Tesi

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Tesi
Facoltà di Scienze della Formazione
Master
“Internet, costruzione della conoscenza,
ambienti di apprendimento in rete”
TEORIE, STRATEGIE E STRUMENTI PER IL RECUPERO
SCOLASTICO: OGGETTI AUTONOMI DI APPRENDIMENTO
VS/ LEARNING OBJECT
(Esperienze online a confronto)
Relatore:
prof. Mario ROTTA
Candidato: Dott. Dario FAVINI
Matr. n. 4303713
Anno Accademico 2005-2006
INDICE
INTRODUZIONE
2
PARTE COMUNE
Premessa
3
CAPITOLO 1 La dispersione scolastica
4
1.1 Uno sguardo all'Italia e all'Europa
1.2 Insuccesso scolastico e strategie di rinforzo in ITALIA:
qualche riflessione
1.3 Le strategie a supporto del docente (empowerment)
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
4
9
12
CAPITOLO 2 . Le NT come strumento per il recupero scolastico
17
La personalizzazione del percorso
Modularità e oggetti didattici
I Learning Object e le motivazioni per un loro uso didattico
Definizioni
Problematiche
17
18
19
21
23
PARTE INDIVIDUALE
25
CAPITOLO 3. Introduzione: Esperienze a confronto
25
3.1 Gli Oggetti Autonomi di Apprendimento (OAA)
3.1.1 Rappresentazione schematica di un OAA …
3.2 Saperi e valutazioni
3.2.1 Fase 1: test di valutazione in ingresso
3.2.2 Fase 2: introduzione
3.2.3 Fase 3: l’unità didattica
3.2.4 Fase 4: bilancio
3.2.5 Fase 5: verifica finale
3.3 Valutare un OAA
CAPITOLO 4. Da Oggetto Autonomo a Oggetto di Apprendimento
25
26
27
29
31
32
33
33
35
37
4.1 La scelta del software
4.2 Un esempio
4.3 Costruire Learning Object
4.3.1 Step 1: progettazione cartacea dell’oggetto
4.3.2 Step 2: realizzare l’originale
4.3.3 Step 3: cattura con WINK
4.3.4 Step 4: costruzione dl LO con EXE
4.3.5 Step 5: pubblicare con Reload Editor e Scorm Player
4.4 Tradizione o innovazione?
37
40
41
41
42
44
45
48
49
CAPITOLO 5. Il punto di vista dello studente
54
5.1 Alcune teorie sullamotivazione
5.2 Oggetti didattici, autonomia e centralità dello studente
5.3 Oggetti didattici ed esperienze
Conclusioni
Note
Bibliografia e sitografia
1
54
59
61
63
66
72
INTRODUZIONE
L’esperienza che ho vissuto ha precisato in modo inequivocabile i limiti con i
quali il formatore si deve confrontare quotidianamente ma che, a volte,
maschera anche in modo inconsapevole: problematiche che coinvolgono
competenze tecniche ma anche rapporti umani soprattutto se proiettati in un
ambiente virtuale online. I principi fondamentali che in questo caso sono
necessari, a mio avviso, per garantire il successo (in termini di soddisfazione
e ritorno formativo) possono essere riassunti in due semplici fattori:
curiosità
interesse
Curiosità intesa come riscoperta della voglia di apprendere, rimettersi in
gioco e confrontarsi con realtà diverse; interesse nel senso di rendere
concreta l’esperienza come parte di un bagaglio pregresso sul quale innestare
di volta in volta conoscenza e apprendimento (anche da riversare su altri), al
fine di scoprire nuovi orizzonti che forniscano motivazione al raffronto con
colleghi altrettanto curiosi ed interessati.
Sulla base di una professionalità comune svelare abilità e capacità non solo
tecnologiche ma anche e soprattutto sociali ed umane, instaurare un canale
preferenziale nel quale confluiscono saperi, conoscenza ed esperienze singole
che, proprio per la natura stessa del mezzo, diventano collettive, diventa il
fine e l’obiettivo sul quale focalizzare le proprie energie ed aspirazioni.
Non si tratta solamente di un arricchimento tecnlogico o culturale, ma
l’affermazione di una strategia che ha radici profonde e trae vitalità dalla
natura stessa dell’uomo, la necessità di comunicare e condividere saperi e
conoscenza. In fondo la collaborazione nasce e riesce prima di tutto da una
comunione di intenti e in secondo luogo (ma certamente non come
importanza) da un sentimento che garantisce sempre il successo di una
iniziativa: l’amicizia. I primi due capitoli di questo lavoro collaborativo
sviluppato nell’ambito del master insieme ai colleghi del mio gruppo (S.
Benetton, M. Tufano, G. Dalseno e G. Panariello), ne sono il risultato.
2
Premessa
Le scelte a fondamenta di questo lavoro, cioè “la progettazione di un
percorso di recupero online, attraverso l'utilizzo delle tecnologie informatiche”
(in particolare piattaforme didattiche e Learning Objects) nascono dalla
necessità di rispondere al problema della dispersione scolastica e alle cause
che determinano l'insuccesso scolastico, con particolare attenzione agli allievi
della scuola superiore.
L'analisi, si sviluppa lungo un percorso che comparando dati nazionali ed
europei, si propone di ricercare le motivazioni forti che ci spingono, come
gruppo, a elaborare l'ipotesi di una didattica di taglio multimediale e
costruttivistico che cerca di assumere un'ottica diversa rispetto ad un sistema
tradizionale di istruzione: il recupero viene ricercato all'interno di un
ambiente di apprendimento online “come luogo in cui coloro che apprendono
possono lavorare aiutandosi reciprocamente e avvalendosi di una varietà di
risorse e strumenti in attività di apprendimento guidato...”
1
(Calvani, 2000).
Richiameremo, perciò, sinteticamente i diversi orientamenti didattici da cui
trarre spunto per l’elaborazione del progetto percorrendo trasversalmente il
perimetro della ricerca Instructional nella definizione delle architetture e delle
strategie più conformi alla trasmissione di conoscenza necessarie alla scelta
degli strumenti operativi alla base della nostra proposta che si affida, in
primis, alla CMC (computer mediated communication).
3
CAPITOLO 1. La dispersione scolastica
1.1 Uno sguardo all'Italia e all'Europa
In Italia solo il 71% dei giovani compresi tra i 15 e i 19 anni è iscritto a
scuola, contro una media europea dell' 81%. Solo il 42% delle persone tra i
25 e i 64 anni ha un diploma.
Solo il 42% di chi ha tra i 25 e i 64 anni ha un titolo di studio superiore,
mentre in Europa questa percentuale si attesta attorno al 60. E va ancora
peggio per quanto riguarda i laureati. In Italia le persone che hanno meno di
34 anni con una laurea sono il 10%, mentre nel resto dell'Unione Europea
questa quota
raggiunge
il 26%. Va aggiunto
che per quanto riguarda le
competenze di lettura degli studenti 15enni, l'Italia si colloca al 20° posto su
30 Paesi presi in considerazione.
E' poi basso il numero di studenti per insegnante (11 contro 16 della media
Ue), ma l'età media dei docenti è abbastanza alta. Infatti il 45% di loro ha
più di 50 anni, mentre nel resto d'Europa questa percentuale scende al 30%.
E' comunque vero che i nostri docenti sono pagati poco: 31 dollari Usa,
contro i 36 dei loro colleghi europei. Questo non toglie che la scuola italiana
continui a costare troppo. Nel 1999 la spesa per questa voce per ogni
studente fino a 15 anni era di 60.800 dollari, molto al di sopra della media
Ocse, che si attesta attorno ai 43.500 dollari2 (Guarasci, 2002).
La media di giovani frequentanti la scuola in l'Italia è al di sotto di dieci punti
percentuali rispetto a quella europea e, situazione ancor più preoccupante, è
quella per cui sono opposte le percentuali Italia - Europa in termini di
diplomati. Mentre, infatti l'Europa ha un 60% di diplomati e un 40% di non
diplomati, in Italia la situazione è diametralmente opposta: circa il 40 % di
diplomati e il 60% di non diplomati. Sempre poi al di sotto della media
europea (circa un 20%) la percentuale dei laureati di età inferiore ai 34 anni
e comunque, per entrambe, una quota estremamente bassa che si attesta
attorno ad un terzo per la popolazione europea.
4
MEDIA DEI GIOVANI FREQUENTANTI LA SCUOLA DI ETA’ COMPRESA
TRA I 15 E 19 ANNI
GIOVANI ITALIANI COMPRESI TRA 15 E 19 ANNI
NON
FREQUENTANTI
29%
71%
FREQUENTANTI
1
2
GIOVANI EUROPEI COMPRESI TRA 15 E 19 ANNI
NON
FREQUENTANTI
19%
81%
FREQUENTANTI
1
5
2
PERSONE COMPRESE TRA I 25 E I 64 ANNI IN POSSESSO DI
DIPLOMA DI SECONDO GRADO IN ITALIA ED IN EUROPA
PERCENTUALE DI DIPLOMATI ITALIANI DI ETA' COMPRESA
TRA I 25 ED I 64 ANNI
NON DIPLOMATI
42%
58%
DIPLOMATI
1
2
PERCENTUALE DI DIPLOMATI EUROPEI DI ETA' COMPRESA
TRA I 25 E I 64 ANNI
DIPLOMATI
60%
40%
1
6
2
NON DIPLOMATI
PERCENTUALE DI LAUREATI ITALIANI ED EUROPEI
PERCENTUALE DI LAUREATI ITALIANI DI ETA' INFERIORE A 34
ANNI
LAUREATI ITALIANI
10%
NON LAUREATI
ITALIANI
90%
1
2
PERCENTUALE DI LAUREATI EUROPEI DI ETA' INFERIORE A 34
ANNI
NON LAUREATI
EUROPEI
26%
74%
1
7
2
LAUREATI
EUROPEI
Ma ciò che ad una prima analisi si evidenzia con preoccupazione, sono i
risultati relativi alle competenze alfabetiche, scientifiche e matematiche dei
quindicenni italiani così come escono dall’indagine P.I.S.A. (Programme for
International Student Assessment) condotta dall’OCSE e riferite all’anno
20033 .
Le indagini comparative effettuate a livello internazionale sono utili strumenti
di confronto e di conoscenza di best practices esportabili e finalizzate ad un
ampliamento e miglioramento dell’offerta formativa, nell’ottica di una Europa
della Conoscenza così come enunciato nel summit di Lisbona del 20004 .
A differenza di molte altre nazioni europee che da questo rapporto traggono
lo spunto per un’indagine approfondita del sistema scolastico nazionale,
nell’ambiente istituzionale italiano lo scarso interesse suscitato dalla relazione
nasconde e rileva contemporaneamente uno stato di fatto in cui: ”…[…].. la
bassa posizione occupata dal nostro paese non dipende tanto dal numero di
studenti con i risultati più bassi, ma dell’esiguo numero di studenti con
risultati eccellenti…”
5
(Schleicher, 2002).
Schleicher, cercando di individuare le caratteristiche dei sistemi scolastici di
quei Paesi che sono riusciti a coniugare eccellenza dei risultati e pari
opportunità, sottolinea
come
alla base si collochi
l’autonomia scolastica,
cioè la capacità di individuare politiche scolastiche tese verso i risultati,
capaci di attuare percorsi adeguati a bisogni formativi diversi, di valutare e
valutarsi
e
di
rispondere
dei
risultati
raggiunti.
Alcuni elementi paiono, nel raffronto, particolarmente interessanti e, forse,
indicativi della differenza tra quanto succede in Italia a confronto di ciò che
accade nei Paesi dove si ottengono gli esiti migliori.
Alcuni fattori sembrano evidenziarsi maggiormente sotto questi aspetti:
1. la prassi di bocciare: in Italia fenomeno ancora piuttosto diffuso e di
gran lunga tra il più alto dei paesi OCSE. E’ compito della scuola farsi
carico del problema e trovare le soluzioni più opportune, ridefinendo il
patto formativo con lo studente e le famiglie evitando, se non come
8
ultima risorsa, ricorso a strategie fondamentalmente diseducative e
inefficaci.
2. la cultura della valutazione: è’ significativo che il sistema scolastico
Europeo con le prestazioni più elevate, la Finlandia, abbia lavorato
non tanto sulla valutazione di sistema, quanto sulla formazione dei
docenti e sulla capacità di valutazione ed autovalutazione.
3. la centralità dell’apprendimento: spostando il focus dai programmi alla
capacità di apprendere e allo sviluppo di competenze trasversali.
Secondo l’Ocse, ottengono risultati migliori i paesi in grado di coniugare
un
sistema
scolastico
comprensivo
con
un
percorso
formativo
fortemente piegato sulla personalizzazione con percorsi educativi
maggiormente integrati e flessibili, uniti all’attenzione ai bisogni
individuali.
“ Il dato essenziale – afferma Schleicher – è che la qualità dei risultati ed
uguali opportunità di apprendimento non rappresentano necessariamente
scelte alternative e che ci sono diversi Paesi che riescono ad ottenere
entrambe, per cui elevare il livello medio dei risultati non significa
necessariamente aumentare le sperequazioni in ordine alle pari opportunità”6
1.2 Insuccesso scolastico e strategie di rinforzo in ITALIA: qualche
riflessione
Il 17 giugno 2006 ad anno scolastico concluso ed all’approssimarsi degli
esami di maturità, il quotidiano “La Repubblica” pubblicava online il seguente
articolo:
“Tre studenti su 10 degli istituti tecnici mancano l'appuntamento con gli
esami di Stato. Sono i liceali quest'anno ad essere in pole position. Per gli
esami, al via il prossimo 21 giugno, gli studenti dei licei classici, scientifici e
socio psicopedagogici (gli ex istituti magistrali) rappresentano la "squadra"
più numerosa. Seguono a ruota ragazzi e ragazze degli istituti tecnici e
distaccati di parecchio i candidati provenienti dagli istituti professionali.
Il sorpasso avviene nel corso dei cinque anni di studio, perché alla partenza
(cioè nelle iscrizioni al primo anno di corso), gli studenti dei tecnici superano
di gran lunga i compagni degli altri indirizzi. Tornando indietro di quattro anni,
9
nel 2001/2002, i ragazzi iscritti in prima negli istituti tecnici statali italiani
erano poco più di 220mila, quelli iscritti nei licei 195mila e 500. Una bella
"dote" in possesso degli istituti tecnici - quasi 25mila alunni - che durante il
percorso non solo viene annullata ma addirittura sopravanzata dai licei che si
presentano ai nastri di partenza in vantaggio: 162mila liceali candidati alla
prossima maturità, contro i 158mila studenti tenici.
La differenza sta tutta nella cosiddetta dispersione scolastica che costituisce
per lo Stato italiano una spesa non indifferente: attorno a 600 milioni di euro,
pari a 1.200 miliardi di vecchie lire, l'anno. Tre miliardi di euro in appena un
quinquennio, tanto per avere un'idea. Su 100 alunni iscritti nel 2001/2002 al
primo anno 83 liceali si presentano puntuali, senza cioè avere perso neppure
un anno, alla maturità mentre sono soltanto 72 gli studenti dei tecnici che ce
l'hanno fatta. Il resto si è perso per strada e non si diplomerà più, oppure è
stato bocciato almeno una volta.
E tanto per non lasciare troppi dubbi sulla questione, basta fare un esercizio
puramente teorico che dà una certa misura del costo. Se il sistema scuola
riuscisse ad essere più efficiente, e non si parla soltanto della bravura degli
insegnanti, lo Stato non solo risparmierebbe ma avrebbe pronti per entrare
nel mondo del lavoro più giovani. Non tenendo conto degli alunni iscritti negli
istituti professionali, che al terzo anno possono ritirarsi dopo avere
conseguito il diploma di qualifica, quest'anno mancano all'appello poco più di
100 mila studenti, in ritardo o che hanno gettato la spugna.
Ipotizzando che ognuno di loro abbia perso un solo anno - ipotesi
assolutamente per difetto, visto che una parte dei 100 mila ha sicuramente
abbandonato gli studi o è pluriripetente - fanno 600 milioni di euro bruciati,
perché, annessi e connessi, un alunno della scuola pubblica ogni anno ci
costa circa 6mila euro. Basta riflettere su quante cose è possibile fare con
600 milioni di euro per comprendere il perché occorre combattere la
dispersione scolastica” 7
10
Sulla base di quanto riportato dall’articolo, scorporando i dati puramente
economici (non oggetto di trattazione in questo ambito) e rifacendoci ai
contesti a cui si è precedentemente accennato, la prima evidenza è che i
fenomeni che chiamiamo di insuccesso scolastico (bocciature, ripetizioni,
ritardi, abbandoni) sono distribuiti in modo più complesso di quanto ci si
potrebbe attendere.
Sarebbe troppo semplicistico ridurre il fenomeno dell’insuccesso scolastico
alle
condizioni
materiali
degli
studenti
e
delle
loro
famiglie
e
più
complessivamente all’ambiente nel quale si trovano a vivere: l’insuccesso si
produce anche indipendentemente dalle condizioni materiali ed economiche
delle famiglie.
A questo proposito pare opportuno ricordare che anche un indicatore come il
tasso di scolarizzazione, legato dunque ad eventi “fisiologici” della vita
scolastica, è molto difforme da provincia a provincia e non segue, se non
secondariamente, la classica dicotomia nord–sud8.
Una parte delle cause che determinano l’insuccesso scolastico vanno anche
(soprattutto?) ricercate all’interno della scuola stessa, nell’ambito dei climi
scolastici che si instaurano, degli stili cognitivi che coloro che nella scuola
operano (docenti in primo luogo, ma anche dirigenti scolastici) mettono in
atto quotidianamente.
Perché la scuola non riesce ad avere un maggior appeal presso le giovani
generazioni e le loro famiglie? Come mai una parte di coloro che vi si
iscrivono non riescono a portare a termine i loro studi oppure vi riescono solo
dopo aver conosciuto delusioni, bocciature, ripetenze?
Gli elementi di riflessione sono molteplici e da tempo dibattuti negli ambiti
deputati al confronto. Tra le numerose argomentazioni un aspetto del tutto
ovvio, ma non per questo meno importante, sembra delinearsi come
prioritario: i percorsi accidentati non sono tutti uguali.
È ovvio che gli indicatori di partenza, quelli che li segnalano e li pronosticano,
sono sempre gli stessi:
11
1.
basso rendimento scolastico,
1.
poca attenzione ai metodi di studio e alla loro efficacia,
2.
rapporti non sempre buoni con compagni ed insegnanti,
ciò però non garantisce uniformità di atteggiamenti da parte degli studenti i
quali, di fronte a esperienze negative, rispondono in modo affatto dissimile:
chi reagisce ha buone possibilità di recupero, di trasformare il basso
rendimento scolastico in stimolo per migliorarsi. Al contrario, coloro che si
ripiegano su sé stessi collezionano in poco tempo insuccessi crescenti
innescando una situazione fortemente demotivante e a “rischio”.
1.3 Le strategie a supporto del docente (empowerment)
La ricerca di metodologie “instructional” che sappiano coniugare efficacia
all’efficienza
si
indirizzano
non
tanto
alla
realizzazione
di
mezzi
approssimativi, quanto alla definizione e concretizzazione di strumenti
che
sappiano analizzare le cause del diverso modo di reagire di studenti posti in
condizioni analoghe di insuccesso: valutare in primis gli aspetti non
meramente scolastici ma socio-culturali legati alla percezione che ciascuno ha
di sé e della conoscenza che ha del mondo con il quale ci si confronta
quotidianamente.
Di
fronte
ai
necessariamente
fenomeni
mettere
dell’insuccesso
in
atto
scolastico
strategie “di
la
rinforzo”
scuola
che
deve
possono
assumere caratteristiche tradizionali (corsi di recupero, esami di riparazione,
interventi mirati privati o
no, ecc..), oppure forme mutuate da esperienze
che, nonostante la loro collocazione fortemente aziendale, hanno origine
principalmente negli ambiti psico-pedagogici e che vengono catalogate con il
nome di empowerment: concetto centrale nelle strategie di sviluppo
organizzativo9
Il termine nasconde una reale dimensione di apprendimento cognitivo ed
assume una rilevanza crescente nei processi di re–enginering nei quali
focalizza significati e connotati diversi, ma che in genere sono riconducibili a
12
parole chiave come responsabilizzazione, sviluppo di potenzialità, aumento
di capacità, nell’ottica di una filosofia secondo la quale ogni reale sviluppo è
possibile solo se a crescere sono in primo luogo gli attori del processo di
apprendimento.
“Nella pratica l’empowerment consiste in un aumento delle capacità di un
individuo di influenzare il proprio ambiente e la propria realtà. Se ne deduce
che il suo obiettivo è la trasformazione dell’attore da passivo strumento di
processi definiti altrove a soggetto creativo e partecipe, con un alto grado di
autonomia e di autostima”10
Questo significa che le strategie di empowerment non possono che essere
diverse da quelle concepite e messe in atto in altri contesti come per esempio
quelli aziendali o nelle tradizionali (e poco affidabili) modalità di recupero
attuate nella scuola. L’empowerment che può avere successo nel contesto
scolastico
è
di
tipo
cognitivo,
deve
cioè
essere
finalizzato
ad
un
potenziamento delle capacità legate all’acquisizione della conoscenza del
soggetto a cui è rivolto: in situazioni complesse
negativi sono legati
nelle quali
i
risultati
a dinamiche diversificate, le strategie di rinforzo sono
cruciali, ma anche straordinariamente articolate11.
Si tratta di stimolare le risorse cognitive del soggetto incoraggiandolo nella
riformulazione
del
sapere
pregresso,
non
sradicando
convinzioni
e/o
pertinenze consolidate, bensì ridefinendone gli orizzonti ed i limiti per
affrontare e superare l’insuccesso tenendo presente consapevolmente che la
rappresentazione
del
sé
è
probabilmente
compromessa
proprio
dall’insuccesso.
Queste considerazioni delineano in modo evidente gli obiettivi che precisano i
confini entro i quali l’empowerment colloca la sua funzionalità:
1. ricostruire la stima che il soggetto ha di sé
2. stimolando il recupero di conoscenze pregresse manifestando la sua
duttilità in due settori (interno ed esterno) che si differenziano sia per
quanto riguarda l’efficacia che per le applicazioni.
13
Il primo punta su elementi posseduti dal soggetto come la curiosità,
l’interesse, il gusto per la scoperta, mentre il secondo fa affidamento su
sanzioni, lodi, rimproveri, ecc.12
Naturalmente l’uso di uno o dell’altro elemento si gioca su equilibri molto
delicati e
complessi
che
richiedono esperienza non solo
nel
settore
pedagogico ma anche particolare attenzione alle dinamiche mentali e
psicologiche che si costruiscono nel
sottoposto ad un intervento negativo
o positivo.
Inoltre si rende necessario e riveste peculiare importanza quel contenuto
informativo che è particolarmente utile allo studente per comprendere che
cosa lo ha fatto migliorare: una strategia cognitiva che può contare, quindi,
sulla motivazione e sull’informazione, tenendo in debito conto il contesto nel
quale il soggetto si vede e si confronta, dalle credenze alle rappresentazioni
mentali, dagli obiettivi quantitativi a quelli qualitativi.
L’attenzione si focalizza, quindi, sulle ragioni che determinano scelte fondate
sulla motivazione e sull’informazione come parametri fondamentali ed
imprescindibili per la realizzazione di un percorso strategico efficace ed
efficiente, ma è necessario tenere sempre presente che "[..]. la scuola oltre
all'intelligenza razionale deve considerare anche quella emotiva.[..].negli
allievi alla base dell'abbandono e della dispersione, c'è una bassa stima di
sé ..[..]. .anche
il successo scolastico,
lo sviluppo delle conoscenze e
delle competenze devono il loro tributo alla cura della sfera emotiva…”13
(Martello, 2004).
All’interno
del
dibattito
psico-pedagogico
si
delineano
quindi
alcune
concezioni fondamentali contrapposte. Si può opporre una concezione
innatista (l'intelligenza è fissata dalla nascita, è ereditata dai genitori, ecc.) a
una concezione costruttivista e interazionista in cui il discente costruisce
la propria intelligenza attraverso un insieme di interazioni favorevoli, in
particolare con i suoi insegnanti e, più in generale, con tutte le persone
responsabili della sua istruzione e della sua educazione14.
14
Questa differenza di concezione (innatista versus costruttivista) influenza
fortemente il tipo di interazione dell'insegnante che può avere delle incidenze
non trascurabili sullo sviluppo psicologico degli allievi.
Tabella 1. Incidenza della concezione dell'intelligenza dell'insegnante sul
funzionamento dell'allievo
Caratteristiche del
Concezione dell'intelligenza dell'insegnante
funzionamento
dell'allievo
Innatista
Stile attributivo dell'allievo
Costruttivista
Le difficoltà di apprendimento
le
o gli errori sono dovuti a cause
apprendimento o gli errori
interne, stabili e incontrollabili:
sono dovuti a cause interne,
"ho
variabili
commesso
un
errore
perché non sono intelligente"
difficoltà
e
di
controllabili:
"devo ancora lavorare per
risolvere questo problema"
Motivazione dell'allievo
La
motivazione
all'apprendi-
La motivazione all'apprendi-
mento è spesso debole; può
mento è spesso forte; in
perfino
alcuni
diminuire
in
alcuni
allievi, determinando fenomeni
di
rassegnazione
impotenza appresa
15
o
di
allievi
aumentare
può
anche
Tabella 2. Concezione dell'intelligenza e caratteristiche dell'interazione
dell'insegnante15
Caratteristiche
Concezione dell'intelligenza dell'insegnante
dell'interazione
dell'insegnante
Innatista
Misure di intervento specifiche
Costruttivista
L'insegnante
ricorre
maggiormente
alle
L'insegnante ricorre meno alle
bocciature
bocciature
Stile educativo dell'insegnante
L'insegnante pone più
L'insegnante pone più domande
domande chiuse
aperte
L'insegnante è passivo
L'insegnante
allo sviluppo dell'intelligenza e
("l'intelligenza
("l'intelligenza si evolve, posso
alle difficoltà di apprendimento
immutabile, non posso
di alcuni allievi
farci niente")
Ruolo
dell'insegnante
Statuto
dell'errore
rispetto
fatto
dall'alunno
Stile attributivo dell'insegnante
Indicatore
è
una
di
incompetenza
superabile
del
intrinseca dell'allievo
apprendimento
difficoltà
attivo
fare qualche cosa")
Indicatore
Le
di
è
una
processo
fase
di
di
Le difficoltà di apprendimento o
gli
gli errori sono dovuti a cause
errori sono dovuti a
interne, variabili e controllabili:
cause interne, stabili e
"l'alunno deve ancora lavorare
incontrollabili:
per superare il suo errore"
apprendimento
o
"l'alunno ha fatto un
errore perché non è
intelligente"
Sistema di valori dell'insegnante
Ideologia
del
dono,
Progressismo, ottimismo
predestinazione
16
CAPITOLO 2 . Le NT come strumento per il recupero scolastico
2.1 La personalizzazione del percorso
L’ambito costruttivista-cognitivista si pone, quindi, come uno degli
strumenti di maggiore efficacia per la riformulazione dei percorsi di
apprendimento. Grazie alle Nuove Tecnologie informatiche, le abituali e
tradizionali metodologie didattiche, si convertono in “interazione tra pari”
dotate
di
maggiore
appealing,
cooperazione/collaborazione
tra
più
individui
stimolanti,
e
gruppi:
aperte
elementi
alla
affatto
trascurabili nelle dinamiche della motivazione.
Sfruttando non solo metodologie diverse ma anche adeguati strumenti
tecnologici (hardware e software), il docente realizza percorsi didattici di
recupero ad hoc e personalizzati in grado di ampliare in modo significativo
le possibilità di sviluppo e recupero
delle
alunni
di un’offerta maggiormente estesa
più
deboli,
nell’ottica
potenzialità
cognitive
degli
finalizzata al raggiungimento di una più vasta gamma di obiettivi. Gli
strumenti della CMC consentono infatti di:
•
avvicinare le generazioni degli allievi a quelle dei docenti. L'uso di
tecnologie più evolute consente un maggiore stimolo per l'acquisizione
della conoscenza
•
consentire un percorso individualizzato dell'apprendimento difficilmente
perseguibile attraverso le metodologie tradizionali
•
consentire la cooperazione e lo sviluppo di sinergie tra allievi della
stessa classe: il sapere viene condiviso e genera aggregazione quindi
maggiore motivazione e desiderio di appartenenza al gruppo
•
consentire una maggiore autonomia nei tempi e nei percorsi del proprio
apprendimento (just in time, just enough)
•
riequilibrare le competenze tra docenti e discenti in un proficuo scambio
di expertise
•
facilitare l'integrazione degli alunni culturalmente più deboli stimolandoli
alla
partecipazione
ad
attività
che
possano
garantire
il
loro
inserimento, nel rispetto dei livelli di partenza, nel gruppo classe ;
17
•
promuovere nuovi interessi e motivazioni mediante l'uso di strumenti
che possiedono caratteristiche particolarmente attraenti sul piano della
presentazione e delle procedure;
•
sviluppare le potenzialità di tutti gli alunni offrendo nuove ed alternative
occasioni di apprendimento, formazione e autonomia personale e
sociale;
•
aumentare in maniera significativa i livelli di profitto mediante l'impiego
di strumenti che vadano ad affiancarsi a quelli tradizionali, integrandosi
in una pluralità di opportunità didattiche;
•
promuovere la conoscenza e l'uso del computer, da considerare come
ulteriore mezzo o opportunità da utilizzare durante tutto l’arco della vita
per migliorare le proprie “performance” di apprendimento e strumento
utile, in futuro, per l’inserimento sociale e lavorativo.
2.2 Modularità e oggetti didattici
In realtà è la trasformazione stessa della società che detta la metamorfosi
degli stili di apprendimento.
Da alcuni anni il concetto di modularità trova applicazione anche nella
trasmissione del sapere: si schematizza, si suddivide in elementi singoli e
facilmente separabili, la conoscenza si parcellizza in unità autonome (ma
non per questo avulse dal contesto) riutilizzabili e implementabili: il passo
successivo è intuibile.
Dal concetto di modulo o unità si passa alla metafora dell’oggetto didattico
il quale, a sua volta, porta con sé altri archetipi fondamentali legati alle
necessità di una formazione specifica, flessibile e continua. Sebbene la
didattica per oggetti possa essere fruita ed applicata in ogni ambito di
insegnamento essa trova la sua massima elezione nei corsi on-line
all’interno dei quali esplica le sue principali potenzialità nonostante esista
un paradosso nel giudizio che si dà sulla formazione in rete in generale.
Da una parte la si giudica come moda del momento: così com’è successo
per l’e-commerce nei passati anni, la FAD (come viene comunemente
chiamata) sta vivendo un momento di notorietà.
18
In molti contesti viene citata come soluzione ottimale, punta tecnologica,
soluzione ai problemi dell’apprendimento; la pluralità di contesti a cui si
applicano queste definizioni è la più ampia, andando dalle scuole
dell’obbligo
a
quelle
professionalizzanti,
all’università,
ai
master
specialistici e nonostante la molteplicità degli ambiti di applicazione, la
FAD viene riportata sempre allo stesso modo, senza differenziarne le
modalità applicative, realizzative e tecnologiche16.
Dall’altra parte ci sono esperienze che, invece, dimostrano ampiamente il
successo di alcune iniziative. Soprattutto in quei paesi dove le distanze
non sono solo di tempo ma
Australia,
anche
e soprattutto di luogo (Canada,
Stati Uniti), vi sono sistemi
formativi
che utilizzano
largamente la formazione online con successo, dove per successo si
intende l’effettivo apprendimento da parte dei discenti.
Tali
iniziative
sono
applicazione
delle
tecnologico
viene
il
risultato
nuove
di
tecnologie
utilizzato
come
prove,
alla
esperimenti,
didattica
trasportatore
dove
tentativi
di
l’elemento
dell’informazione,
riportando l’informatica al suo ruolo primo (informazione automatica).
Il successo di queste iniziative è basato sui fallimenti precedenti: per
evitare gli errori già commessi i sistemi si sono evoluti raggiungendo un
grado di maturità che ne ha consentito l’uso proficuo17.
Così la ‘moda’ della FAD diventa una effettiva opportunità di sviluppo dei
sistemi formativi, permettendo la crescita di quelle istituzioni che già si
occupano di formazione e che imparano ad integrare le conoscenze
acquisite con nuove modalità formative più “affascinanti” ed “appetibili”.
Realizzare oggetti di apprendimento digitali per inserirli in un corso online
non è poi così complicato e non richiede nemmeno troppa expertise se le
pretese non sono eccessive (certamente grandi progetti richiedono grandi
strutture e molti investimenti): sviluppare e-learning nella propria realtà
scolastica è un traguardo importante e improrogabile.
2.3 I Learning Object e le motivazioni per un loro uso didattico
Da alcuni anni nel campo della didattica, il dibattito si focalizza sull’uso dei
Learning Object18: elementi, entità, blocchi, risorse che, utilizzando le
19
tecnologie infotelematiche, favoriscono
il
processo di apprendimento
con la realizzazione di attività coadiuvate generalmente da esempi e test
di autovalutazione.
Il loro uso affonda le radici nel paradigma della programmazione object
oriented usata nel settore informatico, dove vengono creati specifici
componenti (objects) indipendenti l’uno dall’altro, che possono essere
riutilizzati in contesti diversi grazie alla possibilità di riassemblaggio in
serie diverse sulla base delle esigenze e degli obiettivi da perseguire.
Trasferendo il concetto di cui poc’anzi nell’ambito della didattica, il
learning object diventa lo strumento attraverso il quale si possono creare
piccoli
(relativamente
alla
lunghezza
del
corso
intero)
blocchi
di
conoscenza indipendenti dal contesto e autonomi l’uno dall’altro che
possono essere assemblati e riutilizzati in maniera ogni volta diversa,
innumerevoli volte, in contesti differenti: la loro riformulazione avverrà
seguendo
la
sequenzialità
specifica
del
momento
e
tarata
sulle
caratteristiche dell’attuale fruitore.
Gli oggetti in questione non sono composti solo da una parte di contenuto:
questo li renderebbe dei semplici oggetti di informazione e non degli
elementi didattici. Per essere tali, e quindi elementi di un percorso di
apprendimento, essi devono contenere almeno 4 elementi di base:
la dichiarazione dell’obiettivo;
una parte di contenuto,
che
può
essere
proposta
sotto
diverse
forme mediatiche: testo, audio, video, o multimediale, e più o meno
interattivo;
esercizi per un migliore apprendimento, attraverso la pratica, delle
teorie presentate;
un feedback immediato che avviene tramite la auto-valutazione.
I learning object sono elementi digitali e in quanto tali, la loro erogazione
avviene tramite l’uso del computer e la loro ricerca, da parte del discente
stesso o di un professionista della formazione e dell’educazione, avviene
all’interno di una (di solito) grande intranet se non addirittura all’interno
della vastissima Rete19
20
Ma quali sono le motivazioni che giustificano l’uso di questi materiali a
fronte di una trasmissione “parcellizzata” della conoscenza?
la necessità di una certa “economia” di lavoro, che consenta di
riadattare/riutilizzare/trasferire (in parte, globalmente o solo nella
struttura) materiale già elaborato per l’apprendimento,
la volontà di costruire, condividere e migliorare la conoscenza con altri,
anche in contesti diversi dalla situazione originaria,
l’urgenza di migliorare le competenze tecnologiche di docenti ed alunni,
la consapevolezza dell’efficacia didattica e formativa delle nuove
tecnologie,
il bisogno di potenziare un uso ecologico delle nuove tecnologie che
sostenga lo sviluppo cognitivo e continuo dell’individuo,
il desiderio di stimolare la creatività di alunni e docenti,
la necessità di formare una progettualità consapevole e ben strutturata,
l’esigenza di costruire degli strumenti di apprendimento flessibili per
l’(auto)apprendimento, validi sia per i docenti che per gli alunni,
l’intenzione di facilitare il passaggio tra la scuola e il mondo
dell’istruzione superiore e quello del lavoro, favorendo l’acquisizione di
conoscenze, competenze e capacità da poter utilizzare in ambito sociale
e/o professionale,
la necessità di rivolgere gli sforzi di produzione dei contenuti a favore
della qualità e non della quantità.
2.4 Definizioni
Con il passare degli anni, le numerose definizioni (che hanno portato
probabilmente più confusione che chiarezza) che i vari esperti hanno
modellato20 si sono in un qual certo allineate a quelle che, oggi, sono
le più accreditate: la definizione dell’LTSC (Learning Technology Standard
Commette21 ), quella dell’IDC e quella di David WILEY.
La prima definisce i Learning Object
come “Ogni entità digitale o non
digitale che può essere utilizzata, riutilizzata o indicata come riferimento
durante
l’apprendimento
supportato
dalle
Nuove
Tecnologie..[…]..materiale multimediale, contenuti e software didattico,
21
strumenti e obiettivi di apprendimento, persone, organizzazioni o eventi..”
(IEEE, 2001) certamente un definizione eccessivamente generica.
La seconda definizione coinvolge più dettagliatamente aspetti tecnici “un
elemento che abbia un contenuto e degli strumenti per la valutazione
basata su specifici obiettivi educativi e che possegga dei metadati come
descrittori“
evidenziando
contestualmente
il
campo
di
applicazione
chiaramente educativo. La definizione di Wiley è certamente quella più
specifica e pertinente secondo la quale “si intende per LO qualsiasi risorsa
digitale che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento”22
A differenza della definizione dell’LTSC che considera i learning object sia
“entità digitali” che “non digitali” e anche sia “usabili” (usate anche una
sola volta) che “riutilizzabili”, questa definizione rifiuta l’idea di “nondigitale” e “non-riutilizzabile” rendendoli delle risorse “non-rivali”23 tra loro,
in quanto utilizzabili da più persone simultaneamente.
Inoltre, per Wiley, non vengono usati “durante” l’apprendimento come
sostiene l’LTSC (non sono solo risorse aggiuntive) ma per “supportare”
l’apprendimento, specifica, quest’ultima, che amplifica notevolmente il
valore didattico della risorsa. L’oggetto della conoscenza, in questo modo,
ampia le sue potenzialità facendosi parte integrante di un percorso che si
sviluppa su più fasi e la cui fruizione avviene in tempi diversi ma partecipe
di un progetto pedagogico ad ampio raggio che vede, nella fase
infotelematica, la possibilità di un ulteriore upgrade di conoscenza.
Gli esperti del settore, nel corso degli anni, hanno tentato di appoggiare le
loro rappresentazioni a metafore facilmente riconoscibili nel tentativo di
veicolare in modo ben chiaro il pensiero sul quale si basa la teoria del LO:
dal LEGO24 all’ATOMO25 attraverso la rappresentazione di ciò che, nelle
loro intenzioni, corrisponde al concetto di “unità minima di informazione
e/o di apprendimento”.
Ma così come nell’ambito dell’informatica la progressione delle soluzioni
tecnologiche porta ad una continua
ridefinizione di concetti, strategie
ed obiettivi, allo stesso modo il concetto di Oggetto di apprendimento
all’interno del dibattito didattico (ancora in corso), trova nuovi stimoli
22
anche alla luce delle valutazioni che gli utilizzatori ne hanno fatto e che
continuano a proporre.
2.5 Problematiche
Dopo circa dodici anni di sperimentazione il modello dei Learning Objects
introdotto da W. HODGINS viene ripensato criticamente anche alla luce
degli sviluppi delle metodologie didattiche e degli applicativi ad essi
collegati nella ri-considerazione della loro reale efficacia.
La miniaturizzazione
della
conoscenza
se da una parte garantisce la
funzionalità e la coerenza agli stereotipi della modularità, autoconsistenza,
condivisione e riutilizzo, ricomponibilità e accessibilità, dall’altra evidenzia
una problematica di tipo gestaltico26 nel quale la suddivisione di un tutto
(l’unità didattica) in unità di granularità eccessivamente
garantisce
affatto
la
coesione
dell’unità
ma,
anzi,
ne
inferiori non
provoca
la
scomposizione in significati difficilmente riconducibili ad essa.
La ricerca di una terminologia condivisibile in un rapporto significatosignificante aggregante, gli aspetti pedagogici27 e tecnici che investono la
sfera psicologica, comportamentale e sociale di chi veicola conoscenza e di
chi la riceve e la difficoltà di mantenere uno standard, sono (i principali)
fattori che inducono ad una certa cautela nei potenziali utilizzatori.
Se ad essi si aggiungono altri elementi quali:
il mancato accordo sulla struttura interna di un Learning Object e sulla
quantità di informazioni che esso debba contenere
l’idea
(poco
verosimile)
secondo
la
quale
ogni
oggetto
sia
perfettamente e semplicemente combinabile con altri
la capacità degli elaboratori di costruire in modo completamente
autonomo percorsi didattici coerenti partendo da elementi minimali28
la difficoltà di rendere conciliabili strumenti nati in ambienti di
formazione tecnica con ambienti umanistici
la
presunta
incompatibilità
tra
sistemi
nati
in
ambienti
privati
(fortemente indirizzati all’aspetto economico) e ambienti formativi
istituzionali culturali
23
si legittimano le oggettive (e comprensibili) difficoltà di avvertire l’oggetto
infotelematico come parte integrante della sfera educativa: la
consolidata
vuole
riconoscere
nell’unità
didattica
la
prassi
coerenza
e
la
compiutezza del sapere e scardinare tale status non è così semplice.
Ma qual è la dimensione ottimale di un Learning Object?
Partendo dal presupposto che un LO deve necessariamente (per insegnare
in modo efficace una competenza specifica) includere:
un obiettivo formativo,
un percorso di esercitazione mirato all’apprendimento della competenza
che viene insegnata,
una verifica del raggiungimento dell’obiettivo iniziale
si riconosce come il concetto di
temporalità e fruizione siano in realtà
legati ad una pluralità di fattori estremamente soggettivi, (soprattutto se
si
considerano
altre
variabili
riferite,
ad
esempio,
agli
stili
di
apprendimento propri di ciascuno e alla conseguente possibilità di scelta
che un Learning Management System potrebbe dare in questo senso) tali
da inficiare in senso positivo ovvero negativo il risultato atteso pur
dovendo mantenere garante l’autonomia didattica del docente.
La questione in oggetto è tuttaltro che trascurabile: si tratta di
sconvolgere concettualmente l’immagine di temporalità e di unità a favore
di un percorso minimale che deve necessariamente racchiudere in sé la
completezza di un cammino soddisfacente.
Le sperimentazioni in questo senso sono cospicue ed i repository29 (ormai
assai numerosi in rete) contengono quantità elevate di Learning Object
distribuiti e classificati secondo le più disparate necessità ed a copertura di
ampi settori delle discipline scolastiche30.
24
PARTE INDIVIDUALE
CAPITOLO 3. Esperienze a confronto
3.1 Gli Oggetti Autonomi di Apprendimento (OAA)1
La continua ricerca di un sapere condivisibile e di strumenti adatti alla sua
trasmissione in forme sempre più vicine alle necessità dell’utenza, stimola
gli esperti della formazione nella ricerca anche di alternative ai LO, nel
senso di uno strumento didattico che, mutuando nelle sue caratteristiche
la tassonomia degli oggetti di apprendimento, ne mantenga però le
caratteristiche fondamentali di fruizione e di multimedialità.
In questa direzione l’Oggetto Autonomo di Apprendimento
si
configura come un oggetto che propone interessanti caratteristiche che lo
differenziano in alcuni aspetti fondamentali pur recependo i seguenti
principi della didattica multimediale:
autonomia
riusabilità
uniformità
multimedialità e interattività
facilità di distribuzione in rete
La regola (se così possiamo definirla) dell’oggetto di apprendimento è
sempre e comunque quella di mantenere un ben preciso e limitato
obiettivo di conoscenza, competenza e abilità nella definizione di alcuni
parametri riferiti alla necessità di comprendere:
1. quali sono le conoscenze che lo studente deve possedere in ingresso
(pregresse) per poter usufruire in modo completo
dell’oggetto di
apprendimento
2. quali sono le conoscenze aggiuntive che dovrebbero essere trasmesse
con l’uso dell’oggetto
3. quali gli obiettivi conoscitivi legati alla tradizionale lezione in presenza
(di circa due ore) aggiunte all’approfondimento che lo studente
dovrebbe svolgere in modo autonomo sui testi assegnati.
25
3.1.1
Rappresentazione
Apprendimento)2
schematica
di
un
OAA
(Oggetto
Autonomo
di
Mappa del corso
Saperi
sintetici
Valutazione in uscita
bilancio
Unità di contenuto ……
Unità di contenuto 3
Unità di contenuto 2
Unità di contenuto 1
introduzione
Valutazione di ingresso
Link verso
altri OAA
Livello dei
materiali
originali
Livello delle
risorse web e
dei materiali
esterni
Saperi
analitici
approfondimenti
Queste considerazioni sollecitano, a loro volta, alcuni interrogativi che si
devono necessariamente tenere presenti nella formulazione e costruzione
degli OAA:
gli obiettivi sono circoscritti e specifici?
Il cammino che il fruitore percorre è sufficientemente coerente e
compatto?
e a seguire tutti gli aspetti collegati alla “costruzione” grafica dell’oggetto e
ai vari principi nell’uso della multimedialità legati alle varie teorie
didattiche3 che definiscono le contraddizioni della comunicazione on-line.
26
Nell’immagine precedente è stata schematizzata la struttura di un OAA
nella quale si riconosce una ricorrenza di componenti condivisibili con i LO,
ma anche gli
elementi caratterizzanti del nuovo oggetto che ne
influenzano soprattutto gli aspetti legati alla durata temporale (già si è
fatto cenno ad una unità didattica di circa due ore) resa esplicita dal
maggior numero di “unità di contenuto”.
In altri termini potremmo collazionare l’area “contenuti” ad una somma di
LO tradizionali (ammesso che sia pertinente usare tale termine nell’ambito
delle NT) delimitati dalle valutazioni in ingresso e in uscita.
Naturalmente questa affermazione non ha la pretesa di esaurire o ridurre
la complessità dell’oggetto nella sua integrità (o parzialità) quanto
semplicemente fornire un imput dal quale impostare un eventuale
approfondimento e ricerca nella comparazione tra sperimentazioni diverse
ma che hanno in comune le teorie base orientecd 4.
3.2 Saperi e valutazioni
Dunque, l’OAA è strutturato fondamentalmente su due livelli: quello dei
saperi sintetici ovvero le “lezioni in aula” in cui il docente, attraverso una
comunicazione di tipo prevalentemente orale, illustra l’argomento tema
dell’unità e fornisce ai discenti gli stimoli necessari per lo studio individuale
e quello dei saperi analitici ovvero lo studio, prevalentemente scritto,
che il discente effettua attraverso i testi, approfondendo le tematiche
tramite gli strumenti multimediali che la rete mette a disposizione,
utilizzando le risorse dei normali canali di distribuzione.
Così come nella lezione socratica il docente guida sapientemente i suoi
allievi nella sequenzialità degli argomenti trattati affrontando passo dopo
passo i temi dell’unità didattica, sottolineando i passaggi fondamentali,
suggerendo contributi pertinenti, allo stesso modo questa linearità,
garante dell’uniformità
mantenuta
dell’unità didattica, deve essere (possibilmente)
anche all’interno degli Oggetti Autonomi di Apprendimento
attraverso rimandi ipertestuali che ricadano naturalmente all’interno delle
singole unità di contenuto che (suggerisce A. PERISSINOTTO) devono
essere comprese tra cinque e quindici.
27
Gli OAA sono oggetti didattici costruiti e indirizzati espressamente per una
fruizione on-line e quindi generalmente parte di un corso più vasto e
complesso nel quale la valutazione delle conoscenze in ingresso non sono
affatto garantite se non da una generica considerazione che, spesso, non
ha possibilità di verifica5.
La strategia insructional individuata nella costruzione dell’OAA è stata
quella di inserire a monte del processo di apprendimento un’area di
verifica in ingresso attraverso la quale lo studente ha la possibilità di
accertare le proprie conoscenze pregresse sulle quali “costruire” le nuove
conoscenze6: è fondamentale nella formulazione, definire con attenzione
questi requisiti che, spesso, vengono confusi con gli obiettivi finali. Questa
fase è utile al discente il quale, attraverso ad esempio un test sommativo,
accerta se le conoscenze di cui dispone sono sufficienti per affrontare
l’unità didattica in modo adeguato, ovvero se è necessario un ulteriore
approfondimento del pregresso necessario al proseguimento del corso e
senza il quale non è possibile “costruire” nuova conoscenza.
A seguire la verifica l’allievo trova una introduzione ovvero un’area
specifica nella quale si dichiarano:
Gli obiettivi dell’OAA
Le motivazioni che portano alla definizione degli obiettivi
Il contesto di applicazione ovvero quali sono gli ambiti all’interno dei
quali le nuove conoscenze andranno a collocarsi
Un sommario delle attività utile per chiarire il percorso che li discente
affronterà durante lo svolgimento dell’oggetto di apprendimento.
Vengono quindi avviate le unità di contenuto secondo le modalità definite
e costruite dal docente.
Naturalmente il percorso non si esaurisce con lo studio delle unità di
contenuto, infatti completata questa fase principale si rende necessario un
breve riassunto delle attività svolte, un condensato dei concetti appresi, il
bilancio, che permette collegamenti con la mappa del corso non tanto per
invitare l’utente ad abbandonare il proprio percorso, quanto per offrire la
possibilità di un immediato riscontro reticolare all’interno dell’ambiente di
apprendimento.
28
A conclusione del percorso troviamo il test di fine unità, la valutazione in
uscita che, riprendendo in parte le modalità già utilizzate per la
valutazione in ingresso, ha lo scopo di fornire un immediato e chiaro
feedback effettuando, nel caso di risposte errate, immediati rimandi alle
diverse unità di contenuto o ai materiali depositati nel livello dei saperi
analitici.
A seguire un esempio di Oggetto di Apprendimento Autonomo realizzato
con Power Point e sviluppato dallo scrivente nell’ambito di un incontro di
formazione per i colleghi di lettere presso l’I.I.S. BODONI-PARAVIA di
Torino7
nell’anno
scolastico
2004/2005.
L’oggetto
è
sviluppato
parzialmente e tratta il film “PSYCHO” di A. HITCHCOCK.
3.2.1 Fase 1: test di valutazione in ingresso
29
In questo caso la scelta è stata quella di limitare il test ad una semplice
valutazione del tipo VERO/FALSO. Le risposte sono però supportate da un
immediato feedback che gratifica lo studente in caso di risposta positiva
oppure, in caso di risposta errata, gli si propone un immediato aggancio ai
documenti di studio proponendo un eventuale ripasso
30
Questa fase generalmente non trova corrispettivo nella lezione in presenza
ma nella dinamica della lezione online diventa necessaria: sarà lo studente
che, responsabilmente, sceglierà
se
proseguire
il
cammino
oppure
affrontarlo in un secondo momento. Ciò che è realmente importante ai fini
del percorso programmato, è quello della verifica di conoscenze che non
hanno una relazione esplicita con il tema dell’unità didattica ma contiguità
con saperi che dovrebbero già essere radicati e senza i quali non è
possibile affrontare le unità didattiche componenti l’oggetto.
3.2.2 Fase 2: introduzione
Il testo presente nella slide seguente definisce inequivocabilmente quelli
che sono gli argomenti e gli obiettivi proposti nell’unità didattica che
seguirà.
L’allievo è immediatamente coinvolto nella costruzione del percorso
diventando pienamente consapevole e partecipe della realizzazione della
propria conoscenza proiettato nell’ambiente di apprendimento attraverso
la costruzione grafica e multimediale dell’ambiente.
31
3.2.3 Fase 3: l’unità didattica
L’allievo ora si confronta con i concetti, i topics, i temi della lezione che
dovranno essere necessariamente uno ed uno solo per ogni unità di
contenuto (è in questa fase che si riscontra la maggiore aderenza ai LO) e
che, posti in sequenza, costruiranno il percorso per il raggiungimento degli
obiettivi formativi.
32
Un ruolo fondamentale è ricoperto dagli elementi che costruiscono
graficamente la pagina: testo, immagini, pulsanti di navigazione, eventuali
animazioni, audio e video, elementi che devono, comunque, rispondere a
determinati requisiti8. Particolare attenzione si deve porre alle immagini
che
assumono
messaggio9,
ai
un
testi
significato
concisi
importante
ed
nella
immediati,
alla
comunicazione
ridondanza
del
delle
informazioni e a tutti quegli elementi che concorrono nella costruzione
della conoscenza mantenendo efficace ed immediata la ricerca delle
informazioni.
3.2.4 Fase 4: bilancio
Al termine delle unità didattiche previste, con il completamento della
lezione, l’allievo si confronta con un breve riassunto, un ulteriore input in
previsione della verifica finale. Fondamentale in questa fase stimolare
l’allievo con una immediata gratifica.
3.2.5 Fase 5: verifica finale
Nel test di fine unità diventano evidenti gli elementi che definiscono i livelli
di sapere acquisiti dallo studente
33
e gli immediati feedback che il processo ratifica in caso di soluzione
positiva o negativa rimandando (in questo caso illustrato dalla slide
sottostante) alle parti dell’unità che sono afferenti agli argomenti trattati
Lo schema complessivo prevede, al termine del test finale, l’eventuale
proseguimento con la lezione successiva che, all’interno del coursware
34
previsto nella piattaforma di fruizione, mantiene una naturale logica
sequenziale.
In realtà la linea che demarca il confine tra OAA e LO è, a ben vedere e
sotto certi aspetti, estremamente sottile ma, nello stesso tempo, evidente
soprattutto nell’approccio metodologico e nella proposizione di strategie
instructional, forse, più vicine alla tradizione culturale italiana (nel primo
caso) piuttosto che anglo-sassone (nel secondo).
Inoltre la scelta di usare un software comune (in questo caso Power Point,
ma nulla vieta di scegliere il programma che più aggrada anche Open
Source) abbatte le barriere che inevitabilmente si ergono nei confronti di
chi
deve
confrontarsi
con
la
costruzione
(tuttaltro
che
semplice)
dell’oggetto senza dover imparare ex-novo un software specifico.
Ma prima di affrontare la trasformazione in LO occupiamoci brevemente
della valutazione dello stesso Oggetto Autonomo di Apprendimento.
3.3 Valutare l’OAA
Generalmente, e con ragione, ci si preoccupa principalmente della
valutazione degli allievi10, della definizione di schemi e griglie comparative
che permettano una più reale e meritoria rispondenza ai risultati attesi
dimenticando che un buon risultato, spesso, dipende da un buon prodotto
e che la valutazione non si deve rivolgere solamente ai fruitori, ma deve
includere anche il corso stesso e quindi gli elementi didattici che lo
compongono. Con questo non si vuole affermare che la valutazione
dell’operato del docente è tralasciata o relegata ad un piano secondario,
ma, forse,
sottoposta a meno verifiche di non quanto, probabilmente
sarebbe opportuno effettuare.
A tale scopo si è ritenuto opportuno costruire la tabella seguente che deve
permettere una immediata verifica dell’operato del docente e la sua
rispondenza alle prerogative e condizioni necessarie per la produzione di
un prodotto che abbia i requisiti per essere un oggetto di apprendimento
efficace e didatticamente stimolante.
35
SCHEDA DI VALUTAZIONE DEGLI OAA
Elemento
Valutazione in
ingresso
Introduzione
Criterio di valutazione
Valutazione
È’ presente
Le domande individuano con esattezza i requisiti
minimi
È’ presente
Chiarisce i contenuti dell’OAA
Unità di
contenuto
Sono presenti
Contengono collegamenti al livello dei saperi analitici
I testi sono adeguatamente sintetici
I testi sono formulati in maniera coinvolgente
Contengono immagini referenziali
Contengono immagini metaforiche
Contengono immagini esornative
Contengono materiali video
Contengono materiali audio
Bilancio
È presente
È sufficientemente sintetico
Copre l’intero OAA
Valutazione in
uscita
Valutazione
complessiva
dell’OAA
È presente
Copre l’intero OAA
Gli obiettivi di apprendimento sono chiari
Gli obiettivi sono quelli che corrispondo a 2 ore di
lezione in presenza
Ha un sufficiente grado di autonomia
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
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4
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1
2
3
4
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2
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5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
Nel caso degli OAA (così come nella realizzazione di LO), il docente è
assolutamente proprietario nella realizzazione, gestione dei contenuti ed
efficacia del processo di costruzione della conoscenza e non può esimersi
da una partecipazione attiva e complessiva del prodotto, anzi.
Diventa un requisito fondamentale l’adesione a parametri pre-stabiliti che
si pongono come risultanze di una attenta analisi rivolta agli elementi
costitutivi dell’OAA, alla presenza di determinate caratteristiche di natura
psicologica (come ad esempio l’uso dei colori, l’impaginazione del testo, la
36
collocazione delle immagini e degli elementi multimediali, i processi
testuali o procedurali attivati dalle hotword), pedagogica (gli strumenti
usati per il raggiungimento degli obiettivi), semiotica (i segni, le icone),
linguistica (l’uso di un linguaggio testuale essenziale e comprensibile,
scevro di circonvoluzioni dialettiche).
E’ necessario che il docente, realizzato il proprio prodotto, possa
confrontarlo con un sistema appropriato e standardizzato che validi il
lavoro svolto gratificando l’impegno profuso, ovvero ne evidenzi le lacune
o gli aspetti incompleti sollecitando una ulteriore revisione.
CAPITOLO 4. Da Oggetto Autonomo a Oggetto di Apprendimento
4.1 La scelta del software
Quanto affermato precedentemente ha una sua ragione: coinvolgere
docenti nell’uso delle Nuove Tecnologie è già di per sé estremamente
complicato se non si è avvezzi, quantomeno, all’uso dello strumento
informatico. Possiamo pertanto immaginare la difficoltà dello stesso nel
dover necessariamente sommare altre azioni fondamentali, e conseguenti
a questa prima necessità, per la realizzazione di un oggetto didattico da
pubblicare on-line.
La procedura per la realizzazione di oggetti di apprendimento infatti
prevede che, in linea generale, il docente si occupi di:
1. organizzare l’unità didattica minima (non dimentichiamo che il concetto
di tempo è, nel caso di LO, molto soggettivo), meglio se in forma di
progetto cartaceo,
2. definire la nomenclatura del LO
3. trasformare l’unità didattica in oggetto informatico utilizzando i vari
software per realizzare tutte le componenti necessarie (testo, grafici,
immagini, video o altro, esempi e test finale) alla concretizzazione del
LO.
Lasciando agli esperti il compito di “pacchettizzare” secondo gli standard
attuali11 l’oggetto didattico, l’implementazione degli stessi sulla piattaforma
37
scelta e la gestione globale del corso, i tre punti indicati in realtà
nascondono molte ore di lavoro non da tutti considerato necessario.
Si rende quindi indispensabile individuare delle procedure che si appoggino
a software agevoli, comprensibili e intuitivi sui quali spendere poche ore di
apprendimento al fine di ottenere una partecipazione ed una confluenza la
più larga possibile: gestire un eventuale corso di formazione centrato su
pochi
e
semplici
prodotti
ha
l’indubbio
vantaggio
di
entrare
immediatamente nel merito dell’organizzazione del percorso didattico.
Affrontare marginalmente le problematiche legate ai mezzi tecnici per
focalizzare l’attenzione sulle modalità con le quali acquisire competenze e
alle strategie per renderle “interessanti”, è certamente più appagante per
chi docet.
Costruire oggetti didattici per un utilizzo su piattaforme e-learning, in
fondo, non è particolarmente complicato12 considerati gli innumerevoli
software che le maggiori case di produzione ormai propongono sia come
prodotti proprietari che Open Source, d’altra parte si è già, e più volte,
sottolineato come le difficoltà maggiori non siano legate a questo aspetto
quanto alla caratterizzazione di una struttura didattica che risponda a
determinati
requisiti
legati
alla
trasformazione
del
concetto
tempo/spazio che muta radicalmente sia nella proposizione
di
che nella
fruizione del prodotto.
La scelta del software è la premessa per il successo dell’iniziativa.
Lo studio che verrà in seguito proposto si basa principalmente su prodotti
freeware liberamente scaricati da internet e rappresenta (in soli quattro
step) il ciclo completo di un LO dalla sua realizzazione, alla pubblicazione
in piattaforma LMS (Learning Management System).
I programmi utilizzati sono, nella sequenza di utilizzo13:
WINK: per l’acquisizione delle immagini
EXE – 0.17: per la trasformazione del file sorgente in XML
RELOAD EDITOR: per realizzare il pacaging secondo gli standard
correnti
RELOAD
SCORM
PLAYER:
per
visualizzare,
attraverso
una
piattaforma virtuale ed in locale, il prodotto realizzato.
38
Se il docente si limita alla trasformazione informatica dell’unità didattica,
la realizzazione dell’oggetto d’apprendimento si ferma al primo step.
Come precedentemente affermato esso non è affatto vincolato ad un
software specifico: un qualsiasi editor di testo può essere sufficiente, così
come una presentazione o
un prodotto multimediale realizzato con più
elementi.
L’unico vincolo (se lo si voglia considerare tale) è quello della necessità di
salvare il file realizzato come pagina web (e quindi in formato HTML) al
fine di permettere (anche per coadiuvare il compito di colui che si
occuperà del proseguimento del processo) una maggiore facilità nella
trasformazione in LO aderente alle specifiche richieste per la pubblicazione
su piattaforma.
La didattica multimediale è uno strumento relativamente giovane che si
porge come approfondimento rispetto a soluzioni che già molti docenti
usano come supporto alle loro lezioni: presentazioni, ipertesti, siti web
sono applicazioni che concorrono a formare la mentalità necessaria per
affrontare la via dell’oggetto didattico telematico.
Si tratta fondamentalmente di una ri-collocazione delle risorse disponibili
nella rete e di una riorganizzazione mentale che aggancia saperi
tradizionali con modalità diverse di erogazione.
Nella continua ridefinizione del patto tra allievo e docente è importante
cogliere gli elementi che possono disegnare percorsi di apprendimento
alternativi suscitando interesse e coinvolgimento non solo nei discenti ma
anche nei docenti che hanno l’opportunità di avvicinarsi a metodologie
anche sperimentali.
39
4.2 Un esempio14
L’immagine che segue rappresenta un LO estremamente semplice ma
didatticamente completo.
1
2
3
4
5
1. obiettivi dichiarati
2. problema da risolvere
3. spiegazione del concetto
4. dati necessari alla soluzione del problema
5. esercizi e collegamenti agli eventuali approfondimenti
40
Nell’ottica di un prodotto da utilizzare in rete e parte di un corso, sono
certamente rispettate quelle che sono le “regole” delle diverse teorie
instructional
rivolte alla produzione e fruizione di oggetti didattici. Lo si
desume non solo dalla chiarezza delle esposizioni, dalla semplicità della
costruzione e linearità della grafica, ma anche dalla sequenzialità delle
proposte sviluppate secondo un percorso guidato che porta il discente alla
soluzione del problema.
Naturalmente l’immagine rappresentata non è che una parte (la home) del
LO che nella sua versione integrale presenta altre pagine e collegamenti
esplicativi, il tutto però racchiuso entro limiti spaziali (la “videata”) e
temporali (di fruizione) preventivamente stabiliti in fase di progettazione.
Certamente la complessità dell’oggetto può essere accresciuta con più
immagini, con elementi multimediali, un maggior numero di collegamenti,
ma deve rispettare, comunque, la sua funzione di ”scaffolding”15, rispetto
ad
argomenti
e
ragionamenti
che
sono
affrontati
in
“presenza”
tradizionalmente in aula, anche attraverso una sapiente e stimolante
distribuzione di sollecitazioni intellettive e cognitive.
4.3 Costruire Learning Object
4.3.1 Step 1: Progettazione cartacea dell’oggetto
Creare LO significa progettare un percorso didattico che si sviluppa
gradualmente nel tempo. La compilazione cartacea può tornare molto utile
in questa fase: permette di tracciare una prima determinazione di ciò che
dovrà poi essere trasformato e di verificare (eventualmente correggere o
rielaborare) la funzionalità del sistema alla luce di quanto definito e
previsto nell’insieme. In questo primo approccio possiamo già pensare ai
materiali che pensiamo di inserire nel nostro LO: gli elementi multimediali
se previsti, i testi, le immagini nonché gli eventuali materiali di
approfondimento e di verifica. E’ preferibile (in oggetti piuttosto complessi)
compilare un diagramma di flusso (come per la realizzazione dei siti web)
per poter gestire al meglio lo sviluppo del progetto.
41
TITOLO DEL CORSO: “PSYCHO”: analisi di un film
1.
2.
3.
4.
5.
TITOLO dell’oggetto
OBIETTIVO dell’unità didattica
CONTENUTI
VERIFICA (esercizio)
COLLEGAMENTI (esterni: web, libro di testo, ecc…)
1. TITOLO DELL’OGGETTO: Spazio e Tempo
2. OBIETTIVO: scopo dell’unità è quello di individuare i concetti spazio/temporali generali
del film (testo + immagine esornativa)
3. CONTENUTI: il testo rappresenta i due personaggi (inserire il video della camera;
inserire un testo dell’autore? link? Filmografia)
4. VERIFICA: test vero/falso (da verificare)
5. COLLEGAMENTI: del tipo vedi pag. del testo oppure link al sito…..
TITOLO
OBIETTIVO
APPROFONDIMENTI
CONTENUTO
VIDEO
VERIFICA
LINK
Nel caso in esame il LO (che deve essere visto come parte di un
courseware
più
generale
e
comprensivo
di
molti
LO)
è
stato
“schematizzato”: mantenendo tale struttura come punto di riferimento,
sarà più agevole lo sviluppo dell’oggetto di apprendimento secondo una
progettazione lineare e consapevole.
4.3.2 Step 2: realizzare l’originale
Come affermato precedentemente, il nostro scopo è quello di trasformare
un Oggetto autonomo di Apprendimento in Learning Object: il soggetto
della nostra trasformazione sarà naturalmente la presentazione del film
che costituisce l’ossatura del primo e che diventerà la base del secondo.
42
Per compiere questa trasformazione dobbiamo elaborare un documento
usando i software a noi più congeniali, in questo caso la scelta è ricaduta
su Power Point® che ci permetterà la conversione in html.
1. Slide di apertura: il titolo introduce al tema
generale del corso, mentre il sottotitolo indica
chiaramente al discente quale sarà il tema della prima
unità di studio.
2. Obiettivi formativi: è necessario che il discente
abbia immediata percezione delle conoscenze che
dovrà acquisire e possedere al termine della singola
unità.
3. Contenuti: l’allievo entra nel vivo dei contenuti
che, riprendendo la lezione che il docente ha proposto
in aula, si collocano come input dai quali avviare una
ricostruzione della conoscenza.
4. Contenuti: la bontà di un oggetto didattico è
commisurata anche al tempo della fruizione: è
necessario affrontare un solo concetto alla volta per
non inficiare l’efficacia dell’intervento.
5. contenuti: possono essere usati indifferentemente
esempi testuali, oppure immagini, oppure ancora
elementi multimediali. In questo caso il video
sostituisce
l’immagine
referenziale
statica,
proponendosi come esempio a supporto del testo.
5. approfondimenti: fanno parte dell’unità, ma
possono anche non essere presenti. Nella pratica gli
oggetti didattici sono estremamente soggettivi e
dipendono interamente dalla capacità di sintesi del
docente.
43
Poiché si tratta di rafforzare un solo concetto alla volta, è evidente che la
quantità di slide utilizzate diminuisce notevolmente rispetto al primo
progetto (OAA): ma non è certamente la quantità di immagini a definirne
la bontà ed efficacia.
Ciò
che
è
fondamentale
è
la
chiarezza
nella
trasmissione
della
rappresentazione mentale da comprendere e l’aderenza a ciò che è stato
preventivamente dichiarato nel patto formativo stabilito tra docente e
allievo. Gli oggetti di apprendimento, come tutta la formazione on-line
d’altronde, non possono certamente sostituire in toto la relazione tra i vari
attori del processo formativo, ma ne costituiscono certamente una parte
importante.
4.3.3 Step 3: Cattura con WINK
Il software che usiamo in questa fase ci permette di produrre tre file
distinti:
1. uno con estensione .swf cioè un file Shockwave Flash Object16
2. un secondo file con estensione .wnk che contiene il progetto
elaborato
3. un terzo, infine, con estensione .Html visibile in un qualsiasi browser.
WINK è volutamente stato scelto per la sua semplicità ed immediatezza:
permette di definire con facilità l’area dello schermo che si vuole catturare,
ammette l’inserimento di alcuni elementi multimediali, permette di
abbinare ai vari fotogrammi riquadri testuali, oppure ancora pulsanti di
navigazione rendendo più ricca e completa l’informazione visualizzata.
Il file .swf verrà utilizzato per il proseguimento del progetto ed importato
poi nel successivo software (step 4), mentre la possibilità di ottenere una
pagina html ci permette l’eventuale integrazione del materiale in un sito di
istituto o personale svincolando il prodotto dalla dinamica sequenziale del
corso programmato.
Nell’immagine seguente la videata di WINK con il progetto catturato,
visualizzato e pronto per la trasformazione.
Gli strumenti che il software mette a disposizione sono pochi ed elementari,
(bottoni di navigazione, fumetti esplicativi, registrazioni audio ed immagini,
44
coordinate di posizionamento) ma sufficienti per la realizzazione di un
prodotto semplice ed immediato: l’acquisizione della conoscenza avviene
per gradi, passo dopo passo i nuovi concetti si integrano in quelli già
presenti e sulla base di questa trasformazione i significati si arricchiscono
generando apprendimento.
4.3.4 Step 4: Costruzione dl LO con EXE (vers. 0.17)
Con EXE organizziamo il nostro LO nella sua veste più completa e
pianificata. Se nella prima fase abbiamo costruito l’unità didattica nella sua
componente più essenziale, dobbiamo ora pensare allo sviluppo del
progetto grafico (step 1) realizzando le varie pagine che costruiscono il
percorso formativo attraverso il quale il discente avrà la possibilità di
apprendere i concetti, approfondirli e valutarli sulla base dei contenuti
appresi.
45
Il software ci propone una maschera nella quale sono evidenziate:
1. la disposizione ad albero delle pagine che di volta in volta vengono
aggiunte, rinominate od eliminate,
2. gli elementi che il programma ci propone per l’inserimento dei contenuti
all’interno delle pagine
3. un’area di lavoro nella quale inserire e visionare la funzionalità (preview)
dei contenuti stessi.
1
2
3
Nella figura precedente possiamo riconoscere la Home nella quale è
illustrata l’attività proposta (activity): a seguire una seconda pagina che
esplicita gli obiettivi dell’unità didattica
46
Naturalmente la scelta e il controllo delle pagine è a totale carico del
formatore che definisce in modo del tutto autonomo (ma coerente
all’interno di un corso sviluppato su più unità) la sequenzialità degli
elementi che costruiscono nel loro insieme l’oggetto di apprendimento in
esame. L’inserimento di immagini, link a risorse multimediali, test di
verifica, collegamenti al web, applet o file flash ed altro, arricchisce la
visibilità e la potenzialità dello strumento didattico che diventa un vero e
proprio “congegno” di apprendimento completo.
Ancora una volta l’elemento fondamentale è la semplicità d’uso del
software che, con singoli e intuitivi comandi, offre la possibilità di
organizzare la propria didattica secondo i più innovativi e recenti indirizzi
di pensiero a matrice costruttivistica.
47
4.3.5 Pubblicare con Reload Editor e Scorm Player
L’oggetto di apprendimento è ormai pronto.
Potremmo, se questa è la nostra intenzione, tralasciare quegli aspetti che
poco hanno a che spartire con la didattica lasciando agli esperti il compito
di trasformare i nostri file in formato standard utile alla implementazione
in piattaforma LMS.
La quasi totalità dei formatori ritiene di doversi occupare esclusivamente di
pedagogia, metodologie di apprendimento e istruzione e raramente si
occupa, o semplicemente ha la curiosità, di conoscere gli aspetti tecnici
che stanno a valle del progetto anche se consapevoli che la comprensione
di un processo, affinché essa sia completa, deve necessariamente basarsi
su tutti i componenti concorrenti e necessari.
I due software proposti permettono di “vedere” il nostro oggetto come
inserito in una piattaforma virtuale online.
Pulsanti di
navigazione
Sviluppo
gerarchico
contenuti
48
In realtà Reload Editor (sul quale volutamente non mi soffermo) effettua il
packaging dei nostri file preparandoli per la successiva esportazione in
Reload Scorm Player nel quale (figura precedente) si notano:
1. lo sviluppo gerarchico del corso visualizzato sulla sinistra,
2. i pulsanti di navigazione in alto a destra (prev, next),
3. i contenuti a centro pagina
Grazie a questa piattaforma virtuale abbiamo la possibilità di analizzare il
prodotto nella sua interezza: eseguire i test e verificarne l’immediato
feedback testando non solo la funzionalità del sistema, la correttezza dei
collegamenti e l’efficienza della sequenzialità, ma anche (e soprattutto)
valutandone l’efficacia didattica ponendoci dalla parte del discente.
4.4 Tradizione o innovazione?
I numerosi dubbi con i quali si confronta il docente nella realizzazione di
un Oggetto didattico sono spesso propedeutici ad una difficoltà che basa il
suo essere principalmente sulla necessità di comprendere le motivazioni
per le quali creare oggetti informatici sia più efficace della distribuzione di
una fotocopia, di un rimando al testo, alle pagine degli esercizi piuttosto
che ad una lezione “socratica” in presenza.
Sono, però, moltissimi coloro che già oggigiorno intraprendono la via della
lezione arricchita da presentazioni in slide piuttosto che dalla ricerca in
internet, dalla convinzione che i documenti possano anche essere
distribuiti online con più efficacia e ricaduta: sintomo, questo, di un
desiderio
di
innovazione
didattica
nel
segno
di
un
più
intenso
coinvolgimento e partecipazione del discente a fronte di una maggiore
gratificazione da parte dell’educatore.
Lo scopo di questa trattazione è, in fondo, quello di suscitare curiosità e
dimostrare come lo strumento informatico possa diventare un valido aiuto
per il recupero di abilità coadiuvando il docente nel suo lavoro quotidiano.
Il fenomeno della dispersione è certamente molto vasto e richiede
interventi mirati non solo a livello locale. Si richiedono politiche nazionali
mirate:
indubbiamente non sono sufficienti LO o didattica online per
49
risolvere un problema che ha radici profondamente radicate nel tessuto e
nel malcostume sociale.
Le vicissitudini di questi ultimi anni hanno chiaramente dimostrato come
l’informatica (e ultimamente la telematica) spesso, sia ancora argomento
di dibattito soprattutto nel comparto istruzione all’interno del quale le
resistenze sono ancora forti e ben salde.
Ciò che viene contestato dagli “irriducibili” è la presunta efficacia
dell’innovazione in rapporto ad una didattica pedagogica tradizionale che
privilegia il contatto diretto con il discente mantenendo (possibilmente)
inalterato il rapporto di subordinazione di quest’ultimo nei confronti di chi
è “depositario” del sapere.
Il problema in effetti è proprio quello di dimostrare come le Nuove
Tecnologie siano didatticamente efficaci nella misura in cui possono
determinare ritmi di apprendimento diversificati e personalizzati al punto
di stimolare comprensione e acquisizione di conoscenza realmente
quantificabile e valutabile.
L’uso di learning objects e oggetti autonomi di apprendimento giustifica (e
garantisce) una risposta positiva, consistente e duratura? Il tempo
necessario per apprendere l’uso degli strumenti adatti alla loro produzione,
per implementarne i contenuti, per gestire la concatenazione dei flussi e
trasformare il sapere in formato elettronico, legittima la decisione
tecnologica? La scelta metodologica soddisfa la richiesta pedagogica dei
docenti?
Ad un questionario da me distribuito durante un incontro collegiale17 e
strutturato come semplice indagine conoscitiva ed esplorativa di una reale
(o fittizia) necessità di aggiornamento, di interesse per l’uso di materiali
didattici da erogare online (il mio tentativo era di coinvolgere il maggior
numero di colleghi in una sperimentazione indirizzata al recupero
scolastico attraverso l’uso di Learning Object), di curiosità nell’affrontare
percorsi e modalità integrative rivolta al recupero di abilità attraverso
piattaforme online, la risposta complessiva ha fornito i seguenti risultati:
50
Domanda 1:
Ritieni che la cooperazione e la collaborazione in aula sia:
1. legata esclusivamente alla formazione online
2. una moda del momento senza alcuna ricaduta realmente valutabile
3. un’opportunità che vorresti sperimentare
risultato:
1) =35;
percentuale: 1) 36,84
2) =40
3)=20
totale: 95
2) 42,11 3) 21,05
Domanda 2:
Pensi che la formazione online possa essere:
1. produttiva e complementare a quella in presenza
2. una moda del momento senza alcuna ricaduta realmente valutabile
3. un sistema per aumentare il lavoro senza alcuna ricaduta didattica
4. un sistema per aumentare il lavoro ma con evidente ricaduta sulla motivazione
e sulla conoscenza collettiva
risultato:
1)= 14;
2)=38;
percentuale: 1) 14,74
3)=32;
4)=11
totale: 95
2) 40,00 3) 33,68 4) 11,58
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
domanda 2
domanda 1
1
2
3
4
risultato
Il grafico evidenzia chiaramente quali sono gli atteggiamenti della
maggioranza nei confronti della tematica proposta, così come sono
altrettanto chiare le percentuali di coloro che dimostrano interesse, ma
che (purtroppo) nelle due circostanze, si collocano con i valori più bassi:
indice inequivocabile di una disattenzione piuttosto diffusa.
51
In realtà all’interno di questa noncuranza possiamo inserire diversi
atteggiamenti che vanno dall’indifferenza più totale (e in questa fascia
collochiamo i docenti che hanno generalmente molti anni di carriera alle
spalle e che non ritengono sia più necessario aggiornare o modificare
competenze e abilità proprie), alla paura di affrontare un carico di lavoro
aggiuntivo e scarsamente renumerato. Non valutabile la percentuale
(decisamente bassa) di docenti che non hanno dato alcuna risposta.
Risulta evidente che, alla luce di quanto emerso, è estremamente
difficoltoso determinare a priori e realisticamente una ricaduta su eventuali
corsi, soprattutto se relegati in ambiti temporalmente ridotti come
possono essere quelli di un corso per il recupero del debito scolastico, se
viene a mancare in primis l’interesse per il mezzo: d’altra parte la
soluzione informatica sembrerebbe, invece, risolvere egregiamente le
esigenze legate ad una necessità di apprendimento, in questo caso,
sicuramente rispondente a soluzioni just in time just enough
di un
numero limitato di utenti e quindi generalmente compatibile con un
progetto di recupero online.
La presunta dicotomia sembra nascere da un errore di fondo, da una
convinzione radicata: quella di non poter conciliare tradizionale e
tecnologia considerandoli vertici opposti di una ipotetica scala di valori del
tutto oggettiva.
Un percorso di recupero (la natura stessa del termine ne indica
implicitamente una collocazione spazio-temporale esterna al normale
impegno didattico) si presta certamente all’uso di strumenti tecnologici
che, giocando un ruolo forte nell’area dell’apprendimento, sostengono e
coadiuvano il discente nella modifica di atteggiamenti che (lo si è illustrato
nella prima parte di questo lavoro) ricadono negativamente sul suo
apprendimento.
Una recente indagine18 tesa ad individuare la scelta preferenziale di
strumenti tecnologici
nell’ambito del recupero in itinere, in docenti
già impegnati nell’uso di nuove tecnologie, ha
fornito
i seguenti risultati:
52
Domanda 1:
Quali strumenti didattici telematici usi a supporto degli allievi in situazioni di evidente
“carenza” di apprendimento?
a) Sito personale
b) Webquest
c) Strumenti collaborativi (chat, webforum, wiki, ecc….)
d) altro……
risultato:
a) = 27;
percentuale: a) 87%
b) = 5
c) = 5
d) = 0
b) 16% c) 16%
totale: 31
d) 0%
Domanda 2:
Generalmente che software usi per la produzione dei tuoi materiali on-line?
a) Power point
b) Word
c) Html
d) altro…… (sistemi O.S.)
risultato:
a) = 30;
percentuale: a) 97%
b) = 15
b) 48%
c) = 5
c) 16%
d) = 13
totale: 31
d) 42%
Domanda 3:
Che tipo di materiale produci per il recupero online??
a) Oggetti Autonomi di Apprendimento (OAA)
b) Learning Object
c) Dispense on-line (anche multimediali)
d) altro……
risultato:
a) = 10;
percentuale: a) 32%
b) = 4
b) 13%
c) = 31
d) = 2
c) 100%
totale: 31
d) 6%
120
percentuale
100
80
domanda 1
60
domanda 2
domanda 3
40
20
0
a
b
c
d
risposte
53
Le conclusioni che si traggono sono sintomatiche di un approccio rivolto
generalmente ad un uso “singolare” piuttosto che partecipativo dello
strumento telematico.
Le alte percentuali risultanti nell’indicazione “sito personale” (domanda 1)
giustificano certamente le scelte più significative conseguenti (domande 2
e 3) indirizzate all’uso di software di ampia diffusione (Power Point) e alla
produzione di documenti generalmente intesi come “trasformazione
elettronica” di testi, immagini, audio e
video. Gli oggetti didattici
probabilmente richiedono abilità non ancora consolidate, così come
l’approccio collaborativo e la condivisione del sapere esulano dallo schema
“standard” nel quale si riconosce abitualmente il docente.
L’ambiente telematico risulta quindi accreditato generalmente come un
luogo in cui è possibile certamente individuare, depositare, consultare ed
affidare materiali didattici che vengono però usufruiti in modo sporadico,
autonomo e avulso da un contesto di apprendimento collaborativo.
La direzione nella quale è necessario investire risorse è certamente
quest’ultima: garantire una reale e più vasta gamma di opportunità
indirizzate non solo al recupero di conoscenze e abilità, al rinforzo in
un’ottica di sostegno all’allievo, ma anche come stimolo al rinnovo di
consuetudini radicate e stereotipi consolidati in coloro che fanno della
trasmissione della conoscenza l’obiettivo del loro lavoro.
In fondo gli strumenti a disposizione del formatore sono molteplici, così
come sono assai numerose e diversificate le vie che può intraprendere per
migliorare la sua “performance” in aula.
Ma quale relazione si determina tra LO e apprendimento dal punto di vista
dello studente, della sua autonomia, della sua centralità e della sua
motivazione?
CAPITOLO 5. Il punto di vista dello studente
5.1 Alcune teorie sulla motivazione
Nei primi due capitoli (pag.12 e seg.) sono stati evidenziati alcuni
strumenti che, facendo riferimento alle implicazioni motivazionali e
54
psicologiche
degli
allievi,
hanno
fornito
un
primo
elemento
di
approfondimento, ma per giungere ad una comprensione più completa ed
approfondita dell’argomento proposto è certamente importante collocare la
ricerca di una relazione tra l’oggetto info-telematico e il rapporto che si
definisce tra l’allievo e l’oggetto stesso, in un contesto in cui
le varie
distinzioni e classificazioni si muovono sullo sfondo delle teorie che si sono
succedute nella storia degli studi sulla motivazione.
Nell’ottica di una maggiore adesione alla tematica proposta potremmo
citare rapidamente e ad esempio il susseguirsi di teorie che hanno
individuato, nella loro prima fase i modelli meccanicistici, rappresentati in
particolare dalla teoria del rinforzo19 : “Il rapporto tra un stimolo e una
risposta può essere rafforzato solo in determinate condizioni. Colui che
apprende, deve essere spinto a dare una risposta e ricompensato per aver
reagito alla presenza dello stimolo. Questo concetto si può esprimere
semplicemente dicendo che, al fine di apprendere, si deve volere qualche
cosa, fare qualche cosa, ottenere qualche cosa. In termini più esatti, questi
fattori sono pulsione, stimolo, risposta e ricompensa” (Social learning and
imitation, Yale University Press, New Haven 1941).
Una
seconda
fase
rappresentata
dai
filoni
di
ricerca
relativi
alla
motivazione intrinseca20 secondo i quali essa nascerebbe da due bisogni
primari:
il
bisogno
di
conoscenza,
inteso
come
curiosità
"epistemica", come coscienza dei limiti del sapere già posseduto e volontà
di risolvere le contraddizioni e le lacune degli schemi già consolidati, e il
bisogno di successo, inteso come capacità di padroneggiare e controllare
l'ambiente, di sentirsi competenti ed efficaci.
Oppure dalla motivazione alla riuscita21 i cui teorici sostengono che la
spinta ad apprendere sia originata non tanto dalla curiosità o dall'interesse
per un determinato argomento o attività ma piuttosto dal desiderio di
ottenere un successo personale, concepito non come prestigio sociale o
successo economico, ma come realizzazione di qualcosa che per gli
standard personali è di alto livello.
Sempre in questa seconda fascia si collocano anche le teorie legate agli
obiettivi di apprendimento e alle percezioni di sé e dell’abilità22 le quali
55
pongono l’attenzione sull’intersezione di fattori di tipo cognitivo (che
si riferiscono all'aspettativa di successo e che dipendono a loro volta dagli
obiettivi che orientano l'azione del soggetto, dalla importanza attribuita
all'argomento o al compito, dai successi o insuccessi ottenuti in passato in
situazioni simili, dalla percezione di difficoltà del compito), di tipo emotivo
(che consiste nella anticipazione delle emozioni che si proveranno in caso
di riuscita o di fallimento e che funziona come incentivo o come deterrente)
e di tipo individuale (per cui alcune persone sono tendenzialmente portate
a farsi coinvolgere con entusiasmo in compiti ed attività mentre altre sono
in genere animate dalla paura di fallire, e per questo evitano situazioni
problematiche).
Infine, una terza e più recente teoria che mira ad individuare modelli di
spiegazione
dei
rapporti
tra
componenti
motivazionali
e
strategie
dell’apprendimento (un vastissimo campo all’interno del quale confluiscono
diverse
tendenze
tra
le
quali
emerge
l'ambito
di
studio
sulla
"metacognizione" che risulta avere forti implicazioni e ricaduta per la
didattica23).
Negli ambiti di questa terza fascia (certamente a noi più vicina) e al fine di
definire con maggiore precisione gli spazi circoscritti all’interno dei quali si
collocano e si sono sviluppati i numerosi studi e dibattiti in materia, torna
utile e pertinente segnalare, come campione, la ricognizione effettuata nel
1990 dall’Associazione Psicologica Americana (APA)24 centrata sull’analisi
del
rapporto
esistente
tra
gli
strumenti
collaborativi
e
le
teorie
dell’insegnamento, durante la quale furono individuati quattordici puntiprincipi fondamentali che dovevano, in un certo senso, ri-orientare la
ricerca che, a quel momento, non sembrava portare ai risultati previsti:
•
Natura dell'apprendimento: è più efficace imparare quando si verifica
un processo intenzionale di costruzione della conoscenza attraverso
l’esperienza e il recupero delle informazioni
•
Obiettivi dell'apprendimento: la generazione di conoscenza nasce nel
discente attraverso il supporto didattico sviluppato nel tempo
•
Costruzione della conoscenza: il discente genera nuova conoscenza
attraverso collegamenti con esperienze già vissute
56
•
Pensare strategico: attraverso l’uso consapevole della mente il
discente può consapevolmente generare ed usare strumenti per il
raggiungimento dell’obiettivo
•
Pensando a pensare: strategie metacognitive indirizzate all’uso critico
e consapevole della conoscenza
•
Contesto dell’imparare: ovvero la considerazione di tutti gli elementi
socioculturali,
motivazionali,
affettivi,
ambientali
e
tecnologici
concorrenti nella fase di apprendimento
•
Influenze motivazionali: quanto influiscono le motivazioni del discente
sull’apprendimento
•
Motivazione intrinseca ad imparare: che peso hanno elementi quali la
curiosità, la novità, le difficoltà e il controllo su di esse da parte del
discente
•
Effetti della motivazione sullo sforzo dell’apprendimento: l'acquisizione
di conoscenza e di abilità complesse richiede lo sforzo del principiante
e la pratica guidata dal docente
•
Influenze inerenti allo sviluppo sull'imparare: ovvero i fattori (ad
esempio quello fisico, intellettuale, sociale) che coinvolgono la crescita
del’individuo
•
Influenze sociali sull'imparare: ovvero l’interazione con altri individui
•
Diverse differenze nell'imparare: dovuta a diversità di età, metodi e
strategie
•
Imparare e diversità: considerando le differenze ambientali, sociali,
culturali, linguistiche
•
Campioni e valutazione: definizione dei livelli e valutazione del
progresso del discente25
Allo stesso filone è oltremodo interessante evidenziare anche il concetto di
super motivazione preso da Spitzer26 che assegna molto valore alle attività
che vengono proposte piuttosto che alle attitudini individuali dei discenti.
Più elementi motivanti contiene il contesto di una attività, più motivante
sarà l’esperienza di questa attività.
Secondo Spitzer i fattori motivanti che una situazione d’apprendimento
dovrebbe contenere sono :
57
•
Azione: una partecipazione attiva al processo di apprendimento.
L’attività può essere sia di natura fisica che mentale.
•
Divertimento: Gli elementi divertenti o a sorpresa che diventano
parte di un sistema di apprendimento possono evocare un modo
giocoso e incoraggiante di utilizzo dei sistemi di apprendimento
stessi.
•
Varietà: l’uso di media, risorse e attività differenti.
•
Scelta: gli allievi devono poter fare in maniera autonoma la
selezione di media, di contesti e di percorsi di apprendimento.
•
Interazione sociale: le discussioni di gruppo, il lavoro in team o le
consultazioni con gli istruttori giocano un’importante funzione
motivazionale.
•
Tolleranza degli errori: i discenti fanno errori e questo è un fattore
importante dell’apprendimento.
•
Misurazione: il focus ultimo dell’apprendimento non è un voto ma è
il miglioramento personale.
•
Feedback:
deve
essere
formulato
positivamente
mediante
suggerimenti e miglioramenti invece che di puntualizzazioni sugli
errori.
•
Sfida: confronto con compiti che possono essere padroneggiati, ma
che
rappresentano
una
sfida
sufficiente.
Particolarmente
raccomandati sono gli obiettivi di apprendimento che si pongono gli
stessi allievi.
•
Riconoscimento:
la
motivazione
può
essere
aumentata
se
il
progresso nell’apprendimento è riconosciuto dal sistema, dagli altri
allievi e dai docenti.
Sempre secondo Spitzer la super motivazione maggiormente efficace in
ambienti complessi di apprendimento multimediali è quella della sfida,
della scelta, del divertimento e dell’azione, dal momento che i media più
interattivi possiedono un alto potenziale esplorativo di obiettivi di
apprendimento.
58
5.2 Oggetti didattici, autonomia e centralità dello studente
La rapida carrellata di cui sopra dimostra e certifica, pur nella sua non
esaustività,
come
l’apprendimento
si
sviluppi
attraverso
complicati
meccanismi che coinvolgono interamente la sfera psicologica dell’allievo
che, proiettato nel contesto scolastico, può trarre vitalità da nuove
occasioni, nuove strategie e metodi rivolti alla personalizzazione dei
percorsi formativi, all’apprendimento cooperativo e situato: metodologie
ed occasioni certamente offerte dalla tecnologia multimediale, dalla
comunicazione a distanza, dagli oggetti di apprendimento
e dalle
possibilità di accesso individuale alle informazioni.
Agli studenti è richiesta l'assunzione di un ruolo più attivo, sia per quanto
riguarda l’interrelazione reciproca che i rapporti con l'insegnante. La
centralità che riveste la figura dell’allievo nell’ambito scolastico in quanto
soggetto e la sua autonomia sono dunque frutto di un processo
d'insegnamento vero e proprio e l'insegnante deve agire in questo ambito
nella piena consapevolezza del suo ruolo.
L'obiettivo è l'autonomia, ma per giungervi è indispensabile il contributo
dell'insegnante che agisce per determinare e sviluppare, in collaborazione
con
lo
studente,
gli
obiettivi
e
le
strategie
per
l'apprendimento,
contribuisce a modificare e ottimizzare i meccanismi e gli approcci dello
studente, consigliando e mettendo a disposizione le proprie conoscenze.
L'autonomia di apprendimento risponde anche a un'altra necessità: la
"costruzione" di individui/cittadini critici in grado di cogliere, comprendere
e condividere le scelte e i valori di fondo della società. Nel nostro caso le
scelte democratiche possono essere sostenute e aiutate attraverso
un'educazione mirante all'autonomia critica, allo sviluppo di valori legati
alla collaborazione, alla cooperazione e alla solidarietà, al miglioramento di
capacità cognitive d‘alto livello, alla crescita di competenze comunicative e
di abilità tecniche legate all'uso delle nuove tecnologie.
“La
programmazione
dell’alunno
dovrà
di
porsi
un
nella
corso
fase
che
voglia
preparatoria
favorire
diverse
l’autonomia
domande,
affrontando quattro punti fondamentali: dare all’alunno la possibilità di
orientarsi, assumersi delle responsabilità, valutare il proprio percorso di
59
apprendimento e riflettere sulle caratteristiche della propria cultura
mettendole a confronto con le altre, e soprattutto condurre gli studenti a
gestire la loro strada tra dipendenza e autonomia secondo le proprie
esigenze”27 (Sabine Hoffman, 2002)
Ciò che ci appare chiaramente da quanto sopra è il riaffermare la
centralità del rapporto docente/allievo, ma in realtà (anche se, di primo
acchito, non parrebbe) questa interpretazione non stride affatto con le
strategie che sfruttano gli oggetti di apprendimento: incontriamo il
ripetersi
di
termini
(autovalutazione,
collaborazione,
autonomia,
acquisizione di capacità) che costruiscono la base sulla quale si sviluppa la
didattica per oggetti.
La loro versatilità di fruizione, di metodo e di proposizione permette una
sorta di accentramento singolare nel segno di una maggiore autonomia
che deriva, però, da una negoziazione
dichiarata in presenza tra
insegnante ed allievo e quindi non fa altro che “supportare” ed offrire allo
studente un’amplificazione appunto della sua autonomia (nella scelta di
tempo e luogo), della collaborazione se inserito all’interno di un percorso
condiviso con altri allievi e con i quali si instaurano meccanismi di
verifica/confronto, dell’autovalutazione che è parte integrante dell’oggetto
di apprendimento e dell’acquisizione di capacità analitiche, rappresentative
e interpretative derivate dallo strumento stesso.
“I risultati sono sorprendenti: molti studenti di quelle classi oggi
preferiscono questo modo di lavorare a quello "tradizionale", sottolineando
soprattutto la loro passività nel momento della lezione frontale e la
difficoltà di mantenere vigile l'attenzione. Ma non solo: avere sviluppato
autonomia nello studio è per molti di questi studenti motivo di coscienza di
ciò che fanno a scuola ed acquisizione e sviluppo di capacità fino allora
rimaste nascoste nell'aula”28. (Domenico Chiesa, 2004)
A conforto di quanto sopra si riporteranno due esperienze significative: la
prima sviluppata in ambito internazionale e sperimentata a livello
universitario nella quale gli oggetti di apprendimento vengono usati dai
ragazzi e costruiti da docenti, ed una seconda italiana riferita alla scuola
60
secondaria
superiore
nella
quale
invece
gli
oggetti
sono
costruiti
direttamente dai ragazzi.
5.3 Oggetti didattici ed esperienze
Nel marzo 2002 presso l’Università Metropolitana di Londra29 si sviluppa e
si sperimenta un progetto che, raccogliendo le problematiche comuni a
molte altre università, si indirizza al miglioramento delle competenze degli
studenti (circa 600 utenti) attraverso l’erogazione di un sistema misto
tradizionale e informatizzato supportato da ben cinquattaquattro oggetti
d’apprendimento indirizzati alle studio delle funzioni più complesse della
programmazione Java30.
Senza addentrarci in maniera approfondita nei dati risultanti dalle analisi
effettuate, ciò che risulta è significativo: il 92% delle pagine componenti
gli oggetti d’apprendimento sono state visualizzati durante i giorni
settimanali ed il restante 2% durante il fine settimana per un totale di
79.325 richieste di pagine al server e per una media di consultazione di 5
minuti e 35 secondi. Un tempo giudicato significativo e sufficiente
per
soddisfare l’apprendimento e supportato, tra l’altro, da una fruizione
esterna alle ore in cui gli allievi si recavano nelle aule informatiche (quindi
in periodi assolutamente autonomi).
Gli allievi intervistati (223 allievi) hanno equiparato gli oggetti informatici a
quelli tradizionali con una spiccata preferenza per quelli multimediali
61
Un campione di 36 allievi ha valutato positivamente in particolare le
animazioni (50%), il testo (8%) oppure la combinazione di ambedue
(19%), ma sono ben il 78% che attribuiscono alle animazioni una forte
componente
di
rinforzo
e
aiuto
nell’apprendimento
dei
concetti
fondamentali. Un secondo questionario compilato da 117 allievi dichiara
che i LO sono molto utili (30%) e il 60% li ritengono utili
E’ chiaro che il gradimento maggiore è indirizzato verso quegli oggetti che,
forti della loro multimedialità, garantiscono un maggiore coinvolgimento e
facilità di apprendimento, nonostante ciò la media di accesso alle risorse in
rete è stata globalmente molto significativa: 84 accessi per alunno (ma
con grandi disparità tra allievi, da un minimo di 8 a un massimo di 206
accessi e differenziati da abilità ed esperienze precedenti)
62
Il secondo esempio, invece, riporta i risultati di un sondaggio eseguito
dalla prof.ssa Serenella Silenzi dell’Istituto Tecnico Agrario “Giuseppe
Garibaldi” di Macerata31 nell’ambito dello studio della lingua inglese: in
questo caso gli allievi hanno loro prodotto dei LO testandone quindi
l’efficacia.
“Quest’anno in un sondaggio di monitoraggio per analizzare l’efficacia
dell’azione
didattica
circa
l’uso
delle
nuove
tecnologie
nell’ambito
dell’apprendimento della lingua inglese, su quattro classi campione (n° 2
classi terze e due classe quinte), per un totale di 58 alunni, alla domanda:
Ti piace costruire degli Oggetti di Apprendimento? gli studenti hanno
rivelato un giudizio sicuramente positivo, in quanto circa l’83% di loro si è
mostrato interessato e desideroso di continuare, anzi il 29% di questi si è
espresso con toni entusiastici, mentre solo il 17% ha valutato l’esperienza
in maniera negativa o ha manifestato il proprio disinteresse. Fra i
commenti più significativi, a seguito della domanda appena citata,
segnaliamo i seguenti:
Sì, perchè imparo e mi diverto,
Sì, perchè posso mostrare quello che so fare
Sì, perchè sono molto facili e motivanti
Sì, perchè posso liberare la mia fantasia
Sì, perchè mi piace PowerPoint
Sì, perchè ho imparato ad usare il computer mentre li facevo
Sì, perchè è un modo diverso di imparare.
Conclusioni
Quanto sinora esposto mi porta, in conclusione di questo breve percorso,
ad alcune considerazioni che riaffermano e confermano, riprendendo in
una
sorta
di
filo
ininterrotto,
quanto
già
era
stato
sottolineato
nell’introduzione in merito alla individuazione degli elementi per me
fondamentali per la buona riuscita del progetto educativo (curiosità ed
interesse) ai quali si aggiunge, come ulteriore fattore aggregante nel
rapporto tra docenti, allievi e oggetti didattici, un terzo elemento: la
motivazione.
63
I questionari a cui si è fatto riferimento, sono indicativi di una situazione,
per
certi
versi,
ottimale
e
significativa:
le
risposte
dei
ragazzi
rappresentano e confermano le varie teorie a cui si è accennato nel corso
di questi capitoli tratteggiando uno spazio pedagogico all’interno del quale
è sempre possibile sperimentare.
Gli oggetti didattici (siano essi Oggetti Autonomi di Apprendimento
piuttosto che Learning Object) dipingono un modo di rappresentare la
conoscenza che è, per certi versi, fortemente ancorato alla tradizione nella
loro
organizzazione
concettuale
e
sostanziale
(la
caratteristica
multimediale dell’oggetto si rifà al concetto di ipertestualità e quindi alle
dinamiche mentali), così come fortemente innovativi nelle loro proprietà
aggreganti proiettati in un ambiente di tipo costruttivista.
La multimedialità degli oggetti, a sua volta, esplica una funzione
associante
e
stimolante
che
porta
alla
disgregazione
dello
spazio
circoscritto dell’apprendimento singolo, proiettando l’allievo in un insieme
ricco di significati autoreferenziali ma condivisibili, una struttura che
costruisce conoscenza grazie alla progressione di un apprendimento
localizzato e circoscritto eppure parte di un complesso omogeneo e
organico.
Gli oggetti di apprendimento sono strumenti didattici che assumono in sé
diverse funzioni: non solo un compito chiaro e intuibile legato alla
trasmissione della conoscenza sfruttando le tecnologie informatiche e
telematiche, ma anche un aspetto sociale che forse è ancora più
significativo del loro peso didattico.
L’uso degli oggetti di apprendimento è ormai una reale necessità legata
all’evoluzione della società e rappresentativa di un rapporto tra simili:
usare LO nella didattica non è solo seguire la moda tecnologica del
momento,
ma
perseguire
obiettivi
rivolti
alla
formazione
di
una
conoscenza e di una coscienza civile.
Più volte, in questo lavoro, si è sottolineata l’esigenza di abbattere la
barriera di incomprensione e incomunicabilità posta tra docente e discente
al fine di instaurare un rapporto edificato sulla fiducia e sul rispetto di
64
posizioni che non devono e non possono essere rigidamente costruite su
archetipi ormai desueti e controproducenti.
La tecnologia e la multimedialità nelle sue forme (anche più estreme) è
strumento di cui appropriarsi ed affiancare agli altri di cui abitualmente si
fa uso non tanto per una dimostrazione di abilità e competenze individuali,
quanto di possibilità e opportunità collettive, trasmissibili e condivisibili.
65
Note parte collaborativa
1
2
Calvani A. (2000); “Elementi di didattica” ; Carocci Editore
GUARASCI A. (2002); Istruzione, l'Italia cenerentola d'Europa; Il Nuovo
http://www.ilnuovo.it
3
http://ec.europa.eu/education/policies/ntech/ntechnologies_it.html
4
Un passo decisivo nel processo d'integrazione dell'azione europea per lo sviluppo della
società dell'informazione è stato compiuto in occasione del Consiglio europeo
straordinario di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000, nel corso del quale si è ribadita la
volontà di costruire politiche pubbliche comuni in favore della crescita di una Società
dell'informazione
inclusiva
e
costruita
sull'innovazione
entro
il
2010
http://europa.eu.int/scadplus/leg/it/cha/c10241.htm
5
Così come sottolineato da Andreas Schleicher, responsabile del Dipartimento Statistico
dell’OCSE nel corso di un seminario organizzato nel maggio 2002 cui erano presenti i
ministri dell’educazione italiano ed inglese
6
http://www.scuolaoggi.org/index.php?action=detail&artid=1306
7
http://www.repubblica.it/scuola_e_universita/index.html?ref=rephphead
8
Ad esempio il nord-est forte di una cultura del lavoro che disattendendo in parte la
formalità dell’istruzione classica privilegiando più la pratica che la grammatica ha
determinato un tasso di crescita economica superiore alla media del paese sviluppando,
congiuntamente, una forte imprenditorialità diffusa che spesso assicura un futuro in
azienda anche a chi non ha raggiunto alti tassi di scolarità
9
Il termine è mutuato dalla psicologia sociale, di comunità e del lavoro e rappresenta una
proposta
innovativa
nel
campo
della
learning
organisation
http://www.psychomedia.it/smmiab/empowerment.htm
10
FINI R.; Insuccesso scolastico
http://www.univirtual.it/varie/is.doc
11
Recuperando in parte la teoria di Vygotskij secondo la quale "Ciascuno di noi rispetto a
quanto sa fare al momento, ha un potenziale nascosto che potrebbe consentire di
arrivare molto più in alto se opportunamente aiutato e facilitato.[..]. la scuola deve
offrire supporti sociali idonei a facilitare l'emergere dei processi acquisitivi nel discente"
A.Calvani; Elementi di didattica (ibid)
12
In realtà questa stessa strategia viene oggi rivalutata ampiamente nel campo della
formazione on-line. “Nella CMC –Computer Mediated Communication (ndr) sono assenti
tutti quegli elementi metacomunicativi aspetti paralinguistici e prossemici che
arricchiscono la comunicazione verbale (Rivoltella 2003). Ma non solo, il rarefarsi della
possibilità di ricevere un feedback immediato aumenta il rischio della decodifica
aberrante.” RANIERI M. (2005); E-learning:modelli e strategie didattiche; Erickson:
quaderni di Formare; pag.13
13
Martello M. (2004); Intelligenza emotiva e mediazione; Giuffrè Editore
14
A questo proposito alcuni autori (Charnay & Mante, 1995), che insistono sul ruolo
centrale
giocato dalle interazioni sociali nello sviluppo dell'intelligenza e nella
costruzione dei saperi e dei saper-fare, preferiscono parlare della concezione sociocostruttivista dell'insegnamento-apprendimento
e
strategie
di
rinforzo:
qualche
riflessione,
66
15
Le tabelle sono tratte da: Lo sviluppo psicologico degli allievi e la concezione
dell'intelligenza degli insegnanti; O.Albanese, Pierre-André Doudin, Daniel Martin
http://www.silsismi.unimi.it/SILSISMI/Indirizzi/Indirizzi_doc/Sostegno/Albanese2.pdf
16 ”
Formazione a distanza risulta la parola magica che aggiunge potenzialità ad un
progetto, innovazione ad un percorso formativo; a tale hybris formativa si contrappone
spesso il mancato o parziale successo delle iniziative di formazione, il
ridimensionamento dei risultati e delle aspettative, ponendo la FAD nell’ambito delle
operazioni realizzabili in futuro, una volta che ne venga comprovata la funzionalità e
chiariti i metodi di funzionanemto” CORNOLDI
C. (1995). Metacognizione e
Apprendimento. Bologna, Il Mulino.
17 “
Il paradosso tra i due modi di intendere la FAD è risolvibile alla luce delle esperienze
passate: rinunciando a ricalcare i passi dove altri paesi e sistemi formativi hanno fallito,
e traendo insegnamento dalle altrui esperienze, possono realizzarsi soluzioni a base
locale che coniughino l’esperienza altrui con i contenuti e metodi sviluppati localmente,
evitando sprechi di risorse ed investimenti dal basso ritorno”. BEUCCI M., COLASANTI
A.R.; La demotivazione scolastica come sintomo di un sè scoraggiato; Bologna, Il
Mulino.
18
Letteralmente oggetto di apprendimento o anche oggetto didattico (ndr)
19
Tratto dalla tesi discussa da Federica Bianchi nell’anno accademico 2001/02 presso
l’Università degli Studi di Torino (relatore prof. Alessandro Perissinotto)..
20
NETg, Inc (http://www.netg.com) li ha definiti sia “obiettivi d’apprendimento” sia
“unità di apprendimento”, sia “unità di valutazione dell’apprendimento”. Asymetrix
(http://www.asymetrix.com) li definisce come “elementi di programmazione”. Altre
società danno definizioni ancora diverse. Oltre alle diverse definizioni sono proliferati
anche modi diversi di nominare quelli che attualmente vengono comunemente chiamati
“learning object”. David Merril parla di “knowledge objects” o “components of
instruction”, ARIADNE (http://ariadne.unil.ch) usa il termine “pedagogical documents”,
ESCOT propone “educational software components”… e la lista potrebbe continuare.
21
Commissione formatasi nel 1996 per sviluppare e promuovere gli standard per le
tecnologie dell’istruzione. Fa parte dell’ IEEE (http://ltsc.ieee.org), l’ente degli ingegneri
elettrici ed elettronici che, in qualità di entità super partes, ha il compito di favorire la
condivisione operativa delle specifiche tecniche.
22
Wiley, David A., Connecting learning objects to instructional design theory: a definition,
a metaphor, and a taxonomy, pag. 7 in Wiley D.A. Ed., (2000) The Instructional Use of
Learning Objects. Bloomington, IN Association for Educational Communications and
Technology.
23
La definizione si trova nell’articolo di Wiley D., Learning Object
(http://wiley.ed.usu.edu/docs/encyc.pdf)
24
In realtà la metafora del LEGO è ormai stata da tempo abbandonata. Si ritiene infatti
fuorviante il significato che accomuna il LO ai blocchetti del lego che contengono una
piccola unità di apprendimento su di un argomento specifico. Questa unità oltre al
materiale didattico dovrebbe contenere anche una parte dedicata alla valutazione
dell’apprendimento completato da esercizi e soluzioni. In questo caso la metafora del
lego tende a considerare ciascun LO in modo del tutto indipendente dal contesto di
creazione e di utilizzo: ovviamente questa metafora non deve essere intesa in modo
così rigido (PETRUCCO C.; Learning objects: un nuovo supporto all’e-learning?, IS–
Informatica & Scuola, Anno X, n. 3 novembre 2002)
67
25
D. WILEY propone un altro tipo di metafora che è quella dell’atomo:
• non tutti gli atomi sono combinabili l’uno con l’altro
• gli atomi possono essere assemblati solo in certi organismi che dipendono dalla loro
struttura interna;
• è necessario avere una formazione specifica per essere in grado di assemblare gli
atomi.
http://wiley.ed.usu.edu/docs/encyc.pdf
26
L’esigenza di pensare ai LO non più in un paradigma atomistico ma in uno gestaltico,
per cui la totalità è superiore alla somma dei singoli elementi, sollevata da più parti,
riflette le preoccupazioni di chi avverte il pericolo di una napsterizzazione della
conoscenza (BoYnton, 2001); Je-LKS Journal of e-Learning and Knowledge Society;
SIe-L; Erickson n.1 – 2005, pag. 146
27
Nell’ambito pedagogico ricopre particolare interesse il dibattito riferito alla presunta
neutralità dei LO basata sulla caratteristica dell’autoconsistenza. Secondo PETRUCCO
(2004) “il problema della presunta neutralità in funzione delle teorie dell’apprendimento
in realtà non esiste, in quanto sempre e comunque emerge un paradigma specifico
insito nella scelta, nella progettazione, nella struttura, nella dimensione e nelle modalità
di fruizione degli oggetti di apprendimento”
28
Il termine 'Semantic Web' è stato proposto per la prima volta nel 2001 da Tim Berners
Lee. Da allora il termine è stato associato all'idea di un web nel quale agiscano agenti
intelligenti: applicazioni in grado di comprendere il significato dei testi presenti sulla
rete e perciò in grado di guidare l'utente direttamente verso l'informazione ricercata,
oppure di sostituirsi a lui nello svolgimento di alcune operazioni. CERAVOLO P.; Cos’è e
a che cosa serve il web semantico
http://webdesign.html.it/articoli/leggi/258/cose-e-a-cosa-serve-il-web-semantico
29
Il termine repository, letteralmente “magazzino” o “deposito”, è utilizzato
comunemente nella comunità dei programmatori di computer ed in particolare tra
coloro che utilizzano linguaggi di programmazione Object-oriented per definire un
deposito di oggetti (intesi secondo il paradigma della programmazione O-O) riutilizzabili
in vari programmi (tratto dalla tesi di A. FINI, pag.80)
30
A questo proposito si vedano, ad esempio: MERLOT http://www.merlot.org
CAREO http://www.careo.org
POOL http://www.canarie.ca/funding/learning/backgrounders/pool.htm)
Note parte individuale
1
Nascono nell’ambito della Facoltà di Scienze della formazione di Torino come alternativa
ai Learning Object grazie alle sperimentazioni dei prof.ri PERISSINOTTO A. e BRUSCHI
B. http://www.sciform-aulamagna.unito.it/moodle/index.php
2
Lo schema così come i riferimenti seguenti sono tratti dal testo di; BRUSCHI B.,
PERISINOTTO A. (2003); Come creare corsi online, Le Bussole CAROCCI ed.
3
“Non sono molti gli studi empirici che si sono soffermati su come rendere efficace una
comunicazione didattica multimediale. Uno dei pochi autori che più di altri …[…]… è
stato lo psicologo Richard Mayer …[…]… suggerisce una serie di tecniche su come
presentare / comunicare i contenuti didattici”; RANIERI M. (2005); E-Learning: modelli
e strategie didattiche I quaderni di formare, Ed. ERICKSON; pag. 126
4
vedi nota 19 (ibid)
68
5
il problema della valutazione nei corsi on-line è stato ed è tuttora un problema di difficile
soluzione nonostante siano stati individuati indicatori che si prefiggono di valutare non
solo il sapere del discente ma anche la qualità della formazione online.
http://www.formare.erickson.it/archivio/settembre/2_benedetto.html
6
tale affermazione riprende la nozione di “scaffolding” collegata al concetto di “zona di
sviluppo prossimale” che risale a VYGOTSKIJ e indica l’insieme delle potenzialità che il
soggetto può manifestare se opportunamente aiutato
7
http://www.istitutobodoni.it
8
per approfondimenti si veda, ad esempio, Ranieri M. Multimedialità e comunicazione
didattica in E-learning: modelli e strategie didattiche, capitolo 4 [ibid]
9
“Anche le immagini…[…]…sono elementi dotati di senso, dunque il loro impiego deve
rispondere a precise funzioni didattiche: esornative, metaforiche, referenziali”,
PERISSINOTTO A. [ibid]
10
per approfondimenti: La ricerca azione online: programmi collaborativi tra scuole in
Italia,
Tesi di Laurea di
Rachele Pienotti; Rel. prof. Antoni Calvani;
www.tecnoteca.it/tesi/ricerca.htm
11
per approfondimenti: http://www.ou.nl/open/psl/Bookmarks/LearnTechStandards.html
12
per approfondimenti: FINI A., VANNI L. (2004); Learning object e metadati; I quaderni
di Form@re; Ed. Erikson, pag. 153
13
Wink: http://www.debugmode.com/wink ; exe: http://www.exelearning.org ;
Reload: http://www.reload.ac.uk
14
http://www.coolschool.ca/lor/AMA10/unit3/U03L03.html
15
Il concetto di scaffolding è strettamente connesso a quello che Vygotzskij ci ha lasciato
in eredità: il fondamentale costrutto detto Zona di Sviluppo Prossimale, la distanza tra
un livello di sviluppo effettivo di un alunno ed un altro livello di sviluppo potenziale di
problem solving che egli raggiunge grazie alla guida, al sostegno di un adulto,
educatore, o di un compagno, più esperto. Ne scaturisce che, come ha affermato
Calvani, secondo un’ottica costruttivista, l’ambiente educativo può essere interpretato
come “una virtuale intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono a
disporre possibili impalcature (scaffolding) che assistono, stimolano, orientano in vario
modo, lasciando tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione autonoma del soggetto; i
partecipanti si muovono così attraverso differenti strade e velocità, in un clima di
condivisione e scambio reciproco; la partecipazione è sempre basata su una
negoziazione situata e rinegoziazione del significato nel mondo”.
FASCE M. e BARONI P., Tecnologie e scaffolding. Come costruire impalcature di
sostegno tecnologiche;
http://www.formare.erickson.it/archivio/maggio_05/2_FASCE.html
16
http://www.adobe.com/shockwave/download/download.cgi?P1_Prod_Version=Shockwa
ve&La ng=Italian&P5_Language=Italian
17
il questionario ha coinvolto nell’anno 04/05 circa 110 docenti del’I.I.S. BODONIPARAVIA di Torino, ma i risultati riflettono una situazione molto vicina a quella
nazionale (ndr)
69
18

Redatto in data 09/10/2006 dallo scrivente su un campione di colleghi che hanno
testato l’uso di Oggetti Autonomi di Apprendimento e/o Learning Object durante una
fase di recupero in itinere

I principi fondamentali della teoria del rinforzo si basano sul neo-comportamentismo
skinneriano e sulla ideologia del condizionamento operante. Per approfondire, un testo
fondamentale resta: B. Skinner, La scienza del comportamento, ovvero il behaviorismo
(1974), tr. it., SugarCo, Milano 1976.
20
Per la teoria della "curiosità epistemica", il punto di riferimento è un volume del 1960
di Berlyne, Conflicts, Arousal and Curiosity ( tr. italiana Conflitto, attivazione e creatività,
Franco Angeli, Milano 1971).
21
Per la prospettiva della motivazione di effectance, i testi fondamentali sono: R.W.
White, Motivation reconsidered. The concept of competence, in "Psychological Rewiew",
1959, n. 66, pp. 197-233; S. Harter, Effectance motivation reconsidered. Toward a
developmental model, in "Human Development", 1978, n. 21, pp. 34-64. Una efficace
sintesi del modello proposto dalla Harter si trova in R. De Beni-A. Moè, Motivazione e
apprendimento, Il Mulino, Bologna 2000, pp. 55-58
22
La teoria dell'autodeterminazione è esposta da E. Deci e R. Ryan nel volume Intrinsic
motivation and self-determination in human behavior, Plenum Press, New York 1985.
Un'ampia esposizione della teoria, corredata da esempi e da indicazioni per gli
insegnanti, si trova in D. J. Stipek, La motivazione nell'apprendimento scolastico, tr. it.,
SEI, Torino 1996, pp. 55 sgg
23
Il concetto di metacognizione indica la consapevolezza relativa ai propri processi
cognitivi. Ad esempio per quanto riguarda l'obiettivo cognitivo leggere e comprendere
un testo, le esperienze metacognitive sono le idee ed i pensieri relativi all'attività, come
l'impressione di non capire il senso di un discorso; le azioni cognitive o strategie sono
comportamenti in vista di particolari obiettivi, come la scelta di prendere appunti; la
conoscenza metacognitiva è la riflessività su ciò che succede quando si impara, la
capacità di scegliere la strategia adatta.
24
Per approfondimenti: Associazione Psicologica Americana (APA); Rapporto dicembre
1995: I principi psicologici centrati sul discente: Una struttura per la riprogettazione e
la riforma della scuola (il sommario è stato publicato nel bollettino per gli psicologi
educativi, 1996, volume 19, 2° edizione) o anche: Una struttura per Riprogettazione e
riforma della scuola (in linea),1997, http://www.apa.org/ed/lcp.html
25
CUNNINGHAM D.J., CURTIS J.B.; Searching for Learner-Centered, Constructivist, and
Sociocultural Components of Collaborative Educational Learning Tools Indiana University
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Dean R. Spitzer La motivazione: un fattore trascurato nella progettazione didattica
Dean R. Spitzer & Associates Inc.,Lakeland, Florida USA
www.itd.cnr.it/TDMagazine/PDF11/spitzer.pdf
27
“L’autonomia nell'apprendimento linguistico nel Corso di Laurea in Comunicazione
Internazionale di Sabine Hoffmann
http://www.arcojournal.unipa.it/html/articoli/hoffmann_5_7_04.html
28
“Compensazione e recupero come progetto di scuola”
http://www.bdp.it/new_funzioniobiettivo/aree/scaffale/chiesa/app8.3.htm
29
BRADLEY C., BOYLE T.; Students' Use of Learning Objects , London Metropolitan University
http://imej.wfu.edu/articles/2004/2/01/index.asp
70
30
Il linguaggio di programmazione e l'ambiente Java sono stati sviluppati dai ricercatori
della Sun Microsystems al fine di risolvere i più comuni problemi della programmazione
moderna, primi fra tutti la semplicità e la portabilit&agrave. Ciò rientra nell'ambito di un
progetto più generale il cui scopo consiste nel portare software avanzato anche su
macchine piccole, ma molto diffuse, come i PC.
http://telemat.die.unifi.it/book/Internet/Java/java-i.htm
31
“Dire, fare…imparare attraverso i Learning Object” Serenella Silenzi
http://www.wbt.it/index.php?risorsa=direfare
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