Memorie dal carcere
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Memorie dal carcere
RIFLESSIONI A MARGINE DELLA VISITA DIDATTICA DEL 18 APRILE 2012 Carcere di Rebibbia sez. femminile Classe V Socio D Quattro gradini, un documento, il metaldetector, una doppia porta…si chiude…ed entri in un altro mondo….un mondo sconosciuto a molti di noi….un mondo in cui nessuno vorrebbe passare la sua vita….in cui lo ore sono infinite. L’esperienza del carcere mi ha toccata profondamente….ho potuto conoscere una realtà parallela…. E’ stato formativo perché ho scoperto un mondo lontano e di fronte a me avevo persone pronte a pagare per i loro sbagli dimostrando grande umanità e disponibilità. Entrare in un carcere è stato strano, ho riflettuto molto Emozioni, un mondo pieno di regole e sofferenza, ho capito che non bisogna giudicare con i nostri pregiudizi, le detenute sono persone come me, solo più deboli perche non hanno avuto la possibilità di intraprendere una strada giusta Il Carcere è stata un’esperienza molto forte. Sapevo già che le persone che ci vivono hanno delle storie difficili e dolorose ma vederlo e sentirlo raccontare in prima persona è totalmente diverso, è più forte. E’ stato un bellissimo incontro. Non eravamo più studenti che incontravano delle carcerate. Eravamo persone che si scambiavano esperienze di vita, che si arricchivano a vicenda. Un’esperienza toccante ed emozionante. Il carcere ha lasciato in me un senso di vuoto ma allo stesso tempo ha riempito la grande curiosità che avevo di sapere cosa ci fosse dietro quelle alte mura. E’ stata un’esperienza che non mi aspettavo di fare, tipo effetto sorpresa. Parlare faccia a faccia con le carcerate mi ha impietrito e non riuscivo a parlare. Ma chi di più ho sentito carcerato sono stati i bambini, con poco spazio per giocare. Un aiuto per la mia crescita interiore. Si hanno molti pregiudizi sui detenuti. Bisognerebbe passare almeno due ore della propria vita in un contesto come quello del carcere per capire che dietro quelle sbarre non ci sono solo delinquenti ma prima di tutto persone che non sempre hanno scelto volontariamente la vita che le ha portate a varcarne la soglia. Dall’incontro con le detenute ho capito quanto sia dura e difficile la vita in carcere, dietro quelle mura fredde e severe. Per un uomo la peggior cosa è la privazione della libertà. Incontrando gli occhi di quelle ragazze ho riflettuto ed ho capito quanto sia difficile se si cade in una trappola. Il carcere di Rebibbia non è come mi aspettavo. Prima di entrarci pensavo alle carcerate come a persone colpevoli, ho capito che sono solo più sfortunate che per vivere e mantenere i loro figli sono state costrette a rubare. Forse…spero che non capiterà più nella mia vita di varcare la soglia di un carcere ma questa esperienza resterà per sempre dentro di me. Ho capito che non bisogna criticare, giudicare ed emarginare persone uguali a noi ma che la vita ha messo di fronte a delle scelte sbagliate. Non bisogna mai giudicare prima di conoscere, i pregiudizi sono nella nostra mente e non corrispondono alla realtà. Possiamo esprimere un’opinione solo quando abbiamo imparato a conoscere e rispettare l’altro. L’esperienza del carcere mi ha sorpresa, non credevo che avrei reagito in questo modo. Credevo che mi sarei trovata in un luogo ostile ma ora più che mai so che dietro a quel reato c’è una persona con la sua storia, una maternità difficile vissuta proprio dietro le sbarre. Non mi sento di giudicare quelle donne, forse in situazioni analoghe avrei fatto la stessa cosa. Spesso ci si dimentica che coloro che vivono in carcere sono uomini prima di essere ladri o omicidi. Sono uomini e vanno trattati come tali. Pensavo che ciò non accadesse ma ho visto una realtà diversa, serena per quanto possa definirsi tale. Una giornata per noi in “semi libertà” per abbattere quel muro che circonda il carcere e sentirci più vicini a chi ci vive dentro. Esperienza unica. Non pensavo di incontare persone così sensibili. Mi ha colpito molto la presenza di tutti quei bambini costretti a viverci. Ho conosciuto una vita parallela. Storie di donne che hanno sofferto e che soffrono ancora.