Nelle trasparenze caotiche di nuvole perpetua

Transcript

Nelle trasparenze caotiche di nuvole perpetua
A chi ancora ci crede
Il canto delle urine
.Il Canto.
Qualcosa ancora si prova,
pelle contro pelle
mano strofina mano,
ma qualcosa va in cancrena,
un odore nauseabondo
che si assorbe su qualsiasi cosa
come linfa su terra,
pelle contro pelle
mano strofina mano.
Non ci sono vie d'uscita:
le porte sono sbarrate,
il cielo una linea d'aria:
tutto è chino in sé,
corpo a corpo, legato,
perso nell'oblio del mare
come veliero spaccato a metà
che cala lento, onda su onda.
La disperazione ulula,
ululano pure i cani,
un latrato monotono,
di ferro ardente sulla carne viva.
E qualcuno ancora ruggisce, comanda,
e stringe le corde
e spacca le teste
e prega convulso
sotto gli occhi lucenti della luna.
É come se tra le sponde di ogni sorgente
fosse rimasta impregnata ogni singola cosa,
ogni luttuoso lamento.
Il sangue raccolto nelle radici intime
del profondo non sazia la voglia di riposare.
E nei pilastri di marmo
che reggono strette le catene,
qualcuno si dimena; è il suo turno.
Le sue mani legate si muovono
come uno sbattere d'ali; un moto furioso
mentre proboscidi appese a obesi uomini
cantano saltellandogli intorno,
urinandogli nella bocca,
costringendolo ad essere coro,
costringendolo a lavarsi in quel lago
che non è suo, ma che ormai lo appartiene.
Niente di ciò che fu, solo ciò che ora è.
Ora è,
ora è il lamento,
un gemito senza nome,
un latrato monotono.
É il canto delle urine che battezza un nuovo giorno.
(Il suono delle campane, il fruscio del grano)
É qualcosa di tenero che lieve accompagna alla morte.
Non ci sono vie d'uscita.
La polvere ha già ricoperto gli alberi
coi tarli, col cigolio del cadere,
con quel qualcosa che ancora si prova,
i brividi dell'orgasmo,
la voce della morte che servilmente
ci accompagna, ci resta al fianco
lungo tutta la vita,
pelle contro pelle
mano strofina mano.
.C'è.
É come se fossi complice. Così la vedo.
E come me, te uomo.
Uomo:
vedo campi grigi con fiori di metallo
e mari argentati carichi di proiettili.
Cadono giù dal cielo.
La terra esplode in mille colori. É quasi bello.
Ma un brivido mi parla.
Le radici succhiano la polvere;
gli alberi non hanno foglie. Feti.
Feti luccicanti che strillano,
che si svezzano cadendo
e strisciano; mutilati cercano la loro madre.
Ma piove e le radici succhiano la polvere.
Senti il tremare della terra?
Riconosci il tuo nome in quel straziante strisciare?
(Tu sai correre uomo, Tu sai)
C'è.
C'è solitudine.
C'è un mondo che si sgretola, arrugginisce.
C'è un silenzio che lega e una mano che soffoca.
(Noi sappiamo)
C'è.
C'è un filo spinato che divide ogni luogo.
C'è una cesoia che mozza le caviglie.
C'è un silenzio che appaga e una mano che dirige.
(Figli del nulla. Padri della pioggia)
C'è,
un cimitero come nostra casa.
Lo sappiamo.
Così la vedo.
.BambinIta.
BambinIta
piange.
Sa che deve morire.
I monti imburrati
si sono sciolti.
Ora è solo mare.
Non ci sono appigli.
C'è solo un grande pubblico
che incita e applaude.
(Grettezza nell'aria
tubercolotico in gabbia
polipo in vaschetta
un nano che cerca
la sua altezza)
BambinIta
un circo.
(ridere mentre si affonda)
Prima famosa attrazione: la magia.
Il leone è muto.
Il trapezista cieco.
Il clown tristemente sordo.
La magia è rendere tutto
naturale e contrario.
Seconda attrazione: il dopo.
Il presentatore ci racconterà
di altre strabilianti attrazioni
che seguiranno a momenti
mentre il tendone si sgonfia
le giostre si spengono
l'acqua affoga.
Ultima attrazione: la morte.
Il pubblico incita e applaude.
BambinIta,
donna di infiniti costumi;
donna
piange.
Drogata
Stuprata
Umiliata
Trivellata
Sfruttata
Cementificata
Dilaniata
anima, corpo,
vagina, stomaco
e gambe
pomodori, rondini,
olio e
piange.
Altri scherzano giocosi.
Altri dalle poltrone calde
osservano la fine da una TV
dove tutto fa bene,
dove tutto va bene.
(Taffarugli, lordira, erbazza)
BambinIta,
cantiamo insieme
quest'inno al suicidio.
Ancora il pubblico incita e applaude.
.Oggi (e domani basterà).
1
Oggi ho conosciuto te.
Sono state solo parole,
parole pronunciate dal mio cuore.
Non ricordavo la sua voce.
Ritornerai alla terra dell'uovo?
Dimmi che non tarderai.
Oggi ho creduto di volare.
Cigno di metropoli. Ali di cemento,
busto di ferro.
Peso.
Ho sempre temuto la mia presenza.
Ma la tua sudata lingua parla in nuvole.
Oggi non peso.
Oggi ho ripreso a volare.
Canta Ares sul pianto
dei muri piangenti.
Noè è già giunto.
E se io fossi il Messia?
Non tarderesti al banchetto, vero?
Dimmi che sarà tuo
il bacio del Giudizio.
Accompagnami nella valle oscura,
ultima dimora di elefanti e re.
Sbrigati. Non tardare.
2
Le città crollano come caramello fuso
Allatta dal tuo seno chi fame ha
Tu hai ristoro Tu hai l'antidoto
oh Madonna
Fallo per tutti per loro Per me
basta che mi seppellisci sotto l'anziano ulivo
e che al suo fianco tu ponga riposo
oh Madonna
E che prima di abbracciare Morfeo
sprema le sue foglie olio per la tua bellezza
latte vita per le tue mammelle
oh Madonna
le città crollano
l'asfalto si increspa
tutto è mare tutto è cielo
Ho lo stomaco nella coscia.
Un verme che vuole fuggire.
E se io fossi Caino?
E se io ponessi il Giudizio?
Dimmi che mi accetterai.
Aiutami ad essere corretto,
a non impigliarmi nella rete
di quei grossi pescatori.
Dimmi che non tarderai.
3
Oggi ho conosciuto te.
Oggi mi è bastato. Domani, se ci sei, basterà.
Oggi ho ripreso a volare.
.Nel nome di Dio.
ad Angelo Frammartino
Bambini che cadono a terra
come foglie in autunno;
mamme che urlano mentre
il fuoco divampa tra le veste;
uomini che sotterrano i propri corpi
tra le bombe e i colpi di pistola.
- Nel nome di Dio: No!
Però il sangue scorre sempre fra
il luccichio dolce dei fiumi,
e il monte troneggia sempre
con le sue vette innevate,
e un grasso cammina sempre
tra la puzza di marcio mentre
avvoltoi gli puliscono la strada.
- Ma nel nome di Dio: No!
E il fetore di morte inquina l'aria
ed entra come liquido nel suolo e nasce
sulla terra in forma di rosa rossa.
La si coglie, e la si tiene in casa
come decoro, mentre un altro corpo
stramazza e un nuovo fiore sboccia.
- Ebbene: nel nome di Dio, No!
Ma qualcuno si esplode
qualcuno spara
qualcuno distrugge
qualcuno decapita
qualcuno stermina
qualcuno urla:
- Nel nome di Dio!
Nel nome di Dio
questo e tutto.
.Solo lei.
alle Madri di Plaza de Mayo
La stanza è lercia.
Nel lavandino il calcare
cola come panna cotta.
(Tocca il pavimento, le sedie,
si arrampica sui muri,
ridipinge le tende bucate)
Su di un tavolo
scarafaggi litigano
in un piatto vuoto nel cercare
- tra granuli giganti di polverequalcosa da mangiare.
Solo il loro grattare
scandisce vita e vissuto.
Il resto è nero.
Come il tanfo,
come il marcio
che cammina su e giù dal divano
dove un bel corpicino dorme
in casta putrefazione.
Ha indosso un abito da sera,
aspettava qualcuno.
Aspettava qualcuno che
sporcasse le posate o
rispondesse a qualche domanda.
(Tanto per chiacchierare,
come ogni sera)
Ma nessuno risponde.
Nessuno ricorda.
Nessuno vuole...
Nessuno.
Solo lei.
Lei che gli ha dato vita
e una vita ancora: la sua.
Lei che ha aspettato.
Solo lei.
Lei che non si è arresa
al nessuno.
Solo alla morte
che non può aspettare. Solo lei.
.Ridono.
a Ernesto e Violeta Camerati
Ridono
ridono come
maiali ubriachi
e le serrande sono alzate
e le piazze gremite di gente
tutti ridono
un plotone di denti
che sputa sangue e
tabacco masticato a lungo.
I muri non bastano
sgozzare le orecchie
per interrompere quel coro
non provoca che altro dolore
e risa.
Cadono milioni di foglie
anche essendo primavera.
I vecchi raccolgono
con pazienza.
Si dice che ormai sono
colline e domani vette.
Mute.
Sono
foglie
un falò
dove intorno tutti
ridono
ridono
ridono
e ridono
ridono
ridono.
.Casa della vita.
Non c’è lei.
Ho girato in tutte le stanze dell’hotel
e non ho trovato che orologi a parete.
Sarà a casa. Busso. La porta è aperta.
Dentro, solo un bambino senza orbite.
Sussurro il suo nome. Impreca.
Prende a picchiarsi. Sbava, sputa, trema
fino a scoppiare in una risata isterica.
Non esisti vero?
Non siamo mai esistiti né nati.
Quel che siamo non ha un senso.
È reale. Ma qual è lo scopo?
Socchiudo la porta e rientro in hotel.
Ho prenotato una camera, solo per me.
Non ho bisogno di nessuno. Mi appendo
e aspetto che si scarichi.
Insieme.
Cuore con cuore,
palpito secco – Tac Tac
lui, io – Tac Tac – noi
- Tac Tac
.Il giardino del castello.
Tra cipressi e lucertole
un ragno tesse la tela,
un’anziana fila la lana.
Lavorano lo stesso filo:
un castello bianco di
polvere, umidità, artrosi.
Tutto è chino.
Le torri si sostengono a vicenda.
Le stanze si sgretolano ad ogni
colpo di tosse che giunge cupo
dalla gola infiammata del camino.
Cadono lampadari, quadri, utensili.
La cucina si smembra e
nelle camere da letto i vetri esplodono
come i cuscini e i pigiama.
Questo è il castello:
un'ombra barbuta che s'irradia
ai giardini circostanti
d'albero di pesco e di nespolo.
Si appoggiano al terreno, affannano;
hanno muffa e rughe sui tronchi
così come i fiori viola
che nascono appassiti
e cenere a terra sbocciano in iguane.
Grasse, azzurre iguane
che si baciano, si leccano,
trovando sapore;
giungendo ad orge
di sangue
di carne.
Cantano passeri sul fischiettare del giardiniere
che accarezza i frutti appena nati.
Cantano passeri nel calmo filare del tempo.
.Neve.
Neve
neve
e passi
sei passi
e dentro
ad ognuno
un milione
di lingue
mozzate
E allora chi è che parla?
Ricordi
Memoria
e lingue
lingue
che stridono
come acciaio
levigato
come
neve
neve
neve che viene
neve che va
C'è una gallina
che cova rosmarino
e due bambine
capelli di mais
che si scambiano
bestemmie
E' un ritaglio indelebile
come il binario
o i forni
o le docce
E allora
ricorda
nulla deve tornare
Ricorda
Mamma terra
.Mama.
a Vincenzo Niutta
Non andrò oltre l'orizzonte
a chiamare il sole per il mio ritorno
e non andrò verso le stelle
a incidere nuovi sogni,
scenderò quieto dalla punta più alta
dell'Aspromonte e quieto
resterò ad osservarti Mamma.
Resterò ad osservare casa mia
che si suicida nel cemento
o che si ciba di mundizza,
menzogne, apatia e melograni,
melograni spappolati e carti,
briscula e trissetti, scupa, e more
con fiori di ginestra calpestati
da verdi rovi e vicoli e strade
ricoperti da gambi di gelsomino
mozzati alla testa che sanguinano,
sanguinano su coste e valli,
abbracciando fiumare
che corrono corrono
sotto piedi
che pigiano pigiano
uva acerba che dorme nelle gole
di uomini che hanno sonno.
(Cadono sul letto come piume dal cielo,
ma sono serpenti allegri nell'ombra di un bar)
Calabrisella mia facimmu amuri mò,
ora che in notte danza Mamma
con gli strilli dei cummari,
il secco pestare di una zappa,
il belare di una capra
e il ronzio di mosche
e il colpo di lupara
inferto su d'un infedele.
Calabrisella mia,
cadono sul letto come piume dal cielo.
Calabrisella,
non devo andare a cena da nessuno
per vedere un pezzo di pane accoltellato.
Casa mia; gambi di gelsomino mozzati.
(Tu moriri mi fà)
Danza Mamma
Oilì, Oilà
.Sant'Ilarione.
a Vincenzo Rullo e Francesca Mileto
Tira violento vento del sud, tira
scoprendo siepi, spogliando rami,
abbattendo condomini
dove mandorli marciscono
dove oleandri appassiscono.
Tira violento vento del sud, tira
nei campi, negli ovili,
nelle mani dei padrini
nelle tasche degli gnuri
tra i porcili e le serre
tira violento vento del sud
in via Crucis, via Roma, via Niutta,
tra predicatori e pasticcieri
e Sant'Ilarione, tira,
che a lui chiediamo perdono
- tirittuppitielariullà Lavaci e dissetaci col tuo sangue
di gloria e di misericordia.
Chiediamo la tua grazia
per tutto il dolore afflitto
- tirittuppitielariullà Siamo peccatori
(non conosciamo altra gioia;
non professiamo altro gioco)
Dacci grazia oh Misericordioso!
- tirittuppitielariullà Da Gerusalemme a New York,
da Mumbai a San Nicola,
ogni teatro è identica rappresentazione:
Bambini che rincorrono gli autunni
Donne che si nascondono dietro tende
Uomini su travi che inchiodano i loro giorni
Spariscono con identica rappresentazione,
col silenzio ghiacciato dei monti
col rombo di auto in galleria.
Deve scorrere.
Deve scorrere.
È vita
e anche se non funziona
deve scorrere
deve scorrere
senza intoppi:
con occhi grigi
vestiti da giudici
tra pilastri d'azoto
con ville d'uranio
e cortili al plutonio.
Tutto va bene,
tranquillo
deve scorrere
deve scorrere
tranquillo,
tana libera tutti.
.Fico d'india.
a Benedetta Fiorenza
Sei frutto ricoperto di spine.
Sette colori e pungi.
(Catapultami nei tuoi sogni)
Metto guanti di alabastro
e cantando le note tiepide della Torah
ti stacco, ti osservo,
ti studio rigirandoti tra le dita
e sei uovo di Fenice
e sei mia sposa di Caulonia
perché solo qui sono marito.
Ovunque mi aspettano
altri rovi e donne.
Tutto il mondo ti è parente.
Ma adesso sono qui
e sempre qui tornerò
a danzare con la tua Taranta,
ad assaporare le tue sarde
che profumano d'olivo,
a guardare dal basso il torpido infinito
e dall'alto le affranti valli che
s'inabissano nell'eterno.
Qui la terra ti custodisce:
il tempo è atomo congelato
come un orologio che non fa errore.
Qui elargisco tutta la mia potenza:
alzo un piede e sono libero,
tra le viuzze e i fichi
le castagne e u petrusinu,
alzo un piede e sono colomba.
(Catapultami nei tuoi sogni)
Ti sbuccio e sei dolce e morbida
come le braccia unte di quel grasso
che cerca di azzannare la sua stessa carne
mentre si difende da chi non ne ha mai avuta.
Sogni e comandi:
Non arrenderti alla morte.
Prendila sotto braccio
e accompagnala nella fossa
dei delfini e dei dalmata
a vedere cos'è la normalità;
ubriacala di vino e coriandoli;
guidala nella terra dei pomodori
e della seppia e donagli
come specchio una melanzana
per vedere cos'è la normalità.
Ti sveglio e ti rispondo:
siamo perseguitati
e ci arrendiamo.
Piangi e ti rassicuro:
questa poesia è la mia voce
è la mia religione
e la morte mia sorella,
tua cognata, zia di nostro figlio
e amica dei carcerati e dei poveri.
Giocherà sempre con noi a nascondino.
Ci rimbocca le coperte ogni notte.
Ma questa poesia è scritta
e siamo infinito come il cielo,
eterni come il mare.
Qui, tra queste fiumare secche.
Qui, nel drappeggiare di un verso.
Luci rosse al miele
.Perdonami.
Perdonami. Perdonami se domani muoio,
se domani non ci saranno più orchidee
sul nostro letto sporco di sperma,
se le stanze buie non ascolteranno più
le nostre parole e i perpetui lamenti.
Perdonami, ma non ho mai smesso di uccidermi
per avere il tuo sorriso e per vederti sorridere,
essere felice di un uomo che spesso
si è sciolto negli abissi di se stesso,
di un uomo che ora muore tra le braccia strette
al petto a cercare ancora qualche lembo
caldo della tua bianca pelle
o
anche una goccia di sudore
o
un ibrido senso di calore che
nemmeno le stelle nelle notti più limpide
e dolci avrebbero saputo darmi. Solo tu.
Ed ora che tu vivi sepolta nella tua vita,
lontano da me come il sole dalla terra,
muoio stanco tra raggi d'immagini
che non hanno alcun senso tranne quello
di incendiarmi e lasciarmi un indelebile solco
come il vuoto che ora dorme, paziente,
nel mio frustrato cuore.
Bianco candore, adesso la vedi la luna lassù?
Ebbene, oltre, dove le stelle
sembrano piccoli fiocchi di neve
e dove Dio ha costruito
la sua vasta ed inutile dimora,
ebbene lì, ora io mi stendo, e
fluttuando nell'immensità
come un gabbiano nel tiepido mare,
come l'occhio del ciclone,
distruttivo e innocente,
io
giaccio nudo, tendendo una mano,
come lenza, come stalattiti,
io
attendo che tu, solo tu,
ti aggrappi e beva la mia fresca acqua,
che ti disseta del mio freddo
e che in notte,
osservando assopita il cielo,
possa sempre ricordare
di quell'uomo sterile che mai ha smesso
di amarti e che ora si fossilizza
nel limbo del tempo
come storia o passato,
ma anche presente perché,
lì, ebbene lì, io vivrò infinito
nello sguardo dei tuoi occhi
che piangenti si spegneranno
nello spegnersi di ogni notte.
Perdonami. Perdonami se domani muoio,
perdonami se non riesco a dire si
al tuo mostruoso silenzio,
se non riesco a sorridere senza
i tuoi denti. Perdonami,
perdonami, perdonami.
.Candida.
Mi piace osservarti nuda e sentire
l'odore caldo della tua vagina ballare nell'aria,
sentire l'odore del sesso
rimbombare tra le corde tese dell'universo;
una delicata arpa, un arpeggio melodico.
(Un odore caldo che sottomette ogni aroma)
Tu sei più candida
E mi piace quando ancora stanchi
ti avvicini e mi abbracci, facendomi sentire
Re di questo impero, il tuo appiglio,
la casa dei tuoi baci.
Mi piace.
E mi piace quando siamo stelle
e tu riprendi energia, tornando danza,
risvegliando i suonatori,
divenendo tu Re d'orchestra
scivolando su di me
- trasformandoti in predatore dirigendo ogni mossa, ballando nell'aria
come un falco in picchiata verso la preda.
Mi piace vedere quello che sei.
Mi piace.
(Un odore caldo che sottomette ogni aroma)
Tu sei più candida
.Non ti ascolto più.
E non ti ascolto più amore,
e non ti ascolto perché la nave
è salpata presto dal porto
questa lugubre mattina,
e il mio braccio non ha avuto il tempo
di afferrare le tue mani,
le tue mani soffici e stanche
dal carico delle immense valige.
Tutto hai portato con te,
pure il tuo odore sul cuscino;
neppure un fragile capello.
Hai cancellato ogni cosa
come la notte distrugge
i colori e ogni forma e ombra.
E dondola la rondine
tra filamenti rosa di nuvole
e pillole gialle di ricordi
ingoiate e poi urinate
su pozzanghere che giacciono
tra lampioni morti
e neon lampeggianti
di ospedali muti.
Dondola tra la mucosa
e i cimiteri dei nostri amplessi.
Tenera,
mi disgusta ora cercare
il tuo odio per odiarti,
mi disgusta cercare un modo
per liberarmi di te
quando di te sono fatto,
quando tu sei la mia libertà.
Tenera, dondola la rondine
tra filamenti rosa di nuvole
e pillole gialle di ricordi,
tra lo sperma e l'odio
e una nave che mai rivedrò.
E anche se la polvere cerca
di sollevarmi ricostruendoti,
dondola la rondine
dondola la rondine
dondola e dondola
vicino a un ragno che fa acrobazie
tra una lapide ed una fossa.
.Quattordici eterno.
a Chiara Mallamo
Girerò il mondo quattordici volte
e dirò a quattordici stelle il tuo nome
e quattordici volte dirò ti amo
ad ogni metro che percorrerò
per raggiungere la meta.
Quattordici è il giorno nel quale sei sbocciata.
La terra ti ha donato il suo grembo,
il cielo ti ha battezzato,
i crespi torrenti ti hanno cresciuta,
ed ora io ti colgo, ti rubo,
ti pianto nel mio povero giardino
e sei così rossa, così bella,
da non poter più fare a meno
di accarezzare i tuoi petali
e solleticare il tuo gambo.
Ma devo ancora partire
e il tuo profumo sarà la mia guida.
E al ritorno mangeremo lo stesso pane,
berremo dallo stesso bicchiere
e ammazzeremo il tempo giocando nudi,
coprendoci di orgasmi e carezze,
sconfinando i suoi limiti,
unendo il dì alla sera
come i nostri corpi incollati, incastrati.
Ci seppelliremo così.
Ci faremo seppellire così,
nudi, ricoperti d'orgasmo, incastrati.
Così ci addormenteremo;
stesi nelle città del tempo,
nei meandri delle colonne di Babele,
sulle coste di Itaca
e su quattordici stelle,
dove avremo lo spazio
di non dividerci mai.
Anche la morte ci avrà uniti e vivi.
.Io sono tu.
Sai quante volte ho pensato di non amarti
per poi vedermi cucito alle tue braccia?
Non è facile. Non è facile comprendermi,
non lo è neppure per me.
Quando vedo questo mondo spaccarsi
e sentirsi inutile, e vedersi solo pezzo
di un puzzle senza eguali al quale attingersi;
senti che non è facile,
che non è semplice amarsi, amare,
come si ama un gatto o un criceto.
Comprendimi.
“Perché pensi al suicidio?
Perché quello che provi è solo tuo?
Perché piangi? Perché non la smetti di fare
ciò che fai? Perché sei un perdente?
Perché non ti arrendi? Perché sei solo?
Perché piangi? Perché asciughi le tue lacrime?
Perché zio non è più qui? Perché il silenzio non parla?
Perché parli? Perché piangi?
Perché nessuno asciuga le lacrime al posto tuo?
Perché scrivi? Perché ti impegni?
Perché morirai? Perché non ascolti?
Perché si vive a convenienza?
Perché tutto corre al contrario? Perché piangi?
Perché tutti lo fanno? Perché il rosso è rosso?
Perché la luna cambia forma nell'arco del mese?
Perché ci poniamo delle stupide domande?
Perché esistiamo? Perché ci poniamo?
Perché piangi? Perché muori? Perché scrivi? Perché?”
Non è facile, come non soffrire, come non amarti.
É bello.
É un sorriso;
il tuo sorriso che mi sostiene.
Non scendere mai negli abissi del silenzio
perché la tua parola è il dire di mille discorsi
e le tue labbra l'acqua di milioni di popoli.
Lo sai quanto è facile essere un chicco di sabbia
tra chilometri di deserto. Non chiudere la tua bocca
o non strappare mai via i tuoi denti.
Io sono tu in questi semplici gesti;
l'aria con la quale resisto. Mi sostiene.
Sempre.
Mai.
Non scendere mai negli abissi del silenzio.
.Ti amo.
a Franceska Gajdova Passaniti
Io ti amo, qui, su questa terra,
qui, sulla mia povera terra, dove ogni cosa,
ogni singola cosa, sa di te.
E forse vive pure di te. Come io,
come le onde affamate del Mediterraneo,
come gli ultimi minuti del meriggio
quando il sole cola dietro l'Aspromonte,
come il mio cuore che ha piastrellato su di esso
il tuo volto rendendoti sangue, battito, vita.
Forse tutti viviamo di te, ma è un vivere losco,
costruito su ricordi e addii.
Non mi sono ancora arreso al tuo addio,
come non si sono arresi pochi di noi
ad ogni minaccia o inutile dolore.
Ci cammina sulla schiena,
ci succhia dentro come sanguisuga,
ma non cediamo. La nostra pelle
non si abbatte all'abitudine.
Non voglio arrendermi.
Io ti amo qui dove tu sei vissuta
e dove ancora io vivo e ti rivedo.
E' la spiaggia dorata sotto
le onde della luna; è il risveglio
dei gabbiani e dei nostri occhi; è l'odore
pungente dei nostri sessi mescolati al sale.
Gli ulivi che danzano assomigliano
al tuo corpo, le ginestre profumano
della tua bianca pelle.
Qui c'è proprio tutto. Tranne te.
E di te ci sono cose che non voglio pensare,
cose che non ti ho mai chiesto o detto,
cose che mi hanno distrutto, lacerato, offuscato.
Ho secondi da recuperare e anni
ormai passati, abbandonati, offuscati.
Io ti amo, qui, su questa povera terra,
dove tu sei vissuta quel tanto che basta
da poter rendere tutto tuo
come il mio cuore impiccato in gola.
.Porta aperta.
Saccheggerai i porti oh Lurida Bambina,
gridando il mio nome, violentemente,
da uomo a uomo, con odio, con soddisfazione,
maledicendo i miei gesti, bestemmiando contro
le mie parole, raccontando a sorde orecchie
il cane che sono, la miseria che tengo,
sputando a terra ad ogni frase, ridendo,
ridendo perché lo sai: le tue urla
si scagliano sulle onde dei tuoi viaggi
giungendo sino al letto di casa mia
dove ergo e demolisco sogni. Come il tuo.
Però oggi non puoi sapere che mi manchi
e non so neppure io il perché l'ho fatto
e perché oggi mi pento.
Il mio cuore ha cento stanze ed una
dove la targa porta il tuo nome. E' aperta.
Le altre sono tutte chiuse a chiave,
sporche e marce le maniglie e
con nessun nome a rappresentarle.
Anche io oggi mi odio perché
Lurida Bambina salperai su altre navi
e giungerai in nuovi porti
e ancora griderai il mio nome da uomo a uomo,
violentemente, con soddisfazione,
e ancora io ascolterò le tue risa,
piangendo, piangendo accanto ad una porta
che non vuole chiudersi.
.Foto.
Io non so cosa fai, cosa pensi,
con chi ti assenti o parli,
ma capita che ci penso quando
tra l'alba e il crepuscolo, seduto,
resto sulla porta ad aspettarti.
E aspetto.
E così ieri e anche oggi e
lo sarà domani, questo continuo
illudermi, questa continua
voglia di averti, di riavere
la tua assillante voce, assordante,
come un tubo metallico
tamburellato con violenza.
E così ieri: quando piangevo
soffocato tra le carezze;
e oggi: mentre rido per
l'insistente niente.
E oltre? E domani?
Le mie mani si scagliano
vorticose nell'aria, vogliono ancora
conficcarsi nella tua insipida carne.
Li vedi? Li ascolti?
Suonano, suonano vapori di silenzio,
come quello che punge sulla mia schiena
così quieto e lento da cantare.
É la tua voce, proprio come la tua,
ed è il mio strazio, solo il mio,
ed è l'inutile formicolio sul petto
quando luna d'amianto o
fiume d'argento o lingua di vento
rivedo i nostri discorsi appesi a labbra
come piccoli burattini che non hanno vita
ma che cercavano di avere.
Lo giuro: non so cosa fai o cosa pensi,
ma, lo giuro, che vorrei ora saperlo.
E vorrei sapere se è vero, se è vero che
tu sei rondine, che le tue vesta sono ali e
che il tuo corpo cavalca l'oscuro oceano.
Così mi hanno detto.
Vorrei davvero saperlo.
Ma aspetto.
Sai?
Ho già inciso il nome sulla mia lapide.
Manca solo la foto, quella foto
che non ho mai avuto senza di te.
Neppure una.
Una.
Solo foto che ritraggono noi,
che parlano di noi,
foto che si concluderanno con noi.
E così ieri e anche oggi e
lo sarà domani.
.Requiem.
a Pablo Neruda
Piuma erotica,
sensuale ondeggiare,
virtuoso silenzio che accompagna
la tua discesa soffice, soffice
come le parole del vento che suonano
questa tua danza macabra, quasi immobile,
leggiadra nuvola, libellula rosa, sinuosa,
sinuosa come il suo corpo,
come il suo corpo che si stende,
che striscia e si avvinghia a monti di pelle
fino a scendere giù, giù a sporcarsi
e riscaldarsi tra fiumi di miele bianco.
Ma piuma erotica, granito senza peso,
perché mi guardi? Cosa vuoi?
Perché ancora non sei terra battuta
o sasso di ruscello?
(Puoi tardare, ma non rimandare)
Io l'ho visto in lei,
io lo vedo da questa finestra
mentre getto gli ultimi sbuffi di sigaretta,
di questo grigio fuggire abbracciato alla vita.
Lo vedo in te col tuo cadere.
Lo vedo ovunque.
(Questo vuoi dirmi?)
La fine, passo dopo passo, in tutto,
semplice, amata, scontata fine.
Margini di me
.Ermetica umana in tre atti.
Primo Atto.
Ammazzami.
Ammazza questo corpo.
L'anima si è già suicidata.
Era un vampiro di razza;
non ha resistito alla dolcezza.
Ora sono secco, aspro.
Ammazzami.
Non indugiare.
Fallo
e adagiami
sotto quel noce che mi somiglia:
anch'esso morto
ma vivo in carne.
Fallo,
tra poco è alba
e io cenere.
Lascia che qualcuno mi ricorda in eterno.
Non abbandonarmi al regno del vento.
Secondo Atto
Oh vedessi le mie puttane
più tristi di quelle di Marquez!
Oh vedessi le mie ali senza piume
tentare il volo da una sedia!
Sono figlio della signora
Pazzia – Malattia.
Buongiorno!
Ho i calzoni bucati
e mangio lombrichi.
Oh vedessi l'acido del mio stomaco
ribollire di Medioevo e vulcani!
Qual'è il male minore?
Io?
Il resto?
Terzo Atto
Così imploravi, mio principe.
Ma eccoti lava e cenere, senza patria.
Volevi esserlo – nessun altro vuole:
essere eroe vuol dire
divenire statua o via.
Ma tu avevi scelto altra dimora:
terra e radice di noce.
E invece, sei nel regno del vento
ora
senza alcun limite.
Questo è l'eterno
(lo sapevo):
essere bocca di ogni uragano.
.Amleto 09.
*
Sono o non sono
E' un problema?
Passato o futuro
presente
mi serve?
E se fossi un contrario?
E se fossi l'immagine, sogno, vita,
di qualcun altro?
*
Sono o non sono
o fui mai o mai sarò
vivo
morto
luce
sepolcro
nulla è chiesto
nulla è dovuto
*
Sono qui e sono tempo;
forse linea retta
o circolare;
fermo o movimento.
*
Sono qui e sono uomo
che non ha valore,
ma un peso;
che non ha carne
ma ossa di numeri
-una quota-un prezzo-;
una scommessa
-partita truccata-strada sbarrata-;
un vinto; un dittatore;
uno schiavo; essere
Uomo.
*
Sono o non sono
E' un problema.
.Siamo Uno.
a Mahmoud Darwish
Ti stupirò sorella mia.
Avrò gambe lunghe una notte
e fazzoletti azzurri per asciugare
il pianto dei millenni
che ormai è oceano
e non disseta.
Specchiamoci
-vedi?siamo uno, l'insieme,
legati in un unico collo.
-vedi?Ti stupirò perché ora che siamo io:
avrò versi per accarezzare il mondo
e grattare via la muffa dalle pareti;
ora che siamo tu:
avrò dolcezza, pazienza e grembo
per cospargere i miei bacilli ed essere vita;
ora che siamo uno:
avrò braccia esperte per trasportare sogni
e arare i campi dove coltivarli insieme
al basilico, orchidee e croci in legno di noce.
(C'è sempre un lutto dove sboccia una speranza)
Sorella mia,
sono nato atomo, esploso in materia,
trasformato in seme, radice, arbusto
e foglia di un piccolo mandorlo.
Tu sei fiore.
E siamo uniti dallo stesso destino:
matureremo:
tu schiacciata da una fame sfiziosa,
io, vecchio marinaio, spezzato
da tempeste che mi inghiottiranno
così, fino a scendere
giù
giù dove verrò a ricomporti,
giù
giù dove verrò a ricominciare.
Ti stupirò oggi sorella mia,
oggi che siamo indelebili
come questi versi
che hanno la stessa pasta
del nostro sangue
e vivono col nostro vivere
come
la luce del sole con la luna
come
la punta di una matita.
.Maracaibo.
Non chiedermi più nulla.
Abbassa le serrande
e resta fuori. Anzi,
esco io,
voglio rincorrere quel giullare
che scherza con la mia anima
e pregarlo di non perderla,
di non venderla
(ancora)
a quel mercante di polli,
devo (ancora) capire,
devo riassumere
gli gnomi della mia infanzia,
e Topolino e Calimero,
e investigare su dei perché;
sapere cos'è giusto,
se ho sbagliato entrata
o
se sono un riflesso;
se vale la pena continuare
e rincorrere
sudare
e incrociare i tuoi occhi
e non vederci niente
anche se ti ho sempre amata.
(Sento la necessità d'esser tutto
e non provare nulla)
Cosa sono diventato?
Dove mi state portando?
Piove,
e un bambino spara alle anatre.
Si sta riscaldando per il nemico,
quello che gli hanno indicato:
suo fratello.
Sono morto già.
Sono morto quando ho scoperto
che la vita e la morte
indossano lo stesso abito nuziale
e che la primavera
usa l'identico spazzolino dell'autunno.
Sono morto
quando Caino decise la sua vendetta
come Pilato la sua democrazia.
Sono morto quando
le talpe gialle a pois
hanno votato a favore di
mine sotto il tappeto di
benvenuto.
(Dove stiamo andando?)
Piove,
e quel giullare è scappato
con un pollo e delle uova.
Proverò ad elemosinare amore,
proverò a provare. Ma
nel sangue
qualcuno ha costruito
una diga e
una centrale elettrica
che alimenta dolore
mentre ogni cosa
che respira nel mondo
mi ruota intorno
cantando Maracaibo
sul treno carico di dinamite
intitolato Sorriso.
Nuvole di porpora
.Mani di denti.
a Irene Lombardo
Avrai mani di seta,
mani di lucciole,
mani.
Sorridi. I tuoi denti
sono paradiso.
Sorridi. I tuoi denti
sono lava d'alba
che cola esile
tra le tende bianche del cielo,
sul giardino dello Jonio
che timido bacia la riva
e fugace si ritira
come se ancora non fosse tempo,
quello lì, tempo
di restare lì. Immobile.
Per questo urla e scappa
e come edera risale
fino a tornare eruzione
e silenzio e notte.
Qui ho visto le mani dei marinai
spezzarsi e continuare,
qui, in questa calma,
sotto una luna di ghiaccio
che non ha alcuna voglia
di dire nulla, ma solo coccolare
il niente che posso stringere
nel pugno di una mano.
Sorridi. Dammi il sole
che emani anche quando piove.
Sorridi. I tuoi denti
sono culla di ogni ferita.
E mani.
Tue mani di topazio, d'angelo,
cristallo.
Mani di rosa.
Tue mani d'alloro e musica,
ago per ricucire gli strappi e
olio per colmare ogni vuoto.
Avrai mani che saranno soluzione.
Mani come denti, di denti. Sorridi
e anche sarà alba domani.
.Suona il vento.
Suona il vento; stanco.
Pausa, un attimo.
Sulle corde il tempo si ferma,
un attimo.
Il trombettista
è ancora gonfio
per la tensione.
(Marcia funebre)
Un negro
ha ancora un dito
conficcato nel petto.
(Promessa funebre)
Riparte la melodia.
Un attimo non può andare oltre.
Un attimo non può colmare.
Era silenzio e silenzio è.
Solo musica;
accordi raggianti;
immacolata apparenza.
(Balla balla mio bel fiorellino)
Riparte la melodia.
Sempre da dove si ferma.
Suona il vento.
(Funebre)
.Il tuo nome.
Onda candida del mare,
volo leggiadro di rondine,
livido indelebile sulla pelle,
è scritto il tuo nome.
Lo leggo orizzontale
sui muri di casa.
Lo scrivo in diagonale
sulla mappa delle nostre città
per unirci, per non sentire
l’irraggiungibile
distanza che ci divide.
Ora basta un passo,
uno sfiorare delle dita,
che sono sulla tua pelle.
Ci cammino lento;
scruto ogni particolare.
Pianto la mia bandiera.
Voglio che sia mio.
Ogni angolo, ogni altura,
ogni segno di dolore,
voglio che sia mio.
Voglio che i miei piedi
si impiantino sulla tua terra
e diventino radice,
così che entrino dentro
e trovino la fonte
che è il tuo cuore.
Voglio essere il seme del tuo amore
perché nel mio è scritto il tuo nome.
.Fiore d'arancio.
a Bettina
Mi hanno detto diverse cose:
che sei morta, che le tue ali
hanno preso fuoco e smesso di brillare,
così, come l'urto delle onde sulla battigia,
così, come la scia di una stella.
Cosa sarai?
Mi hanno detto che i tuoi occhi chiusi
non si apriranno più e che i tuoi denti
sorridono e che il tuo corpo magro
ancora è caldo di come tu eri. Ma non sei.
Cosa sarai?
<<Introuvable>> dice il tuo telefono.
<<Introuvable>> così sarai.
E penso a quante sere passate a parlare, lì,
alle Colonne, e quante volte abbiamo
riso e sofferto alla stupidità di questo mondo
che oggi ti ha beffato, ci ha beffati,
uccidendo, rendendo ogni senso
un lontano sovrastarsi di nuvole.
Non per i nostri cuori.
Non per quel che ancora vedo e noi
-tuoi compagni, amici, figli- ricordiamo.
Per noi sarai sempre un fiore d'arancio
appeso al capezzale del letto
a profumare di gioia i nostri incubi
come in vita hai sempre fatto.
In vita per sempre noi sarai.
Mio caro fiore, mi hanno dette diverse cose
che io non ho motivo di credere.
Gli angeli sono nati per non morire mai.
.Un fiore.
Dove la spuma del mare muore,
nasce un fiore.
Ha la forma del cuore.
Lo colgo e lo chiamo amore.
E' per te.
Anche se sei un gabbiano
che rasa le onde sotto l'orizzonte,
è per te.
Poi prendo la mano e la taglio,
sotterrandola adagio.
Mi tuffo in acqua
e camminando sul fondo
giungo al tuo volare,
nascondendomi,
restando ad osservarti
per l'eterno.
Non voglio disturbare
la tua libertà.
Ma se vuoi la mia
in eterno
è che attende.
Un seme che germoglierà.
Per te. Quando lo vorrai.
Dove la spuma nel mare muore,
una chiusa mano stringe un fiore
che ha la forma del cuore.
.Stella cometa.
Stamattina, dietro un sasso,
è sbocciata l'alba.
Ho visto una luce accarezzare l'acqua
e poi cospargermi e immergermi
in quella luminosità.
Lì ho conosciuto la tua sacra vastità;
una città dove giace la follia, l'allegria.
La tua unica bellezza.
La vedi troneggiare tra piazze
e le bocche bavose della gente.
Il canto delle messe;
la tua voce quella del profeta,
la stella cometa
da seguire in silenzio
come la processione delle formiche
che accompagna la Regina sul trono.
Adesso il crepuscolo è giunto,
e quel sasso ha ricucito con l'ombra
il tuo meraviglioso impero.
Nessuno di quei punti lassù
ha il tuo identico bagliore.
Anche loro necessitano del tuo calore,
anche per loro sei esistenza.
Una luce che rischiara.
Sostentamento per il tutto.
.Ancora un giorno.
a zio Sandro
Non volevo venire. Non serve.
Ma in quale altro posto ritrovarsi?
(I sogni sono solo sogni)
Scivolo dal letto e oltre le braccia
della notte nessun altro mi avvolge.
Neppure qui, tra santini e ceri,
davanti ai tuoi piedi, ho luce per sentirlo.
Ma in quale altro posto andare se questo marmo
è la tua dimora? Se il legno che ti custodisce
ha l'oblio dell'avere?
Io ho solo quello del ricordo
(Giglio Bianco)
Io ho solo quello che si lascia
(Giglio Bianco)
Io ho il dolore che lascia.
Tessono arcani zingari stole di lana
per coprire gli amanti dal freddo.
Quale fibra può scalfire il ghiaccio del cuore?
Tessono pelosi bruchi bozzoli di seta
per essere ancora un giorno.
Quante farfalle devo mangiare per avere un solo minuto?
Bionde civette mi chiamano
dalle sponde unte del Po
per raccogliere l'arpa di luna
che attende il mio flebile pianto.
Verrò.
Puntualmente verrà.
Non serve.
(I sogni sono solo sogni)
Non serve.
Ma ancora gigli bianchi in sgualciti prati coloro.
Nelle trasparenze caotiche
.Cosa vedo.
a Caterina Lusuardi
(Sfondo nero)
Alcuni cani si rincorrono
intorno ad una fontana di luce.
Solo uno è fuori,
seduto Re nell'oscurità.
È grasso e
ama la sua pancia.
E ha fame.
Allora, ad ogni giro,
ne azzanna uno e
lo sbrana,
lentamente,
con comodità,
nell'indifferenza
dei suoi compagni
che corrono.
E lui mangia.
Così:
fino a restare solo.
Così:
fino ad essere sazio.
Così:
fino ad avere ancora fame.
Così:
fino a restare solo:
unico cibo
con
una fontana di luce
che ha placato sete e
rinvigorito orti
così:
fino a restare solo
ruscello di sangue
letto di trasfusioni
bara di marmo.
(Nero)
.Decadimento di questa società moderna.
Mi sono messo nei panni di tutti.
Mi sono vestito e spogliato,
lavato ed asciugato,
pensato e mangiato,
scopato e masturbato, con tutti.
E solo ho pianto.
Non mi definisco uomo.
Non valuto la parola vincere.
Mi lacera l’odio
o il gocciolare lento di un rubinetto
o l’apartheid o i bambini
defunti per l'AIDS o per la fame.
(solo mi inerpico nelle discese
e scivolo nelle salite)
Non mi piace il petrolio
ne le bombe ne il silenzio di un killer
o le risa di un dittatore.
Non accetto l’omertà di un popolo
o le vigliacche promesse dei politici
o l’economia globale
ne il chinare la testa
ne il burlarsi di chi è sottomesso
o debole
o diverso.
Sai cos’è l’indignazione?
Sai cos’è il vero amore?
Stiamo perdendo mio caro compagno.
Ho il cuore fuso,
stalattiti tra le gengive.
Mi sono ucciso tante volte
sapendo di non morire.
Non ci ho creduto.
Ci siamo dimenticati i nostri sogni.
E ora assisti Compagno, Poeta, Popolo
assistiamo al decadimento di questa società moderna
mentre frana senza uscite d'emergenza,
tra poltrone e televisioni allegre,
tra tecnologie intelligenti e amori robot,
tra soldi riciclati e puttane seviziate,
tra guerre sante e donne lapidate,
sotto gli occhi di tutti –
le braccia di un padre
che sodomizza la figlia
mentre la madre differenzia il pattume
ascoltando l’estasi del marito,
fischiettando “O Fortuna”;
sotto gli occhi di tutti.
Non mi sento uomo, scusami fratello.
Non sono come tutti, ma non cela faccio
a non sentirmi tutti.
Sto giocando pure io, amore mio.
Aiutami tu a capire,
a provare ancora sapore.
Aiutami tu a vivere, a vivere felice
o spegnimi,
spegnimi sotto un cielo placido
coccolato dentro a mille chiodi di garofani.
.Il suicidio della civetta.
.I.
Ho lavato il fiume questa mattina.
Ho colto un fiore clavicembalo
che suonava per il cielo, ha detto, e la terra.
Non ho capito la sua musica.
Ha detto che non bisogna capirla.
E non so a cosa serva.
La fischietto e non so a cosa.
Lo sprono, ma ormai è morto
e lo lascio passeggiare nella corrente.
Lo segue. Devo.
Devo capire.
.II.
In giro poco o niente.
Un leone cerca il suo coraggio.
Un uomo di latta il suo cuore.
Il coniglio corre col suo orologio.
Alice, in questo giro ci sono sempre stato.
.III.
Su di uno scoglio che divide l'oceano, approdo.
Una civetta galleggia sull'asfalto del mare.
Il fiore si arena tra le sue penne.
Grido. Grido e il cielo si apre
e uno, due, cento, mille civette
piombano e si stendono in questo inchiostro denso.
E' colpa mia.
Ora non ci sono altri fiori per pregare.
Ho dovuto capire.
Ma ho paura di giungere le mani.
E' colpa mia.
.IV.
A quest'ora starai già sognando.
Tra poco verrò a raggiungerti.
Condivideremo gli stessi occhi.
Chissà cosa ci aspetta.
Chissà se un'altalena ci coccolerà vicini
o un clown ci ricorderà di sorridere;
se cavalcheremo pony
o giganti farfalle
che ci condurranno sino alla luna,
appendendoci alla sua punta più estrema
e stringerci e sentirci sudare
come preda avvolta
dentro una colorata ragnatela.
Chissà, ma ricordami così.
Un sogno incredibile.
.V.
E' mio questo mondo.
Ancora lo penso.
E penso anche alla fine di quella civetta.
Ci penso da quando l'ho vista galleggiare
tra burrascose onde che, senza alcun rispetto,
hanno masticato e poi ingoiato.
Ho pensato a me:
volare, planare, virare, sorvolare
e, così come è così, dal blue sprofondare nel blue.
Ho pensato a voi
che siete diversi come me.
Ho pensato anche alla nafta
e a Geppetto che dice a Pinocchio
di avvicinarsi un po' di più al camino:
è solo fuoco.
Un esempio.
Forse è tutto questo.
Come quando con l'auto libero il freno
e nelle curve accelero sentendo un bruciore nel petto,
un leggero godimento, un sorriso beffardo,
ma pensando “un semplice ritardo”;
sentendomi beffato.
Forse è tutto questo.