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::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: EAGLE*SEAGULL TITLE: S/T LABEL: LADO PAG. 1 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: EAGLE*SEAGULL TITLE: S/T LABEL: LADO PAG. 2 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: EAGLE*SEAGULL TITLE: S/T LABEL: LADO PAG. 2 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: EAGLE*SEAGULL TITLE: S/T LABEL: LADO PAG. 4 INDIE-EYE http://indie-eye.blogosfere.it/2006/01/eagleseagull.html Se all'incedere funereo e "torch" dei Tindersticks sostituite la complessità degli arrangiamenti con un dispositivo electric pop più diretto, e la voce di Stuart Staples con quella propensione alla malattia influenzale che da Paper Chase ad altri emuli meno fertili succhia fluidi dai singulti di Robert Smith; dovreste ottenere un sound vicino a quello degli Eagle*Seagull, band di Lincoln, Nebraska, sverginata con l'album di debutto a fine ottobre 2005, licenziata dalla nuovissima Paper Garden Records e infine nominata dal più importante quotidiano locale, il Lincoln Journal Star, come band dell'anno. Indie-eye sospende il giudizio e spalma una traccia, direttamente dalle fonti ufficiali. ROCKSHOCK http://www.rockshock.it/news.asp?id=2247 Undici brani lunghissimi (in media durano sui 5/6 minuti), densi di suoni ricercati e di modulazioni vocali elaborate: difficile credere che un disco d’ esordio si presenti con tale grado di intensità. Ed invece sono proprio queste le caratteristiche principali dell’ omonimo primo album degli Eagle*Seagull, nome dietro al quale si celano sei giovani, cinque ragazzi e una ragazza, provenienti da Lincoln, Nebraska (vicini di casa, quindi, del genietto dell’ indie Bright Eyes). Le etichette stanno strette agli Eagle*Seagull: l’ album non si può catalogare sotto un genere particolare, si può descrivere solo accostandolo al sound di altri gruppi. Un nome fra tutti salta per primo alla mente: Arcade Fire. Così come Funeral, Eagle*Seagull è sovrastato dai ritmi frenetici del pianoforte (come, ad esempio, nella bellissima Your Beauty Is A Knife I Turn On My Throat) e dalla stessa chitarra nitida e potente (davvero efficace in alcuni brani, come l’ irresistibile Photograph). Ma di certo non bisogna pensare che gli Eagle*Seagull siano semplicemente uno sterile clone degli Arcade Fire. L’ originalità del gruppo, infatti, è indubbia, soprattutto nelle canzoni più melanconiche e riflessive, che le eccellenti doti canore del cantante, Eli Mardock, rendono ancora più emozionanti: l’ intensa Lock and Key, ad esempio, si serve di chitarre distorte e di altri suoni devianti per enfatizzare la tensione che la attraversa; Death Could Be At The Door trova il suo punto di forza in una chitarra che cresce lentamente fino ad esplodere nel momento finale del brano; Last Song, infine, è una dolcissima canzone solo pianoforte e voce. Undici brani che scaldano, scuotono ed emozionano, colpendo dritti al cuore. Un inizio di carriera incoraggiante, anche se la bellezza di Eagle*Seagull sarà difficilmente eguagliabile. SENTIREASCOLTARE http://www.sentireascoltare.com/CriticaMusicale/Recensioni/2006/recensioni/EagleSeagull.htm Gli Eagle*Seagull vengono da Lincoln, Nebraska, e fino a qualche anno fa - quando ancora erano un trio e il cantante e fondatore del gruppo, Eli Mardock non aveva scoperto il pianoforte - suonavano un alt-country memore della lezione di Uncle Tupelo e Wilco. Uscito in America un anno fa via Paper Garden, il loro esordio viene oggi sdoganato in territorio europeo tramite l’ etichetta tedesca Lado. Della vita precedente è dato scorgere ora solo qualche deja vu - gli echi roots di Hello, Never e Your Beauty Is A Knife I Turn On My Throat, ad esempio. Per il resto, Eagle*Seagull si rivela il tipico oggetto sonoro che può intrigare l’ esigente pubblico del Vecchio Continente. Iper-prodotto, ben suonato, dotato di un aplomb quasi regale, è un disco profondamente europeo, negli umori che lo pervadono. Pare spesso di avere a che fare con un piccolo ensemble di chansonnier alla ricerca della canzone d’ amore perfetta (e Holy le si approssima pericolosamente). Il David Bowie di Hunky Dory, l’ oscuro sentire di un Robert Smith, persino certe ossessioni Velvet Underground vengono recepite e trasfigurate attraverso una sensibilità poetica e immaginifica - talvolta pure in maniera perversa, come quando, in It’ s So Sexy e Ballet Or Art, il tormentato simulacro di Jamie Stewart sembra fare capolino. La voce di Eli Mardock è il vero tratto distintivo del suono Eagle*Seagull: profonda e suadente, conferisce ai brani quell’ aura di solennità che ce ne fa parlare come di potenziali classici. I difetti - ce ne sono - di un primo album per alcuni versi sorprendente vanno ricercati nella prolissità di alcuni brani, che spesso si trascinano stancamente oltre i cinque minuti di durata; in qualche maldestra concessione ad un neoclassicismo d’ accatto (It Was A Lovely Parade); in certe pedisseque riletture dei classici posseduti nella libreria di casa. Ma, se hanno fatto in tempo a salire sullo stesso treno di Interpol e Arcade Fire, probabilmente sentiremo nuovamente parlare degli Eagle*Seagull. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: EAGLE*SEAGULL TITLE: S/T LABEL: LADO PAG. 5 ROCKSHOCK http://www.rockshock.it/news.asp?id=2247 (8.5/10) Undici brani lunghissimi (in media durano sui 5/6 minuti), densi di suoni ricercati e di modulazioni vocali elaborate: difficile credere che un disco d’ esordio si presenti con tale grado di intensità. Ed invece sono proprio queste le caratteristiche principali dell’ omonimo primo album degli Eagle*Seagull, nome dietro al quale si celano sei giovani, cinque ragazzi e una ragazza, provenienti da Lincoln, Nebraska (vicini di casa, quindi, del genietto dell’ indie Bright Eyes). Le etichette stanno strette agli Eagle*Seagull: l’ album non si può catalogare sotto un genere particolare, si può descrivere solo accostandolo al sound di altri gruppi. Un nome fra tutti salta per primo alla mente: Arcade Fire. Così come Funeral, Eagle*Seagull è sovrastato dai ritmi frenetici del pianoforte (come, ad esempio, nella bellissima Your Beauty Is A Knife I Turn On My Throat) e dalla stessa chitarra nitida e potente (davvero efficace in alcuni brani, come l’ irresistibile Photograph). Ma di certo non bisogna pensare che gli Eagle*Seagull siano semplicemente uno sterile clone degli Arcade Fire. L’ originalità del gruppo, infatti, è indubbia, soprattutto nelle canzoni più melanconiche e riflessive, che le eccellenti doti canore del cantante, Eli Mardock, rendono ancora più emozionanti: l’ intensa Lock and Key, ad esempio, si serve di chitarre distorte e di altri suoni devianti per enfatizzare la tensione che la attraversa; Death Could Be At The Door trova il suo punto di forza in una chitarra che cresce lentamente fino ad esplodere nel momento finale del brano; Last Song, infine, è una dolcissima canzone solo pianoforte e voce. Undici brani che scaldano, scuotono ed emozionano, colpendo dritti al cuore. Un inizio di carriera incoraggiante, anche se la bellezza di Eagle*Seagull sarà difficilmente eguagliabile. POLAROID http://polaroid.blogspot.com/2006_06_01_polaroid_archive.html Perché utilizziamo così tanti paragoni parlando della musica di un gruppo? Mi vengono in mente subito due risposte. Da un lato, si cerca di ovviare al problema che la musica non è descrivibile in maniera diretta, se non per metafora. Dall'altro, è il tentativo retorico di far conoscere qualcosa a qualcuno tramite ciò che già conosce. Così ora, presentando gli Eagle*Seagull (l'asterisco in mezzo al nome non ha alcun significato, per ammissione dei diretti interessati), potrei buttare subito lì i nomi maiuscoli di Wolf Parade e Arcade Fire, evitando la fatica del descrivere e lasciando alla vostra immaginazione e al vostro download il resto del lavoro. Ma a me non bastano un paio di paragoni illustri per arrivare in fondo a un disco di quasi un'ora per una decina di canzoni. Trascurerei così la parte migliore del lavoro di questa band di Lincoln, Nebraska, che consiste proprio nel saper misurare toni e ritmi, spingendo ora sui tasti della drammaticità, ora su quelli dell'orchestrazione più nervosa. Gli Eagle*Seagull, infatti, trovano sempre il modo di raggiungere quella forma di trasporto che fa dimenticare la complessità dello sfondo. Merito della voce di Eli Mardock, della leggerezza melodica che le canzoni mantengono anche nei passaggi più torbidi, e delle diverse sfumature che gli Eagle*Seagull sanno imprimere: oltre ai riferimenti già citati, dietro Hello Never si avverte il passo scanzonato di una Range Life, e non possono non venire alla mente gli Interpol all'attacco di Heal It Feel It, mentre su Last Song o Ballet Or Art emergono anche certe atmosfere alla Cure. Non male per un gruppo al debutto che si definisce "a bunch of dorks writing songs". L'album omonimo, uscito sul finire del 2005, sarà ristampato dalla Red Eye il prossimo agosto. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: EAGLE*SEAGULL TITLE: S/T LABEL: LADO PAG. 6 ONDAROCK http://www.ondarock.it/recensioni/2006_eagleseagull.htm Eagle*Seagull è un sestetto di Lincoln, Nebraska, autore di un esordio omonimo uscito lo scorso anno solo in terra natìa. Questo settembre la tedesca Lado è riuscita a portarlo anche aldiqua dell'oceano, e noi, incuriositi dai paralleli proposti (da recensioni e presentazione della band) con gli Arcade Fire, siamo andati a ficcanasare. Beh, diciamo subito che l'ormai pluridecorata (e attesissima al varco) pietra di paragone non ha nulla a che vedere con i nostri, che presentano un pop-rock marcatamente indie, con una voce, sguaiata più che teatrale, tendente al glam, ma nulla del suono "pieno" e complesso dei canadesi. Addirittura pare meno campato in aria sentirci, seppur vagamente, qualcosina dei Wilco (cui, a detta dei componenti, si ispiravano ad inizio carriera): il tutto però si limita a qualche accenno melodico e svisatina country. E' anche questo in realtà un paragone del tutto fuorviante, fatto giusto per far ben intendere quanto lo fosse il primo. Fissate le coordinate, caratteristica del disco è comunque un eclettismo, che, ponendosi all'interno del genere delineato, permette ad ogni pezzo di vivere di vita propria e al tempo stesso di dar vita ad un amalgama indipendente. Quella che formalmente è pura descrizione, sostanzialmente è un merito, in quanto, data una certa percentuale, buona, di capacità scrittorie, non si incontra un pezzo mediocre. Il problema magari è al lato opposto, dato che sono solo un paio di brani a segnalarsi rispetto alla generica discreta godibilità. Piano e voce lievemente trattati reggono le fila della traccia d'apertura, "Lock and Key", piacevole ballata indie, sottolineata da pennate di basso e ripassi di chitarra elettrica, con tanto di vorticoso finale (che però non aggiunge nulla di significativo). "Photograph" punta invece sul movimento, pop-rock bello carico e trascinante, squillante e chiassoso, prima di involversi in melodismo romantico "al limite", con canto tormentato, e concludere in coro angelico campionato. "Heal It/Feel It" è il momento rock, con un bel riff ben scandito che non trova meritato sviluppo; mentre "Hello, Never" è invece un poppettino svagato, per piano saltellante, spazzolate country e schitarrate in arrangiamento. Concreta bellezza arriva invece da "Holy", acustiche e delizioso giro di piano sognante, il canto che si adegua, normalizzandosi in un tono delicato, un buon arrangiamento di corde, nessun elemento fuori posto, nessun esagerazione, durata (cinque e venti) adeguata all'emozione da trasmettere. L'altro brano a fare centro è "Your Beauty Is A Knife I Turn On My Throat", il contrario del precedente, stupido piano da musichall a fare da base ad un pezzo storto, sconnesso, tribolato, banjo che compare all'improvviso, come le elettriche, quelle eteree che bloccano il ritornello, e quelle taglienti che fanno a fette il passo: e tutti insieme, in gloria, nel finale confuso a suon di battiti di mani. Ciò che non è stato citato si adegua al canone dei primi brani, modificandone giusto la cifra formale un po' di qui e un po' di lì. "Eagle*Seagull" è un disco piacevole, che qualcuno proverà a spacciare come capolavoro nascosto solo perchè (appunto) sconosciuto, vario e al contempo orecchiabile e spigoloso. In realtà non c'è nulla di geniale, ma un pugno di canzoni ben scritte, con qualche pecca a livello di personalità (la voce spesso è più fastidiosa che altro; la patina indie, per quanto sentita, non rende un'arrangiamento migliore di uno costruito in modo classico; dissonare non è ontologicamente superiore a suonare), e, proprio per questo, con margini di miglioramento futuri. Nella mischia si difende bene ma non tanto da emergere realmente. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: EAGLE*SEAGULL TITLE: S/T LABEL: LADO PAG. 7 ROCKLINE http://www.rockline.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=1387 E’davvero una piacevole sopresa quella degli Eagle*Seagull, che bussano alle porte di casa Musica con un debut-album magico, dal sound inconfondibile. Il sestetto americano è una delle sorprese dell’ anno in campo indie rock, grazie a un omonimo disco che regala all’ ascoltatore un concentrato di calore e dolcezza di non comune intensità. Stilisticamente le undici tracks che compongono l’ opera prendono vita da una matrice country (nonostante certi paragoni, non sono affatto così evidenti i parallelismi con i Wilco o con i Decemberists); la band americana però riesce a maneggiare questo primitivo indirizzo sonoro con tanta abilità e buon gusto che la produzione non sembra affatto uno dei classici lavori “ paesani”a stelle e strisce. Il tessuto sonoro è infatti caratterizzato dalla supremazia di fraseggi di chitarra acustica molto lenti e trascinati, che si fondono dolcemente con la voce onirica e malinconica di Eli Mardock. Così la Paper Garden, proprietà di Brian Vaughn, già protagonista alla Sub Pop, coglie al volo l’ occasione per portare in auge, come numero uno del proprio catalogo, la gemma nata a Lincoln, Nebraska. Tramite l’ europea Lado poi, in seguito a più di una ristampa, dato il notevole successo riscosso subito negli USA, anche il Vecchio Continente può godere delle piacevoli linee melodiche romantiche, profumanti di Nuovo Mondo. A colpire è poi la durata media dei singoli brani, che si aggira in media sui cinque minuti per pezzo, che sottolinea oltretutto come i sei ragazzi americani siano molto attenti alla strutturazione del songwriting e a non cadere in banali prove da commercializzare. Il mood del lavoro è pertanto persuasivo, intrigante, sognante. Questi elementi costituiscono la colonna portante del disco, il quale si mantiene generalmente su toni discreti, con tre picchi emotivi in Death Could Be At The Door, nelle malinconiche note di piano di Last Song e nella straziante e drammatica It’ s So Sexy. Il generale tenore dei brani è improntato oltretutto dalla modalità di cantautorato che Eli le conferisce. Si tratta insomma di una prima prova pienamente soddisfacente. Se si guarda alle qualità, il sound è registrato ottimamente, il songwriting è originale in ogni capitolo, il quale va a formare un’ unità a sé stante, ma al contempo ben integrata nell’ ottica del disco. La voce poi (nelle note più cariche emotivamente ci ricorda quasi un Robert Smith dei più afflitti) corona il tutto in modo poetico, portando la musica degli Eagle*Seagull diretta al cuore dell’ ascoltatore. Ottimo esordio dunque, avanti così.