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MISURARE LA LIBERTÀ ECONOMICA
NEL MONDO, IN EUROPA, IN ITALIA
DI GIOVANNI RONCA
[email protected]
La Libertà Economica può genericamente
definirsi come l’assenza di ogni tipo di coercizione o vincolo alla produzione, alla distribuzione o al consumo di beni e servizi al di là
dei limiti necessari agli individui per preservare la libertà stessa. Dalla teoria alla pratica:
come si misura la Libertà Economica?
Il Centro Einaudi (www.centroeinaudi.it)
ha sviluppato in questi anni, in collaborazione
con il Fraser Institute di Vancouver e con il
Corriere della Sera, un modello di misurazione
della Libertà Economica. Nel breve saggio
pubblicato quest’anno sono proposti tre esperimenti di misurazione, che si rifanno tutti
a un comune schema di valutazione, applicati
e adattati a tre ampiezze geografiche diverse:
123 paesi del mondo, l’Unione Europea a 25,
le 20 regioni italiane. I risultati dei tre
esercizi di misurazione non possono essere
raffrontati direttamente tra loro; anzi, nel caso
dell’Indice Mondiale e dell’Indice dell’Unione
Europea, le classifiche che emergono sono
addirittura parzialmente diverse.
Le metodologie utilizzate sono state, infatti,
volutamente adattate alle realtà analizzate
perché si è convinti che – in pratica più che
in teoria – non esista un solo modo di misurare
la Libertà Economica; al contrario, man mano
che si restringe il perimetro geografico di
analisi e si cerca di cogliere le differenze tra
paesi che sono nati e progrediscono su binari
di sviluppo più omogenei, la valenza delle
macro variabili perde di pregnanza e diventa
opportuno rivedere e adattare lo schema di
valutazione. Malgrado le tre analisi non siano
tecnicamente comparabili, i punti di contatto
non mancano. Nel raffronto tra i tre indici
emerge, in primis, il cosiddetto "peso dello
Stato", ovvero la dimensione relativa, il ruolo
e l’ingerenza del settore pubblico sulle
economie nazionali e regionali: esso rappresenta
un fattore limitante della libertà degli agenti
economici. Il secondo elemento di contatto
tra gli indici Mondiale ed Europeo è relativo
alla struttura dell’economia intesa come
l’insieme delle condizioni abilitanti per lo
sviluppo del libero mercato. La misurazione
di tale componente avviene attraverso una
serie di "marcatori" (dalla qualità della burocrazia all’obbligatorietà del servizio militare)
che vedono storicamente una certa correlazione
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Il Centro Einaudi
ha sviluppato
in questi anni,
in collaborazione
con il Fraser
Institute di
Vancouver e con
il Corriere della
Sera, un modello
di misurazione
della libertà
economica.
I parametri sono
l’autonomia nelle
scelte personali,
la libertà di
scambio e
commercio,
la libertà di
competere
e la tutela
della persona
e della proprietà.
Nella classifica,
che comprende
123 paesi, l’Italia
è al 36° posto.
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con lo sviluppo economico dei paesi. Il terzo
fattore, che accomuna almeno le prime due
analisi, è legato alla tutela dei diritti di proprietà e alla legalità: non vi è dubbio che
entrambi i fattori siano condizioni imprescindibili per un vivere economico libero.
L’INDICE MONDIALE
DELLA LIBERTÀ ECONOMICA
Il primo esercizio di misurazione è l’Indice
Mondiale della Libertà Economica. L’idea nasce
nel corso di una serie di conferenze che
il premio Nobel Milton Friedman insieme
al professor Michael Walker del Fraser Institute
tennero a partire dal 1986 sul tema della
definizione e della misurazione della Libertà
Economica. Tra il 1986 e il 1994 ebbero luogo
sei convegni sull’argomento in occasione dei
quali diversi studi e differenti approcci alla
misurazione vennero presentati. Il ciclo
di conferenze portò alla nascita dell’Economic
Freedom Network, una rete di più di 50
istituti di ricerca di tutto il mondo di cui il
Centro Einaudi è partner per l’Italia dal 1997,
e alla pubblicazione periodica dell’Indice
Mondiale della Libertà Economica, sviluppato
per ben 123 paesi del mondo, arrivato nel
2004 alla sua ottava edizione. Cos’è la Libertà
Economica per l’Economic Freedom Network?
Gli ingredienti principali della Libertà
Economica sono l’autonomia nelle scelte
personali, la libertà di scambio e di commercio,
la libertà di competere e la tutela della persona
e della proprietà. Istituzioni e politiche di
governo sono compatibili con la Libertà
Economica quando sono in grado di realizzare
le infrastrutture necessarie
al commercio e di proteggere gli individui e le loro
proprietà da coloro che
vogliano impossessarsi di
ciò che non gli appartiene,
usando la violenza, la
coercizione o la frode.
Il sistema legale e le regolamentazioni monetarie
sono particolarmente
importanti: gli Stati
promuovono la Libertà
Economica quando garantiscono un contesto di
L'INDICE DELLA LIBERTÀ ECONOMICA NEL MONDO
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legalità e un sistema di applicazione delle leggi
in grado di proteggere i diritti legati alla proprietà e l’applicazione dei contratti in maniera
imparziale; le istituzioni favoriscono, inoltre,
la Libertà Economica quando rendono agevole
agli agenti economici l’accesso a un sistema
monetario solido e stabile. In alcuni casi il
governo stesso può fornire adeguata stabilità
alla moneta; in altri casi, può limitarsi a
rimuovere le barriere che impediscono o limitano l’accesso a una moneta stabile fornita da
altri (altri governi, organizzazioni private ecc.).
D’altro canto, la Libertà Economica prevede
che i governi si astengano da una serie di attività. Non devono, infatti, interferire con l’autonomia nelle scelte personali, con la libertà
di scambi volontari e con la libera concorrenza
sul mercato del lavoro e dei prodotti.
La Libertà Economica si riduce quando il
sistema di imposizione fiscale, le spese dello
Stato e le normative in generale tendono a
sostituirsi all’autonomia di scelta delle persone,
alla libertà negli scambi e alle regole di mercato. La classifica di Libertà Economica per
i 123 paesi analizzati sono rappresentati nella
pag. precedente. I dati utilizzati si riferiscono
al 2002 e sono i più recenti disponibili. Hong
Kong e Singapore sono costantemente da anni
al vertice della classifica con voti pari rispettivamente a 8,7 e 8,6 decimi. Seguono terzi
a pari merito Nuova Zelanda, Svizzera, Regno
Unito, Stati Uniti. Tra i primi dieci compaiono
dunque Australia, Canada, Irlanda e Lussemburgo. L’Italia, con voto 7,0, è al trentaseiesimo
posto a pari merito con il Giappone, la Giordania,
la Lettonia e la Norvegia. Tra gli altri grandi
paesi europei compaiono la Germania al
ventiduesimo posto con voto 7,3, la Francia
al quarantaquattresimo posto con voto 6,8
e la Spagna al trentunesimo posto con voto 7,1.
L’India è sessantottesima, il Brasile settantaquattresimo, la Cina novantesima e la Russia
centoquattordicesima. Al fondo della classifica
si trovano principalmente paesi dell’America
Latina, dell’area ex sovietica e dell’Africa, con
l’unica eccezione del Botswana, che si attesta
al diciottesimo posto. Chiudono la graduatoria
il Venezuela, la Repubblica Centro Africana,
il Congo (Repubblica Democratica del Congo),
lo Zimbabwe e, all’ultimo posto con voto 2,5,
il Myanmar nel Sud Est asiatico. Tra i 123
paesi analizzati non compaiono, per mancanza
di dati, diversi importanti paesi, tra cui Cuba
e la Corea del Nord, che presumibilmente si
sarebbero posizionati al fondo della classifica.
L’analisi dell’EFW mostra anche l’evoluzione
storica del livello di Libertà Economica.
Alcuni paesi, tra cui il Botswana, il Cile, la Cina,
l’Islanda, l’India e l’Irlanda, hanno visto un sostanziale miglioramento negli ultimi due decenni.
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Negli ultimi anni i progressi più significativi
vengono dai paesi dell’Est europeo (in particolare: Estonia, Ungheria, Repubblica Ceca,
Lettonia e Lituania). Venezuela, Zimbabwe,
Indonesia, Argentina e Malesia hanno registrato, invece, un significativo deterioramento
della loro condizione nell’ultimo periodo. Come
già detto, l’Italia si attesta al trentaseiesimo
posto della classifica 2002 con un voto pari a
7,0 su 10. Su base storica, si può notare come
il paese abbia visto un forte incremento (dal
5,2 del 1980 al 6,4 del 1990) del voto di
Libertà Economica nel corso degli anni
Ottanta, accompagnato da un recupero di
posizioni in classifica (dal quarantatreesimo
del 1980 al ventinovesimo posto del 1990).
Nell’ultimo decennio del XX secolo l’Indice
è andato ancora migliorando, anche se a un
ritmo meno sostenuto, raggiungendo voto 7,1
nel 2000. La posizione in classifica, invece,
è andata deteriorandosi principalmente a
causa del miglioramento proporzionalmente
più forte di molti altri paesi prevalentemente
extra europei (l’unica eccezione è l’Irlanda).
Nei primi anni del 2000 il voto in termini
assoluti è lievemente peggiorato e così la
posizione in classifica.
L'ITALIA NELL'INDICE MONDIALE
•Forte incremento del voto di Libertà Economica nel corso degli anni
Ottanta,accompagnato da un recupero di posizioni in classifica
•Negli anni Novanta la posizione in classifica è andata deteriorandosi
principalmente a causa del miglioramento proporzionalmente
più forte di molti altri paesi prevalentemente extra europei
•A pesare maggiormente sul voto dell'Italia sono il peso dello Stato
(Area I) e la regolamentazione del credito, del lavoro e delle attività
economiche (Area V)
L’INDICE DELLA LIBERTÀ
ECONOMICA DELL’UNIONE EUROPEA
Il secondo esercizio di misurazione è l’Indice
della Libertà Economica dell’Unione Europea,
nato nel 2001 dalla collaborazione tra Centro
Einaudi e Corriere della Sera, adattando
lo schema di analisi per certi versi troppo
"tranchant" dell’Indice Mondiale a una realtà
più sfumata e complessa come quella della
Unione Europea. L’Indice nasce per i 15 paesi
della "vecchia" Unione Europea e ne descrive
l’evoluzione storica dal 1980. L’edizione 2004
estende l’analisi anche ai dieci nuovi membri
entrati a far parte dell’Unione recentemente,
per i quali però la serie storica è limitata a tre
anni. I risultati non possono essere raffrontati
direttamente con quelli che scaturiscono
dall’Indice Mondiale della Libertà Economica.
L’analisi si basa, infatti, su un approccio
di valutazione volutamente diverso.
Ciò va a dimostrazione del fatto che non esiste
un solo modo di misurare la Libertà Economica;
anzi, man mano che si restringe il perimetro
geografico di analisi – in questo caso dal
Mondo all’Unione Europea – e si cerca di
cogliere le differenze tra paesi che sono nati
e progrediscono su binari di sviluppo più
omogenei, la valenza delle macro variabili
perde di pregnanza e diventa opportuno
rivedere e adattare lo schema di valutazione.
Nel grafico che segue sono rappresentati i
risultati dell’Indice della Libertà Economica
dell’Unione Europea 2004, calcolati sulla base
di dati del 2002 (i più recenti disponibili).
Tutti i 25 paesi hanno ottenuto un voto in base
10 compreso in un range relativamente stretto.
LA CLASSIFICA DELL'UE A 25
Il paese più economicamente libero risulta
essere il Regno Unito, che mantiene
il primato dal 2000; seguono Irlanda, Lussemburgo e Olanda. La Spagna si attesta al quinto
posto, consolidando il forte recupero di
posizioni realizzato a cavallo del millennio
(era dodicesima alla fine degli anni Novanta).
Tra i paesi di nuova adesione, il primo a
comparire in classifica è Malta (ottavo), seguito
da Cipro (tredicesimo) e Lituania (quindicesimo).
La Germania si colloca a metà graduatoria
dell’UE 15, con un voto assoluto lievemente
peggiore della media dell’Unione Europea.
L’Italia si colloca al penultimo posto della
classifica UE 15, seguita solo dalla Grecia,
e al diciannovesimo della classifica UE 25.
Benché il paese abbia visto crescere negli
ultimi vent’anni il livello di Libertà Economica
in termini assoluti (voto 6,0 nel 1980),
la sua posizione in classifica è rimasta
sostanzialmente invariata dal 1990.
L’INDICE DELLA LIBERTÀ
ECONOMICA DELLE REGIONI
ITALIANE
Il terzo esercizio è un esperimento nuovo.
Si tratta dell’Indice della Libertà Economica
delle Regioni Italiane: un ulteriore e più
drastico adattamento dello schema di
misurazione a un contesto non solo ricco
di sfumature, ma anche condizionato dalla
assenza di reale organizzazione federale dello
Stato. È sicuramente un esercizio con diversi
limiti e sotto molti aspetti ancora da raffinare
e adattare. È opinabile anche il titolo stesso
dell’Indicatore: si può parlare di "Libertà
Economica" tra regioni di uno Stato non
federale come l’Italia? Forse sarebbe stato
più appropriato intitolarlo "analisi di fertilità
economica", date le peculiarità del sistema
regionale italiano e la relativa limitatezza
degli aspetti del vivere economico presi
in considerazione dal computo.
Ma come ha insegnato l’esperienza dell’Indice
Mondiale, nato a metà degli anni Novanta
in una versione molto semplificata e "rudimentale" e poi evolutosi con un crescente grado
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di completezza e sensibilità, così ci si augura
che l’Indice delle Regioni sia l’embrione
di un’analisi che nel futuro possa crescere
in maniera sempre più accurata, acquistando
la dignità di "Indice di Libertà". Con piena
consapevolezza delle peculiarità dell’oggetto
dell’analisi e dei limiti che quest’ultima ha,
si è deciso di provare comunque ad adattare
il modello di misurazione della Libertà
Economica utilizzato per il Mondo e per
l’Unione Europea alle venti regioni italiane.
Si è arrivati a un indice in certi ambiti più
esteso. Si è considerata non solo la libertà
in senso stretto, ma anche altri fattori che
contribuiscono alla qualità del substrato
economico delle regioni, come la qualità dei
servizi finanziari, l’attività di ricerca e sviluppo,
il reddito pro-capite. Per quel che riguarda
il lato fiscale e di spesa pubblica si è tenuto
conto di quali sono i trasferimenti tra centro
e regioni; particolare attenzione è stata rivolta
all’area del mercato del lavoro e al dinamismo
della società. Sono state eliminate dall’analisi
le componenti relative alla tutela della proprietà e alla garanzia delle leggi, presenti
nell’Indice Mondiale e nell’Indice dell’UE,
ma non rilevanti a livello regionale perché
dipendenti e indotte essenzialmente dal contesto nazionale. Questa analisi non è di fatto
omogenea con gli indici mondiale ed europeo.
Al di là della composizione dell’indice, anche
le chiavi interpretative cambiano per potersi
adattare al contesto regionale inserito in un
quadro nazionale non federale. Per esempio:
sono i contributi comunitari alle imprese
un male o un bene in un’ottica di Libertà
Economica? In un particolare contesto geografico come quello italiano, dove la qualità
della localizzazione è molto importante per
le scelte di investimento, le forme di redistri-
buzione mirata del reddito possono rappresentare fattori positivi per lo sviluppo
economico di una regione; dunque, differentemente da quanto fatto nella analisi sul mondo
e sull’Unione Europea, l’indice delle regioni
dà valenza positiva ai sussidi comunitari mirati
e funzionali all’appianamento dei deficit qualitativi di localizzazione. Nel grafico che segue
sono rappresentati i risultati dell’Indice della
Libertà Economica delle Regioni Italiane
calcolati sulla base dei dati statistici più recenti
disponibili (prevalentemente relativi al 2002).
I voti sono compresi in un range relativamente
stretto; per cogliere le differenze tra alcune
regioni è necessario guardare il voto alla
seconda cifra decimale. La macro regione più
libera risulta essere il Nord Est con tre regioni
– Emilia Romagna, Trentino Alto Adige
e Veneto – ai primi tre posti della classifica
generale e il Friuli Venezia Giulia al sesto
posto. L’Emilia Romagna è l’unica regione
a ottenere un voto superiore a sette, con un
distacco di due punti e mezzo sulla Calabria,
ultima in classifica. Segue il Nord Ovest,
dove il Piemonte ottiene il quarto posto nella
classifica generale con un distacco di appena
tre decimi rispetto all’Emilia Romagna.
In linea con la media nazionale si trova il
Centro con le Marche al settimo posto della
classifica generale, Umbria all’ottavo, Toscana
al nono e Lazio al tredicesimo. Le prime tre,
con un voto superiore a 6,5, sono molto
distanti dalle regioni settentrionali; più basso,
invece, il voto ottenuto dal Lazio.
Più modesti i risultati ottenuti dalle regioni
del Mezzogiorno. A parte l’Abruzzo, che riesce
a superare Lazio e Liguria, tutte le altre regioni occupano la parte bassa della classifica.
Con un voto inferiore a 5 troviamo Sardegna,
Sicilia, Campania e, all’ultimo posto, Calabria.
L'INDICE DELLA LIBERTÀ ECONOMICA DELLE REGIONI
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