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È una storia da dimenticare
è una storia da non raccontare
è una storia un po' complicata
è una storia sbagliata.
Cominciò con la luna sul posto
e finì con un fiume d'inchiostro
è una storia un poco scontata
è una storia sbagliata.
Storia diversa per gente normale
storia comune per gente speciale
cos'altro vi serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.
È una storia di periferia
è una storia da una botta e via
è una storia sconclusionata
una storia sbagliata.
Una spiaggia ai piedi del letto
stazione Termini ai piedi del cuore
una notte un po' concitata
una notte sbagliata.
Notte diversa per gente normale
notte comune per gente speciale
cos'altro ti serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.
È una storia vestita di nero
è una storia da basso impero
è una storia mica male insabbiata
è una storia sbagliata.
È una storia da carabinieri
è una storia per parrucchieri
è una storia un po' sputtanata
è una storia sbagliata.
Storia diversa per gente normale
storia comune per gente speciale
cos'altro vi serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.
Per il segno che c'è rimasto
non ripeterci quanto ti spiace
non ci chiedere più come è andata
tanto lo sai che e' una storia sbagliata
tanto lo sai che e' una storia sbagliata.
Fabrizio De André – Massimo Bubola, Una storia sbagliata, 1980
INDICE
EDITORIALE
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A21ATTUALITÀ&POLITICA
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O mare nero
Rapporti sociali: Anno zero
Unioni incivili
L’amore è uguale per tutti
Lettera ai lettori
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A21SCIENZE&TECNOLOGIE
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Einstein colpisce ancora
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A21CINEMA
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Lo Chiamavano Jeeg Robot
La Grande Scommessa
Deadpool
Academy Awards
Daredevil
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A21LETTERATURA
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Petrolio
Confronto: D’annunzio Deadpool
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33
A21MUSICA
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Simon & Garfunkel
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A21ROMA
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Eventi di aprile 2016
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A21SPORT
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La settimana del tifoso
Super Bowl 50
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A21PENSIERI&PAROLE
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Le barriere della ragione
Anima
Il numero 3
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A21RUBRICHE
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Piero Della Francesca
Enigmistica
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CORRERE, SCAPPARE, NON VOLTARSI, NON TORNARE
Cambiare prospettiva, guardare le nuvole dall'alto. Masse bianche informi dove spesso albergano i
nostri pensieri. Bianche, grigie, a volte nere, siamo noi a dare loro una forma, le costringiamo a
cambiare in base a ciò che immaginiamo. Inseguirle come sogni in posti lontani, perdersi in un
mondo che non conosciamo e scrivere, raccontare in un modo nostro soltanto. E quella penna, su
quel foglio, che sembra muoversi da sola, il rumore dei tasti del computer che ci guida, quasi come
fosse la melodia giusta. E sulla cima di una montagna con un blocco di pagine bianche che
sembrano chiamarci, sembrano bramare parole, avventure. Ma non si può avere qualcosa da
raccontare senza viaggiare, senza alzare gli occhi da quel cellulare e guardarsi intorno, cogliere gli
sguardi della gente, i sorrisi nascosti, i baci rubati. C'è quel momento in cui le idee sembrano finire,
non si sa più come continuare ed allora basta guardare fuori, il cielo, gli angoli alti delle stanze. Dal
finestrino dell'aereo le cime delle alpi sono innevate, il mare è piatto e le città sembrano immobili
nel tempo. Si nota tutto, senza confini, senza frontiere, senza barriere di alcun tipo ed il respiro si
perde nella vista di questo spettacolo immortale.
Tutto questo, questo flusso di idee, di pensieri, di filosofia… perché no… ci ha fatto rendere conto
dell’importanza di avere un angolo in cui poter parlare di qualsiasi cosa ci passi per la testa. Ci ha
fatto capire quanto avevamo bisogno di una piccola sezione, alla fine del nostro umile giornale, in
cui sputare fuori tutto ciò che sentivamo di dover dire, tutto ciò che non ha a che fare con nulla,
tutto quello che non ha legami con il resto. L’abbiamo chiamata “Pensieri&Parole”.
La copertina di questo numero è nera. Scura, come i pensieri corrotti, come la rabbia di chi
vorrebbe altro e come le idee spente di chi ormai non pensa più con la sua testa. Al centro c’è una
piattaforma petrolifera, che lega temi attuali come l’ormai prossimo referendum sulle trivellazioni
nel mar Adriatico e autori del passato, come Pier Paolo Pasolini, da cui abbiamo ripreso la citazione.
Abbiamo pensato che scrivere degli articoli su argomenti tanto distanti sarebbe stato un azzardo,
ma alla fine era quello che volevamo: collegare attualità e passato, pratica e teoria, democrazia e
legalità con corruzione e poteri forti. Una volta soltanto, perché almeno una volta andava fatto.
Silvia Cascegna e la Redazione di Articolo21
Articolo21
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A21ATTUALITÀ&POLITICA
O MARE
NERO
di AURORA CARBONE
Uno dei temi più dibattuti degli ultimi tempi
concerne lo sfruttamento delle risorse petrolifere italiane. Recentemente, infatti, è emersa
in maniera più prepotente la problematica
connessa alle effettive ripercussioni sull’ambiente che l’estrazione degli idrocarburi dai
giacimenti al largo delle coste italiane comporta: la discussione ha origine a partire
dall’approvazione del decreto Sblocca Italia,
verificatasi nel novembre 2014, tra i cui punti
compare l’inserimento delle attività di prospezione, ricerca ed estrazione degli idrocarburi, tra i progetti di competenza statale, con
previa effettuazione della Valutazione di impatto ambientale (Via). Tale aspetto ha posto
le premesse per l’insorgere di un aspro scontro tra posizioni, motivo per cui è stato indetto finalmente un referendum attraverso il
quale deliberare le modalità di intervento sulla questione delle trivelle.
Il referendum, che si svolgerà il 17 aprile, è
stato autorizzato in seguito alla richiesta effettuata da parte di nove regioni italiane: Puglia, Basilicata, Molise, Marche, Abruzzo, Calabria, Veneto, Sicilia e Sardegna. La prima
proposta è partita dalla Puglia, il cui governatore, Michele Emiliano, ha precisato più volte
non trattarsi di una manifestazione di dissenso ed avversità politica nei confronti delle
azioni del governo Renzi, ma essere un inter-
vento volto a tutelare la sicurezza collettiva e
la salvaguardia dell’ambiente. Nonostante la
pronuncia di tale difesa, si è anche sottolineato esplicitamente, in altre occasioni, come la
coalizione politica delle nove regioni costituisca un evento senza precedenti e che si sia
creato inevitabilmente uno scontro aperto
con le direttive provenienti dal governo.
Le ragioni di carattere ambientale che hanno
portato in evidenza il problema delle sempre
più invasive prospezioni petrolifere – da
estendere, secondo la proposta effettuata,
entro le 12 miglia marine dalle coste – interessano gli effetti che queste hanno su flora e
fauna. Gli habitat marini delle aree in cui si intende proseguire ed intensificare le operazioni di trivellazione, infatti, rischiano di vedere
irrimediabilmente compromessa la loro unicità, come già accaduto in seguito a processi
analoghi nell’Oceano Atlantico, dove si è osservata una moria del pescato pari al 50%.
Questo dato risulta particolarmente preoccupante, osservano gli studiosi, se considerato
nella prospettiva di ripercussioni simili lungo
le coste di un mare per di più chiuso.
Alcuni sostengono anche che le trivellazioni
possano essere causa di sconvolgimenti sismici del territorio, ma, a detta del National
Geographic, ciò non corrisponde a verità: la
nota rivista scientifica sostiene infatti che non
sia possibile attribuire le cause di un terremoto agli interventi umani nei giacimenti petroliferi, come erroneamente creduto, invece, in
occasione del sisma che si abbatté sull’Emilia
Romagna nel 2012. L’attività antropica
nell’estrazione degli idrocarburi può sì influenzare in parte il verificarsi di un terremoto, ma solo con interventi particolarmente invasivi, quali il fracking (“fratturazione idraulica” - sfruttamento della pressione di un fluido, in genere acqua, per creare e poi propa-
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gare una frattura in uno strato roccioso nel
sottosuolo), non praticabile lungo le coste italiane per via dell’assenza di terreni conformi
allo svolgimento dell’operazione. In ogni caso, non si potrebbe comunque determinare in
quale misura tali azioni sarebbero rilevanti
nella manifestazione del sisma.
Il testo del referendum, elaborato a partire da
tali necessità, recita:
«Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma
17, terzo periodo, del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239
dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n.
208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge
di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti
parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?».
Votare “sì”, pertanto, implica il volere fermare
le trivellazioni sul suolo marino italiano; viceversa, il “no” favorisce il proseguimento delle
attività di estrazione già avviate nonché
l’inizio di nuove operazioni. Un referendum, si
ricorda, può essere dichiarato valido solo se si
raggiunge il quorum del 50% più uno degli
aventi diritto al voto: nel caso in cui sia soddisfatta tale condizione, qualora si presenti una
vittoria del “sì”, il Governo è tenuto a rispettare la volontà espressa dalla popolazione, senza modificarla in alcun modo, e ad assicurarne l’applicazione rigorosa.
Chi appoggia il progetto iniziale fissato dal
Governo nel decreto Sblocca Italia, invece, si
pone contro l’abrogazione delle prospezioni
ed adduce, in difesa di tale argomento, l’eventualità della perdita di innumerevoli posti
di lavoro da parte degli impiegati presso le
multinazionali petrolifere operanti sul suolo
italiano. Si afferma, inoltre, l’importanza del
settore degli idrocarburi, che contribuisce alla
resa del 10% del gas e del petrolio sfruttati
nel territorio italiano e che ha impedito, sino
ad oggi, l’ulteriore intensificarsi dei traffici petroliferi sul litorale del nostro paese. Infine, i
sostenitori del “no” concludono rimarcando il
forte movente politico intrinseco alla presa di
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posizione delle nove regioni sulla questione,
che vogliono opporsi al Governo ed alle riforme recentemente promulgate rivendicando la propria autonomia a partire dall’ambito
delle risorse energetiche. Sostenitore del Governo è anche il segretario nazionale dei chimici della Cgil, Emilio Miceli, che evidenzia la
problematica dell’abrogazione delle prospezioni connessa all’ancora eccessiva dipendenza dalle fonti di energia fossile ed
all’opportunità preziosa che costituisce il poter sfruttare le risorse idrocarburiche presenti
sul suolo italiano, anziché dover ricorrere a
dispendiosi investimenti in importazioni
dall’estero.
I difensori del movimento No Triv, istituito
appositamente in vista del referendum, ribattono, in merito alle obiezioni mosse circa la
privazione di migliaia di posti di lavoro, affermando che l’abrogazione dell’articolo 6
sopra citato non comporta l’immediata chiusura degli impianti, ma una graduale dismessa in funzione in un arco di cinque, dieci o
venti anni di ciascuno, da stabilire specificatamente. Per quanto riguarda i vantaggi economici determinati dalle prospezioni, si è
dell’idea che non sia profittevole dare la priorità all’aspetto monetario a discapito delle
bellezze paesaggistiche del nostro Paese e
del settore terziario del turismo, una delle
principali attività italiane, nonché di attività
connesse all’ambiente quali la pesca stessa,
altrettanto fondamentale.
Il referendum del 17 aprile, allora, servirà a
determinare la durata delle concessioni entro
le 12 miglia marine, mentre il 9 marzo sono
state bocciate dalla Consulta le altre due richieste presentate riguardanti il piano delle
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aree e le proroghe delle concessioni. Queste,
dopo essere state riabilitate dai ricorsi effettuati da cinque Consigli regionali, sono state
poste al vaglio dalla Cassazione come ulteriori quesiti referendari, ma non sono state autorizzate in virtù della loro richiesta formale solo da parte della regione Veneto (mentre si
necessita il sostegno di almeno cinque Consigli), in virtù della mancanza di tempi tecnici
per approvare la mozione da parte degli altri,
come asserito dal presidente del Consiglio
della Basilicata, Piero Lacorazza. Le regioni,
tuttavia, sono determinate a non cedere neppure su questi due aspetti e tenteranno, nel
periodo precedente il referendum, di far valere la propria posizione.
Dunque, ad aprile si segnerà un altro passo
fondamentale nella storia del nostro Paese,
attraverso un referendum che potrà determinare tanto un più florido futuro petrolifero
per l’Italia, quanto la preservazione degli habitat marini e del turismo, in relazione agli
esiti che saranno pubblicati. Si badi, quindi, a
non sottovalutare l’importanza della pronuncia popolare che, in casi come quello in esame, decreta risultati estremamente incidenti
per le sorti dello Stato: il diritto ed il dovere di
ogni cittadino è quello di votare, per contribuire significativamente nella realizzazione
del futuro collettivo. Astenersi dal voto è solo
un’inutile fuga da un’occasione d’oro, quella
di poter deliberare autonomamente su una
questione altrimenti riservata alle “alte sfere”
e dare prova al mondo della nostra esistenza
in quanto cittadini di uno stato aventi diritto
di voto, una delle manifestazioni più eccelse
di libertà che mai e poi mai dovrebbe essere
limitata.
Non c’è scelta universalmente giusta o sbagliata: solo quella che ritenete migliore.
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A21ATTUALITÀ&POLITICA
RAPPORTI SOCIALI:
ANNO ZERO
di CLAUDIU IVAN
“A cinque persone piace questo articolo”,
“Una persona ha risposto”, sono tutte frasi
che sarebbe bello leggere dopo la pubblicazione di qualche scritto. Sarebbe interessante
avere lo stesso feedback che si ha oggi sui
social network, ottenere lo stesso numero di
opinioni e poter leggere lo stesso numero di
commenti. Ottenere la stessa risposta che si
ha su quelle macchine infernali, prosciugatrici
di rapporti sociali, non è però così semplice.
Nonostante la loro comodità per mantenere i
rapporti con persone distanti, scavano fino
all’osso e succhiano il sangue di chi li usa.
Ormai non si parla più, ma si utilizzano sempre più veicoli tecnologici, che altro non sono
che un bypass violento di espressioni, emozioni e sensazioni: una forza smisurata che
appiattisce la comunicazione e la rende sterile, priva di qualsiasi tipo di sentimento.
Per non parlare della propria vita e dei propri
ricordi, memorizzati nel database di chissà
quale società americana soltanto per il puro
gusto di dire: «Sono stato qui», «Ho fatto
questo». Non si vivono più i viaggi o le esperienze in funzione di ciò che generano in noi,
ma soltanto in funzione degli apprezzamenti
dei nostri amici con cui, nel 90% dei casi, non
abbiamo neanche mia parlato o addirittura
mai incontrato di persona. Si potrebbero
scommettere migliaia di euro sul fatto che
esistano esemplari di persone che fanno delle
cose soltanto per aumentare il loro ego e la
loro smania di popolarità tecnologica.
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È spaventoso sentire che una grossa fetta del
mondo è sotto l’influenza distruttiva di questo tipo di strumenti. Fa paura percepire nei
rapporti con gli altri la distanza comunicativa,
il bisogno necessario di un input social per
generare una conversazione, l’appiattimento
diffuso degli argomenti di discussione, che si
riducono sempre al mondo tecnologico. È pesante notare la dipendenza dilagante, la smania di sbloccare il cellulare, di controllare le
ultime novità, di spiare gli ultimi avvenimenti
delle vite altrui, di mostrare agli altri dove
siamo, cosa facciamo.
Tutti devono sapere come sto, con chi sto,
cosa sto combinando, quale dolce ho mangiato ieri, come mi sono vestito sabato sera. E
poi via con un altro post, ed ecco un’altra
condivisione. Leggiamo lo stato dell’amico,
guardiamo le foto della ragazza che ci piace.
Diciamo a tutti che abbiamo fame e magari
aggiungiamo anche che mangeremo caviale e
berremo champagne. Poi ancora un altro giro
di boa: aggiornamento delle novità, commento sotto a quella foto, like sotto a quella pagina e spegniamo il telefono. Tempo di andare a mangiare ed eccoci di nuovo tornati al
tecno-bar a socializzare con gli amici. Tutti
devono sapere, mentre noi dobbiamo sapere
tutto.
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Oltre che essere influenzati nel modo di vivere e di rapportarsi agli altri, in questo modo
non facciamo altro che renderci ridicoli. Cambiamo a causa di tutto questo. Modifichiamo
le nostre abitudini, perdiamo alcune delle nostre passioni per paura che non siano viste di
buon occhio dai nostri amici virtuali, oppure
ne acquisiamo altre perché di tendenza. Ci
sentiamo costretti ad entrare in questo mondo perché ormai è necessario farlo. Per cercare lavoro, per conoscere le persone, per fare
amicizia, per trovare la ragazza, per sapere
cosa è successo ieri, per conoscere il risultato
della partita.
mente no e sarebbe bello se tutti condividessero questa opinione. Se tutti si rendessero
conto di quanto tempo viene buttato difronte
ai display dei cellulari, di quanto sia stupido
farsi le foto in qualsiasi occasione, senza vivere appieno ciò che ci circonda. Delle cazzate
che si scrivono su internet, delle stupide immagini che si continuano a far girare. Se si incominciasse a essere consapevoli del fatto
che le generazioni di oggi sono dipendenti e
non da alcool, droghe o sigarette, ma dai social network e che la smania di aprire Facebook, Instagram o quel che sia, non è volontaria, ma è ormai un riflesso incondizionato, probabilmente qualche domanda, qualcuno, inizierebbe a farsela…
La nostra vita ormai si è trasferita in questo
labirinto di staticità, in questa routine quotidiana di “Aggiorna la sezione notizie” e “Ricarica la pagina” per cui tutto ciò che ci sorprende arriva sempre dopo una rotella che
gira o una barra che si carica. Un mondo in
cui la musica è rimasta ferma all’impostazione
dei suoni di notifica e l’arte alla selezione
dell’immagine del profilo. Un’esperienza che
deve essere rapida e senza caricamenti troppo lunghi, qualcosa di immediato e pronto,
come del resto le relazioni di qualsiasi tipo,
che diventano veloci e concise. Si va dritti al
sodo, senza neanche cercare di capire con chi
si ha a che fare.
Qual è il senso di tutto questo? Bisognerebbe
rifletterci ogni tanto. È del tutto sbagliato
pensare che sia in corso un processo di devastante omologazione e che essa stia sfruttando, oltre ai soliti mezzi, anche quello dei social network? È così scandaloso dire che nonostante ne facciamo un ampio uso, questi
strumenti siano la nostra rovina? Probabil-
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A21ATTUALITÀ&POLITICA
UNIONI
INCIVILI
di ALESSANDRO FRANCESCANGELI
Io la legge Cirinnà non l'avrei votata.
E non perché sia contrario ad estendere i diritti che una coppia eterosessuale unita in
matrimonio si vede riconosciuti dallo Stato
alle coppie omosessuali, ma anzi proprio perché credo che l'articolo 3 della Costituzione
della Repubblica Italiana debba essere applicato fino in fondo.
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e
sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. ”
Questa legge sulle unioni civili è quanto più
distante dalla Costituzione ci possa essere.
Non perché giustamente estende agli omosessuali dei diritti che sono dovuti a ogni cittadino italiano, ma perché, nel farlo, sancisce
nero su bianco una discriminazione: e non nel
1942 (anno del Codice civile) o nel 1948 (anno della Costituzione). Ma nel 2016.
rantire i diritti dei cittadini. Per questo, l'unione civile potrebbe essere uno strumento alternativo al matrimonio, per regolamentare,
in modo diverso, i diritti e i doveri di una coppia di persone. Insomma, potrebbe essere
un'alternativa al matrimonio che, per esempio, comporti meno impegni legali o sociali,
più facile da sciogliere, volta a regolamentare
le enormi problematiche derivanti dalle cosiddette unioni di fatto, se questa necessità
viene avvertita dalla società.
Così però non è stato.
Si è voluto creare un istituto molto simile a
quello matrimoniale, riservato agli omosessuali.
Cioè sancisce che se sei eterosessuale puoi
contrarre matrimonio, se sei omosessuale
puoi contrarre un'unione civile.
Può sembrare paradossale, ma il fatto che solamente gli omosessuali possano contrarre
un'unione civile è un elemento discriminatorio
gravissimo. Il fatto che le unioni civili non siano aperte agli eterosessuali crea la vera discriminazione.
Ora, partiamo dal dato di fatto che, in Italia, le
persone tendono a sposarsi sempre di meno.
La flessione è vertiginosa ed è certificata
dall'ISTAT anno per anno.
Queste sono le trasformazioni sociali, a cui la
legge non può mettere un freno. Ma dovrebbe essere compito del legislatore regolamentare i fenomeni sociali per continuare a ga-
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Ci sono cittadini di serie A, eterosessuali, che
possono sposarsi e cittadini di serie B, omosessuali, che possono unirsi civilmente.
Le differenze tra i due istituti sono veramente
poche: l'unione civile non prevede la possibilità esplicita di chiedere l’adozione del figlio
biologico del partner, l’obbligo di usare il cognome dell’uomo come cognome comune,
l’obbligo di attendere un periodo di separazione da sei mesi a un anno prima di sciogliere l'unione (nell'unione civile bastano tre mesi), l’obbligo di fedeltà, la possibilità di scio-
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gliere l’unione nel caso che non venga “consumata” e l’obbligo di fare le “pubblicazioni”
prima di contrarre l’unione.
Insomma, un matrimonio con un altro nome.
Una specie di “matrimonio moderno”, se è
vero che tutte queste differenze starebbero
benissimo in una riforma del matrimonio
adattata alla società attuale (a parte la questione dell'adozione e quella della fedeltà,
frutto di vomitevoli inciuci parlamentari).
Queste unioni civili non hanno senso. Si riformi il matrimonio, lo si adatti alla società
che è cambiata, lo si garantisca a tutti i cittadini, omosessuali e non. Un matrimonio basato sulla famiglia, come è ora. Basato sulla famiglia attuale, della società del 2016, in cui i
genitori possono essere anche omosessuali. Si
modifichi in questo anche la Costituzione, per
dare pieno vigore ai suoi Principi Fondamentali.
E le unioni civili, se proprio si vogliono regolamentare, siano una cosa diversa.
Di modo che ogni cittadino della Repubblica
Italiana, sia esso bianco, nero, maschio, femmina, alto, basso, di destra, di sinistra, povero,
ricco, eterosessuale o omosessuale, possa
scegliere se impegnarsi secondo i doveri del
matrimonio, dell'unione civile, di un contratto
privato di convivenza o non prendere nessun
impegno legale nei confronti del partner e di
fronte allo Stato.
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A21ATTUALITÀ&POLITICA
L’AMORE È UGUALE
PER TUTTI
di LUCREZIA CAIANIELLO
“Giovedì 25 febbraio è stato approvato in Senato, con il voto di fiducia, il maxiemendamento al ddl (disegno di legge) Cirinnà per la regolamentazione delle unioni civili.”
Art. 1. Com. 1 cita: “La presente legge istituisce l'unione civile tra persone dello stesso
sesso quale specifica formazione sociale ai
sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione e
disciplina le convivenze di fatto.”
Con questo articolo la Repubblica Italiana si
impegna a garantire il rispetto della vita sociale di ciascun essere umano.
“Rispetto alla versione precedente del ddl Cirinnà, il maxi-emendamento elimina i riferimenti alla stepchild adoption e l’obbligo di fedeltà.”
Si è dibattuto molto sulla rinuncia a regolamentare l'adozione dei figli da parte delle
coppie unite civilmente: basti solo ascoltare i
discordanti pareri di psicopedagogisti, pediatri e cattolici.
Da persone cresciute in famiglia circondate
dall'affetto genitoriale e dalla loro cura costante, augureremmo a chiunque di poter vivere un'infanzia e adolescenza spensierata e
felice, quindi ci chiediamo: perché vietare le
adozioni alle coppie unite civilmente?
Piuttosto che far crescere un bambino in un
orfanotrofio o peggio, allo sbando in mezzo
alla strada, preferiremmo che fosse adottato
da due genitori, disposti ad amarlo e sostenerlo nella crescita al meglio delle loro possibilità. Che importanza potrebbe avere per
questo bambino l’orientamento sessuale dei
propri genitori?
Come ribadisce lo psicoanalista Massimo
Ammaniti: “conta l'affetto, non il genere”. Egli,
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citando diversi studi americani, vuole evidenziare come non vi sia alcuna difficoltà di sviluppo o di relazionarsi del bambino o ragazzo, che possiede due genitori omosessuali.
Pare che per una crescita equilibrata sia necessaria una presenza maschile guida e regolamenta ed una femminile che accoglie e cura: quante volte, anche nelle nostre famiglie
abbiamo trovato i ruoli di madre e padre ribaltati? Ciò dimostra che in ognuno di noi
sono presenti entrambi gli elementi e che essi
non hanno nulla a che fare con il sesso.
D'altro canto però non possiamo prevedere
gli effetti che comporterebbe il crescere sotto
la tutela di una coppia unita civilmente. Il presidente della Società Italiana di Pediatria, Giovanni Corsello, sottolinea l'importanza di avere una figura di riferimento sia maschile che
femminile, che siano un modello per il bambino. Il vero problema è quello di assicurare il
rispetto del diritto del bambino di vivere in un
ambiente protetto e sicuro, per cui nessuno
può prendersi la responsabilità di farlo crescere senza quella stabilità emotiva che gli
assicurerebbe delle buoni relazioni umane e
interpersonali. È principalmente per questo
motivo che il governo ha rinunciato alla formulazione di emendamenti sulla stepchild
adoption. Anche lo psicologo Fulvio Giardina
dice che “Non è certamente la doppia genitorialità a garantire uno sviluppo equilibrato e
sereno dei bambini, ma la qualità delle relazioni affettive”.
Un altro aspetto che va considerato ce lo presenta Jean-Pier Delaume-Myard, celebre
omosessuale francese, sceneggiatore e autore
del libro Non nel mio nome. La sua è una difesa della famiglia come parte integrante del
patrimonio mondiale dell'umanità. “Ricordiamo ai nostri politici che hanno il dovere di
trasmettere alle generazioni future il più bel
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gioiello del patrimonio che l’umanità ci ha
trasmesso dalla notte dei tempi: la famiglia.”
e con questa frase spiega il motivo per cui
contesta l'adozione per le coppie gay. JeanPier crede fermamente che un bambino allevato da una coppia omosessuale abbia instabilità affettiva e disturbi psichici come anche
gli studi effettuati nel 2012 da Mark Regnerus
confermano.
Ognuno di noi ha il proprio approccio alla vita e tende a considerare la situazione dell'adozione dal suo punto di vista: se si pensa
che la genitorialità sia un fatto che appartiene
solo agli eterosessuali, non si tiene conto
dell'amore che muove ogni essere umano.
Certe idee ci rendono disumani, ma non si
può pensare di difendere il diritto delle famiglie e delle unioni civili senza garantire prima
il diritto di un figlio a crescere sano e sereno.
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A21ATTUALITÀ&POLITICA
LETTERA
AI LETTORI
di AURORA CARBONE
Che sia d’inverno, sotto le coperte calde, o
d’estate, nella frescura di un prato verde o
dall’alto di una terrazza, ogni posto è ideale
per raccontare una storia. Chiunque avrà avuto modo, almeno una volta nella vita, di
ascoltare una storia raccontata dai propri genitori, nonni, zii o insegnanti che, a loro volta,
l’avranno ascoltata narrare in passato allo
stesso modo: per tenere fede alla versione
originale, questi si saranno attenuti con buona probabilità ad una versione scritta della
stessa, per leggerla poi ai più piccoli. La storia
risulterà ogni volta ugualmente affascinante,
frutto della genialità dell’autore, ma non solo:
come un musicista riproduce con successo
una melodia attraverso una sequenza di note
riportate su di uno spartito, così il buon lettore legge una storia in maniera melodica interpretando i segni grafici impressi sulla carta.
L’atto del leggere, quindi, può essere concepito nella sua integrità come fusione delle tre
definizioni: per saper leggere è prima necessario decrittare uno specifico codice – in questo caso l’alfabeto e la punteggiatura – cui
segue la comprensione del testo. Con questo
apparente gioco di parole, però, ci si vuole
chiedere se sia effettivamente possibile ridurre l’atto del leggere ai tre semplici concetti
sopra riportati.
La risposta è evidente: la lettura è molto più
di tutto ciò.
Il termine “lettura” presenta tre accezioni
principali, stando al vocabolario Treccani: è
intesa come «l’azione di leggere, di decifrare
cioè un testo scritto o stampato» o «in senso
più ampio, l’atto di leggere prendendo conoscenza di ciò che è scritto o di come è scritto», e, logicamente, anche «il fatto di saper
leggere, o l’esercizio del leggere, come parte
dell’insegnamento elementare».
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Leggere è coinvolgere emotivamente l’uditorio ed il modo migliore per farlo è tramite
l’uso consapevole dell’intonazione. Cappuccetto Rosso o Cenerentola non sarebbero state sicuramente fiabe apprezzate se genitori o
nonni non le avessero lette imitando la voce
profonda e tenebrosa del lupo cattivo o, ancora, quella speranzosa ed allegra della fata
madrina: i bambini, infatti, avrebbero di gran
lunga preferito dedicarsi a giocare con le costruzioni o con le bambole, qualora le performance dei lettori si fossero rivelate deludenti.
L’impostazione corretta della curva melodica
della frase, inoltre, non è di certo una novità:
lo stesso Cicerone, si ricordi, espresse la necessità di attirare l’attenzione del pubblico
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nelle tre fasi di un’arringa anche facendo ricorso ad una certa veemenza discorsiva. Secondo questi, infatti, per vincere i pensieri
degli ascoltatori in un’orazione era doveroso
sollecitarne le emozioni attraverso un finale
“dirompente” («peroratio»). Pertanto l’intonazione ha valenza fondamentale: se Cicerone
avesse pronunciato i suoi discorsi in tribunale
senza il benché minimo pathos, in modo cantilenante, non avrebbe di certo ottenuto il
medesimo successo.
di un televisore o di un computer da personaggi dello spettacolo. In questo ipotetico futuro, i bambini non vivrebbero più quei momenti preziosi trascorsi ad ascoltare le storie
narrate dai loro cari, ma passerebbero le
giornate davanti ad un ordigno elettronico,
che converserà con loro e sostituirà le voci di
madri, padri e nonni.
Non ci sarà neppure più bisogno di avere una
buona calligrafia: a questo penseranno le tecnologie.
La cultura, quindi, ritornerà ad essere fruibile
solo da pochi, determinando il definitivo regresso dell’umanità ad una rinnovata epoca
di arretratezza culturale ed analfabetismo, che
rinneghi tutto il progresso conseguito finora.
Così, per adesso, non possiamo far altro che
sperare per il meglio e serbare un po’ di fiducia nel futuro, nella consapevolezza che
quest’ultimo è interamente nelle nostre mani
e che sta solo a noi scriverlo… se ne siamo in
grado…
Oggigiorno, invece, l’importanza del saper
leggere in maniera fluente ed espressiva
sembra essere passata in secondo piano. Capita fin troppo spesso di ascoltare letture
piatte, litaniche o interruzioni immotivate nel
bel mezzo della lettura e che nessuno si adoperi per porvi rimedio, per correggere un’impostazione evidentemente poco considerata
sui banchi di scuola. La lettura, infatti, dovrebbe essere una delle prime competenze
che si acquisiscono alle elementari e, dunque,
è a partire dalla scuola primaria che deve essere dato il giusto rilievo ad una competenza
basilare di cui si sta perdendo il valore.
Ovviamente le famiglie, preposte ugualmente
all’educazione dei figli, dovrebbero aiutarli
nell’esercizio della lettura quando necessario:
l’acquisizione di tale capacità dovrebbe rivestire un aspetto di primaria importanza tra i
compiti di un genitore, in quanto costituisce
uno dei primi successi che il bambino ottiene
nell’arco della sua vita.
Chissà se un giorno approderemo mai ad una
società quasi del tutto illetterata, in cui favole
e fiabe saranno narrate attraverso lo schermo
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A21SCIENZE&TECNOLOGIE
EINSTEIN COLPISCE
ANCORA
di FRANCESCO MARSELLA
Oltre un secolo fa, un uomo il cui ingegno è
stato indubbiamente uno dei più geniali
nell’arco della storia umana, divulgò con una
teoria il modo in cui la sua mente vedeva l’Universo intero. Precisamente nel 1905 Albert Einstein ipotizzò il funzionamento dell’universo
nella sua teoria della relatività generale. Per
farla breve, questa teoria descrive l’interazione
gravitazionale come legge fisica che lega la
“curvature” dello spazio-tempo con la distribuzione ed il flusso in esso di massa, energia
ed impulso. In altre parole, concilia le tre dimensioni spaziali che tutti siamo abituati a
percepire con la dimensione temporale, che
rappresentano la struttura dell’Universo, facendolo poi interagire con ciò che si trova immerso in esso; il risultato, che è proprio la forza
di gravità, contrariamente a quanto sosteneva
il nostrano osservatore del cielo Galilei, non si
manifesta come azione a distanza tra corpi dotati di massa, ma come vere e proprie onde di
gravità, che fanno “vibrare” lo spazio-tempo e
che furono teorizzate da Einstein nel novembre 2015. Si avete capito bene, onde, simili a
quelle che si studiano l’ultimo anno durante le
ore di fisica.
E proprio parlando di queste torniamo al presente: l’11 Febbraio di quest’anno, ad un secolo di distanza, arrivano dall’America le notizie di quelle che sembrano essere le prove
sperimentali di queste onde. Gli interferometri
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dei laboratori LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory), situati tra gli
stati americani di Washington e Louisiana,
VIRGO, situato nei pressi Pisa, ed in scala
molto più grande dai satelliti del progetto LISA
(Laser Inteferometer Space Antenna) sono costituiti un sistema di specchi perpendicolari e
posti a circa 4 kilometri tra loro, sui quali vengono sparati dei laser che attraversando i tunnel (una cinquantina di volte, giusto per allungarne il percorso) in una frazione di secondo,
dovrebbero percorre lo stesso spazio nella
stessa quantità di tempo.
Sfruttando questo principio è possibile valutando il tempo impiegato dal laser per percorrere il tunnel in cui si trovano gli specchi e facendo ricorso alla costante della velocità della
luce è possibile verificarne ogni minimo movimento. Durante gli esperimenti, è stata tuttavia riscontrata una variazione del tempo impiegato dalla luce per coprire la distanza all’interno del tunnel: distanza (dei 4 chilometri di
spazio tra gli specchi uno dei tubi è stati dilatato di circa 10−18 m, l’altro contratto della
stessa
quantità;
un atomo di idrogeno è
−11
circa 5 × 10 m) che i ricercatori si spiegano
con la deformazione dello spazio-tempo causata dalle onde gravitazionali generate dalla
fusione di due buchi neri. È infatti da attribuirsi
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ad un evento così straordinariamente catastrofico una quantità d’energia tanto grande: i buchi neri, rispettivamente 29 e 36 masse solari,
hanno avuto origine da un sistema stellare binario a 1,3 miliardi di anni luce; ruotando sempre più velocemente le due stelle hanno finito
per fondersi tra loro in una stella “allungata”,
fino a generare un’esplosione a doppio centro
che ha dato vita ai buchi neri. Dalla fusione di
questi, ad una velocità di circa 150.000 km/s si
è formato un unico, massiccio buco nero di
circa 62 masse solari. Nell’ultima frazione di
secondo tre masse solari sono state disperse
sotto forma di energia perlopiù gravitazionale
che 1,3 miliardi dopo ci è giunta sotto forma
di onde.
La straordinarietà di questa scoperta sta
nell’estrema difficoltà data dalle variazioni di
distanza infinitesimali, dalle naturali interferenze di fondo (che avrebbero potuto causare
un errore nella misurazione se non invalidarla
del tutto) e la più grande difficoltà, che Einstein
stesso credeva insuperabile: il nostro pianeta,
noi uomini e i nostro strumenti siamo immersi
nello spazio-tempo. Quest’ultimo è stato aggirato grazie allo stratagemma dei tubi in direzione parallela. Scienziati del calibro di Stephen Hawking, famoso per la teorizzazione dei
buchi neri, sono convinti che questa scoperta permetterà di conoscere meglio il nostro
Universo e di osservare il cielo in un modo totalmente nuovo: soprattutto, sarà possibile individuare con maggiore precisione la distanza
fisica e temporale di eventi simili, ossia quello
che serve per aiutarci a capire come si sta evolvendo l'Universo stesso.
Modello di onde gravitazionali generate dalla collisione di due buchi neri (Mpi for Gravitational Physics / Benger-Zib).
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A21CINEMA
LO CHIAMAVANO
JEEG ROBOT
di GABRIELLA PINTO
Inizialmente avrei voluto scrivere un articolo
su un altro film e non nascondo che quando
ho saputo che lo stavano togliendo dalle sale
e che gli unici cinema in cui lo proiettavano
erano troppo lontani da casa mia, la mia pigrizia mi ha spinto a sceglierne un altro da
recensire. Quindi ho cercato su internet e tra i
tanti film usciti da poco mi ha colpito quello
di Gabriele Mainetti dal titolo Lo chiamavano
Jeeg Robot.
Prendendo spunto da una delle più note serie
di cartoni giapponesi degli anni 80, la trama si
snoda in un film di azione che mischia ad un
realismo molto toccante, l'ironia e la criticità
per la Roma in cui è ambientato.
La storia di Enzo Ceccotti, interpretato da
Claudio Santamaria, si inserisce alla perfezione in questo panorama. Il protagonista, infatti, è un uomo che vive a Tor Bella Monaca,
nella solitudine e nell'avidità, ruba per vivere,
è alimentato dai porno, ma è anche dotato di
una buonissima dirittura morale. Sfuggendo
alla polizia si immerge nel Tevere ed entra in
contatto con del materiale radioattivo. Si accorge, dopo aver smaltito le scorie, di aver
acquisito una forza sovrumana, che accoglierà
come una “benedizione” per la sua carriera da
delinquente, e che lo avrebbe potuto aiutare
a vivere ancora di più in modo egoistico.
Enzo è il personaggio che rappresenta il tema
principale del film, infatti, nonostante il super
potere, non riesce a uscire dalla sua difficile
situazione e la sua storia rappresenta un messaggio di denuncia nei confronti della società,
che il film cerca di farci comprendere in maniera originale. Tema che viene però quasi
perso nel finale.
Pensare che un film da un titolo così strano
parlasse di un super eroe che vive a Roma mi
ha molto incuriosito e sono entusiasta di
averlo visto perché si è rivelato davvero una
piacevole sorpresa.
E' infatti diverso da quasi tutti gli altri film di
produzione italiana degli ultimi anni.
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Luca Marinelli, invece, interpreta in maniera
stupefacente l'antagonista della storia, il boss
romano chiamato “lo zingaro”: eccentrico e
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ossessionato dalla fama, pieno di sfaccettature, che fa ridere e atterrisce allo stesso momento.
Intorno a loro sono presenti numerosi personaggi che si inseriscono nella storia. Tra di loro, di fondamentale importanza è Alessia (Ilenia Pastorelli), una giovane dissociata, dolce,
malinconica e divertente che si rifugia nel
mondo di fantasia di Jeeg Robot, soprannome
che darà a Ceccotti per la sua incredibile forza. Questo personaggio, che vive in un mondo fantastico, funge da specchio per il protagonista, attraverso il quale rendersi conto del
tipo di persona è e iniziare a cambiare, sfruttando il proprio potere. Lo farà prima per la
ragazza e poi per gli altri.
Il rapporto tra i due sarà pieno di momenti di
dolcezza e crudo cinismo, presente in numerose scene del film. La ragazza sarà la causa
dell'incontro di Enzo e lo zingaro, evento che
darà il via definitivo alla storia.
La narrazione procede per la maggior parte
del film in equilibrio tra realismo e surrealismo, tra dramma e commedia, dove tutti i
pezzi si incastrano alla perfezione.
Purtroppo se oggi parliamo di cinema italiano
ci vengono in mente commedie di basso livello e personalmente attribuirei la maggior parte della colpa alla sfiducia di tutti coloro che
dicono non siamo capaci di produrre film diversi dai soliti, ed è per questo che ringrazio
Gabriele Mainetti per essere uscito dagli
schemi, girando un ottimo film come questo,
in Italia, in particolare in una città come Roma!
Lo chiamavano Jeeg Robot è stato un film
molto atteso, tutto ciò che lo ha riguardato,
dagli attori alla pubblicizzazione, ha funzionato quasi alla perfezione. Consiglio a chiunque
di andare a vederlo, perché può dare molto di
più di quanto si possa pensare e può far venire voglia di tornare al cinema anche a chi non
ci va abitualmente.
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A21CINEMA
LA GRANDE
SCOMMESSA
di VALERIO SILONI
Adam McKay porta sul grande schermo una
ventata di aria fresca, un'idea dal sapore nuovo, un film geniale ed innovativo nel suo genere, che vanta un cast tutto d'eccezione,
composto da attori del calibro di Christian
Bale, Steve Carrel, Ryan Gosling e Brad Pitt.
"strano", introverso e solitario con grandi
problemi nelle relazioni sociali; Mark Baum
(Steve Carrel), un trader un po' sboccato, che
non riesce mai a tener la bocca chiusa e che
ha sempre mostrato grande sfiducia e diffidenza nel sistema bancario americano e in chi
ne fa parte; Jared Vennet (Ryan Gosling), un
carismatico e calamitante impiegato di Deutsche Bank che fa del guadagnare soldi la sua
ragione di vita; e Ben Rickert (Brad Pitt), banchiere ritiratosi dal mondo finanziario a causa
del suo disprezzo per esso, che si rimette in
gioco per aiutare due giovani investitori che
hanno scoperto l'imminente crisi del sistema
finanziario mondiale.
Ogni singolo aspetto dei personaggi principali è stato curato al dettaglio ed è stato reso
al meglio dalle grandi interpretazioni dei
quattro attori protagonisti, che sono riusciti a
catturare le eccentricità e le particolarità delle
loro figure.
Una caratteristica di questo film che risalta
molto è il metodo di narrazione usato dal regista, tanto intricato quanto intelligente.
Il lungometraggio di McKay segue le vicende
di quattro diversi investitori che decidono di
scommettere contro le banche ed il capitalismo americano, prevedendo il terribile crollo
finanziario del 2007-2008, cercando così di
trarre profitto dalla cecità, stupidità ed avidità
che domina il mondo finanziario di quegli anni.
Il film è interamente basato sulle forti e particolari personalità dei personaggi: Michael
Burry (Christian Bale), manager di un fondo di
investimento privato, genio matematico
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La storia infatti non ha un vero e proprio protagonista: i fatti legati al filone principale sono raccontati da Jared Vennet, che è una sorta di narratore onnisciente, per quanto riguarda le vicende che coinvolgono il sistema
economico statunitense e Mark Baum, con cui
è in affari.
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I filoni che invece potremmo chiamare "minori" seguono le azioni di Michael Burry, raccontato attraverso la sua stessa narrazione e attraverso i dialoghi che compie con i personaggi che lo circondano, e Ben Rickert, che
viene presentato attraverso alcuni flashback e
alcune informazioni svelate dalla voce di Jamie Shipley, uno dei due ragazzi a cui fa da
"mentore".
Grazie alle geniale intuizione di McKay, inoltre, lo spettatore è parte stessa del film e ne è
integrato all'interno dagli attori, che spesso si
rivolgono direttamente al pubblico, dando
spiegazioni e chiarimenti su diversi argomenti
di difficile comprensione. Gli sceneggiatori
decidono infatti di lasciar usare ai personaggi
del film il difficile linguaggio e i termini tecnici propri del mondo finanziario e, per permettere allo spettatore di capire di cosa si stia
parlando, inseriscono parti in cui i personaggi
stessi o diverse guest stars si rivolgono direttamente allo spettatore attraverso l'uso di
esempi banali e esplicativi.
Il punto di forza del film è sicuramente la fantastica e geniale sceneggiatura, giustamente
premiata nella notte degli Academy Awards,
che riesce a portare sul grande schermo una
storia particolare e di difficile rappresentazione. Il film alla fine riesce nel suo pieno intento
di trasmettere allo spettatore un grande senso di desolazione e tristezza: la vittoria dei
protagonisti è infatti una vittoria malinconica,
piena di sconforto, in quanto le banche, vere
responsabili di questa crisi e della perdita di
lavoro e casa di centina di migliaia di persone,
ne escono illese e senza danni di importanza
significativa.
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A21CINEMA
DEADPOOL
di A. EMANUELE CASUCCI
L’ultimo film di casa Marvel, Deadpool, ha ricevuto molti apprezzamenti sia dal pubblico
sia dalla critica giornalistica. «Migliore film
Marvel di sempre», è stato detto, addirittura.
È sicuramente vero che, poiché il personaggio
non era né adatto né adattabile a un pubblico
troppo giovane, gli sceneggiatori Rhett Reese
e Paul Wernick si sono potuti sbizzarrire, coperti dalla garanzia “vietato ai minori”, creando un film di eccezione nel panorama del cinefumetto supereroistico.
Il film comincia in media res, con Deadpool,
interpretato da Ryan Reynolds, che si tuffa da
un cavalcavia in un’auto quasi senza motivo,
dando inizio a una scena adrenalinica e allo
stesso tempo irriverente, con violenza gratuita, casino e battute esilaranti perché fuori
contesto. La scena di lotta viene più volte
messa magistralmente in pausa per raccontare gli antefatti: la vita tra gli impieghi mercenari e il pub, l’incontro e la storia con Vanessa, la scoperta del cancro, l’offerta di entrare
nel programma scientifico militare mutante, la
trasformazione. Recuperati gli antefatti, il film
continua con Deadpool che si avvale dell’aiuto degli X-Men Colosso e Testata Mutante
Negasonica per sconfiggere la sua nemesi e
recuperare la sua ragazza rapita, in una scena
di lotta su una nave ancora più adrenalinica e
irriverente, che termina ovviamente con il recupero di Vanessa, la riappacificazione e il
bacio da lieto fine.
Ma quello che ha fatto sicuramente la fortuna
di questo film è il personaggio. Tenendosi
molto aderenti al personaggio del fumetto
(che è un po’ meno sboccato, però), Reese e
Wernick sono riusciti a dar vita al Mercenario
Chiacchierone, che si comporta da sociopatico, agendo al di fuori di ogni schema logico,
non sta mai zitto, prende in giro tutto e tutti e
parla sempre con ironia, citando a rotta di
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collo attori, personaggi della tv, film eccetera.
Inoltre, come conseguenza della rottura della
quarta parete nel fumetto, Deadpool è cosciente di essere in un film, perciò non mancano momenti in cui parla direttamente al
pubblico o interagisce con la telecamera.
Ottima scelta è stata fatta anche per la colonna sonora, che riflette il carattere e le conoscenze del personaggio, e quindi spazia
dall’hip hop underground, con Shoop di Salt
’n’ Pepa e X dont give it to ya di Dmx, al pop
di ogni età, con Angel of the Morning di Juice
Newton e Careless Whisper di George Micheal, e arriva addirittura agli anni ’60 con Calendar Girl di Neil Sedaka.
Insomma, una perla di cinefumetto che quasi
esce fuori dalla propria definizione e che consiglio a tutti di vedere.
Angolo Critiche
Innanzitutto c’è un clamoroso buco di sceneggiatura, perché non è data alcuna motivazione per il fatto che gli X-Men già conoscono Deadpool a tal punto che Colosso è sconsolato dal suo comportamento irresponsabile,
che non lo rende un bravo X-Man, nonostante Deadpool abbia appena assunto quell’identità e cominciato a operare col suo nuovo
potere.
Per chi conosce il fumetto, però, ci sono anche un po’ di amare sorprese: la fusione del
personaggio di Ajax col dottor Killebrew;
Weasel promosso da armatore a proprietario
di Villa Inferno, che da ritrovo dei mercenari
diventa un banale pub, dove le risse sono
all’ordine del giorno e le prostitute girano
abitualmente; il Totomorte (in inglese dead
pool) che viene trasferito dall’Ospizio di Killebrew a Villa Inferno, e altre variazioni che non
mi va di stare qui a elencare.
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A21CINEMA
ACADEMY
AWARDS
di VALERIO SILONI
Anche quest'anno il Dolby Theatre di Los Angeles ha ospitato la premiazione più attesa
del mondo cinematografico: gli Academy
Awards. Tantissime le stelle di Hollywood a
sfilare sul red carpet, chi alla ricerca della
agognata statuetta, chi per la semplice curiosità di vedere i vincitori e le sorprese di quest'anno e chi magari per passare una serata
diversa, assistendo allo spettacolo dell'attore
e comico Chris Rock. Come ogni anno, tantissima è stata l'attesa e l'ansia per scoprire chi,
tra i tanti candidati, sarebbe entrato nel ristretto olimpo dei vincitori, portandosi a casa
una statuetta.
Sì, perché l'Oscar non è solo un semplice
premio, ma è un vero e proprio riconoscimento della propria carriera, un attestato del
proprio lavoro e del proprio talento.
Non tutti però la pensano così. L'Oscar rimane infatti il premio più controverso della storia del cinema: c'è chi ha fatto della caccia alla
statuetta la propria ragione di vita - si guardi
DiCaprio - ma c'è anche chi, nel corso degli
anni, ha ribadito più volte il suo disappunto
per questa cerimonia: dal grande regista
Woody Allen, che non vuole sottostare al
giudizio di nessuno, fino al tre volte candidato Johnny Depp, che non vede il bisogno di
competere con altri attori, passando per personaggi del calibro di Joaquin Phoenix, Ethan
Hawke, James Franco, Bill Murray e Anthony
Hopkins, tutti candidati almeno una volta
dall'Academy.
Perché per vincere un Oscar non basta essere
bravo, ma servono una serie di fattori che
spesso non sono in accordo tra loro.
Per vincere l'Oscar in poche parole bisogna
essere l'attore giusto, nel film giusto, con il
giusto regista, nell'anno giusto.
Anche quest'anno la cerimonia è stata soverchiata da grandi polemiche, a causa della totale assenza, per il secondo anno di fila, di attori neri tra i candidati, con particolare riferimento agli attori Michael B. Jordan (Creed Nato per combattere) e Will Smith (The Concussion) e del regista Ryan Coogler (Creed Nato per combattere). Nelle settimane che
hanno seguito le nomination, sono intervenuti ad alimentare le polemiche il famoso regista Spike Lee e lo stesso Will Smith, che hanno deciso di boicottare la cerimonia, sostenuti
anche da Chris Rock, presentatore della serata, che perciò ha deciso di incentrare la serata
sul tema del razzismo all'interno dell'Academy, ma che è incappato spesso in battute e
frecciatine fuori luogo e fastidiose, che avevano l'intento di sottolineare il problema della mancanza di diversità nella premiazione. A
parte il discorso iniziale sul problema dell'assenza di attori neri dalle nomination, accolto
dal convinto applauso di tutto il pubblico, la
sua conduzione è risultata noiosa e pesante,
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neanche paragonabile alla serata di spettacolo e divertimento offerta da Neil Patrick Harris
l'anno passato.
Le esclusioni sono state un po' il tema centrale di questa edizione degli Academy: oltre a
quelle di attori neri, hanno fatto discutere ed
hanno creato molto stupore quelle di Quentin
Tarantino (The Hateful Height), David O. Russell (Joy), Ridley Scott (Sopravvisuto - The
Martian) e Steven Spielberg (Il ponte delle
spie), anche se va detto che quest'anno la categoria di miglior regista è stata la più combattuta e competitiva degli ultimi anni.
Nella categoria di miglior film invece spiccano
le assenze di The Hateful Height e Carol, mentre nel quintetto dei nominati a miglior attore
non compare Tom Hanks (Il ponte delle spie),
che aveva ottenuto un grande consenso generale da parte di critica e pubblico per la sua
interpretazione.
Tanti gli interrogativi e le curiosità che attendevano questa serata, le principali legate
all'ormai ricorrente tormentone sull'eterno
sconfitto: ce l’avrà fatta DiCaprio a vincere la
tanto agognata statuetta? Ebbene sì, questa
volta è finalmente stato lui il protagonista
della notte degli Oscar, ma andiamo con ordine.
È stato Mad Max: Fury Road, il film fantascientifico di George Miller, rivelazione di questa
stagione di cinema, a fare scorpacciata degli
Oscar cosiddetti "tecnici", portandone a casa
addirittura 6 (miglior montaggio, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro, miglior scenografia, migliori costumi e miglior trucco e
acconciatura) e aggiudicandosi con grande
merito più statuette di tutti gli altri film in gara. È stato così giustamente premiato il grande lavoro di Miller, che ha portato sul grande
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schermo qualcosa di nuovo, innovativo e allo
stesso tempo adrenalinico, un genere di film
che raramente è stato nominato dall'Academy, spesso troppo selettiva e prevenuta contro questo genere di pellicole. La critica stessa
ha acclamato il capolavoro di Miller, celebrandone in particolare l'eccelsa recitazione,
la straordinaria regia, la fantastica sceneggiatura e le incredibili coreografie.
Per quanto riguarda le altre statuette legate
agli aspetti tecnici, Ex Machina si è aggiudicato l'Oscar per i migliori effetti speciali prevalendo su Mad Max: Fury Road, quasi in maniera sorprendente visto quello che fino ad
allora era stato l'andamento della serata; Revenant - Redivivo quello per la miglior fotografia; mentre La Grande Scommessa e Il caso
Spotlight si sono portati a casa rispettivamente quello per la miglior sceneggiatura non
originale e quello per la miglior sceneggiatura
originale.
Nessuna sorpresa riguardo il miglior film
straniero che è andato al favoritissimo lungometraggio ungherese Il figlio di Saul del
regista Lászlò Nemes.
Nella serata tutta americana del Dolby Theatre però c'è stato nuovamente spazio per un
po' di Italia e di orgoglio nazionale: il grande
maestro Ennio Morricone, compositore di
numerose colonne sonore per film candidati
dall'Academy, ha infatti conquistato il secondo Oscar della sua storica carriera, grazie
all'incredibile colonna sonora realizzata per
The Hateful Height di Quentin Tarantino.
Ma come ogni anno, le statuette che più fanno gola ad appassionati e non, sono quelle
che riguardano le categorie principali.
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La serata è stata aperta dalla vittoria nella categoria di miglior attrice non protagonista di
Alicia Vikander per la sua grande interpretazione al fianco di Eddie Redmayne in The Danish Girl. La Vikander ha ottenuto il consenso
generale della critica e dell'Academy e, come
era previsto, ha sbaragliato la concorrenza.
Nella sfida a due che vedeva la due volte vincitrice della statuetta Kate Blanchett e la semi-sconosciuta Brie Larson, favorite nettamente su tutte le altre, battersi per l'Oscar alla
migliore attrice, è stata proprio quest'ultima a
prevalere, rivelandosi la grande sorpresa di
questi Oscar 2016. La Larson ha vinto così il
suo primo Oscar alla prima candidatura in
carriera, avendo sbalordito tutto il mondo cinematografico grazie alla potente e toccante
interpretazione di Joy "Ma" Newsome nel film
Room di Lenny Abrahamson.
La categoria di miglior attore non protagonista è stata quella che invece ha regalato il
vincitore più inaspettato: Sylvester Stallone,
favoritissimo sugli altri candidati, più che per
la sua recitazione, per lo storico ed amatissimo pugile, Rocky Balboa, che l'attore impersona da quasi 40 anni e che quest'anno è tornato sul grande schermo con Creed - Nato
per combattere di Ryan Coogler, è stato sconfitto da Mark Rylance, attore teatrale britannico che ha sorpreso tutti per la sua incredibile
interpretazione della spia sovietica Rudolf
Abel nell'ultimo film di Steven Spielberg, Il
ponte delle spie.
messo a durissimo prova tutto il cast e la
troupe, spinti al limite della sopportazione
umana, a causa delle temperature proibitive
(fino a -40 gradi) durante cui sono state girate alcune scene. Nonostante tutto questo il
motivo principale per cui il film di Iñárritu sarà
ricordato è perché Renevant - Redivivo è stato
il film che finalmente ha permesso a Leonardo DiCaprio di ottenere il suo primo, storico,
agognato Oscar alla sua sesta nomination.
Nessuna sorpresa, nessuno stupore, nessun
vincitore inaspettato ad effetto, era così che
doveva andare e così è andata. Nessuno aveva dubbi sul fatto che DiCaprio quest'anno ce
l'avrebbe fatta, neanche lui stesso, tant'è che
probabilmente si sarebbe alzato per ritirare il
premio anche se il nome non fosse stato il
suo. Per vincere il suo primo Oscar ha dovuto
"solamente" recitare a -40 gradi con la broncopolmonite e la febbre, combattere con un
orso (ovviamente finto) e infilarsi nella carcassa (stavolta vera) di un cavallo. All'annuncio
del nome di DiCaprio, il pubblico dell'Academy ha tributato all'attore un infinito applauso
con tanto di standing ovation, riconoscendo il
suo grande talento e il pieno merito della sua
vittoria.
La serata è stata infine conclusa dal trionfo di
Il caso Spotlight, che si è aggiudicato meritatamente l'Oscar come miglior film di questi
Academy Awards, riuscendo a prevalere in
una categoria che prevedeva, oltre al film di
Tom McCarthy, altri sei colossi quali La grande scommessa, Il ponte delle spie, Brooklyn,
Mad Max: Fury Road, Sopravvisuto - The Martian, Revenant - Redivivo e Room.
Dopo esser stato il protagonista degli Oscar
dell'anno passato grazie al successo di Birdman, il regista Alejandro González Iñárritu si è
preso nuovamente la scena, conquistando la
seconda statuetta consecutiva come miglior
regista per The Revenant - Redivivo, vero e
proprio capolavoro cinematografico che ha
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Di seguito i candidati ed i vincitori (sottolineati) di alcuni
dei più importanti premi di questi Academy Awards
2016:
Miglior Film:
o
o
o
o
o
o
o
o
Il caso Spotlight
La grande scommessa
Il ponte delle spie
Brooklyn
Mad Max: Fury Road
Sopravvisuto – The Martian
Revenant - Redivivo
Room
Miglior Regia:
o
o
o
o
o
Alejandro González Iñárritu (Revenant Redivivo)
Lenny Abrahamson (Room)
Tom McCarthy (Il caso Spotlight)
Adam McKay (La grande scommessa)
George Miller (Mad Max: Fury Road)
Miglior Attore Protagonista:
o
o
o
o
o
Leonardo DiCaprio (Revenant - Redivivo)
Bryan Cranston (L’ultima parola – La vera storia
di Dalton Trumbo)
Matt Damon (Sopravvisuto – The Martian)
Michael Fassbender (Steve Jobs)
Eddie Redmayne (The Danish Girl)
Miglior Attrice Protagonista:
o
o
o
o
o
Brie Larson (Room)
Cate Blanchett (Carol)
Jennifer Lawrence (Joy)
Charlotte Rampling (45 anni)
Saoirse Ronan (Brooklyn)
Miglior Attore Non Protagonista:
o
o
o
o
o
Mark Rylance (Il ponte delle spie)
Christian Bale (La grande scommessa)
Tom Hardy (Revenant – Redivivo)
Mark Ruffalo (Il caso Spotlight)
Sylvester Stallone (Creed – Nato per
combattere)
Miglior Attrice Non Protagonista:
o
o
o
o
o
Alicia Vikander (The Danish Girl)
Jennifer Jason Leigh (The Hateful Eight)
Rooney Mara (Carol)
Rachel McAdams (Il caso Spotlight)
Kate Winslet (Steve Jobs)
Miglior Sceneggiatura Originale:
o
o
o
o
26
Tom McCarthy e Josh Singer (Il caso Spotlight)
Matt Charman, Joel ed Ethan Coen (Il ponte
delle spie)
Alex Garland (Ex Machina)
Josh Cooley, Ronnie del Carmen, Pete Docter e
Meg LeFauve (Inside Out)
o
Andrea Berloff, Jonathan Herman, S. Leight
Savidge e Alan Wenkus (Straight Outta
Compton)
Miglior Sceneggiatura Non Originale:
o
o
o
o
o
Charles Randolph e Adam McKay (La grande
scommessa)
Nick Hornby (Brooklyn)
Phyllis Nagy (Carol)
Drew Goddard (Sopravvisuto – The Martian)
Emma Donoghue (Room)
Miglior Film Straniero:
o
o
o
o
o
Il figlio di Saul (László Nemes – Ungheria)
El abrazo de la serpiente (Ciro Guerra –
Colombia)
Mustang (Deniz Gamze Ergüven – Francia)
Theeb (Naji Abu Nowar – Giordania)
A War (Tobias Lindholm – Danimarca)
Miglior Fotografia:
o
o
o
o
o
Emmanuel Lubezki (Revenant – Redivivo)
Ed Lachman (Carol)
Robert Richardson (The Hateful Eight)
John Seale (Mad Max: Fury Road)
Roger Deakins (Sicario)
Miglior Montaggio:
o
o
o
o
o
Margaret Sixel (Mad Max: Fury Road)
Hank Corwin (La grande scommessa)
Stephen Mirrione (Revenant - Redivivo)
Tom McArdle (Il caso Spotlight)
Maryann Brandon e Mary Jo Markey
(Star Wars: Il Risveglio della Forza)
Miglior Colonna Sonora:
o
o
o
o
o
Ennio Morricone (The Hateful
Eight)
Thomas Newman (Il ponte delle
spie)
Carter Burwell (Carol)
Jóhann Jóhannsson (Sicario)
John Williams (Star Wars: Il risveglio
della Forza)
Migliori Effetti Speciali:
o
o
o
o
o
Mark Williams Ardington, Sara Bennett,
Paul Norris e Andrew Whitehurst (Ex
Machina)
Andrew Jackson, Dan Oliver, Andy
Williams e Tom Wood (Mad Max: Fury
Road)
Anders Langlands, Chris Lawrence,
Richard Stammers e Steven Warner
(Sopravvissuto – The Martian)
Richard McBride, Matt Shumway e
Jason Smith (Revenant - Redivivo)
Chris Corbould (Star Wars: Il risveglio
della Forza)
Articolo21
21
A21CINEMA
DAREDEVIL
di ALESSANDRA CIANFANELLI
Manca circa un mese all’uscita della seconda
stagione di Daredevil (che probabilmente sarà
già uscita quando starete leggendo). È la prima serie Marvel prodotta da Netflix, che ha
dato inizio ad un nuovo “universo” a cui si è
aggiunta Jessica Jones e nel quale, in futuro,
troveremo anche (grazie a due nuove serie)
Luke Cage e Iron Fist. Quindi, quale momento
migliore per scrivere una review, rigorosamente spoiler free, sulla prima serie?
Daredevil narra della storia del giovane avvocato Matt Murdock di Hell’s Kitchen (un quartiere di New York, non il programma di Gordon Ramsay) che, essendo rimasto coinvolto
in un incidente da piccolo, ha perso la vista,
ma, in compenso, le sostanze chimiche con
cui è entrato in contatto durante l’incidente
hanno amplificato tutti gli altri sensi. È del
tutto appropriato definire la serie una “Origin
Story”, nel senso che noi vediamo l’inizio e lo
sviluppo iniziale di questo personaggio con
tutti i problemi che questo comporta.
La prima cosa da sapere, su questa serie, è
che non è assolutamente come il resto
dell’MCU (Marvel Cinematic Universe, quello
degli Avengers per capirci, ma senza X-Men,
quelli sono fox, e adesso siete confusi). Niente CGI scintillante, niente tecnologie super
avanzate, niente di tutti quei gingilli alla Tony
Stark, niente di tutto questo. Daredevil è una
serie più cruda, più cupa, più riflessiva e si avvicina sicuramente di più, come stile, alla tri-
logia de Il Cavaliere Oscuro. È anche, e forse
soprattutto, più realistica di qualunque altra
cosa nell’MCU perché, con gli Avengers
avremmo visto anche grandi battaglie, ma
Daredevil mostra le conseguenze - mai prese
in considerazione dai film - di quello che è
successo dopo New York: con la città distrutta, diverse organizzazioni criminali stanno
cercando di mettere le mani sul quartiere e
Daredevil (Matt Murdock) proverà, in sostanza, a “Mettergli i bastoni tra le ruote”.
È importante dire, però, che l’audience non è
la stessa di un film degli Avengers. Il creator
(Drew Goddard) indirizza la serie ad un pubblico più adulto e non così mainstream come
un film dell’MCU: è proprio per questo che
Daredevil si può permettere scene più crude
dove “il sangue c’è e si vede” e una maggiore
profondità a livello psicologico (cosa ancora
più evidente in Jessica Jones).
Parlando di sangue, altro punto forte della serie è l’azione, sicuramente una delle migliori
mai viste nell’MCU, alla pari solo delle scene
corpo a corpo di Captain America: The Winter
Soldier, se non addirittura migliore. Con un
mix mortale di arti marziali e pugilato, Daredevil si fa strada a suon di pugni e calci tra i
cattivi che stanno tentando di controllare
l’Hell’s Kitchen. Ma, mentre nei panni di Daredevil è da solo a combattere, durante il
giorno grazie al suo lavoro di avvocato, in-
27
Articolo21
21
sieme al suo migliore amico/socio Foggy Nelson (Elden Henson) e alla loro assistente Karen Page (Deborah Ann Woll), cerca di trovare, anche dal punto di vista legale, una soluzione ai problemi che affliggono il quartiere.
Lo sviluppo dei personaggi secondari è portato avanti egregiamente e nessuno rimane mai
veramente in secondo piano. Essendo una serie e non un film abbiamo tutto il tempo per
conoscere i personaggi e per approfondire la
loro personalità.
Parlando di Daredevil non si può non parlare
della sua nemesi, del cattivo da combattere,
che è a capo delle contrattazioni sull’Hell’s
Kitchen.
Wilson
Fisk/Kingpin
(Vincent
D’Onofrio) è decisamente il personaggio che,
ad eccezione dell’eroe, rimane più impresso.
Dall’apparenza ferma, inamovibile e spietata,
dietro vi si cela un’infanzia colma di problemi
e violenza, le cui ripercussioni si sentono ancora. Questo è un nuovo modo di vedere un
personaggio da sempre rappresentato come
autoritario e sicuro di sé, dando grande importanza anche alla parte più vulnerabile della sua personalità. Si nota, infatti, il suo bipolarismo, che va dall’assassino spietato, in grado di spaccare la testa a forza di sportellate,
ad un uomo incredibilmente affettuoso verso
i suoi cari, specialmente verso la sua fidanzata, Vanessa.
Degno di nota è, per l’appunto, lo sviluppo
emotivo dei personaggi. A tutti, chi più e chi
meno, viene dato uno spessore psicologico
che va decisamente apprezzato. Spesso viene
fatto uso di flashback e chi guarda ha la possibilità di entrare nella mente del personaggio, di immedesimarsi con lui. Daredevil stesso si trova in una situazione molto complicata
a livello psicologico. Da un lato abbiamo la
sua voglia di combattere contro il crimine, di
proteggere il suo quartiere e di aiutare la
gente “senza voce” sia come avvocato che
come “vigilante”; dall’altra però troviamo il
suo senso di colpa, il volersi spingere più in
là, uccidere i suoi nemici e porre fine a tutti i
problemi una volta per tutte. Il problema però
è che, così facendo, diventerebbe uno di loro,
un assassino come tutti gli altri. Questo pensiero lo tormenta e nella serie lo vediamo
28
chiaramente. Importante da questo punto di
vista è la religione. Matt, infatti, più e più volte nella serie si rivolge al parroco della chiesa
della sua infanzia per chiedergli consigli morali. Guardando la serie riusciamo a percepire
tutto questo e ad avvicinarci ai vari personaggi, in particolare Devil e Fisk.
In sostanza Daredevil è una serie alla quale,
per mio gusto personale, non manca nulla.
Decisamente una delle migliori Origin story
degli ultimi anni, alla pari di Iron Man e Batman Begins (perché diciamocelo, il primo
Captain America ed il primo Thor non erano
entusiasmanti) che riuscirà ad appassionare
un po’ tutti, dagli amanti dei fumetti a quelli
che non hanno idea di cosa sia la Marvel.
Quindi, adesso, non resta altro che aspettare
la seconda stagione.
Articolo21
21
A21LETTERATURA
PETROLIO
di CLAUDIU IVAN
C’era una volta un tale… Un certo Troya, pare
si chiamasse. Un uomo che nulla aveva a che
fare con i tipici uomini medi, padri di famiglia,
buoni lavoratori. Lui aveva qualcosa di
diverso: “Il suo sorriso è un sorriso di
complicità, quasi ammiccante: è decisamente
un sorriso colpevole” diceva Pasolini. Tra i
due correva un filo conduttore che li lega
insieme, ancora oggi, nella loro totale
diversità. Vuoi per il periodo storico, vuoi per
le trame neanche troppo fantascientifiche
dietro la morte del poeta, vuoi anche solo per
la violenza con cui il primo sarebbe stato
attaccato dal secondo in Petrolio, il mostro
letterario di circa 2000 pagine mai
completato.
Il romanzo, pubblicato postumo da Einaudi,
vide la luce soltanto nel 1992, a 17 anni dalla
morte dell’autore, incompleto e sotto forma
di raccolta di appunti, risistemati e riordinati
in un’edizione critica. Petrolio non è una
semplice storia, non è soltanto il racconto
della vita di Carlo, impiegato dell’ENI, con una
duplice personalità. Petrolio è anche complotto, trame oscure. E’ morte, sesso, scandalo. E’ denuncia, è un attacco alla corruzione,
all’omologazione, al consumismo, alla borghesia. Petrolio è un grido violento contro
mafie e poteri forti.
Petrolio è la perfetta rappresentazione del
Potere.
E dietro al Potere, nell’Italia del boom
petrolifero, c’era proprio quel Troya lì, omonimo di Eugenio Cefis. Preambolo di questa
faccenda è una situazione – che di fatto non è
mai stata provata, ma su cui si è indagato per
decenni – venuta a crearsi intorno agli anni
’60. L’uomo in questione era vicepresidente
dell’ENI, secondo solo ad un altro grande
potente: Enrico Mattei. Cefis, come secondo,
“si limitava semplicemente ad ammassare e
costruire il proprio destino secondo la propria
natura. Egli non avanzava, accumulava. Non
saliva, si espandeva”. Il caso volle che Mattei
giungesse alla fine dei suoi giorni la sera del
27 ottobre 1962, durante un viaggio in aereo
che stava conducendo per chiudere alcuni
accordi economici. E chi poteva sostituirlo se
non Eugenio Cefis? Dopo aver raggiunto una
posizione di rilievo all’interno dell’azienda,
Troya ne diviene il numero uno. Chiunque
avrebbe potuto pensare male a riguardo.
Negli anni che seguirono il ’62, oltre al
giornalista Mauro De Mauro, si occupò della
faccenda proprio Pier Paolo Pasolini, in
Petrolio. L’intellettuale, durante la compo-
29
Articolo21
21
sizione del romanzo, iniziato nel 1973, venne
brutalmente assassinato nella notte del 2
novembre 1975, quando l’opera non aveva
raggiunto neanche la metà della sua struttura
finale. Inquietanti sono le parole che egli
pronunciò durante un’intervista pubblicata
su Stampa Sera il 9 gennaio dello stesso
anno: “Ho iniziato un libro che mi impegnerà
per anni, forse per il resto della mia vita… non
voglio parlarne… basti sapere che c’è una
specie ‘di summa’ di tutte le mie esperienze,
di tutte le mie memorie”. Quasi profeticamente il poeta aveva predetto la sua morte, annunciando che quella che si accingeva a
scrivere sarebbe stata probabilmente la sua
ultima opera.
Sembra del tutto lecito pensare che ci
potesse essere un coinvolgimento di Cefis
nell'incidente accaduto a Enrico Mattei. Lo
stesso Pasolini se ne era accorto quaranta
anni fa e ad oggi l’ipotesi sembra molto più
concreta
di
quanto
non
sembrasse
inizialmente. Pare infatti che l’allora
vicepresidente dell’impresa petrolifera italiana
fosse stato costretto pochi mesi prima
dell’aavvenimento a presentare le dimissioni,
quando il leader di ENI si era accorto che la
CIA lo utilizzava come mezzo per fare la
propria politica all’interno del panorama
italiano. Infatti, la strategia di Mattei – in
campo energetico e petrolifero – volta a
spezzare il monopolio delle sette sorelle, non
era ben vista soprattutto dai poteri forti oltre
oceano, che volevano riportare le mire
italiane verso l’Atlantico. Cefis sarebbe poi
stato riassunto in tutta fretta, per ricoprire la
carica di presidente dell’azienda.
Ci sono poi altre trame oscure dietro questa
particolare personalità. Grazie all’appoggio
che godeva all’interno dei palazzi del potere –
in particolare di Amintore Fanfani, DC – Cefis
utilizzò in maniera peculiare il denaro
pubblico dell’azienda petrolifera: in un’operazione che si concluse nel 1971, abbandonò la
presidenza di ENI per ottenere quella di
Montedison – impresa privata che lavorava
nello stesso campo – di cui aveva acquisito un
grande numero di azioni utilizzando denaro
pubblico, estratto dalle casse dell’azienda
30
statale. Inoltre, secondo alcuni appunti del
Servizio Informazioni e Sicurezza Militare
(SISMI), ritrovati nel corso di un’inchiesta del
sostituto procuratore di Pavia, Vincenzo Calia,
intorno alla metà degli anni ’90, Eugenio Cefis
fu anche il fondatore della loggia massonica
P2, cha avrebbe diretto fino all’intervento di
Licio Gelli e di Umberto Ortolani.
La stessa morte dello scrittore bolognese è
tutt’oggi un mistero su cui ciclicamente si
riaprono inchieste volte a scoprirne l’accaduto. Inizialmente fu accusato dell’assassinio il
giovane diciassettenne Pino Pelosi, che verrà
poi condannato in primo grado per omicidio
volontario in concorso con ignoti e a cui fu
poi confermata la pena anche in secondo
grado, con l’esclusione del concorso di ignoti.
Pare però che egli non fu il solo ad agire
quella notte all’idroscalo di Ostia. Dopo
svariate indagini e ritrattazioni, andate avanti
negli anni e nei decenni successivi, soltanto
nel 2005 Pelosi rilasciò un’intervista in cui
confessava che fu aiutato da tre complici
giunti su un’autovettura di Catania, che
avevano un evidente accento del sud Italia.
Egli non ne avrebbe mai parlato prima per
paura di mettere a rischio l’incolumità dei
genitori, non più ledibile dopo la loro morte.
Il libro racchiude, oltre a tutto questo, anche
gran parte degli argomenti trattati durante
l’intera vita da PPP: dallo scandalo generato
dalla sua omosessualità, fortemente presente
Articolo21
21
in molti dei suoi romanzi e volutamente
portato nelle sue pellicole, fino alle trame del
potere e delle mafie. Passando per la critica –
tratta dalla sua raccolta saggistica Scritti
Corsari – al sistema capitalistico e industriale,
che fondendosi con il potere democristiano,
dà vita ad un nuovo Potere – con la “P”
maiuscola – definito totalizzante e omologante. Esso altro non è che l’evoluzione del
fascismo di guerra: un perfetto mezzo in
grado di appiattire il livello culturale della
totalità degli individui italiani e renderlo
“medio”. Lo stesso Pasolini dirà: “Nessun
centralismo fascista è riuscito a fare ciò che
ha fatto il centralismo della civiltà dei
consumi. Il fascismo proponeva un modello,
reazionario e monumentale, che però restava
lettera morta. Le varie culture particolari
(contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro
antichi modelli: la repressione si limitava ad
ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al
contrario, l’adesione ai modelli imposti dal
Centro, è tale e incondizionata. I modelli
culturali reali sono rinnegati. L’abiura è
compiuta. Si può dunque affermare che la
“tolleranza” della ideologia edonistica voluta
dal nuovo potere, è la peggiore delle
repressioni della storia umana”.
dinati in un alternarsi di scene fortemente
violente, in cui Pasolini descrive situazioni
decisamente crude, mettendone a nudo i
particolari scandalosi, ed eventi della vita di
tutti i giorni del protagonista. Carlo non solo
muta il suo approccio alla realtà esterna, tra
sfoghi sessuali del suo io malvagio e lavoro in
azienda della sua personalità retta, ma
dall’appunto 51 si trasforma addirittura in
donna.
Un’altra componente principale del romanzo
è il viaggio dantesco effettuato da Merda, un
giovane proletario italiano. In questa parte
viene messa in evidenza, similmente a come
fatto dal poeta fiorentino del ‘300, la problematica della crisi italiana, oltre ad una perfetta
analisi della degradazione degli usi della
gioventù dell’epoca. Qui Pasolini segue fedelmente la struttura a livelli, portando a galla ed
analizzando, volta per volta, un difetto
diverso.
Si potrebbero scrivere pagine e pagine su
questi temi e su tutto ciò che c’è dietro alla
grandissima personalità di quello che forse è
stato l’ultimo vero grande intellettuale italiano. La sua personalità, sicuramente scomoda
per il Potere, lo ha reso probabilmente un
obbiettivo da rimuovere. Con la sua morte,
Petrolio, che sarebbe dovuta essere la sua
pietra miliare, non ha mai raggiunto il totale
compimento, negandoci, oltre che la sua
saggezza, anche la verità.
E se di questo si potrebbe stare a parlare per
giorni, allo stesso modo lo si potrebbe fare
per la questione riguardante il protagonista
Carlo, impiegato dell’ENI che vive la sua vita
stile Dottor Jekyll and Mister Hyde. Esistono
infatti due ingegneri: uno malvagio e
sensuale e un altro buono e onesto. Gli
appunti si susseguono incompleti e disor-
31
Articolo21
21
In alto a sinistra Pier Paolo Pasolini; a destra gli appunti 20-30 di Petrolio, riguardanti il capitolo “Lampi
sull’ENI”; in basso Enrico Mattei durante una visita alla centrale nucleare di Latina, nel 1962.
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Articolo21
21
A21LETTERATURA
CONFRONTO:
D’ANNUNZIO - DEADPOOL
di A. EMANUELE CASUCCI
Può sembrare un paragone assurdo, ma il
Vate, il poeta italiano del decadentismo e del
superomismo, e il Mercenario Chiacchierone,
l’antieroe dei fumetti Marvel, notoriamente
matto, che si rigenera, hanno molti aspetti in
comune (oltre che a un’iniziale), e mi sono
divertito a porli alla vostra attenzione in
questo articolo.
Tendenti
alla
sociopatia:
«disprezzo
patologico per le regole e le leggi della
società, comportamento impulsivo, incapacità
di assumersi responsabilità, mancanza del
senso di colpa o del rimorso, mancanza di
rispetto delle regole sociali e dei sentimenti
altrui», tutti sintomi della sociopatia e tutte
caratteristiche che hanno fatto la fortuna di
entrambi, soprattutto se celebrate nella figura
del superuomo o dell’antieroe, che dir si
voglia.
Casanova: D’Annunzio, oltre alla moglie
Maria Hardouin duchessa di Gallese, è noto
per avere avuto un numero incalcolabile di
amanti, tra le quali ricordiamo Maria Gravina,
Barbara Leoni, Eleonora Duse, Alessandra di
Rudinì e Luisa Baccara. Deadpool invece,
nonostante il suo aspetto deturpato lo faccia
sentire uno sfigatone, ha avuto un bel po’ di
relazioni: fidanzamenti con le mutanti
Copycat, Syrin, Domino e Psylocke, flirt con
Typhoid Mary, Miss Marvel, Outlaw, la
dottoressa Betty e Vedova Nera II, un
matrimonio temporaneo con l’aliena Orksa e
il matrimonio in corso con la succube Shiklah.
Passione per gli aerei: D’Annunzio vedeva
nell’aereo la macchina per eccellenza,
espressione
della
straordinarietà
del
superuomo. Infatti fu tenente colonnello
dell’aeronautica e pilota, e tutti lo ricordiamo
per il volo su Vienna, con lo scopo di lanciare
dei volantini e dimostrare il dominio dei cieli
da parte dell’Italia di allora. Deadpool non ha
così grandi ambizioni, ma prova abbastanza
piacere nel dirottare aerei di linea, specie se il
suo teleportatore è fuori uso.
Collezionisti: D’Annunzio amava collezionare
oggetti d’arte, premi di guerra e “pegni
d’amore”, tant’è che la sua villa sul Garda, il
Vittoriale, è diventata quasi immediatamente
un museo dell’eccentricità. Deadpool non è
da meno e nel film compaiono il suo orologio
di Adventure Time, lo zaino di Hello Kitty e il
borsellino che ritrae un’attrice famosa, che
Deadpool ammette essere stata una fonte di
ispirazione per affari intimi adolescenziali…
Acculturati: D’Annunzio era un profondo
conoscitore della lingua italiana, che
padroneggiava magistralmente, e possedeva
una sterminata cultura artistica, musicale e
letteraria,
sia
classica
sia
straniera
contemporanea, alla quale si compiace di fare
riferimento nelle narrazioni e nelle poesie che
scrive.
Deadpool,
d’altra
parte,
è
soprannominato “Mercenario Chiacchierone”
perché ciarla a ruota libera e fa battute a
raffica, citando serie tv dagli anni ’50 a oggi,
canzoni di tutti i generi musicali, attori, film,
fumetti e chi più ne ha più ne metta.
Attrazione per la morte: è risaputo che
l’esaltazione vitalistica del superuomo di
D’Annunzio nasconde una segreta attrazione
per la decadenza e la morte, come rivelano
molte delle ambientazioni dei suoi romanzi,
soprattutto in concomitanza con la relazione
del protagonista con una donna fatale, che
causa la deflagrazione degli intenti di
grandezza del protagonista stesso. Dal canto
suo, non potendo morire a causa del suo
fattore
rigenerante,
Deadpool
prova
un’attrazione decisamente più esagerata per
la Morte…
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Articolo21
21
A21MUSICA
SIMON &
GARFUNKEL
di FELICIENNE LAURO
The sound of a duo.
The sound of silence, uno dei brani più amati e
criticati già quando fu scritto nel 1964, è ritornato ad essere una hit grazie al remix di Tom
Wilson.
Questo brano fu composto da Simon e Garfunkel.
Paul Simon lo scrisse nel 1964, cercando di raccontare "con la semplicità delle melodie e delle
parole l'alienazione giovanile”. Aveva solo 21
anni e non aveva le idee molto chiare ed elaborate, ma questa canzone possedeva un livello di verità che ha finito per toccare la sensibilità di milioni di persone. In effetti, “Hello
darkness my old friend” è uno degli incipit più
celebri della storia del rock.
dell’uomo di comunicare con gli altri, non internazionalmente bensì emozionalmente, l’incapacità di amare gli altri.
Un significato preciso a questa canzone ancora
non si è trovato, lasciando gli ascoltatori alla
loro immaginazione.
Paul Simon e Artie Garfunkel, abitando a solo
tre isolati di distanza, si conobbero all’età di 12
anni.
Divennero subito amici pur essendo totalmente opposti, sia fisicamente che caratterialmente: Simon era un ometto piccolo e di statura scimmiesca, perfezionista e polemico;
Garfunkel, invece, era alto, biondo e angelico e
a differenza dell’amico era fragile e poco incisivo.
Anche se la loro amicizia nacque al corso di recitazione, erano uniti dalla musica. Amavano e
ascoltavano insieme il rock 'n' roll di Elvis Presley, il soul dei neri e le canzoni dei loro idoli:
gli Everly Brothers.
Passavano le giornate intere a comporre testi
e a cercare nuovi accordi per metterli in musica.
Nel 1975 per 15 dollari registrano Hey schoolgirl per un provino, riuscendo a far arrivare
questa canzone sulla scrivania di Sid Prosen,
discografico di Big Records.
Nessuna ha ancora mai trovato il significato di
questa canzone. Molti la collegano alla morte
del presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, avvenuto il 22 novembre 1963; altri invece hanno trovato un significato molto più
profondo, collegando la canzone all’incapacità
34
Fu proprio lui a lanciarli sul mercato dei teen
idol con i nuovi nomi d’arte Tom Graph per
Garfunkel e Jerry Landis per Simon.
Hey schoolgirl sale fino al quarantanovesimo
posto nella classifica.
Nel novembre dello stesso anno ci fu la prima
apparizione dei due in televisione come ospiti
Articolo21
21
di American bandstand e grazie a questo riuscirono a vendere più di 150.000 copie del loro
primo singolo.
Nel 1969 però, i due iniziano a non andare più
d’accordo, frequentandosi sempre meno e
solo per comporre nuove canzoni.
Nel 1961 pubblicano altri otto singoli che però
non ottengono lo stesso risultato e falliscono
soppressi dalle nuove canzoni degli emergenti
cantanti pop dai modi gentili ed educati.
Finito il liceo, la coppia si separa: Garfunkel va
a studiare architettura mentre Paul inizia gli
studi di letteratura inglese continuando, però,
la sua carriera da cantautore, anche se riesce
ad esibirsi solo in piccoli locali.
Nel 1963 Paul ritrova l’amico, che nel frattempo ha inciso due 45 giri.
Simon introduce Artie nello stile folk acustico,
decidono quindi di abbandonare gli studi e
dedicare tutto il loro tempo alla musica.
Accettano subito la proposta di Tom Wilson,
che li mette sotto contratto e gli fa incidere il
nuovo brano Wednesday Morning, 3AM. Che
riesce ad ottenere un successo stravolgente.
Riescono a trovare la giusta carica per andare
avanti e comporre nuovi generi di canzoni:
pop, esoterismo, traditional, country e rock.
1964: l’anno della coppia, l’anno in cui circolavano grandi idee e nuove consapevolezze,
nuovi stili, l’anno in cui pubblicarono il loro
brano più famoso, un brano tuttora amato: The
sound of silence.
Un anno dopo però Paul decide di trasferirsi in
Inghilterra, cantando per poche sterline, lasciando il suo compagno e iniziando a lavorare
come solista.
Nell’autunno del 1964 il produttore Tom Wilson decide di recuperare The sound of silence
all’insaputa dei due compositori e gli dà una
verniciatura elettrica, facendo uscire un nuovo
disco.
Questo avvenimento fece ritornare Paul in patria, riunendosi con Garfunkel.
Ottenuto ormai un grandissimo successo, attraversano gli anni sessanta da padroni quasi
incontrastati.
Nello stesso anno Garfunkel accetta la proposta di Mike Nicholas per il film Il laureato.
Simon si sente snobbato, messo da parte. Inizia quindi a scrivere canzoni su questa perdita,
tra cui una delle più celebri è So long, Frank
Lloyd Wright, facendo riferimento alla passione
di Artie per l’architettura.
Simon rivela a Clive Devis della Columbia l’intenzione di sciogliere il duo poco dopo l’uscita
del nuovo disco Bridge over troubled water.
Proprio questo disco, il quale ha venduto 10
milioni di copie, rappresenta il futuro, i progetti dell’età adulta e lo scioglimento quindi
del duo. Come previsto, dopo l’uscita del disco
il duo si scioglie a causa delle divergenze caratteriali e delle ambizioni troppo diverse.
Artie ancora non riesce ad accettare la separazione del duo, non riesce a capire perché il suo
vecchio amico d’infanzia abbia voluto distruggere tutto quello che avevano creato, perché
avesse voluto rinunciare a quel posto in cima
al mondo. Amareggiato dal comportamento
del compagno, che ormai da tempo non riconosce più, rivela in un’intervista il suo disprezzo verso di lui: "un mostro con il complesso di Napoleone" lo definisce.
Garfunkel proseguirà nella sua carriera come
cantautore di brani pop mentre Simon si trasferirà in Africa, dove scriverà brani sull’amore
infinito verso le diverse culture sonore.
I due si sono rincontrati solo occasionalmente
per concerti e interviste.
35
Articolo21
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EVENTI ROMA APRILE 2016
Questo che proponiamo di seguito è il calendario degli eventi che si terranno a Roma nel mese di
Aprile, e che abbiamo ritenuto interessanti:
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Mostra Via Panisperna Solo Show (Galleria Sacripante Art Gallery) fino al 04/04.
Mostra L’Italia degli artisti (Museo Venanzo Crocetti) fino al 07/04. Ingresso gratuito.
Mostra Fragili eroi. Storia di una collezione (Museo Carlo Bilotti) fino al 10/04. Ingresso
gratuito.
Mostra Symbola (Stadio di Domiziano) fino al 15/04.
Mostra Le geografie del cuore (Galleria Acquario) fino al 16/04. Ingresso gratuito.
Mostra Creaturine (Goethe-Institut Rom) fino al 16/04. Ingresso gratuito.
Mostra Gillo Dorfles. Essere nel tempo (MACRO) fino al 17/04.
Mostra Chiamatemi divina. Dorian Gray (Casa del Cinema) fino al 18/04.
Mostra SÎNOR (CONFINE). Kurdistan, immagini negate (Galleria WSP Photography) fino al
22/04. Ingresso gratuito.
Mostra Jerico – Fade to Blue (Galleria White Noise Fallery) fino al 23/04. Ingresso gratuito.
Mostra Mother Rome (Museo Carlo Bilotti) fino al 24/04. Ingresso gratuito.
Mostra Fumetto italiano. Cinquant’anni di romanzi disegnati (Museo di Roma in Trastevere)
fino al 24/04.
Mostra YOUTH CODES (Matèria Gallery) fino al 28/04. Ingresso gratuito.
Mostra MetaMosaico (Musei di Villa Torlonia – Casina delle Civette) fino al 30/04.
Mostra Istanbul. Passione, gioia, furore (Maxxi) fino al 30/04.
Mostra Leonardo da Vinci. Il genio e le invenzioni (Palazzo della Cancelleria) fino al 30/04.
Mostra Toulouse-Lautrec (Museo dell’Ara Pacis) fino al 08/05.
Oltre a questi, inseriamo alcune date da sapere e ricordare:
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Concerto La musica del Giubileo (Chiesa di Sant’Anna dei Palafrenieri) fino al 07/05.
Ingresso gratuito.
Concerto Un organo per Roma (Conservatorio di Musica “Santa Cecilia”) fino al 09/04.
Ingresso gratuito.
Concerto Daniele Silvestri (Auditorium della Conciliazione) dal 07/04 al 09/04 e 11/04.
Concerto Stadio (Auditorium della Conciliazione) 12/04.
Concerto John De Leo (Casa del Jazz) 15-16/04.
Concerto Prati in musica! (Istituto scolastico Nazareth – Cooperativa sociale) fino al 16/04.
Ingresso gratuito.
Spettacolo Antonino Cannavacciuolo (Stadio Olimpico) 19/04.
Concerti Il Classico del martedì, dal barocco al jazz (Quirinetta Caffè Concerto) fino al 19/04.
Spettacolo The Best of Aldo, Giovanni e Giacomo Live 2016 (PalaLottomatica) 21/04.
Spettacolo Onda su Onda di Rocco Papaleo (Teatro Ambra Jovinelli) dal 14/04 al 24/04.
Spettacolo Aggregazioni (Teatro Ambra Jovinelli) dal 28/04 al 30/04.
Spettacolo Arancia Meccanica (Teatro Eliseo) dal 26/04 al 15/05.
Articolo21
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A21SPORT
LA SETTIMANA
DEL TIFOSO
di MATTIA GALLI
E anche la "Settimana dello studente" organizzata dalla nostra scuola si è conclusa. L'iniziativa non è stata male e i corsi sono stati
eterogenei ed interessanti. Oltre ad essere
studenti, molti di noi, sono anche tifosi. Mi
sono dunque chiesto: come sarà la settimana
di un tifoso di calcio? Be', prendendo spunto
qua e là e pensando allo stereotipo del tifoso
italiano tipo, è uscito fuori questo. Buona lettura...
La Settimana del tifoso.
Lunedì: il Tifoso si sveglia e per lui non è mai
facile smaltire la sbornia della sera prima passata a festeggiare per l'eventuale vittoria della
propria squadra. Sicuramente, però, essa svanirà prima della rabbia provocata da una pesante sconfitta in casa contro la terzultima in
classifica. Se poi anche il fantacalcio e la
schedina non portano a buoni risultati, probabilmente quella giornata non sarà semplice
da affrontare. Sulla strada per andare a lavoro, l'istinto lo porta nella sede degli allenamenti della squadra, dove può liberare a suon
di sillogismi tutto lo "spirto guerrier che entro
gli rugge", insultando anche il povero magazziniere.
lisse, sarebbe veramente un brutto periodo
per il Tifoso.
Mercoledì: il Tifoso è ancora un po' stordito
ma comincia a riprendersi. Il pensiero che la
sua squadra questa sera possa riscattarsi gli
dà speranza. La divisa di rappresentanza è
quindi d'obbligo per lui. Il capo lo riassume,
tutto va per il verso giusto. La sera la pizza
con i compagni di sempre è ormai divenuto
un rito propiziatorio. La squadra schierata dal
mister è quella più adatta. Ma anche questa
volta qualcosa non va, i calciatori non sembrano riuscire a trovare la giocata giusta e
nell'unica occasione buona gli avversari trovano il gol e portano a casa la vittoria. C'è silenzio ora nella casa del Tifoso. I compagni
sono andati via scoraggiati senza neanche
pagare la cena. Lui è lì da solo e aspetta le
parole del mister nel dopo partita. La società
dichiara di essere in silenzio stampa. Prende il
telefono e chiama la radio della squadra e
condivide i suoi pensieri con gli altri, ma ciò
non lo aiuta. La notte non passerà così velocemente.
Martedì: dopo la notte passata in questura, il
Tifoso torna a casa. Sa che ormai ha perso il
posto di lavoro non essendosi presentato per
due giorni consecutivi, ma lui non riesce a
dimenticare il dolore causato dalla sconfitta.
Vuole indagare e scoprire le cause di quella
brutta prestazione. Si reca allora nel posto
dove può trovare risposta, l'oracolo di Delfi
del calcio: il bar sotto casa.
Cerca affannosamente tra i giornali, bevendo
quel caffè, più amaro del solito, ma nessuna
risposta. La sera è ora della Coppa e l'obiettivo è gufare la squadra rivale. Se anche qui fal-
Giovedì: è ora per il Tifoso di fare qualcosa in
più. È stanco di starsene a casa a guardare la
sua squadra cadere nel baratro. Deve agire.
Salta nuovamente il lavoro prendendosi il
37
Articolo21
21
giorno di malattia per andare a fare la fila e
prendere i biglietti per lo stadio, dove potrà
essere vicino ai suoi giocatori e sostenerli con
tutta la sua voce. I soldi sono pochi, il prezzo
è alto, ma non importa. Qualche scippo in più
e il bilancio si sistema.
Venerdì: per prepararsi alla partita il Tifoso
esce nell'ora di punta per rimanere imbottigliato nel traffico ad insultare con le migliori
espressioni dialettali i meno pratici alla guida.
Il ritardo a lavoro è inevitabile e la consegna
del finto certificato medico per il giorno precedente al datore di lavoro sembra fallire
quando questi legge la formazione del fantacalcio sul retro del foglio. Ma l'aver schierato
Ciofani titolare porta il capo, sostenitore del
Frosinone, a chiudere un occhio. La sera a letto presto per poter affrontare la giornata successiva con il massimo delle energie.
Sabato: è la vigilia del match. La tensione inizia a salire. Il Tifoso incontra i suoi compagni
in piazza per uno dei momenti più importanti
della giornata: la preparazione dello striscione. "Ma che ce sete venuti a fà!" cita quest'ultimo, elaborato con grande fantasia, con il
quale si recano ad accogliere la squadra avversaria all'aeroporto della città per mostrare
tutta la loro ospitalità. Il lancio del sasso verso
il pullman è ormai considerato sport olimpico
tra i tifosi.
Si torna a casa ma l'ansia non permette al nostro Tifoso di dormire. Passerà la notte a
guardare le repliche dei match più emozionanti della sua squadra, esultando ai gol nel
pieno della notte.
Domenica: è il giorno della verità, un giorno
in cui non si può sbagliare. Colazione abbondante per il Tifoso, con 3 caffè Borghetti, un
cappuccino, tre cornetti e due sfogliatelle. Il
vestiario anche deve essere scelto nel modo
più adatto: maglia della squadra, tuta o jeans,
cappello, guanti, sciarpa e tutto ciò che possa
servire a coprire il volto o per nascondere i
fumogeni. L'incontro è nella piazza centrale.
Alle 13 partenza verso lo stadio, in attesa dei
tifosi avversari. Vola qualche molotov e qualche bottiglia di vetro, fino all'arrivo delle forze
dell'ordine. Fuga nei viottoli della città e in-
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gresso allo stadio. L'entrata genera sempre
grande emozione nel Tifoso. Si sentono i primi cori, lo stadio è già pieno. Parte l'inno e il
Tifoso canta a squarciagola abbracciando
chiunque gli si trovi intorno. Dopo la lista dei
nomi dei giocatori letti dallo speaker, seguiti
dai boati dei tifosi, le squadre entrano sul terreno di gioco. Un brivido corre sulla schiena
del tifoso. Per i prossimi 90' lui apparterrà ad
un altro mondo. La partita è equilibrata, le
squadre si studiano, ma non riescono ad offendersi. Il match sembra doversi concludere
con un inevitabile pareggio. Il mister sa che
per vincere la partita c'è bisogno di qualcosa
in più. Inserisce allora un giovane talento della primavera nella speranza che con una sua
giocata possa spezzare gli equilibri di gioco,
lasciando un po' perplessi i tifosi che non
avevano mai visto quel ragazzo in azione sul
campo. L'arbitro assegna 4 minuti di recupero, ritenuti non abbastanza dal Tifoso, che alza un simpatico coro contro il direttore di gara. Quando però torna a guardare la partita si
accorge che il giovane appena entrato ha
preso palla a centrocampo. Salta un avversario, cerca l'uno-due con un compagno, con
una finta di corpo manda a vuoto l'ultimo difensore avversario, corre da solo verso la porta e calcia. Il Tifoso è in piedi con le mani in
testa. Quella palla si dirige lenta lenta verso la
porta. Il cuore si ferma per qualche istante e
gli occhi seguono la palla, come se fossero
loro ad indirizzarla. Il portiere si allunga ma
non riesce a fermare la sfera, che si insacca
alle sue spalle. L'urlo che ne segue è qualcosa
di pazzesco. Il Tifoso si sente finalmente felice. Il giovane calciatore diviene il nuovo beniamino dei tifosi.
Nel tragitto verso casa tutta la città canta e il
Tifoso suona il clacson passando tra le vie facendo sventolare la bandiera fuori dal finestrino. Tutto finalmente va nel verso giusto.
Le sofferenze della vita, le fatiche di tutti i
giorni si dimenticano per quella giornata,
scacciate a calci nel sedere dalla gioia e
dall'euforia.
Articolo21
21
A21SPORT
SUPER BOWL 50
di VALERIO SILONI
I Denver Broncos entrano nella storia, aggiudicandosi la 50esima edizione del Super Bowl.
Vittoria meritata per Denver, mai sotto nel
punteggio, che si è imposto sui favoritissimi
Carolina Panthers con il punteggio di 24-10.
Di spettacolo sul campo di gioco del Levi's
Stadium di Santa Clara in California se ne è
visto poco: la partita è stata per lunghi tratti
noiosa, con tanti errori, come il clamoroso
field goal dalle 44 yards mandato sul palo da
Graham Gano, placekicker dei Panthers, ma
anche con qualche momento di grande entusiasmo, come il record stabilito da Jordan
Norwood, che realizza il più lungo punt return della storia del Super Bowl, fermandosi a
pochi metri dal touchdown dopo una corsa di
61 yards.
La sfida nella sfida più attesa, quella tra i due
quaterback, Cam Newton dei Panthers, nominato miglior giocatore di questa NFL, e Peyton Menning dei Broncos, letteralmente una
leggenda vivente di questo sport, ha visto
uscire vincitore proprio quest'ultimo: Newton
infatti, che prima della gara si era paragonato
a Super-man per aver guidato i suoi Panthers
fino alla finale, non è mai riuscito ad entrare
completamente in gara e solamente in qualche raro momento si è acceso dando l'impressione di poter cambiare la partita.
In realtà non ha giocato un grande match
neanche Menning, che ha fatto il minimo indispensabile, ottenendo il massimo risultato.
Lo storico quaterback americano, considerato
uno dei più forti di sempre, a quasi 40 anni,
ha vinto così la seconda finale NFL della sua
vita e ha lasciato il campo, a pochi minuti dalla fine, tra la standing ovation dello stadio
che si è alzato per rendere omaggio al probabile ultimo atto della sua incredibile carriera. A prendersi la scena sono state quindi le
due difese, in particolare quella di Denver,
che si è confermata la migliore del campionato: nell'impenetrabile muro difensivo dei
Broncos ha brillato l’outside linebacker Von
Miller, eletto miglior giocatore del Super Bowl
ed autore del placcaggio che ha portato Denver al primo touchdown della gara firmato da
Jackson.
Carolina ha riaperto la partita con la corsa di
Stewart, ma il secondo periodo si è chiuso sul
punteggio di 13-7 grazie al field goal di
McManus arrivato dopo l'incredibile punt return di Norwood.
Nel terzo quarto è arrivato il pazzesco errore
di Gano, che ha spedito sul palo un field goal
tutt'altro che impossibile.
Il placekicker dei Panthers si è rifatto poco
dopo, non prima però dei 3 punti segnati da
McManus con un altro field goal. Nel finale
ha chiuso la gara Anderson grazie ad un fumble provocato da Miller, fissando il punteggio
sul 24-10 finale.
I Broncos hanno vinto così la terza finale NFL,
massimo campionato di football americano,
della loro storia e Peyton Menning è entrato
nella leggenda di questo sport, diventando il
quaterback più vincente della storia della National Footbal League a quota 200 vittorie,
superando Brett Favre, storico quaterback dei
Green Bay Packers.
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Articolo21
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A21PENSIERI&PAROLE
LE BARRIERE
DELLA RAGIONE
di SILVIA CASCEGNA
Cosa fare? Cosa scegliere? Come essere in
grado di deciderlo?
Ci sarà sempre un desiderio che verrà bloccato da qualcosa di ancor meno controllabile: la
ragione. I pensieri che scaturiscono ogni volta
che si immagina qualcosa, ogni volta che si
ha la voglia di fare qualcosa, pensieri che ti
dicono di non farlo, di non provarci, che tanto
andrà male, che tanto non ne sarai in grado.
Le conseguenze forse sarebbero troppe,
l’obiettivo irraggiungibile.
Quel sogno che avevamo da bambini, la nostra risposta al “che vuoi fare da grande?”, ora
ci sembra tutto così sciocco, sciocco ed impossibile. Abbiamo iniziato a riflettere, su cosa dire, su cosa fare e, a volte, ci decidiamo
troppo tardi, quando, ormai, non si può più
cambiare nulla. Anche le cose più banali arrivano ad essere oggetti di pensieri e ripensamenti. L’indecisione, o forse la paura di decidere, non ci permettono di reagire in tempo.
Ci sarà sempre qualcosa dentro di noi che ci
controllerà, impedendoci di realizzare i nostri
sogni.
Ogni tanto i nostri pensieri verranno condotti
in posti mai esplorati, tra i ghiacci
dell’Antartico e le dune dei deserti. Animali e
piante dai mille colori, che probabilmente
non vedremo mai dal vivo, perché non ci sveglieremo pronti per mollare tutto e partire,
così, un giorno.
Parole non dette che ci torturano, qualcosa ci
ha impedito di pronunciarle, ma perché? Viviamo una vita che non è quella che voglia-
40
mo, facciamo una cosa immaginandone
un’altra, parliamo con una persona pensando
ad un’altra, stiamo in luogo con in mente il
panorama di un altro. C’è questa conflittualità
dentro di noi, tra cuore e cervello, passione e
ragione, sogni e pensieri. Non riusciamo ad
eliminarla, è sempre lì, rendendoci le cose più
difficili di quanto in realtà siano.
E probabilmente è giusto così, il fuoco ha bisogno di qualcosa che lo stemperi, se arde
troppo, brucia tutto, ma se non c’è fuoco, non
c’è calore, non c’è dolcezza, non c’è luce, non
c’è vita.
Quante volte ci siamo ripetuti di fare la cosa
giusta? Quante volte ci siamo detti che non
potevamo cedere, non stavolta?
Ci sono dei momenti, però, in cui fare la “cosa
giusta”, porta a qualcosa di totalmente sbagliato. Fare scelte e pentirsene, ma non fare
nulla per provare a cambiarle, perché tutto,
nella nostra testa, ci dice che è una cosa da
evitare. Sofferenza, pentimenti che rimangono tali e non siamo felici, ma non ci proviamo
neppure ad esserlo, non davvero. Anche se ci
sembra la cosa sbagliata da fare, a volte non
importa, a volte è necessario fare ciò che ci fa
stare bene, semplicemente.
Articolo21
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A21PENSIERI&PAROLE
ANIMA
di SERENA MALERBA
Caro uomo, hai da sempre mirato
all’impossibile, all’inesplorabile. Creatura insaziabile del sapere infrangi giorno dopo giorno
limiti sempre più lontani, abbatti frontiere
sempre più robuste e colossali, raggiungi obbiettivi che mai si sarebbero detti alla portata
della tua piccola figura. Atomo infinitesimale
dell’universo ti sei spinto tanto in là. Dapprima hai esplorato il tuo piccolo pianeta e
avendolo scoperto noioso, immeritevole di
tanto tuo studio, hai indirizzato la tua curiosità allo spazio, una scelta del tutto coerente: tu
tanto avido di conoscenza, lui, infinto da conoscere.
Guardando in un telescopio, accecato da
un’esagerata considerazione di te, hai stranamente dimenticato la tua piccolezza rispetto a quelle forme così grandiose: cammini fieramente, lasciando trasparire una serenità ingenua, ma l’infinito non agisce anche su di
te? L’eterno non flette, silenziosamente, anche il tuo flebile stelo? Si, alle volte te ne rendi conto, e allora inizi ad odiare un cielo stellato, a provare una rabbia, un timore, una tristezza che credi possa lacerarti tutto, eppure
un’illusione si riposa nuovamente sui tuoi occhi, e, come per magia, non sei più un essere
insignificante di un pianeta irrilevante
nell’immensità dell’universo.
Eppure ricadi spesso nello stesso abisso senza
risposta, inizi a correre a vuoto, in un labirinto
senza via d’uscita cerchi una strada che ti trasmetta quiete, un appiglio saldo dove poterti
sostenere, una certezza ferma che ti rassicuri.
Intimamente trovi una soluzione, incoerente
perché implica tanti altri dubbi, incertezze,
timori dai quali desideravi, un attimo prima,
fuggire; irrazionale perché è un fenomeno invisibile, incongruente con la scienza e che
utopicamente un giorno diventerà realmente
certezza.
Seppur con questi e tanti altri fattori contrari,
l’esistenza di un’anima è diventata pilastro intangibile per tanti uomini. Per altri invece, i
sentimenti maggiormente riconducibili alla
definizione di anima sono spiegati nell’intera
loro complessità dalla chimica. La scienza afferma ad esempio che quel sentimento che,
più di tutti gli altri, sarebbe la prova
dell’esistenza di un entità svincolata, potente
più della materia e forse, immortale; quel sentimento tanto illogico ha una spiegazione,
una causa. L’amore, in tutto ciò che è, in tutta
la sua variabilità, è spiegato da una logica: si
crede dipenda tutto da reazioni chimiche a
livello celebrale, due sostanze prodotte dal
cervello umano causano quella sensazione di
“innamoramento”. Un semplice gioco di chimica, un inganno del nostro cervello che tanto prova gusto ad illuderci…
Il filosofo e scienziato greco Aristotele aveva
elaborato un concetto di anima rapportabile
al pensiero scientifico odierno, differente dalla definizione che oggi comunemente associamo alla stessa.
Per Aristotele l’anima è l’essenza che rende
effettivamente vivente la materia che ha vita
già in potenza, è il principio di organizzazione
del corpo quindi l’entità speciale che conferisce la forma all’essere vivente, e inscindibile
dal corpo, muore alla morte del corpo stesso.
Aristotele distingue inoltre tre funzioni
dell’anima a seconda dell’organismo di cui è
forma: negli organismi vegetali svolge una
funzione nutritiva e riproduttiva per conservare la specie, in quelli animali ha anche una
funzione sensitiva e motoria, mentre
nell’uomo raggiunge anche una funzione intellettiva mediante la quale la mente umana
conosce e pensa.
Con Aristotele si iniziano quindi ad ipotizzare
due caratteristiche di questa strana natura
41
Articolo21
21
che diventeranno poi soggetto di profonde
analisi scientifiche: esiste davvero una forte
interazione tra anima e corpo? l’anima si mostra negli esseri viventi in diversi gradi di possesso, in diverse dimensioni?
L’esistenza di un legame tra anima e corpo è
un concetto approfondito successivamente
dal matematico e sempre filosofo Cartesio
che, al contrario di Aristotele, definisce spirito
e materia realtà ben distinte: la res cogitans (il
pensiero) è priva di dimensione spaziale e
temporale non vive perciò un tempo determinato e non occupa uno spazio definito, si
incontra però con la res extensa (il mondo
materiale), entro la quale i corpi e gli oggetti
occupano un certo spazio e vivono una certa
temporalità, nel cervello, l’organo di dialogo
tra le due nature.
A questo punto l’idea che il cervello possa
svelare il mistero dei sentimenti, la possibilità
che forse quest’organo possa realmente interferire con un fenomeno così inspiegabile
affascina la scienza che si promette di dare
una risposta concreta all’umanità.
E una risposta concreta infatti ci arriva.
L’ipotesi che visibile e invisibile fossero realtà
inscindibili era a rigor di logica la più razionale, la scienza inizia quindi a persistere sulle
impronte di Aristotele e conferma un rapporto fatale: quel legame tra anima e corpo che
entrambi i filosofi avevano immaginato implicava necessariamente che al logorarsi di una
anche l’altra si danneggiasse. L’attenzione
degli scienziati si sposta allora su
quell’organo che era punto di incontro fra le
due nature e si conferma infatti che lesioni a
certe aree del cervello danneggiano o anche
distruggono aspetti della vita mentale di una
persona. Non solo i sensi come la vista, ma
persino certe capacità emotive, tendenze caratteriali o attitudini come quelle creative che
vengono attribuite all’anima. La teoria evoluzionistica di Darwin sopprime ogni dubbio e
porta ad un definitivo rifiuto scientifico di un
entità immateriale: se infatti tutti discendiamo
da uno stesso antenato, una forma di vita
unicellulare evidentemente priva di psiche,
considerando con la stessa evidenza che
42
l’anima non può essere generata da processi
biologici/evoluzionistici allora non solo anima
e cervello coincidono ma l’anima non esiste.
Però l’uomo è diverso. Si sente diverso. Negando l’anima in cosa consiste allora la sua
diversità?
Anche qui è sempre Darwin a rispondere:
l’uomo è un animale risultante dalla famosa
selezione naturale che ha agito indifferentemente su tutti gli esseri viventi; la specie
umana non è frutto di speciali processi evolutivi ma esercita una supremazia sulle altre
specie per le sue capacità celebrali che ne sono distintive. Il cervello umano è conseguenza
di uno lento e complessissimo sviluppo che
ha riservato unicamente alla sua specie capacità uniche come l’autocoscienza, l’intelligenza di comprendere le leggi che regolano
se stesso e ciò che lo circonda e, si, anche la
capacità di illudersi. Percepiamo quindi
l’esistenza di un’anima per la complessità della nostra mente e assurdamente le diamo
credito.
Alla fine però c’è chi poi - non fraintendete non nega le parole della scienza, non oserebbe, le rispetta anzi, e le condivide, è però maledettamente testardo e custodisce la folle
convinzione, complementare alle dimostrazioni scientifiche, che esista, ugualmente,
qualcosa di meno impalpabile, di irrazionale e
perciò così affascinante; qualcosa che la
scienza non può sottomettere completamente ai suoi ragionamenti, qualcosa che non è in
grado di afferrare senza timore di infrangersi
lei stessa, il timore dell’insicurezza propria davanti all’oscuro, che sconfina senza curarsi di
leggi, perché infatti quelle leggi, comuni a
tutti, oggettive e periodiche non la regolano,
non la traducono. E quindi c’è chi poi, nel suo
limitato, incomprensibile io, conferma quel
qualcosa indimostrabile, intraducibile, qualcosa che si mostra per vie invisibili alla scienza
che vede fino a dove le cose rimangono visibili.
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A21PENSIERI&PAROLE
IL NUMERO 3
di MATTIA GALLI
Sono tanti i misteri nel mondo, tante le cose a
cui probabilmente non sapremo mai dare una
risposta. Siamo soli nell'universo? Continueremo a vivere dopo la morte? Dov'è finito il
collo di Maurizio Costanzo?
Ma anche questa continua presenza del numero 3 nella nostra vita (soprattutto in quella
di molti studenti) è qualcosa di curioso e allo
stesso tempo disturbante. Cerchiamo quindi
di analizzare questo numero prendendo in
considerazione alcuni suoi aspetti.
Innanzitutto, da definizione, il 3 è un numero
naturale, dispari e primo. Ma sorvoliamo il carattere matematico e passiamo subito agli
aspetti pratici. La prima cosa che ci viene in
mente quando pensiamo al 3 è sicuramente
la Trinità: Padre, Figlio, Spirito Santo (forse
l'unico tridente più forte di Messi, Neymar,
Suarez). Nella simbologia cristiana il 3 è considerato il numero perfetto. Inoltre Cristo
muore a 33 anni. Nella Divina Commedia,
Dante fa riferimento a questo numero ogni
qual volta gli è possibile: abbiamo le 3 cantiche, i 3 mondi dell'oltretomba (Inferno, Purgatorio, Paradiso), l'utilizzo delle terzine, le 3
fiere.
Troviamo nuovamente l'arcano numero nella
filosofia di Hegel. Secondo il filosofo tedesco
il mondo si sviluppa "dialetticamente", ovvero
seguendo 3 fasi consequenziali che sono la
Tesi, l'Antitesi, cioè la negazione attraverso
una contraddizione interna della Tesi, e la
Sintesi, che equivale ad una situazione in cui
l'Antitesi è stata superata e la Tesi migliorata.
Ma pensiamo anche alla vita di tutti i giorni.
Tanti sono gli interrogativi su questa bizzarra
cifra.
Perché sono 3 i desideri che possiamo esprimere se strofinando una lampada esce fuori
uno strano tizio con le scarpe a punta? Perché
i trentini che entrano a Trento tutti trotterellando sono 33? Perché alle 3 del pomeriggio
mandano in onda i programmi di Barbara
D'Urso? Perché non c'è due senza 3? Perché
la linea telefonica della 3 non prende da nessuna parte? Perché quando vuoi uscire con la
persona che ti piace c'è sempre una TERZA
persona a fare il TERZO incomodo? Perché il
90% delle bandiere nazionali sono fatte da 3
fasce colorate, verticali o orizzontali? (Come
al solito gli americani hanno fatto i megalomani). Perché tutti i numeri di cellulare iniziano con 3? Perché i moschettieri sono quattro
ma il libro si chiama "i 3 moschettieri"?
Secondo alcune leggende se a mezzanotte
urli 3 volte davanti ad uno specchio "Bloody
Mary", un simpatico spettro insanguinato dovrebbe provare ad impossessarsi del tuo corpo ed ucciderti. Oppure se si pianta 3 volte il
coltello nella terra (sempre a mezzanotte naturalmente), la terra dovrebbe aprirsi sotto i
tuoi piedi e Satana dovrebbe venire a farti visita.
Questa importanza che il 3 ha nel mondo è
veramente particolare. Perché il numero uno
non ha il suo stesso valore? Dopotutto "chi fa
da sé fa per 3". Però è anche vero che "l'unione fa la forza". Quindi perché non il 2? Probabilmente perché il 2 crea un dualismo e spesso quindi un conflitto. In questo modo il 3 diventa una sorta di simbolo di conciliazione,
poiché due concezioni opposte non possono
che essere risolte da un terzo modo di vedere
le cose. Possiamo inoltre definirlo il numero
della democrazia. Affinché ci sia una democrazia devono esserci almeno tre persone differenti. Forse il perché di questa importanza
non lo scopriremo mai, ma questo numero ci
perseguita in ogni istante della nostra vita. Vi
ricordo inoltre che il simbolo degli Illuminati è
il triangolo... Fate attenzione!
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Articolo21
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A21RUBRICHE
PIERO DELLA FRANCESCA:
IL PUNTO E LA LUCE
di SOFIA ARCIERO
Prima di essere considerato “classico” ogni
grande artista è stato uno sperimentatore.
Qui vogliamo evidenziare un preciso
momento della vita di Piero della Francesca,
quando il suo linguaggio innovativo è stato
compreso e apprezzato, rendendolo un
artista studiato e apprezzato, come mai lo era
stato in passato dal pubblico nel
quindicesimo secolo. Ma andiamo con
ordine...
Biografia dell'artista
Piero della Francesca è stato senza dubbio
uno dei più grandi pittori italiani del
Quattrocento. Come Leonardo da Vinci, Piero
fu un grande sperimentatore: grande maestro
dell'affresco, fu interessato soprattutto
all'applicazione delle regole recentemente
riscoperte della prospettiva alla pittura
narrativa e devozionale.
L'artista nacque intorno al 1415 a Borgo San
Sepolcro; probabilmente la sua formazione
avvenne proprio lì nel suo luogo natio tra le
influenze fiorentine, umbre e senesi. Nel 1439
si spostò a Firenze dove finì il suo periodo di
apprendistato in varie botteghe d'artista e
cominciò la sua carriera con la sua prima
opera Madonna col bambino forse risalente al
periodo che va dal 1435 al 1440.
A causa del suo lavoro fu costretto a spostarsi
in tutta Italia a seconda delle richieste che
riceveva, riuscendo comunque a organizzare,
come era uso a quei tempi, una bottega per
insegnare a giovani apprendisti quello che lui
aveva imparato anni prima. Ma, al contrario
dei suoi contemporanei, Piero della Francesca
volle provare nuove tecniche, restando chiuso
notte e giorno nel suo studio a sperimentare
l'uso dell'olio nell'impasto dei colori, a
riempire taccuini di calcoli matematici per
codificare la resa prospettica che avrebbe
44
regalato alla pittura rinascimentale un nuovo
sguardo, pienamente rivoluzionario e per
questo inizialmente osteggiato dai potenti.
Tra le sue opere ricordiamo in particolare La
Resurrezione, La Storia della vera Croce, Il
Battesimo di Cristo e Il Doppio Ritratto dei
Duchi di Urbino.
Fu proprio l'originalità della sua produzione, a
consentirgli di ottenere la commissione del
Polittico della Madonna della Misericordia da
parte
dell'omonima
Confraternita.
In
quell'occasione, fu stipulato un contratto che
prevedeva il compimento dell'opera in tre
anni, il controllo e il restauro della stessa nei
successivi dieci e soprattutto l'utilizzo di
tecniche e colori conosciuti e apprezzati. In
realtà il polittico fu ultimato in quindici anni,
ma la maestosità della Madonna conquistò
finalmente i nobili e il popolo,
Divenuto cieco, Piero della Francesca morì a
San Sepolcro il 12 ottobre 1492, proprio il
giorno della scoperta dell'America, e fu
sepolto nella Badia di Sansepolcro.
Studio sulla
naturali
prospettiva
e
sui
colori
Piero della Francesca dedicò la maggior parte
della sua vita allo studio di due specifiche
tecniche pittoriche: la prospettiva e l'uso dei
colori naturali. Le applicò poi nelle sue opere,
creando un certo scalpore tra il popolo il
quale non accettò le sue innovazioni fin
quando non ne fu conquistato…
Articolo21
21
A21RUBRICHE
ENIGMISTICA
di LAURA ORDONEZ VALVERDE
ORIZZONTALI:
1
2
1. Proprio di una determinata 12
cosa.
15
12. Si propaga nel tempo e
nello spazio.
18
13. Quello colposo è meno
grave.
23
15. Lo è la colonna dorica.
17. Sono pari nell’Enel.
27
18. Un satellite di Giove.
19. Il centro dell’Etna.
20. L’editto di Enrico IV.
23. Desumere.
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26. Il Padron dei Malavoglia.
27. Né oggi, né domani.
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28. Regional Economic Integration Organisation.
43
30. L’etichetta che ha prodotto il primo album di Kendrick
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Lamar.
32. Assassin’s Creed.
33. Il “Beta” di Topolino.
34. Il dio greco della guerra.
35. Frazione di tempo di durata indefinita.
37. Verso della rana.
38. Si usano per sciare.
39. Rabbia.
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41. Divinità solare mitologica egizia.
43. Però.
44. Sito archeologico in Grecia che fu culla di una grande civiltà.
47. Proteina chinasica B.
48. Colpo di mare che è provocato da una violenta onda.
49. Tomografia Assiale Computerizzata.
VERTICALI:
1. Movimento filosofico sviluppatosi nel XIX secolo.
2. Tengono fisse le barche.
3. Ostacola i Navi nel film di “Avatar”.
4. Dottrina orientale ispirata ai “tantra”.
5. Colbacco senza Bacco.
6. Paese del Medio Oriente con capitale Mascate.
7. Antica preghiera di supplica.
8. Pianta molto usata nelle decorazioni architettoniche greche.
9. L’inizio della Ripetizione.
10. Lo Sheeran cantante.
11. La quinta nota musicale.
14. “Dentro” in inglese.
16. Aeronautica Nazionale dell’Italia, che aiutò
il paese durante la seconda guerra mondiale.
21. Torino.
22. Il contrario di “uscita”.
24. Lo sono i campi prima di essere seminati.
25. Lo è una dottrina condannata dalla chiesa.
29. La quinta essenza.
31. Esonerato da un qualcosa.
34. Un’unità di misura dell’area pari a 100m2.
36. Lo fa l’antivirus al pc.
40. “Formica” in inglese.
42. Lo è qualcosa che va bene.
44. La fine dell’Anima.
45. La variante di “.com” per l’Italia.
46. Electronic Arts.
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Articolo21
21
A21RUBRICHE
ENIGMISTICA
di ELENA VALANT
ORIZZONTALI:
1
1. Due circonferenze con due punti in comune.
7. Centrale in Fascista.
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9. Protagonista insieme a Teseo.
14
11. Fare qualcosa da soli.
14. Legge naturale nelle religioni orientali
che regola il cosmo.
15. Modo dialettale romanesco per dire se18
no (singolare).
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16. Iniziali di Isabel, famosa scrittrice cilena.
17. Electro-Optics-Technology.
26
18. Salerno.
20. Osserva il volo degli avvoltoi per cibarsi.
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23. Un formato di file open document.
24. Bloccato e arrestato o ricoperto e rivesti- 33
to.
37
25. Iniziali del Ministro della Giustizia nel governo Renzi.
26. Cantante spagnolo di musica pop.
27. Zona di salvezza nel deserto.
29. Ente territoriale preposto per la sanità pubblica.
31. Non uniforme al tatto, irregolare.
33. Compilata, scritta, stesa.
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35. Lo era archeozoica, paleozoica, neozoica…
37. Due congiunzioni.
38. Giancarlo produttore discografico italiano.
39. Rana.
VERTICALI:
1. Un William inglese molto famoso.
2. Una volta erano trainati da cavalli.
3. Lo parlava Gesù.
4. Una canzone di Ed Sheeran.
5. Con essa si crea un link al profilo interessato.
6. Una cosa nuova.
7. Aggettivo che indica un qualcosa a base di carne.
8. Trasandata, trascurata, malvestita.
10. Formula molecolare dello ioduro di sodio.
12. I confini di Roma.
13. Discioglie, districa.
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19. Vento che spira nell’emisfero boreale da
nord-est verso sud-ovest; importante nella vela.
21. Gioco di carte francesi del XIX sec. .
22. Persona con un naso particolarmente vistoso.
28. Il paradiso terrestre.
30. Il grande Lucio.
32. Né prima, né dopo.
34. La mattina americana.
36. Iniziali di Aurora attrice italiana.
Articolo21 n.9 – Marzo 2016
Redazione Claudiu Ivan (responsabile), Sofia Arciero, Lucrezia Caianiello, Aurora Carbone, Silvia Cascegna,
A. Emanuele Casucci, Alessandra Cianfanelli, Alessandro Francescangeli, Mattia Galli, Felicienne
Lauro, Serena Malerba, Francesco Marsella, Elena Valant, Laura Ordonez Valverde, Gabriella Pinto, Valerio Siloni.
Impaginazione e grafica Claudiu Ivan.
Copertina Alessandro Francescangeli, la frase in copertina è di Pier Paolo Pasolini.
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