La-donna-e-l`Islam_Iran

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La-donna-e-l`Islam_Iran
La donna e la parentela in epoca coranica (e precoranica)

Poligamia e centralità del clan:
Prima dell’avvento di Maometto, il clan arabo era un insieme di famiglie,
ognuna incentrata intorno ad un capofamiglia maschio, che poteva avere
diverse mogli (oltre a concubine e schiave): si tratta dunque di una famiglia allargata, poligamica e patriarcale. Era usanza degli Arabi sposarsi
all’interno del clan per mantenere la compattezza. È importante tener
conto del fatto che è su questo terreno che intervengono gli insegnamenti
di Maometto e i precetti del Corano, che – intervenendo nel campo del
matrimonio, del divorzio, della sessualità – cerca di moralizzare e regolamentare un ambito in cui la libertà dei maschi era assoluta e totale era
l’asservimento delle donne: ad es. si proibisce di sposare la vedova del
proprio padre o del proprio figlio, la sorella, la zia, la nipote, la nutrice e
le figlie, mantenendo il diritto di sposarsi solo con le proprie cugine.
Inoltre è consentito avere più mogli, ma solo se si è in grado di
mantenerle onorevolmente (ciascuna moglie, dopo la prima notte di nozze,
ha diritto a una donazione, che costituirà la sua fonte di mantenimento se
dovesse restare vedova o divorziare.
La nascita di Maometto. Miniatura di un
manoscritto ottomano del Siyar-i Nebi. Il
miniaturista ha velato il volto del Profeta, di sua
madre, ma non quello degli angeli.
Affresco con figura femminile nuda a Qasr Amra, in Giordania
In questo affresco di età Omayyade (712-715), che decora una delle sale del complesso termale di Qasr Amra, è raffigurata una donna a seno nudo
(interpretata come bagnante, danzatrice sacra o cortigiana del califfo). La rappresentazione di figure nude era tollerata in ambito non religioso, ma a partire
dall’VIII sec., con l’avvento della dinastia abbaside, essa fu definitivamente vietata.
Il Corano e le donne:
Il testo del Corano è caratterizzato nei confronti delle donne da quella che può sembrare
una contraddizione. Maometto invita ripetutamente e, anzi, quasi ossessivamnte, i fedeli a
trattare le donne con giustizia e umanità; al tempo stesso le regole da lui stabilite
prevedono sempre e comunque una inferiorità della donna rispetto all’uomo. Il fatto è che
nella società araba preislamica la donna sembra essere trattata con grande brutalità e
aver avuto pochi diritti: il Corano rappresenta quindi un miglioramento rispetto alle
condizioni precedenti, ma riflette comunque i limiti di una società patriarcale, in cui la
piena eguaglianza fra i sessi sarebbe impensabile.
A coloro che giurano di separarsi dalle loro donne è imposto un periodo di attesa di
quattro mesi, per riflettere e non separarsi da esse sconsideratamente; se durante quel
tempo essi recedono dal loro proposito, sarà bene, perché Dio è indulgente e
compassionevole. Se invece essi avranno deciso fermamente di divorziare, in verità, Dio
ode e sa tutto.
Il Corano introduce cautele volte a scoraggiare il ripudio.
Le ripudiate attenderanno per tre periodi di purità prima di rimaritarsi, né è permesso
loro di nascondere ciò che Dio ha nascosto nelle loro viscere, se credono in Dio e nel
giorno estremo; è più giusto che i loro mariti le riprendano quando sono in questo stato, se
desiderano la riconciliazione. Ad esse tocca di agire verso i propri mariti come questi
agiscono verso di esse; tuttavia gli uomini hanno su di esse un grado di superiorità; Dio
è potente e saggio.
La donna non può ripudiare il marito in mancanza di giusta causa, ma può chiedere il divorzio
in caso di inadempienza al contratto matrimoniale, di assenza prolungata, di impotenza.
Il ripudio è permesso per due volte, dopo di che occorre o ritenerle con umanità o
rimandarle con gentilezza; non vi è permesso di riprendere alcunché di quello che ad esse
avete dato.
Vale la pena sottolineare che la condanna alla lapidazione per le adultere, prevista
nell’Antico Testamento e rimessa oggi in uso in taluni paesi islamici, non è menzionata nel
Corano.
La Repubblica islamica dell’Iran e la condizione
femminile
L’Iran è una terra di montagne e deserti favorita però dalla posizione:
infatti si estende su un vasto altopiano per lo più stepposo e desertico
circondato a ovest dai monti Zagros, al confine con l’Iraq, e nord dal
massiccio dell’Elbruz. A sud e a ovest si affaccia sul Golfo Persico e
sull’Oceano Indiano, a nord sul Mar Caspio. L’Iran si trova in una
posizione strategica: controlla infatti sia le vie di traffico fra l’Oriente
e il Mediterraneo, sia il corridoio terrestre tra il Golfo Persico e il Mar
Caspio, da cui oggi transitano importanti oleodotti, sia lo stretto di
Ormuz, che dà accesso al Golfo Persico. L'Iran ha un' estensione di 1648
milioni di kmq, pari a circa tre volte la Francia, ben sei volte l'Italia e
leggermente più grande dell'Alaska: la vastità permette al Paese di
abbracciare varie fasce climatiche, da quelle aride a quelle miti e
temperate (il 31% del territorio è coperto da zone desertiche o, anche
se non completamente desertiche, aspre e brulle).
LA STORIA – LA RIVOLUZIONE ISLAMICA:
La fine di una monarchia – sotto la dinastia dei Pahlavi – che stava compiendo un’opera di laicizzazione del
Paese, fu decretata dalla Rivoluzione islamica guidata nel 1979 dal clero sciita; la Rivoluzione costrinse lo
Shah a fuggire dal Paese e portò alla nascita della Repubblica islamica dell’Iran, conferendo il potere supremo
all’Ayatollah Khomeini (in esilio in Francia già da molto tempo); la nuova Costituzione prevedeva la
coesistenza, oltre al potere politico tradizionale (rappresentato dal Presidente della Repubblica e del
Parlamento), anche di un potere di ispirazione religiosa con una Guida Suprema, cui fu conferito l’effettivo
esercizio del potere. Venne istituito anche un corpo di guardiani della Rivoluzione (Pasdaran).
L'āyatollāh Ruhollāh Mosavi Khomeyni (18 maggio 1900 - 4 giugno 1989) fu il capo
religioso e politico dell'Iran tra il 1979 e il 1989. Il suo governo, di stampo religioso
islamico, impose - secondo il metro di giudizio occidentale - uno stretto moralismo di
linea fondamentalista. Il regime da lui instaurato inaugurò la teocrazia in Iran. Fra le
prime leggi che approvò vi furono l'abolizione del divorzio e la proibizione
dell'aborto. Inoltre istituì la pena di morte per l'adulterio, come pure per la
bestemmia. Impose alle donne la copertura costante del volto con un velo, pur
concedendo loro una relativa indipendenza rispetto a quanto avvenuto in tempi
precedenti.
La guerra Iran-Iraq oppose i due Paesi affacciati sul Golfo Persico, iniziò con l’invasione dell’Iran da parte
dell’Iraq nel 1980 e si trascinò fino all’estate del 1988. Il conflitto si fa risalire a storiche rivalità tra gli
arabi e i persiani e soprattutto al contenzioso territoriale che divideva i due Paesi dai tempi della caduta
dell’Impero ottomano (l’Iraq mirava infatti a modificare il confine sullo Shatt al-Arab definito nel 1975,
quando il potere in Iran era ancora nelle mani dello shah); l’invasione da parte di Saddam Hussein era
incoraggiata dal sostegno delle potenze occidentali e degli altri paesi arabi, che avevano guardato con forte
timore alla rivoluzione islamica, infatti non solo Francia e Russia, ma anche Stati Uniti rifornirono di armi
l’Iraq. Il 20 luglio del 1987 le Nazioni Unite adottarono la risoluzione 598, esigendo l’immediato “cessate il
fuoco” e il ritiro dei due eserciti entro i confini internazionalmente riconosciuti. La risoluzione venne
inizialmente ignorata dai belligeranti, ma il 18 luglio 1988, ormai allo stremo, l’Iran accettò l’armistizio. La
pace fu firmata il 20 agosto 1990, alla vigilia dello scoppio della guerra del Golfo, sulla base dello statu quo
ante bellum. Il bilancio della guerra in termini di vite umane fu di un milione di morti (per il 60% iraniani) e
1.700.000 feriti.
La Rivoluzione islamica non ha imposto solo il velo. Contro le ”leggi misogine” e la discriminazione dei sessi contenuti nella
sharia è stata organizzata una manifestazione il 12 giugno del 2006, stroncata sul nascere dall’intervento delle forze
antisommossa” (Giuliana Sgrena, Il prezzo del velo. La guerra dell’Islam contro le donne, Feltrinelli, 2008, pag.27).
Sotto la presidenza di Ahmadinejad le cose, se possibile, sono peggiorate. Gli uomini della polizia religiosa a
Teheran e nelle altre città sfrecciano per le strade su grosse autovetture controllando che il livello di moralità
pubblica, specie per quanto riguarda le donne, sia adeguato alle prescrizioni khomeiniste. I polsi, le caviglie, il
volto e il mento: tutto deve essere ben velato dallo chador. Le donne “mal velate” incrociate per strada
dai pasdaran, vengono accompagnate nelle centrali di polizia e costrette a sottoscrivere una dichiarazione di
pentimento per evitare problemi. L’obbligo del velo condiziona pesantemente anche le sportive iraniane, costrette
a gareggiare con larghi vestiti simili allo chador. In occasione della giornata della donna dell’8 marzo 2007,
Teheran è stata attraversata da manifestazioni e proteste femminili; il tutto si è concluso con una quarantina di
arresti. Più pesante il bilancio del mese successivo, come ancora scrive Giuliana Sgrena: “… Ma per alcune
migliaia non è bastato pentirsi e nella sola Giornata nazionale del velo (21 aprile 2007) ne sono state arrestate
ben milletrecento. La giornata nazionale del velo è stata indetta in un periodo in cui, con l’avanzare della
primavera, il caldo soffocante rende più urgente la necessità di alleggerire gli spolverini. Il presidente
Ahmadinejad ha fatto varare nuove leggi restrittive sull’abito islamico con pesanti multe per chi trasgredisce
portando abiti trasparenti o attillati, foulard che lasciano sfuggire ciocche di capelli, fuseaux troppo corti, smalto
sulle unghie.
Tutte piccole trasgressioni, strappate centimetro per centimetro in questi anni.
Chi invece, non essendo sposato, viene scoperto a compiere atteggiamenti ritenuti indecenti, è passibile della fustigazione. C’è
da dire che in tale contesto esasperato perfino un casto bacio sulla fronte può diventare rischioso, soprattutto per una donna.
Così fu per l’attrice Gohar Kheyr Andish, che per aver compiuto tale gesto nei confronti del vincitore di un festival
cinematografico, di cui la donna era madrina, ha subito il processo religioso e la condanna a 74 frustate. E’ quanto riportato da
“Il Messaggero” del 23 aprile 2003 (Iran, attrice condannata a 74 frustate per un bacio sulla fronte, pag.4). Quel bacio era un
gesto evidentemente materno, considerato che la donna aveva cinquant’anni e che il premiato era un giovane allievo del marito
defunto. Solo la popolarità dell’attrice consentì la sospensione della pena corporale.
Azar Nafisii
LEGGERE LOLITAii A TEHERAN
Come faccio a ricreare l'altro mondo, quello che restava fuori dalla stanza? Non posso che appellarmi di nuovo
alla vostra fantasia. Pensiamo a una qualsiasi delle ragazze, Sanaz ad esempio, mentre esce da casa mia, e
seguiamola fino a destinazione. Saluta, si rimette la veste nera sopra i jeans e la maglietta arancione, e si avvolge il
velo attorno al collo per coprire gli orecchini d'oro. Fa sparire le ciocche ribelli, ripone gli appunti nella borsa, se la
mette in spalla ed esce. Si ferma un attimo sul pianerottolo e si infila i guanti di pizzo nero per nascondere le
unghie smaltate.
Osserviamola scendere le scale e arrivare in strada. Forse vi sarete accorti che i suoi gesti, la sua andatura sono
già cambiati. È meglio per lei se nessuno la nota, la sente, la vede. Non cammina ben eretta, procede a testa bassa
senza guardare nessuno negli occhi. Il suo passo è svelto, deciso. Le strade di Teheran e delle altre città iraniane
sono pattugliate da miliziani armati, drappelli di quattro uomini e donne, su fuoristrada Toyota bianchi, a volte
seguiti da un minibus. Li chiamano il Sangue di Dio. Loro compito è quello di accertarsi che le donne come Sanaz
si vestano in maniera consona, non si trucchino, non si mostrino in pubblico in compagnia di uomini che non siano
i rispettivi padri, fratelli o mariti. Sanaz passerà sicuramente davanti a muri ricoperti di scritte, citazioni da
Khomeini o dal Partito di Dio: CHI PORTA LA CRAVATTA È UN LACCHÈ DEGLI STATI UNITI. IL VELO PROTEGGE LA DONNA.
Accanto, lo Schizzo a carboncino di una figura femminile, un volto privo di lineamenti incorniciato da un chador
scuro: SORELLA, BADA AL TUO VELO. FRATELLO, ATTENTO A DOVE GUARDI.
Se decide di prendere l'autobus, Sanaz non può sedersi dove vuole. Deve salire dalla porta posteriore e mettersi
nelle ultime file, quelle destinate alle donne. Eppure nei taxi, che accettano fino a cinque passeggeri alla volta,
uomini e donne viaggiano pigiati come sardine, e lo stesso succede nei minibus, dove tante delle mie studentesse
lamentano di aver subito molestie da parte di uomini barbuti e timorati di Dio.
Qualcuno di voi magari si starà chiedendo a cosa pensa Sanaz mentre cammina per le strade di Teheran, e fino a
che punto quell'esperienza la condiziona. Con ogni probabilità, tenta di estraniarsi il più possibile da quanto la
circonda. Chissà, forse pensa al fratello, o al fidanzato lontano e a quando lo incontrerà in Turchia. Oppure
paragona la sua situazione a quella della madre alla sua età, e si domanda con rabbia perché le donne della sua
generazione potessero passeggiare liberamente, godere della compagnia dell'altro sesso, arruolarsi in polizia,
diventare piloti, vivere insomma in un sistema tra i più avanzati al mondo riguardo alla condizione femminile.
Forse si sente umiliata dalle nuove leggi, dal fatto che dopo la rivoluzione l'età minima per sposarsi sia stata
abbassata da diciotto a nove anni, e che si sia reintrodotta la lapidazione per le adultere e le prostitute.
Nel corso di una ventina d'anni le strade si sono trasformate in zona di guerra, e le giovani donne che
disobbediscono alle regole vengono caricate a forza nelle auto della polizia, portate in prigione, frustate, multate,
umiliate e costrette a pulire i gabinetti; poi, appena escono, tornano alla vita di sempre. È consapevole, Sanaz, del
proprio potere? Si rende conto di quanto possa essere pericolosa, visto che ogni suo gesto può recare disturbo alla
quiete pubblica? Pensa mai a quanto sono vulnerabili i guardiani della rivoluzione? Da più di diciotto anni
perlustrano le vie di Teheran e sono costretti a sopportare le ragazze come lei che camminano, parlano, fanno
intravedere una ciocca di capelli solo per rammentare loro che non si sono convertite.
Siamo ormai arrivati a casa di Sanaz, e la lasceremo sulla soglia; probabilmente troverà ad aspettarla il fratello,
e le toccherà affrontarlo, mentre in cuor suo pensa al fidanzato.
Le mie ragazze avevano due storie, una reale e una inventata. Per quanto provenissero da ambienti diversi, il
regime tentava di obliterare la loro identità. Per il governo erano sempre e solo «donne musulmane».
Chiunque fossimo - e non importava a quale credo appartenessimo, se volevamo portare il velo oppure no, se
osservavamo o meno certi precetti religiosi -, eravamo diventate il prodotto del sogno di qualcun altro. Un severo
ayatollah, un sedicente re filosofo, si era posto alla guida del paese in nome di un passato che, sosteneva, ci era
stato rubato. E ora voleva crearci tutti di nuovo, a immagine e somiglianza di quel passato illusorio. Poteva esserci
di consolazione - e avevamo davvero voglia di ricordarcelo? - che ciò era accaduto perché noi glielo avevamo
permesso?
i
Azar Nafisi, figlia di Ahmad Nafisi, ex sindaco di Teheran, e Nezhat Nafisi, prima donna ad essere eletta al parlamento iraniano, nasce a Teheran (Iran) nel
1955. Studia in Inghilterra ed in Svizzera e si laurea in letteratura inglese ed americana presso la University of Oklahoma (Stati Uniti). Torna in Iran nel 1979
ed insegna Letteratura Inglese presso l'Università Allameh Tabatabai di Teheran dal 1979 al 1995 (eccetto dal 1981 al 1987). Testimone della rivoluzione
islamica e della presa di potere dell'ayatollah Khomeini, Nafisi, proveniente da un'educazione fortemente occidentale, diverrà presto un'oppositrice del
regime. Nel 1995, impossibilitata a continuare le sue lezioni senza attirare il biasimo delle autorità, si dimette ed invita sette delle sue migliori studentesse a
seguire delle lezioni-dibattito ogni giovedì mattina in via del tutto privata a casa sua. Insieme analizzano e studiano alcune opere come Lolita, Madame
Bovary e Il grande Gatsby. Questa esperienza sarà l’argomento del libro Leggere Lolita a Teheran. Nafisi lascia l'Iran nel 1997 e si trasferisce con il marito ed
i figli negli Stati Uniti dove insegna Letteratura inglese presso la Paul H. Nitze School of Advanced International Studies (SAIS) dell'Università Johns Hopkins di
Washington D.C..
Lolita è un romanzo di Vladimir Vladimirovič Nabokov (1955): Il Professore Humbert, annoiato insegnante quarantenne di letteratura francese, per
circostanze fortuite fa la conoscenza di Dolores Haze, dodicenne ribelle e maliziosamente spregiudicata che gli richiama in mente Annabelle, il suo primo
amore da tredicenne. Nonostante la differenza di età, egli perde completamente la testa per lei.
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