà caratteristica degli allucinogeni, quella di rimuovere le barriere tra il
soggetto conoscente e il mondo esterno in un'esperienza estatico-emozionale, può rendere
possibile, dopo opportune preparazioni interne ed esterne come quelle scrupolosamente
curate a Eleusi, un'esperienza mistica per così dire secondo il programma.
La meditazione è un preliminare per arrivare allo stesso scopo che era perseguito e
raggiunto nei misteri eleusini. È probabile che in futuro 1'LsD venga impiegato per
procurare la visione mistica quale coronamento di questa.
Colgo il vero significato dell'LsD nella sua capacità di offrire un aiuto sostanziale alla
meditazione orientata verso l'esperienza mistica. Questo uso è in pieno accordo con
l'essenza e l'azione caratteristica di una sostanza sacra come 1'LsD.
- Il sostegno alla meditazione attraverso 1'LsD si fonda sulle stesse azioni che stanno
alla base del suo impiego in psicoanalisi e in psicoterapia, cioè sulla sua facoltà di allentare
o addirittura di abolire temporaneamente le barriere tra il soggetto e l'oggetto e la
separazione dell'uomo dal mondo esterno. Ciò favorisce l'interruzione di eventuali circoli
viziosi di natura egoica, e il presentarsi di una realtà che dà ristoro e accoglienza.
189
Stato di coscienza modificato da forti motivazioni.
Anche le forti motivazioni con intenso coinvolgimento emotivo come accade durante
grandi avvenimenti sportivi, nella guerriglia specie urbana, nei terremoti catastrofici, nelle
inondazioni comprendenti larghi territori, nelle tragedie naturali o provocate, possono
indurre stati di coscienza modificati con diminuzione o abolizione delle sensazioni di
intenso dolore, del sonno, della fatica, per aumento dei neuromodulatori, dei neuroormoni
e dei neurotrasmettitori e per contemporaneo innalzamento della soglia del dolore, fino a
limiti molto elevati, in qualche caso raggiungendo perfino l’analgesia.
Le grandi motivazioni di un popolo, le liturgie e i rituali sono molto evidenti
nell’esposizione che ne fa nel lavoro “Ritorno a Eleusi” Gilberto Camilla, Psicoanalista,
Direttore Scientifico della Rivista Altrove, che invito a leggere, perché mi sembra molto
attinente al contesto che sto trattando.
Mi sembra molto adatto in questo contesto, dato che si capisce subito, dopo solo
qualche riga, come lo spettacolo della liturgia di Eleusi, possa veramente essere classificato
nelle grandi motivazioni di un intero popolo.
E le parole di Camilla, ricche di aspetti lirici e poetici, ti fanno rivivere in modo
veramente mirabile questa grande manifestazione popolare e questa infinita processione
che si snoda lungo la Via Sacra da Atene a Eleusi, attraverso una vegetazione mediterranea
e giardini e grandi spazi e solitari voli di uccelli e la brezza della sera e della notte che si
culla tra le fronde degli alberi.
E ancora ali di folle esultanti alla grande festa di fine estate, quando iniziano le prime
brume della sera, ma l’aria è ancora ricca di profumi e di colori.
A questo punto ricordo, come stato di coscienza modificato particolare, anche la
“sobria ebrietas” che fa parte di tutta la tradizione platonica, gnostica, ermetica, misterica e
cristiana e di cui ho già trattato diffusamente nel secondo volume.
Dai misteri di Eleusi infatti, passando per l’ ”Ultima Cena”, fino ai giorni nostri la
sobria ebrietas, per alcuni autori, è in grado di portare fino alle altezze della "meditazione"
e della “contemplazione”, sia essa di tipo pagano o religioso.
Gli stati di coscienza modificati sono su o di frequenze diverse.
Se noi assumiamo come frequenza fondamentale o principale quella di veglia vigile, le
altre si possono considerare secondarie; ma se, ad esempio, come in terapia ipnotica
ericksoniana, assumiamo come fondamentale lo stato ipnotico, almeno per quel dato
periodo di tempo che ci consenta di intervenire meglio sulle instabilità cerebrali
dell’individuo, anche la frequenza della veglia vigile diviene secondaria e così via.
E’ chiaro a questo punto che il nostro cervello lavora su una o poche frequenze
individuali ma è in grado di ricevere invece moltissime frequenze.
Dobbiamo dunque allenarlo, in modo che le assuma, almeno in determinati momenti
del giorno o per qualche periodo prefissato, tutte come principali, attuando così quella
consapevolezza unitaria o totalizzante, auspicabile e sempre più necessaria per ogni essere
umano.
La consapevolezza unitaria è sicuramente quanto di meglio può offrirci la nostra
mente, almeno in quei rari momenti nei quali essa avverte qualcosa di nuovo, qualcosa di
intenso, qualcosa di irripetibile e spesso al di fuori dei conque sensi e non perché siano
disattivati ma per il fatto che ne esistono altri più importanti, non avvertibili nello stato di
veglia vigile. Noi, a livello inconscio, percepiamo che il linguaggio della totalità esiste, ma
ci sfugge ancora in gran parte il modo di comprenderlo e di conseguenza di realizzarlo.
L'analisi di quanto detto ci porta a considerare che abbiamo quasi del tutto perso il
senso del "soprannaturale", in questo pianeta desacralizzato.
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Ma ancora prima di Cristo, Eraclito scriveva: "Il Dio è giorno e notte, inverno ed
estate, guerra e pace, fame e sazietà, e muta come il fuoco quando si mischia ai profumi
odorosi, prendendo di volta in volta il loro aroma. L'uomo ritiene giusta una cosa e ingiusta
l'altra, per il Dio tutto è bello, buono e giusto".
Ritroviamo tutto ciò nelle importanti parole di Thomas Merton, monaco trappista,
morto nel 1968, il quale, a pag. 47 del suo libro:"Dialoghi con il silenzio”. Ed. San Paolo.
2002, offre una mirabile descrizione di quanto vissuto e provato nello stato mistico o di
illuminazione durato al massimo “mezzo minuto”, ma con la sensazione "vera" del
trascorrere di una vita intera, come succede spesso nelle esperienze di premorte, quando si
assiste al film della propria vita, proprio nello spazio di mezzo minuto
“Che cosa posso dire del vuoto e della libertà di cui ho oltrepassato la soglia per quel
mezzo minuto, che è bastato per una vita intera, perché era una vita completamente
nuova?
Non c’è niente con cui confrontare questo.
Potrei chiamarlo il nulla, ma è una libertà infinitamente feconda, mancare di tutte le
cose e mancare di me stesso nell’aria pura di quella felicità che sembra trovarsi al di sopra
di tutte le modalità dell’essere.
Non lasciarmi più costruire muri intorno ad essa, altrimenti rimarrò chiuso fuori”.
Oppure ancora a pag.XIII dell'Introduzione dello stesso libro:
"Il tuo splendore è la mia oscurità.
Non conosco nulla di te e, da solo, non riesco neppure a immaginare come fare per
conoscerti.
Se ti immagino, m'inganno.
Se ti comprendo, m'illudo.
Se sono consapevole e cerco di conoscerti, sono pazzo.
L'oscurità basta."
Come finale esplicativo di questo mio lavoro, un articolo veramente degno di
attenzione dal sito http://bioneuroblog.wordpress.com/2010/06/01/marco-margnellicome-lo-ricordo-medico-e-ricercatore-della-coscienza/, che puntualizza, in modo mirabile
e scientificamente corretto, quanto ho sostenuto finora in tutte le pagine precedenti.
Dovrei anche aggiungere che Marco Margnelli era medico e ricercatore degli Stati di
Coscienza Modificati o Diversi come me e si era dedicato a questo tema con tutte le sue
forze, in modo da tentare di forzare, se possibile, la “porta del mistero”.
In tutti coloro che l’hanno conosciuto resta solo la nostalgia di non sentirlo più parlare
descrivendo le sue intuizioni, la sua creatività e le sue ricerche che non si stancava mai di
allargare in più campi di indagine.
Direi che in questo momento mi sento sempre più di rispecchiarmi in lui, anche come
medico olistico, tanto da sentirmi orgoglioso perché, in un certo senso, sto tentando di
portare avanti i suoi studi, le sue intuizioni e le sue ricerche.
D’altra parte devo anche ricordare che il mio curriculum vitae è molto simile a quello
di Marco Margnelli.
Consulente esterno presso l’Università di Milano al Meteolab come specialista in
Biometeoclimatologia Medica dal 1975, ho continuato per decenni il mio lavoro di medico
a Verona. Nel frattempo, assieme a Guantieri e altri medici, nel 1965, ho fondato l’Istituto
Bernheim per lo studio dell’Ipnosi Clinica. E di qui sono iniziate le mie ricerche sugli stati
di coscienza diversi dallo stato di veglia vigile. L’Istituto pubblica ancora oggi una Rivista
trimestrale dal titolo:”Acta Hypnologica”.
Come è ovvio, nemmeno io ho aperto la “porta del mistero”, ma almeno, attraverso lo
studio degli stati di coscienza, sono giunto all’idea che, per quanto riguarda l’uomo e
l’ambiente, non ci sia nulla da scartare, se si desidera arrivare al fondo di questo grande
enigma che è la vita stessa e la coscienza.
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L’articolo che riporto non è firmato ma dovrebbe essere di Soresi e Garzia.
“Marco Margnelli come lo ricordo. Medico e ricercatore della coscienza.
Sono trascorsi cinque anni dalla scomparsa di Marco Margnelli (Milano,1939-2005).
Uno studioso che ha saputo anticipare molti degli interessi attuali delle neuroscienze
e, soprattutto, relativi all’indagine neuropsicologica degli stati di coscienza. Si dichiarò
sempre ateo, anzi agnostico, ma l’esperienza del sacro – incarnata e vissuta nel corpo di
estatici e stigmatizzati – lo attrasse e lo coinvolse profondamente.
Tutta la dimensione borderline, non in senso patologico, della mente (compresi quelli
che vengono definiti fenomeni “paranormali”) erano per lui oggetto di attenzione ed
indagine scientifica.
E il suo interesse riguardo gli stigmatizzati era nell’ottica della medicina
psicosomatica: se la mente è in grado di produrre simili lesioni nel corpo, forse riusciremo
a scoprire anche come farle regredire. A beneficio dei pazienti con disturbi e alterazioni di
carattere psicosomatico.
Definiva tutta la storia dell’indagine del paranormale come “archivi dell’illusione”, nel
senso che quanti studiavano tali fenomeni, focalizzavano la propria attenzione sul
fenomeno più che sulla psiche e l’organismo di chi “viveva” tale fenomenologia.
A Margnelli interessava invece l’approccio neuropsicologico e antropologico al cervello
e al corpo di estatici, mistici, sensitivi, guaritori. Di tutta quella popolazione ignorata e
trascurata dalla scienza, da cui, forse, c’era da apprendere qualcosa sulla natura della
coscienza e, in particolare, dei rapporti mente-corpo. Se tali individui sostengono di vivere
certe esperienze – era il suo parere – vediamo come, in che modo e in base a quali
correllati neuropsicologici ciò si verifica.
Marco Margnelli aveva due anime: quella del ricercatore e quella del clinico.
Svolgeva l’attività di medico di famiglia, di psicoterapeuta, ma non smetteva mai di
pensare e agire come ricercatore.
Era nato ricercatore, come neurofisiologo in seno all’Università di Milano e al Cnr
(fece studi su sonno e fase Rem con un nome storico delle neuroscienze, Giuseppe
Moruzzi).
Il fatto di essere poi uscito dall’Università e aver fatto il medico di base, non sminuì le
sue capacità di ricercatore.
Anzi, secondo me le allargò e completò.
Sarebbe finito a svolgere il lavoro di ricercatore di laboratorio, mentre così Margnelli
fece pure ricerche sul campo.
Adottò metodi da medico-antropologo.
Ugualmente avvenne con Giorgio Gagliardi, anch’egli medico di base, ipnologo,
psicoterapeuta e ricercatore. Margnelli e Gagliardi crearono a Milano il Centro studi e
ricerche e sulla psicofisiologia degli stati di coscienza che da piccolo consesso locale di
appassionati e studiosi degli stati di coscienza, divenne in pochi anni noto in Italia e
all’estero, producendo ricerche, pubblicazioni e prendendo parte a convegni italiani e
stranieri. I grandi filoni del Centro furono gli studi sui sensitivi, guaritori, estatici,
stigmatizzati. In quegli anni, Ottanta e Novanta, Margnelli e Gagliardi divennero i grandi
esperti di questo tipo di fenomenologia, consultati, invitati a convegni, e intervistati a più
riprese.
Gli studi sui veggenti di Medjugorie di Margnelli e Gagliardi hanno costituito un
modello di studio medico-antropologico. Così come per gli stigmatizzati, indagine che
seguiva sostanzialmente tre fasi: raccolta della testimonianza del soggetto e di quanti lo
seguivano (accoliti o medici che fossero); raccolta dei dati psicologici e clinici del soggetto
192
(avvalendosi di test psicoproiettivi, dell’inventario multifasico di personalità Minnesota e
di analisi di laboratorio); verifica strumentale della veridicità del soggetto (impiegando, ad
esempio, il lie detector, la cosidddetta “macchina della verità”, e l’elettroencefalografo).
Giorgio Gagliardi, vicepresidente del Centro, in quegli anni divenne tra l’altro un grande
esperto di lie detector, tanto da essere interpellato in ambito medico-legale e invitato come
consulente in svariate trasmissioni televisive.
Ad alcuni tale approccio poteva apparire eccessivamente positivista e strumentale,
tuttavia tale metodologia consentì di acquisire conoscenze scientifiche sui veggenti e
mistici che prima non esistevano. Chiarendo – ben prima di George Lapassade, entologo e
psicosociologo francese, con diverse altre attitudini intellettuali, studioso della “transe” e
degli stati modificati, con il quale Margnelli ebbe contatti e scambi - il versante “naturale”
della dissociazione.
Compreso il fatto che mistici e stigmatizzati non dovessero necessariamente essere
classificati come “isterici”. Includere tali soggetti nell’ambito della fenomenologia isterica,
secondo Margnelli era non soltanto riduttivo, ma non aggiungeva praticamente nulla alla
comprensione della psicofisiologia dell’esperienza del sacro. George Lapassade ebbe
comunque anch’egli un ruolo importante nell’introdurre a livello accademico lo studio
degli stati di coscienza: ricordo la sua collaborazione col sociologo delle religioni Pietro
Fumarola dell’Università di Lecce, e gli studi sugli stati di coscienza associati al fenomeno
della “taranta”.
Marco Margnelli è sempre rimasto, di fondo, un ricercatore, un neurofisiologo. Non si
separò mai dalla sua formazione accademica, pur occupandosi di temi che, all’inizio, ai
suoi colleghi universitari, apparvero stravaganti: la trance ipnotica, l’estasi mistica, le
droghe psicoattive, gli stigmatizzati, i sentitivi, i guaritori. L’idea di Margnelli era: se
queste cose esistono e sono diffuse in varie epoche e culture umane, le dobbiamo studiare
con i metodi della scienza. Non vi può essere una teoria globale della coscienza, se non
cercando di comprendere gli stati “altri” del cervello e della mente. Il suo approccio fu un
misto tra quello dell’antropologo e quello del medico, con una “ciliegina” del laboratorista.
Se poteva non faceva mai mancare riscontri sperimentali, persino analisi di laboratorio
sui soggetti studiati, e ovviamente consenzienti. La prima fase era quello dell’antropologo:
studiamo il soggetto nel suo ambiente. La seconda fase: se il soggetto è collaborativio,
sottoponiamolo a tutta una serie di test e verifiche, che potevano andare dai test
psicologici, agli inventari di personalità, al lie detector (la cosiddetta macchina della verità,
ma più che altro per rilevare le reazioni psicofisiologiche), alle analisi bioumorali.
Qualcuno ha utilizzato un ossimoro per definire questo tipo di approccio, che nella sua
sinteticità rende abbastanza l’idea dell’atteggiamento di Margnelli riguardo i soggetti che si
trovò ad analizzare e studiare: “empatia critica”.
Margnelli era indubbiamente poliedrico, dotato di molte altre attitudini e qualità,
oltre a quella del ricercatore. Era un ottimo oratore. Apparentemente timido e riservato, si
trasformava ogni volta che prendeva la parola in pubblico. Aveva un tono basso di voce, e
non faceva alcuno sforzo, deliberatamente, per elevarlo.
Difatti, era il pubblico a prestargli attenzione, e regolarmente veniva colpito per la sua
padronaza dell’argomento, dalla lucidità e dalla precisione dei suoi termini.
Sarebbe stato un valido docente universitario ma, per una serie di vicissitudini, si era
trovato a fare il medico mutualista, l’ipnologo e lo psicoterapeuta.
Salvo recuperare le sue qualità di docente in varie occasioni e, in particolare, nei corsi,
molto apprezzati, che teneva presso l’Associazione medica italiana per lo studio dell’ ipnosi
(Amisi) di Milano.
193
In ogni caso, si dichiarò e ritenne regolarmente uno “scienziato”.
In questa ottica va vista la sua appassionata ricerca sugli stati di coscienza: non
certamente l’hobby di un medico ex neurofisiologo Cnr, ma bensì il lavoro di uno studioso
che, pur all’esterno dell’ambiente accademico, era riuscito a mantenere alta la propria
professionalità, conoscenza della materia e capacità di utilizzare strumenti e standard della
ricerca accettata e condivisa.
Disponeva di un’innata attitudine all’insegnamento, una straordinaria capacità di
oratore, di coinvolgere il pubblico con relazioni o conferenze che abbinavano i suoi
aneddoti di ricercatore, i puntuali riferimenti tratti dalla letteratura scientifica, intuizioni
lessicali sue proprie.
C’era molto da imparare da Margnelli. Ed infatti, non sono mai mancati gruppi di
persone, di ogni età, attorno a lui e attorno alla sua attività. Parecchi studiosi, ricercatori,
ma anche studenti (sia di medicina, psicologia, filosofia o altro) che impostarono, ad
esempio, la propria tesi di laurea sulle ricerche realizzate da Margnelli. Rimanendo magari
in seguito nel suo ampio studio a fare praticantato, sia per la professione che per le
ricerche sugli stati di coscienza. Aveva la capacità di dialogare con i giovani, cogliendo pure
i suggerimenti e le indicazioni che da essi gli venivano.
Fu un ottimo divulgatore: oltre ai suoi libri, scrisse parecchi articoli per varie riviste di
divulgazione scientifica. Collaborò ad esempio alla prima rivista italiana di divulgazione
scientifica: Sapere di Giulio Maccacaro. E al progetto iniziale di Riza Psicosomatica di
Morelli e Masaraki. Prese spesso parte a interviste televisive – ricordo le troupe tv nel suo
studio – e a programmi tv, in particolare, fino all’ultimo, dopo essersi trasferito a Roma,
alla serie Miracoli condotta da Pietro Vigorelli ed Elena Guarnirei su Rete 4.
Certo, alcune volte si faceva coinvolgere da attività non al livello della sua serietà
professionale e preparazione scientifica, ma il suo atteggiamento è sempre stato di
apertura e collaborazione. Non facendo mancare le sue puntualizzazioni e le sue critiche, se
era il caso. Ma, di base, non si negava.
Ho incontrato Marco Margnelli – che conoscevo già per i suoi libri e per le sue
ricerche – alla fine degli anni Ottanta. Frequentandolo poi quotidianamente nella prima
metà degli anni Novanta. Se devo richiamare alla mente una sua immagine, lo vedo nel suo
studio medico, alla sua scrivania cosparsa dagli oggetti più svariati, comprese le
immancabili sigarette e la pipa per i momenti di raccoglimento e riflessione.
Il suo amore per la razionalità, coniugata però all’intuizione del momento, i suoi
commenti sempre precisi e illuminanti, a volte sagaci, magari accompagnati dalla sua
risata un po’ roca, da fumatore, tutta particolare. Anche quando ci riuniva a casa sua, nei
pressi dell’Arena, per parlare di progetti, mentre cucinava il suo piatto forte, derivato dalle
ascendenze valtellinesi della sua famiglia d’origine: i pizzoccheri.
Lo rivedo nel suo studio medico.
Alle sue spalle la libreria, con una parte dei suoi libri, appunti, protocolli di ricerca e
faldoni di documentazione per i suoi articoli e libri.
Di quello studio in via Villoresi 5 a Milano, zona Navigli, che fu precedentemente di
suo padre, anch’egli medico.
Su un lato della stanza, alla destra di Margnelli, l’ampio divano ricoperto da un
pesante telo di velluto rosso e nero, su cui faceva distendere i pazienti per le sedute di
psicoterapia ed ipnosi.
E l’eterno via vai di gente.
Al mattino e nella fascia serale i pazienti mutualistici.
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Nel pomeriggio i pazienti che seguiva da specialista.
Il telefono che, per un motivo o per l’altro, squillava ininterrottamente. Specie quando
organizzavamo incontri, convegni, conferenze. Oppure per la visita, anche estemporanea,
di studiosi in transito per Milano. Anche perché lo studio medico di Margnelli era pure
sede del Centro studi e ricerche sulla fenomenologia degli stati di coscienza,
denominazione chilometrica per dire che, in quella sede, ma anche sul campo, ci si
occupava di ricerche inerenti gli stati modificati di coscienza.
Tanto quelli indotti in modo “naturale” (sonno e sogno, ipnosi, estasi, trance,
meditazione), che quelli indotti da sostanze psicoattive.
Riguardo alle ricerche sul campo, in altri luoghi presso i quali di volta in volta
Margnelli veniva invitato, vi fu ad esempio una sperimentazione controllata, a cui egli
prese parte con altri psicoterapeuti ed “entronauti”. Era una delle prime volte che un
gruppo di ricercatori italiani – psicologi, psichiatri, psicoterapeuti – sperimentavano su se
stessi gli effetti dell’ayahuasca, la cosiddetta “liana della morte” o “telepatina”. Si tratta di
una pianta (liana) amazzonica da cui viene ricavata una bevanda che induce esperienze
allucinogene e dissociative.
Ricordo che Margnelli ne ebbe, al momento, pesanti vissuti emozionali. Raccontò in
seguito che era stato come se si fossero aperti i rubinetti di tutta la sofferenza che si
portava dentro. In quegli anni, attraverso Margnelli e la Società italiana per lo studio degli
stati di coscienza (Sissc), che egli presiedeva, ebbi pure modo di incontrare ed intervistare,
nel corso di un convegno a Rovereto, Albert Hofmann, il chimico farmaceutico (ex Sandoz)
scopritore dell’Lsd, in seguito studioso e autore di vari saggi sul ruolo delle sostanze
psicoattive nelle culture umane.
L’intervista venne pubblicata sul primo numero della rivista Altrove della Sissc, che
Margnelli ideò e battezzò con lo psicoanalista Gilberto Camilla, succeduto in seguito alla
direzione, e il ristretto gruppo dirigente dell’associazione. Di quel gruppo facevano parte
giovani ricercatori di grande preparazione e intelligenza , tra cui ricordo, solo per citarne
un paio, Giorgio Samorini, etnobotanico e studioso di storia, cultura e scienza delle
sostanze psicoattive, Antonio Bianchi, medico anestesista e tossicologo.
Furono gli anni in cui Margnelli venne riconosciuto come maestro e pioniere
indiscusso di questi studi in Italia, ed egli era giustamente orgoglioso e motivato ad
intraprendere nuovi iniziative culturali, ricerche, incontri.
Il Centro studi diretto da Margnelli a Milano, presso il suo studio, era un porto di
mare. Svolgevamo incontri serali, in genere a metà settimana, in un clima cameratesco.
Si apprendevano sempre nuove cose e, nel medesimo tempo, ci si divertiva.
Lo scambio e il confronto con studiosi di varia formazione e discipline, accomunati
dalla ricerca sugli stati di coscienza, a volte molto vivace, era sempre una esperienza
stimolante. Transitavano studiosi e personaggi di tutti i generi, anche dall’estero, alcuni
francamente stravaganti e bizzarri.
Il divano nello studio di Margnelli, su cui si stendevano i pazienti in analisi o in seduta
ipnotica, capitava divenisse un improvvisato giaciglio per chi, compreso il sottoscritto,
faceva tardi dopo le riunioni e non poteva rientrare in treno alla propria dimora, fuori
Milano.
Marco amava la compagnia, quanto la solitudine. Alternava momenti di grande
allegria e battute salaci, ad altri in cui si manifestava la sua vena maliconica, introversa.
Accettava sempre di incontrarsi e scambiare qualche chiacchiera, specialmente all’ora di
pranzo e cena, oppure per un caffé nei baretti di via Villoresi, appena fuori lo studio
medico. Quella era una zona adorabile, sui Navigli. Era una Milano dei vecchi tempi, un
clima di quartiere, in cui tutti conoscevano tutti, figuriamoci “il dottore”.
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In ogni caso, appena entravi in studio, capivi subito, dalla sua espressione e dal suo
rispondere a monosillabi, se Marco aveva voglia di chiacchierare, oppure era immerso
nella scrittura di qualche lavoro scientifico, di qualche nuovo articolo o libro.
Aveva una grande capacità di concentrazione ed estrema lucidità mentale.
Ti sorprendeva sempre, a volte con intuizioni fulminanti e precise, altre per la sua
semplicità e, talvolta, ingenuità quasi infantile, nei rapporti umani.
L’intensa attività del Centro diretto da Margnelli culminò con il convegno
internazionale Le dimensioni della coscienza, tenutosi a Firenze nel 1992, nel corso del
quale si affrontarono per la prima volta in termini multidisciplinari (vi furono relazioni sul
versante storico, antropologico, persino criminologico, oltre che psicologico e psichiatrico)
il tema della coscienza e delle sue modificazioni, sia in senso “naturale” che patologico.
Al convegno fiorentino, per una serie di fortunate coincidenze, dati i mezzi economici
limitati, parteciparono studiosi del livello di Kenneth Ring, psicologo dell’Università del
Connecticut tra i maggiori e seri studio delle esperienze di premorte (Nde).
Un’altra tappa importante fu la realizzazione del volume collettaneo La fenomenologia
della coscienza normale e alterata (Theta Pubblicazioni, Milano 1994) che, in pratica,
stampammo in proprio, riuscendo perciò con molta difficoltà a distribuirlo soprattutto alle
librerie di Milano.
E’ infatti un volume attualmente introvabile.
Il volume si apriva con il capitolo dal titolo “Cos’è uno stato di coscienza” in cui
Margnelli illustrava il tema rifacendosi ad un modello che lo aveva conquistato da almeno
vent’anni e lo aveva in seguito indotto a dedicarsi assiduamente all’argomento: la mappa
degli stati di coscienza dello psichiatra americano Roland Fischer (il lavoro originale venne
pubblicato sulla prestigiosa rivista Science nel 1971 col titolo “A Cartography of the Ecstatic
and Meditative States”).
Era un lavoratore tenace ed esigente, amava la precisione del ricercatore metodico, a
cui era stato addestrato, e nutriva con molta passione ciò che faceva.
Come psicoterapeuta era più sul versante di Freud (lo ammirava come scienziato e
come scrittore), che non su quello di Jung.
Margnelli era attratto dall’insolito, ma il suo sforzo era quello di spiegarlo con la
mentalità e gli strumenti razionali.
Per sua stessa ammissione, tra il serio e l’ironico, negli ultimi anni della sua vita si era
fatto crescere la barba, per assomigliare ancor più al padre della psicoanalisi. E, al pari di
Freud, era un forte fumatore.
Importanti anche i rapporti di Margnelli col mondo della cultura e dell’arte, i suoi
contatti con la storica Fondazione per l’Arte Contemporanea Mudima di Milano e il
protocollo di ricerca che impostò su “stati di coscienza e creatività”, coinvolgendo un
gruppo di artisti, scrittori e musicisti professionisti, tra i quali il jazzista e compositore
Gaetano Liguori.
Margnelli ebbe importanti contatti e scambi intellettuali con parecchi rappresentanti
del mondo artistico di quegli anni, ad esempio l’artista psichedelico Matteo Guarnaccia,
oppure l’artista-etnofotografo, nonché insegnante Watsu, Italo Bertolasi.
Ma anche con giornalisti e scrittori, come Lina Sotis, Viviana Kasam, Franco Bolelli,
Gianni De Martino. Solo per citarne alcune, tra le tante figure che Margnelli ha incontrato,
frequentato e con le quali ha collaborato.
Era in grado di coinvolgere il pubblico con un eloquio brillante, colto, che mescolava la
sua esperienza universitaria e in seno al Cnr, la sua vasta cultura scientifica e generale, il
196
suo intuito per il nuovo, la sua capacità di sintesi (anche lessicale; riusciva sempre a
trovare definizioni sintetiche, creative ed efficaci per fenomeni complessi).
Conservò sempre la capacità di sintesi, di andare al sodo (non amava molto le
divagazioni né i lunghi giri di parole) che ebbe modo di affinare anche durante una sua
permanenza come ricercatore al Karl Ludwig Institut fur Physiologie dell’Università di
Lipsia, prima, e negli Stati Uniti (Università del North Carolina), in seguito.
Margnelli fu anche un ottimo divulgatore: scrisse parecchi articoli per riviste di
divulgazione scientifica, in cui riusciva a coniugare un ottimo stile, con l’aggancio a teorie
che riteneva fondanti (ad esempio la cartografia della coscienza di Roland Fischer, che non
mancava mai di citare), le sue ricerche e intuizioni lessicali.
Quella con Giorgio Gagliardi, anch’egli medico, psicoterapeuta, ipnologo e docente
dell’Amisi, è stata una collaborazione importante per Margnelli. Con Gagliardi condivise
molte ricerche e pubblicazioni, ad esempio, sugli stigmatizzati (o pseudo tali, come ebbero
modo di accertare, in certi casi fraudolenti), e in particolare sui veggenti di Medjugorie.
Su questi ultimi, ritenuti veritieri proprio per la gamma di manifestazioni
neuropsicologiche accertate, venne istituita una commisione di studio da parte
dell’Università di Milano, di cui, tra gli altri, fecero parte Margnelli e il farmacologo
Maurizio Santini.
Vennero ritenuti veritieri le “trance estatiche” e i potenziali evocati registrati nei
veggenti, ma ovviamente Margnelli non si espresse mai riguardo la natura di quanto
“percepito” dai medesimi.
Importanti per le ricerche condotte su estatici e veggenti, furono l’impiego
dell’elettroencefalografo, di cui Margnelli era grande esperto, e del lie detector (la
cosiddetta “macchina della verità”).
Tali strumenti vennero impiegati da Margnelli e Gagliardi per testare non solo
l’attendibilità di veggenti o sensitivi che venivano studiati, ma anche i correlati
psicofiologici che, ad esempio, si accompagnavano agli stati modificati di coscienza. Non
mancavano, inoltre, ricerche che comprendessero analisi di laboratorio su prelievi
bioumorali dei soggetti studiati, con il loro consenso, nel puro stile del ricercatore con
formazione e impostazione neuropsicologica, ma pure clinica.
Margnelli ha pure fornito una dimensione scientifica alla “cultura psichedelica” degli
anni Sessanta. Traendo da quei movimenti anticipatori della New Age, il meglio che si
potesse ricavare: uno studio più completo della natura umana e, in particolare della
coscienza, nelle sue varie espressioni e manifestazioni.
Come medico, fu tra i primi ad utilizzare un approccio olistico, anche nelle cure che
somministrava ai suoi pazienti: la medicina di sintesi, ma anche l’omeopatia o il
biofeedback, ad esempio.
Era sempre aperto alle soluzioni terapeutiche, da qualsiasi ambito arrivassero, senza
idee preconcette. Si riservava la facoltà di valutarne i reali benefici per i suoi pazienti, a
volte pure per se stesso, prima di negare o sposare un determinato approccio terapeutico,
apparentemente non ortodosso.
Credeva e sosteneva fortemente la possibilità di un approccio “integrato” della
medicina e delle terapie.
Quel suo essere ateo, positivista e, al tempo stesso, attratto dal mistero delle religioni e
della coscienza, tanto da fare della “scienza degli stati di coscienza” l’interesse preminente
della sua vita di ricercatore, ne ha fatto un personaggio dell’era moderna, con tutte le sue
contraddizioni: affascinante, appassionato, controverso, degno di essere studiato e
commentato ancora a lungo.
Sempre alla ricerca di un “altrove”, in cui ora dimora”.
197
STATO DI COSCIENZA TOTALIZZANTE
Riporto l’introduzione del quarto volume come conclusione di questo ottavo, dato, che
come dicevo nella presentazione, è ancora di una attualità sconcertante, ora che tutto
diventa obsoleto in un paio di anni e non solo in campo tecnologico.
L’anima e la mente abbisognano di molto più tempo per maturare.
Presentano tempi lunghi e il tempo si dilata a dismisura.
Ciò che scompare in due anni con il rinnovo della tecnologia, è necessario aumentarlo
di dieci, venti volte per il rinnovo della cultura in tutti i suoi campi.
Scrivevo allora:partiamo dunque insieme dalle ultime pagine del terzo volume per
inoltrarci meglio dentro il mistero dello stato di coscienza totalizzante, dentro quel tipo di
enigma mentale e spirituale che più si cerca di capire, comprendere, valutare e sviscerare
in tutte le sue sfaccettature, più diviene ostinatamente fitto ed impenetrabile, quasi come si
cercasse con tutti i mezzi di entrare a forza, in forma metaforica, nella “mente di Dio” che,
per intuizione, dovrebbe certamente essere vietata all’essere umano poco evoluto, come
l’essere umano del pianeta Terra.
Avevo iniziato l’ultimo capitolo proprio con queste parole:
” Siamo giunti al clou del presente volume.
Siamo arrivati al tanto sospirato traguardo.
Siamo approdati su terre nuove ed ancora completamente inesplorate”.
Per il momento siamo in pochi, in pochissimi, rispetto ai tanti lasciati lungo la via, ma
siamo accompagnati virtualmente da una schiera sempre più folta di filosofi, di pensatori,
di fisici, di matematici, di cosmologi, di studiosi di neuroscienze, di medici e di psicologi.
Ogni anno che passa le nuove idee, le nuove conquiste del pensiero, i nuovi percorsi
della mente umana sono sempre più affollati di persone che iniziano a ragionare con la loro
testa, senza lasciarsi sedurre da teorie che ogni giorno sono sempre più obsolete e superate
dalle nuove scoperte in tutti i campi dello scibile umano.
Non siamo più tanto soli, anche se, come affermavo dianzi, siamo sempre in pochi,
ancora troppo pochi per riuscire a fare una qualche breccia nel muro dell’ostilità,
dell’indifferenza, dell’ignavia, dell’incredulità, della diffidenza e dello scetticismo a tutti i
costi.
Ma urge risvegliare le menti al nuovo vento dello spirito.
Urge ridestarle per nuove importanti e rilevanti vie.
Urge rinnovare la mente ed il cervello con le nuove scoperte in tutti i campi dello
scibile umano, anche quello meno osservato, meno considerato, meno analizzato in tutti i
suoi momenti di vita.
Si sente il bisogno urgente di un importante rinnovamento interiore.
Si sente l’opportunità di organizzarsi in un sistema evolvente sempre verso una
maggiore complessità ed ordine pur in mezzo al movimento caotico della vita di tutti i
giorni.
Si avverte la necessità pressante di considerare anche l’anima, come facente parte
integrante di tutto l’essere umano.
Si capta, attraverso le vibranti antenne dell’intuizione, che stiamo per giungere ad una
nuova spinta evolutiva che caratterizzerà in modo assolutamente preponderante il secolo
attuale appena iniziato.
Si percepisce l’esigenza, sempre più impellente, di riflettere sui movimenti dello
spirito, lo “spirito vitale” dei fisici più all’avanguardia, che tutto avvolge, che tutto circonda,
che tutto investe della sua carica, dal microcosmo al macrocosmo, dalle più piccole
particelle infinitesimali, attraverso gli esseri pensanti, ai grandi, immensi ammassi
198
galattici, ove palpitano miliardi di stelle e naturalmente forse anche esseri dotati di
maggiore carica vitale e maggiore consapevolezza di noi terrestri.
Quella che si potrebbe chiamare la Superintelligenza o la Supercoscienza Cosmica ci
aspetta, ci osserva, ci attende, in modo che, quando saremo pronti, possiamo fonderci in
Lei per ottenere il vero scopo della vita e soprattutto per “dare un senso alla vita”.
Almeno noi, che stiamo insieme da un po’, almeno dal tempo trascorso con questo
libro, almeno noi possiamo essere d’accordo che la vita, così come l’abbiamo costruita fino
ad oggi, elaborando le leggi del caso e dell’entropia, non ha il minimo senso di esistere in
quanto tale.
L’universo e la vita dunque, secondo questi princìpi, sono solo opera del caso e della
necessità di sopravvivere, ma l’universo, di per se stesso, potrebbe esistere anche senza
nessuna forma di vita, dalla cellula all’essere pensante.
L’analisi introspettiva più importante di oggi potrebbe dunque essere la seguente:
”Vivo, mi sento vivo, mi sento cosciente, sono consapevole di esistere, ma non so, non
conosco, non capisco e soprattutto non sono in grado di analizzare il perché”.
Con lo stato di coscienza totalizzante invece siamo in grado di iniziare la strada verso
la consapevolezza del vivere, del dare un senso, individuale, collettivo e cosmico, sia alla
nostra vita, sia alla vita di tutti gli altri esseri umani che vivono con noi e nello stesso
tempo vivono anche per me e per noi.
Perché siamo coscienti che esiste una fusione di intenti tra noi e gli altri.
Perché siamo consapevoli che insieme possiamo intraprendere la strada verso la
Supercoscienza Cosmica in tutta la sua interezza.
Perché siamo del parere che una volta iniziato il percorso verso lo stato di coscienza
totalizzante non ci sarà più possibile fermarsi o peggio tornare indietro.
Perché ci rendiamo conto che l’energia che riceviamo si trasforma in ulteriore
informazione, e l’informazione poi si tramuta in ulteriore conoscenza e coscienza.
Ogni momento della nostra vita diviene così momento di interesse per tutto quello che
siamo e per tutto quello che ci circonda.
Momento di gioia per sentirsi esseri viventi che partecipano della vita dell’intero
universo.
Momento di partecipazione attiva alla vita degli altri.
Momento da vivere “attimo dopo attimo” in un “continuum spazio-temporale” che si
allarga a dismisura, che si espande all’infinito dentro l’infinito.
A questo punto riporto integralmente il prologo al volume “The hidden face of God”,
tradotto in italiano con il titolo “L’universo sapiente” e pubblicato nel 2002 da il
Saggiatore, di G. Schroeder, fisico formatosi al Massachussets Institute of Technology,
perché mi serve da base per poter descrivere meglio cosa significhi per un essere umano
“entrare nello stato di coscienza totalizzante”.
Le sue osservazioni sono molto utili a questo scopo perché parlano proprio di
informazione e lo stato di coscienza totalizzante è anche una grande raccolta di
informazioni che provengono dagli altri stati di coscienza modificati, oltre a un “quid”
ancora sconosciuto, ancora difficile da analizzare in tutta la sua interezza, ma sicuramente
presente come catalizzatore delle funzioni più nobili del cervello e della mente.
Ma diamo la parola a Schroeder.
“Una sola coscienza, un’intelligenza che tutto avvolge, pervade l’universo.
Le ricerche scientifiche, quelle che investigano la natura subatomica della materia,
quelle che esplorano la complessità molecolare della biologia e quelle che indagano il
rapporto cervello/mente ci hanno portato sulla soglia di una folgorante rivelazione:tutto
ciò che esiste è espressione di questa intelligenza.
Nei laboratori la sperimentiamo come informazione che prima si articola a livello
fisico come energia e poi si condensa sotto forma di materia. Ogni particella, ogni essere,
dall’atomo all’essere umano, sembra contenere al suo interno un livello di informazione, di
intelligenza consapevole.
199
Il dilemma che intendo affrontare in questo libro è: da dove proviene questa
intelligenza?
Non vi è traccia della sua origine nelle leggi di natura che regolano l’interazione tra le
particelle elementari che costituiscono la materia. L’informazione sembra qualcosa di
scontato, senza una causa apparente, come se fosse un aspetto intrinseco della natura.
L’idea che all’origine dell’esistenza vi possa essere un elemento non fisico come
l’informazione o l’intelligenza non sminuisce in alcun modo gli aspetti fisici delle nostre
vite. Il rifiuto dei piaceri e della meraviglia del nostro corpo sarebbe un’interpretazione
tristemente scorretta della natura dell’esistenza. Le conquiste della scienza basata sul
materialismo ci hanno fornito comodità, hanno inventato farmaci salvavita, hanno
mandato l’uomo sulla luna.
La frase “non di solo pane vive l’uomo” (Dt. 8,3) tanto spesso citata, ci dice che due
sono gli aspetti cruciali della nostra vita:uno è il pane, cioè il soddisfacimento dei bisogni
fisici, e l’altro è un’intelligenza universale che sta alla base di tutto. Non c’è competizione
tra il livello materiale e quello spirituale:sono complementari, si “completano” come
suggerisce la radice di questa parola.
Quando riusciamo a guardare oltre la cortina fumogena che talvolta ci convince
dell’esistenza del solo mondo fisico, quando tocchiamo quella consapevolezza, lo sentiamo
con certezza:un’ondata di emozioni gioiose pervade il nostro io. Questa risposta emotiva,
potremo chiamarla esperienza religiosa, è presente in tutte le culture che hanno
attraversato il corso della storia. Ci dice che siamo giunti a casa: abbiamo scoperto il
fondamento dell’esistenza.
Tutti prima o poi l’hanno provata forse ammirando uno splendido tramonto, un’opera
d’arte o forse ascoltando le parole di una persona amata. Il livello fisico e quello metafisico
sono diventati uno. Se solo avessimo il coraggio la chiameremmo esperienza spirituale,
persino divina.
Ma c’è una certa riluttanza ad usare questa parola.
“Ascolta la forza” è una frase accettabile sullo schermo cinematografico, ma se lo
sceneggiatore di “Guerre stellari” avesse scritto:”Ascolta Dio” il cinema si sarebbe svuotato
in un lampo.
La riluttanza non sorprende, se si considerano le bizzarre pretese che in tutte le
epoche, e soprattutto nella nostra, sono state riferite a Dio. Un rapido esame rivela che
quelle pretese si basano sulle aspettative nei confronti del Dio ipotetico (e spesso frainteso)
della Bibbia che abbiamo imparato a conoscere da bambini.
Ovviamente, quando valutiamo quella conoscenza con le nostre sofisticate menti di
adulti, ci sembra inevitabilmente ingenua.
La teologia ritiene da sempre che tutto ciò che esiste sia la manifestazione di
un’intelligenza trascendentale, che a sua volta si manifesta attraverso una coscienza
universale. Se a intelligenza sostituiamo la parola informazione, la teologia comincia ad
assumere le sembianze della fisica quantistica.
La scienza stessa ha riscoperto la convergenza tra l’aspetto fisico e quello spirituale. Se
è vero che l’unità è alla base della realtà fisica, è del tutto naturale che le persone cerchino
quell’unità. Purtroppo nel flusso caotico dei nostri impegni quotidiani spesso ci perdiamo e
non riusciamo più a comprendere che quell’unità potrebbe davvero esistere.
Oggi il nostro mondo privato sembra espandersi alla stessa velocità con cui si è
espanso l’universo al momento della sua creazione. Le scoperte scientifiche che
favoriscono il continuo nomadismo della mente si susseguono con una rapidità tale da
superare di gran lunga la capacità di adattamento delle nostre culture.
Le nuove tecnologie prendono il posto degli antichi legami culturali e in questo modo
disperdono tradizioni che in precedenza davano stabilità alla società. Nei paesi in via di
sviluppo coloro che vengono considerati i più poveri tra i poveri sono i senza terra. In un
certo senso noi siamo diventati nomadi senza terra, privati delle nostre radici, anche se
nuotiamo nella ricchezza.
200
Commerciamo in simboli. A parte gli artisti e l’uno per cento della popolazione che si
dedica all’agricoltura, la maggior parte di noi non ha alcuna relazione con il prodotto finale
del suo lavoro. Compriamo e vendiamo azioni di aziende che fabbricano prodotti a mala
pena conosciuti. Pratichiamo il commercio del simbolo supremo: il denaro.
Il denaro non ha un valore intrinseco.
Può promettere sicurezza, piacere e persino libertà, ma non può soddisfare il desiderio
insaziabile di obbiettivi spesso irraggiungibili.
Abbiamo barattato la storia con la tenue speranza di una libertà svincolata dalla
tradizione. Penetrare fino alla coscienza in cui siamo immersi richiede capacità che
trascendono le nostre intuizioni.
Le sorprendenti e spesso incredibilmente illogiche scoperte della fisica e della biologia
negli ultimi decenni ci hanno fornito strumenti che ci consentono una comprensione
scientifica delle fondamenta metafisiche su cui poggia il nostro mondo. Allo stesso tempo,
ci permettono di penetrare l’aspetto spirituale dei fatti scientifici, empirici. Per
comprendere le meraviglie della natura non è necessario sottrarsi alla maestosità.
Comprendendo l’intricata complessità dell’esistenza, ne sperimentiamo la natura
unitaria sia attraverso la rivelazione che la ragione. Non si vuole qui suggerire una vita da
eremiti, isolati dal resto del mondo.
Il risveglio dell’interesse per la meditazione, per le religioni orientali e per la cabala
indica una ricerca quasi disperata delle nostre origini spirituali. Radici che è più facile
trovare nel normale percorso della nostra vita da adulti piuttosto che tra le mura di un
convento.
Questo libro vuole mostrare la grandiosità dell’esistenza nella quotidianità della nostra
vita.
Ognuno di noi è una parte dell’universo che cerca sè stesso. Ci dibattiamo tra un
mondo che ci appare totalmente materiale e un impulso che talvolta ci spinge verso le
emozioni e persino la spiritualità.
Considerare a priori quei sentimenti di amore, gioia e spiritualità una funzione
ereditata dai nostri antenati nel corso dell’evoluzione impedisce il più grande piacere della
vita: la piena consapevolezza attraverso l’esperienza dell’universo metafisico.
Nelle pagine che seguono, mentre affronteremo il viaggio tra le più recenti scoperte
delle meraviglie del cosmo, della vita ed infine del rapporto cervello/mente, vi chiedo una
sola cosa: usate questi fatti per riconsiderare le vostre opinioni in merito alle origini,
all’evoluzione e all’essenza di questo mondo meraviglioso in cui viviamo”.
Non potevo scoprire parole migliori per iniziare dunque il viaggio dentro lo stato
totalizzante che questo fisico sembra aver intuito e forse anche realizzato veramente in
tutta la sua pienezza e proprio partendo dalla più intrisa di materialità di tutte le scienze: la
fisica delle particelle.
Ed ha scoperto, naturalmente insieme a molti altri, quasi contro se stesso, che le
particelle e le onde sono informazione e la coscienza è fatta di un flusso di bit di
informazione.
Sappiamo che le creazioni contro ogni idea predominante, le scoperte più bizzarre
sono molto più facili da accettare se non si hanno idee preconcette su tutto ciò che deve
essere vero, anche in contrasto con la logica comune. E’ necessario però superare la
pressione sociale e professionale che ci conforma alle idee in voga da tempo, anche quando
una massa crescente di dati e di prove sperimentali contraddice in pieno la loro tanto
sicura validità.
Il fenomeno del resto, come ho già ricordato, è già noto da tempo come “dissonanza
cognitiva”, come qualcosa di inconscio che modella tutto il comportamento umano nel suo
esplicarsi nel vivere di ogni giorno ed in mezzo alle esperienze che viviamo nell’ambito del
nostro lavoro e della nostra professionalità.
201
Siamo ancora troppo fortemente legati al principio di causalità.
Ogni evento fisico deve essere preceduto da una causa fisica. E per la stragrande
maggioranza degli esseri coscienti del pianeta Terra esistono solo eventi fisici.
E’ ancora drammaticamente eretico, specie nella cultura occidentale, pensare che un
evento fisico possa dipendere da una causa mentale o spirituale.
Dobbiamo abituarci a pensare che la nostra mente ci fornisce due tipi di vita, una
esteriore, la normale di tutti i giorni, l’altra invece rivolta alla continua, direi quasi
spasmodica, ricerca del trascendente, intuìto come immagine eterna della nostra vita
troppo breve e finita.
Trattando dello stato di coscienza totalizzante vorrei cercare di dimostrare che, dato
che intorno a noi tutto è informazione, tutto è un flusso continuo di bit, tutto è un fluire
ininterrotto di particelle, anche lo stato di coscienza totalizzante può fornire una
spiegazione della nostra aspirazione all’immortalità, di quel desiderio conscio ed inconscio
che ci spinge a cercare sempre, a cercare ovunque, a cercare in tutti i modi quell’appiglio
fisico che manca ancora alle nostre fantasie, alle nostre intuizioni: in ultima analisi alla
nostra creatività.
Ma, come in tutte le cose della vita, esiste anche il contrario, il rovescio della medaglia.
Ci manca ancora, anche a grandi linee, quel determinato processo mentale o spirituale
che possa dare credito ed un senso alla nostra vita entro i confini dell’universo.
Non riusciamo ancora a liberarci dalle maglie della dicotomia corpo-mente, dalle
catene del vivere come dissociati: il corpo da una parte, l’anima e lo spirito vitale dall’altra,
il cervello come entità fisica e la mente come entità astratta.
Siamo sempre ed ancora legati al materialismo imperante, a quel tipo di filosofia
spicciola, al concetto materialistico/edonistico del vivere di tutti i giorni, che ci avverte che
è necessario vivere nel migliore dei modi possibile, anche a scapito degli altri, perché
tanto….dopo….si finisce nel nulla…..nel nulla eterno….
Ma invece non può essere solo così.
Non può essere così perché ce lo dice la stessa ragione, ce lo dice l’intuizione, ce lo dice
l’aspirazione verso un qualche tipo di trascendenza che abbiamo dentro, ce lo dice l’anelito
all’immortalità, impresso dentro di noi fin dal momento del Big-Bang.
Inserisco la chiusura del terzo volume, purtroppo già esaurito, per far presente che
molte delle notizie che presento qui, su questo ottavo volume, erano gia presenti nella mia
mente come sviluppo.
Sono pertanto ancora della massima attualità e possono essere utili per chi si accosta
per la prima volta a questo campo meraviglioso e difficile,sorprendente e complesso,
affascinante e faticoso.
Ed eccoci giunti così al termine di questo lavoro.
Se qualcuno volesse ulteriormente approfondire quanto appreso su queste pagine,
almeno munito di buona volontà, pazienza, perseveranza, tenacia e costanza, non gli sarà
poi tanto difficile cercare la documentazione altrove su quelle parti che l’hanno
maggiormente interessato, oppure più colpito o nel ragionamento, o nella fantasia, o
nell’emotività.
Per conto mio almeno ho tentato di fare del mio meglio e spero che come minimo
qualcuno dei miei dieci lettori possa essere veramente motivato a cercare, nelle biblioteche
specializzate oppure sulla Rete, tutto ciò che io ho volutamente tralasciato oppure anche,
diciamolo chiaro, non sono stato all’altezza di proporre come più aggiornato o più
esauriente.
Del resto anche la bibliografia essenziale, di poco più di 10 pagine, ma con una lunga
lista di testi importanti da consultare avendo il tempo necessario, può divenire molto utile
per ulteriori ricerche.
202
A questo punto un avvertimento importante per tutti, anche per gli eventuali critici o
detrattori della mia fatica.
Nelle pagine precedenti ho esposto soltanto idee e non convinzioni.
Sono solo alcune ipotesi di lavoro e non teorie.
Sono però il frutto di osservazioni continue, scrupolose ed accurate, pur in mezzo a
mille difficoltà anche di natura semantica, nella ricerca di sempre migliori indagini ed
analisi sugli stati di coscienza modificati e sullo stato di coscienza totalizzante, riferiti sia
da altri, sia anche quelli vissuti, osservati e percepiti personalmente.
Per quanto riguarda poi lo stato di coscienza totalizzante ho veramente cercato di fare
del mio meglio, almeno per esporre qualche idea su quanto credo sia per il momento più
che altro frutto di intuizione di fisici, cosmologi, medici e psicologi che non hanno nessuna
intenzione di rimanere con il cervello legato solo alle pur tanto dimostrate teorie
sull’evoluzione, ma di iniziare ad utilizzarlo in tutte le sue funzioni più nobili.
Esse non sono solamente il razionale, ma anche, e qualche volta soprattutto, la
fantasia, la creatività e l’emotività, nel senso più classico della parola, cioè nel senso che
esse possono smuovere, con entusiasmo e commozione, ogni nostro neurone, in modo che,
con i suoi dendriti, possa legarsi indissolubilmente ad altri miliardi, come gli esempi, nel
macrocosmo, delle galassie del nostro universo.
Mi auguro pertanto una cosa sola: che l’invito a guardarsi e sentirsi dentro, che nasce
dallo studio della coscienza in tutte le sue forme più estese, possa essere seguito almeno da
chi abbia voglia e coraggio di intraprendere questa strada affascinante e meravigliosa “ai
limiti dell’infinito”.
Alcuni aforismi di noti autori ora ci possono essere di aiuto per incamminarci lungo la
strada segnata già dal momento del Big-Bang.
“L’ultimo passo della ragione è di riconoscere che ci sono infinite cose che la
sorpassano”.
B. Pascal. “Pensées”.
“Un uomo tanto meno e tanto più difficilmente sarà grande, quanto più sarà dominato
dalla ragione”.
G. Leopardi. “Zibaldone”. 14
“L’atto di intendere è vita”.
Aristotile. “Metafisica”. XII°. 7.
“Non si possiede ciò che non si comprende”.
J. W. Goethe. “Massime e riflessioni”. II°. 3.
“Dietro i sensi/ vedi che la ragione ha corte l’ali”.
D. Alighieri. “Paradiso”. II°. 56-57.
“L’assurdo è la lucida ragione che constata i suoi limiti”.
A. Camus. “Le mythe de Sisyphe”.
“Talora un pensiero mi annebbia l’Io, son pazzi gli altri o son pazzo io”!
Einstein, ad una signora che gli aveva chiesto di farle una dedica su una fotografia.
“Per l’essere razionale solo ciò che è contrario alla ragione è insopportabile”.
Epitteto. “Dissertazioni”. I. 2.1.
203
“La realtà della fantasia supera infinitamente la realtà della ragione, anche se, a detta
dei più, solo la ragione può essere il cardine dell’evoluzione”.
A. Brugnoli. “Stati di coscienza modificati”. II° Volume.
“La ragione, quel fuoco fatuo della mente”.
J. Wilmot. “A Satire against Mankind”. 12.
“La ragione è stata data all’uomo perchè egli possa vivere con giudizio e non tanto
perché egli possa rendersi conto di vivere irragionevolmente”,
V. G. Belinskij. Da una sua lettera.
“Il sonno della ragione genera mostri”.
F. Goya. Titolo di una tavola dei “Capricci”.
“Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce; lo si sa in mille cose”.
Pascal. “Pensées” IV°. 277.
“Quando il cuore può far sentire la sua voce non c’è bisogno di preparare il discorso”.
G. E. Lessing. “Minna di Barnhelm”. V°. 4.
“Vorrei voler, Signor, quel ch’io non voglio”.
M. Buonarroti. “Rime”.
“La razza umana non può sopportare troppa realtà”.
Th. S. Eliot. Four Quartets.
“La maggioranza dell’umanità vive un’esistenza di tranquilla disperazione”.
H. D. Thoreau. Walden.
“Ho visto dimostrare una grande intolleranza per difendere la tolleranza”.
S. T. Coleridge. Biographia Literaria. X°.
“Io, noi e l’universo siamo la medesima cosa.
Io, noi e l’universo viviamo in sintonia.
Io, noi e l’universo ogni giorno evolviamo verso una maggiore complessità.
Io, noi e l’universo ci modifichiamo verso un paradigma ancora sconosciuto, ma di cui
iniziamo almeno ad avvertirne la presenza.
Io, noi e l’universo evolviamo insieme, anche se a passi ancora molto lenti ed incerti.
Io, noi e l’universo viaggiamo nel tempo verso orizzonti completamente inesplorati”.
Non fermiamoci dunque mai in superficie, cioè a prendere atto delle nuove scoperte od
intuizioni, senza seguirle in pieno.
Non fermiamoci solo ad osservare il dito che indica di guardare avanti, verso il punto
Omega.
Non fermiamoci mai a considerare la storia come unica “magistra vitae”.
“Molte persone non capiscono niente in merito agli stati di coscienza modificati o allo
stato di coscienza totalizzante, ma non capiscono niente con grande autorità e
competenza”.
A. Brugnoli. “Stati di coscienza modificati e stato di coscienza totalizzante”. Terzo
volume.
204
Dal libro primo, edito in proprio nel 2000, naturalmente sugli Stati di Coscienza
Modificati Neurofisiologici, vediamo quale pronostico avevo ricevuto da I King sul come
sarebbe andata nel tempo la diffusione e la partecipazione attiva al mio libro.
STATI DI COSCIENZA MODIFICATI
E L’ORACOLO CINESE “ I CHING”
“Il destino mescola le carte e noi giochiamo”.
Schopenhauer. Aforismi sulla saggezza del vivere.
“Non sono gli uomini a dominare la sorte, ma la sorte a dominare gli uomini”.
Erodoto. Storie. VIII°. 49
“Sogni e oracoli sono compresi, per lo più, il giorno in cui si compiono”.
Eliodoro. Le Etiopiche. II°. 36
IL LIBRO DEI MUTAMENTI. http://iching.ecomarchenews.com/
Il Libro dei mutamenti (易經 pinyin yì jīng, Wade-Giles I Ching), conosciuto anche
come Zhou Yi 周易 o I Mutamenti (della dinastia) Zhou è ritenuto il primo dei testi classici
cinesi sin dalla nascita dell'impero cinese (II secolo a.C.).
È sopravissuto alla distruzione delle biblioteche operata dal "primo imperatore", Qin
Shi Huang Di.
Lo Yi Jing è diviso in due porzioni, jing 經 o 'classico' e zhuan 傳 o 'commentario',
composti in momenti differenti ma tramandati come testo unico da due millenni circa. La
porzione jing è composta da sessantaquattro unità, ognuna basata su un esagramma (gua
卦) composto di sei linee che sono o continue (---) rappresentanti il principio yang o
interrotte (- -) rappresentanti il principio yin.
Considerato da Confucio libro di saggezza è utilizzato principalmente a scopo
divinatorio.
Non si sa ancora con precisione a quando risalga una prima stesura del testo dell’ “I
Ching”, il “Libro dei Mutamenti” “The book of the changes”, ma nella letteratura cinese si
parla di quattro saggi come probabili autori: Fu Hi, il re Uenn, il duca di Ciou e Kung Tsë.
Secondo dati piuttosto incerti avvenne quasi sicuramente tra il XVI° e il XII° secolo
Avanti Cristo.
Va ricordata anche una famosa frase pronunciata da confucio (551-479 a.c.) quando si
mise a leggere e studiare l’oracolo:
"Ho cominciato all'età di 50 anni a studiare l' I Ching, grazie al quale ho conosciuto il
mandato del cielo".
D’altra parte a quell'epoca i libri non erano certamente come gli attuali.
Erano composti da strisce di bambù intrecciate da corde di pelle bovina.
Una leggenda specifica racconta che l' I Ching di Confucio si sfasciasse almeno tre
volte, forse come segno che non era ancora pronto per interpretarlo.
Ad ogni modo è indubbio che il libro influì moltissimo sia sul Confucianesimo come
pure sul Taoismo.
E’ infatti classificato come uno dei cinque classici del Confucianesimo e dell’antichità.
205
Scrive R. Wilhelm nell’introduzione alla traduzione in lingua tedesca del 1924 che:
”Una luce del tutto nuova si espande da qui, su molti misteri contenuti nei pensieri,
spesso molto oscuri, del misterioso Vecchio (Confucio) e dei suoi discepoli, e inoltre, su
molte cose che nella tradizione confuciana si trovano come assioma fisso, accettato senza
ulteriore indagine.
Anzi, non solo la filosofia, ma anche la scienza naturale e la scienza politica della Cina
hanno attinto sempre nuovamente a questa fonte di saggezza, e non è da stupirsi se questo
libro sfuggì –unico fra tutti gli antichi scritti di saggezza degli stessi confuciani – persino al
grande rogo di tutti i libri voluto da Tsinn Sci Huang”.
In principio il Libro dei Mutamenti era una raccolta di segni grafici destinati a servire
come oracoli.
Il si era rappresentato come linea intera ed il no come linea spezzata.
si
___
******
no
__
E’ possibile fare il paragone anche con il computer il quale funziona usando solamente
due cifre: lo zero, 0 e l’uno, 1 (cifrario binario).
Più avanti dalla linea intera e da quella spezzata si passò alla combinazione delle due
arrivando ad otto segni, che sono i segni dei mutamenti che avvengono in cielo ed in terra,
immagini sempre in mutazione.
Più avanti ancora nel tempo i segni passarono da 8 a 64, con molteplici combinazioni
tra di loro.
In pratica sono combinazioni varie di trigrammi composti come segue dalle tre linee
intere alle tre linee spezzate:
Con il fluire delle generazioni il Libro dei Mutamenti divenne anche e soprattutto il
Libro della Saggezza e fu usato sia da Lao Tse come da Kung Tse, per le loro ispirazioni,
teorie ed annotazioni al Libro.
Gli otto segni rappresentano per i due saggi “immagini” non di oggetti ma di “stati di
mutamento soprattutto mentali”, nel senso che tutto ciò che si esplica nel campo del
visibile è l’estrinsecazione di una “immagine” oppure di un’“idea” nel campo dell’invisibile.
Si spiega così come quello che avviene nel campo del visibile sia esattamente quello che
è già avvenuto nel campo dell’invisibile.
Il libro dice che a questo tipo particolare di “intuizione immediata”, cioè al di fuori
della razionalità, possono arrivare, nel campo umano, solamente i saggi oppure i santi
(mistici) che così entrano in contatto con questi mondi soprasensibili proprio, come
affermiamo noi, con l’uso degli stati di coscienza modificati neurofisiologici.
In questo modo i saggi ed i mistici sono in grado di “interferire nella determinazione
degli accadimenti universali, ed in tal modo l’uomo forma assieme al cielo, mondo
soprasensibile delle idee, e alla terra, mondo corporeo della visibilità, una terna di potenze
originarie”.
206
L' I Ching, come ben si arguisce da queste brevi note, è un libro molto complesso: ha 64
capitoli fondamentali, quanti sono i segni da interpretare e alcune appendici.
Esse sono definite "dieci ali".
Fu introdotto in Europa da padre Jean Baptiste Regis s.j. vissuto dal 1664 al 1738.
La versione in latino di questo si ebbe però molto più tardi, solamente tra il 1834 e il
1839 a Tubinga.
Fu tradotto nel1854 dal teologo inglese James Legge, ma solo dal punto di vista
filologico e non certo interpretativo.
Passarono di nuovo altri settant'anni e nel 1924 l' I Ching fu tradotto in tedesco da
Richard Wilhelm che ottenne una prefazione, ancor oggi molto considerata presso le sedi
accademiche, di Carl Gustav Jung, il celebre psicologo e psichiatra svizzero, caposcuola
della "psicologia analitica" e autore anche di un saggio su "Psicologia e alchimia".
La prefazione è di ben diciotto pagine, che varrebbe anche la pena di riportare per
intero, ma non vogliamo esagerare in lunghezza con il lettore.
Per chi si appassionasse veramente al soggetto che stiamo trattando, rimandiamo alla
bibliografia.
Riportiamo invece qualche passo esplicativo, in modo che il lettore si renda conto che
l’oracolo cinese “I Ching” non è un testo di divinazione ma è un “libro vivente” in tutta
l’accezione del termine.
Dice dunque Jung che:
“Ove il significato del Libro dei Mutamenti” si potesse afferrare con facilità quest’opera
non avrebbe bisogno di una introduzione, ma ciò è ben lungi dall’esser vero, perché il Libro
ha destato il sospetto di essere una collezione di antiche formule magiche e di essere quindi
troppo astruso per riuscire intelligibile, o di essere privo di valore…….
Conoscevo l’I Ching da quasi trent’anni, e mi ero già familiarizzato con esso, quando
per la prima volta incontrai Wilhelm poco dopo il millenovecentoventi.
Egli mi confermò allora quello che io già sapevo e mi insegnò ancora molte altre cose.
Non sono un sinologo e non sono mai stato in Cina.
Posso assicurare i miei lettori che non è davvero troppo facile trovare un accesso
congruo a questo monumento del pensiero cinese, così infinitamente diverso dal nostro
modo di pensare.
Per capire in generale di che cosa tratti un simile libro è assolutamente imperativo
buttare a mare certi pregiudizi della mentalità occidentale.
E’ un fatto curioso che della gente così dotata e intelligente come i cinesi non abbia mai
prodotto quella cosa che noi chiamiamo Scienza.
La nostra scienza comunque è basata sulla causalità, e quest’ultima è considerata verità
assiomatica”.
Invece i cinesi, almeno fino a qualche decennio fa erano convinti, e forse in gran
numero lo sono tuttora, che ogni evento fosse fine a sé stesso e non potesse perciò essere
ripetibile.
Quindi non esiste un nesso logico tra causa ed effetto, come invece sostiene tutta la
tradizione occidentale.
Ritornando alla prefazione di Jung, in merito a questo punto egli afferma più avanti
che:”…bisogna ammettere che degli istanti possono lasciare tracce di lunga durata”.
In altre parole: chiunque sia stato l’inventore dell’I Ching, era convinto che
l’esagramma costruito in un dato momento coincideva con questo anche nella qualità e
non soltanto nel tempo.
207
Per lui l’esagramma era l’esponente del momento in cui lo si otteneva, più ancora anzi
del misuramento del tempo, in quanto lo si comprendeva come un indicatore della
situazione essenziale prevalente al momento della sua origine.
Questa assunzione implica un certo strano principio che io ho denominato sincronicità
, concetto che formula un punto di vista diametralmente opposto alla causalità.
Siccome quest’ultimo è una verità meramente statistica e non assoluta, essa è una
specie di ipotesi di lavoro esprimente come gli eventi evolvono l’uno dall’altro, mentre la
sincronicità considera la coincidenza degli eventi in spazio e tempo come significatore di
qualche cosa di più d’un mero caso, cioè di una peculiare interdipendenza di eventi
oggettivi tra di loro, come pure tra essi e le condizioni soggettive (psichiche)
dell’osservatore o degli osservatori……..
Come la causalita spiega la sequenza degli eventi, nella mentalità cinese la sincronicità
spiega la loro coincidenza”.
Anche secondo Jung non tutto è chiaro; anzi l’oracolo cinese I Ching solleva
certamente molti più dubbi, perplessità e domande che non certezze.
Ma è un libro che vale la pena di conoscere, di studiare e di interpretare, soprattutto ai
giorni nostri, alla luce delle ultimissime scoperte in campo fisico, come quelle del
“Teletrasporto nel mondo dei quanti”.
I volumi in lingua italiana dedicati a I Ching sono ormai numerosi.
Alcuni sono a mala pena solo nozionistici; altri di facile consultazione ma poveri in
contenuto; altri ancora di modesto uso estemporaneo per pseudo divinatori del futuro,
come molti in questo periodo.
Il più recente è un ponderoso volume: I Ching "Il libro della versatilità", a cura di
Rudolf Ritsema e Shantena Augusto Sabbadini, edito dalla Fondazione Eranos di Ascona,
in Svizzera.
Se la prima stesura probabilmente avvenne tra il XVI e il XII secolo a.C., come abbiamo
accennato in apertura, il testo definitivo è attribuito agli esperti di re Zhou Wenwang (XI
secolo).
Secondo alcuni studiosi forse essi sono solo due, mentre altri sono del parere che si
tratti di un accumulo di esperienze alle quali parteciparono i tanti funzionari di corte,
addetti all'oracolo dei re.
Le ricerche continuano e ogni tanto qualche particolare arricchisce la storia dell' I
Ching, ma è quasi impossibile che si arrivi a una soluzione certa.
Ma cosa sono in ultima analisi I Ching e gli esagrammi, di cui si è interessato perfino
C. G. Jung ?
L’oracolo si fonda come abbiamo visto su 64 esagrammi.
Per comodità, anche se questo è discusso dai “puristi” si lanciano in aria tre monetine
al posto dell’analisi molto laboriosa e complicata dei gruppi di steli di millefoglie, come
veniva usato nell’antichità.
Con le monetine tutto diventa più facile.
Ci si accorda che ad es. la testa vale tre e la croce vale due.
Ogni lancio offre quattro possibilità:
2+2+2=6= linea spezzata mobile
3+2+2=7= linea intera fissa
3+3+2=8= linea spezzata fissa
3+3+3=9=linea intera mobile.
Si lanciano le monetine sei volte, annotando, dal basso verso l’alto, i risultati dei lanci.
208
Si consulta l’oracolo con l’esagramma ottenuto con i sei lanci.
Il tutto è magistralmente descritto nel libro:“I King” di Richard Wilhelm. Astrolabio.
Roma. 1950.
Di per sé il metodo sembra a prima vista completamente banale, in modo particolare
per chi non è addentro in tutto questo procedimento e soprattutto nella mentalità
“sincronica” e non “causale” da seguire.
Ma non è assolutamente così.
Il libro dei mutamenti ha sempre appassionato, nel corso dei secoli, milioni di persone,
in modo particolare tutti quelli che si sono sempre interessati a "cose difficili, oscure e
misteriose".
Come dicevamo all’inizio è un “libro vivente”, nel senso che è sempre attuale e perciò
vivo, essendo il suo modo di agire “al di fuori del tempo e dello spazio”, proprio per la
“sincronicità” che lo caratterizza in ogni suo punto..
E’ con questi presupposti che bisogna imparare bene i suoi contenuti, per essere
sempre in buona forma nel consultarlo e nell’interpretarlo.
In questo contesto entrano così a pieno diritto gli stati di coscienza modificati
neurofisiologici.
Innanzitutto perché l’oracolo lo possono interpretare solo i santi ed i saggi, secondo
quanto esige la tradizione.
In secondo luogo perché è sempre necessario un periodo di riflessione e di allenamento
per essere in grado di dare, con il loro aiuto, una buona e ricca interpretazione della
domanda posta prima della consultazione.
A tal proposito l’Editore nel capitoletto dedicato alla consultazione dell'oracolo scrive
testualmente: “Opportuno usare l'I King esclusivamente come libro di consultazione per
delle questioni di rilevante importanza per le quali, nonostante un esame approfondito,
non si sia potuti giungere ad una soluzione soddisfacente.
Si consiglia di sottoporre al giudizio superiore, rappresentato dall’I King, sempre
domande sull’ orientamento personale assunto o da assumere nei propri riguardi, nei
confronti di un’altra persona o di fronte ad una situazione di fatto.
Non si dimentichi che l’interpretazione della risposta ottenuta richiede come
condizione indispensabile, onde poter essere assorbita o assimilata nelle sua significazione,
un’inalterabile oggettività specialmente verso se stessi e una capacità di cogliere l’essenza
della risposta, evitando di rivolgere l’attenzione su singole parole o frasi staccate.
E’ raccomandabile per stabilire un controllo personale ed una esperienza individuale
raccogliere e coordinare accuratamente le varie domande e le relative risposte ottenute nel
corso del tempo”.
Riportate queste importanti osservazioni che condividiamo in pieno, possiamo
affermare quindi che per essere in grado di interpretare bene la risposta fornita dai King in
merito alla domanda prefissata, si rivela necessario cercare di essere almeno nello stato di
coscienza modificato di veglia rilassata o ancora meglio di autoipnosi.
Il fluire delle considerazioni in questo stato diventa molto più spontaneo, più agevole e
soprattutto più aderente alla realtà di quel dato momento, che è pertanto unico ed
irripetibile, secondo la visione cinese degli avvenimenti ed anche secondo la teoria della
sincronicità.
E’ questo il punto fondamentale di tutto.
209
La domanda personale infatti non può essere ripetuta entro un tempo breve, per es. di
qualche giorno, perché, essendo cambiato il momento di analisi, cambia naturalmente
anche la risposta data dall’oracolo cinese.
Non ci consta che nessuno per il momento abbia cercato di consultare l’ I Ching nello
stato di coscienza modificato dell’autoipnosi, ma la mia certezza deriva dal fatto che le
risposte date sono effettivamente, a tutti gli effetti, molto più appropriate e contengono
elementi di analisi più accurata, dovuta forse anche al fatto di una migliore interpretazione
a livello spontaneo e intuitivo.
Il difficile si presenta quando la domanda non è posta nella formula più adatta oppure
se riguarda fatti o momenti poco significativi, sia individuali, sia collettivi.
In questo frangente la risposta può presentarsi elusiva, nel senso che può dare adito a
diverse interpretazioni che possono essere simili, mai però completamente diverse o
addirittura con significati contrari tra di loro.
Un esempio può essere molto più valido di molte spiegazioni.
Agisco nello stesso modo di Jung, quando ha scritto la prefazione al lbro di Richard
Wilhelm.
Ha chiesto al “Libro vivente” cosa poteva dire sulla sua accoglienza presso gli studiosi e
della sua diffusione nel tempo.
Anchìio ora prendo il libro di Wilhelm e faccio più o meno la stessa domanda.
“Come sarà accolto questo mio volumetto nel campo degli studi ipnologici e nel campo
più vasto della cultura umana?
Come e quanto sarà diffuso nel tempo”?
Lancio le monetine sei volte.
Mi escono in successione dal basso verso l’alto: 7-8-8-8-8-7, che corrispondono al
seguente esagramma:
___
__
__
__
__
___
Tutte linee stabili, nessuna linea mobile.
Cioè il segno è statico.
Non ci saranno cambiamenti nel tempo.
Vado a guardare a quale numero corrisponde l’esagramma uscito.
E’ il N° 27. In cinese I
Traduzione:” Gli angoli della bocca cioè l’alimentazione”. “Una bocca aperta”.
Verrà accolto a bocca aperta?
Questo il mio primo istintivo tentativo di interpretazione.
210
Ma no, non è così!
Diverrà invece un alimento per me e per i lettori.
La linea intera stabile è al primo e sesto posto.
Dunque non cambierà nel corso degli anni.
Essendo essa al primo posto in basso, mi alimenterà in tutto quello che riguarda il
fisico e le ricerche in tanti campi della tecnologia.
In ultima analisi alimenterà il mio cervello sinistro.
Ma la linea intera stabile è anche al sesto posto, cioè nel punto più alto e pertanto
questo mio volumetto nel tempo, usando pazienza, costanza e perseveranza, alimenterà il
mio cervello destro ma anche altre persone nella ricerca in campo intuitivo, creativo e
spirituale
La sentenza infatti dice testualmente:“Gli angoli della bocca. Perseveranza reca salute”.
Più avanti il commento:” La natura nutre tutti gli esseri.
Il grand’uomo (in questo caso il volumetto) alimenta e cura i capaci per provvedere,
attraverso questi, alla cura di tutta l’umanità”.
Si potrebbe andare avanti con ulteriori tentativi di analisi ed interpretazioni, ma, per
quanto mi riguarda, direi che sono già ampiamente soddisfatto.
Quello che conta in questo contesto è la prima risposta e l’interpretazione data che,
come ognuno può notare, riguarda proprio il grado di utilità del volumetto e come esso
verrà accolto dagli interessati..
Sarà solamente questione di tempo e di perseveranza ma diventerà utile dal punto di
vista fisico, psicologico e spirituale e servirà soprattutto ai capaci, a coloro che vi si
dedicheranno, in modo da assimilare quanto contenuto in esso.
Con questo tipo di presentazione spero di aver dato almeno una pallida idea di come
funziona l’I Ching”, il Libro dei Mutamenti (The book of changes) a quell’assiduo lettore
che mi ha seguito fin qui.
D’altra parte solamente chi si è avventurato nella lettura di queste note fino a questo
punto potrà essere considerato un capace in tutti i sensi, su base razionale, intuitiva e
creativa ed avrà certamente modo, in questo contesto, di progredire fisicamente,
moralmente e spiritualmente.
211
E l’Indice?
E le considerazioni generali e/o finali, come si addice a un volume di cultura e di
discussione di alcuni tipi di innovazioni?
Niente, veramente niente di tutto questo.
Perchè?
Perchè il volume è “vivo”!
Il volume è nato vivo!
Il volume è un libro vivente, nel senso che muta con lo scorrere del tempo.
In che senso?
Il volume è vivo, perchè ogni tanto sarà aggiornato, in modo particolare di fronte alla
scoperta di procedure recenti e attuali nel campo degli Stati di Coscienza Modificati
Neurofisiologici.
Il volume è vivo, perché sarà costantemente riveduto e corretto.
Il volume è vivo, perche saranno tolte le parti ormai obsolete e sostituite con altre di
maggior interesse comune per quel dato momento.
Il volume è vivo, come ognuno di noi.
Si, il volume è vivo, proprio come ognuno di noi, che dopo qualche tempo non si trova
più ad essere o sentirsi quello di prima.
Non è più quello di prima come corpo, avendo quasi completamente sostituito le
cellule di cui sono composti i suoi sistemi, apparati e organi.
Non è più quello di prima avendo mutato almeno un po’ nel tempo il modo di pensare,
forse rimosso qualche pregiudizio, forse unparato qualcosa in più dalle vicende della
vita.
Cioè ha costruito e prodotto più anima!
Altrimenti non è nemmeno un vegetale.
Anche il vegetale evolve e produce più anima!
E’ solo un sasso che esiste unicamente aspettando di essere distrutto da qualche
evento al di fuori di lui.
Pertanto mi rivolgo a tutti coloro che faranno il download di questo volume.
Quando ci sarà una nuova edizione tenete anche la vecchia.
Non consideratela obsoleta.
Perché non lo è.
E’ la prima ed è diversa dalle prossime.
Non per niente in prima pagina c’è scritto Aggiornamento febbraio 2011.
Arrivederci dunque alle prossime edizioni.
Angelico Brugnoli
E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio.
A, Einstein.
Ritenere di non avere pregiudizi è il più comune dei pregiudizi.
nicolas Gomez Davila.
Il pregiudizio è un vagabondo senza mezzi visibili di sostentamento.
Ambrose Gwinnett Bierce.
Non è mai troppo tardi per rinunciare ai nostri pregiudizi.
Henry D.Thoreau.
212
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Psicoterapia “H. Bernheim”. Primo volume 381 pag. Verona. 2000.
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Psicoterapia “H. Bernheim”. Secondo volume di 581 pag.Verona. 2002.
A. Brugnoli.
Stati di coscienza modificati e stato di coscienza totalizzante. Istituto
Italiano Studi di Ipnosi Clinica e Psicoterapia “H. Bernheim”. Terzo
volume. 213 pag.. Verona. 2003.
A. Brugnoli.
Stato di coscienza totalizzante. Un viaggio verso la coscienza planetaria
e cosmica. Alla ricerca del profondo Sé. Quarto volume di 226 pag. La
Grafica.Verona. 2004.
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Stati di coscienza modificati neurofisiologici. Quinto volume. 404 pag.
Ls Grafica. Verona. 2005.
A. Brugnoli.
Un passo oltre. Sesto volume. 164 pag. La Grafica. Verona. 2007.
A. Brugnoli.
Il risveglio del Profondo Sé. Spiragli di luce sulla solitudine umana.
Settimo volume. 272 pag. Gabrielli Editori. 2009.
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Tramonto dopo una giornata burrascosa
di tuoni, di lampi, di pioggia, di grandine.
Splendida metafora della vita umana sul pianeta.
E della vita di ognuno di noi, sempre bersagliati dagli eventi.
Eterni viandanti e pellegrini del cosmo,
lungo le strade del tempo.
Ma domani sarà cielo azzurro e sereno.
Dopo il salto quantico.
E tutto risplenderà di nuova luce.
Luce diffusa in ogni luogo, senza una fonte visibile,
in un mondo di pace e serenità.
Luce dell’anima e dello spirito.
219