Scarica

Transcript

Scarica
Giornale studentesco del Liceo Ginnasio E. Montale
Redazione autogestita e divulgazione ad uso interno agli Istituti scolastici
anno XV
Secondo numero.
Aprile 2009
Editoriale
Dopo tanto lavoro e dopo una prolungata assenza, rieccoci finalmente! Questo
lungo periodo di gestazione, che avrà forse lasciato perplesso qualcuno, ha
garantito un’edizione ricca di articoli eterogenei che spaziano dalla cultura alla
società, dalla scienza all’arte, ed una più ampia raccolta delle perle di saggezza
di liceali ed insegnanti, appuntamento ormai da tutti atteso (anche dalle sottoscritte che trovano spassosissimo operare una selezione degli ipse dixit più
degni di pubblicazione).
Ma a onor del vero ancor più piacevole è stato ricevere due mail: come noterete anche solo sfogliando il giornalino vi sono due articoli frutto dell’ingenium
di persone non (più o mai) appartenenti a questo liceo. Leggerli ci ha permesso
di venire a contatto con realtà diverse, chiarire piccole questioni lasciate in
sospeso, e conoscere un tempo (il liceo di un quinquennio fa) in cui la creatività ed il desiderio di esprimersi erano il fuoco che animava lo spirito di molti
liceali.
Vien da chiedersi se quel fuoco si è autonomamente estinto o se, piuttosto,
infiammi gli animi di pochi eletti…
Non resta che augurarvi una buona lettura!
Marta Paludo e Gaia Mazzon
TIPOLITOGRAFIA COLORAMA s.n.c.
Di Fani Fabio e Pelizzon Gianluca
30027 SAN DONA’ DI PIAVE (VE) Via Calnova 140 – tel 0421 40225 fax 0421 224749
www.tipografiacolorama.com - e mail: [email protected]
Sommario
Le origini.
U
L
T
I
M
O
Quando “Ultimo Banco” vide la luce
di Michele Casetta……………………………………... pag. 4
Montale e dintorni
CLIL: what an experience!
di Alessia Cicogna…………………………………………..
Intervista a Francesco Cafiso
di Gianmarco Zamuner…………………………………….
Lettera aperta
Look back in Nostalgia
di Marta Paludo……………………………………………..
pag. 3
pag. 12
pag. 13
pag. 14-15
Scienza, Attualità e Politica
Anche la morte approda in prime time
di Alice Ferrazzo…………………………………….
Tutta l’energia in un pugno di sale
di Lisa Stefani………………………………………..
La lettura non è un obbligo ma un diritto!
di Luisa Lanzetta e Federica Vecchies……………………
Protocollo di Kyoto:presente,passato,futuro?
di Michela Bortolotto & Angelica Severin……..………..
pag.6
pag. 9
pag. 8
pag. 11
Società
Via la Maschera!
di Gaia Mazzon & Marco Pasquon…....…….
pag. 5
La cucina.
Crudaiola Tunisina & Torta paradiso
B
A
N
C
O
pag. 10
Giochi & Spazio creativo
Quel momento perfetto………………………………………..
“Father & Friend” e Momento poetico…………………
Sudoku e Ipse Dixit………………………………………..
Cruciverbone latino……………………………………………..
“Ultimo Banco” è il giornale studentesco del Liceo Ginnasio “E. Montale”, e della scuola fa parte la
redazione. L’attività è autogestita dagli studenti. La divulgazione di questo giornale è ad uso interno
agli Istituti scolastici.
Redazione
Direttrici responsabili
Gaia Mazzon
Marta Paludo
Resp. comunicazioni succursale Gianmarco Zamuner
Collaboratori Luisa Lanzetta, Federica Vecchies, Paolo Colosso, Alice Ferrazzo, Gianmarco
Zamuner, Petra Giocamin, Marco Pasquon, Angelica Severin, Michela Bortolotto, Alessia Ciccogna
Sede legale
Stampa
Liceo Ginnasio “E. Montale”
Viale Libertà, 18
30027 San Donà di Piave (VE)
Tipolitografia Colorama s.n.c.
Via Calnova, 140
30027 San Donà di Piave (VE)
Per ottenere informazioni, [email protected]
Oppure, contattare [email protected] (mail Marta Paludo)
Chiuso in redazione il 8/04/2009
Per le eventuali involontarie violazioni della proprietà letteraria ed artistica siamo sin d’ora
disponibili ad una equa transazione (legge 662/96)
2
pag. 16
pag. 17
pag.18
pag. 20
ULTIMO BANCO - anno XV
Secondo numero. Aprile 2009
CLIL: What an experience!
di Alessia Cicogna II D
Venerdì 19 dicembre ho avuto
il piacere di partecipare come
intervistatrice alla round-table
finale del progetto CLIL della
classe VD intitolato Globalisation. Spiego per chi non avesse
ancora avuto l’opportunità di
parteciparvi in cosa consiste
tale progetto. Il CLIL è una proposta didattica recente ed innovativa che prevede la cooperazione di docenti della stessa
classe con diverse competenze
per la realizzazione di un laboratorio interdisciplinare riguardo ad un tema solitamente non
affrontato nel programma scolastico, che viene scelto come
utile argomento di approfondimento. Ad esempio, la mia classe, l’attuale IID, ha svolto ben
due attività di questo tipo, affrontando nel primo anno ginnasiale il mito di Prometeo e
nel successivo il tema della Peste in un percorso interdisciplinare che intrecciava le lettere
italiane, inglesi e greche.
Il progetto consiste in una serie
di attività all’interno dell’orario
scolastico parzialmente individuali, ma soprattutto di gruppo. Ed è questa , a mio avviso,
una delle qualità più nobili di
tale proposta: la propedeutica
alla cooperazione tra compagni/colleghi. L’attitudine all’azione d’equipe infatti non gioverà solamente alla futura vita
adulta e lavorativa dei giovani
studenti partecipanti al progetto, ma porta anche risultati immediatamente percepibili, come l’occasione della conoscenza tra compagni (in particolare
per le classi del biennio) e il
confronto sui diversi metodi di
studio, al fine di migliorarsi
vicendevolmente e di imparare
a condividere le proprie difficoltà e qualità con gli altri.
Come ho già accennato precedentemente, l’argomento scelto
non fa necessariamente parte
del programma scolastico ministeriale, quindi la novità è sicuramente uno dei fattori stimolo
dell’iniziativa, e per gli insegnanti e per gli alunni. Ecco
allora che il CLIL si rivela testimone di come la Scuola, in generale considerata piatta, ripetitiva e noiosa, possa invece rivelarsi innovativa, varia ed addirittura interessante. Certo, perché questo avvenga occorre
però metterci buona volontà e
disposizione ad andare un po’
oltre lo stretto indispensabile
richiesto; tuttavia, è veramente
sorprendete scoprire doti o passioni nascoste nei nostri compagni, che le hanno fatte emergere
proprio com’è nello spirito di
tale proposta, cioè di interiorizzazione di un argomento interessante e condivisione di ciò
che si ha appreso attraverso la
realizzazione di elaborati personalizzati. A proposito di ciò
vorrei ricordare ai miei cari
compagni la canzone nata sulla
base di una colonna sonora di
Shrek, il rap, la scenetta de Il
padrino, quella dei monatti,…
non possiamo negare di esserci
scoperti in queste attività!
Per arrivare a grandi soddisfazioni e a risultati veramente
effettivi il CLIL richiede dunque impegno, serietà e voglia di
imparare non solo agli studenti,
che certo mettono la loro parte,
ma soprattutto ai coraggiosi
insegnanti che si aprono a questo genere di iniziative, ai quali
credo sia necessario riservare
un grande ringraziamento. Non
è possibile infatti trovare esercizi e attività preconfezionati, ma
occorrono inventiva e abilità
per riuscire ad idearne sempre
di nuovi e diversi, perché diverse sono le classi, le persone
che le compongono, i gusti, le
capacità.
Tirando le somme di questo
articolo ribadisco con profonda
convinzione che il CLIL è certamente un progetto difficile
nella sua preparazione ed attuazione, ma una volta realizzato con sincero zelo da parte
di tutti porta sicuramente a risultati efficaci, sia sotto il profilo culturale che sotto quello
della formazione della persona.
E le lodi che sto tessendo a favore di questa proposta non
sono dovute solo alle felici esperienze che ho vissuto con la
mia classe, ma anche a quello
che mi è sembrato un feedback
piuttosto positivo di un’altra
classe.
Non mi rimane allora che lanciare un sentito invito sia a tutti
coloro che hanno interesse a
condividere una posizione eventualmente contraria a quella
che ho esposto in merito al
CLIL, sia a tutti quelli che sono
invece allettati dall’idea di ampliare i propri orizzonti cogliendo l’occasione offerta da
questo genere di iniziative interdisciplinari, fortunatamente
proposte dalla nostra scuola.
a.c.
3
Le origini
ULTIMO BANCO - anno XV
Le Origini.
Quando Ultimo Banco vide la luce
Avv. Michele Casetta, nostalgico ex alunno
Cari amici di Ultimo Banco,
Ne è passato di tempo!
Sull'onda dell'impulso emotivo, ho
necessità di ricordare, a me ed a
Voi, come nacque "Ultimo Banco"
e quale fu il suo “spirito” ispiratore.
Provo un'immensa gioia nell'apprendere che, a distanza di parecchi anni, non solo "Ultimo Banco"
esiste ancora ma, addirittura, si è
trasformato in una realtà che noi,
pionieri del giornalino, neppure
avremmo mai potuto immaginare
quando lo partorimmo a dir poco
clandestinamente (si sta parlando
sia dell’edizione cartacea che di
quella
virtuale,
ndr)! Evidentemente - lasciatemelo dire - il nostro seme cadde su un
buon terreno (quello del nostro
caro Liceo Montale).
Se non erro, correva l'anno 1994. Il
preside in carica era sicuramente il
Prof. Ierace.
Nell'autunno caldo di quell'anno
(mi pare che l'On. Silvio Berlusconi fosse stato già nominato Presidente del Consiglio dei Ministri) alcuni giovani facinorosi del
liceo, allineandosi ad altri Istituti
scolastici sandonatesi, avevano
indetto la prima autogestione della
scuola.
Di fatto, dopo un corteo in piazza
con un mega striscione recitante il
motto ideologico "Berluskaiser",
gli alunni del Montale fecero ritorno nei locali di Via Venezia
(all'epoca il nostro Liceo aveva
sede lì) e ne presero il possesso,
archiviando il corpo docente nella
sala insegnanti.
La scuola era autogestita (parlare
di occupazione sarebbe invero
troppo).
In quell'atmosfera rivoluzionaria si
avvertì da subito la necessità di
mettere a frutto l’autogestione.
4
Il primo giorno, sguainate le chitarre acustiche, gli spiriti artistici
del Liceo ai quali mi pregiavo di
appartenere si abbandonarono al
canto sfrenato ed alla composizione di alcune canzoni che, nel prosieguo della vita del Montale, ebbero anche un discreto successo tra
gli studenti (mi pare di ricordare
una tale “W la Guerra” di Luca
Bogoni, ma la memoria potrebbe
anche ingannarmi).
Il secondo giorno ci si accorse che
per giustificare il nostro gesto era
necessario dare una svolta qualitativa all’autogestione. Vennero
chiamati gli esperti del Sert e dell'ULSS per parlare di AIDS, sesso
e prevenzione. Ma ancora non
bastava. Ricordo che ci chiudemmo un pomeriggio in una stanza al
primo piano di Via Venezia io,
Laura Di Giovanna, Marco Riccobon e qualche altro spirito
“artistoide” e discutemmo a lungo
sul perché dell’autogestione, stesi
sui banchi verdi con gli occhi fissi
al soffitto bianco (faceva un freddo
cane, dato che qualcuno aveva
spento il riscaldamento: prima o
poi ci si sarebbe stancati…).
Discutemmo anche del fatto che
gli insegnanti ci avevano inviato
una lettera nella quale ci
“accusavano” di saper solo
imbrattare con “lettere versicolori”
i muri della scuola e di non
conoscere le ragioni della nostra
autogestione. In sostanza si
sosteneva un nostro plagio (e forse
avevano anche ragione. Ora è
facile ammetterlo).
Da quel lungo colloquiare tra giovani ragazzi “plagiati” nacque però
qualcosa…
Ci si chiese: cosa manca a questa
scuola? Le risposte arrivarono
subito: “manca un giornalino per
diffondere liberamente le nostre
idee, manca un concerto dell’Istituto, manca un gruppo teatrale che
ci consenta di esprimerci” (il gruppo teatrale, invero, stava già nascendo grazie alla brillante intuizione della Prof.ssa Ronzani e del
Prof. Marcigliano).
Da qui il passo fu breve: la prima
cosa che nacque fu proprio il giornalino.
Bisognava trovare un nome ed il
nome fu trovato proprio durante
quella riunione sediziosa avvenuta
in Via Venezia, in quel pomeriggio
freddo: “Ultimo Banco!”.
La motivazione fu semplice: dall’ultimo banco nascevano sempre
le battute più spiritose, dall’ultimo
banco si riusciva a copiare meglio,
si faceva sempre una gran caciara… In definitiva, l’ultimo banco
era il nostro vero ed unico luogo
“rivoluzionario”.
Dovevamo a quel punto pensare ad
imbastire il primo numero (ossia, il
numero zero).
Ricordo che mi dedicai alla copertina ritagliando pezzi di giornale e
facendo un bruttissimo collage che
raffigurava l’allora Ministro dell’Istruzione D’Onofrio che da tenore
lirico si tramutava in un corpulento
maiale. Il titolo di copertina era:
“La metamorfosi di D’Onofrio” (ai
limiti della diffamazione e dell’ingiuria, direbbe oggi l’avvocato).
Per i tempi che correvano certo
non si trattava di un grande gesto
rivoluzionario ma, a giudizio della
prima rudimentale redazione, il
messaggio forte passava…
All’interno vi era già spazio per
poesie, racconti surreali, recensioni e vignette.
La prima vignetta la firmai sempre
io: raffigurava un ragazzo che entrava nel bagno del liceo e dopo
aver
bussato
chiedeva:
“Occupato?”. Da dentro si udiva la
Società
ULTIMO BANCO - anno XV
risposta: “No! Autogestito!”. Una
ovvia critica a chi ci accusava di
aver occupato il Liceo (ed una
chiara autoironia degli studenti
sugli studenti).
All’epoca, oltre a word, non disponevamo di mezzi particolari per
l’impaginazione del giornalino ma
la fantasia e la creatività erano le
uniche “armi” a nostra disposizione. Ricordo ancora le notti insonni
passate a ritagliare manualmente
gli articoli per farli stare nel formato A4, con abbondante uso di
forbici e colla Pritt.
Questa linea editoriale la tenemmo
per qualche numero. Quindi, passata l’autogestione, il giornalino
venne “istituzionalizzato” e posto
sotto la cauta vigilanza del Preside
(il quale, comunque, non represse
mai il nostro bisogno di sfogare
tanta creatività repressa) e degli
insegnanti. Quando ritenemmo che
Ultimo Banco si fosse troppo istituzionalizzato, io e gli amici Marco Riccobon, Luca Nuovo e Luca
Bogoni facemmo uscire – contro il
nostro stesso Ultimo Banco - il
primo e solo numero del
“Quadriumvirato”, all’insaputa del
Preside e dei docenti, stampato e
diffuso in proprio (autotassandoci)
all’interno della scuola. Lo scandalo venne perché vi era contenuta
una fin troppo esplicita poesia erotica dal titolo “Era venuta sola”.
Da quell’autogestione sgangherata
del 1994, nacque “Ultimo Banco” (e non solo).
L’idea di fondo era quella di riappropriarci di quella Scuola che
amavamo forse più di noi stessi.
Volevamo essere noi i protagonisti. E devo dire che in questo riuscimmo abbastanza bene. Nacque
una stagione di personaggi (chi
girava per i corridoi del Montale
con al collo improbabili sciarpe
rosse anni 70, chi indossava tuniche di lana bianca, chi si bardava
di altrettanto improbabili pellicciotti, etc…).
Ma in molti si risvegliò la voglia
di essere protagonisti della loro
vita, la voglia di esprimere anche
esteriormente tutta la creatività e la
forza della propria giovinezza.
Così nacque “Ultimo Banco”. Io
ho conservato ancora alcune copie
dei primi numeri che custodisco
gelosamente, testimonianza di un
ricordo indelebile della mia giovinezza.
Con la presente, oltre che condividere con Voi i miei ricordi, voglio
sinceramente ringraziare tutti i
professori e gli alunni del Liceo
Montale che nel corso degli anni
hanno saputo far crescere quel
nostro sogno di libertà…
Vi prego solo di mantenere vivo lo
“spirito” che fece nascere “Ultimo
Banco” in quel pomeriggio freddo
del 1994, in un’aula spoglia della
sede del Montale di Via Venezia,
da un gruppetto di inguaribili sognatori…
Oggi i nostri sogni hanno i Vostri
volti.
Lunga vita a “Ultimo Banco”!
Grazie di cuore.
Avv. M.C.
Via la Maschera!
Gaia Mazzon VD & Marco Pasquon II D
Secondo Pirandello ognuno di
noi indossa una maschera diversa per ogni situazione:
una per la scuola, una per la
famiglia, una per gli amici e
così via.
Solo con le persone più intime e
a noi più vicine mostriamo
quello che siamo veramente, sia
i lati migliori che quelli peggiori.
Dunque dietro alle nostre maschere cosa si cela?
In una società nella quale nessuno è libero di essere sé stesso,
risucchiato dal vorticoso mondo dell’edonismo e dell’ipocrisia, dove la moda ha omologato
tutti, non abbiamo più una no-
stra identità. Spesso veniamo
etichettati solo perché non tutti
seguiamo il medesimo modello;
per questo tante volte in un
gruppo viene emarginato chi
non si adegua al pensiero comune, chi non viene compreso
per quello che è e suo malgrado
per essere accettato è costretto
ad indossare una maschera per
cercare di assomigliare a tutti
gli altri. Ma perché facciamo
questo?
Come mai il giudizio delle persone che ci circondano, a cui
siamo perennemente sottoposti,
ha un peso così rilevante?
Ammettiamolo: tutti noi almeno una volta abbiamo lottato
per essere visti
sotto una
luce diversa da quella che è la nostra
natura, ma è questo ciò che vogliamo? Indossare una maschera ogni mattina prima di uscire
di casa? Considerare grandi
amici persone di cui in realtà
non si conosce nemmeno il vero volto e che non ti rispettano
per come sei? Ragazzuoli ricordatevi che il mondo è bello perché è vario perciò disfiamoci
delle maschere che non ci appartengono e torniamo liberi di
essere quello che siamo.
g.m. & m.p.
5
Politica
ULTIMO BANCO - anno XV
Politica.
Anche la morte approda in prime-time
di Alice Ferrazzo II A
Eluana. Un nome particolare e
un po’ desueto a sentirlo così,
sicuramente uno di quelli che
difficilmente puoi scordare. E
tanto meno ora, dopo mesi di
querelle mediatica intorno a
lei, potremmo dimenticare.
Lei, che a più o meno al nostra
stessa età, si è vista spezzare
la vita reale a causa di un incidente stradale per continuarne
un’altra virtuale, artificiale,
fatta di macchine per poter
mangiare, bere. Vivere. Vivere, o sopravvivere, distesa su
un letto d’ospedale per altri 17
anni.
Un caso che è stato sulla bocca
di tutti nell’arco delle ultime
settimane, scatenando, oltre a
numerose diatribe, altrettante
contraddizioni. Il partito della
vita sacra, lo stesso per cui poi
è nobile e bello morire per la
patria o per la fede e i sostenitori della morte naturale, gli
stessi che la allontanano artificialmente con la scienza e con
le sue sperimentazioni.
Due fazioni che hanno alimentato per giorni interi i palinsesti tv con programmi e dibattiti vari in merito e hanno dato
da scrivere a giornalisti, opinionisti e pseudo tali articoli
su articoli, commenti su commenti, pareri su pareri. Parole,
parole, parole su una circostanza che indubbiamente ha
smosso gli animi su un argomento finora sottovalutato nel
nostro Paese, ma che a lungo
andare, ha dimenticato il fulcro della questione, ossia il
6
dramma personale di una ragazza e della sua famiglia,
lasciando il posto alla sola
discussione politica.
sa. Prima di salutare marito e
bambini e spegnere la tv.
Tutto questo ovviamente le
frutterà un sacco di sterline
che serviranno a garantire ai
due piccoli figli un futuro più
roseo rispetto al suo, cresciuta
nei bassifondi più poveri e
disagiati della società anglosassone.
Di questi due casi si è parlato
troppo, esageratamente, smodatamente, non ricordando
però che la morte meriterebbe
silenzio e rispetto. E’ il momento più intimo della vita,
quello in cui ogni individuo si
stacca del mondo terreno per
un altro mondo trascendentale, per raggiungere le soglie
delle porte che conducono
all’eternità.
Il silenzio sarebbe stato magnifico, avrebbe accomunato
in un atteggiamento di severità la preghiera di chi ha fede e
la meditazione dei non credenti. Il silenzio è sempre terapeutico, benefico, ha qualcosa di superiore al linguaggio,
e specialmente in questi momenti così tragici e dolorosi
dell’esistenza ha ancora più
importanza. Ma forse l’abbiamo capito troppo tardi, o addirittura molti non lo hanno
ancora capito.
Dall’altra parte della Manica
invece, i tabloid sono stati farciti nell’ultimo periodo da un
evento significativamente diverso, ma con lo stesso triste
leit-motiv di sottofondo: la
morte.
Jade Goody, 27 anni, madre di
due figli, concorrente del Celebrity Big Brother britannico, a
cui proprio durante il programma è stato comunicato di
avere un tumore al collo dell'utero (esteso a fegato, intestino e inguine) che, secondo i
medici, le dà "pochi mesi di
vita".
E lei, la cui vita in tutti questi
anni è stata in piazza, sempre
sulla bocca di tutti, al centro
di roventi polemiche per la
sua vita sregolata e le sue idee
decisamente “politically scorrect”(è stata infatti accusata
di razzismo per alcune frasi
ingiuriose rivolte ad una concorrente indiana che partecipava al medesimo programma, causando addirittura tensioni diplomatiche tra India e
Gran Bretagna), ha deciso che
così sarà anche la sua fine. Ha
scelto di vivere la malattia con
tutta la nazione, sotto l'occhio a.c.
di un reality show, che dallo
scorso anno segue la sua vita
da malata, compreso il matrimonio con il giovane fidanzato, e che tra non molto manderà in onda la puntata più atte-
Attualità
ULTIMO BANCO - anno XV
Attualità.
La lettura non è un obbligo, ma un
diritto!
di Luisa Lanzetta & Federica Vecchies II D
Leggere è una delle prime cose
che impariamo a fare, come
camminare o parlare.
Eppure questa nuova scoperta,
che tanto ci affascinava da
bambini permettendoci di scoprire cose nuove grazie alla
magica combinazione di più
lettere che formano una parola
e di più parole che danno vita
ad una frase, è stata lentamente
abbandonata, o peggio associata ad un obbligo, e gli obblighi non sono cosa gradita. Abbiamo finito per
unire al concetto di lettura
quello ancora più terribile
di studio, di libro di scuola
che ogni giorno bisogna
aprire per cercare di spingere a forza dentro la nostra mente nozioni riguardanti argomenti sempre
diversi, lontani da noi e
che, purtroppo, ci interessano poco a causa degli
imperativi "Studia!" o
"Impara!", che non lasciano spazio a quel piacere
della scoperta che da piccoli ci
trasformava in giovani marinai
alla ventura pronti a scovare
nuove terre e nuove rotte. Così
i bei volumi, che durante l'infanzia ci avevano cullato prima
di andare a dormire raccontandoci le imprese e le peripezie di
Peter Pan, o Pollicino, o Hansel
e Gretel, sono stati relegati a
semplici soprammobili o addirittura sepolti in qualche scatolone polveroso nascosto in magazzino; e con false lacrime
abbiamo detto: “Addio libri!” e
“Buon giorno nuove tecnologie!”. La televisione, il cinema
hanno animato le parole dei
libri rendendo tutto più facile;
abbandonando l'inumano sforzo di estrapolare concetti da
pagine scritte possiamo comodamente osservare le immagini
che i nuovi mezzi di comunicazione ci mettono a disposizione.
Ma fortunatamente c'è ancora
qualcuno che ha conservato la
magia delle favole di fanciulli,
ritrovando nei romanzi, nelle
novelle, dei veicoli che ci portano dentro le storie che ci raccontano, permettendoci di
viaggiare stando confortevolmente seduti, diventando piacevoli insegnanti di nuove materie, portatori di cultura e soprattutto promotori della fantasia.
Questa nostra capacità creativa
chiamata fantasia, infatti, ci
permette di ricreare un proprio
“film” di ciò che leggiamo, diverso per ciascuno di noi, assicurandoci che esso non ci deluderà mai perché sarà esattamente come lo vogliamo, riproducendo ogni minimo particolare che susciterà ben più forti
emozioni di un film su piccolo
o grande schermo, e noi saremo contemporaneamente creatori esperti e spettatori
ignari dell'intera trama.
Non per forza, comunque, le persone devono
amare la lettura, non
tutti siamo uguali, ma
bisogna smettere di presentarla come un'imposizione. L'approccio con
i libri deve essere una
conoscenza, come
tra due persone, dove ci
si scopre pian piano,
rivelandosi all'altro un
po’ per volta fino a diventare confidenti. È
questo il vero piacere di
leggere: trovare nuovi amici
(immaginari) e vivere con loro
una vita diversa da quella che
stiamo conducendo.
f.v. & l.l.
7
Attualità
ULTIMO BANCO - anno XV
Protocollo di Kyoto: presente,
passato, futuro?
di Michela Bortolotto & Angelica Severin V D
Il Protocollo di Kyoto è un provvedimento mirato alla difesa dell’ambiente stilato per la prima
volta l’11 dicembre 1997. Negli
anni precedenti, in seguito a numerose ricerche, gli studiosi si
erano accorti che l’atmosfera terreste stava cambiando a causa
dell’azione dei gas serra e in particolare dell’anidride carbonica.
L’ International Panel for Climate
Change (IPCC) si è occupato di
studiare lo sviluppo di tale situazione e a ogni conferenza dai loro
dati si comprendeva che la situazione fosse critica e che perciò si
dovessero acquistare delle misure
a livello mondiale. Per questo
motivo nel 1997 a Kyoto si è riunita per la prima volta la conferenza delle Parti(COP), ossia dei
paesi sviluppati che avrebbero
ratificato il Protocollo, entrato in
vigore il 16 febbraio 2005. L’ obbiettivo fondamentale è quello di
ridurre le emissioni di anidride
carbonica del 5.2% medio, con un
impegno differente da parte dei
paesi: per esempio l’Italia ha preso un impegno di riduzione del
6.5%, il Giappone del 6%.
L’aspetto più importante era che i
maggiori Paesi sviluppati ratificassero il Protocollo, mentre per i
Paesi in via di sviluppo non c’erano degli obblighi di contenimento
delle emissioni di gas serra. La
riduzione del 55% delle emissioni
è stato raggiunto dopo la ratifica
della Russia il 24 ottobre 2004,
mentre il Kazakistan, l’Australia e
gli Stati Uniti non fanno parte di
questo obbiettivo. In particolare
gli Stati Uniti non hanno firmato
il Protocollo per interessi di tipo
economico.
Al giorno d’oggi però, dopo tutti
questi anni da cui il Protocollo di
Kyoto è entrato in vigore, la popolazione mondiale si chiede: “ne
8
vale ancora la pena?”
2009 anno in cui l’Italia sarebbe
già dovuta essere a buon punto
nella sua discesa sulla quantità di
emissioni di gas e invece assieme
ad altri paesi contribuisce al suo
graduale aumento. Ed ecco, è
proprio da questi dati che ci si
chiede se non sia il caso di iniziare a fare sul serio con il Protocollo
anche se gli Stati Uniti, la Cina e
l’Australia non ne fanno parte,
tante domande, tanti problemi,
tante reazioni. Argomentazioni di
vario tipo sono state portate agli
estremi opposti, chi è catastrofico
e chi invece si scrolla il problema
di dosso negando la sua esistenza. Si passa dall’idea che le stagioni non sono più quelle di una
volta, che è l’uomo la causa di
tutto, all’affermare invece che se
la temperature si alza non è un
problema, che il clima globale è
sempre mutato nel corso del tempo, che non si sa per certo che sia
proprio l’uomo la causa di tutto
ciò e che quindi non ci deve preoccupare più di tanto del riscaldamento globale. Reazioni esagerate, senza un equilibrio intermedio, ma che ci danno più o meno
la panoramica di cosa ne pensa la
gente. A sostegno di queste argomentazioni, che si concludono
tutte con un: “ormai è troppo tardi, non possiamo fare più nulla”,
ci sono altre tesi che diminuiscono il valore del Protocollo: il costo
elevato, i lunghi tempi di realizzazione e la nullità dei risultati
positivi ottenuti, data anche dal
fatto dell’attuale esclusione di
paesi che producono quasi la metà delle emissioni mondiali. Il più
grande problema di questo Protocollo è che questo è stato poco
definito nei suoi parametri di realizzazione, nei mezzi per il suo
raggiungimento, nelle regole e
nelle differenti condizioni dei
diversi paesi. È come se fosse stato fissato un punto d’arrivo senza
segnare il percorso, così ogni paese si è ritrovato solo e non tutti
sono riusciti a farsi strada da sé,
tantochè oggi le emissioni di gas
dannosi sono duplicate anziché
essere diminuite. Forse in un futuro in cui anche gli Stati Uniti
firmeranno il Protocollo i dati
delle nostre tabelle potranno
scendere sotto ai livelli del 1990,
ma tutto è costruito su piedistalli
di vetro, tanto belli quanto fragili.
Ci sono paesi però che oltre al
raggiungimento dei loro obbiettivi legati al Protocollo di Kyoto,
sono impegnati nell’acquisto di
crediti attraverso la piantagione
di foreste. Da ciò prende vita il
commercio delle emissioni attraverso la vendita e l’acquisto di
crediti e quindi la possibilità di
annullare i debiti per alcuni paesi
che avevano superato la soglia
massima di emissioni. Ciò che ne
consegue è un parziale equilibrio
globale sulle emissioni di anidride carbonica, ma bisogna tenere
conto che dal 1990 il mondo è
cambiato e cambierà ancora, tra
poco i paesi in via di sviluppo
triplicheranno e con essi anche le
emissioni di gas serra. Il mondo
deve darsi una scossa, il futuro è
nel presente e se la gente vuole
salvare la meraviglia del nostro
pianeta deve cambiare mentalità.
Il Protocollo di Kyoto rappresenta
una speranza per l’Umanità debole, inutile, costosa, sbiadita, ma
l’unica rimanente; sperare in un
mondo migliore, crederci insieme
è il primo paletto per la lunga
strada da segnare verso un futuro
migliore.
M.B & A.S.
Scienza
ULTIMO BANCO - anno XV
Tutta l’energia in un pugno di sale
di Lisa Stefani III D
E’ difficile per un alunno abituato a studiare e memorizzare leggi e formule frutto del genio di
qualche grande studioso ed osservatore, pensare di poter creare una fonte di energia, anche se
piccola, con l’utilizzo di semplici
materiali di uso quotidiano.
Questo è ciò che è possibile ottenere
attraverso la realizzazione di una
cella solare casalinga. Il nome
potrebbe trarre in inganno e far
pensare a qualcosa di laborioso e
irrealizzabile se non attraverso il
sussidio di qualche complesso e
sofisticato strumento da laboratorio, in realtà, invece, con gran
sorpresa di molti, il tutto si è
rivelato
molto più semplice. Infatti, occorrono solo una soluzione d’acqua e comune sale da cucina (2
moli
di NaCl – 11,6 g - diluite in 1 L
d’acqua), delle lamine di rame,
un fornello o una muffola e, infine,
un microamperometro e degli
elettrodi.
La creazione di una cella solare
casalinga non è però solo semplice, consente infatti di effettuare
anche importanti osservazioni e
di dimostrare come l’energia
luminosa può essere trasformata
in
energia elettrica.
Ciò è possibile fissando alle pareti del recipiente che contiene la
soluzione acquosa due lamine di
rame le quali corrispondono a
due stati diversi in modo da creare una sorta di circuito: da una
parte
viene posto un film di rame allo
stato naturale, il quale costituisce
un buon semiconduttore e
permette di “chiudere” il sistema
creato; dall’altra invece troviamo
un sottile foglio dello stesso
metallo sottoposto ad ossidazione, cioè riscaldato attraverso l’utilizzo di una muffola o di un
forno
elettrico in modo da far comparire lungo tutta la sua superficie
un substrato di ossido di dirame
(Cu2O) il quale porterà il metallo
a comportarsi come un conduttore. Attraverso il processo di
riscaldamento, però, avviene
anche la formazione di ossido di
rame (CuO) il quale è, invece,
una
sorta di isolante e per questo
necessita di essere rimosso con
l’aiuto di una spugna o semplicemente
attraverso l’acqua corrente.
Posizionando i due elettrodi,
collegati al microamperometro,
sulle due lamine, tra le quali si è
formata una differenza di potenziale elettrico, è possibile misurare l’intensità della corrente
prodotta
che può oscillare da pochissimi
mA a qualche centinaio di mA.
L’intensità varia a seconda che la
misurazione avvenga al “buio”,
lontano da una fonte luminosa, o
vicino e con gran parte della
superficie del metallo esposta ad
essa, oltre in base al fatto che la
lamina di rame ossidata sia stata
riscaldata con la muffola o nel
forno elettrico.
L’esperimento potrebbe dirsi
concluso se non fosse possibile
approfondirne ulteriormente lo
studio,
anche se, questa volta, attraverso
l’utilizzo di strumenti reperibili
solamente all’interno di un
laboratorio di ricerca. Quello che
si può fare ora, infatti, è analizzare la superficie del rame
attraverso macchinari i quali
permettono di rilevare e di mo-
strare graficamente i picchi e i
valli
causati dal fenomeno dell’ossidazione sul metallo poiché dotati
di una sottilissima punta che
consente di descrivere con precisione la morfologia del materiale
sottoposto precedentemente a
riscaldamento.
Oltre ad analizzare la diversa
morfologia della superficie del
rame in seguito all’ossidazione, è
possibile anche capire quali altri
elementi, oltre alla preponderante presenza del metallo stesso,
sono
presenti e in quale percentuale
grazie all’utilizzo di un altro sofisticato apparecchio qual è il
microscopio ottico a scansione o
più comunemente noto come
SAM.
E ancora, per una conoscenza
ancor più dettagliata è possibile
ricorrere al TEM, ossia il
microscopio elettronico, che oltre
a segnalare la presenza di determinati elementi permette
anche di analizzarli, grazie alla
“pioggia” di elettroni che esso
scarica sul materiale posto al suo
interno e che consente, come
qualcuno ci ha detto, “di guardare gli atomi in faccia”.
Ciò è quanto ci è stato possibile
fare e vedere durante questa unica e speriamo ripetibile esperienza (“la settimana della scienza
dei materiali”), intervallata da
approfondimenti utili e quanto
mai attuali sulle macchine ecologiche ad idrogeno e sulla luminescenza.
l.s.
9
Ricette
ULTIMO BANCO - anno XV
Cucina.
Crudaiola Tunisina
•Grado difficoltà: FACILE
•Dosi: 4 PERSONE
Ingredienti
Ingredienti per 4 persone
• 400 G Pasta Tipo Penne Rigate,
• 400 G Pomodori Maturi,
• 100 G Ricotta Dura,
• 1 Ciuffo Basilico,
• 1 Cipollotto Fresco,
• 5 Cucchiai Olio D'oliva,
• Sale qb
• Pepe qb
Preparazione
1) Mondare e lavare i pomodori, poi immergerli
per qualche minuto in acqua bollente e pelarli.
Aprirli a metà , privarli dei semi, spezzettarli e
metterli in 1 terrina.
2) Unirvi il basilico e il cipollotto lavati e tritati
grossolanamente, 5 cucchiai d'olio, sale e pepe;
lasciar riposare per 30 minuti circa.
3) Intanto, cuocere la pasta al dente.
4) Scolarla e unirla alla salsa fredda e alla ricotta
dura grattugiata.
5) Rimestare per mescolare tutti gli ingredienti e
servire.
Buon appetito!
Torta paradiso al
cioccolato
Preparazione
Ingredienti
Ingredienti per 6 persone
• 300 gr burro
• 270 zucchero
• 150 gr di farina
• 10 gr di lievito di birra
• 120 gr di fecola di patate
• 5 uova
• 6 tuorli
• 250 gr di cioccolato fondente
• 1/2 limone
• 30 gr di zucchero vanigliato
10
•Grado difficoltà: MEDIO
•Dosi: 6 PERSONE
1) In una terrina con una frusta montate il burro ammorbidito con lo zucchero, la scorza grattuggiata del limone
e 20 gr di fecola e lavorate bene per rendere il composto
omogeneo.
2) Sbattete in un'altra ciotola i tuorli facendoli diventare
una spuma.
3) aggiungete le uova intere e lavorate l'impasto per 10
minuti.
4) Mescolate la farina alla fecola rimasta e al lievito di
birra sminuzzato.
5) incorporate al burro le uova e piano piano la farina
senza fare dei grumi.
6) Imburrate e infarinate una tortiera versatevi l'impasto
e mettete in forno caldo a cuocere a calore moderato per
1 ora. Toglietela dal forno e lasciatela raffreddare.
7) Fate fondere a bagnomaria il cioccolato con 3 cucchiai
di acqua tiepida.
8) Tagliate la torta in due parti e farcitela con il cioccolato. Ricomponetela su un piatto da portata ricoprendola
con lo zuccchero vanigliato.
Buon appetito!
Attualità
ULTIMO BANCO - anno XV
Emozioni in scatola
di Petra Giacomin II A
“Credo che la filosofia sia l’arte del pensiero
e l’arte sia la vita
vissuta in modo veramente
filosofico,
come a dire la messa in pratica della filosofia.
Se dovessi condensare, l’arte
è la pratica della filosofia.
la filosofia è il pensiero talmente evoluto
da essere opera d’arte in sè”
Marco “Morgan” Castaldi
L’essenza umana fa parte dell’essenza del Tutto, l’Intero,
l’Universo. Si tratta dunque
della stessa sostanza, all’interno della quale però la mente
umana ha costruito una barriera: “L’essere umano ha un’esperienza di sè, dei suoi
pensieri e sentimenti, come
fosse separato dal resto, una
sorta di illusione della sua
coscienza” (Albert Einstein).
Il sogno, per esempio, abbatte
la barriera imposta dalla ragione, per amalgamare il nostro inconscio e il resto dell’Universo, che si uniscono in
un luogo svincolato da tempo
e spazio, diventando un’unica
materia, forse, appunto, la
materia di cui sono fatti i sogni
di cui parla Shakespeare.
Ciò che invece mantiene intatta la ragione pur conservando anche l’irrazionalità, e
fa da ponte tra le realtà che
dominano il nostro Io, è l’arte.
L’arte unisce. Fa parte del patrimonio di esperienze innate
in ogni essere, ci permette di
comunicare con il tutto. Perché l’arte è l’espressione dell’anima, è l’inconscio che si rivela al conscio, partendo dall’essenza più profonda, superando le barriere sociali, culturali, i luoghi comuni, l’abitudine, la corruzione, per arrivare in linea retta all’essenza
del Tutto; e poi, attraverso un
percorso ogni volta diverso,
ritorna al mittente, in un gesto unico, in una sorta di osmosi costante.
L’arte non è bella, non è brutta. L’arte è. Ciò che si manifesta attraverso di essa è qualcosa di invisibile, ed è questo
che le attribuisce un’importanza straordinaria, quasi mistica. È espansione dell’anima, prolungamento del pensiero laddove il pensiero viene meno.
Non è un gioco e non è un
lavoro, trascende dal puro
piacere così come dal dovere.
L’arte è un bambino che richiede tempo, cura, dedizione. E l’artista è padre, per imporre delle regole; ma è anche
amico, complice, per infrangerle ridendo. L’arte non è
severa.
La nostra società tende ad
anestetizzare ogni emozione,
inscatolarla e poi commercializzarla. E siamo noi stessi i
primi a venderci, quando ci
impegniamo ad apparire esattamente come vuole vederci
chi ci sta intorno. E quando
entra in gioco l’apparenza,
anche l’arte (nello specifico la
musica), diviene subdolo espediente per un guadagno e
un successo esagerati; per ostentare uno status mediante
il possesso di oggetti senza
vedere in essi altro valore che
quello commerciale; per dare
spazio al piacere dell’esibizione che degenera in esibizionismo, pur di esaltare la propria persona. E, così facendo,
uccidere l’arte.
Ed ecco che la fessura che separa passione e ragione si allarga, finché il ponte finisce
per crollare sotto il peso della
corruzione, del successo, del
denaro, della fama.
“Libertà, l’ho vista dormire
nei campi coltivati
A cielo e denaro, a cielo ed
amore,
protetta da un filo spinato.
Libertà, l’ho vista svegliarsi
ogni volta che ho suonato,
per un fruscio di ragazze a un
ballo,
per un compagno ubriaco.”
(Fabrizio De Andrè)
La musica (in quanto arte) è
la libertà da vincoli e costrizioni. Attraverso di essa siamo più vicini al cielo.
11
Montale e dintorni
ULTIMO BANCO - anno XV
Intervista a Francesco Cafiso
di Gianmarco Zamuner IV B
Prima di passare all’intervista, propongo un breve riepilogo della vita di Francesco Cafiso.
Nato a Vittoria (Ragusa) il 24 Maggio 1989, sin da giovane ha mostrato un enorme talento musicale e infatti
già a nove anni suona con artisti internazionali.
Nel 2002 incontra Wynton Marsalis, che lo porta con sé nell’European Tour del 2003.
Ha vinto numerosi premi e ha suonato con moltissimi musicisti di fama internazionale, tra cui Hank Jones,
Cedar Walton, Mulgrew Miller, Ray Drummond e tanti altri. Nel 2006 ha conseguito il diploma in flauto traverso, con il massimo della votazione.
* * *
- Come ci si sente a suonare in una piccola cittadina dopo aver suonato per Obama?
- Ah, ecco, noi diamo sempre il massimo, sia suonando per Obama che suonando per un liceo, perché essere
professionisti significa dare sempre il meglio e non è importante dove ti trovi, ma comunicare alla gente qualcosa; poi se c’è Obama tra il pubblico… tanto meglio (ride, nda).
- Come nasce il tuo successo? Ho letto che hai iniziato giovanissimo…
- Ho iniziato anche più di giovane (ride, nda), mi sono appassionato al jazz e ho vinto il premio Massimo Urbani e nel 2002 ho partecipato ad un festival a Pescara, molto importante in Italia. Lì ho conosciuto Wynton
Marsalis ed eccomi qui.
- Ecco, ti volevo fare una domanda a tal proposito: se tu e Wynton Marsalis non vi foste conosciuti, secondo te, come sarebbe la tua vita ora?
- Penso che il talento sia fondamentale; poi se hai la fortuna di incontrare personaggi così bravi e famosi, questo rappresenta indubbiamente un valore aggiunto. Però penso che se non avessi suonato bene al festival, il
successo non sarebbe stato lo stesso.
- Come mai ti appassiona il sax? Perché hai deciso di suonarlo?
- Beh, il sassofono è stato il mio primo strumento e non mi ricordo bene il motivo, so solo che a sette anni volevo suonare il sassofono e sono stato fortunato, perché ho incontrato una persona molto carismatica che si
chiama Carlo Cattaneo, che mi ha insegnato a suonarlo. Dopo, oltre al sassofono, mi sono diplomato in flauto
traverso e suono ogni tanto il pianoforte, perché credo che un musicista debba anche essere polistrumentista.
- Come ci si sente a suonare con i grandi del jazz?
- E’ bellissimo, la realizzazione di un sogno e credo che siano esperienze che arricchiscono il musicista.
- Come nasce la collaborazione musicale con Dino Rubino?
- Bah, Dino è un altro…(ride, nda) è un altro tipetto; diciamo che noi ci conosciamo da tantissimo tempo, ma è
solo da poco, ormai è un anno, abbiamo cominciato questo percorso musicale. Tra l’altro è uno dei più forti in
giro e anche lui ha vinto il premio Massimo Urbani; ci siamo ritrovati a suonare insieme nell’orchestra della
nostra Sicilia. Lui poi in un quartetto suona la tromba e abbiamo un progettino in mente, un sestetto in cui c’è
anche lui.
- Che consiglio puoi dare ai ragazzi per conciliare lo studio e la musica?
- Penso che i ragazzi non debbano farsi mancare nulla, nel senso che devono fare tutto ciò che è nella quotidianità di un ragazzino. Io mi ricordo che a quattordici anni vedevo i miei amici passare intere giornate fuori
o in giro, mentre io rimanevo a casa a studiare e uscivo per tre ore anziché otto come i miei amici; ripeto che i
ragazzi non devono farsi mancare nulla e dopo, in ogni caso, devono vivere la loro età.
- Hai nuovi progetti musicali in mente?
- Guarda, quello che ti dicevo prima: sto lavorando ad un sestetto senza il piano. Sarà composto da una sezione di fiati con un baritono, un contralto, una tromba e un trombone. Invece la base ritmica è composta da
batteria e basso. Eseguiremo pezzi originali e anche alcune nostre composizioni.
12
ULTIMO BANCO - anno XV
Montale e dintorni
- Ed ecco la domanda difficile: è un luogo comune o è vero che sempre meno giovani amano la
buona musica?
- Purtroppo oggigiorno i mass-media e la televisione hanno troppa responsabilità, perché mandano una serie di messaggi che non danno dei punti di riferimento ai giovani e nel caso del jazz, non
trovi un concerto jazz ad un orario decente, anzi non ne trovi proprio e di conseguenza il jazz appare come una musica d’elìte. Ad esempio, anziché mandare alle tre di pomeriggio un concerto di
Keith Jarett mandano Maria De Filippi: sono pochi i giovani che hanno la maturità per capire l’assurdità di certi programmi.
Lettera aperta agli studenti
di Francesco Burato VB Itis Volterra
“La teoria è quando si sa tutto e
niente funziona. La pratica è
quando tutto funziona e
nessuno sa il perché. Noi
abbiamo messo insieme la teoria
e la pratica: non c'è niente che
funzioni... e nessuno sa il
perché”
Gentile redazione di
“Ultimo Banco”,
So che in questo istante vi starete domandando “chi è costui?”.
Probabilmente il mio cognome
vi suonerà familiare essendo il
sottoscritto fratello del vostro
ex compagno di scuola ed autore di cruciverba Giosuè, ma
immagino che non abbiate mai
avuto il dispiacere (o il piacere)
di conoscermi personalmente,
per la qual cosa mi presento
all’istante: il mio nome è Francesco Burato e sono uno studente dell’istituto Volterra.
Riconosco che potrebbe essere
considerata inusuale come occasione; in effetti quando mai è
accaduto che qualcuno della
mia scuola si sia interessato del
vostro giornale?
Nonostante ciò è per puro amore per l’I.T.I.S. che ho sentito
l’esigenza di scrivervi queste
due righe, specialmente quando
il mio istituto diviene la principale causa del disagio per alcuni di voi.
Come evidentemente avrete
capito, mi sto riferendo all’articolo di pagina 9 “La succursale:
problema infinito” di Gianmarco Zamuner pubblicato nel primo numero di “Ultimo Banco”
del corrente anno scolastico.
Non intendo entrare troppo nel
merito del pezzo in questione
specialmente perché affronta in
grossa parte problematiche interne alla vostra scuola, problematiche che per ragioni evidenti non mi riguardano. Non posso però non esprimere un certo
disagio di fronte alla critica posta dalla prof.ssa De Mauri.
Questa ritiene infatti, citando
testualmente dall’articolo, che
“Purtroppo condividiamo il
corridoio con l’I.T.I.S. e siccome
gli orari sono diversi non possiamo utilizzare la campanella
perché altrimenti gli studenti
del Volterra escono dalle classi
non appena sentono appunto il
suono
della
campanella
(Neanche fossero automi!!)”.
Glissando sulla vena ironica
spicciola del paragonare studenti di un istituto tecnico ad
“automi” (preciso, non intendo
essere polemico in questa sede),
mi pare giusto emendare quanto sostenuto dalla prof.ssa De
Mauri: non è vero che la campanella non può essere utilizzata
“perché altrimenti gli studenti
del Volterra escono dalle classi
non appena sentono appunto il
suono della campanella”.
La decisione di non far suonare
la campanella è stata presa di
comune accordo tra i due istituti all’inizio dell’A.S. per una
ragione molto semplice: sarebbe
stata una distrazione e un motivo di disturbo per l’attività
didattica degli studenti di entrambe le scuole.
Considerando infatti che le due
scansioni orarie non corrispondono sarebbe stato fastidioso,
per tutti, sentire risuonare nel
bel mezzo della lezione altri
segnali acustici che avrebbero
determinato, tra l’altro, un fattore di confusione non indifferente (“Ma era la nostra campanella?”, “È già ora dell’intervallo?”, “Non è che per caso si tratta della prova anti-incendio?”).
13
11
Montale e dintorni.
ULTIMO BANCO - anno XV
Rettificato ciò posso solo dire che
mi dispiace se la convivenza può
essere un reale elemento di disagio per alcuni di voi. Da parte
mia auspico che la parte rimanente dell’anno possa svolgersi, esattamente come è avvenuto fino ad
ora, all’insegna della collabora-
zione e del reciproco riconoscimento dei diritti e delle responsabilità di ciascuno di noi.
Nel caso riteniate di contattarmi,
o di criticare quanto contenuto in
queste due righe o pormi qualunque altra questione, avete a disposizione il mio indirizzo email
(oltre che il mio recapito scolastico essendo la mia classe complanare alla succursale).
F.B
Look back in Nostalgia
di Marta Paludo III D
“Tu che sei in viaggio,
sono le tue orme
la strada, nient'altro (…)
Mentre vai si fa la strada
e girandoti indietro
vedrai il sentiero che mai
più calpesterai.
Tu che sei in viaggio,
non hai una strada,
ma solo scie nel mare.”
Antonio Machado
Un paio d’orecchini: sino a cinque
dinari tunisini, trattando.
Un’escursione a dorso di dromedario: diciotto euro, prezzo comitiva.
Dire: “Basta! Ho detto l’ultimo
giorno” e tornare con decine di
pascmine, qualche profumo e due
o tre kefie …non ha prezzo!
L’ultimo anno, l’anno degli esami
e di sogni e di speranze e di paure, intriso di preghiere, tensione e
talvolta rabbia…
Dimenticare il mondo intero per
una settimana non è davvero impresa facile, eppure dodici impavidi e prodi messeri, zaino in spalla, vi sono riusciti…incoraggiati
dai loro accompagnatori. Che il
viaggio sia stata l’esperienza più
straordinariamente viva e speciale
di tutti i cinque anni nessuno di
noi - nessuno di quella splendida
e “sporca” dozzina - oserà mai
metterlo in dubbio.
Svestite per un attimo i panni dei
lettori, mentre io svesto quelli di
un’improbabile reporter (non a-
14
vrei il distacco necessario per riuscirvi, del resto): immaginatevi
dodici ragazzi, e un trio di adulti…immaginatevi che due tra questi riescano a ricreare su grande
scala una piccola famiglia unita.
Immaginate che questa famiglia
decida di compiere un viaggio e
immaginate che questo viaggio
veda la luce tra immani ostacoli e
migliaia di impedimenti sempre
nuovi. Immaginate che questo
intrepido gruppo eterogeneo finalmente riesca a mettere piede su
un aereo diretto a Monastir, in
quel di Bergamo l’alba del 23 febbraio.
Ecco, da lì è stato un continuo accavallarsi di emozioni intense, un
vulcano di risa che hanno inizio
sin dal primo giorno, quando ci
accorgiamo che un albergo di lusso attende i nostri piedi stanchi.
Il museo, i templi pagani maestosi
e di nobile imponenza, gli anfiteatri e gli scalini su cui migliaia di
anni fa sedevano i Cartaginesi e
gli stessi Romani che studiamo. Il
cielo terso sopra un tale antico
splendore, quasi Giove volesse
ricordarci che dall’Olimpo nulla
gli sfugge.
La spiaggia bianca, il mare gelido
e profondo, che non finisce mai…
La nostra guida e le cinque lingue
che conosce alla perfezione; quella
maglietta che vale più di mille
parole - e certamente più di questo articolo senza pretese.
Ci sono le case bianche e azzurre
ed il passato che rivive tra le rovine di Cartagine, Sbeitla, Bulla Regia e Dougga, in mezzo ad un
prato che già profuma di primavera anche se febbraio si è appena
concluso. C’è un cielo di un azzurro così intenso da togliere il respiro che, intempestivo e crudele, ci
regala un momento di ilarità frustandoci con chicchi di grandine
sparatici addosso senza pietà. C’è
la cena con Dentino ed Air One,
due poveri camerieri perseguitati
da una donzella senza pudore che
allieta le giornate e le serate di un
gruppo inaspettatamente e sinceramente unito. Ci sono i bimbi
che, curiosi, chiedono al padre
cos’è questo e cos’è quello, e c’è
Nabil (la guida) che premuroso
risponde. C’è la timidezza che
pian piano svanisce, un legame
che lentamente si fa più stretto,
sorrisi che si aprono e le convenzioni che svaniscono, e ci siamo
noi che, consci del fatto che durerà poco, ce ne approfittiamo…e
sono foto e sono partite a biliardo
vinte (anche solo moralmente!) e
poi perse, e sono bicchieri di tè
alla menta con pinoli e sono partite a scala quaranta. La torta a sorpresa per i diciannove anni di
“una di noi” con “felicitazioni” in
allegato, e poi la festa la sera con
un narghilè di cui qualcuno non
riesce proprio a fare a meno. Le
serate tutti insieme in una camera
diversa, a respirare l’essenza…
della vita...a pieni polmoni.
Montale e dintorni
ULTIMO BANCO - anno XV
La scoperta del “Raffinatissimo” e
il suo spregiudicato uso di un
tamburo tipico locale. Distese di
ulivi e strade ingombre di negozianti dove sperimentiamo l’ebbrezza del contrattare assieme al
nostro fiuto per gli affari.
Le “Epistole a Lucilio” nascoste
in fondo alla borsa, dimenticate
per un po’ di tempo, sino a che
quel viaggio non sarà concluso.
Quella “prima volta” nel bar di
Sidi Bou Said, dove Nabil ci ha
concesso un narghilè (il primo di
una lunga serie…). Quel: “Lisa!!
Pure tu?? Non c’è più religione…” che ci strappa risa a non
finire…
L’animatore che non si è reso conto quanto poco fosse divertente e
quanto ci “animassimo” da soli
senza bisogno del suo goffo contributo. I colori della Tunisia, i
profumi di quelle strade, le arance e i souvenir. I viaggi in autobus
dove “pigliamo pòòòstòòòò” e
subito ci addormentiamo. Tutti,
prof compresi.
Scopriamo segreti e ce li sveliamo, camminiamo per strade sconosciute, in un mondo visto per la
prima volta, al suono di un muezzin che salmodia la liturgia cinque volte al giorno da un minareto. Pranziamo e ceniamo dimentichi di tutto, scordando le raccomandazioni e le preoccupazioni
inutili. E ogni notte è una nottata
diversa, fatta di Nutella, chiacchiere a luci spente e risa soffocate, ma ci sono pure le lunghe dormite - che non ci impediscono
tuttavia di sembrare un’orda di
morti viventi la mattina seguente.
La scoperta dell’esistenza del gatto “Zorba” e l’inizio di un’assillante serie di domande. Il sole
preso gli ultimi giorni e la piscina
calda dell’albergo di Hammamet.
La generosità e la premura di un
uomo che è un po’ a metà tra l’e-
clettico professor Keating ed il
saggio Silente. Il silenzio tombale
e ammirato dei dodici temerari
tutti orecchie mentre quell’uomo,
che pensava di non essere ascoltato, si lascia andare ai ricordi delle
bravate della gioventù…
Tutto questo c’è rimasto nel cuore…assieme a qualche piccolo
segreto che resterà inconfessato…
Ora…liberate del tutto la vostra
fantasia: immaginate l’adrenalina
che provereste a bordo di tre fuoristrada diversi che si inseguono e
sfidano per le dune del deserto,
immaginate oasi di straordinaria
beltà, incontaminate ed ampie,
con cascate d’acqua tiepida che
proprio ci costringono a spogliarci e svelare l’arcano mistero celato
sotto le felpe (la famosa maglietta
di cui si parlava qualche riga fa).
Immaginate di scoprire che il
“locus amoenus” esiste davvero e
ce l’avete sotto il naso. Immaginatevi in mezzo al deserto, in groppa ad un dromedario (vi suggerirei caldamente, se vi fosse dato
scegliere, un esemplare con gli
ormoni alle stelle!), su distese di
sabbia dove qualcuno scopre il
proprio futuro olimpionico di
cavalcatore di dromedari…
Noi dodici temerari abbiamo vissuto questo viaggio emozionante
sino all’ultima goccia, sino all’ultimo respiro - e l’ultimo respiro
sapeva di essenza alla mela. Ma la
strada del ritorno ha sempre qualcosa di malinconico, una leggera
tristezza che certo la “nebbia di
latte” di Milano, con la sua umidità, ha acuito ai massimi livelli…
Ora potete ridarci le vesti di alunni diligenti, preoccupati per gli
esami, arrabbiati per le ingiustizie
cui ogni giorno si assiste tra le
mura della classe. Ma ancora
qualcosa ci unisce: quel flusso
vorticoso di fuoco e colori che ci
ha cucito l’anima e ha nome TUNISIA.
“Sono figlio del cammino, la carovana è la mia casa e la mia vita è
la più sorprendente avventura”
Amin Maaluf: Leone l'Africano
m.p.
15
Spazio creativo
ULTIMO BANCO - anno XV
Quel momento perfetto
di “Fantasma dell’Opera”
L’autunno: i suoi colori dalle mille sfumature rossastre, il suo malinconico romanticismo; quella temperatura indecifrabile a metà tra il caldo estivo ed il gelo invernale; la nebbia…i ricordi che riaffiorano.
L’autunno era senz’altro la stagione che Natasha preferiva. Seduta al suo solito tavolino davanti all’unica grande vetrata di quel lussuoso bar di Venezia, spingeva le maniche del largo maglione al di sopra
delle sue mani infreddolite. Rabbrividì e si strinse ancor più a sé mentre la porta d’ingresso si apriva,
portando con sé una brezza frizzante: in autunno il vento si fa più inquieto e impertinente, soffia più
forte.
Il ricordo di quella notte di fine estate era ancora intenso e vivo nella sua memoria: ricordava la pelle di
lui, la luna celata da qualche nuvola, che pudicamente le nascondeva la vista di quei due corpi che si
univano sulla spiaggia, ricordava il rumore delle onde contro gli scogli, le sue labbra salate, il suo respiro, la sua dolcezza... Un momento che li avrebbe per sempre legati all’eternità perché aveva sancito il
loro amore. Sospirò, non aveva più rivisto Dean da quel fine settimana…
Mentre assaporava il suo caffè, non faceva che pensare a quella notte magica e ai petali di rosa con cui
Dean aveva cosparso la sua pelle nuda, alla flebile luce del fuoco quasi spento e a quello che era divampato tra loro. Aveva deciso di cercarlo il giorno dopo la sua partenza, ma aveva cambiato idea all’ultimo istante, terrificata all’idea di non essere più che un ricordo lontano per colui che invece occupava
ogni suo più invisibile pensiero. Poi la scoperta, la chiamata ed il volo da Londra che lui si era precipitato a prendere, pur ignorando il motivo di tanta impazienza.
All’improvviso la porta del bar tintinnò e Dean fece il suo ingresso, alto e bello come sempre, con quegli occhi azzurri che erano un pezzetto di cielo e quel sorriso splendente.
L’aveva riconosciuta tra la folla e con la sua consueta esuberanza l’aveva abbracciata talmente forte, con
le sue braccia possenti che la cingevano, da sollevarla dalla sedia.
Natasha rise con la voce cristallina che Dean tanto adorava e il suo sorriso divenne tenero.
- Ti ho cercata per tutto questo tempo, non sai quanto mi sei mancata! Oh mio Dio, come sei bella! …
Cosa dovevi dirmi, bambolina? – le disse con la sua voce bassa e roca, dall’accento inglese, spostandole
una ciocca di capelli dagli occhi.
- Che ti amo… - il volto di Dean s’illuminò d’affetto. – E che aspetto un bambino da te… Calò il silenzio. Natasha pensò che Dean potesse udire i battiti accelerati del suo cuore in tumulto, mentre aspettava una qualsiasi reazione.
Dean si alzò di scatto, serio, e corse fuori dal
bar, mentre lei lo fissava triste e sbigottita.
Lo vide uscire, spalancare le braccia e cominciare a girare e saltare e gridare sotto il
cielo terso, lo vide accennare un passo di
danza, mentre i passanti lo guardavano di
sbieco e poi sorridevano quando lui, in risposta, gridava loro con gli occhi lucidi: –
Diventerò padre! –
Tornò dentro e la guardò a lungo prima di
confessarle il suo amore con un lungo bacio,
e la risata di Natasha faceva da colonna sonora a quell’ennesimo momento perfetto.
16
ULTIMO BANCO - anno XV
Giochi
Father & Friend
O, Papa sit down, and hear my song.
O, and if you feel like it then please sing along
No nothing that I wanna say, I haven’t said before
But to use your words, you can never be to sure
See, even though. I don’t always show.. I’m glad that you’re along.
Said I’m glad that your’re around
O sonny, so strange, to hear and see
That someone so different is, a soul like me.
You may have gone right, where I would have gone left.
But son, that’s alright. I will always have your back
See even though. I don’t always show.
I’m proud of you, my son.
Old days, and all of the new wanting to be like you.
[Chorus]
Alain: O dad, your views in life. Tell me how they came to be.
Well see, I didn’t know my father like the way that you know me.
Dane: Son, life is just too short. For us to never be in touch.
That’s why I Want to tell you that I love you very much.
Oh even though, I don’t always show. You know
And I want you to know that.
[Chorus]
I’m here and I’ll be if I can A father and a friend.
Every time I look at you.
[Chorus]
You know that one day too I ll be walking in your shoes
Yeah and I know that you’ll do fine cause you’re a son of mine
Oh Hey papa tell me what you’ve learned so that I don’t get my fingers burned
Son you’ll see that as you go you’ll make mistakes of your own
But that’s oke man see you live and you learn
You live and you learn
Momento poetico…
di "bloodflower"
AMO IN SILENZIO
La notte è fredda,
le tenebre avvolgono
la mia pelle nuda, vulnerabile...
Ed io sono sola.
Se le stelle potessero parlare
forse mi terrebbero compagnia...
E se la luna ci vedesse assieme
si oscurerebbe per non disturbare...
Ma tra quattro candide mura
il silenzio mi assale
e la tua assenza
mi stringe il cuore in una morsa.
Quanto è triste la solitudine
di una notte che profuma dei tuoi baci
non dati...
Ricordiamo ai nostri lettori che è possibile
inviare testi di qualsiasi genere che , come il
testo di “Spazio creativo” e la poesia a fianco, verranno pubblicati nel giornalino!
17
Sudoku
Ipse dixit!
1. Prof di latino e greco: “Felicitazioni per il tuo
genetliaco”… per quei pochi che non lo sapessero:
“buon compleanno”
ρονζος!” prof latino e greco
2. Uscendo dal museo del Bardo, un’alunna: “Prof adesso dove si va? A mangiare vero?”
“Sì... Ehi! Davvero encomiabile il tuo attaccamento alla
cultura!” prof di latino e greco.
17. Alunno: “Ho sbagliato a scrivere perché sono soprapensiero.”
Prof mate e fisica: “Stai sottopensiero allora per favore.”
3. Alunno, sulla soglia di un autogrill: “Come sono i
bagni?”
Prof. di latino e greco, in tono chiaramente sarcastico:
“Meravigliosi, come una vostra versione!”
18. “La lezione è finita, andate in pace.” prof mate e
fisica
4. Durante un’interrogazione un’alunna abbraccia la
propria compagna di banco: “Ehi!” prof di latino e greco “Con questi slanci d’affetto!” in tono sconsolato…
5. Prof di latino e greco mentre la classe rumoreggia:
“Non mi fate arrivare all’orchiciclosi!” (modo erudito
per definire il giramento di…scatole...per così dire…)
6. “Per te sarebbe faticoso anche leggere Topolino!”
prof di latino e greco
16. Sentendo le vostre risposte, mi girano le…ginocchia.
19. Alunno: “Non sono mai stato beccato impreparato!”
Prof latino e greco: “Lasciamo perdere quello che sta
dicendo, non ascoltatelo”.
20. “La farfalla nasce sui cavoli, se non ne trova più,
sono cavoli amari!” prof scienze
21. “Faremo prima l’apparato riproduttore femminile,
che tanto, imparato questo, quello maschile è una cazzata!” prof scienze
7. “Voi siete i figli dei figli dei fiori” prof d’italiano
“Nipoti dei fiori quindi” alunno sagace
22. “Parlate uno alla volta alzando la mano perchè tra
il vostro brusio e il casino che fa il camion delle scoasse non capisco niente!” prof scienze
8. Comunicate le medie, alunno speranzoso: “Non si
può mettere un po’ di orale nello scritto?”
23. “Chiara, esprimiti con chiarezza, dato che sei chiara di natura.” prof mate e fisica
9. Prof di latino e greco: “Che significa ebete?”
Alunna pensierosa: “Non saprei spiegare…”
Prof: “E’ un idiota! Che c’è da spiegare?”
24. “Oggi affronteremo la parabola. Avete presente la
parabola dei pani e dei pesci, del buon samaritano e le
altre che disse Cristo? Beh, non c’entrano niente.” prof
mate e fisica
10. Prof di matematica e fisica: “Vi farò il test a breve: 4
domande e 2 risposte”…i conti non tornano…
11. Prof di storia e filosofia: “No, no! Io devo dormire!
E’ bene per tutti che io dorma!”
12. Prof di italiano: “I Malavoglia finiscono bene o male
secondo voi?”
Alunno: “E’ già un bene che finiscano!”
13. “Sabato è carnevale!” alunna
“Tanto per come traducete voi è sempre carnevale!” prof
di latino e greco
25. “La parabola forma due rami, senza foglie però.”
prof mate e fisica
26. “Devi trovare lo schifoso centro di questa maledetta circonferenza…” prof mate e fisica
27. Alunno: “Forse si può risolvere calcolando l’asse.”
Prof mate e fisicqa: “Yes. You can!”
28. “Voi sareste definiti minus quam merdam!” prof
italiano
29. “Soffri di cazzismo acuto.” prof italiano
14. “Cosa c’è adesso là in fondo?!” prof di inglese,
Spazientita
“Un ragno grandissimo!” alunna
“Attenta che ti mangia…” prof
“No, no! L’ho ucciso!” la stessa alunna sconvolta ma
fiera dell’eroica impresa portata a termine
15. “Lesbia non era καλος και αγαϑος ma καλος και στ
30. “Quant’è bella l’ignoranza, se sta ben anca de panza! ” prof italiano
Cruciverbone
ULTIMO BANCO - anno XV
Cruciverbone latino
Orizzontali
1. Parvus adulescens;
9. Coniunctio;
11. Meus (vocativus);
12. Titus Tatius (singuli nominis primam
syllabam scribe);
13. Planus (nominativus pluralis);
16. Furens;
17. Enclitica;
18. Aequalis;
19. Modo;
20. Quid amans facit?
22. Tempus metitur;
23. Mater communis omnium nostrum;
25. Praepositio;
26. Quomodo latine dicitur "oca"?
30. Ego dare;
31. Sic Romani mare Nigrum vocabant;
33. Ita erant versicula quae Cicero in Archi
medis sepulcro invenit;
35. Memoriae filiae;
36. 101;
38. Scrophae sunt eorum... uxores;
39. Tempus perpetuum.
20
Verticali
2. Emendare (participium praesens, abl. sing.);
3. Coniunctio;
4. Nocturno tempore;
5. Romanis et Graecis;
6. Altercatio;
7. Eius negatio ne est;
8. Dei minister;
9. Bellicum ornamentum;
10. Haud palam;
14. Quid arator facit?;
15. Praepositio;
21. Irreparabile fugit;
24. In stagno coaxat;
27. Coniunctio;
28. Hic est;
29. Cadit;
30. Quomodo latine dicitur "che essi diano"?;
32. In vultu;
34. Artificis est;
35. Ego (accusativus);
37. Animal cum aculeis.