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www.continentalidaferma.it (Pagina 1 di 1) N° 118 - Marzo 2017 L’ostinato silenzio di alcuni dirigenti di Società Specializzate. È una storia vecchia di molti anni. Quando decisi di creare un portale in cui le Società Speciali delle razze Continentali da ferma avessero un efficace strumento comunicazionale, lo feci nell’esclusivo interesse della cinofilia. Infatti non ho mai ospitato pubblicità, né alcunché mirato ad appagare mie ambizioni personali. Malgrado ciò, alcune delle Associazioni interessate rinunciarono fin dal principio a collaborare e comunque – con l’eccezione di un paio di Associazioni – ottenere tutti i mesi un articolo per ciascuno dei giornali dedicati alla relativa razza è stata una battaglia immane. Ora la situazione è ulteriormente peggiorata ed alcune collaborazioni sono pressoché totalmente cessate. Ma com’è possibile – vi chiederete – che i componenti del Direttivo di una Società Specializzata rinuncino a svolgere la missione comunicazionale che è il loro compito principale? Com’e possibile che i componenti del Direttivo di quelle Associazioni pensino che il loro ruolo si esaurisca in cinque o sei riunioni all’anno, in cui per lo più si discute di beghe personali e si delibera il calendario di manifestazioni, a ciascuna delle quali partecipa qualche decina di Soci? Tra l’altro, riferire ad un’ampia base di lettori l’esito delle manifestazioni approvate dal Direttivo è l’unico modo per conferire loro un significato zootecnico come strumento d’indirizzo della selezione. In alcuni casi, la base dei lettori mi ha esternato la delusione per il lungo silenzio su quanto avviene per certe razze, che ho provveduto a far pervenire ai vertici dei relativi Direttivi… ma il risultato è stato solo un ostinato silenzio e l’implicita ammissione che la mancata comunicazione scaturisce da incurabile pigrizia. Né è plausibile l’eventuale incapacità di espressione, essendo noto ai Dirigenti in questione che la redazione del giornale è disponibile a trasformare in un articolo la semplice elencazione dei loro pensieri. So benissimo che questa mia esternazione è del tutto inutile … e che anzi renderà ancor più assordante il silenzio di chi già ora tace. Spero solo che in un futuro (che va ben oltre il mio tempo) la base elettorale che sceglie chi deve guidare le Società cinofile terrà ben presente la capacità (e soprattutto la volontà) di comunicare come elemento che orienterà il suo voto. www.continentalidaferma.it www.giornaledellabeccaccia.it (Pagina 1 di 3) N° 118 - Marzo 2017 PARCO DEL TICINO E DEL LAGO MAGGIORE CORSI PER MONITORAGGI DI GESTIONE DELLA BECCACCIA di Silvio Spanò I temi della conferenza ai partecipanti del corso di monitoraggio sulla beccaccia nel parco del Ticino e del Lago Maggiore Nei giorni 25 e 26 febbraio 2017 l’Ente di Gestione delle aree protette del Ticino e del Lago Maggiore ha organizzato un “Corso di formazione rivolto agli operatori cinofili per il monitoraggio della beccaccia svernante nelle aree protette” approvato da ISPRA. Si è così inteso continuare l’iniziativa avviata nell’inverno 2004/05 in base ad apposita convenzione con l’Università di Genova, di cui allora il sottoscritto era responsabile, poi continuata dopo la mia entrata in pensione ed ora con la promozione di questo nuovo corso, per raccogliere nuovi operatori preparati a proseguire il monitoraggio che – ricordiamolo – è uno dei pochissimi tra la decina di Inizierò dal concetto di “gestione”, parola abusata ed impropriamente usata come sinonimo di “prelievo”, mentre può assumere diverse finalità, ma sempre col presupposto che ci sia un intervento diretto dell’uomo a scopi definiti, altrimenti si può parlare di “non gestione” lasciando che la natura faccia il suo corso. In Paesi assai antropizzati (dove le attività dell’uomo – per lo più negative – sono molteplici) la non “gestione” difficilmente porta spontaneamente alla conservazione di singole specie. Con la gestione invece si dovrebbe tendere a mantenere le popolazioni in base alle loro esigenze ecologiche, al massimo livello com- monitoraggi in altrettante aree protette iniziate e precocemente esaurite. In questa veste di “responsabile storico” sono stato invitato a tenere una sorta di presentazione nella sede del Parco di Villa Picchetta (Cameri, NO) e credo sia doveroso riportarne traccia, anche a sprone per nuove analoghe iniziative. Ringrazio tra gli organizzatori Gerolamo Boffino, Danilo Manfrin e Alessandra Parodi e tra i docenti, oltre ai tre sopra riportati, Carlo Conte (naturalista, della cui tesi di laurea sulle beccacce ero stato relatore con il compianto Guido Tosi) e Marco Cucco dell’Università del Piemonte Orientale. patibile con l’ambiente. È evidente che nel complesso è compreso – ma non sempre necessario – un prelievo venatorio (non è necessario per la beccaccia, mentre può esserlo per i grossi erbivori) sconfinando nel controllo. Si possono cioè eseguire interventi di “gestione”, ad esempio per migliorare la capacità portante dell’ambiente e i monitoraggi di singole specie, almeno finché le ricerche (studi) di campo non confermino la sostenibilità di un prelievo, da definire e attentamente seguire. Quanto sopra è meno semplice per la beccaccia, ma rientra tuttavia in questi concetti (forse più che “gestita” deve essere “prelevata con pru- denza”, finché non si mettano a punto indici e modelli matematici che, con sufficiente approssimazione, informino se e quanto/quando eventuali abbattimenti possano incidere sul suo status). Pertanto, prima di “gestire” dobbiamo, “studiare” la specie che ci interessa. L’estrema mobilità migratrice e l’immenso areale di distribuzione della beccaccia in Eurasia comporta l’impossibilità pratica di disporre di dati quantitativi, sia pure approssimati, sulla sua consistenza e dinamica (compresa l’entità dei prelievi effettuati), neppure delle singole sub-popolazioni che frequentano regioni suf- www.continentalidaferma.it www.giornaledellabeccaccia.it ficientemente distinte; si deve pertanto tendere all’individuazione e all’uso dei già ricordati indici, che possano evidenziarne lo status o, almeno, la tendenza demografica. Visto che nel ciclo annuale lo spazio vitale nella beccaccia è composto da due aree separate (una di nidificazione e l’altra di svernamento, tra loro legate da corridoi migratori) in cui gli individui sono relativamente stabili, con notevole fedeltà ai rispettivi quartieri (riproduttivi e di sverno), è più significativo monitorare qui le presenze ed i loro trend negli anni su campioni statisticamente rappresentativi di aree soggette a minori disturbi/alterazione antropici. Di converso, un monitoraggio (cerca) diurno con cane da ferma (la specie migra di notte) in periodo di scorrimento migratorio (soprattutto se rapido come quello primaverile e con sovrapposizione di soggetti di diverse sub-popolazioni, a stadi differenti di maturazione sessuale e quindi di stimolo) e con personale esclusivamente volontario (quanto a giorni, luoghi, ripetizioni, numero di cani e di operatori) su territori poco rappresentativi, porterà ad una raccolta di dati di scarsissima (quasi nulla) validità scientifica, col rischio di distorcere il significato dei dati che eventualmente ne derivino. Ed è per questo che a tuttoggi l’ISPRA ritiene valido il solo protocollo di monitoraggio approvato nel 2006 dall’allora INFS (definito d’intesa con l’Università di Genova e il Club della Beccaccia), limitato a zone protette di grossa estensione e in periodo di stretto svernamento (20 dicembre – 31 gennaio), applicato in Corsi per monitoraggi (Pagina 2 di 3) base ad accordi con i relativi Enti di gestione. Ovviamente per raggiungere questo obiettivo, occorre formare operatori che conoscano la specie e sappiano cosa debbono fare e perché, non potendo pertanto esimersi dalla frequenza ad appositi corsi e relativi esami di abilitazione e tanto meno dai successivi impegni di collaborazione eventualmente assunti. Siamo in un momento che di corsi si fa un gran parlare con diverse realizzazioni da parte di organizzazioni territoriali (Parchi, ATC, Regioni, “ex Province”) con interpretazioni non del tutto omogenee, cui non sono alieni gli interessi “politici” locali. Lo schema fin qui seguito è quello approvato dall’INFS, ma sovente con la comprensione delle motivazioni dei discenti ad allargarne i limiti temporali, pur minimizzandone i significati statistici e facendo sì che gli abilitati possano fruire di vantaggi venatorioscientifici (esempio: qualche giorno di caccia in gennaio) a fronte della partecipazione attiva alle diverse ricerche (raccolta ali, ICA ecc.). Ripetiamo qui che ISPRA ha mostrato interesse all’acculturamento dei cacciatori, dando l’OK al contenuto-schema “aggiornato/ampliato” dei corsi, ma riservandosi di valutare se saranno possibili e validabili le suddette “nuove” interpretazioni/estensioni, in una fase sperimentale su un numero limitato di aree da concordare... fase finora disattesa, non esistendo le condizioni per procedere al di fuori del protocollo 2006 (con cane e in aree protette tra il 20 dicembre ed il 31 gennaio). Mi sembrano comunque eccessive le parte dei corsi relativi alla armi-munizioni ecc. Intanto due regioni (Abruzzo e Toscana) hanno fatto decreti ad hoc: ad esempio per la Toscana in data 11.3.2016 (n.1011) “Autorizzazioni e indirizzi in ordine all’organizzazione dei monitoraggi alla beccaccia (Scolopax rusticola) nelle aree di svernamento durante la stagione venatoria e mediante cane da ferma fino al 10 aprile 2016". Ovviamente per chi ha l’abilitazione, limitatamente alle aree boscate. vocate alla gestione del cinghiale, escluse le aree potette (non cacciabili in genere) e dopo la chiusura della caccia fino al 10 aprile con una serie di prescrizioni, alcune che purtroppo sottolineano la non significatività dei dati raccolti; così – ad esempio – uscite del singolo con frequenza massima di 3 giorni alla settimana, esclusivamente martedì, venerdì, sabato e domenica, e minima di almeno tre uscite nell’arco del periodo di rilevamento... Già da qui si vede l’impossibilità di un rilevamento realistico dello scorrimento migratorio con tali fisse giornate, ma anche troppo poche (il minimo di 3 uscite) per un sufficiente grado di attendibilità (il volontariato – si sa – dà risultati discordanti e sovente limitati... tanto più “senza lo stimolo del fucile”). Pertanto resta accettabile lo svolgimento di corsi a sfondo culturaleformativo, effettuati da personale qualificato, mentre sono tutti da vedere (e in parte da rifare e controllare) periodi, zonazione, presenza sul territorio e attendibilità dei dati che ne derivano. www.continentalidaferma.it www.giornaledellabeccaccia.it A chiusura occorre quindi tornare a sottolineare l’utilità dei monitoraggi in svernamento, in particolare nelle aree protette (vedasi protocollo INFS 2006), che offrono indicazione sulla presenza, densità e variazioni nel tempo delle beccacce ivi svernanti, e pertanto anche sull’importanza delle singole aree protette investigate nella salvaguardia della specie. Se l’insieme delle aree investigate costituisce un campione sufficientemente ampio ed estrapolabile ad un più ampio territorio (in Italia abbiamo qualche milione di ettari protetti, idonei allo scopo!) il risultato potrà esser utilizzato come indice della variazione della presenza/conservazione della beccaccia nel tempo... dato importante nella gestione stessa, quale indice del trend da tenere in conto nella regolamentazione (regionale) dei prelievi e nella considerazione se la specie è in buono stato o meno (aumento, diminuzione, elaborazione statistica di modelli). Non va infine dimenticato che, affiancati a questi monitoraggi, se ne possono effettuare altri, con finalità anche di confronto tra i dati relativi e la Corsi per monitoraggi (Pagina 3 di 3) loro influenza nel valutare un trend: conteggi alla posta crepuscolare, conteggi notturni in pastura col faro, (inanellamento); nonché sarebbe indispensabile una realistica raccolta dei dati quantitativi forniti dagli effettivi prelievi annuali, con metodologie già sperimentate in altri Paesi (Francia) tramite tesserini specialistici e linguette codificate da applicare alla zampa di ogni beccaccia abbattuta, da consegnare annualmente all’autorità, pena non ottenere il tesserino per l’anno successivo. Su questi dati certi si potrò definire un PMA (Prelievo Massimo Ammissibile) biologicamente accettabile. Accenniamo solo all’importante rete di controllo dell’occupazione da parte dei maschi nelle aree di nidificazione (conteggi alla croule) che, su grandi estensioni, offrono un quadro esauriente dello stato delle popolazioni nidificanti nei Paesi importanti per la nidificazione (l’Italia è solo molto marginale al riguardo)! Purtroppo sono stati ignorati i pesanti ammonimenti giuntici da questi monitoraggi dalle più importanti aree di croule e di produzione (diminuzione dei riproduttori) in relazione a fenomeni straordinari come geli nelle aree di sverno, siccità/incendi in quelli di nidificazione: per esempio, in Russia il monitoraggio continuativo dagli anni ’90 in poi su circa 750.000 ettari, ha evidenziato un 2002 molto siccitoso, con influenza negativa sulla nidificazione; nel 2010, anche questo un anno con scarse piogge e conseguenti incendi, si è avuta la più bassa media di soggetti in croule degli ultimi 12 anni...... e ancora dopo il tremendo freddo del febbraio 2012 il rientro in Russia è stato tardivo e scarso. Dal 1999 al 2010, sono stati compilati in proposito 27.000 questionari. Ma questi e altri fatti NON sono mai stati presi in considerazione nel formulare calendari venatori prudenziali nei Paesi di maggior prelievo in autunno/inverno...anzi! In chiusura faccio presente che le cose migliorerebbero se finalmente si potesse arrivare ad una caccia specialistica in senso stretto (ma non è questa la sede né il momento per affrontare questo tema). www.continentalidaferma.it www.giornaledellacinofilia.it (Pagina 1 di 1) N° 118 - Marzo 2017 CANI INCONTRISTI E CANI ROBOT di Cesare Bonasegale La maturazione di una buona esperienza venatoria come premessa di un’alta positività dei risultati nelle prove. Cinquant’anni fa si diceva che se un cacciatore era una schiappa …diventava cinofilo. Ed era in parte vero perché molti cinofili a caccia erano effettivamente degli incapaci che – per nascondere la loro inettitudine – delegavano ai loro cani la reputazione che loro non sapevano meritarsi nel trovare la selvaggina e nell’utilizzo del fucile. E siccome per fare un buon cane ci vuole un buon cacciatore, “le schiappe” affidavano i loro cani a degli addestratori professionisti che creavano e conducevano i loro cani nelle prove, del cui esito “le schiappe” si vantavano (anche se il loro unico merito era di pagare le salate parcelle dei dresseurs). Oggi la situazione è cambiata…in peggio! Perché – ad eccezione di beccacce e beccaccini, la cui caccia è praticata da una minoranza di specialisti – la selvaggina consiste in pollastri che un inserviente ha estratto da un sacco e quindi molla in un cespuglio mezz’ora prima che il cacciatore gli spari. Quindi forgiare un buon cane in simili condizioni è quasi impossibile. E chi vuol farlo deve effettuare due o tre trasferte all’anno in Paesi in cui le starne sono ancora presenti e selvatiche per iniziare così alla caccia un buon cucciolone. Fatto ciò – ed avuta conferma sul terreno delle buo- ne qualità naturali del giovane cane – il buon cacciatore passerà all’addestramento del giovane allievo per affinare le prestazioni necessarie al successo nei field trials, addestramento che potrà essere fatto dal cacciatore medesimo o da un professionista allo scopo incaricato. E le schiappe? Loro si limitano ad affidare i cuccioloni al dresseur che – dopo un periodo di iniziazione – dovrà emettere il verdetto se il soggetto è o meno meritevole di continuare una carriera di prove; ed i soggetti meritevoli proseguono presso un dresseur la loro attività, che consiste in sistematici turni di pochi minuti, senza (quasi) mai abbattere un capo di selvaggina. A questo punto però si può verificare un potenziale problema, per comprendere il quale è necessaria una breve digressione. Il cane da ferma è stimolato nella cerca dal suo naturale istinto predatorio, il cui appagamento consiste nell’abboccare la selvaggina con tanto impegno localizzata; se però la ricompensa viene sistematicamente meno perché la selvaggina non viene abbattuta, la cerca diventa la semplice esecuzione di quanto gli è stato insegnato …spesso anche con metodi punitivi. Succede quindi che il cane esegue meccanicamente i lacet che l’addestratore gli ha insegnato, per quindi fermare la selvaggina che occasionalmente trova sul suo percorso. In altre parole la cerca non è più l’esplorazione delle zone dove – in virtù dell’esperienza maturata – il cane ritiene più probabile l’incontro, bensì una corsa di pochi minuti fatta secondo gli schemi che il dresseur gli ha inculcato. Si ha quindi l’esibizione di un esercizio meccanico che non è l’ottimizzazione delle opportunità venatorie, ma ottiene il plauso dei cosiddetti “esperti” che magnificano nelle loro relazioni la regolarità del percorso… soprattutto in campo aperto. Il risultato però è che gli incontri della selvaggina da parte di questi cani sono sporadici. Tutt’altro quadro invece offrono i cani che hanno maturato una notevole esperienza di caccia, che hanno una percentuale di positività nella loro cerca nettamente superiore e che (con grande sorpresa degli appassionati) vanno in classifica in quasi tutte le gare. Ed il merito è sicuramente delle grandi qualità di cui son dotati…ma anche e soprattutto del loro padrone (o del loro addestratore) che li hanno utilizzati sistematicamente a caccia, quella vera, col fucile in spalla, e che hanno inculcato in loro che l’esercizio della caccia ha lo scopo di far prendere in bocca al cane la selvaggina oggetto della sua grande passione. www.continentalidaferma.it www.giornaledelepagneulbreton.it (Pagina 1 di 2) N° 118-Marzo 2017 LA PROVA DI BORGHETTO di Donato Scalfari Positivo esito della prova del 15 gennaio a Borghetto. Yago di Stefano Boschi conquista il Trofeo in palio Per tutta la settimana, abbiamo seguito con una certa apprensione le previsioni meteo: nevica …. non nevica; piove… non piove. Come noi, anche molti degli appassionati che avrebbero voluto partecipare, hanno passato parte del loro tempo a “studiare” meteorologia! La mattina del 15 gennaio, il tempo ci ha graziati rimanendo solo nuvoloso e, a tratti, ci ha fatto vedere anche il colore azzurro del cielo. Le temperature sono rimaste, tutto sommato, accettabili. Quattordici cani in catalogo, divisi in due batterie, giudicate dai sigg. Gianluigi Arcangeli e Sergio Bianconi. Grazie all’ottima organizzazione e agli accompagnatori preparati, ogni soggetto ha avuto modo d’incontrare e solo pochi di loro sono incorsi in piccoli errori che, a norma di Regolamento, non ha consentito loro di essere messi in classifica. Terreni bellissimi che purtroppo, visto le recenti e continue gelate, non si sono presentati nel migliore dei modi, ma che hanno consentito, comunque, un ottimo svolgimento della prova. Nella prima batteria si sono classificati tre soggetti femmine: Desy di Maurizio Aldovardi e Margot e Maya del giovane Davide Rocco. Nella seconda batteria si sono qualificati tutti i soggetti: a Yago di Stefano Boschi è stato assegnato il CAC, ad Artù di Iacomini la Ris. di CAC e a Nando, ancora di Boschi, il CQN. Il trofeo, offerto dalla famiglia Scal- fari, uno splendido piatto di ceramica raffigurante un Breton al riporto di fagiano, opera del maestro Gianni Marcucci di Deruta, è stato assegnato a Yago di Stefano Boschi. Era la prima volta nella nuova AFV e per la prima volta eravamo ospiti del nuovo agriturismo: come inizio direi che possiamo ritenerci soddisfatti. Gli amici che hanno preso parte alla prova e coloro che hanno partecipato semplicemente come spettatori hanno dato dimostrazione d’avere gradito. Prossimo impegno il 22 luglio prossimo per il Raduno di razza, in collaborazione col Gruppo Cinofilo Capitolino. (Continua) www.continentalidaferma.it www.giornaledelepagneulbreton.it La prova di Borghetto (Pagina 2 di 2) Le classifiche I batteria - Giudice Sergio Bianconi 1° Ecc. Gipsy Maurizio Aldovardi 2° Ecc. Margot Davide Rocco 3° MB Maya Davide Rocco II batteria - Giudice Gianluigi Arcangeli 1° Ecc. CAC Yago Stefano Boschi 2° Ecc. Ris. CAC Roky Giuseppe Iacomini 3° Ecc. Artù Stefano Boschi Ecc. Tico Giuseppe Iacomini MB Charlie Luca Marchi MB Artù Giuseppe Iacomini CQN Nando Stefano Boschi www.continentalidaferma.it www.giornaledellospinone.it (Pagina 1 di 2) N° 118 - Marzo 2017 TROFEO MECO MIRAMONTI di Giampiero Giroldi Selvaggina particolarmente difficile ha consentito un solo classificato. Il trofeo a Tancredi di Morghengo. La stretta di mano fra Marco Lozza (proprietario) e Franco Fusi (allevatore) di Tancredi di Morghengo. Giampiero Giroldi, organizzatore della manfestazione, consegna il Trofeo Meco Miramonti Domenica 12 febbraio 2017, a Novara si rinnova l’appuntamento con il trofeo “ Meco Miramonti, Speciale Spinoni” su selvaggina naturale in Zona di Ripopolamento e Cattura, dove il giorno precedente si era corsa una batteria di Continentali italiani con il CACIT in palio. 13 soggetti a catalogo, in unica batteria, posti al giudizio dell’Esperto Francesco Bonasera da Noli. Terreni idonei al tipo di prova: stocchi di mais, gerbidi e boschetti che consentono al Continentale italiano di mettere in mostra tutte le sue doti venatorie e di adattabilità ad ogni tipo di caccia e di terreno. Selvaggina cattivissima ed estremamente elusiva, abbondante il giorno precedente ma – pur non trattandosi di migratori – quasi introvabile la domenica; del resto, se il fagiano è veramente selvatico, poco accetta di essere disturbato e, qualora ciò avvenga, tenta di difendersi portandosi in quei ricetti dove è difficilmente rintracciabile. Questa ù l’unica considerazione plausibile per non dubitare dell’abilità del materiale canino che nella generalità ha messo in mostra www.continentalidaferma.it www.giornaledellospinone.it buone doti venatorie. Ma veniamo alla cronaca. Primo turno a Tancredi di Morghengo, condotto da Giancotti: grande impegno, tipicità di razza, cerca ampia e redditizia, tant’è che dopo alcune ferme su minilepri, che nel folto gli arrecano disturbo, in granoturco riesce ad agganciare, fermare e risolvere correttamente su fagiani. Verificato in coppia, si aggiudica il 1° ECC e con questo, non essendoci altri qualificati, anche l’edizione 2017 del trofeo Meco Miramonti, pregevole scultura del compianto Rabitti. Segue Queen, la Spinona di Sivieri, presente anche il sabato che purtroppo si ripete, nel senso che anche domenicai, dopo aver messo in campo pregevole impegno, in pioppeto avverte e mette in ala utile fagiano. Puccini del Mucrone, nel terzo turno, mette in evidenza buona azione ma con portamento di testa non ideale e si ripete in troppe ferme sostenute senza esito. Seguono Messalina, Nenè di Morghengo e Zagabria, tre soggetti che svolgono cerca impegnata con alcune ferme su minilepre ma senza riuscire a reperire selvatico valido per la prova; in evidenza per doti stilistiche e aderenza al miglior tipo di raz- Trofeo Meco Miramonti (Pagina 2 di 2) za Nenè. Garbelli sgancia Denise della Becca che mette subito in mostra trotto lungo e serrato, di buon ritmo, ma che purtroppo al palesarsi di minilepre insegue a fondo e stenta a farsi recuperare. Al nono turno è la volta di Vidal della Becca di Torretta, buon soggetto con trotto tipico ed azione idonea ma purtroppo, entrato in folto, mette in ala ed insegue a fondo. Aris del Mucrone svolge cerca continua, con discreto movimento ma portamento di testa non ideale: in gerbido ferma minilepre e conclude il turno senza incontrare. Astro di S. Pietro, giovane Spinone di Panizza , condotto da Giancotti, svolge il turno con azione sempre tesa ed intensa; soggetto potente con buon portamento di testa, si fa notare. A fine turno in bosco ferma ma non risolve. Aiace di Cascina Croce di Danelli, soggetto con buone doti venatorie, azione continua con fasi di trotto di non grande qualità che a fine turno perde di smalto. Ultimo turno a Maniero delle Sabbie d’oro di Carolo, presente anche al sabato dove aveva messo in mostra buona tipicità, con azione avida e continua, sia in terreno aperto che in folto, dove aveva fermato in ottimo stile ma poi messo in ala fagiano e successivamente, prima di farsi legare, ne aveva investito un secondo; anche lui come la Queen si ripete e purtroppo mette in ala fagiano. In relazion, Bonasera ha evidenziato la venaticità dei soggetti postigli a giudizio e l’ottima qualità di alcuni di questi a testimonianza che lo Spinone è e rimane un ottimo cane da caccia, ma non nasconde le difficoltà messe in mostra nel gestire il contatto con il selvatico. Dal Gruppo Cinofilo Novarese e del Sesia un grazie al C.I.Sp. per la fiducia che sempre gli accorda nell’organizzazione di questa speciale di razza, ma soprattutto alla famiglia Miramonti che nel ricordare il “Meco”, grande cacciatore ed appassionato di questa splendida razza, annualmente presenzia alla consegna del trofeo gentilmente offerto in memoria e che sino ad ora è andato solo ed esclusivamente ai massimi esponenti della razza Spinone che negli anni hanno calcato il terreno delle prove cinofile. Ed allora, caro Spinonista, ti rinnovo l’appuntamento per il 2018 e chissà... forse sarà la tua occasione… www.continentalidaferma.it www.giornaledellospinone.it (Pagina 1 di 2) N° 118 -Marzo 2017 DELAGAZIONI CISp LOMBARDE GLI SPINONISTI A CORNELIANO BERTARIO di Franco Poletta Pranzo sociale delle Delegazioni Lombarde del CISp. Luchino di Cascina Croce con Angelini Come ogni anno, le tre Delegazioni CISp della Lombardia hanno organizzato un pranzo sociale con finalità aggreganti che coincide con l’opportunità di rinnovare le tessere. La sede dell’incontro, che può cambiare di anno in anno, questa volta è stata Cornegliano Bertario, piccolo paese della provincia di Milano, al confine con la provincia di Lodi, che ha il vantaggio di essere in una posizione abbastanza centrale e quasi equidistante per i Soci lombardi (… e forse io – che abito nell’estrema punta della regione che confina con Veneto ed Emilia – son stato quello che veniva da più lontano). Sta di fatto che, con grande soddisfazione per tutti, c’era una trentina di Soci, vecchi e nuovi Spinonisti, con vivace interesse per la nostra razza (tanto più dei giovani), alcuni dei quali provenienti da razze inglesi. Presente all’incontro anche il nostro Presidente Marco Lozza che a fine pranzo ha rivolto ai presenti un caloroso benvenuto intercalato dalla trattazione di numerosi argomenti tecnici, spesso motivo di divergenti opinioni sul modo di concepire la nostra razza. Il suo messaggio ha sottolineato come, prescindendo da sia pur importanti dettagli, lo Spinone è e deve essere considerato cane da caccia e che la nostra opera di selezione mai deve prescindere da questa premessa. E per quanto riguardo gli aspetti morfologici, egli ha ricordato che è sempre di assoluta attualità il criterio secondo cui la selezione deve essere orientata a favore “dei più belli fra i più bravi”. Il fatto che poi alcuni tendano a privilegiare l’aspetto fenotipico dello www.continentalidaferma.it www.giornaledellospinone.it Spinone, anche in considerazione che all’estero è spesso vissuto come cane da compagnia, non può farci ignorare che la classificazione della razza presso la FCI e l’ENCI è categorica nel definirlo come cane da caccia. In altre parole, pur se ciascuno è libero di fare le scelte che preferisce, lo Spinone – ancorché a volte all’estero non viene utilizzato a caccia – è una razza la cui selezione include imprescindibili verifiche delle sue qualità venatorie e su questo dobbiamo tutti essere intransigenti. Il fatto cioè che – in virtù delle sue magnifiche doti Spinonisti pranzo sociale (Pagina 2 di 2) caratteriali – sia anche un magnifico compagno in casa, è e deve rimanere una dote aggiuntiva, mai sostitutiva. A riprova delle sue indiscusse qualità come cane da caccia, son sempre più numerose le manifestazioni di am- mirazione provenienti dai maggiori esponenti delle Società Specializzate di altre razze Continentali e la sempre più frequente conversione di giovani appassionati che si scoprono sostenitori della nostra antichissima razza, le cui qualità hanno saputo aggiornarsi alla luce delle esigenze di caccia moderne e che pertanto non ha assolutamente nulla da invidiare a tutte le razze da ferma. Un lungo e caloroso applauso dei presenti ha concluso l’intervento del Presidente. (Pagina 1 di 2) www.continentalidaferma.it www.giornaledelbeccaccino.it Numero 118 - Marzo 2017 LA MAGICA IRLANDA di Ambrogio Fossati L’esito favorevole di una trasferta in Irlanda, mirata alla formazione di giovani Bracchi italianinella caccia ai beccaccini. Sette cuccioli, figli delle mia Dree della Bassa Brianza e di Rios del Buon Vento: lo scorso settembre all’apertura della caccia avevano cinque mesi e già a metà ottobre dimostravano una cerca indipendente e di ampio respiro; i beccaccini non mancavano e i giovani puledri iniziavano a cercare il filo del vento per poter fermare; i primi riporti e persino qualche recupero da manuale avevano arricchito il panorama. Ad ogni uscita potevo notare dei progressi che facevano ben sperare… ma orami eravamo alla fine stagione e mi stringeva il cuore dover rimandare ulteriori progressi alla fine del 2017. È stato così che con l’amico Claudio Meneghelli, proprietario di due giovani Bracchi italiani, figli del suo Canaja della Bassa Brianza, abbiamo deciso di fare una trasferta nella terra d’Albione, precisamente in Irlanda, che ho sperimentato essere una terra promessa per la caccia ai beccaccini. Il contatto telefonico con Rizzini – l’organizzatore che già in passato mi aveva fatto cacciare in Irlanda – e via. La caccia era prevista dal 22 al 29 gennaio; quindi partenza col furgone il 20 all’alba per affrontare una tirata di 32 ore per arrivare a Mullingar, dove abita Rizzini, a circa 200 chilometri da Dublino. Il tutto senza sosta alcuna, perché quando hai i cani sul furgone, meno li tieni rinchiusi nelle gabbie e meglio è: quindi siamo passati dalla Francia, per approdare col traghetto in Inghilterra, attraversandola tutta da sud a nord, e quindi con un altro traghetto siamo finalmente arrivati in Irlanda. A casa Rizzini ci son tutte le comodità (già sperimentate in altra occasione) per i cani e per noi, ivi compresa la cucina italiana, che non è privilegio da poco!. Unica incognita era sulla presenza e sul comportamento della selvaggina…perché la precedente trasferta era stata in Novembre e con la selvaggina migratoria le sorprese non mancano mai. Innanzitutto ci hanno detto che dal mese di Settembre non pioveva in Irlanda… però le torbiere sono bagnate e la presenza dei beccaccini è buona, son ben distribuiti… ma leggerissimi, nervosi e tutt’altro che facili da avvicinare. Quindi un’impresa estremamente ardua per i giovani bracchi che inizialmente non riescono a fermare inutilizzabili frecce alate che partono lunghissime. Cielo nuvoloso, vento teso (in Irlanda è sempre così, grazie all’influenza del mare!) e temperatura attorno ai 5 o 6 gradi. Nel tardo pomeriggio incominciamo a vedere quattro giovani avventare beccaccini tanto lunghi da sembrare impossibiliti, per quindi fermare a distanze che erano al limite del tiro. C’è il tempo di sparare solo di prima canna, perché alla seconda sono già a casa di dio… e ciò vale www.continentalidaferma.it www.giornaledelbeccaccino.it sia per i beccaccini che per i frullini che, dopo pochi metri dalla levata, cavalcano il vento che in un battibaleno li porta a 200 metri…e via! Ciò malgrado incominciano i primi riporti ed i recuperi …e crescono le soddisfazioni. Le torbiere sono ambienti magici, col la presenza solo di beccaccini, un po’ di frullini e qualche beccaccia; ci sono anche delle “lepri di torbiera” che però non lasciano scie e quindi non disturbano il lavoro del cane. Ma è soprattutto il vento sempre teso, il giusto tasso di umidità ed il clima mite (ancora grazie al mare) che esaltano le emanazioni creando così i presupposti ideali per i cani che abbiano la naturale predisposizione per questa caccia: francamente ritengo che in Irlanda il rendimento per chi ama questa disciplina sia superiore che in qualsiasi altro Paese d’Europa, Ita- La magica Irlanda (Pagina 2 di 2) lia compresa. E ciò è tanto più importante per far crescere i giovani cani beccaccinisti, per farli diventare padroni del vento, per abituarli ad ampie aperture perché la selvaggina che stanno cercando è equamente distribuita su tutto il territorio, che di conseguenza va affrontato con regolarità e razionalità in tutto l’arco della giornata. Sia però chiaro che non è una facile passeggiata e la selvaggina devono sudarsela sia i cani che i cacciatori, in virtù di una “grande cerca” fatta di percorsi razionalmente organizzati per non trascurare terreni validi, con la fantasia necessaria per andare a cercare il vento e quindi cogliere emanazioni di lontani beccaccini indiavolati. In Irlanda la locale abitudine e cultura vuole che non si inizi a cacciare prima delle 9 di mattina, cessando alle 5 della sera, perché nell’oscurità la torbiera potrebbe nascondere pericolose sorprese; ma credetemi, 8 ore di caccia in un terreno in cui ogni passo sprofonda, sono il massimo che chiunque possa sopportare. E “lavorare” sette giovani Bracchi italiani ogni giorno per una settimana richiede un fisico ed una passione che non si arrendano. Ma a noi è piaciuto così, affrontando ogni giorno una nuova torbiera dove i nostri giovani allievi sono enormemente cresciuti, regalandoci soddisfazioni ineguagliabili. Del resto coloro per i quali la caccia è il modo di far crescere l’intera cucciolata che abbiamo fatto nascere, così da verificare la realizzazione degli obbiettivi di selezione che ci siamo prefissi, avventure di questo genere sono la base di una passione che diventa una missione. E l’Irlanda è il posto magico in cui realizzarle. www.continentalidaferma.it www.giornaledelbraccoitaliano.it (Pagina 1 di 2) N° 118- Marzo 2017 5 FEBBRAIO BRACCHI E BRACCOFILI A SAN GALGANO di Alessandro Vigni Positiva partecipazione al consueto ritrovo organizzato dalla Delegazione SABI Toscana Per il secondo anno consecutivo la suggestiva cornice di San Galgano (SI) ha accolto il ritrovo invernale organizzato dalla Delegazione SABI Toscana. Buona la partecipazione di associati e relative famiglie, che hanno potuto assistere nella bellissima campagna circostante ad una prova attitudinale riservata ai cuccioloni ed ad una di tipo Sant Uberto. Un evento che si ripete ormai da anni (non sempre svoltosi a San Galgano) che ha come scopo quello di diffondere e promuovere la comune passione tra i braccofili e coniugare al contempo arte e storia. La location si trova a pochi metri dalla stupenda Abbazia Cistercense (originaria del XII-XIII secolo) e dall’eremo, detto Rotonda di Montesiepi, quest’ultimo conosciuto per la presenza della mitica “spada nella roccia”. Una zona di rara bellezza paesaggistica ed architettonica, meta di turismo, in particolare di quello straniero. La mattinata è iniziata nell’agriturismo adiacente all’Abbazia dove, ad accogliere i partecipanti, è stata allesti- ta una tavola ricca di dolci, biscotti, salumi locali e bibite per la consueta colazione; contestualmente è stata l’occasione per effettuare il rinnovo delle tessere 2017 da parte dei Soci e la vendita di alcuni gadgets SABI, operazioni seguite con dedizione da parte del delegato Alessandro Ermini. Organizzatori e “padroni di casa” il Presidente Cesare Manganelli ed il Vice Giancarlo Cioni che, dopo i consueti saluti ed abbracci ai vari partecipanti, hanno diretto la carovana verso il campo di gara. Nel complesso erano iscritti circa una ventina di soggetti. Le prove, purtroppo, sono state inficiate dalla situazione meteorologica: la presenza persistente della forte pioggia ha da un lato reso più complicata la percezione dell’emanazione da parte degli ausiliari – in particolare dei cuccioloni – e dall’altro ha alterato il comportamento della selvaggina immessa (fagiani), che, in taluni casi, non si è involata. Giudici Giancarlo Gioni, con la supervisione del Dott. Mauro Bellodi, quest’ultimo ufficiale selezionatore della squadra SABI per la Coppa Italia, che ricordiamo è stata vinta dai Bracchi italiani nell’edizione 2015, e classificatisi al terzo posto nel 2016. Tra i cuccioloni va menzionato il roano marrone Otto di Arianna Pecoroni, che nonostante non pratichi attività venatoria, ha saputo bene esprimersi sul terreno, evidenziando una buona presa di punto ed un discreto riporto alla mano della giovane proprietaria, felicissima della prova del proprio bracco. Più che positiva anche Viola, di Gianluca Magni, che ha dimostrato buona intraprendenza ed avidità. Appena terminata l’attitudinale si è svolta la prova di tipo Sant’Uberto che ha registrato la seguente classifica: 1° Dino di Tommaso Bencini 2° Icaro di Andrea Marconi 3° Ruga di Alessandro Lombardi. Tutti e tre i soggetti hanno effettuato i turni con concentrazione, cerca di buona fattura, finalizzata al reperimento dei fagiani, e riporto corretto. Non presente in classifica – ma non per suo demerito – Leo, il roano marrone di Betti, immediatamente impegnato nel turno con ottime aper- www.continentalidaferma.it www.giornaledelbraccoitaliano.it ture (pur se eccessivamente al galoppo) e, su fagiana, che inizialmente tenta di sottrarsi di pedina, fila e ferma in maniera espressiva. Purtroppo il selvatico non si invola. Rientrati all’agriturismo, ci attende- San Galgano (Pagina 2 di 2) va il pranzo, caratterizzato da pietanze tipiche della cucina toscana. Giancarlo Cioni ha relazionato i commensali illustrando il proprio giudizio sui partecipanti, seguito da una coincisa analisi di Mauro Bellodi sullo stato attuale della nostra razza, esprimendo l’auspicio di poter essere nuovamente protagonisti anche quest’anno in Coppa Italia. Dero di Alessandro Ermini Icaro di Andrea Marconi www.continentalidaferma.it www.giornaledelbraccoitaliano.it (Pagina 1 di 2) N° 118 - Marzo 2017 11 FEBBRAIO SPECIALE BRACCHI ITALIANI ALLO HIT SHOW DI VICENZA di Roberta Pelagatti La Speciale di razza a Vicenza con l’attiva presenza di due Delegati SABI per il Veneto Per chi non lo sapesse, “HIT” è l’acronimo di “Hunting-Individual protecion-Target” Show, il Salone internazionale di “caccia, armi, tiro sportivo” che ospita anche un’esposizione cinofila organizzata dal Gruppo Cinofilo Vicentino, che per i Bracchi italiani è stata anche una “Speciale di razza”, ovvero una delle poche occasioni nell’anno di conquistare l’ambìto cartellino necessario per la proclamazione a Campione italiano di bellezza. Quindi sveglia di buonora e si parte per Vicenza con la previsione di affrontare il solito serpentone di auto che conduce al quartiere fieristico. A catalogo un buon numero di bracchi: 13 bianco arancio e 10 roano marroni. Non resta che attendere l’inizio dei giudizi e così mi guardo intorno e vedo l’accogliente stand dove troneggia uno striscione col logo della SABI. Mi avvicino e ad accogliermi trovo Giuseppe Vialetto e Nicola Na- scimbeni, due delegati del Veneto, attivi collaboratori della nostra Società specializzata da parecchi anni. Dopo esserci cordialmente scambiati i saluti, ci dilunghiamo in chiacchiere e, illustrandomi l’oggettistica portata a corredo dello stand, mi omaggiano di una serie di gadget creati per l’occasione, in tutta autonomia, da loro stessi: cappellini, adesivi, matite perpetue, tutte rigorosamente personalizzate con l’immagine della SABI delegazioni del Veneto. Una piacevole sorpresa, apprezzatissima anche dai numerosi simpatizzanti del nostro bracco presenti all’Expo. Il caso ha voluto che il ring dove i Bracchi italiani sono stati giudicati fosse adiacente allo stand, che è diventato pertanto il punto di ritrovo della giornata per braccofili. È bastato darsi voce che tutti si sono resi disponibili per una foto di gruppo a sigillo di una bellissima giornata tra persone accomunate dalla medesima passione. Innegabile l’importanza di questa meritevole iniziativa dei nostri Delegati, che hanno creato così l’occasione di essere presenti ad un importante evento di settore, contribuendo a farlo diventare una vetrina di notevole pregio per la diffusione del Bracco italiano. Ne è dimostrazione la quantità di persone che si sono rivolte a Nicola e a Giuseppe chiedendo informazioni di ogni tipo, sia generiche che specialistiche, come ad esem- www.continentalidaferma.it www.giornaledelbraccoitaliano.it pio l’utilizzo della “braga”, oggetto presente sul tavolo dello stand, ai più sconosciuto, ma ben noto agli appassionati. L’esperto giudice Perluigi Buratti inizia ad esaminare i Bracchi che vengono sottoposti al suo giudizio e, dopo diversi giri di corsa degli handler e di trotto dei bracchi, indica i 3 cani finalisti: Hit show (Pagina 2 di 2) Miglior giovane: Toni del Falso di Mario Bencich che salirà poi sul gradino più alto del podio nel raggruppamento Giovani. Miglior femmina: Polcevera’s Ametista di Pierino Ghezzi Miglior maschio e BOB: Mighel V M Dell’Oltrpò di Claudio Nascimbene, 1° nel raggruppamento Razze italiane e 3° nel gruppo 6. Complimenti ai vincitori, complimenti a tutti i partecipanti a questa bellissima giornata cinofila, complimenti ai nostri Giuseppe Vialetto e Nicola Nascimbeni per aver creato con la loro passione la magia di una giornata da incorniciare. Bravi, bravissimi: l’appuntamento è per la prossima edizione con nuove sorprese!!!!! www.continentalidaferma.it N° 118 Marzo 2017 Luci della ribalta (Pagina1 di 3) 1 e 2 Aprile a Ponsacco (PI) la VI edizione della triennale di razza La responsabilità dell’esattezza delle informazioni e delle qualifiche attribuite ai soggetti qui riprodotti è dei proprietari dei cani SPINONISTI DI TUTTO IL MONDO NON MANCATE!!! Nella stupenda Tenuta di Camugliano a Ponsacco (PI) è stata organizzata dal Club Italiano Spinoni la VI edizione del Triennale di Razza,che vuole essere un momento d’incontro e di verifica di Spinoni provenientidall’Italia e da tutto il mondo. L’importanza di questa manifestazione è sia sociale che zootecnica,perché fornisce le linee guida della razza anche in quei Paesi in cuilo Spinone non è vissuto come l’ausiliare da caccia di antichissimatradizione italiana. Quindi vi aspettiamo con il solito entusiasmo, confidando in un’ampia partecipazione all’importante evento! www.continentalidaferma.it Luci della Ribalta (Pagina 2 di 3) www.continentalidaferma.it Luci della ribalta (Pagina 3 di 3) PASSIONI 4 La caccia e l’amore 48 AMICI RACCONTANO RIFLESSIONI E STORIE (...e Bonasegale ci ha messo 4 racconti) Un libro diverso perché scritto per un motivo diverso Il ricavato dalla vendita del libro andrà a favore del Progetto Asante Sana Roberto Children Home Mambrui KENIA ...e la foto qui a fianco mostra alcuni dei beneficiari. Il prezzo di copertina è di 25 Euro (...ma se versate qualcosa in più sarete ancor più buoni). Chi volesse acquistarlo si rivolga a: Lubrina Editore Srl via Cesare Correnti 50 21124 Bergamo tel 39 3470139396 c/c postale 15198245 [email protected]" www.continentalidaferma.it (Pagina1 di 1) POSTA N° 118 - Marzo 2017 Gli “stranguglioni” - Rieducazione al riporto - Mantello di Spinone. Gli “stranguglioni” Ho letto su di un quotidiano che un noto esponente del PD ha detto che non voleva fare venire “gli stranguglioni” agli elettori. Ho invano cercato il significato di questa strana parola e mi rivolgo a lei in cerca di una spiegazione, anche se non ha nulla a che vedere con la cinofilia, perché conosco l’eclettismo della sua cultura. È in grado di fornirmi lumi al riguardo? Andrea Capissi In effetti la cinofilia non c’entra proprio… però l’espressione ha a che vedere coi cavalli. Nella prima metà del secolo scorso era frequente che i cavalli fossero affetti da una adenite infettiva che provocava loro un abbondante spurgo di catarro purulento dalle narici ed il rigonfiamento delle ghiandole della gola che arrivavano a suppurare. Non esistendo ancora gli antibiotici, la patologia veniva curata con dosi “da cavallo” di sulfamidici. In dialetto lombardo si diceva che i cavalli con quella forma di adenite avevano “i stranguiun”; l’espressione può anche essere trasferita a persona che soffre di una evidente costipazione. Evidentemente la frase riferita dal lettore rappre- senta l’italianizzazione dell’espressione dialettale e vuole indicare la produzione di un forte disagio in qualcuno. Rieducazione al riporto Ho un Bracco tedesco di 5 anni, buon cacciatore e fino ad un recente passato anche buon riportatore. L’anno scorso, verso la fine della stagione, un giorno ha recuperato un fagiano abbattuto da non so chi e invece di riportarmelo lo ha letteralmente mangiato. Io ha cercato di richiamarlo mentre stava mangiandoselo, ma lui mi ha ignorato. Io non sapendo cosa fare, glielo ho lasciato mangiare. Nei giorni successivi non ho avuto occasione di ammazzare selvaggina e quindi di verificare il suo riporto. Poi si è chiusa la caccia. Ora non so cosa fare e le chiedo consiglio su come comportarmi. Forse ho sbagliato a non punirlo quando stava mangiandosi il fagiano, ma non volevo correre il rischio di scoraggiare il riporto che lui aveva sempre fatto spontaneamente. Adesso quindi chiedo a lei spiegazioni sul perché si è verificato questa strano comportamento e se devo fare qualcosa per porvi rimedio. La ringrazio anticipatamente. Giovanni Anzieri È molto probabile che il fagiano trovato e mangiato dal cane fosse già morto da giorni e quindi in decomposizione. Se non fosse stato così, molto probabilmente il cane lo avrebbe portato regolarmente come aveva sempre fatto in precedenza. È stato comunque sbagliato non intervenire per impedirgli di mangiarlo: pur senza punirlo, sarebbe stato opportuno non farglielo fare. Concordo col lettere che comunque il fatto non può essere ignorato e sarebbe opportuno un processo di rieducazione. Ecco i miei suggerimenti in proposito. Si procuri una starna morta, metta il cane al guinzaglio, indi gliela faccia abboccare e lo faccia camminare al suo fianco con la starna in bocca. Dopo qualche metro, se la faccia consegnare dandogli in cambio un bocconcino. Ripeta l’esercizio diverse volte. Il giorno successivo, anziché offrirgli la starna, gliela butti in terra davanti al naso; indi gliela faccia abboccare e – sempre tenendolo al guinzaglio – lo faccia camminare un po’ con la starna in bocca. Nei giorni successivi, butti la starna più lontano e – quando il cane l’ha abboccata – lo faccia camminare al suo fianco, ma senza guinzaglio, premiandolo ogni volta con un boccone quando gliela consegna. Nei giorni successivi, ripeta tutto ma in aperta campagna. Infine porti il cane in zona dove si può sparare, faccia volare una starna viva e gliela abbatta, premiando il cane con il solito boccone quando gliela riconsegna. Avrà così ri-inculcato nel cane il corretto comportamento del riporto. Mantello di Spinone Ho fatto coprire la mia Spinona roano marrone da un maschio bianco arancio con l’intenzione di tenermi un cucciolo bianco arancio. Sono invece nati 8 cuccioli tutti roano marrone: è normale una cosa del genere? Dovrei provare a ripetere l’accoppiamento nella speranza che nascano dei bianchi arancio? Omissis Matteo Dipende dal patrimonio genetico della cagna: se il roano marrone è espressione di una coppia omozigote, anche accoppiandola con un bianco arancio, da lei nasceranno solo e sempre roano marroni.