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Associazione Lacaniana di Napoli membro dellʼALI e dellʼALI-in-Italia
Eventi biografici dell’Uomo dei topi
Mario Bottone – Anna Grazia Ricca
La ricostruzione degli eventi significativi della vita dell’uomo dei topi è stata
effettuata a partire dai seguenti testi:
1) S. Freud, Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva. In: S. Freud,
Racconti analitici. Einaudi, Torino, 2011, pp. 407-473. In questa ricostruzione questo
testo è indicato con: Osservazioni.
2) S. Freud, Diario di un’analisi («L’uomo dei topi»). In: S. Freud, Racconti
analitici. Einaudi, Torino, 2011, pp. 474-536. In questa ricostruzione questo testo è
indicato con: Diario.
3) S. Freud, Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva (Caso clinico
dell’uomo dei topi). In: S. Freud, Opere. Boringhieri, Torino, vol. 6. In questa
ricostruzione questo testo è indicato con: OSF.
4) H. Nunberg – E. Federn (a cura di), Dibattiti della Società Psicoanalitica di
Vienna (1906-1908). Boringhieri, Torino, 1973. In questa ricostruzione questo testo è
indicato con: DSPV.
5) S. Freud, Epistolari. Lettere tra Freud e Jung (1908-1913). Bollati
Boringhieri, Torino, 1974. In questa ricostruzione questo testo è indicato con: LFJ.
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6) P. J. Mahony, Freud et l’Homme aux rats. PUF, Paris, 1991. In questa
ricostruzione questo testo è indicato con: Mahony.
Abbiamo inserito prima la data in grassetto e poi tra parentesi quadre l’età del
paziente, seguita dagli eventi.
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22 gennaio 1878: nascita di Ernst Lanzer, conosciuto come Uomo dei topi, e
annotato da Freud nel testo pubblicato con vari nomi sostitutivi: Paul (Osservazioni,
p. 412); sottotenente H. (ivi, p. 420). I suoi genitori erano Heinrich Lanzer (nato in
Slesia il 18 maggio 1825) e Rosa Herlinger (nata in Slesia il 31 dicembre 1844).
Quando Ernst venne al mondo, la famiglia contava già tre figli: Hedwig (nata il 10
dicembre 1870), Camilla (nata il 15 aprile 1872) e Rosalie (nata il 17 febbraio 1874)
(Mahony, p. 36).
Due episodi riguardanti i genitori prima della sua nascita, e riferiti dal paziente
a Freud nel corso dell’analisi, meritano di essere segnalati per la loro importanza. Il
primo è un episodio che riguarda il padre prima del matrimonio e durante il periodo
in cui era sottufficiale nell’esercito:
“Una volta il padre aveva perso al gioco delle carte una piccola somma di
denaro di cui poteva disporre come sottufficiale, e si sarebbe trovato in grave
difficoltà se un commilitone non gliel’avesse anticipata. Dopo aver lasciato l’esercito,
essendo diventato benestante cercò il commilitone che lo aveva soccorso per
restituirgli il denaro, ma non riuscì a trovarlo. Il nostro paziente non era certo che la
restituzione avesse poi avuto luogo, e il ricordo di questo peccato giovanile del padre
lo tormentava, dato che il suo inconscio pullulava di critiche al carattere paterno”
(Osservazioni, p. 447)1.
Il secondo episodio riguarda le circostanze del matrimonio tra i genitori, e il
vantaggio che ne aveva tratto il padre:
“La madre era stata allevata, come lontana parente, in una ricca famiglia che
gestiva un’importante impresa industriale. Con il matrimonio il padre aveva
1
Nel Diario questo episodio è riportato in questi termini: “Una volta il padre aveva con sé dieci fiorini per le spese
militari, giocando con dei compagni ne aveva perso una parte, si era lasciato indurre a giocare ancora e aveva perso
tutto. Si era lamentato con un compagno dicendo che avrebbe dovuto spararsi, e quello aveva replicato: «Ma sì, sparati,
chi ha fatto una cosa simile deve spararsi», ma in seguito gli aveva prestato il denaro. Dopo aver terminato il servizio
militare il padre l’aveva cercato, ma senza trovarlo (l’avrà mai rimborsato?)” (Diario, p. 514).
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cominciato a lavorare in quest’impresa e, grazie alla sua scelta matrimoniale, aveva
raggiunto un discreto benessere. Nel corso di qualche diverbio tra i genitori che
vivevano comunque un matrimonio riuscito, il figlio aveva appreso che il padre,
qualche tempo prima di conoscere la madre, aveva corteggiato una ragazza carina ma
povera e di famiglia modesta” (Osservazioni, p. 438). La ricca famiglia è quella dei
Saborsky, come si apprende dalle pagine del Diario2.
14 giugno 1879 [1 anno e 5 mesi]: nascita del fratello Robert (Mahony, p. 36).
26 novembre 1880 [2 anni e 10 mesi]: nascita della sorella Olga (Mahony, p.
36).
24 agosto 1881 [3 anni e mezzo]: morte della sorella Camilla (Mahony, p. 36).
Scena di furore contro il padre:
“… racconta una scena che gli è stata spesso riferita, dal padre stesso, ma che
lui non ricorda affatto. Per tutta la vita aveva avuto una paura terribile delle percosse,
ed è molto grato a suo padre, che, a quanto ricorda, non l’ha mai picchiato; quando
altri bambini venivano picchiati, lui si nascondeva, inorridito. Ma quando era molto
piccolo, sui tre anni, doveva aver fatto qualcosa per cui il padre l’aveva picchiato, e
allora il bambinetto si era infuriato e aveva cominciato ad ingiuriarlo. Però, dato che
non conosceva parole offensive, gli aveva gridato contro tutti i nomi di oggetti che gli
venivano in mente: «Lampada! Asciugamano! Piatto!» ecc. E il padre aveva detto:
«Il bambino diventerà un grand’uomo o un gran criminale». Con questo riconosce
2
Famiglia che, a quanto ne diceva il paziente di Freud, non avrebbe trattato bene la madre: “La madre era stata allevata
come figlia adottiva dai Saborsky, che però la trattavano molto male” (Diario, p. 514). Invece l’episodio del
matrimonio tra i genitori è riferito in questi termini nel Diario: “Il padre soleva descrivere in modo umoristico la storia
del suo corteggiamento; la madre talvolta lo prendeva in giro perché in precedenza aveva corteggiato la figlia di un
macellaio. L’idea che il padre abbia abbandonato il suo amore per garantirsi un vantaggio legandosi ai Saborsky gli
sembra intollerabile” (ivi, p. 516).
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che la sua collera e la sua sete di vendetta devono risalire a un lontano passato”
(Diario, p. 496).
1882 [4 anni]: scena con la signorina Peter:
“La mia vita sessuale è cominciata molto presto. Ricordo una scena di quando
avevo quattro o cinque anni (dai sei anni in poi i miei ricordi sono completi), che è
riaffiorata con chiarezza alla mia memoria anni dopo. Avevamo una giovane
governante molto bella, la signorina Peter. Una sera era sdraiata sul divano a leggere
e indossava un abito leggero; io ero sdraiato accanto a lei e le chiesi il permesso
d’infilarmi sotto la sua gonna. Me lo accordò, a condizione che non lo dicessi a
nessuno. Non aveva quasi niente addosso, la toccai sui genitali e sul ventre e la cosa
mi fece uno strano effetto. Da allora mi restò una curiosità ardente e tormentosa di
vedere il corpo femminile. Ricordo ancora con quanta impazienza aspettavo che la
governante si svestisse ed entrasse in acqua quando eravamo in bagno, dove avevo il
permesso di andare con lei e con le mie sorelle” (Osservazioni, pp. 411-412).
Il cognome Peter è fittizio; nel Diario si trova quello reale: Rudolf (Diario, p.
475).
1883-1884 [5-6 anni]: bagna il letto dei suoi genitori e il padre lo picchia:
“Da bambino (età incerta, forse cinque o sei anni) una volta era sdraiato così
tra suo padre e sua madre, aveva fatto la pipì a letto e il padre l’aveva picchiato e
cacciato via” (Diario, pp. 509-510).
Episodio dell’uccello impagliato: “quando aveva un po’ meno di sei anni, la
madre gli aveva prestato un uccello impagliato per giocare che aveva tolto da un
cappello. Mentre correva con l’uccello in mano, le sue ali cominciarono a muoversi.
Spaventato all’idea che l’uccello fosse ridiventato vivo, lo gettò via. Penso a un
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rapporto con la morte della sorella – la scena avvenne senz’altro più tardi – e gli
faccio notare che questa sua congettura ha facilitato quella posteriore della
resurrezione del padre. Poiché non reagisce, l’interpreto diversamente, come
un’erezione avuta per mano sua, e qui trovo una connessione con la morte: in
un’epoca antecedente era stato minacciato di morte se si fosse toccato il pene
portandolo a un’erezione, e avrebbe attribuito la morte della sorella alla propria
masturbazione” (Diario, pp. 528-529).
Erezioni intorno ai sei anni. Ossessioni a proposito della morte del padre e idea
morbosa che i genitori conoscessero i suoi pensieri:
“A quel tempo, e per un certo periodo, ebbi l’idea morbosa che i genitori
conoscessero i miei pensieri e mi spiegavo la cosa pensando di averli espressi, senza
però udire il suono delle mie parole. Ritengo che questo sia stato l’inizio della mia
malattia” (Osservazioni, p. 413).
11 gennaio 1886 [8 anni]: nascita della sorella Gertrud (Mahony, p. 36).
Comincia la scuola (Osservazioni, p. 428). Scena con la signorina Lina tra gli otto e
nove anni:
“Ricordo una scena, all’epoca avrò avuto sette anni circa. Una sera stavamo
seduti insieme io, la governante, la cuoca, un’altra domestica e mio fratello minore di
me di un anno e mezzo. Tutta’a un tratto, ascoltando la conversazione delle ragazze,
udii questa frase della signorina Lina: «Con il piccolo si potrebbe fare senz’altro, ma
Paul (io) è troppo impacciato e di sicuro non farebbe centro». Non capii bene che
cosa intendeva, ma mi sentii umiliato e cominciai a piangere. Lina mi consolò e mi
raccontò che una domestica che aveva fatto qualcosa di simile con un ragazzo
affidato a lei era stata messa in prigione per parecchi mesi. Non credo che lei abbia
fatto qualcosa di scorretto con me, ma è certo che con lei mi prendevo molte libertà.
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Quando andavo nel suo letto, la scoprivo e la toccavo, cosa che lei lasciava fare
tranquillamente. Non era molto intelligente, e aveva chiaramente un forte bisogno di
sesso. A ventitre anni aveva già avuto un bambino; in seguito ne sposò il padre e oggi
è la moglie di un consigliere aulico. La vedo ancora spesso per strada” (Osservazioni,
p. 412).
Il nome Lina è fittizio, quello reale riportato nel Diario è Paula (pp. 475-476).
La cronologia stabilita in OSF (p. 4), che segue quella stabilita da James
Strachey, sostiene che l’uomo dei topi conobbe la futura donna amata, Gisela, sin da
quest’anno, ovvero nel 1886, all’età di otto anni. La realtà di questo dato biografico è
stata contestata da Mahony (p. 36).
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1888 [10 anni]: vide un grosso verme nelle feci di suo cugino:
“A dieci anni una volta vide defecare suo cugino, che gli fece notare un grosso
verme nelle sue feci; ne provò un grande disgusto” (Diario, p. 528).
1889 [11 anni]: salvato dalla madre da un castigo severo del padre per un
comportamento da sporcaccione:
“Inoltre ricorda che al padre piaceva essere volgare e amava molto parole come
«culo» e «cacata», che facevano sempre inorridire sua madre. Una volta aveva
tentato di imitare suo padre, cosa che l’aveva portato a commettere un’azione
vergognosa rimasta impunita. Era uno sporcaccione, e quindi un giorno la madre,
quando lui aveva undici anni, decise di lavarlo come si deve. Lui pianse per la
vergogna e disse: «Dove vuoi strofinarmi ancora? Magari sul culo?» Cosa che gli
avrebbe valso una durissima punizione da parte del padre se la madre non l’avesse
salvato” (Diario, p. 511).
Iniziazione ai segreti sessuali da parte di un cugino:
“A undici anni, iniziazione ai segreti della vita sessuale da parte di un cugino
che adesso detesta, il quale gli aveva detto che tutte le donne, comprese sua madre e
le sue sorelle, sono puttane, e lui di rimando gli aveva chiesto: «Pensi la stessa cosa
anche di tua madre?»” (Diario, p. 505).
1890 [12 anni]: si innamora di una bambina; idea della morte del padre:
“A dodici anni si era innamorato di una bambina, sorella di un amico (a una
mia domanda risponde: non sensualmente, non volevo vederla nuda, era troppo
piccola), che però non era affettuosa come avrebbe desiderato. E allora gli venne
l’idea che sarebbe stata più amabile con lui se gli fosse capitata una disgrazia e non
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poté fare a meno di pensare alla morte del padre. Respinse subito con forza
quest’idea…” (Osservazioni, p. 424).
Ricorda che il padre deve aver fatto qualcosa di sconveniente nei confronti
della sorella Olga quando quest’ultima aveva dieci anni:
“Lui aveva sentito delle grida provenire dalla stanza e poi il papà ne era uscito
dicendo: «Questa bambina ha un culo che sembra di pietra»” (Diario, p. 527).
1892 [14 anni]: “Un cugino vizioso a quattordici anni aveva mostrato il pene a
lui e a suo fratello, dicendo: «Il mio abita (hauset) in una foresta vergine», ma lui
aveva capito «mauset»”3 (Diario, p. 533).
Fino ai quattordici, quindici anni aveva seguito la religione:
“Fino a quattordici, quindici anni, era stato molto religioso, poi a poco a poco
si era trasformato nel libero pensatore di oggi. Appianava la contraddizione
dicendosi: «Che cosa ne sai della vita nell’aldilà? Che cosa ne sanno gli altri? In
fondo non si può sapere niente, tu non rischi niente, non esitare». L’uomo, peraltro
così perspicace, riteneva tale conclusione inconfutabile e sfruttava l’incertezza della
ragione circa questo problema a favore della visione religiosa che si era ormai
lasciato alle spalle” (Osservazioni, p. 418).
Sempre all’età di quattordici o quindici anni resta deluso dal comportamento di
un suo amico più grande: questi, lungi dall’essere interessato a lui, era interessato
solo alla sorella:
“In passato, all’età di quattordici o quindici anni, era stato influenzato… da
un[a] persona, uno studente di diciannove anni che aveva una predilezione per lui e
aveva esaltato la sua autostima al punto da farlo sentire un genio. In seguito, quello
studente era diventato il suo precettore e da un momento all’altro aveva cambiato il
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Mausen può significare, se intransitivo, «acchiappare topi», «cacciare i topi»; se transitivo «sgraffignare».
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suo atteggiamento, trattandolo come uno stupido. Alla fine il paziente si era reso
conto che il giovane s’interessava a una delle sue sorelle e che aveva stretto rapporti
con lui soltanto per avere accesso in casa sua. Era stato il primo grosso choc della sua
vita” (Osservazioni, p. 411).
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1894 [16 anni]: masturbazione occasionale a sedici o diciassette anni:
“In genere, la sua vita sessuale è stata scarsa, la masturbazione ha avuto un
ruolo minimo, e solo a sedici o diciassette anni” (Osservazioni, p. 410).
1897 [19 anni]: si scrive alla Facoltà di Diritto, Università di Vienna (Mahony,
p. 37).
1898 [20 anni]: suicidio della sarta a cui lui aveva rifiutato il suo amore:
“Quando aveva vent’anni, la famiglia aveva una sarta che lui aveva aggredito più
volte, ma in realtà non gli piaceva perché era piena di pretese e bisognosa d’amore, e
si lamentava di non essere amata. Gli chiedeva con insistenza di assicurarle che
l’amava, e quando lui rifiutò decisamente, cadde in preda alla disperazione. Qualche
settimana più tardi si buttò dalla finestra. Non l’avrebbe fatto, se lui avesse accettato
di avere una relazione con lei. La propria onnipotenza, dunque, si manifesta
concedendo o negando l’amore, in quanto si possiede il potere di rendere felice
qualcuno” (Diario, p. 521).
Incontra sua cugina Gisela Adler e se ne innamora:
“Nel 1898, quando si era innamorato di lei, aveva sentito parlare di questo bel
corpo da sua sorella Hedwig. Gli fece tanto più impressione in quanto anche Hedwig
ha un corpo molto bello. Forse è questa l’origine del suo amore… Anche la sarta
Leuchtman, che in seguitò si suicidò, aveva detto di sapere bene che lui considerava
ufficialmente la cugina come la più bella delle donne, pur sapendo che ce n’erano di
più belle” (Diario, p. 535).
La data, 1898, è confermata da un passaggio della settima seduta del 9 ottobre:
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“È una parente, l’ha conosciuta nel 1898; nel 1899 è morto suo padre. La
descrive come una persona tutta d’un pezzo; non è capace di amare facilmente, si
risparmia tutta per l’uomo che un giorno sposerà” (Diario, p. 490).
Gisela, viennese di nascita, era nata il 15 ottobre 1879 (Mahony, p. 37).
Desideri ostili e di morte nei confronti del padre:
“Era già innamorato di quella signora4, ma a causa di ostacoli materiali non
poteva pensare a una relazione stabile. Gli era allora venuta quest’idea: forse con la
morte del padre sarebbe diventato abbastanza ricco da poterla sposare. Fece di tutto
per rifiutarla e arrivò al punto da desiderare che il padre non gli lasciasse niente in
eredità in modo che questa perdita così terribile per lui non fosse compensata da
alcun guadagno” (Osservazioni, p. 425).
20 luglio 1899 [21 anni]: morte del padre. L’idea della morte del padre gli si
presentò ancora una volta, ma in forma molto attenuata, il giorno prima della morte di
quest’ultimo. “Pensò: «Sono in procinto di perdere la persona che più mi è cara». E
subito dopo ecco il pensiero opposto. «No, c’è un’altra persona [Gisela] la cui perdita
sarebbe ancora più dolorosa per te». Si stupisce molto di aver avuto questi pensieri,
perché è assolutamente certo che la morte del padre non può essere stata mai oggetto
di desiderio, bensì solo di timore” (Osservazioni, p. 425).
Ernst svolge il servizio militare per un anno, a partire dal 1° ottobre (Mahony,
p. 37). Ripresa della masturbazione:
“Per quanto riguarda l’onanismo il nostro paziente aveva un comportamento
davvero singolare; non lo aveva praticato durante la pubertà, e quindi, secondo certe
aspettative, non avrebbe dovuto sviluppare alcuna nevrosi. Si sentì invece spinto a
4
“Dieci anni prima”, scrive Freud in nota. In realtà, c’è un errore di calcolo da parte di Freud, giacché si tratta di undici
anni prima. Infatti, Freud pubblica il caso nel 1909; dieci anni prima significa il 1899, ossia l’anno della morte del padre
di Ernst.
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praticare l’onanismo a ventun anni, poco dopo la morte del padre. Siccome ogni
soddisfacimento lo faceva sentire molto umiliato, smise ben presto. Da allora in poi il
suo onanismo si manifestò di nuovo solo in rare e particolari occasioni. Soprattutto
nei momenti felici della sua vita o quando leggeva qualche passo particolarmente
bello. Ad esempio, quando in un bel pomeriggio d’estate nella città vecchia udì un
postiglione suonare il corno in modo meraviglioso, finché una guardia glielo vietò
perché lì era proibito suonare! O un’altra volta, quando in Poesia e verità, lesse il
punto in cui il giovane Goethe in un impeto amoroso si libera dell’effetto di una
maledizione pronunciata da una donna gelosa contro la prima che lo avrebbe baciato
sulle labbra dopo di lei. Per tanto tempo quella maledizione l’aveva reso
superstizioso e l’aveva trattenuto, ma ora egli spezza le sue catene e bacia con
passione l’amata. Il paziente si stupiva non poco di sentirsi spinto alla masturbazione
proprio in quei momenti belli ed edificanti. Io però gli feci notare che il divieto e il
fatto d’ignorare un ordine erano elementi comuni a entrambi gli esempi”
(Osservazioni, p. 442)
La cugina Gisela viene operata:
“A proposito dell’operazione racconta che a quell’epoca era fuori di sé dalla
gelosia. Era con lei nella casa di cura (nel 1899) quando un giovane medico era
venuto a visitarla e aveva infilato la mano sotto la coperta: lui si era chiesto se era
corretto. Quando aveva sentito parlare del coraggio di sua cugina durante
l’operazione, aveva avuto l’idea sciocca che fosse perché lei mostrava volentieri il
suo bel corpo ai medici. Si stupisce che io non trovi quest’idea così sciocca” (Diario,
p. 535)
Passa il primo esame di stato il 29 settembre (Mahony, p. 37).
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1900 [22 anni]: riprende gli studi universitari. Aveva fatto il giuramento di non
masturbarsi più:
“Qui, un inciso: nel 1900 circa aveva fatto il giuramento di non masturbarsi
più, il solo di cui si ricordi. Ma in quel periodo aveva l’abitudine, dopo aver letto,
d’illuminare il più possibile l’anticamera e il gabinetto, di spogliarsi e poi di
guardarsi allo specchio. Si preoccupava sempre per il suo pene troppo piccolo; in
queste occasioni aveva un principio d’erezione, cosa che lo rassicurava. Talvolta
s’infilava anche uno specchio tra le gambe. Inoltre, allora gli sembrava di sentire
qualcuno bussare fuori nel corridoio, che fosse suo padre che voleva entrare in casa, e
se non gli avessero aperto lui avrebbe pensato che non lo volevano e sarebbe andato
via di nuovo. Gli sembrava anche che fosse venuto a bussare parecchie volte. La cosa
si trascinò per molto tempo, finché la morbosità di queste idee lo spaventò, e riuscì a
liberarsene pensando che, se avesse continuato così, al padre sarebbe capitato
qualcosa di male” (Diario, pp. 523-524)
Nel dicembre del 1900, Gisela respinge la sua domanda di matrimonio:
“Il giorno dopo che lei l’aveva rifiutato, aveva fatto questo sogno (dicembre
1900): «Attraverso la strada. Per terra c’è una perla. Voglio chinarmi per raccoglierla,
ma ogni volta che lo faccio la perla sparisce. Poi, ogni due o tre passi, ricompare. Mi
dico: ‘Certo, non puoi farlo’» (Diario, p. 502).
1901 [23 anni]: nel gennaio muore una zia e le sue ossessioni si estendono fino
al punto di includere la vita nell’aldilà:
“L’occasione fu data dalla visita di condoglianza che fece in occasione della
morte di una zia acquisita. Da quel momento in poi fece in modo di inglobare nella
sua struttura mentale anche l’aldilà” (Osservazioni, p. 422). E nel Diario precisa:
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“L’attacco esplose in seguito a una lamentela dello zio divenuto vedovo: «E
pensare che io sono vissuto soltanto per questa donna, mentre altri uomini vanno a
divertirsi fuori». Il paziente pensò che lo zio alludesse a suo padre, ma quest’idea non
gli venne in mente subito, bensì solo qualche giorno dopo” (Diario, p. 503).
1902 [24 anni]: in primavera, ottavo e ultimo semestre alla Facoltà di Diritto.
Da New York arriva uno zio di Gisela, Conried, di cui era geloso:
“Le idee ossessive che si formarono in lui mentre preparava il terzo esame, di
doverlo assolutamente dare a luglio, sembrano essere relative all’arrivo da New York
di Conried, uno zio della signora di cui lui era terribilmente geloso, e forse addirittura
alla partenza, dapprima supposta e in seguito realmente avvenuta, della signora per
l’America” (Diario, p. 503).
Si tratta dello zio Richard, che Freud, nella pubblicazione del caso, qualifica
come un cugino di Gisela, e mette in evidenza il gioco sul suo nome, Dick:
“Un giorno, mentre era in villeggiatura, gli venne all’improvviso l’idea di
essere troppo grasso5 e di dover dimagrire. Cominciò quindi ad alzarsi da tavola
ancor prima del dolce, a correre per strada senza cappello sotto il sole ardente
d’agosto e a salire sui monti a passo di corsa finché, grondante di sudore, era
costretto a fermarsi. Una volta, dietro a questa smania di dimagrire, apparve
chiaramente l’intenzione suicida quando, sul bordo di una scarpata, sentì l’ordine di
buttarsi giù, cosa che avrebbe significato una morte certa. Il nostro paziente riuscì a
spiegarsi questo assurdo modo di agire solo quando, all’improvviso, gli venne in
mente che a quell’epoca anche la donna amata era in villeggiatura nello stesso luogo,
ma in compagnia di un cugino inglese che la riempiva di attenzioni e del quale lui era
molto geloso. Il nome del cugino era Richard e, come si usa comunemente in
5
In tedesco «grasso» = dick, da cui l’associazione che segue.
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Inghilterra, veniva chiamato Dick. Avrebbe voluto uccidere questo Dick, la sua
gelosia e la sua rabbia erano molto più forti di quanto potesse confessare a se stesso e
quindi, per autopunirsi, si era imposto il tormento di quella cura dimagrante”
(Osservazioni, pp. 431-432)
Fantasie sul fantasma del padre:
“Dello stesso contesto faceva parte anche il suo singolare comportamento in un
periodo in cui preparava un esame e si trastullava con la fantasia, divenuta la sua
preferita, che il padre vivesse ancora e potesse tornare in ogni momento. A quel
tempo si era organizzato in modo da serbare le ore notturne più tarde per lo studio.
Tra la mezzanotte e l’una s’interrompeva, apriva la porta che conduceva all’esterno,
come se il padre fosse lì davanti, poi, dopo essere rientrato, contemplava nello
specchio dell’ingresso il suo pene messo a nudo. Questo assurdo comportamento si
spiega solo se si suppone che a originarlo fosse l’attesa di una visita del padre all’ora
dei fantasmi. Quando il padre era in vita si era spesso dispiaciuto del fatto che il
figlio era uno studente piuttosto pigro. Quindi se adesso fosse tornato sotto forma di
fantasma e l’avesse visto immerso nello studio, si sarebbe rallegrato. Ma il padre non
poteva certo rallegrarsi per l’altro suo comportamento e allora lui lo affrontava
esprimendo con un’azione coatta, di cui gli sfuggiva il significato, i due aspetti del
suo rapporto con il padre…” (Osservazioni, pp. 442-443).
“All’epoca degli studi per questo terzo esame iniziano il suo periodo religioso
vero e proprio e le fantasie che gli facevano apparire il padre ancora in contatto con
lui. Di notte apriva la porta della sua stanza che dava sul corridoio convinto che il
padre fosse lì fuori. {Rappresentazione}. Allora le sue fantasie si collegavano
direttamente a questa lacuna dello scibile. Alla fine si riprese e cercò di vincersi
ricorrendo all’argomento ragionevole di quello che avrebbe potuto dire suo padre dei
suoi traffici se fosse stato ancora in vita. Ma questo non gli fece alcuna impressione;
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solo la sua forma delirante – che il padre potesse soffrire anche nell’aldilà a causa
delle sue fantasie – lo fece cessare” (Diario, p. 503).
Estate a Gmunden: comandi di correre e contare (Diario, p. 491). Malattia
della nonna di Gisela (Osservazioni, pp. 430-431; Diario, pp. 491-492). A ottobre
supera il terzo esame di stato (Diario, p. 492). Sviluppando storicamente le sue idee
ossessive, afferma che la prima risale al dicembre 1902 (Diario, p. 522).
1903 [25 anni]: nel gennaio riesce nel primo Rigorosum (Mahony, p. 38).
Febbraio: morte di uno zio che gli era indifferente, e “nuovo attacco di
rimprovero perché per tutta quella notte aveva dormito” (Diario, p. 522).
Durante la primavera del 1903 studiava male (ivi, p. 523). Intensificazione
della nevrosi (Osservazioni, p. 410).
Nel giugno, la scena con Conried, ovvero Richard, e la cugina, credendosi
smentito da quest’ultima: “La sera prima della sua partenza per la campagna,
all’inizio o alla metà di giugno, ci fu la scena del congedo dalla cugina che era
tornata a casa con Conried, nel corso della quale aveva creduto di essere smentito da
lei” (Diario, p. 524).
Estate: durante una traversata in battello del Mondsee, tutt’a un tratto gli venne
l’idea di gettarsi nell’acqua. In questo momento si colloca anche il secondo rifiuto da
parte di Gisela:
“Nell’estate del 1903, durante una traversata in battello del Mondsee, tutt’a un
tratto gli venne l’idea di gettarsi nell’acqua. Era di ritorno con Olga da una visita fatta
al dottor Pollak, di cui lei era innamorata. Tra le idee su quello che avrebbe fatto per
il padre, gli venne per primo l’ipotetico pensiero: «Se tu dovessi saltare nell’acqua
affinché non gli succeda niente…?» e subito dopo, certamente, l’esortazione.
Analogia, anche nei termini, con la riflessione fatta prima della morte del padre, se
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sarebbe stato capace di sacrificare tutto per salvarlo; perciò probabilmente un
paragone con la cugina, che quell’estate l’aveva trattato male per la seconda volta. La
sua collera allora era stata terribile; ricorda che, sdraiato sul divano, tutt’a un tratto
aveva pensato: «È una puttana», cosa che l’aveva spaventato molto. Non dubita più
di dover espiare per aver provato una collera simile anche contro il padre. Allora i
suoi timori oscillavano già tra quelli per il padre e quelli per la cugina («puttana»,
probabilmente, è un paragone con la madre). L’esortazione a saltare nell’acqua può
dunque provenire solo da parte della cugina, della quale lui era l’innamorato infelice”
(Diario, p. 522).
Scacco al secondo Rigorosum il 19 ottobre (Mahony, p. 38).
1904 [26 anni]: primo coito: “La sua potenza è normale, ha avuto il primo coito
a ventisei anni” (Osservazioni, p. 410).
1905 [27 anni]: il 19 luglio supera il secondo Rigorosum.
Dal 27 luglio al 4 ottobre lavora nell’ufficio del dottor Jacob Freundlich. 15
ottobre: matrimonio di quest’ultimo con Olga, la sorella di Ernst (Mahony, p. 38).
1906 [28 anni]: sostituisce le preghiere con giochi anagrammatici:
“Mi descrive il modo in cui ha cercato di difendersi dalle sue ossessioni. Con la
sua religiosità si era costruito delle preghiere che a poco a poco erano arrivate a
durare un’ora e mezza, perché nelle loro semplici formule s’introduceva qualcosa che
le trasformava nel loro contrario, ad esempio: «Che Dio – non – lo protegga»… A
tutto questo pose fine improvvisamente un anno e mezzo fa, perché con le iniziali di
certe preghiere compose una parola, qualcosa come «Gisellsamen» (approfondire),
pronunciandola così velocemente che non si poteva inserirvi altro” (Diario, p. 492).
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1907 [29 anni]: supera il terzo Rigorosum e riceve il titolo di Doctor juris il 17
luglio (Mahony, p. 39). Quando Freud presenta il caso per la prima volta, in privato,
nella Società Psicoanalitica di Vienna, afferma che il suo paziente è un avvocato
(DSPV, p. 231).
Manovre in Galizia dall’11 agosto al 9 settembre (Mahony, p. 39). Qui
accadono i due episodi che lo spingeranno a consultare Freud: il racconto del
supplizio dei topi e la restituzione del denaro anticipato dall’impiegata postale per
l’acquisto del pince-nez del paziente. Riportiamo la sequenza degli eventi fino a
quando giunse da Freud così come furono riferiti dal paziente tra la seconda e la terza
seduta di analisi. Seconda seduta (tra parentesi quadre riportiamo i luoghi e i nomi
reali annotati nel Diario):
“«Oggi voglio cominciare a parlare dell’esperienza che mi ha spinto
direttamente a venire da Lei. È successo in agosto, durante le manovre a… [in
Galizia; Diario, p. 477]. In precedenza ero stato male e mi ero tormentato con
pensieri ossessivi di ogni genere, che però in breve tempo erano cessati durante le
esercitazioni. Volevo dimostrare agli ufficiali di carriera che quelli come me non solo
potevano imparare qualcosa, ma anche dare prova di una certa resistenza. Un giorno
facemmo una piccola marcia partendo da… [Spas; Diario, p. 477]. Durante la sosta
persi il mio pince-nez e, anche se avrei potuto ritrovarlo facilmente, non volli
ritardare la partenza e vi rinunciai; telegrafai però al mio ottico di Vienna per farmene
mandare immediatamente un altro. Durante quella sosta mi sedetti tra due ufficiali,
uno dei quali, un capitano con un nome ceco [Nemeczek; Diario, p. 481], sarebbe
diventato molto importante per me. Avevo un certo timore di quell’uomo, perché con
tutta evidenza gli piaceva la crudeltà. Non voglio dire che fosse disumano, ma alla
mensa degli ufficiali aveva ripetutamente propugnato l’introduzione delle pene
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corporali, così che io non avevo potuto fare a meno di contraddirlo energicamente.
Ora, durante questa sosta, il discorso fu ripreso, e il capitano raccontò di avere letto di
una punizione orientale particolarmente crudele…»
“A questo punto il paziente s’interrompe, si alza e mi prega di risparmiargli la
descrizione dei dettagli. Gli assicuro che per conto mio non ho la minima tendenza
alla crudeltà e non voglio certo tormentarlo, ma naturalmente non posso
accondiscendere alla sua richiesta. È come se mi chiedesse di regalargli la luna. Il
superamento delle resistenze è un imperativo della cura che non possiamo ignorare.
(Gli avevo spiegato il concetto di «resistenza» all’inizio di questa seduta, quando
aveva detto che avrebbe dovuto fare un grosso sforzo per comunicarmi la sua
esperienza). Proseguii dicendo che avrei fatto il possibile per indovinare tutto dai suoi
pochi accenni, e che pensavo di riuscirci. Alludeva forse al supplizio del palo? «No,
non questo, ma legavano il condannato – (si esprime in modo così confuso che sul
momento non riuscii a capire in che posizione) – gli rovesciavano sul sedere un vaso
nel quale poi introducevano dei topi (Ratten) che – si era alzato di nuovo
manifestando tutti i segni dell’orrore e della resistenza – penetravano…» «Nell’ano»,
terminai io.
“[…] Continua con molta difficoltà: «In quel momento mi balenò l’idea che
questo accadesse a una persona a me cara». A una domanda diretta risponde che
questa punizione alla persona che gli è cara non è lui a infliggerla, bensì un soggetto
indeterminato. Dopo un breve scambio di domande e risposte apprendo che
quell’«idea» si riferisce alla signora da lui ammirata [la cugina Gisela].
“[…] Quando il capitano gli aveva parlato di quella punizione crudele
facendogli balenare quelle idee, era riuscito ancora ad allontanarle entrambe con le
sue formule abituali, con un «ma» accompagnato da un gesto sprezzante della mano e
con l’esclamazione «cosa mai ti viene in mente».
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“Il plurale mi sorprese, e sarà risultato incomprensibile anche al lettore. Finora
avevamo sentito parlare di un’idea sola, il supplizio dei topi inflitto alla signora.
Adesso deve ammettere che contemporaneamente era affiorata in lui un’altra idea,
vale a dire che la punizione toccasse anche a suo padre. Dato che il padre è morto da
parecchi anni, questo timore ossessivo è ancora più assurdo del primo, e per un certo
tempo il paziente aveva tentato di evitarne la confessione” (Osservazioni, pp. 415417).
Segue immediatamente il racconto della restituzione del denaro.
“La sera seguente lo stesso capitano gli consegnò un pacchetto [contenente il
pince-nez che aveva ordinato] arrivato per posta e gli disse: «Il tenente A. [David;
Diario, p. 478] ha pagato contrassegno per te. Devi restituirgli il denaro». Nel
paziente in quel momento prende forma una «sanzione»: non restituire il denaro,
altrimenti succede quella cosa (cioè, la fantasia dei topi viene attuata sul padre e sulla
signora). E, secondo un modello a lui noto, un imperativo, quasi un giuramento,
s’impose subito dopo contro la sanzione: «Devi restituire al tenente A. 3,80 corone»,
come disse fra sé quasi a mezza voce.
“Due giorni dopo le manovre ebbero termine. In quei due giorni il paziente si
era sforzato di restituire la piccola somma al tenente A., ma ogni volta si
frapponevano numerose difficoltà di natura apparentemente oggettiva. Dapprima
tentò di effettuare il pagamento tramite un altro ufficiale che andava alla posta, ma si
sentì molto sollevato quando questi gli riportò il denaro spiegandogli che non aveva
incontrato il tenente A. alla posta, perché questo modo di adempiere al giuramento
non lo soddisfaceva, dato che non corrispondeva letteralmente all’imperativo: «Tu
devi restituire il denaro al tenente A.». Infine incontrò la persona che cercava, A., che
però rifiutò il denaro dicendo che non aveva pagato niente perché non era lui
l’addetto alla posta, bensì il tenente B. [Engel; Diario, p. 481]. Il paziente rimase
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molto turbato all’idea di non poter adempiere al giuramento in quanto il suo
presupposto era falso, e cominciò a escogitare le più strane vie d’uscita: sarebbe
andato con entrambi, A. e B., alla posta, dove A avrebbe dato 3,80 corone
all’impiegata della posta che le avrebbe date a B., e lui poi, rispettando alla lettera il
giuramento, avrebbe restituito ad A. 3,80 corone” (Osservazioni, pp. 417-418).
Fin qui il resoconto della seconda seduta. Nel corso della terza seduta il
paziente raccontò i suoi sforzi per adempiere al giuramento ossessivo, cioè restituire
il denaro al tenente A., e descrisse gli spostamenti che lo porteranno a Vienna. Infatti,
concluse le manovre doveva ripartire ma l’idea di non tenere fede al suo giuramento
continuava a tormentarlo. Prese il treno e, dopo varie esitazioni se scendere o meno e
tornare indietro, decise di passare per Vienna e di andare a trovare un suo amico per
esporgli la questione. Si tratta di un amico [Galatzer; Diario, p. 475] che lo consolava
sempre nei momenti di difficoltà6. Arrivato a Vienna incontrò l’amico e durante la
notte gli raccontò tutta la storia. “L’amico restò di sale all’idea che lui potesse ancora
dubitare di essere vittima di un’ossessione, lo tranquillizzò e riuscì a farlo riposare
bene per quella notte, e la mattina seguente andò con lui alla posta a spedire 3,80
corone all’indirizzo dell’ufficio postale in cui era arrivato il pacchetto con il pincenez” (Osservazioni, pp. 419-420).
Questa comunicazione permise a Freud di mettere in luce alcune deformazioni
del suo racconto.
“Se lui, ricondotto alla ragione dall’amico, non aveva inviato la piccola somma
né al tenente A. né al tenente B., bensì direttamente all’ufficio postale, doveva ben
sapere e aver già saputo prima di partire che era debitore della somma contrassegno
all’impiegata dell’ufficio postale e a nessun altro. E in effetti risultò che lo sapeva
6
Di questo amico, l’uomo dei topi ne parla a Freud sin dalla prima seduta: “Ha un amico per il quale prova la massima
stima. Quando è tormentato da un impulso criminoso, va da lui e gli chiede se lo considera un criminale. L’amico lo
consola assicurandogli che è una persona irreprensibile e che probabilmente si è abituato fin da giovane a considerare la
sua vita da una simile prospettiva” (Osservazioni, p. 411).
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già prima di essere sollecitato dal capitano e prima del giuramento, perché adesso
ricordava che qualche ora prima dell’incontro con il capitano crudele aveva avuto
occasione di presentarsi a un altro capitano che gli aveva raccontato come stavano
veramente le cose. Questo ufficiale, quando aveva udito il suo nome, gli aveva
raccontato che era stato da poco all’ufficio postale e che l’impiegata della posta gli
aveva chiesto se conosceva il sottotenente H. (il nostro paziente), per il quale era
arrivato un pacchetto contrassegno. Lui aveva risposto di no, ma l’impiegata aveva
replicato che si fidava del sottotenente anche se non lo conosceva e che nel frattempo
avrebbe versato lei stessa l’importo. In questo modo il nostro paziente era entrato in
possesso del pince-nez che aveva ordinato. Il capitano crudele aveva commesso un
errore quando, consegnandogli il pacchetto, l’aveva esortato a restituire le 3,80
corone ad A. Il nostro paziente doveva sapere che era un errore. Tuttavia, sulla base
di quell’errore aveva fatto quel giuramento che doveva diventare un tormento per lui.
In tal modo aveva nascosto a se stesso e anche a me, nel racconto che aveva fatto,
l’episodio dell’altro capitano e dell’impiegata della posta che gli aveva dato fiducia”
(ivi, p. 420).
“Dopo aver lasciato il suo amico ed essere tornato in famiglia, fu colto di
nuovo dai dubbi. Gli argomenti dell’amico non erano stati affatto diversi dai suoi, e
non s’illudeva sul fatto che la sua calma momentanea fosse dovuta esclusivamente
all’influenza dell’amico. La decisione di consultare un medico si intrecciò con il
delirio in modo davvero ingegnoso: si sarebbe fatto rilasciare dal medico un
certificato attestante la sua necessità di compiere con il tenente A. un’azione come
quella che aveva escogitato per potersi ristabilire, perché quel certificato avrebbe
senz’altro indotto il tenente ad accettare da lui le 3,80 corone. Il caso, che proprio
allora gli aveva messo in mano un mio libro [Psicopatologia della vita quotidiana;
Diario, p. 483], l’aveva indotto a scegliere me. Ma del certificato non me ne parlò
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più, chiese solo, com’era più che comprensibile, di essere liberato dalle sue
ossessioni” (Osservazioni, p. 421).
Il 1° ottobre consulta Freud (Diario, p. 474). L’analisi durò circa 11 mesi.
Tuttavia una lettera di Freud a Jung del 12 novembre 1908 documenta che il lavoro
analitico non era ancora terminato7.
7
Qui Freud, riferendosi ad un contributo scritto che avrebbe dovuto inviare a Parker ma di cui aveva esitato, chiese a
Jung: “Sarebbe disposto ad accoglierlo nel secondo tomo [dello Jahrbuch], se l’altro mio contributo – quello sull’uomo
che ha la nevrosi ossessiva dei topi – dovesse fallire per la mia resistenza intima all’indiscrezione? (Quell’uomo ora sta
benissimo)”. E poco più avanti: “Il mio paziente affetto da nevrosi d’angoscia, che, come ricorderà, era un corpo di
ufficiali, si trova adesso in mezzo alle più belle soluzioni che trova da sé stesso, e in verità meriterebbe il titolo di
dottore come il malato immaginario. Egli spera di poter concludere la sua guarigione con un lavoro da scrivere per i
nostri scopi” (LFJ, p. 192).
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1909 [31 anni]: Freud pubblica il caso clinico dell’uomo dei topi. A ottobre si
fidanza ufficialmente con Gisela. Freud comunica questo evento a Jung in una lettera
del 17 ottobre 1909:
“La settimana scorsa l’uomo dei topi ha annunciato sul giornale il suo
fidanzamento con la ‘signora’; nella vita egli è una persona brava e coraggiosa; la
situazione a cui è ancora legato (padre e traslazione) si è chiaramente delineata nei
colloqui che ho avuto con quest’uomo intelligente e riconoscente” (LFJ, p. 273).
8 novembre 1910 [32 anni]: matrimonio alla sinagoga della Tempelgasse
(Mahony, p. 39).
1914 [36 anni]: chiamato nell’esercito nel mese di agosto. Il 21 novembre fu
fatto prigioniero dai Russi.
1919: la data della sua morte, il 25 novembre 1914, fu ufficialmente annunciata
il 9 settembre 1919. In una nota aggiunta nel 1923, Freud ricordò il suo paziente in
questi termini:
“Il paziente, al quale il trattamento analitico aveva restituito la salute psichica,
morì durante la grande guerra come tanti altri giovani promettenti e di valore”
(Osservazioni, p. 473, nota 102).
La madre dell’uomo dei topi morì il 25 novembre del 1919. Il 25 novembre è
lo stesso giorno della morte del figlio, avvenuta cinque anni prima.
1933: morte di Gisela.
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