Nelle trasparenze caotiche di nuvole perpetua
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Nelle trasparenze caotiche di nuvole perpetua
A chi ancora ci crede Il canto delle urine .Il Canto. Qualcosa ancora si prova, pelle contro pelle mano strofina mano, ma qualcosa va in cancrena, un odore nauseabondo che si assorbe su qualsiasi cosa come linfa su terra, pelle contro pelle mano strofina mano. Non ci sono vie d'uscita: le porte sono sbarrate, il cielo una linea d'aria: tutto è chino in sé, corpo a corpo, legato, perso nell'oblio del mare come veliero spaccato a metà che cala lento, onda su onda. La disperazione ulula, ululano pure i cani, un latrato monotono, di ferro ardente sulla carne viva. E qualcuno ancora ruggisce, comanda, e stringe le corde e spacca le teste e prega convulso sotto gli occhi lucenti della luna. É come se tra le sponde di ogni sorgente fosse rimasta impregnata ogni singola cosa, ogni luttuoso lamento. Il sangue raccolto nelle radici intime del profondo non sazia la voglia di riposare. E nei pilastri di marmo che reggono strette le catene, qualcuno si dimena; è il suo turno. Le sue mani legate si muovono come uno sbattere d'ali; un moto furioso mentre proboscidi appese a obesi uomini cantano saltellandogli intorno, urinandogli nella bocca, costringendolo ad essere coro, costringendolo a lavarsi in quel lago che non è suo, ma che ormai lo appartiene. Niente di ciò che fu, solo ciò che ora è. Ora è, ora è il lamento, un gemito senza nome, un latrato monotono. É il canto delle urine che battezza un nuovo giorno. (Il suono delle campane, il fruscio del grano) É qualcosa di tenero che lieve accompagna alla morte. Non ci sono vie d'uscita. La polvere ha già ricoperto gli alberi coi tarli, col cigolio del cadere, con quel qualcosa che ancora si prova, i brividi dell'orgasmo, la voce della morte che servilmente ci accompagna, ci resta al fianco lungo tutta la vita, pelle contro pelle mano strofina mano. .C'è. É come se fossi complice. Così la vedo. E come me, te uomo. Uomo: vedo campi grigi con fiori di metallo e mari argentati carichi di proiettili. Cadono giù dal cielo. La terra esplode in mille colori. É quasi bello. Ma un brivido mi parla. Le radici succhiano la polvere; gli alberi non hanno foglie. Feti. Feti luccicanti che strillano, che si svezzano cadendo e strisciano; mutilati cercano la loro madre. Ma piove e le radici succhiano la polvere. Senti il tremare della terra? Riconosci il tuo nome in quel straziante strisciare? (Tu sai correre uomo, Tu sai) C'è. C'è solitudine. C'è un mondo che si sgretola, arrugginisce. C'è un silenzio che lega e una mano che soffoca. (Noi sappiamo) C'è. C'è un filo spinato che divide ogni luogo. C'è una cesoia che mozza le caviglie. C'è un silenzio che appaga e una mano che dirige. (Figli del nulla. Padri della pioggia) C'è, un cimitero come nostra casa. Lo sappiamo. Così la vedo. .BambinIta. BambinIta piange. Sa che deve morire. I monti imburrati si sono sciolti. Ora è solo mare. Non ci sono appigli. C'è solo un grande pubblico che incita e applaude. (Grettezza nell'aria tubercolotico in gabbia polipo in vaschetta un nano che cerca la sua altezza) BambinIta un circo. (ridere mentre si affonda) Prima famosa attrazione: la magia. Il leone è muto. Il trapezista cieco. Il clown tristemente sordo. La magia è rendere tutto naturale e contrario. Seconda attrazione: il dopo. Il presentatore ci racconterà di altre strabilianti attrazioni che seguiranno a momenti mentre il tendone si sgonfia le giostre si spengono l'acqua affoga. Ultima attrazione: la morte. Il pubblico incita e applaude. BambinIta, donna di infiniti costumi; donna piange. Drogata Stuprata Umiliata Trivellata Sfruttata Cementificata Dilaniata anima, corpo, vagina, stomaco e gambe pomodori, rondini, olio e piange. Altri scherzano giocosi. Altri dalle poltrone calde osservano la fine da una TV dove tutto fa bene, dove tutto va bene. (Taffarugli, lordira, erbazza) BambinIta, cantiamo insieme quest'inno al suicidio. Ancora il pubblico incita e applaude. .Oggi (e domani basterà). 1 Oggi ho conosciuto te. Sono state solo parole, parole pronunciate dal mio cuore. Non ricordavo la sua voce. Ritornerai alla terra dell'uovo? Dimmi che non tarderai. Oggi ho creduto di volare. Cigno di metropoli. Ali di cemento, busto di ferro. Peso. Ho sempre temuto la mia presenza. Ma la tua sudata lingua parla in nuvole. Oggi non peso. Oggi ho ripreso a volare. Canta Ares sul pianto dei muri piangenti. Noè è già giunto. E se io fossi il Messia? Non tarderesti al banchetto, vero? Dimmi che sarà tuo il bacio del Giudizio. Accompagnami nella valle oscura, ultima dimora di elefanti e re. Sbrigati. Non tardare. 2 Le città crollano come caramello fuso Allatta dal tuo seno chi fame ha Tu hai ristoro Tu hai l'antidoto oh Madonna Fallo per tutti per loro Per me basta che mi seppellisci sotto l'anziano ulivo e che al suo fianco tu ponga riposo oh Madonna E che prima di abbracciare Morfeo sprema le sue foglie olio per la tua bellezza latte vita per le tue mammelle oh Madonna le città crollano l'asfalto si increspa tutto è mare tutto è cielo Ho lo stomaco nella coscia. Un verme che vuole fuggire. E se io fossi Caino? E se io ponessi il Giudizio? Dimmi che mi accetterai. Aiutami ad essere corretto, a non impigliarmi nella rete di quei grossi pescatori. Dimmi che non tarderai. 3 Oggi ho conosciuto te. Oggi mi è bastato. Domani, se ci sei, basterà. Oggi ho ripreso a volare. .Nel nome di Dio. ad Angelo Frammartino Bambini che cadono a terra come foglie in autunno; mamme che urlano mentre il fuoco divampa tra le veste; uomini che sotterrano i propri corpi tra le bombe e i colpi di pistola. - Nel nome di Dio: No! Però il sangue scorre sempre fra il luccichio dolce dei fiumi, e il monte troneggia sempre con le sue vette innevate, e un grasso cammina sempre tra la puzza di marcio mentre avvoltoi gli puliscono la strada. - Ma nel nome di Dio: No! E il fetore di morte inquina l'aria ed entra come liquido nel suolo e nasce sulla terra in forma di rosa rossa. La si coglie, e la si tiene in casa come decoro, mentre un altro corpo stramazza e un nuovo fiore sboccia. - Ebbene: nel nome di Dio, No! Ma qualcuno si esplode qualcuno spara qualcuno distrugge qualcuno decapita qualcuno stermina qualcuno urla: - Nel nome di Dio! Nel nome di Dio questo e tutto. .Solo lei. alle Madri di Plaza de Mayo La stanza è lercia. Nel lavandino il calcare cola come panna cotta. (Tocca il pavimento, le sedie, si arrampica sui muri, ridipinge le tende bucate) Su di un tavolo scarafaggi litigano in un piatto vuoto nel cercare - tra granuli giganti di polverequalcosa da mangiare. Solo il loro grattare scandisce vita e vissuto. Il resto è nero. Come il tanfo, come il marcio che cammina su e giù dal divano dove un bel corpicino dorme in casta putrefazione. Ha indosso un abito da sera, aspettava qualcuno. Aspettava qualcuno che sporcasse le posate o rispondesse a qualche domanda. (Tanto per chiacchierare, come ogni sera) Ma nessuno risponde. Nessuno ricorda. Nessuno vuole... Nessuno. Solo lei. Lei che gli ha dato vita e una vita ancora: la sua. Lei che ha aspettato. Solo lei. Lei che non si è arresa al nessuno. Solo alla morte che non può aspettare. Solo lei. .Ridono. a Ernesto e Violeta Camerati Ridono ridono come maiali ubriachi e le serrande sono alzate e le piazze gremite di gente tutti ridono un plotone di denti che sputa sangue e tabacco masticato a lungo. I muri non bastano sgozzare le orecchie per interrompere quel coro non provoca che altro dolore e risa. Cadono milioni di foglie anche essendo primavera. I vecchi raccolgono con pazienza. Si dice che ormai sono colline e domani vette. Mute. Sono foglie un falò dove intorno tutti ridono ridono ridono e ridono ridono ridono. .Casa della vita. Non c’è lei. Ho girato in tutte le stanze dell’hotel e non ho trovato che orologi a parete. Sarà a casa. Busso. La porta è aperta. Dentro, solo un bambino senza orbite. Sussurro il suo nome. Impreca. Prende a picchiarsi. Sbava, sputa, trema fino a scoppiare in una risata isterica. Non esisti vero? Non siamo mai esistiti né nati. Quel che siamo non ha un senso. È reale. Ma qual è lo scopo? Socchiudo la porta e rientro in hotel. Ho prenotato una camera, solo per me. Non ho bisogno di nessuno. Mi appendo e aspetto che si scarichi. Insieme. Cuore con cuore, palpito secco – Tac Tac lui, io – Tac Tac – noi - Tac Tac .Il giardino del castello. Tra cipressi e lucertole un ragno tesse la tela, un’anziana fila la lana. Lavorano lo stesso filo: un castello bianco di polvere, umidità, artrosi. Tutto è chino. Le torri si sostengono a vicenda. Le stanze si sgretolano ad ogni colpo di tosse che giunge cupo dalla gola infiammata del camino. Cadono lampadari, quadri, utensili. La cucina si smembra e nelle camere da letto i vetri esplodono come i cuscini e i pigiama. Questo è il castello: un'ombra barbuta che s'irradia ai giardini circostanti d'albero di pesco e di nespolo. Si appoggiano al terreno, affannano; hanno muffa e rughe sui tronchi così come i fiori viola che nascono appassiti e cenere a terra sbocciano in iguane. Grasse, azzurre iguane che si baciano, si leccano, trovando sapore; giungendo ad orge di sangue di carne. Cantano passeri sul fischiettare del giardiniere che accarezza i frutti appena nati. Cantano passeri nel calmo filare del tempo. .Neve. Neve neve e passi sei passi e dentro ad ognuno un milione di lingue mozzate E allora chi è che parla? Ricordi Memoria e lingue lingue che stridono come acciaio levigato come neve neve neve che viene neve che va C'è una gallina che cova rosmarino e due bambine capelli di mais che si scambiano bestemmie E' un ritaglio indelebile come il binario o i forni o le docce E allora ricorda nulla deve tornare Ricorda Mamma terra .Mama. a Vincenzo Niutta Non andrò oltre l'orizzonte a chiamare il sole per il mio ritorno e non andrò verso le stelle a incidere nuovi sogni, scenderò quieto dalla punta più alta dell'Aspromonte e quieto resterò ad osservarti Mamma. Resterò ad osservare casa mia che si suicida nel cemento o che si ciba di mundizza, menzogne, apatia e melograni, melograni spappolati e carti, briscula e trissetti, scupa, e more con fiori di ginestra calpestati da verdi rovi e vicoli e strade ricoperti da gambi di gelsomino mozzati alla testa che sanguinano, sanguinano su coste e valli, abbracciando fiumare che corrono corrono sotto piedi che pigiano pigiano uva acerba che dorme nelle gole di uomini che hanno sonno. (Cadono sul letto come piume dal cielo, ma sono serpenti allegri nell'ombra di un bar) Calabrisella mia facimmu amuri mò, ora che in notte danza Mamma con gli strilli dei cummari, il secco pestare di una zappa, il belare di una capra e il ronzio di mosche e il colpo di lupara inferto su d'un infedele. Calabrisella mia, cadono sul letto come piume dal cielo. Calabrisella, non devo andare a cena da nessuno per vedere un pezzo di pane accoltellato. Casa mia; gambi di gelsomino mozzati. (Tu moriri mi fà) Danza Mamma Oilì, Oilà .Sant'Ilarione. a Vincenzo Rullo e Francesca Mileto Tira violento vento del sud, tira scoprendo siepi, spogliando rami, abbattendo condomini dove mandorli marciscono dove oleandri appassiscono. Tira violento vento del sud, tira nei campi, negli ovili, nelle mani dei padrini nelle tasche degli gnuri tra i porcili e le serre tira violento vento del sud in via Crucis, via Roma, via Niutta, tra predicatori e pasticcieri e Sant'Ilarione, tira, che a lui chiediamo perdono - tirittuppitielariullà Lavaci e dissetaci col tuo sangue di gloria e di misericordia. Chiediamo la tua grazia per tutto il dolore afflitto - tirittuppitielariullà Siamo peccatori (non conosciamo altra gioia; non professiamo altro gioco) Dacci grazia oh Misericordioso! - tirittuppitielariullà Da Gerusalemme a New York, da Mumbai a San Nicola, ogni teatro è identica rappresentazione: Bambini che rincorrono gli autunni Donne che si nascondono dietro tende Uomini su travi che inchiodano i loro giorni Spariscono con identica rappresentazione, col silenzio ghiacciato dei monti col rombo di auto in galleria. Deve scorrere. Deve scorrere. È vita e anche se non funziona deve scorrere deve scorrere senza intoppi: con occhi grigi vestiti da giudici tra pilastri d'azoto con ville d'uranio e cortili al plutonio. Tutto va bene, tranquillo deve scorrere deve scorrere tranquillo, tana libera tutti. .Fico d'india. a Benedetta Fiorenza Sei frutto ricoperto di spine. Sette colori e pungi. (Catapultami nei tuoi sogni) Metto guanti di alabastro e cantando le note tiepide della Torah ti stacco, ti osservo, ti studio rigirandoti tra le dita e sei uovo di Fenice e sei mia sposa di Caulonia perché solo qui sono marito. Ovunque mi aspettano altri rovi e donne. Tutto il mondo ti è parente. Ma adesso sono qui e sempre qui tornerò a danzare con la tua Taranta, ad assaporare le tue sarde che profumano d'olivo, a guardare dal basso il torpido infinito e dall'alto le affranti valli che s'inabissano nell'eterno. Qui la terra ti custodisce: il tempo è atomo congelato come un orologio che non fa errore. Qui elargisco tutta la mia potenza: alzo un piede e sono libero, tra le viuzze e i fichi le castagne e u petrusinu, alzo un piede e sono colomba. (Catapultami nei tuoi sogni) Ti sbuccio e sei dolce e morbida come le braccia unte di quel grasso che cerca di azzannare la sua stessa carne mentre si difende da chi non ne ha mai avuta. Sogni e comandi: Non arrenderti alla morte. Prendila sotto braccio e accompagnala nella fossa dei delfini e dei dalmata a vedere cos'è la normalità; ubriacala di vino e coriandoli; guidala nella terra dei pomodori e della seppia e donagli come specchio una melanzana per vedere cos'è la normalità. Ti sveglio e ti rispondo: siamo perseguitati e ci arrendiamo. Piangi e ti rassicuro: questa poesia è la mia voce è la mia religione e la morte mia sorella, tua cognata, zia di nostro figlio e amica dei carcerati e dei poveri. Giocherà sempre con noi a nascondino. Ci rimbocca le coperte ogni notte. Ma questa poesia è scritta e siamo infinito come il cielo, eterni come il mare. Qui, tra queste fiumare secche. Qui, nel drappeggiare di un verso. Luci rosse al miele .Perdonami. Perdonami. Perdonami se domani muoio, se domani non ci saranno più orchidee sul nostro letto sporco di sperma, se le stanze buie non ascolteranno più le nostre parole e i perpetui lamenti. Perdonami, ma non ho mai smesso di uccidermi per avere il tuo sorriso e per vederti sorridere, essere felice di un uomo che spesso si è sciolto negli abissi di se stesso, di un uomo che ora muore tra le braccia strette al petto a cercare ancora qualche lembo caldo della tua bianca pelle o anche una goccia di sudore o un ibrido senso di calore che nemmeno le stelle nelle notti più limpide e dolci avrebbero saputo darmi. Solo tu. Ed ora che tu vivi sepolta nella tua vita, lontano da me come il sole dalla terra, muoio stanco tra raggi d'immagini che non hanno alcun senso tranne quello di incendiarmi e lasciarmi un indelebile solco come il vuoto che ora dorme, paziente, nel mio frustrato cuore. Bianco candore, adesso la vedi la luna lassù? Ebbene, oltre, dove le stelle sembrano piccoli fiocchi di neve e dove Dio ha costruito la sua vasta ed inutile dimora, ebbene lì, ora io mi stendo, e fluttuando nell'immensità come un gabbiano nel tiepido mare, come l'occhio del ciclone, distruttivo e innocente, io giaccio nudo, tendendo una mano, come lenza, come stalattiti, io attendo che tu, solo tu, ti aggrappi e beva la mia fresca acqua, che ti disseta del mio freddo e che in notte, osservando assopita il cielo, possa sempre ricordare di quell'uomo sterile che mai ha smesso di amarti e che ora si fossilizza nel limbo del tempo come storia o passato, ma anche presente perché, lì, ebbene lì, io vivrò infinito nello sguardo dei tuoi occhi che piangenti si spegneranno nello spegnersi di ogni notte. Perdonami. Perdonami se domani muoio, perdonami se non riesco a dire si al tuo mostruoso silenzio, se non riesco a sorridere senza i tuoi denti. Perdonami, perdonami, perdonami. .Candida. Mi piace osservarti nuda e sentire l'odore caldo della tua vagina ballare nell'aria, sentire l'odore del sesso rimbombare tra le corde tese dell'universo; una delicata arpa, un arpeggio melodico. (Un odore caldo che sottomette ogni aroma) Tu sei più candida E mi piace quando ancora stanchi ti avvicini e mi abbracci, facendomi sentire Re di questo impero, il tuo appiglio, la casa dei tuoi baci. Mi piace. E mi piace quando siamo stelle e tu riprendi energia, tornando danza, risvegliando i suonatori, divenendo tu Re d'orchestra scivolando su di me - trasformandoti in predatore dirigendo ogni mossa, ballando nell'aria come un falco in picchiata verso la preda. Mi piace vedere quello che sei. Mi piace. (Un odore caldo che sottomette ogni aroma) Tu sei più candida .Non ti ascolto più. E non ti ascolto più amore, e non ti ascolto perché la nave è salpata presto dal porto questa lugubre mattina, e il mio braccio non ha avuto il tempo di afferrare le tue mani, le tue mani soffici e stanche dal carico delle immense valige. Tutto hai portato con te, pure il tuo odore sul cuscino; neppure un fragile capello. Hai cancellato ogni cosa come la notte distrugge i colori e ogni forma e ombra. E dondola la rondine tra filamenti rosa di nuvole e pillole gialle di ricordi ingoiate e poi urinate su pozzanghere che giacciono tra lampioni morti e neon lampeggianti di ospedali muti. Dondola tra la mucosa e i cimiteri dei nostri amplessi. Tenera, mi disgusta ora cercare il tuo odio per odiarti, mi disgusta cercare un modo per liberarmi di te quando di te sono fatto, quando tu sei la mia libertà. Tenera, dondola la rondine tra filamenti rosa di nuvole e pillole gialle di ricordi, tra lo sperma e l'odio e una nave che mai rivedrò. E anche se la polvere cerca di sollevarmi ricostruendoti, dondola la rondine dondola la rondine dondola e dondola vicino a un ragno che fa acrobazie tra una lapide ed una fossa. .Quattordici eterno. a Chiara Mallamo Girerò il mondo quattordici volte e dirò a quattordici stelle il tuo nome e quattordici volte dirò ti amo ad ogni metro che percorrerò per raggiungere la meta. Quattordici è il giorno nel quale sei sbocciata. La terra ti ha donato il suo grembo, il cielo ti ha battezzato, i crespi torrenti ti hanno cresciuta, ed ora io ti colgo, ti rubo, ti pianto nel mio povero giardino e sei così rossa, così bella, da non poter più fare a meno di accarezzare i tuoi petali e solleticare il tuo gambo. Ma devo ancora partire e il tuo profumo sarà la mia guida. E al ritorno mangeremo lo stesso pane, berremo dallo stesso bicchiere e ammazzeremo il tempo giocando nudi, coprendoci di orgasmi e carezze, sconfinando i suoi limiti, unendo il dì alla sera come i nostri corpi incollati, incastrati. Ci seppelliremo così. Ci faremo seppellire così, nudi, ricoperti d'orgasmo, incastrati. Così ci addormenteremo; stesi nelle città del tempo, nei meandri delle colonne di Babele, sulle coste di Itaca e su quattordici stelle, dove avremo lo spazio di non dividerci mai. Anche la morte ci avrà uniti e vivi. .Io sono tu. Sai quante volte ho pensato di non amarti per poi vedermi cucito alle tue braccia? Non è facile. Non è facile comprendermi, non lo è neppure per me. Quando vedo questo mondo spaccarsi e sentirsi inutile, e vedersi solo pezzo di un puzzle senza eguali al quale attingersi; senti che non è facile, che non è semplice amarsi, amare, come si ama un gatto o un criceto. Comprendimi. “Perché pensi al suicidio? Perché quello che provi è solo tuo? Perché piangi? Perché non la smetti di fare ciò che fai? Perché sei un perdente? Perché non ti arrendi? Perché sei solo? Perché piangi? Perché asciughi le tue lacrime? Perché zio non è più qui? Perché il silenzio non parla? Perché parli? Perché piangi? Perché nessuno asciuga le lacrime al posto tuo? Perché scrivi? Perché ti impegni? Perché morirai? Perché non ascolti? Perché si vive a convenienza? Perché tutto corre al contrario? Perché piangi? Perché tutti lo fanno? Perché il rosso è rosso? Perché la luna cambia forma nell'arco del mese? Perché ci poniamo delle stupide domande? Perché esistiamo? Perché ci poniamo? Perché piangi? Perché muori? Perché scrivi? Perché?” Non è facile, come non soffrire, come non amarti. É bello. É un sorriso; il tuo sorriso che mi sostiene. Non scendere mai negli abissi del silenzio perché la tua parola è il dire di mille discorsi e le tue labbra l'acqua di milioni di popoli. Lo sai quanto è facile essere un chicco di sabbia tra chilometri di deserto. Non chiudere la tua bocca o non strappare mai via i tuoi denti. Io sono tu in questi semplici gesti; l'aria con la quale resisto. Mi sostiene. Sempre. Mai. Non scendere mai negli abissi del silenzio. .Ti amo. a Franceska Gajdova Passaniti Io ti amo, qui, su questa terra, qui, sulla mia povera terra, dove ogni cosa, ogni singola cosa, sa di te. E forse vive pure di te. Come io, come le onde affamate del Mediterraneo, come gli ultimi minuti del meriggio quando il sole cola dietro l'Aspromonte, come il mio cuore che ha piastrellato su di esso il tuo volto rendendoti sangue, battito, vita. Forse tutti viviamo di te, ma è un vivere losco, costruito su ricordi e addii. Non mi sono ancora arreso al tuo addio, come non si sono arresi pochi di noi ad ogni minaccia o inutile dolore. Ci cammina sulla schiena, ci succhia dentro come sanguisuga, ma non cediamo. La nostra pelle non si abbatte all'abitudine. Non voglio arrendermi. Io ti amo qui dove tu sei vissuta e dove ancora io vivo e ti rivedo. E' la spiaggia dorata sotto le onde della luna; è il risveglio dei gabbiani e dei nostri occhi; è l'odore pungente dei nostri sessi mescolati al sale. Gli ulivi che danzano assomigliano al tuo corpo, le ginestre profumano della tua bianca pelle. Qui c'è proprio tutto. Tranne te. E di te ci sono cose che non voglio pensare, cose che non ti ho mai chiesto o detto, cose che mi hanno distrutto, lacerato, offuscato. Ho secondi da recuperare e anni ormai passati, abbandonati, offuscati. Io ti amo, qui, su questa povera terra, dove tu sei vissuta quel tanto che basta da poter rendere tutto tuo come il mio cuore impiccato in gola. .Porta aperta. Saccheggerai i porti oh Lurida Bambina, gridando il mio nome, violentemente, da uomo a uomo, con odio, con soddisfazione, maledicendo i miei gesti, bestemmiando contro le mie parole, raccontando a sorde orecchie il cane che sono, la miseria che tengo, sputando a terra ad ogni frase, ridendo, ridendo perché lo sai: le tue urla si scagliano sulle onde dei tuoi viaggi giungendo sino al letto di casa mia dove ergo e demolisco sogni. Come il tuo. Però oggi non puoi sapere che mi manchi e non so neppure io il perché l'ho fatto e perché oggi mi pento. Il mio cuore ha cento stanze ed una dove la targa porta il tuo nome. E' aperta. Le altre sono tutte chiuse a chiave, sporche e marce le maniglie e con nessun nome a rappresentarle. Anche io oggi mi odio perché Lurida Bambina salperai su altre navi e giungerai in nuovi porti e ancora griderai il mio nome da uomo a uomo, violentemente, con soddisfazione, e ancora io ascolterò le tue risa, piangendo, piangendo accanto ad una porta che non vuole chiudersi. .Foto. Io non so cosa fai, cosa pensi, con chi ti assenti o parli, ma capita che ci penso quando tra l'alba e il crepuscolo, seduto, resto sulla porta ad aspettarti. E aspetto. E così ieri e anche oggi e lo sarà domani, questo continuo illudermi, questa continua voglia di averti, di riavere la tua assillante voce, assordante, come un tubo metallico tamburellato con violenza. E così ieri: quando piangevo soffocato tra le carezze; e oggi: mentre rido per l'insistente niente. E oltre? E domani? Le mie mani si scagliano vorticose nell'aria, vogliono ancora conficcarsi nella tua insipida carne. Li vedi? Li ascolti? Suonano, suonano vapori di silenzio, come quello che punge sulla mia schiena così quieto e lento da cantare. É la tua voce, proprio come la tua, ed è il mio strazio, solo il mio, ed è l'inutile formicolio sul petto quando luna d'amianto o fiume d'argento o lingua di vento rivedo i nostri discorsi appesi a labbra come piccoli burattini che non hanno vita ma che cercavano di avere. Lo giuro: non so cosa fai o cosa pensi, ma, lo giuro, che vorrei ora saperlo. E vorrei sapere se è vero, se è vero che tu sei rondine, che le tue vesta sono ali e che il tuo corpo cavalca l'oscuro oceano. Così mi hanno detto. Vorrei davvero saperlo. Ma aspetto. Sai? Ho già inciso il nome sulla mia lapide. Manca solo la foto, quella foto che non ho mai avuto senza di te. Neppure una. Una. Solo foto che ritraggono noi, che parlano di noi, foto che si concluderanno con noi. E così ieri e anche oggi e lo sarà domani. .Requiem. a Pablo Neruda Piuma erotica, sensuale ondeggiare, virtuoso silenzio che accompagna la tua discesa soffice, soffice come le parole del vento che suonano questa tua danza macabra, quasi immobile, leggiadra nuvola, libellula rosa, sinuosa, sinuosa come il suo corpo, come il suo corpo che si stende, che striscia e si avvinghia a monti di pelle fino a scendere giù, giù a sporcarsi e riscaldarsi tra fiumi di miele bianco. Ma piuma erotica, granito senza peso, perché mi guardi? Cosa vuoi? Perché ancora non sei terra battuta o sasso di ruscello? (Puoi tardare, ma non rimandare) Io l'ho visto in lei, io lo vedo da questa finestra mentre getto gli ultimi sbuffi di sigaretta, di questo grigio fuggire abbracciato alla vita. Lo vedo in te col tuo cadere. Lo vedo ovunque. (Questo vuoi dirmi?) La fine, passo dopo passo, in tutto, semplice, amata, scontata fine. Margini di me .Ermetica umana in tre atti. Primo Atto. Ammazzami. Ammazza questo corpo. L'anima si è già suicidata. Era un vampiro di razza; non ha resistito alla dolcezza. Ora sono secco, aspro. Ammazzami. Non indugiare. Fallo e adagiami sotto quel noce che mi somiglia: anch'esso morto ma vivo in carne. Fallo, tra poco è alba e io cenere. Lascia che qualcuno mi ricorda in eterno. Non abbandonarmi al regno del vento. Secondo Atto Oh vedessi le mie puttane più tristi di quelle di Marquez! Oh vedessi le mie ali senza piume tentare il volo da una sedia! Sono figlio della signora Pazzia – Malattia. Buongiorno! Ho i calzoni bucati e mangio lombrichi. Oh vedessi l'acido del mio stomaco ribollire di Medioevo e vulcani! Qual'è il male minore? Io? Il resto? Terzo Atto Così imploravi, mio principe. Ma eccoti lava e cenere, senza patria. Volevi esserlo – nessun altro vuole: essere eroe vuol dire divenire statua o via. Ma tu avevi scelto altra dimora: terra e radice di noce. E invece, sei nel regno del vento ora senza alcun limite. Questo è l'eterno (lo sapevo): essere bocca di ogni uragano. .Amleto 09. * Sono o non sono E' un problema? Passato o futuro presente mi serve? E se fossi un contrario? E se fossi l'immagine, sogno, vita, di qualcun altro? * Sono o non sono o fui mai o mai sarò vivo morto luce sepolcro nulla è chiesto nulla è dovuto * Sono qui e sono tempo; forse linea retta o circolare; fermo o movimento. * Sono qui e sono uomo che non ha valore, ma un peso; che non ha carne ma ossa di numeri -una quota-un prezzo-; una scommessa -partita truccata-strada sbarrata-; un vinto; un dittatore; uno schiavo; essere Uomo. * Sono o non sono E' un problema. .Siamo Uno. a Mahmoud Darwish Ti stupirò sorella mia. Avrò gambe lunghe una notte e fazzoletti azzurri per asciugare il pianto dei millenni che ormai è oceano e non disseta. Specchiamoci -vedi?siamo uno, l'insieme, legati in un unico collo. -vedi?Ti stupirò perché ora che siamo io: avrò versi per accarezzare il mondo e grattare via la muffa dalle pareti; ora che siamo tu: avrò dolcezza, pazienza e grembo per cospargere i miei bacilli ed essere vita; ora che siamo uno: avrò braccia esperte per trasportare sogni e arare i campi dove coltivarli insieme al basilico, orchidee e croci in legno di noce. (C'è sempre un lutto dove sboccia una speranza) Sorella mia, sono nato atomo, esploso in materia, trasformato in seme, radice, arbusto e foglia di un piccolo mandorlo. Tu sei fiore. E siamo uniti dallo stesso destino: matureremo: tu schiacciata da una fame sfiziosa, io, vecchio marinaio, spezzato da tempeste che mi inghiottiranno così, fino a scendere giù giù dove verrò a ricomporti, giù giù dove verrò a ricominciare. Ti stupirò oggi sorella mia, oggi che siamo indelebili come questi versi che hanno la stessa pasta del nostro sangue e vivono col nostro vivere come la luce del sole con la luna come la punta di una matita. .Maracaibo. Non chiedermi più nulla. Abbassa le serrande e resta fuori. Anzi, esco io, voglio rincorrere quel giullare che scherza con la mia anima e pregarlo di non perderla, di non venderla (ancora) a quel mercante di polli, devo (ancora) capire, devo riassumere gli gnomi della mia infanzia, e Topolino e Calimero, e investigare su dei perché; sapere cos'è giusto, se ho sbagliato entrata o se sono un riflesso; se vale la pena continuare e rincorrere sudare e incrociare i tuoi occhi e non vederci niente anche se ti ho sempre amata. (Sento la necessità d'esser tutto e non provare nulla) Cosa sono diventato? Dove mi state portando? Piove, e un bambino spara alle anatre. Si sta riscaldando per il nemico, quello che gli hanno indicato: suo fratello. Sono morto già. Sono morto quando ho scoperto che la vita e la morte indossano lo stesso abito nuziale e che la primavera usa l'identico spazzolino dell'autunno. Sono morto quando Caino decise la sua vendetta come Pilato la sua democrazia. Sono morto quando le talpe gialle a pois hanno votato a favore di mine sotto il tappeto di benvenuto. (Dove stiamo andando?) Piove, e quel giullare è scappato con un pollo e delle uova. Proverò ad elemosinare amore, proverò a provare. Ma nel sangue qualcuno ha costruito una diga e una centrale elettrica che alimenta dolore mentre ogni cosa che respira nel mondo mi ruota intorno cantando Maracaibo sul treno carico di dinamite intitolato Sorriso. Nuvole di porpora .Mani di denti. a Irene Lombardo Avrai mani di seta, mani di lucciole, mani. Sorridi. I tuoi denti sono paradiso. Sorridi. I tuoi denti sono lava d'alba che cola esile tra le tende bianche del cielo, sul giardino dello Jonio che timido bacia la riva e fugace si ritira come se ancora non fosse tempo, quello lì, tempo di restare lì. Immobile. Per questo urla e scappa e come edera risale fino a tornare eruzione e silenzio e notte. Qui ho visto le mani dei marinai spezzarsi e continuare, qui, in questa calma, sotto una luna di ghiaccio che non ha alcuna voglia di dire nulla, ma solo coccolare il niente che posso stringere nel pugno di una mano. Sorridi. Dammi il sole che emani anche quando piove. Sorridi. I tuoi denti sono culla di ogni ferita. E mani. Tue mani di topazio, d'angelo, cristallo. Mani di rosa. Tue mani d'alloro e musica, ago per ricucire gli strappi e olio per colmare ogni vuoto. Avrai mani che saranno soluzione. Mani come denti, di denti. Sorridi e anche sarà alba domani. .Suona il vento. Suona il vento; stanco. Pausa, un attimo. Sulle corde il tempo si ferma, un attimo. Il trombettista è ancora gonfio per la tensione. (Marcia funebre) Un negro ha ancora un dito conficcato nel petto. (Promessa funebre) Riparte la melodia. Un attimo non può andare oltre. Un attimo non può colmare. Era silenzio e silenzio è. Solo musica; accordi raggianti; immacolata apparenza. (Balla balla mio bel fiorellino) Riparte la melodia. Sempre da dove si ferma. Suona il vento. (Funebre) .Il tuo nome. Onda candida del mare, volo leggiadro di rondine, livido indelebile sulla pelle, è scritto il tuo nome. Lo leggo orizzontale sui muri di casa. Lo scrivo in diagonale sulla mappa delle nostre città per unirci, per non sentire l’irraggiungibile distanza che ci divide. Ora basta un passo, uno sfiorare delle dita, che sono sulla tua pelle. Ci cammino lento; scruto ogni particolare. Pianto la mia bandiera. Voglio che sia mio. Ogni angolo, ogni altura, ogni segno di dolore, voglio che sia mio. Voglio che i miei piedi si impiantino sulla tua terra e diventino radice, così che entrino dentro e trovino la fonte che è il tuo cuore. Voglio essere il seme del tuo amore perché nel mio è scritto il tuo nome. .Fiore d'arancio. a Bettina Mi hanno detto diverse cose: che sei morta, che le tue ali hanno preso fuoco e smesso di brillare, così, come l'urto delle onde sulla battigia, così, come la scia di una stella. Cosa sarai? Mi hanno detto che i tuoi occhi chiusi non si apriranno più e che i tuoi denti sorridono e che il tuo corpo magro ancora è caldo di come tu eri. Ma non sei. Cosa sarai? <<Introuvable>> dice il tuo telefono. <<Introuvable>> così sarai. E penso a quante sere passate a parlare, lì, alle Colonne, e quante volte abbiamo riso e sofferto alla stupidità di questo mondo che oggi ti ha beffato, ci ha beffati, uccidendo, rendendo ogni senso un lontano sovrastarsi di nuvole. Non per i nostri cuori. Non per quel che ancora vedo e noi -tuoi compagni, amici, figli- ricordiamo. Per noi sarai sempre un fiore d'arancio appeso al capezzale del letto a profumare di gioia i nostri incubi come in vita hai sempre fatto. In vita per sempre noi sarai. Mio caro fiore, mi hanno dette diverse cose che io non ho motivo di credere. Gli angeli sono nati per non morire mai. .Un fiore. Dove la spuma del mare muore, nasce un fiore. Ha la forma del cuore. Lo colgo e lo chiamo amore. E' per te. Anche se sei un gabbiano che rasa le onde sotto l'orizzonte, è per te. Poi prendo la mano e la taglio, sotterrandola adagio. Mi tuffo in acqua e camminando sul fondo giungo al tuo volare, nascondendomi, restando ad osservarti per l'eterno. Non voglio disturbare la tua libertà. Ma se vuoi la mia in eterno è che attende. Un seme che germoglierà. Per te. Quando lo vorrai. Dove la spuma nel mare muore, una chiusa mano stringe un fiore che ha la forma del cuore. .Stella cometa. Stamattina, dietro un sasso, è sbocciata l'alba. Ho visto una luce accarezzare l'acqua e poi cospargermi e immergermi in quella luminosità. Lì ho conosciuto la tua sacra vastità; una città dove giace la follia, l'allegria. La tua unica bellezza. La vedi troneggiare tra piazze e le bocche bavose della gente. Il canto delle messe; la tua voce quella del profeta, la stella cometa da seguire in silenzio come la processione delle formiche che accompagna la Regina sul trono. Adesso il crepuscolo è giunto, e quel sasso ha ricucito con l'ombra il tuo meraviglioso impero. Nessuno di quei punti lassù ha il tuo identico bagliore. Anche loro necessitano del tuo calore, anche per loro sei esistenza. Una luce che rischiara. Sostentamento per il tutto. .Ancora un giorno. a zio Sandro Non volevo venire. Non serve. Ma in quale altro posto ritrovarsi? (I sogni sono solo sogni) Scivolo dal letto e oltre le braccia della notte nessun altro mi avvolge. Neppure qui, tra santini e ceri, davanti ai tuoi piedi, ho luce per sentirlo. Ma in quale altro posto andare se questo marmo è la tua dimora? Se il legno che ti custodisce ha l'oblio dell'avere? Io ho solo quello del ricordo (Giglio Bianco) Io ho solo quello che si lascia (Giglio Bianco) Io ho il dolore che lascia. Tessono arcani zingari stole di lana per coprire gli amanti dal freddo. Quale fibra può scalfire il ghiaccio del cuore? Tessono pelosi bruchi bozzoli di seta per essere ancora un giorno. Quante farfalle devo mangiare per avere un solo minuto? Bionde civette mi chiamano dalle sponde unte del Po per raccogliere l'arpa di luna che attende il mio flebile pianto. Verrò. Puntualmente verrà. Non serve. (I sogni sono solo sogni) Non serve. Ma ancora gigli bianchi in sgualciti prati coloro. Nelle trasparenze caotiche .Cosa vedo. a Caterina Lusuardi (Sfondo nero) Alcuni cani si rincorrono intorno ad una fontana di luce. Solo uno è fuori, seduto Re nell'oscurità. È grasso e ama la sua pancia. E ha fame. Allora, ad ogni giro, ne azzanna uno e lo sbrana, lentamente, con comodità, nell'indifferenza dei suoi compagni che corrono. E lui mangia. Così: fino a restare solo. Così: fino ad essere sazio. Così: fino ad avere ancora fame. Così: fino a restare solo: unico cibo con una fontana di luce che ha placato sete e rinvigorito orti così: fino a restare solo ruscello di sangue letto di trasfusioni bara di marmo. (Nero) .Decadimento di questa società moderna. Mi sono messo nei panni di tutti. Mi sono vestito e spogliato, lavato ed asciugato, pensato e mangiato, scopato e masturbato, con tutti. E solo ho pianto. Non mi definisco uomo. Non valuto la parola vincere. Mi lacera l’odio o il gocciolare lento di un rubinetto o l’apartheid o i bambini defunti per l'AIDS o per la fame. (solo mi inerpico nelle discese e scivolo nelle salite) Non mi piace il petrolio ne le bombe ne il silenzio di un killer o le risa di un dittatore. Non accetto l’omertà di un popolo o le vigliacche promesse dei politici o l’economia globale ne il chinare la testa ne il burlarsi di chi è sottomesso o debole o diverso. Sai cos’è l’indignazione? Sai cos’è il vero amore? Stiamo perdendo mio caro compagno. Ho il cuore fuso, stalattiti tra le gengive. Mi sono ucciso tante volte sapendo di non morire. Non ci ho creduto. Ci siamo dimenticati i nostri sogni. E ora assisti Compagno, Poeta, Popolo assistiamo al decadimento di questa società moderna mentre frana senza uscite d'emergenza, tra poltrone e televisioni allegre, tra tecnologie intelligenti e amori robot, tra soldi riciclati e puttane seviziate, tra guerre sante e donne lapidate, sotto gli occhi di tutti – le braccia di un padre che sodomizza la figlia mentre la madre differenzia il pattume ascoltando l’estasi del marito, fischiettando “O Fortuna”; sotto gli occhi di tutti. Non mi sento uomo, scusami fratello. Non sono come tutti, ma non cela faccio a non sentirmi tutti. Sto giocando pure io, amore mio. Aiutami tu a capire, a provare ancora sapore. Aiutami tu a vivere, a vivere felice o spegnimi, spegnimi sotto un cielo placido coccolato dentro a mille chiodi di garofani. .Il suicidio della civetta. .I. Ho lavato il fiume questa mattina. Ho colto un fiore clavicembalo che suonava per il cielo, ha detto, e la terra. Non ho capito la sua musica. Ha detto che non bisogna capirla. E non so a cosa serva. La fischietto e non so a cosa. Lo sprono, ma ormai è morto e lo lascio passeggiare nella corrente. Lo segue. Devo. Devo capire. .II. In giro poco o niente. Un leone cerca il suo coraggio. Un uomo di latta il suo cuore. Il coniglio corre col suo orologio. Alice, in questo giro ci sono sempre stato. .III. Su di uno scoglio che divide l'oceano, approdo. Una civetta galleggia sull'asfalto del mare. Il fiore si arena tra le sue penne. Grido. Grido e il cielo si apre e uno, due, cento, mille civette piombano e si stendono in questo inchiostro denso. E' colpa mia. Ora non ci sono altri fiori per pregare. Ho dovuto capire. Ma ho paura di giungere le mani. E' colpa mia. .IV. A quest'ora starai già sognando. Tra poco verrò a raggiungerti. Condivideremo gli stessi occhi. Chissà cosa ci aspetta. Chissà se un'altalena ci coccolerà vicini o un clown ci ricorderà di sorridere; se cavalcheremo pony o giganti farfalle che ci condurranno sino alla luna, appendendoci alla sua punta più estrema e stringerci e sentirci sudare come preda avvolta dentro una colorata ragnatela. Chissà, ma ricordami così. Un sogno incredibile. .V. E' mio questo mondo. Ancora lo penso. E penso anche alla fine di quella civetta. Ci penso da quando l'ho vista galleggiare tra burrascose onde che, senza alcun rispetto, hanno masticato e poi ingoiato. Ho pensato a me: volare, planare, virare, sorvolare e, così come è così, dal blue sprofondare nel blue. Ho pensato a voi che siete diversi come me. Ho pensato anche alla nafta e a Geppetto che dice a Pinocchio di avvicinarsi un po' di più al camino: è solo fuoco. Un esempio. Forse è tutto questo. Come quando con l'auto libero il freno e nelle curve accelero sentendo un bruciore nel petto, un leggero godimento, un sorriso beffardo, ma pensando “un semplice ritardo”; sentendomi beffato. Forse è tutto questo.