Nebbia urbana. Nebbia a fil di mare. Te la ritrovi addosso

Transcript

Nebbia urbana. Nebbia a fil di mare. Te la ritrovi addosso
Nebbia urbana. Nebbia a fil di mare.
Te la ritrovi addosso una volta l’anno, spessa, che neanche la Bora ci può soffiare contro,
senza farsi venire il mal di testa.
Ordito di palazzine popolari e trama di strada, fili grossi decine di metri, che s’intrecciano
davanti agli occhi; sulla rètina un tessuto grossolano tinto di bianco e di nero.
Niente a che vedere con la seta.
Nere, le sagome degli edifici.
Bianchi, i fantasmi dei “fu” scaricatori di porto.
Nere, le colonne in ghisa degli infiniti ballatoi.
Bianchi, i muri del magazzino 26, il luogo designato per il concerto.
Neri, i flutti che spazzolano le palificate dei moli: mare Adriatico, che qui a Trieste non ci
verrebbe mai in vacanza, qui, almeno ci muore. In santa pace.
Tutto è santa pace: nessun pescatore, nessun ubriacone claudicante, no Martini, no party;
solo reti da divieto di accesso. Zona franca, Porto Vecchio, la Trieste da sempre vietata ai
triestini.
Nebbia candida che è bel tempo, condizione unica e necessaria per il tranquillo
svolgimento del concerto. Elisa, come molti, aveva aspettato con impazienza per giorni e
finalmente...giro di telefonate, amico chiama amico, che chiama fan club, che chiama
trecento ragazzi, che scavalcano la recinzione.
La notte nasconde, ma la nebbia cancella, anche gli abbaglianti delle auto che sfrecciano a
pochi metri dagli intrusi.
LIMITE INVALICABILE
NON OLTREPASSARE
La scala, posizionata dai ragazzi del “laboratorio klandestino” agevola il trapasso e la
panoramica sui culi delle ragazze, intente a barcamenarsi tra tacchi-trampolo e gambe
ingonnate che goffamente cercano di restare chiuse: muscoli defensor vergini in tensione.
L’operazione è lenta, ma il punto scelto per il blitz è ben riparato; tutti dentro.
Per la prima volta nella vita.
3
Settanta ettari, dicono. Un altro mondo. Muri d’arenaria sbrecciata che la pensione se la
sono guadagnata dopo cent’anni di sostegno, vetri rotti qua e là, da lapidazioni vandaliche,
ormai di serie nel corollario del luogo abbandonato. Mancano solo lupi mannari e
pervertiti.
Brrrrrr! L’unica cosa che veramente mette i brividi in questo posto è il freddo: sono solo
dodici, i denari tra le gambe di Elisa ed il freddo che gira.
Neri, i suoi collant.
Nera, la sua minigonna a 3/4 e spacco laterale ad 1/4 di coscia: matematica sopra il
ginocchio.
Bianco, il golfino attillato che le esalta la silhouette.
Non che se la giri da baldracca, visto che le altre ragazze presenti, con le frazioni d’abito
arrivano al sedicesimo, ma una serata così capita raramente.
I miei ragazzi morti, Davide, finalmente in Friuli, finalmente a casa...
Ahhhhh!
Un urlo improvviso spezza i pensieri di Elisa, con i decibel del terrore.
Una ragazza è a terra, supina: gonna ridotta al sedicesimo, gambe e tanga nero all’aria;
amici, curiosi e voyeur tutt’attorno allo svenimento. Qualcuno indica oltre la calca.
Penzolano da uno dei ballatoi: tre sagome in lontananza.
− Oh cazzo!
Non può essere!
Elisa vuole vedere e senza troppo pensare, si avvicina alla scena, coi passi tremolanti del
terrore rischiando più volte d’ inciampare.
Foschia a diradarsi.
Fantocci. Se li ritrova a due metri, penzolanti e con un sorriso beffardo: tre bambini di cera
vestiti di tutto punto, incredibilmente verosimili.
Oca di una troietta bionda! Tutto sto pandemonio per delle bambol...
− Ahh! Ma è un’imitazione di quella scultura che ha fatto tanto scandalo a Milano, è
di...
4
Elisa se lo ritrova accanto, una specie di punk tutto piercing:
− ...come si chiama quello lì? Ma sìì, che ha anche fatto precipitare un meteorite
addosso al Papa. Ci sta troppo dentro! Come è che si chiama? Catalan, Catilan...
Cattelan, idiota! Ha ragione, però. E’ proprio quella. Ne hanno parlato giornali e Tg di
tutta Italia, giusto la settimana scorsa!
Ironia e gusto per il macabro, con questi bambolotti anche stavolta Davide e i ragazzi
hanno colpito.
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI
KONCERTO KLANDESTINO A PORTO VECCHIO
INGRESSO GRATUITO A 50 METRI
ULTIMA PORTA A SINISTRA DEL MAGAZZINO 26
IN FONDO AL CORRIDOIO A SINISTRA.
LABORATORIO KLANDESTINO
KOLLETTIVO KULTURA E MUSIKA
Il cartello è appeso ai piedi del manichino centrale, che, ignaro, sorregge il peso di tutte le
k figlie del centro sociale autogestito; nelle indicazioni, la bussola politica: porta a sinistra,
corridoio a sinistra.
Eccoci!
Uno stanzone immenso, color rosso Guevara di magliette e bandiere, cartoni antirumore
alle finestre e ragazzi, come liquido di contenimento ad occupare ogni metro quadro. Gli
strumenti della band, già in ordine sullo sfondo.
Ore 23.08
Tra un quarto d’ora il concerto dovrebbe cominciare. Giusto il tempo di andare a far pipì.
Se i bagni per signora sono oro, in luoghi come questi, un angolo lontano e soprattutto
faticoso da raggiungere, è assegno in bianco.
5
Al quarto piano Elisa incassa l’assegno, tutto tranquillo, vescica riconoscente.
Accovacciata in posizione verticalfetale, mentre la pipì, seguendo le impercettibili
pendenze del solaio, diventa rigagnolo, Elisa osserva il buio che avvolge tutto il piano.
Lungo i muri, quelli lunghi che guardano nord e sud, grosse aperture rettangolari, spogliate
di qualsiasi parvenza di finestra, allungano una flebile fluorescenza. Forse l’inquinamento
luminoso della Trieste nebbiosa, forse solo suggestione.
Sistemate mutandine e gonna, Elisa decide di avvicinarsi al filare di “buchi” che da a
settentrione; oltre, il Colle di Roiano, invisibile almeno per questa notte.
Invisibile, sì. Introvabile.
Come Carlo.
Dove sei finito?
Era inevitabile che accadesse anche stanotte: pensare, cercare, mea culpare: se solo ti
fossi stata un po’ più accanto...lo so, la mamma...anche a me è morta, ma ho dovuto fare
tutto da sola...pensavo che avresti reagito senza bisogno del mio aiuto...non sarà mica la
crisi dei trent’anni...le maniglie dell’amore che diventano maniglioni antipanico...la
sindrome da omino della Michelin...non ci credo, non sei così debole...
Il peggio è una settimana: il tuo migliore amico, scomparso.
Il peggio è un tornante: la sua macchina abbandonata.
Il peggio è un groviera: il Colle di Roiano con le sue doline carsiche.
Il peggio è un’investigatrice privata incapace: io.
Non riesco a darmi pace; ho cercato come una matta dappertutto e se non fosse perché
questo concerto è l’unico modo per beccare Davide e raccontargli tutto, avrei continuato
le ricerche e non ci sarei mai venuta qui; col rischio poi di un intervento della polizia...ma
sì, al diavolo se mi beccano e ci faccio una figura di merda con i colleghi.
Davide, tu sì che ne hai fatta di strada...voce e chitarra dei Tre Allegri Ragazzi Morti.
Tutta Italia ormai vi conosce. Tu, la band, sempre in giro...Stasera, vicini a casa...Davide, se sapessi...Carlo...Ho paura.
6
Di non rivederlo mai più.
Un attimo.
E’ solo il tempo di girarsi verso la tromba delle scale: un battito di ciglia. Addosso ai suoi
occhi, solo denti spalancati, con la ferocia aggrappata ai filamenti di saliva.
Odio muto di un’ombra gigante che le piomba addosso.
Nessun grido.
Non era sola. Assegno in bianco a puttane. Un solo colpo in testa. Buio senza stelle.
Il dolore del risveglio è la riga dei capelli di Elisa che pulsa e le formiche alle mani.
Umidità. Buio. Non ha ancora osato aprire gli occhi completamente. Freddo, che le dà la
sensazione di stare sdraiata su un letto di cemento, inverosimilmente inclinato.
Mani in alto, come se avesse una pistola puntata addosso.
Immobilizzate. Qualcosa gliele blocca; prova a muovere i polsi...
Crissccsc
Ma che cosa...
Per quanto le è possibile, Elisa cerca di ruotare la testa verso l’alto, spalancando gli occhi
all’oscurità, e... scotch. Ha le mani legate con del nastro adesivo per pacchi. Impugnano
saldamente un’asta, lunghissima, che poggia su lastre di pietra; sembra ardesia.
Ma allora...
− Se ti muovi troppo, rischi di scivolare giù dal tetto!
La voce estranea anticipa il mio pensiero, già saltato alla battuta successiva: “non guardare
giù”.
Vertigine: è tremare più della fifa e del freddo.
Non guardare giù!
− Rundbogenstil... proprio bello. Sai che cos’è Elisa?
Non guardare giù! Ma come fa a sapere il mio nome?
− E’ arte!
7
Non guardare giù!
− E’ uno dei fiori dell’architettura industriale: pilastri e ballatoi in ghisa che
affondano nel cemento armato dei solai; pietra d’Istria; arenaria per i muri; tetti che non
ne vogliono sapere di acqua e neve: tutto giù subito, tra le ardesie inclinate oltre i limiti.
Rundbogenstil: il solaio su cui ti sei messa a urinare, il tetto che hai sotto le chiappe!
Tutto giù subito. Non guardare giù!
Guardo giù.
Elisa è praticamente in piedi; la pendenza è quasi verticale; uno squilibrio minimo e...
La posizione delle braccia bloccate ed i talloni infilati nel canale di gronda sono l’unico
guinzaglio al suo baricentro.
Come sono finita quassù?
− Non lo conoscevi nemmeno tu il Rundbogenstil! Ignoranti. Lo siete sempre stati.
Tu, Davide e Carlo.
Ma come fa a conoscere anche lor...ma chi è?
Elisa cerca di vederlo, ma deve trovarsi oltre il colmo del tetto, sull’altra falda.
− Sempre a prendermi per il culo. Credevate di essere i migliori, solo perché eravate
magri: ciccione, ciccio-bombolone! Gne gne gnè!
E cosa siete diventati? Davide è una specie di cantante che per atteggiarsi al
chissenefrega della fama, rifiuta di apparire in tv; e meglio così, visto lo schifo di
musica che fa.
Carlo, un bidello mammodipendente che si perde nel bosco.
E, gran finale, tu, un’investigatrice privata, capace solo di scoprire cornificazioni
matrimoniali, in cui si rischia al massimo di esser presa a goldoni in faccia!
Indovina indovinello, investigatrice dei miei cavoli, dov’è il pazzo che ha ucciso il tuo
Carlo?
−
Ma ccosa? Carlo ucciso? Ttu? nno no?
Elisa balbetta la sua angoscia. No, non è vero.
8
− Volevate diventare famosi, vero? Finire al circo, eh? Ti ricordi, durante l’intervallo,
quando giocavamo al numero dell’equilibrista sulla corda? Oh sìì come eravate bravi! E
io a guardarvi, in disparte come sempre, soltanto perché col mio peso avrei rotto la
corda. Beh, lo vuoi sapere? Io al circo ci sono andato.
A lavorare davvero!
Rumore di scarpe sulle ardesie.
Il circo, il gioco dell’equilibrista, cicciobombolo. Ma allora è...
Paolone cicciobombolone
Il suo viso a pochi centimetri da quello di Elisa.
E’ ancora lui, con molti rotoli di ciccia in meno e vent’anni in più.
La persona che mai t’immagineresti d’incontrare su un tetto.
Eh già ci mancava solo l’assassino privato delle gioie di gioventù per coronare la mia
carriera!
Lo sfigato di turno che cresce killer d.o.c. Un film già stravisto. Se non sono i padri
ubriaconi, le madri troie di paese o lo zio pedofilo, ci pensano i compagni di scuola.
− Ma avevamo solo 10 anni!
− Ignoranti! I bambini ignoranti saranno adulti ignoranti. Nemmeno Carlo conosceva
il Rundbogenstil, ma si può?!!
Si meritava proprio di morire!
− Ma...
Non mi ascolta, troppo impegnato a vaneggiare.
Con una mano Paolone afferra l’asta che imprigiona la ragazza sollevandola.
− Dai! Fammi vedere se sei rimasta almeno un’equilibrista.
Un nonnulla e...
− Ohhhh! Ma che fai?!!!
− Zitta! Non urlare o ti lascio cadere!
− ...
9
− Bene, brava! Visto che sei ubbidiente, ti faccio un regalo: uno splendido collier.
Paolone estrae dall’impermeabile un collare per cani, e lo lega stretto al collo di Elisa; è
fissato ad una corda di canapa che si perde nel vuoto.
− Vedi quel cavo d’acciaio, teso fino all’altro magazzino?
Elisa lo nota per la prima volta. Sparisce appena sotto il canale di gronda.
Improvvisamente Paolone comincia ad urlare:
− La vita appesa ad un filo ssiori e ssiore! Otto metri di passeggiata sul vuottoo! La
nostra Elisa affronterà le sue paure sul baratro, ma attenzione. Se per caso perde
l’equilibrio, il collare che l’assicura al cavo diventa cappio, e addio Elisa! Dai allora,
tutti insieme, faccia-mole un bell’applausoo!
CLAP CLAP CLAP.
Gli applausi svaniscono, per lasciare il posto tra le mani del killer, a due coltellacci dalla
lama alquanto kitch.
− E adesso vai!
− Nooo! Ti prego non farmi salire sul cavo, non ci riuscirò mai! Finirò subito di sotto!
Elisa è scossa da fremiti incontrollati, mentre lacrime di paura le solcano il viso cadaverico.
− Ah ah ah! E’ proprio quello che voglio
− Ma perché devo fare ‘sta cosa? Non potevi ammazzarmi normalmente? Usali subito
‘sti coltelli!
Elisa è al limite della disperazione.
− Espiazione ed arte. Lezione agli ignoranti: con voi son dovuto partire dall’asilo.
Su bambini! Disegnate una linea retta a mano libera.
Sì la retta via, il cavo sospeso, equilibrio, arte. Voi stessi, il pennello della vostra vita...
− Pennello? Asilo? Ma cosa cazzo stai dicendo?
− E poi, devo far vedere a quel Cattalan chi è l’artista.
Vaneggia.
10
− Sto perdendo tempo! Muoviti!
La punta nella sua schiena longilinea. Vado, vado. A morire.
Ma prima:
− Carlo, dov’è?
L’ultimo desiderio del condannato.
− Appena sali sul cavo, guarda a destra.
Apostrofa, ridacchiando.
Forse è una stupida speranza, forse è disperazione:
− Davide! Non riuscirai mai ad ucciderlo.
− Come no. Credi forse che quegli imbecilli là sotto siano un deterrente al mio piano?
− Certo! Come puoi ucciderlo, con tutta quella gente in giro? Speri di colpirlo alla
fine del concerto? Illuso! Gli altri della band, gli staranno comunque attorno.
Vedrai che poi se ne andranno via tutti assieme a bersi qualcosa!
− Oh bè! Se la metti così...gli offrirò da bere.
− ...
− Sai. Sono il loro addetto agli strumenti.
− Cosa?
− E’ un mese che lo faccio. Mi ha assunto proprio Davide. Si ricordava ancora di me.
Devo avergli fatto una gran pena: la storia della famiglia a carico, il fallimento del
circo, i debiti. Che caro ragazzo!
− Bastardo!
− Ah ah ah! Adesso muoviti!
Paolone l’afferra per le braccia sollevandola senza sforzi. Il lardo ucciso da anni di esercizi
muscolari. E l’equilibrio di un gargoyle parigino. Potenza e controllo circensi.
Quasi sedendosi sul limite della falda Paolone fa atterrare la ragazza sul filo del “rasoio”.
Rasoio, mattatoio, pazzatoio. La prima canzone. Il concerto è appena cominciato. Musica,
dodici metri più sotto.
11
Davide ha iniziato a cantare. E Paolone, sovrapponendosi alla sua voce lontana:
− Prova a camminare su questo rasoio
senza cadere dentro il mattatoio
uscire vivo da ‘sto pazzatoio
che già conosci
e che se scivoli ti scuci
che puoi farti una ferita
certo più dritta della tua vita...
DU DU DUM DUM, il basso
TU TUM TU TUM, il mio cuore
TU DU TUM TU DUM, l’aritmia del momento.
Sono sul cavo. E adesso?
Il primo passo. Piede destro, lo sento sicuro. Agevola la forma del cavo. Piede sinistro.
Non guardare giù.
Piccole oscillazioni.
Piano, guarda avanti, sì così, deestro... è incredibile, ci sto riuscendo!
− Perché non guardi il tuo Carlo?
Non ascoltarlo, vuole solo distrarti, sinistro coosì, guarda avanti, sin...
E’ più forte di me. Mi volto a destra e lo vedo: un impiccato; una sagoma sfocata dalla
nebbia. Immobile, morto.
Carlo. No, Carloo!
L’orrore, la tristezza, il cavo che oscilla sempre più forte.
No! Riprendi il controllo, guarda solo avanti, ok così.
Lacrime scorrono sul viso. Inutili.
Tutto è inutilmente chiaro: le mani scotchate a questa specie di asta d’equilibrio, per non
permettere a Elisa di aggrapparsi in caso di caduta. Il collare, con la corda che scorre
12
liberamente grazie ad un’asola chiusa intorno al cavo d’acciaio, per non intralciarle il
cammino nel vuoto, sì, ma per impiccarla in caso di caduta. Nulla lasciato al caso.
− Sai che cosa facevo al circo, prima di andarmene?
Non lo ascolto, mancano solo due metri.
− Il lanciatore di coltelli!
Un metro. Dai! Sinistro, destro...
Sì! Il piede sinistro poggia sicuro sul cornicione al di là della morte
Ti ho fottut...
Una fitta. Due. Punte nella schiena.
Non pensavo facessero così male i coltelli... Bastardo!
Gli occhi si chiudono, cado, il vuoto. Nooooo!
Tonf
Un morto appeso in più.
Finalmente. Non pensavo sarebbe arrivata dall’altra parte. Se non lanciavo i coltelli...Ma
sì ho dovuto barare un pochino; il giusto tributo all’arte.
Immortali nella scultura. Immortali nella morte.
E non mi hanno nemmeno ringraziato!
Adesso pensiamo a Davide. Il concerto è quasi terminato.
Paolone indugia qualche secondo ad ammirare la sua prima opera d’arte che prende forma,
non senza provare una certa soddisfazione.
Ore 2.45
Nere, tre sagome di morte in lontananza.
Neri, tre ragazzi morti.
Lezione 1. Finita. Che meraviglia!
− Questa, è avanguardia, mio bel Cattalan!
E adesso, Papa Giovanni, tocca a te!
13
Il problema sarà trovare un meteorite adatto. Ma sì, ci penserò domani. Adesso un po’ di
meritato riposo.
I pensieri di Paolone, camminano rasentando per l’ultima volta il magazzino 26. Alle sue
spalle l’opera prima:
Tre allegri ragazzi impiccati
La firma dell’artista:
Cicciobombolone
Ed un messaggio:
Cattalan?
TIE’ !
Nera, la scritta.
Bianco, il muro di nebbia che la sostiene.
14