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Giornale studentesco del Liceo Ginnasio E. Montale Redazione autogestita e divulgazione ad uso interno agli Istituti scolastici anno XV Secondo numero. Aprile 2009 Editoriale Dopo tanto lavoro e dopo una prolungata assenza, rieccoci finalmente! Questo lungo periodo di gestazione, che avrà forse lasciato perplesso qualcuno, ha garantito un’edizione ricca di articoli eterogenei che spaziano dalla cultura alla società, dalla scienza all’arte, ed una più ampia raccolta delle perle di saggezza di liceali ed insegnanti, appuntamento ormai da tutti atteso (anche dalle sottoscritte che trovano spassosissimo operare una selezione degli ipse dixit più degni di pubblicazione). Ma a onor del vero ancor più piacevole è stato ricevere due mail: come noterete anche solo sfogliando il giornalino vi sono due articoli frutto dell’ingenium di persone non (più o mai) appartenenti a questo liceo. Leggerli ci ha permesso di venire a contatto con realtà diverse, chiarire piccole questioni lasciate in sospeso, e conoscere un tempo (il liceo di un quinquennio fa) in cui la creatività ed il desiderio di esprimersi erano il fuoco che animava lo spirito di molti liceali. Vien da chiedersi se quel fuoco si è autonomamente estinto o se, piuttosto, infiammi gli animi di pochi eletti… Non resta che augurarvi una buona lettura! Marta Paludo e Gaia Mazzon TIPOLITOGRAFIA COLORAMA s.n.c. Di Fani Fabio e Pelizzon Gianluca 30027 SAN DONA’ DI PIAVE (VE) Via Calnova 140 – tel 0421 40225 fax 0421 224749 www.tipografiacolorama.com - e mail: [email protected] Sommario Le origini. U L T I M O Quando “Ultimo Banco” vide la luce di Michele Casetta……………………………………... pag. 4 Montale e dintorni CLIL: what an experience! di Alessia Cicogna………………………………………….. Intervista a Francesco Cafiso di Gianmarco Zamuner……………………………………. Lettera aperta Look back in Nostalgia di Marta Paludo…………………………………………….. pag. 3 pag. 12 pag. 13 pag. 14-15 Scienza, Attualità e Politica Anche la morte approda in prime time di Alice Ferrazzo……………………………………. Tutta l’energia in un pugno di sale di Lisa Stefani……………………………………….. La lettura non è un obbligo ma un diritto! di Luisa Lanzetta e Federica Vecchies…………………… Protocollo di Kyoto:presente,passato,futuro? di Michela Bortolotto & Angelica Severin……..……….. pag.6 pag. 9 pag. 8 pag. 11 Società Via la Maschera! di Gaia Mazzon & Marco Pasquon…....……. pag. 5 La cucina. Crudaiola Tunisina & Torta paradiso B A N C O pag. 10 Giochi & Spazio creativo Quel momento perfetto……………………………………….. “Father & Friend” e Momento poetico………………… Sudoku e Ipse Dixit……………………………………….. Cruciverbone latino…………………………………………….. “Ultimo Banco” è il giornale studentesco del Liceo Ginnasio “E. Montale”, e della scuola fa parte la redazione. L’attività è autogestita dagli studenti. La divulgazione di questo giornale è ad uso interno agli Istituti scolastici. Redazione Direttrici responsabili Gaia Mazzon Marta Paludo Resp. comunicazioni succursale Gianmarco Zamuner Collaboratori Luisa Lanzetta, Federica Vecchies, Paolo Colosso, Alice Ferrazzo, Gianmarco Zamuner, Petra Giocamin, Marco Pasquon, Angelica Severin, Michela Bortolotto, Alessia Ciccogna Sede legale Stampa Liceo Ginnasio “E. Montale” Viale Libertà, 18 30027 San Donà di Piave (VE) Tipolitografia Colorama s.n.c. Via Calnova, 140 30027 San Donà di Piave (VE) Per ottenere informazioni, [email protected] Oppure, contattare [email protected] (mail Marta Paludo) Chiuso in redazione il 8/04/2009 Per le eventuali involontarie violazioni della proprietà letteraria ed artistica siamo sin d’ora disponibili ad una equa transazione (legge 662/96) 2 pag. 16 pag. 17 pag.18 pag. 20 ULTIMO BANCO - anno XV Secondo numero. Aprile 2009 CLIL: What an experience! di Alessia Cicogna II D Venerdì 19 dicembre ho avuto il piacere di partecipare come intervistatrice alla round-table finale del progetto CLIL della classe VD intitolato Globalisation. Spiego per chi non avesse ancora avuto l’opportunità di parteciparvi in cosa consiste tale progetto. Il CLIL è una proposta didattica recente ed innovativa che prevede la cooperazione di docenti della stessa classe con diverse competenze per la realizzazione di un laboratorio interdisciplinare riguardo ad un tema solitamente non affrontato nel programma scolastico, che viene scelto come utile argomento di approfondimento. Ad esempio, la mia classe, l’attuale IID, ha svolto ben due attività di questo tipo, affrontando nel primo anno ginnasiale il mito di Prometeo e nel successivo il tema della Peste in un percorso interdisciplinare che intrecciava le lettere italiane, inglesi e greche. Il progetto consiste in una serie di attività all’interno dell’orario scolastico parzialmente individuali, ma soprattutto di gruppo. Ed è questa , a mio avviso, una delle qualità più nobili di tale proposta: la propedeutica alla cooperazione tra compagni/colleghi. L’attitudine all’azione d’equipe infatti non gioverà solamente alla futura vita adulta e lavorativa dei giovani studenti partecipanti al progetto, ma porta anche risultati immediatamente percepibili, come l’occasione della conoscenza tra compagni (in particolare per le classi del biennio) e il confronto sui diversi metodi di studio, al fine di migliorarsi vicendevolmente e di imparare a condividere le proprie difficoltà e qualità con gli altri. Come ho già accennato precedentemente, l’argomento scelto non fa necessariamente parte del programma scolastico ministeriale, quindi la novità è sicuramente uno dei fattori stimolo dell’iniziativa, e per gli insegnanti e per gli alunni. Ecco allora che il CLIL si rivela testimone di come la Scuola, in generale considerata piatta, ripetitiva e noiosa, possa invece rivelarsi innovativa, varia ed addirittura interessante. Certo, perché questo avvenga occorre però metterci buona volontà e disposizione ad andare un po’ oltre lo stretto indispensabile richiesto; tuttavia, è veramente sorprendete scoprire doti o passioni nascoste nei nostri compagni, che le hanno fatte emergere proprio com’è nello spirito di tale proposta, cioè di interiorizzazione di un argomento interessante e condivisione di ciò che si ha appreso attraverso la realizzazione di elaborati personalizzati. A proposito di ciò vorrei ricordare ai miei cari compagni la canzone nata sulla base di una colonna sonora di Shrek, il rap, la scenetta de Il padrino, quella dei monatti,… non possiamo negare di esserci scoperti in queste attività! Per arrivare a grandi soddisfazioni e a risultati veramente effettivi il CLIL richiede dunque impegno, serietà e voglia di imparare non solo agli studenti, che certo mettono la loro parte, ma soprattutto ai coraggiosi insegnanti che si aprono a questo genere di iniziative, ai quali credo sia necessario riservare un grande ringraziamento. Non è possibile infatti trovare esercizi e attività preconfezionati, ma occorrono inventiva e abilità per riuscire ad idearne sempre di nuovi e diversi, perché diverse sono le classi, le persone che le compongono, i gusti, le capacità. Tirando le somme di questo articolo ribadisco con profonda convinzione che il CLIL è certamente un progetto difficile nella sua preparazione ed attuazione, ma una volta realizzato con sincero zelo da parte di tutti porta sicuramente a risultati efficaci, sia sotto il profilo culturale che sotto quello della formazione della persona. E le lodi che sto tessendo a favore di questa proposta non sono dovute solo alle felici esperienze che ho vissuto con la mia classe, ma anche a quello che mi è sembrato un feedback piuttosto positivo di un’altra classe. Non mi rimane allora che lanciare un sentito invito sia a tutti coloro che hanno interesse a condividere una posizione eventualmente contraria a quella che ho esposto in merito al CLIL, sia a tutti quelli che sono invece allettati dall’idea di ampliare i propri orizzonti cogliendo l’occasione offerta da questo genere di iniziative interdisciplinari, fortunatamente proposte dalla nostra scuola. a.c. 3 Le origini ULTIMO BANCO - anno XV Le Origini. Quando Ultimo Banco vide la luce Avv. Michele Casetta, nostalgico ex alunno Cari amici di Ultimo Banco, Ne è passato di tempo! Sull'onda dell'impulso emotivo, ho necessità di ricordare, a me ed a Voi, come nacque "Ultimo Banco" e quale fu il suo “spirito” ispiratore. Provo un'immensa gioia nell'apprendere che, a distanza di parecchi anni, non solo "Ultimo Banco" esiste ancora ma, addirittura, si è trasformato in una realtà che noi, pionieri del giornalino, neppure avremmo mai potuto immaginare quando lo partorimmo a dir poco clandestinamente (si sta parlando sia dell’edizione cartacea che di quella virtuale, ndr)! Evidentemente - lasciatemelo dire - il nostro seme cadde su un buon terreno (quello del nostro caro Liceo Montale). Se non erro, correva l'anno 1994. Il preside in carica era sicuramente il Prof. Ierace. Nell'autunno caldo di quell'anno (mi pare che l'On. Silvio Berlusconi fosse stato già nominato Presidente del Consiglio dei Ministri) alcuni giovani facinorosi del liceo, allineandosi ad altri Istituti scolastici sandonatesi, avevano indetto la prima autogestione della scuola. Di fatto, dopo un corteo in piazza con un mega striscione recitante il motto ideologico "Berluskaiser", gli alunni del Montale fecero ritorno nei locali di Via Venezia (all'epoca il nostro Liceo aveva sede lì) e ne presero il possesso, archiviando il corpo docente nella sala insegnanti. La scuola era autogestita (parlare di occupazione sarebbe invero troppo). In quell'atmosfera rivoluzionaria si avvertì da subito la necessità di mettere a frutto l’autogestione. 4 Il primo giorno, sguainate le chitarre acustiche, gli spiriti artistici del Liceo ai quali mi pregiavo di appartenere si abbandonarono al canto sfrenato ed alla composizione di alcune canzoni che, nel prosieguo della vita del Montale, ebbero anche un discreto successo tra gli studenti (mi pare di ricordare una tale “W la Guerra” di Luca Bogoni, ma la memoria potrebbe anche ingannarmi). Il secondo giorno ci si accorse che per giustificare il nostro gesto era necessario dare una svolta qualitativa all’autogestione. Vennero chiamati gli esperti del Sert e dell'ULSS per parlare di AIDS, sesso e prevenzione. Ma ancora non bastava. Ricordo che ci chiudemmo un pomeriggio in una stanza al primo piano di Via Venezia io, Laura Di Giovanna, Marco Riccobon e qualche altro spirito “artistoide” e discutemmo a lungo sul perché dell’autogestione, stesi sui banchi verdi con gli occhi fissi al soffitto bianco (faceva un freddo cane, dato che qualcuno aveva spento il riscaldamento: prima o poi ci si sarebbe stancati…). Discutemmo anche del fatto che gli insegnanti ci avevano inviato una lettera nella quale ci “accusavano” di saper solo imbrattare con “lettere versicolori” i muri della scuola e di non conoscere le ragioni della nostra autogestione. In sostanza si sosteneva un nostro plagio (e forse avevano anche ragione. Ora è facile ammetterlo). Da quel lungo colloquiare tra giovani ragazzi “plagiati” nacque però qualcosa… Ci si chiese: cosa manca a questa scuola? Le risposte arrivarono subito: “manca un giornalino per diffondere liberamente le nostre idee, manca un concerto dell’Istituto, manca un gruppo teatrale che ci consenta di esprimerci” (il gruppo teatrale, invero, stava già nascendo grazie alla brillante intuizione della Prof.ssa Ronzani e del Prof. Marcigliano). Da qui il passo fu breve: la prima cosa che nacque fu proprio il giornalino. Bisognava trovare un nome ed il nome fu trovato proprio durante quella riunione sediziosa avvenuta in Via Venezia, in quel pomeriggio freddo: “Ultimo Banco!”. La motivazione fu semplice: dall’ultimo banco nascevano sempre le battute più spiritose, dall’ultimo banco si riusciva a copiare meglio, si faceva sempre una gran caciara… In definitiva, l’ultimo banco era il nostro vero ed unico luogo “rivoluzionario”. Dovevamo a quel punto pensare ad imbastire il primo numero (ossia, il numero zero). Ricordo che mi dedicai alla copertina ritagliando pezzi di giornale e facendo un bruttissimo collage che raffigurava l’allora Ministro dell’Istruzione D’Onofrio che da tenore lirico si tramutava in un corpulento maiale. Il titolo di copertina era: “La metamorfosi di D’Onofrio” (ai limiti della diffamazione e dell’ingiuria, direbbe oggi l’avvocato). Per i tempi che correvano certo non si trattava di un grande gesto rivoluzionario ma, a giudizio della prima rudimentale redazione, il messaggio forte passava… All’interno vi era già spazio per poesie, racconti surreali, recensioni e vignette. La prima vignetta la firmai sempre io: raffigurava un ragazzo che entrava nel bagno del liceo e dopo aver bussato chiedeva: “Occupato?”. Da dentro si udiva la Società ULTIMO BANCO - anno XV risposta: “No! Autogestito!”. Una ovvia critica a chi ci accusava di aver occupato il Liceo (ed una chiara autoironia degli studenti sugli studenti). All’epoca, oltre a word, non disponevamo di mezzi particolari per l’impaginazione del giornalino ma la fantasia e la creatività erano le uniche “armi” a nostra disposizione. Ricordo ancora le notti insonni passate a ritagliare manualmente gli articoli per farli stare nel formato A4, con abbondante uso di forbici e colla Pritt. Questa linea editoriale la tenemmo per qualche numero. Quindi, passata l’autogestione, il giornalino venne “istituzionalizzato” e posto sotto la cauta vigilanza del Preside (il quale, comunque, non represse mai il nostro bisogno di sfogare tanta creatività repressa) e degli insegnanti. Quando ritenemmo che Ultimo Banco si fosse troppo istituzionalizzato, io e gli amici Marco Riccobon, Luca Nuovo e Luca Bogoni facemmo uscire – contro il nostro stesso Ultimo Banco - il primo e solo numero del “Quadriumvirato”, all’insaputa del Preside e dei docenti, stampato e diffuso in proprio (autotassandoci) all’interno della scuola. Lo scandalo venne perché vi era contenuta una fin troppo esplicita poesia erotica dal titolo “Era venuta sola”. Da quell’autogestione sgangherata del 1994, nacque “Ultimo Banco” (e non solo). L’idea di fondo era quella di riappropriarci di quella Scuola che amavamo forse più di noi stessi. Volevamo essere noi i protagonisti. E devo dire che in questo riuscimmo abbastanza bene. Nacque una stagione di personaggi (chi girava per i corridoi del Montale con al collo improbabili sciarpe rosse anni 70, chi indossava tuniche di lana bianca, chi si bardava di altrettanto improbabili pellicciotti, etc…). Ma in molti si risvegliò la voglia di essere protagonisti della loro vita, la voglia di esprimere anche esteriormente tutta la creatività e la forza della propria giovinezza. Così nacque “Ultimo Banco”. Io ho conservato ancora alcune copie dei primi numeri che custodisco gelosamente, testimonianza di un ricordo indelebile della mia giovinezza. Con la presente, oltre che condividere con Voi i miei ricordi, voglio sinceramente ringraziare tutti i professori e gli alunni del Liceo Montale che nel corso degli anni hanno saputo far crescere quel nostro sogno di libertà… Vi prego solo di mantenere vivo lo “spirito” che fece nascere “Ultimo Banco” in quel pomeriggio freddo del 1994, in un’aula spoglia della sede del Montale di Via Venezia, da un gruppetto di inguaribili sognatori… Oggi i nostri sogni hanno i Vostri volti. Lunga vita a “Ultimo Banco”! Grazie di cuore. Avv. M.C. Via la Maschera! Gaia Mazzon VD & Marco Pasquon II D Secondo Pirandello ognuno di noi indossa una maschera diversa per ogni situazione: una per la scuola, una per la famiglia, una per gli amici e così via. Solo con le persone più intime e a noi più vicine mostriamo quello che siamo veramente, sia i lati migliori che quelli peggiori. Dunque dietro alle nostre maschere cosa si cela? In una società nella quale nessuno è libero di essere sé stesso, risucchiato dal vorticoso mondo dell’edonismo e dell’ipocrisia, dove la moda ha omologato tutti, non abbiamo più una no- stra identità. Spesso veniamo etichettati solo perché non tutti seguiamo il medesimo modello; per questo tante volte in un gruppo viene emarginato chi non si adegua al pensiero comune, chi non viene compreso per quello che è e suo malgrado per essere accettato è costretto ad indossare una maschera per cercare di assomigliare a tutti gli altri. Ma perché facciamo questo? Come mai il giudizio delle persone che ci circondano, a cui siamo perennemente sottoposti, ha un peso così rilevante? Ammettiamolo: tutti noi almeno una volta abbiamo lottato per essere visti sotto una luce diversa da quella che è la nostra natura, ma è questo ciò che vogliamo? Indossare una maschera ogni mattina prima di uscire di casa? Considerare grandi amici persone di cui in realtà non si conosce nemmeno il vero volto e che non ti rispettano per come sei? Ragazzuoli ricordatevi che il mondo è bello perché è vario perciò disfiamoci delle maschere che non ci appartengono e torniamo liberi di essere quello che siamo. g.m. & m.p. 5 Politica ULTIMO BANCO - anno XV Politica. Anche la morte approda in prime-time di Alice Ferrazzo II A Eluana. Un nome particolare e un po’ desueto a sentirlo così, sicuramente uno di quelli che difficilmente puoi scordare. E tanto meno ora, dopo mesi di querelle mediatica intorno a lei, potremmo dimenticare. Lei, che a più o meno al nostra stessa età, si è vista spezzare la vita reale a causa di un incidente stradale per continuarne un’altra virtuale, artificiale, fatta di macchine per poter mangiare, bere. Vivere. Vivere, o sopravvivere, distesa su un letto d’ospedale per altri 17 anni. Un caso che è stato sulla bocca di tutti nell’arco delle ultime settimane, scatenando, oltre a numerose diatribe, altrettante contraddizioni. Il partito della vita sacra, lo stesso per cui poi è nobile e bello morire per la patria o per la fede e i sostenitori della morte naturale, gli stessi che la allontanano artificialmente con la scienza e con le sue sperimentazioni. Due fazioni che hanno alimentato per giorni interi i palinsesti tv con programmi e dibattiti vari in merito e hanno dato da scrivere a giornalisti, opinionisti e pseudo tali articoli su articoli, commenti su commenti, pareri su pareri. Parole, parole, parole su una circostanza che indubbiamente ha smosso gli animi su un argomento finora sottovalutato nel nostro Paese, ma che a lungo andare, ha dimenticato il fulcro della questione, ossia il 6 dramma personale di una ragazza e della sua famiglia, lasciando il posto alla sola discussione politica. sa. Prima di salutare marito e bambini e spegnere la tv. Tutto questo ovviamente le frutterà un sacco di sterline che serviranno a garantire ai due piccoli figli un futuro più roseo rispetto al suo, cresciuta nei bassifondi più poveri e disagiati della società anglosassone. Di questi due casi si è parlato troppo, esageratamente, smodatamente, non ricordando però che la morte meriterebbe silenzio e rispetto. E’ il momento più intimo della vita, quello in cui ogni individuo si stacca del mondo terreno per un altro mondo trascendentale, per raggiungere le soglie delle porte che conducono all’eternità. Il silenzio sarebbe stato magnifico, avrebbe accomunato in un atteggiamento di severità la preghiera di chi ha fede e la meditazione dei non credenti. Il silenzio è sempre terapeutico, benefico, ha qualcosa di superiore al linguaggio, e specialmente in questi momenti così tragici e dolorosi dell’esistenza ha ancora più importanza. Ma forse l’abbiamo capito troppo tardi, o addirittura molti non lo hanno ancora capito. Dall’altra parte della Manica invece, i tabloid sono stati farciti nell’ultimo periodo da un evento significativamente diverso, ma con lo stesso triste leit-motiv di sottofondo: la morte. Jade Goody, 27 anni, madre di due figli, concorrente del Celebrity Big Brother britannico, a cui proprio durante il programma è stato comunicato di avere un tumore al collo dell'utero (esteso a fegato, intestino e inguine) che, secondo i medici, le dà "pochi mesi di vita". E lei, la cui vita in tutti questi anni è stata in piazza, sempre sulla bocca di tutti, al centro di roventi polemiche per la sua vita sregolata e le sue idee decisamente “politically scorrect”(è stata infatti accusata di razzismo per alcune frasi ingiuriose rivolte ad una concorrente indiana che partecipava al medesimo programma, causando addirittura tensioni diplomatiche tra India e Gran Bretagna), ha deciso che così sarà anche la sua fine. Ha scelto di vivere la malattia con tutta la nazione, sotto l'occhio a.c. di un reality show, che dallo scorso anno segue la sua vita da malata, compreso il matrimonio con il giovane fidanzato, e che tra non molto manderà in onda la puntata più atte- Attualità ULTIMO BANCO - anno XV Attualità. La lettura non è un obbligo, ma un diritto! di Luisa Lanzetta & Federica Vecchies II D Leggere è una delle prime cose che impariamo a fare, come camminare o parlare. Eppure questa nuova scoperta, che tanto ci affascinava da bambini permettendoci di scoprire cose nuove grazie alla magica combinazione di più lettere che formano una parola e di più parole che danno vita ad una frase, è stata lentamente abbandonata, o peggio associata ad un obbligo, e gli obblighi non sono cosa gradita. Abbiamo finito per unire al concetto di lettura quello ancora più terribile di studio, di libro di scuola che ogni giorno bisogna aprire per cercare di spingere a forza dentro la nostra mente nozioni riguardanti argomenti sempre diversi, lontani da noi e che, purtroppo, ci interessano poco a causa degli imperativi "Studia!" o "Impara!", che non lasciano spazio a quel piacere della scoperta che da piccoli ci trasformava in giovani marinai alla ventura pronti a scovare nuove terre e nuove rotte. Così i bei volumi, che durante l'infanzia ci avevano cullato prima di andare a dormire raccontandoci le imprese e le peripezie di Peter Pan, o Pollicino, o Hansel e Gretel, sono stati relegati a semplici soprammobili o addirittura sepolti in qualche scatolone polveroso nascosto in magazzino; e con false lacrime abbiamo detto: “Addio libri!” e “Buon giorno nuove tecnologie!”. La televisione, il cinema hanno animato le parole dei libri rendendo tutto più facile; abbandonando l'inumano sforzo di estrapolare concetti da pagine scritte possiamo comodamente osservare le immagini che i nuovi mezzi di comunicazione ci mettono a disposizione. Ma fortunatamente c'è ancora qualcuno che ha conservato la magia delle favole di fanciulli, ritrovando nei romanzi, nelle novelle, dei veicoli che ci portano dentro le storie che ci raccontano, permettendoci di viaggiare stando confortevolmente seduti, diventando piacevoli insegnanti di nuove materie, portatori di cultura e soprattutto promotori della fantasia. Questa nostra capacità creativa chiamata fantasia, infatti, ci permette di ricreare un proprio “film” di ciò che leggiamo, diverso per ciascuno di noi, assicurandoci che esso non ci deluderà mai perché sarà esattamente come lo vogliamo, riproducendo ogni minimo particolare che susciterà ben più forti emozioni di un film su piccolo o grande schermo, e noi saremo contemporaneamente creatori esperti e spettatori ignari dell'intera trama. Non per forza, comunque, le persone devono amare la lettura, non tutti siamo uguali, ma bisogna smettere di presentarla come un'imposizione. L'approccio con i libri deve essere una conoscenza, come tra due persone, dove ci si scopre pian piano, rivelandosi all'altro un po’ per volta fino a diventare confidenti. È questo il vero piacere di leggere: trovare nuovi amici (immaginari) e vivere con loro una vita diversa da quella che stiamo conducendo. f.v. & l.l. 7 Attualità ULTIMO BANCO - anno XV Protocollo di Kyoto: presente, passato, futuro? di Michela Bortolotto & Angelica Severin V D Il Protocollo di Kyoto è un provvedimento mirato alla difesa dell’ambiente stilato per la prima volta l’11 dicembre 1997. Negli anni precedenti, in seguito a numerose ricerche, gli studiosi si erano accorti che l’atmosfera terreste stava cambiando a causa dell’azione dei gas serra e in particolare dell’anidride carbonica. L’ International Panel for Climate Change (IPCC) si è occupato di studiare lo sviluppo di tale situazione e a ogni conferenza dai loro dati si comprendeva che la situazione fosse critica e che perciò si dovessero acquistare delle misure a livello mondiale. Per questo motivo nel 1997 a Kyoto si è riunita per la prima volta la conferenza delle Parti(COP), ossia dei paesi sviluppati che avrebbero ratificato il Protocollo, entrato in vigore il 16 febbraio 2005. L’ obbiettivo fondamentale è quello di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 5.2% medio, con un impegno differente da parte dei paesi: per esempio l’Italia ha preso un impegno di riduzione del 6.5%, il Giappone del 6%. L’aspetto più importante era che i maggiori Paesi sviluppati ratificassero il Protocollo, mentre per i Paesi in via di sviluppo non c’erano degli obblighi di contenimento delle emissioni di gas serra. La riduzione del 55% delle emissioni è stato raggiunto dopo la ratifica della Russia il 24 ottobre 2004, mentre il Kazakistan, l’Australia e gli Stati Uniti non fanno parte di questo obbiettivo. In particolare gli Stati Uniti non hanno firmato il Protocollo per interessi di tipo economico. Al giorno d’oggi però, dopo tutti questi anni da cui il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore, la popolazione mondiale si chiede: “ne 8 vale ancora la pena?” 2009 anno in cui l’Italia sarebbe già dovuta essere a buon punto nella sua discesa sulla quantità di emissioni di gas e invece assieme ad altri paesi contribuisce al suo graduale aumento. Ed ecco, è proprio da questi dati che ci si chiede se non sia il caso di iniziare a fare sul serio con il Protocollo anche se gli Stati Uniti, la Cina e l’Australia non ne fanno parte, tante domande, tanti problemi, tante reazioni. Argomentazioni di vario tipo sono state portate agli estremi opposti, chi è catastrofico e chi invece si scrolla il problema di dosso negando la sua esistenza. Si passa dall’idea che le stagioni non sono più quelle di una volta, che è l’uomo la causa di tutto, all’affermare invece che se la temperature si alza non è un problema, che il clima globale è sempre mutato nel corso del tempo, che non si sa per certo che sia proprio l’uomo la causa di tutto ciò e che quindi non ci deve preoccupare più di tanto del riscaldamento globale. Reazioni esagerate, senza un equilibrio intermedio, ma che ci danno più o meno la panoramica di cosa ne pensa la gente. A sostegno di queste argomentazioni, che si concludono tutte con un: “ormai è troppo tardi, non possiamo fare più nulla”, ci sono altre tesi che diminuiscono il valore del Protocollo: il costo elevato, i lunghi tempi di realizzazione e la nullità dei risultati positivi ottenuti, data anche dal fatto dell’attuale esclusione di paesi che producono quasi la metà delle emissioni mondiali. Il più grande problema di questo Protocollo è che questo è stato poco definito nei suoi parametri di realizzazione, nei mezzi per il suo raggiungimento, nelle regole e nelle differenti condizioni dei diversi paesi. È come se fosse stato fissato un punto d’arrivo senza segnare il percorso, così ogni paese si è ritrovato solo e non tutti sono riusciti a farsi strada da sé, tantochè oggi le emissioni di gas dannosi sono duplicate anziché essere diminuite. Forse in un futuro in cui anche gli Stati Uniti firmeranno il Protocollo i dati delle nostre tabelle potranno scendere sotto ai livelli del 1990, ma tutto è costruito su piedistalli di vetro, tanto belli quanto fragili. Ci sono paesi però che oltre al raggiungimento dei loro obbiettivi legati al Protocollo di Kyoto, sono impegnati nell’acquisto di crediti attraverso la piantagione di foreste. Da ciò prende vita il commercio delle emissioni attraverso la vendita e l’acquisto di crediti e quindi la possibilità di annullare i debiti per alcuni paesi che avevano superato la soglia massima di emissioni. Ciò che ne consegue è un parziale equilibrio globale sulle emissioni di anidride carbonica, ma bisogna tenere conto che dal 1990 il mondo è cambiato e cambierà ancora, tra poco i paesi in via di sviluppo triplicheranno e con essi anche le emissioni di gas serra. Il mondo deve darsi una scossa, il futuro è nel presente e se la gente vuole salvare la meraviglia del nostro pianeta deve cambiare mentalità. Il Protocollo di Kyoto rappresenta una speranza per l’Umanità debole, inutile, costosa, sbiadita, ma l’unica rimanente; sperare in un mondo migliore, crederci insieme è il primo paletto per la lunga strada da segnare verso un futuro migliore. M.B & A.S. Scienza ULTIMO BANCO - anno XV Tutta l’energia in un pugno di sale di Lisa Stefani III D E’ difficile per un alunno abituato a studiare e memorizzare leggi e formule frutto del genio di qualche grande studioso ed osservatore, pensare di poter creare una fonte di energia, anche se piccola, con l’utilizzo di semplici materiali di uso quotidiano. Questo è ciò che è possibile ottenere attraverso la realizzazione di una cella solare casalinga. Il nome potrebbe trarre in inganno e far pensare a qualcosa di laborioso e irrealizzabile se non attraverso il sussidio di qualche complesso e sofisticato strumento da laboratorio, in realtà, invece, con gran sorpresa di molti, il tutto si è rivelato molto più semplice. Infatti, occorrono solo una soluzione d’acqua e comune sale da cucina (2 moli di NaCl – 11,6 g - diluite in 1 L d’acqua), delle lamine di rame, un fornello o una muffola e, infine, un microamperometro e degli elettrodi. La creazione di una cella solare casalinga non è però solo semplice, consente infatti di effettuare anche importanti osservazioni e di dimostrare come l’energia luminosa può essere trasformata in energia elettrica. Ciò è possibile fissando alle pareti del recipiente che contiene la soluzione acquosa due lamine di rame le quali corrispondono a due stati diversi in modo da creare una sorta di circuito: da una parte viene posto un film di rame allo stato naturale, il quale costituisce un buon semiconduttore e permette di “chiudere” il sistema creato; dall’altra invece troviamo un sottile foglio dello stesso metallo sottoposto ad ossidazione, cioè riscaldato attraverso l’utilizzo di una muffola o di un forno elettrico in modo da far comparire lungo tutta la sua superficie un substrato di ossido di dirame (Cu2O) il quale porterà il metallo a comportarsi come un conduttore. Attraverso il processo di riscaldamento, però, avviene anche la formazione di ossido di rame (CuO) il quale è, invece, una sorta di isolante e per questo necessita di essere rimosso con l’aiuto di una spugna o semplicemente attraverso l’acqua corrente. Posizionando i due elettrodi, collegati al microamperometro, sulle due lamine, tra le quali si è formata una differenza di potenziale elettrico, è possibile misurare l’intensità della corrente prodotta che può oscillare da pochissimi mA a qualche centinaio di mA. L’intensità varia a seconda che la misurazione avvenga al “buio”, lontano da una fonte luminosa, o vicino e con gran parte della superficie del metallo esposta ad essa, oltre in base al fatto che la lamina di rame ossidata sia stata riscaldata con la muffola o nel forno elettrico. L’esperimento potrebbe dirsi concluso se non fosse possibile approfondirne ulteriormente lo studio, anche se, questa volta, attraverso l’utilizzo di strumenti reperibili solamente all’interno di un laboratorio di ricerca. Quello che si può fare ora, infatti, è analizzare la superficie del rame attraverso macchinari i quali permettono di rilevare e di mo- strare graficamente i picchi e i valli causati dal fenomeno dell’ossidazione sul metallo poiché dotati di una sottilissima punta che consente di descrivere con precisione la morfologia del materiale sottoposto precedentemente a riscaldamento. Oltre ad analizzare la diversa morfologia della superficie del rame in seguito all’ossidazione, è possibile anche capire quali altri elementi, oltre alla preponderante presenza del metallo stesso, sono presenti e in quale percentuale grazie all’utilizzo di un altro sofisticato apparecchio qual è il microscopio ottico a scansione o più comunemente noto come SAM. E ancora, per una conoscenza ancor più dettagliata è possibile ricorrere al TEM, ossia il microscopio elettronico, che oltre a segnalare la presenza di determinati elementi permette anche di analizzarli, grazie alla “pioggia” di elettroni che esso scarica sul materiale posto al suo interno e che consente, come qualcuno ci ha detto, “di guardare gli atomi in faccia”. Ciò è quanto ci è stato possibile fare e vedere durante questa unica e speriamo ripetibile esperienza (“la settimana della scienza dei materiali”), intervallata da approfondimenti utili e quanto mai attuali sulle macchine ecologiche ad idrogeno e sulla luminescenza. l.s. 9 Ricette ULTIMO BANCO - anno XV Cucina. Crudaiola Tunisina •Grado difficoltà: FACILE •Dosi: 4 PERSONE Ingredienti Ingredienti per 4 persone • 400 G Pasta Tipo Penne Rigate, • 400 G Pomodori Maturi, • 100 G Ricotta Dura, • 1 Ciuffo Basilico, • 1 Cipollotto Fresco, • 5 Cucchiai Olio D'oliva, • Sale qb • Pepe qb Preparazione 1) Mondare e lavare i pomodori, poi immergerli per qualche minuto in acqua bollente e pelarli. Aprirli a metà , privarli dei semi, spezzettarli e metterli in 1 terrina. 2) Unirvi il basilico e il cipollotto lavati e tritati grossolanamente, 5 cucchiai d'olio, sale e pepe; lasciar riposare per 30 minuti circa. 3) Intanto, cuocere la pasta al dente. 4) Scolarla e unirla alla salsa fredda e alla ricotta dura grattugiata. 5) Rimestare per mescolare tutti gli ingredienti e servire. Buon appetito! Torta paradiso al cioccolato Preparazione Ingredienti Ingredienti per 6 persone • 300 gr burro • 270 zucchero • 150 gr di farina • 10 gr di lievito di birra • 120 gr di fecola di patate • 5 uova • 6 tuorli • 250 gr di cioccolato fondente • 1/2 limone • 30 gr di zucchero vanigliato 10 •Grado difficoltà: MEDIO •Dosi: 6 PERSONE 1) In una terrina con una frusta montate il burro ammorbidito con lo zucchero, la scorza grattuggiata del limone e 20 gr di fecola e lavorate bene per rendere il composto omogeneo. 2) Sbattete in un'altra ciotola i tuorli facendoli diventare una spuma. 3) aggiungete le uova intere e lavorate l'impasto per 10 minuti. 4) Mescolate la farina alla fecola rimasta e al lievito di birra sminuzzato. 5) incorporate al burro le uova e piano piano la farina senza fare dei grumi. 6) Imburrate e infarinate una tortiera versatevi l'impasto e mettete in forno caldo a cuocere a calore moderato per 1 ora. Toglietela dal forno e lasciatela raffreddare. 7) Fate fondere a bagnomaria il cioccolato con 3 cucchiai di acqua tiepida. 8) Tagliate la torta in due parti e farcitela con il cioccolato. Ricomponetela su un piatto da portata ricoprendola con lo zuccchero vanigliato. Buon appetito! Attualità ULTIMO BANCO - anno XV Emozioni in scatola di Petra Giacomin II A “Credo che la filosofia sia l’arte del pensiero e l’arte sia la vita vissuta in modo veramente filosofico, come a dire la messa in pratica della filosofia. Se dovessi condensare, l’arte è la pratica della filosofia. la filosofia è il pensiero talmente evoluto da essere opera d’arte in sè” Marco “Morgan” Castaldi L’essenza umana fa parte dell’essenza del Tutto, l’Intero, l’Universo. Si tratta dunque della stessa sostanza, all’interno della quale però la mente umana ha costruito una barriera: “L’essere umano ha un’esperienza di sè, dei suoi pensieri e sentimenti, come fosse separato dal resto, una sorta di illusione della sua coscienza” (Albert Einstein). Il sogno, per esempio, abbatte la barriera imposta dalla ragione, per amalgamare il nostro inconscio e il resto dell’Universo, che si uniscono in un luogo svincolato da tempo e spazio, diventando un’unica materia, forse, appunto, la materia di cui sono fatti i sogni di cui parla Shakespeare. Ciò che invece mantiene intatta la ragione pur conservando anche l’irrazionalità, e fa da ponte tra le realtà che dominano il nostro Io, è l’arte. L’arte unisce. Fa parte del patrimonio di esperienze innate in ogni essere, ci permette di comunicare con il tutto. Perché l’arte è l’espressione dell’anima, è l’inconscio che si rivela al conscio, partendo dall’essenza più profonda, superando le barriere sociali, culturali, i luoghi comuni, l’abitudine, la corruzione, per arrivare in linea retta all’essenza del Tutto; e poi, attraverso un percorso ogni volta diverso, ritorna al mittente, in un gesto unico, in una sorta di osmosi costante. L’arte non è bella, non è brutta. L’arte è. Ciò che si manifesta attraverso di essa è qualcosa di invisibile, ed è questo che le attribuisce un’importanza straordinaria, quasi mistica. È espansione dell’anima, prolungamento del pensiero laddove il pensiero viene meno. Non è un gioco e non è un lavoro, trascende dal puro piacere così come dal dovere. L’arte è un bambino che richiede tempo, cura, dedizione. E l’artista è padre, per imporre delle regole; ma è anche amico, complice, per infrangerle ridendo. L’arte non è severa. La nostra società tende ad anestetizzare ogni emozione, inscatolarla e poi commercializzarla. E siamo noi stessi i primi a venderci, quando ci impegniamo ad apparire esattamente come vuole vederci chi ci sta intorno. E quando entra in gioco l’apparenza, anche l’arte (nello specifico la musica), diviene subdolo espediente per un guadagno e un successo esagerati; per ostentare uno status mediante il possesso di oggetti senza vedere in essi altro valore che quello commerciale; per dare spazio al piacere dell’esibizione che degenera in esibizionismo, pur di esaltare la propria persona. E, così facendo, uccidere l’arte. Ed ecco che la fessura che separa passione e ragione si allarga, finché il ponte finisce per crollare sotto il peso della corruzione, del successo, del denaro, della fama. “Libertà, l’ho vista dormire nei campi coltivati A cielo e denaro, a cielo ed amore, protetta da un filo spinato. Libertà, l’ho vista svegliarsi ogni volta che ho suonato, per un fruscio di ragazze a un ballo, per un compagno ubriaco.” (Fabrizio De Andrè) La musica (in quanto arte) è la libertà da vincoli e costrizioni. Attraverso di essa siamo più vicini al cielo. 11 Montale e dintorni ULTIMO BANCO - anno XV Intervista a Francesco Cafiso di Gianmarco Zamuner IV B Prima di passare all’intervista, propongo un breve riepilogo della vita di Francesco Cafiso. Nato a Vittoria (Ragusa) il 24 Maggio 1989, sin da giovane ha mostrato un enorme talento musicale e infatti già a nove anni suona con artisti internazionali. Nel 2002 incontra Wynton Marsalis, che lo porta con sé nell’European Tour del 2003. Ha vinto numerosi premi e ha suonato con moltissimi musicisti di fama internazionale, tra cui Hank Jones, Cedar Walton, Mulgrew Miller, Ray Drummond e tanti altri. Nel 2006 ha conseguito il diploma in flauto traverso, con il massimo della votazione. * * * - Come ci si sente a suonare in una piccola cittadina dopo aver suonato per Obama? - Ah, ecco, noi diamo sempre il massimo, sia suonando per Obama che suonando per un liceo, perché essere professionisti significa dare sempre il meglio e non è importante dove ti trovi, ma comunicare alla gente qualcosa; poi se c’è Obama tra il pubblico… tanto meglio (ride, nda). - Come nasce il tuo successo? Ho letto che hai iniziato giovanissimo… - Ho iniziato anche più di giovane (ride, nda), mi sono appassionato al jazz e ho vinto il premio Massimo Urbani e nel 2002 ho partecipato ad un festival a Pescara, molto importante in Italia. Lì ho conosciuto Wynton Marsalis ed eccomi qui. - Ecco, ti volevo fare una domanda a tal proposito: se tu e Wynton Marsalis non vi foste conosciuti, secondo te, come sarebbe la tua vita ora? - Penso che il talento sia fondamentale; poi se hai la fortuna di incontrare personaggi così bravi e famosi, questo rappresenta indubbiamente un valore aggiunto. Però penso che se non avessi suonato bene al festival, il successo non sarebbe stato lo stesso. - Come mai ti appassiona il sax? Perché hai deciso di suonarlo? - Beh, il sassofono è stato il mio primo strumento e non mi ricordo bene il motivo, so solo che a sette anni volevo suonare il sassofono e sono stato fortunato, perché ho incontrato una persona molto carismatica che si chiama Carlo Cattaneo, che mi ha insegnato a suonarlo. Dopo, oltre al sassofono, mi sono diplomato in flauto traverso e suono ogni tanto il pianoforte, perché credo che un musicista debba anche essere polistrumentista. - Come ci si sente a suonare con i grandi del jazz? - E’ bellissimo, la realizzazione di un sogno e credo che siano esperienze che arricchiscono il musicista. - Come nasce la collaborazione musicale con Dino Rubino? - Bah, Dino è un altro…(ride, nda) è un altro tipetto; diciamo che noi ci conosciamo da tantissimo tempo, ma è solo da poco, ormai è un anno, abbiamo cominciato questo percorso musicale. Tra l’altro è uno dei più forti in giro e anche lui ha vinto il premio Massimo Urbani; ci siamo ritrovati a suonare insieme nell’orchestra della nostra Sicilia. Lui poi in un quartetto suona la tromba e abbiamo un progettino in mente, un sestetto in cui c’è anche lui. - Che consiglio puoi dare ai ragazzi per conciliare lo studio e la musica? - Penso che i ragazzi non debbano farsi mancare nulla, nel senso che devono fare tutto ciò che è nella quotidianità di un ragazzino. Io mi ricordo che a quattordici anni vedevo i miei amici passare intere giornate fuori o in giro, mentre io rimanevo a casa a studiare e uscivo per tre ore anziché otto come i miei amici; ripeto che i ragazzi non devono farsi mancare nulla e dopo, in ogni caso, devono vivere la loro età. - Hai nuovi progetti musicali in mente? - Guarda, quello che ti dicevo prima: sto lavorando ad un sestetto senza il piano. Sarà composto da una sezione di fiati con un baritono, un contralto, una tromba e un trombone. Invece la base ritmica è composta da batteria e basso. Eseguiremo pezzi originali e anche alcune nostre composizioni. 12 ULTIMO BANCO - anno XV Montale e dintorni - Ed ecco la domanda difficile: è un luogo comune o è vero che sempre meno giovani amano la buona musica? - Purtroppo oggigiorno i mass-media e la televisione hanno troppa responsabilità, perché mandano una serie di messaggi che non danno dei punti di riferimento ai giovani e nel caso del jazz, non trovi un concerto jazz ad un orario decente, anzi non ne trovi proprio e di conseguenza il jazz appare come una musica d’elìte. Ad esempio, anziché mandare alle tre di pomeriggio un concerto di Keith Jarett mandano Maria De Filippi: sono pochi i giovani che hanno la maturità per capire l’assurdità di certi programmi. Lettera aperta agli studenti di Francesco Burato VB Itis Volterra “La teoria è quando si sa tutto e niente funziona. La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa il perché. Noi abbiamo messo insieme la teoria e la pratica: non c'è niente che funzioni... e nessuno sa il perché” Gentile redazione di “Ultimo Banco”, So che in questo istante vi starete domandando “chi è costui?”. Probabilmente il mio cognome vi suonerà familiare essendo il sottoscritto fratello del vostro ex compagno di scuola ed autore di cruciverba Giosuè, ma immagino che non abbiate mai avuto il dispiacere (o il piacere) di conoscermi personalmente, per la qual cosa mi presento all’istante: il mio nome è Francesco Burato e sono uno studente dell’istituto Volterra. Riconosco che potrebbe essere considerata inusuale come occasione; in effetti quando mai è accaduto che qualcuno della mia scuola si sia interessato del vostro giornale? Nonostante ciò è per puro amore per l’I.T.I.S. che ho sentito l’esigenza di scrivervi queste due righe, specialmente quando il mio istituto diviene la principale causa del disagio per alcuni di voi. Come evidentemente avrete capito, mi sto riferendo all’articolo di pagina 9 “La succursale: problema infinito” di Gianmarco Zamuner pubblicato nel primo numero di “Ultimo Banco” del corrente anno scolastico. Non intendo entrare troppo nel merito del pezzo in questione specialmente perché affronta in grossa parte problematiche interne alla vostra scuola, problematiche che per ragioni evidenti non mi riguardano. Non posso però non esprimere un certo disagio di fronte alla critica posta dalla prof.ssa De Mauri. Questa ritiene infatti, citando testualmente dall’articolo, che “Purtroppo condividiamo il corridoio con l’I.T.I.S. e siccome gli orari sono diversi non possiamo utilizzare la campanella perché altrimenti gli studenti del Volterra escono dalle classi non appena sentono appunto il suono della campanella (Neanche fossero automi!!)”. Glissando sulla vena ironica spicciola del paragonare studenti di un istituto tecnico ad “automi” (preciso, non intendo essere polemico in questa sede), mi pare giusto emendare quanto sostenuto dalla prof.ssa De Mauri: non è vero che la campanella non può essere utilizzata “perché altrimenti gli studenti del Volterra escono dalle classi non appena sentono appunto il suono della campanella”. La decisione di non far suonare la campanella è stata presa di comune accordo tra i due istituti all’inizio dell’A.S. per una ragione molto semplice: sarebbe stata una distrazione e un motivo di disturbo per l’attività didattica degli studenti di entrambe le scuole. Considerando infatti che le due scansioni orarie non corrispondono sarebbe stato fastidioso, per tutti, sentire risuonare nel bel mezzo della lezione altri segnali acustici che avrebbero determinato, tra l’altro, un fattore di confusione non indifferente (“Ma era la nostra campanella?”, “È già ora dell’intervallo?”, “Non è che per caso si tratta della prova anti-incendio?”). 13 11 Montale e dintorni. ULTIMO BANCO - anno XV Rettificato ciò posso solo dire che mi dispiace se la convivenza può essere un reale elemento di disagio per alcuni di voi. Da parte mia auspico che la parte rimanente dell’anno possa svolgersi, esattamente come è avvenuto fino ad ora, all’insegna della collabora- zione e del reciproco riconoscimento dei diritti e delle responsabilità di ciascuno di noi. Nel caso riteniate di contattarmi, o di criticare quanto contenuto in queste due righe o pormi qualunque altra questione, avete a disposizione il mio indirizzo email (oltre che il mio recapito scolastico essendo la mia classe complanare alla succursale). F.B Look back in Nostalgia di Marta Paludo III D “Tu che sei in viaggio, sono le tue orme la strada, nient'altro (…) Mentre vai si fa la strada e girandoti indietro vedrai il sentiero che mai più calpesterai. Tu che sei in viaggio, non hai una strada, ma solo scie nel mare.” Antonio Machado Un paio d’orecchini: sino a cinque dinari tunisini, trattando. Un’escursione a dorso di dromedario: diciotto euro, prezzo comitiva. Dire: “Basta! Ho detto l’ultimo giorno” e tornare con decine di pascmine, qualche profumo e due o tre kefie …non ha prezzo! L’ultimo anno, l’anno degli esami e di sogni e di speranze e di paure, intriso di preghiere, tensione e talvolta rabbia… Dimenticare il mondo intero per una settimana non è davvero impresa facile, eppure dodici impavidi e prodi messeri, zaino in spalla, vi sono riusciti…incoraggiati dai loro accompagnatori. Che il viaggio sia stata l’esperienza più straordinariamente viva e speciale di tutti i cinque anni nessuno di noi - nessuno di quella splendida e “sporca” dozzina - oserà mai metterlo in dubbio. Svestite per un attimo i panni dei lettori, mentre io svesto quelli di un’improbabile reporter (non a- 14 vrei il distacco necessario per riuscirvi, del resto): immaginatevi dodici ragazzi, e un trio di adulti…immaginatevi che due tra questi riescano a ricreare su grande scala una piccola famiglia unita. Immaginate che questa famiglia decida di compiere un viaggio e immaginate che questo viaggio veda la luce tra immani ostacoli e migliaia di impedimenti sempre nuovi. Immaginate che questo intrepido gruppo eterogeneo finalmente riesca a mettere piede su un aereo diretto a Monastir, in quel di Bergamo l’alba del 23 febbraio. Ecco, da lì è stato un continuo accavallarsi di emozioni intense, un vulcano di risa che hanno inizio sin dal primo giorno, quando ci accorgiamo che un albergo di lusso attende i nostri piedi stanchi. Il museo, i templi pagani maestosi e di nobile imponenza, gli anfiteatri e gli scalini su cui migliaia di anni fa sedevano i Cartaginesi e gli stessi Romani che studiamo. Il cielo terso sopra un tale antico splendore, quasi Giove volesse ricordarci che dall’Olimpo nulla gli sfugge. La spiaggia bianca, il mare gelido e profondo, che non finisce mai… La nostra guida e le cinque lingue che conosce alla perfezione; quella maglietta che vale più di mille parole - e certamente più di questo articolo senza pretese. Ci sono le case bianche e azzurre ed il passato che rivive tra le rovine di Cartagine, Sbeitla, Bulla Regia e Dougga, in mezzo ad un prato che già profuma di primavera anche se febbraio si è appena concluso. C’è un cielo di un azzurro così intenso da togliere il respiro che, intempestivo e crudele, ci regala un momento di ilarità frustandoci con chicchi di grandine sparatici addosso senza pietà. C’è la cena con Dentino ed Air One, due poveri camerieri perseguitati da una donzella senza pudore che allieta le giornate e le serate di un gruppo inaspettatamente e sinceramente unito. Ci sono i bimbi che, curiosi, chiedono al padre cos’è questo e cos’è quello, e c’è Nabil (la guida) che premuroso risponde. C’è la timidezza che pian piano svanisce, un legame che lentamente si fa più stretto, sorrisi che si aprono e le convenzioni che svaniscono, e ci siamo noi che, consci del fatto che durerà poco, ce ne approfittiamo…e sono foto e sono partite a biliardo vinte (anche solo moralmente!) e poi perse, e sono bicchieri di tè alla menta con pinoli e sono partite a scala quaranta. La torta a sorpresa per i diciannove anni di “una di noi” con “felicitazioni” in allegato, e poi la festa la sera con un narghilè di cui qualcuno non riesce proprio a fare a meno. Le serate tutti insieme in una camera diversa, a respirare l’essenza… della vita...a pieni polmoni. Montale e dintorni ULTIMO BANCO - anno XV La scoperta del “Raffinatissimo” e il suo spregiudicato uso di un tamburo tipico locale. Distese di ulivi e strade ingombre di negozianti dove sperimentiamo l’ebbrezza del contrattare assieme al nostro fiuto per gli affari. Le “Epistole a Lucilio” nascoste in fondo alla borsa, dimenticate per un po’ di tempo, sino a che quel viaggio non sarà concluso. Quella “prima volta” nel bar di Sidi Bou Said, dove Nabil ci ha concesso un narghilè (il primo di una lunga serie…). Quel: “Lisa!! Pure tu?? Non c’è più religione…” che ci strappa risa a non finire… L’animatore che non si è reso conto quanto poco fosse divertente e quanto ci “animassimo” da soli senza bisogno del suo goffo contributo. I colori della Tunisia, i profumi di quelle strade, le arance e i souvenir. I viaggi in autobus dove “pigliamo pòòòstòòòò” e subito ci addormentiamo. Tutti, prof compresi. Scopriamo segreti e ce li sveliamo, camminiamo per strade sconosciute, in un mondo visto per la prima volta, al suono di un muezzin che salmodia la liturgia cinque volte al giorno da un minareto. Pranziamo e ceniamo dimentichi di tutto, scordando le raccomandazioni e le preoccupazioni inutili. E ogni notte è una nottata diversa, fatta di Nutella, chiacchiere a luci spente e risa soffocate, ma ci sono pure le lunghe dormite - che non ci impediscono tuttavia di sembrare un’orda di morti viventi la mattina seguente. La scoperta dell’esistenza del gatto “Zorba” e l’inizio di un’assillante serie di domande. Il sole preso gli ultimi giorni e la piscina calda dell’albergo di Hammamet. La generosità e la premura di un uomo che è un po’ a metà tra l’e- clettico professor Keating ed il saggio Silente. Il silenzio tombale e ammirato dei dodici temerari tutti orecchie mentre quell’uomo, che pensava di non essere ascoltato, si lascia andare ai ricordi delle bravate della gioventù… Tutto questo c’è rimasto nel cuore…assieme a qualche piccolo segreto che resterà inconfessato… Ora…liberate del tutto la vostra fantasia: immaginate l’adrenalina che provereste a bordo di tre fuoristrada diversi che si inseguono e sfidano per le dune del deserto, immaginate oasi di straordinaria beltà, incontaminate ed ampie, con cascate d’acqua tiepida che proprio ci costringono a spogliarci e svelare l’arcano mistero celato sotto le felpe (la famosa maglietta di cui si parlava qualche riga fa). Immaginate di scoprire che il “locus amoenus” esiste davvero e ce l’avete sotto il naso. Immaginatevi in mezzo al deserto, in groppa ad un dromedario (vi suggerirei caldamente, se vi fosse dato scegliere, un esemplare con gli ormoni alle stelle!), su distese di sabbia dove qualcuno scopre il proprio futuro olimpionico di cavalcatore di dromedari… Noi dodici temerari abbiamo vissuto questo viaggio emozionante sino all’ultima goccia, sino all’ultimo respiro - e l’ultimo respiro sapeva di essenza alla mela. Ma la strada del ritorno ha sempre qualcosa di malinconico, una leggera tristezza che certo la “nebbia di latte” di Milano, con la sua umidità, ha acuito ai massimi livelli… Ora potete ridarci le vesti di alunni diligenti, preoccupati per gli esami, arrabbiati per le ingiustizie cui ogni giorno si assiste tra le mura della classe. Ma ancora qualcosa ci unisce: quel flusso vorticoso di fuoco e colori che ci ha cucito l’anima e ha nome TUNISIA. “Sono figlio del cammino, la carovana è la mia casa e la mia vita è la più sorprendente avventura” Amin Maaluf: Leone l'Africano m.p. 15 Spazio creativo ULTIMO BANCO - anno XV Quel momento perfetto di “Fantasma dell’Opera” L’autunno: i suoi colori dalle mille sfumature rossastre, il suo malinconico romanticismo; quella temperatura indecifrabile a metà tra il caldo estivo ed il gelo invernale; la nebbia…i ricordi che riaffiorano. L’autunno era senz’altro la stagione che Natasha preferiva. Seduta al suo solito tavolino davanti all’unica grande vetrata di quel lussuoso bar di Venezia, spingeva le maniche del largo maglione al di sopra delle sue mani infreddolite. Rabbrividì e si strinse ancor più a sé mentre la porta d’ingresso si apriva, portando con sé una brezza frizzante: in autunno il vento si fa più inquieto e impertinente, soffia più forte. Il ricordo di quella notte di fine estate era ancora intenso e vivo nella sua memoria: ricordava la pelle di lui, la luna celata da qualche nuvola, che pudicamente le nascondeva la vista di quei due corpi che si univano sulla spiaggia, ricordava il rumore delle onde contro gli scogli, le sue labbra salate, il suo respiro, la sua dolcezza... Un momento che li avrebbe per sempre legati all’eternità perché aveva sancito il loro amore. Sospirò, non aveva più rivisto Dean da quel fine settimana… Mentre assaporava il suo caffè, non faceva che pensare a quella notte magica e ai petali di rosa con cui Dean aveva cosparso la sua pelle nuda, alla flebile luce del fuoco quasi spento e a quello che era divampato tra loro. Aveva deciso di cercarlo il giorno dopo la sua partenza, ma aveva cambiato idea all’ultimo istante, terrificata all’idea di non essere più che un ricordo lontano per colui che invece occupava ogni suo più invisibile pensiero. Poi la scoperta, la chiamata ed il volo da Londra che lui si era precipitato a prendere, pur ignorando il motivo di tanta impazienza. All’improvviso la porta del bar tintinnò e Dean fece il suo ingresso, alto e bello come sempre, con quegli occhi azzurri che erano un pezzetto di cielo e quel sorriso splendente. L’aveva riconosciuta tra la folla e con la sua consueta esuberanza l’aveva abbracciata talmente forte, con le sue braccia possenti che la cingevano, da sollevarla dalla sedia. Natasha rise con la voce cristallina che Dean tanto adorava e il suo sorriso divenne tenero. - Ti ho cercata per tutto questo tempo, non sai quanto mi sei mancata! Oh mio Dio, come sei bella! … Cosa dovevi dirmi, bambolina? – le disse con la sua voce bassa e roca, dall’accento inglese, spostandole una ciocca di capelli dagli occhi. - Che ti amo… - il volto di Dean s’illuminò d’affetto. – E che aspetto un bambino da te… Calò il silenzio. Natasha pensò che Dean potesse udire i battiti accelerati del suo cuore in tumulto, mentre aspettava una qualsiasi reazione. Dean si alzò di scatto, serio, e corse fuori dal bar, mentre lei lo fissava triste e sbigottita. Lo vide uscire, spalancare le braccia e cominciare a girare e saltare e gridare sotto il cielo terso, lo vide accennare un passo di danza, mentre i passanti lo guardavano di sbieco e poi sorridevano quando lui, in risposta, gridava loro con gli occhi lucidi: – Diventerò padre! – Tornò dentro e la guardò a lungo prima di confessarle il suo amore con un lungo bacio, e la risata di Natasha faceva da colonna sonora a quell’ennesimo momento perfetto. 16 ULTIMO BANCO - anno XV Giochi Father & Friend O, Papa sit down, and hear my song. O, and if you feel like it then please sing along No nothing that I wanna say, I haven’t said before But to use your words, you can never be to sure See, even though. I don’t always show.. I’m glad that you’re along. Said I’m glad that your’re around O sonny, so strange, to hear and see That someone so different is, a soul like me. You may have gone right, where I would have gone left. But son, that’s alright. I will always have your back See even though. I don’t always show. I’m proud of you, my son. Old days, and all of the new wanting to be like you. [Chorus] Alain: O dad, your views in life. Tell me how they came to be. Well see, I didn’t know my father like the way that you know me. Dane: Son, life is just too short. For us to never be in touch. That’s why I Want to tell you that I love you very much. Oh even though, I don’t always show. You know And I want you to know that. [Chorus] I’m here and I’ll be if I can A father and a friend. Every time I look at you. [Chorus] You know that one day too I ll be walking in your shoes Yeah and I know that you’ll do fine cause you’re a son of mine Oh Hey papa tell me what you’ve learned so that I don’t get my fingers burned Son you’ll see that as you go you’ll make mistakes of your own But that’s oke man see you live and you learn You live and you learn Momento poetico… di "bloodflower" AMO IN SILENZIO La notte è fredda, le tenebre avvolgono la mia pelle nuda, vulnerabile... Ed io sono sola. Se le stelle potessero parlare forse mi terrebbero compagnia... E se la luna ci vedesse assieme si oscurerebbe per non disturbare... Ma tra quattro candide mura il silenzio mi assale e la tua assenza mi stringe il cuore in una morsa. Quanto è triste la solitudine di una notte che profuma dei tuoi baci non dati... Ricordiamo ai nostri lettori che è possibile inviare testi di qualsiasi genere che , come il testo di “Spazio creativo” e la poesia a fianco, verranno pubblicati nel giornalino! 17 Sudoku Ipse dixit! 1. Prof di latino e greco: “Felicitazioni per il tuo genetliaco”… per quei pochi che non lo sapessero: “buon compleanno” ρονζος!” prof latino e greco 2. Uscendo dal museo del Bardo, un’alunna: “Prof adesso dove si va? A mangiare vero?” “Sì... Ehi! Davvero encomiabile il tuo attaccamento alla cultura!” prof di latino e greco. 17. Alunno: “Ho sbagliato a scrivere perché sono soprapensiero.” Prof mate e fisica: “Stai sottopensiero allora per favore.” 3. Alunno, sulla soglia di un autogrill: “Come sono i bagni?” Prof. di latino e greco, in tono chiaramente sarcastico: “Meravigliosi, come una vostra versione!” 18. “La lezione è finita, andate in pace.” prof mate e fisica 4. Durante un’interrogazione un’alunna abbraccia la propria compagna di banco: “Ehi!” prof di latino e greco “Con questi slanci d’affetto!” in tono sconsolato… 5. Prof di latino e greco mentre la classe rumoreggia: “Non mi fate arrivare all’orchiciclosi!” (modo erudito per definire il giramento di…scatole...per così dire…) 6. “Per te sarebbe faticoso anche leggere Topolino!” prof di latino e greco 16. Sentendo le vostre risposte, mi girano le…ginocchia. 19. Alunno: “Non sono mai stato beccato impreparato!” Prof latino e greco: “Lasciamo perdere quello che sta dicendo, non ascoltatelo”. 20. “La farfalla nasce sui cavoli, se non ne trova più, sono cavoli amari!” prof scienze 21. “Faremo prima l’apparato riproduttore femminile, che tanto, imparato questo, quello maschile è una cazzata!” prof scienze 7. “Voi siete i figli dei figli dei fiori” prof d’italiano “Nipoti dei fiori quindi” alunno sagace 22. “Parlate uno alla volta alzando la mano perchè tra il vostro brusio e il casino che fa il camion delle scoasse non capisco niente!” prof scienze 8. Comunicate le medie, alunno speranzoso: “Non si può mettere un po’ di orale nello scritto?” 23. “Chiara, esprimiti con chiarezza, dato che sei chiara di natura.” prof mate e fisica 9. Prof di latino e greco: “Che significa ebete?” Alunna pensierosa: “Non saprei spiegare…” Prof: “E’ un idiota! Che c’è da spiegare?” 24. “Oggi affronteremo la parabola. Avete presente la parabola dei pani e dei pesci, del buon samaritano e le altre che disse Cristo? Beh, non c’entrano niente.” prof mate e fisica 10. Prof di matematica e fisica: “Vi farò il test a breve: 4 domande e 2 risposte”…i conti non tornano… 11. Prof di storia e filosofia: “No, no! Io devo dormire! E’ bene per tutti che io dorma!” 12. Prof di italiano: “I Malavoglia finiscono bene o male secondo voi?” Alunno: “E’ già un bene che finiscano!” 13. “Sabato è carnevale!” alunna “Tanto per come traducete voi è sempre carnevale!” prof di latino e greco 25. “La parabola forma due rami, senza foglie però.” prof mate e fisica 26. “Devi trovare lo schifoso centro di questa maledetta circonferenza…” prof mate e fisica 27. Alunno: “Forse si può risolvere calcolando l’asse.” Prof mate e fisicqa: “Yes. You can!” 28. “Voi sareste definiti minus quam merdam!” prof italiano 29. “Soffri di cazzismo acuto.” prof italiano 14. “Cosa c’è adesso là in fondo?!” prof di inglese, Spazientita “Un ragno grandissimo!” alunna “Attenta che ti mangia…” prof “No, no! L’ho ucciso!” la stessa alunna sconvolta ma fiera dell’eroica impresa portata a termine 15. “Lesbia non era καλος και αγαϑος ma καλος και στ 30. “Quant’è bella l’ignoranza, se sta ben anca de panza! ” prof italiano Cruciverbone ULTIMO BANCO - anno XV Cruciverbone latino Orizzontali 1. Parvus adulescens; 9. Coniunctio; 11. Meus (vocativus); 12. Titus Tatius (singuli nominis primam syllabam scribe); 13. Planus (nominativus pluralis); 16. Furens; 17. Enclitica; 18. Aequalis; 19. Modo; 20. Quid amans facit? 22. Tempus metitur; 23. Mater communis omnium nostrum; 25. Praepositio; 26. Quomodo latine dicitur "oca"? 30. Ego dare; 31. Sic Romani mare Nigrum vocabant; 33. Ita erant versicula quae Cicero in Archi medis sepulcro invenit; 35. Memoriae filiae; 36. 101; 38. Scrophae sunt eorum... uxores; 39. Tempus perpetuum. 20 Verticali 2. Emendare (participium praesens, abl. sing.); 3. Coniunctio; 4. Nocturno tempore; 5. Romanis et Graecis; 6. Altercatio; 7. Eius negatio ne est; 8. Dei minister; 9. Bellicum ornamentum; 10. Haud palam; 14. Quid arator facit?; 15. Praepositio; 21. Irreparabile fugit; 24. In stagno coaxat; 27. Coniunctio; 28. Hic est; 29. Cadit; 30. Quomodo latine dicitur "che essi diano"?; 32. In vultu; 34. Artificis est; 35. Ego (accusativus); 37. Animal cum aculeis.