Attenzione agli scivoloni

Transcript

Attenzione agli scivoloni
ATTENZIONE AGLI SCIVOLONI:
L’ARTICOLO “L’ECONOMIA DELLA SANITA’” DI SERGIO HARARI
Conosco il dott. Sergio Harari, primario dell’Unità Operativa di Pneumologia
dell’ospedale san Giuseppe di Milano, da oltre quindici anni e lo stimo per la sua alta
professionalità e per la sua dedizione alla ricerca clinica, ma l’articolo pubblicato il 15
gennaio sul Corriere della Sera dal titolo: “L’economia della sanità” (è possibile visionarlo
nel link della rassegna stampa) mi ha alquanto meravigliato per alcune imprecisioni e per
delle affermazioni totalmente qualunquiste.
Nell’articolo, il dott. Harari, ha proposto una lettura molto di parte, della difficoltosa
situazione in cui versano gli ospedali cattolici e già nelle prime righe, esaminando quelle
che egli ritiene le motivazioni della crisi, troviamo un’affermazione alquanto offensiva:
“oltre a rapporti opachi con faccendieri di ogni guisa” come pure parlando dei religiosi
afferma ironicamente: “In molti casi la tonaca è diventata solo un paravento con il quale
proteggere il malaffare, taluni sembrano infatti troppo presi dal trascendente per curarsi
degli umani bilanci dei loro ospedali”.
Terminate queste profezie, iniziano le imprecisioni.
-La prima riguarda l’ospedale san Raffaele di Milano che Harari definisce “cattolico”. Il
fondatore del san Raffaele, don Luigi Verzè, che ha saputo trasformare dei prati in una
“città ospedale” tra le migliori d’Europa, non ha mai definito il suo ospedale “cattolico”
anche se era un sacerdote. Lo ha ripetuto più volte, bastava leggere il suo libro “Pelle per
pelle. L'avventura del San Raffaele raccontata dal suo fondatore” (Mondadori 2004),
inoltre il san Raffaele non ha mai partecipato dell’Aris (l’Associazione che raggruppa gli
ospedali cattolici) e al “Tavolo Regionale delle Istituzioni Sanitarie d’ispirazione cristiana”
era presente unicamente come osservatore.
-Una seconda imprecisione riguarda gli ospedali dei Fatebenefratelli in Africa. Harari
afferma: “Basti ricordare gli ospedali psichiatrici proprio dei Fatebenefratelli in Africa, dove
i matti (termine non proprio signorile, direi!) altrimenti finirebbero per fare gli stregoni o
altrimenti bruciati come indemoniati”. Ma i Fatebenefratelli della Provincia LombardoVeneta, in Africa sovvenzionano due “ospedali generali” a Tanguiètà (Benin) e a Afagnan
(Togo) (cfr. www.uta96.it).
-Una terza imprecisione riguarda i riferimenti al Vaticano, mentre questa situazione la sta
seguendo la Conferenza Episcopale Italiana. E’ solo una questione di logicità: come
potrebbe il Vaticano seguire i molteplici problemi delle Chiese sparse in tutto il mondo?
Ma passiamo ai contenuti non condivisibili.
Scrive Harari: “Sono ormai molte le istituzioni religiose cattoliche coinvolte in episodi
discutibili”, come dire “ma guarda che bella banda di delinquenti sono questi religiosi e
religiose!”. Come mai ricorda unicamente le istituzioni cattoliche, dimenticando che vari
scandali sono stati scoperti anche nelle strutture private “profit” e negli enti pubblici. Non
voglio giustificare nessun scandalo, ma per ragioni di obiettività andavano indicati anche
gli altri soggetti presenti in sanità.
E siamo giunti al nocciolo del problema che Harari neppure accenna ma che sta,
in grande parte, alla base della crisi che le istituzioni sanitarie cattoliche stanno vivendo. E
dato che l’articolo fu scritto per l’edizione romana del Corriere della sera, Harari dovrebbe
ben conoscere la situazione della capitale, quindi delle affermazioni sono di un
qualunquismo banale.
Scrive Harari: “I Fatebenefratelli ne sono un altro triste ma inequivocabile esempio, con le
difficoltà dell’Isola Tiberina a Roma…”.
Ma dottor. Harari nella sua analisi accusatoria ha tralasciato il nocciolo del problema: le
insolvenze della Regione.
Forse non sa che il credito che il Policlinico Gemelli vanta nei confronti della Regione
Lazio è di 800 milioni di euro e lo stesso vale per altri ospedali religiosi. Inoltre, i Decreti
regionali nn. 348-349 (i cosiddetti “decreti Bondi”), hanno tagliato un altro 7% ai fondi
previsti per 2012. Questo significa: San Giovanni Calibita dell’Isola Tiberina FBF:
-3.523.589; Villa san Pietro: -3.669.225; policlinico Gemelli: -19.527.915 euro.
E per conoscere ancora meglio il problema la metto a conoscenza del Comunicato
Stampa dell’Aris del 29 novembre 2012: “Forse non tutti sanno che la spending review per
le istituzioni sanitarie religiose no profit del Lazio è iniziata più di sei anni fa con la
riduzione di oltre il 20% dei finanziamenti, nonostante siano rimaste sempre in vigore le
norme nazionali di equiparazione con il pubblico e nonostante sia stata sempre
riconosciuta la piena partecipazione degli ospedali classificati alle reti regionali
dell'emergenza. E sarebbe sufficiente paragonare i finanziamenti erogati per dette
istituzioni con quelli alla sanità pubblica per capire che, al tirar delle somme, la sanità
religiosa comporta per i cittadini costi minori a parità di trattamento e di prestazioni
essenziali rese.
E forse non tutti sanno neppure che gli ospedali gestiti dai religiosi vengono finanziati in
base alle prestazioni effettivamente rese, ma con tariffari sostanzialmente ferme al 1999 e
non certo a bilancio con relativi ripiani annuali dei disavanzi come invece continua ad
avvenire per il pubblico.
L'ulteriore riduzione del 7% decretata il 22 novembre scorso, ma retroattiva per l'intero
2012, praticamente esaurisce la disponibilità finanziaria concessa per l'anno corrente.”.
Vorrei sapere da lei dott. Harari, che sembra vedere truffaldini cattolici dappertutto, come è
possibile con questa situazione economica gestire delle strutture sanitarie!
Gli ospedali cattolici che per la Legge (decreto Bindi 229/1999, art 1) dovrebbero
avere lo stesso trattamento degli ospedali pubblici, svolgendo un servizio alla società, non
hanno mai avuto un’equiparazione a livello economico; questo doveva essere
messo in evidenza, non i tanti giudizi espressi legati spesso al chiacchereccio.
Poi, dovremmo fare una seria riflessione anche sugli enti “privati profit”, ma la
rimandiamo ad un'altra volta.
Don Gian Maria Comolli
17 gennaio 2013