spettacoli RENZOPIANO - Renzo Piano Foundation

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spettacoli RENZOPIANO - Renzo Piano Foundation
&spettacoli
cultura
IL DOCUMENTARIO
OLMI E GLI STUDENTI
Il regista Ermanno Olmi (nella
foto di Studio Systema con Renzo
Piano alla recente inaugurazione
della Fondazione Vedova a
Venezia), sta lavorando con
l’architetto per realizzare entro
due anni un documentario sul
tema del costruire, per il quale ha
già fatto vari sopralluoghi. Gli
studenti ospiti saranno gli “attori”
di questa opera che va alle radici
di un’attività umana primaria
VILLA NAVE
ARCHIVI E MODELLI
VENERDÌ 26 GIUGNO 2009
RENZO PIANO
IL CAMPUS
ARTE E SCIENZA
Harvard
a Genova
La Fondazione dell’architetto diventerà
sede permanente dell’Università americana:
a Vesima si studierà la poetica del costruire
Con l’Università di Harvard,
l’architetto Piano sta lavorando
al progetto per realizzare un
nuovo campus nell’area oltre il
fiume Charles, nel quartiere di
Allston, destinato nei prossimi
decenni a raddoppiare le
dimensioni dell’istituzione
universitaria. In particolare
saranno sviluppate le facoltà
di arti e scienze e delle scuole
professionali, con nuove residenze
IL MUSEO
TRE SEDI, UN TETTO
IL SINDACO
Piano e il sindaco Marta Vincenzi
«OCCASIONE
PER LA CITTÀ
DI CRESCERE»
DANIELE GRILLO
«ATTRAVERSO la
Biennale del Mediter­
raneo e il rapporto che
costruiremo con la Fondazione
Renzo Piano cercheremo di costru­
ire, attorno alla figura dell’archi­
tetto, quello che la città danese di
Aalborg ha costruito attorno al
museo disegnato da Alvar Aalto. La
risposta mediterranea a un’espe­
rienza direi unica». Il sindaco di
Genova Marta Vincenzi inquadra il
rapporto tra città e architetto par­
tendo dall’abbraccio nordico che
vorrebbe diventasse il modello. In
mezzo non c’è solo cultura del
«saper fare» e del «ragionare sulla
qualitàdelfare»,c’èilcollegamento
che il sindaco di Genova ha cercato
di imbastire ­ anche attraverso la
creazionediUrbanLab,evoluzione
del settore dell’Urbanistica comu­
nale ­ tra Piano, le sue idee e il fu­
turo di strade, ponti ed edifici della
sua città. «Ricominciamo da qui il
cambiamento dei prossimi dieci
anni» ha annunciato ieri il primo
cittadino a fianco del genovese del
Beaubourg«unmutamentochean­
dremo a fissare presto con il nuovo
piano regolatore».
L’architetto non è più diretta­
mente coinvolto nel disegno del
piano regolatore della città (lui
stesso dice: «Sarà Richard Burdett
a firmare il secondo volume di pro­
getti della città, il secondo qua­
derno di Urban Lab. Per quanto ri­
guarda il piano regolatore, ora è
perfettamenteingradodicammina
da solo»), ma ha detto che aprirà
alle scolaresche, in particolare alle
scuole elementari, il suo studio e la
sua esperienza. Il Comune, dal
canto suo, voterà in una delle pros­
sime sedute consigliari l’ingresso
dell’ente all’interno della Fonda­
zione creata dall’architetto. «Una
partecipazione non economica»
hanno detto Piano e Vincenzi «che
peròpotràampliarsiulteriormente
a esperienze che vadano al di là
della semplice collaborazione». Se
la Biennale del Mediterraneo de­
collerà definitivamente (l’anno
prossimo, come dice Marta Vin­
cenzi, sarà un «numero zero co­
struito attraverso una valorizza­
zione del Festival della Scienza»)
non è escluso che possa ospitare, in
una delle sue edizioni, «un grande
evento­mostra sull’architettura e
la qualità della vita». Sulla grande
scrivania dei progetti, nella sede
della Fondazione di Piano a Ve­
sima, c’è in questi giorni il model­
lino di una gigantesca pala eolica,
un progetto per Enel. «Un’evolu­
zione di questo sistema potrà tro­
vare posto anche sulla diga fora­
nea»,dice,adimostrazionechenon
sembra essersi stancato di dise­
gnare per la sua città. Anzi, vor­
rebbe che Genova entrasse a Punta
Nave, il suo «ufficio» sul mare di
Ponente, perché la matita tenga
conto delle esigenze vere, della vita
chealdilàdeiprogettiprolifica.Per
Piano il Mediterraneo «è un “con­
sommé” di esperienze, storie e cul­
ture». Bagnata com’è da questo
mare, Genova per Piano «non è af­
fatto una città morente come pen­
sano alcuni». «Per estimatori», la
definisce l’architetto. Genova en­
trerà a Punta Nave anche attra­
verso il membro della Fondazione
che il Comune sceglierà. «Dovrà es­
sere una persona con le giuste ca­
ratteristichediesperienzaeprofes­
sionalità» dice Vincenzi «decide­
remo se sarà un membro del consi­
glio comunale o un esterno».
n
A Villa Nave, nel ponente
genovese, la Fondazione Renzo
Piano ha concentrato in un
edificio un tempo adibito ad
albergo i propri archivi, schizzi,
disegni, modelli dei progetti. In
una struttura a fianco si tengono
riunioni e seminari. La parte
dell’archivio più “ingombrante”
è invece a Voltri, in un capannone
L’impegno di Renzo Piano con
la Harvard University riguarda
anche la realizzazione del nuovo
Art Museum: l’ampliamento
dell’edificio in Quincy Street
e il suo completo rinnovamento,
che dovrebbe concludersi nel
2013, permetterà di ospitare sotto
un unico tetto tre sedi museali
che attualmente sono divise
ANDREA PLEBE
«S
E MAOMETTO
non va alla mon­
tagna, allora la
montagna andrà
da Maometto». Maometto, in questo
caso, è l’architetto Renzo Piano, la
montagna,invece,èl’Universitàame­
ricana di Harvard, nella persona del
preside della facoltà di Architettura,
Mohsen Mostafavi, che così si è
espresso, col sorriso sulle labbra,
mentre era in visita a Villa Nave, sede
della Fondazione Piano. Legato so­
prattutto alla cultura del “fare”, l’ar­
chitetto genovese non ha mai accet­
tato le offerte di cattedre che gli sono
giunte, nel corso degli anni, da parte
degli atenei di tutto il mondo. Ha
aperto però volentieri le porte del suo
studio, aggrappato sulla collina di Ve­
sima, ai laureandi in architettura per
tenerli “a bottega”. Piano non disco­
nosce il ruolo dell’Università, anzi,
ma sostiene che serve anche altro.
«Le nozioni sono necessarie, ci man­
cherebbe altro» dice «ma il nozioni­
smo rischia di sviluppare un senso di
onnipotenza negli studenti. Io so­
stengo che anche a 70 anni un archi­
tetto ha ancora qualcosa da imparare,
figuriamoci quando ne ha 23­24. Ve­
nire qui a bottega non è un’esercita­
zione, è lavorare, significa stare con
noi, provare gioie e delusioni, parteci­
pare, soprattutto apprendere l’arte
dell’ascolto. Gli studenti che vengono
qui da noi sono già stati selezionati,
molti sono davvero bravi, ma spesso
dobbiamo insegnare loro l’umiltà».
L’intesa con Harvard, avviata sotto
la presidenza di Neil Rudenstine, si è
consolidata sotto l’attuale gestione di
Drew Gilpin Faust. «È una storica, ha
una formazione umanistica» dice
Piano «e quindi il legame con la cul­
tura europea, e in particolare con
quella dell’Italia, che ha le sue radici
nell’artedelcostruire,delfare,sièsvi­
luppato in modo naturale». Il rap­
porto “speciale” con Harvard, che in­
crementerà l’invio di studenti a par­
tire dalla fine di quest’anno ­ an­
dranno ad aggiungersi a quelli di altre
dodici università del mondo, Genova
inclusa, distribuiti fra gli studi di Ve­
sima e di Parigi, per periodi sei mesi
che di solito comprendono anche la
tesi ­ va però oltre la “bottega”.
In un futuro che non ha ancora un
tempo definito ­ «Per fortuna siamo
qui, vivi e vegeti, a lavorare», sorride
l’architetto­l’obiettivoèfareinmodo
che la Fondazione Renzo Piano, l’ex
albergo diventato la casa dell’istitu­
zione, affacciato sulla scogliera ai
piedi dello studio Rpbw, accolga la
sede permanente dell’Università di
Harvard, seconda costola italiana
dell’ateneo del New England.
La collina di Vesima:
dall’alto, lo studio Rpbw
e, sul mare, la sede della
Fondazione (foto Merlo)
In Italia l’Università di Harvard
possiede già un centro, dedicato in
particolare allo studio del Rinasci­
mento sotto i suoi vari aspetti: storia
dell’arte, della scienza, della musica,
della letteratura, ma anche dell’eco­
nomia e della politica. La Villa I Tatti,
alle porte di Firenze, fu la residenza
dello storico e critico d’arte Bernard
Berenson (1865­1959) fino alla sua
morte. A Harvard, Berenson donò
anchelasuagrandecollezionedilibri,
fotografie e opere d’arte.
«A Genova» dice Piano «verrebbe
sviluppato in particolare lo studio e la
ricerca dell’architettura intesa come
poetica del costruire». In questo con­
testo, la città offre una «dimensione
riflessiva, non sbracata», particolar­
mente apprezzata dai vertici
dell’Università americana, oltre ov­
viamenteallapresenzafondamentale
dello studio dell’architetto e della
ricca documentazione di progetti,
plastici, modelli, che sono stati rac­
colti nelle sale della Fondazione.
Da qui, un ulteriore passo, la parte­
cipazione dell’amministrazione co­
munalediGenovaallaFondazioneat­
traverso un proprio rappresentante
nel Comitato scientifico. Il rapporto
virtuoso tra la Fondazione e Harvard
potrebbe rivelarsi benefico anche per
la comunità. «Genova è una città per
conoscitori, per estimatori» ragiona
l’architetto «è una città straordinaria,
silenziosa, introversa, per me una
delle più belle del mondo. Non la con­
sidero morente, però ha sicuramente
>> A MALTA
Le rovine della Opera House alla Valletta
••• UNA PRESENTAZIONE pub­
blica, nella Republic Street della
Valletta, la capitale di Malta, per
uno degli ultimi progetti firmati
da Renzo Piano, anche se con una
lunga storia alle spalle: la nuova
sede del Parlamento maltese. Il
progetto, avviato oltre vent’anni
fa, si era arenato per una serie di
opposizioni, per poi ripartire alla
fine del 2008. L’appuntamento,
fissato per domani, riveste dun­
que una grande importanza per la
capitale. Il dibattito pubblico sui
progetti è uno dei temi sui quali
l’architetto genovese insiste in
ogni sua opera. È accaduto per la
Columbia University a New York,
per l’intervento sulla collina di
Ronchamp, vicino alla cappella
Veduta dall’alto del progetto del nuovo Palazzo
NUOVO PARLAMENTO,
LA PRESENTAZIONE
DOMANI IN STRADA
costruita da Le Corbusier, per la
trasformazione del waterfront ge­
novese, accade questa volta per il
Parlamento di Malta. «Non biso­
gna aver paura del dibattito, del
confronto, anche quando può es­
sere irritante» dice Piano «io
sono cresciuto in questa cultura e
ho imparato che il confronto
rende i progetti migliori, anche se
richiede magari un tempo più
lungo per affinarli. E se sono sba­
gliati, è meglio non farli». Così ac­
cade anche per il nuovo Parla­
mento di Malta, ormai in fase di
progetto di massima. L’inter­
vento, del valore di 80 milioni di
euro e che dovrebbe essere con­
cluso in cinque anni, vedrà anche
la riconfigurazione della porta di
accesso alla città posta tra le for­
tificazioni storiche della capitale.
La nuova sede dell’attuale Parla­
mento, che non sarà “monumen­
tale”, si sposterà dal Palazzo dei
Gran Maestri dell’Ordine di Malta,
che negli ultimi trent’anni ha ospi­
tato il Parlamento e il Palazzo
presidenziale, in Freedom Square,
mentre sull’area delle rovine
dell’Opera House, distrutta du­
rante la Seconda guerra mon­
diale, sorgerà un teatro all’aperto.
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bisogno di richiamare forze ed ener­
gie giovani». Ecco il terreno forma­
tivo su cui compiere un ulteriore
passo, attraverso la collaborazione
con l’amministrazione guidata dal
sindaco Marta Vincenzi. «Avverto
un’esigenza di un rapporto più forte
conlapopolazione,conigenovesi»af­
ferma Piano «e per questo vorrei
aprire le porte della Fondazione, che
non è propriamente un museo, ma un
po’ ci assomiglia, ai bambini di oggi, i
giovani di domani. Penso agli alunni
delle scuole elementari, delle medie,
da ricevere una volta al mese: a
quell’età sono straordinariamente ri­
cettivi, assorbono tutto come spugne,
e non mi dispiacerebbe attraverso
queste visite inseminare la voglia di
qualità urbana, di amore e di respon­
sabilità verso la città e il territorio,
senza necessariamente fare di tutti
loro dei futuri architetti».
Le difficoltà nel mondo del lavoro
non mancano, le prospettive per gli
architetti non sono esaltanti, ma, sot­
tolinea Piano, «quando c’la compe­
tenza, lo spazio c’è». Il problema è che
in Italia si fanno pochi concorsi, dice
l’architetto, ricordando di aver co­
struito la propria carriera proprio su
quelli, a cominciare da quello del Be­
aubourg di Parigi, nei primi anni Set­
tanta. «La Francia ha cambiato la cul­
tura degli architetti, la cui qualità è
molto cresciuta, dal momento in cui
ha deciso di fare i concorsi» dice l’ar­
chitetto «In Italia è purtroppo diffusa
l’idea che farli sia una perdita di
tempo, che ritardi troppo l’esecu­
zione delle opere. La verità è che al si­
stema politico il concorso non piace
perché non si riesce a controllare chi
vince, l’architetto ti scappa di mano...
quindiègiustofarli.Èunmalcostume
della nostra politica, di destra, di cen­
tro e di sinistra, non faccio distin­
zioni, che va risolto.Perché i concorsi
sono strumenti fondamentali: innan­
zitutto danno spazio ai giovani e poi li
rendono indipendenti. Natural­
mente, bisogna farli bene».
NelcasodelBeaubourg,PianoeRo­
gers minacciarono tre volte di andar­
sene per difendere il loro progetto
dall’intervento
dell’“accademia”
francese: «L’accademia cambia faccia
ma è sempre la stessa: è formalismo,
cipria, autoreferenzialità, l’esatto op­
postodellaricerca,dell’avventura,del
nuovo. Ancora mi domando come ab­
biano fatto a lasciarcelo fare...».
Il linguaggio dell’architettura di
domanisaràquelloispiratoallasoste­
nibilità ambientale, alla necessità di
ascoltare la Terra. Per questo l’archi­
tettura reclama una dimensione etica
e un senso di responsabilità verso la
comunità: «È quello che, tutto som­
mato, cerchiamo di insegnare».
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