insegnanti: per quale scuola?

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insegnanti: per quale scuola?
Associazione Docenti Italiani
http://www.adiscuola.it
INSEGNANTI:
PER QUALE SCUOLA?
di Alessandra Cenerini Presidente nazionale ADi
Appunti della relazione tenuta al Convegno C.I.R.E,
La formazione universitaria degli insegnanti. Proseguire e migliorare,
Università di Bologna 27-28/11/2008
Atena, dea della sapienza
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LE TRASFORMAZIONI EPOCALI ENTRO CUI
SI COLLOCA OGGI LA SCUOLA
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IL CARATTERE RELATIVO ED EVOLUTIVO
DELLA PROFESSIONE DOCENTE
I tratti distintivi della docenza, come quelli di tutte le professioni hanno valore relativo ed evolutivo.
Ciò che definisce la professione in una determinata società e in un preciso periodo storico può mutare in
altro contesto e in altra epoca.
Definire oggi gli standard su cui fondare la professionalità degli insegnanti, la loro formazione, la loro
valutazione e il loro sviluppo di carriera significa allora rispondere preliminarmente alla domanda:
"Per quale scuola ?"
LE TRASFORMAZIONI STORICHE ENTRO CUI
SI COLLOCA LA SCUOLA
Per rispondere alla domanda "Per quale scuola?", occorre tentare di capire entro quali trasformazioni epocali
si colloca oggi la scuola.
Esamineremo quattro aspetti di queste trasformazioni, quelli che, a nostro avviso, maggiormente incidono
sulla scuola e ne stanno imponendo accelerate mutazioni:
• La scuola nell'economia della conoscenza
• La scuola nella fase di crisi dell'organizzazione del sapere
• La scuola e i nuovi strumenti di costruzione del sapere
• La scuola nella "modernità liquida"
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L'ECONOMIA DELLA CONOSCENZA
Siamo a una passaggio storico di portata simile
a quello fra economia agricola e industriale
Negli ultimi 30 anni del XX secolo si è avuto il passaggio all'economia della conoscenza: la conoscenza è
divenuta la fonte primaria della produzione (" Non è più il sapere che ruota attorno alla società, ma la
società che ruota attorno al sapere" Matsura direttore UNESCO, Parigi 2008)
Ciascun passaggio nell'organizzazione economica non è mai stato indolore, pare no n lo sia stato il passaggio
dall'economia basata sulla caccia a quella agricola, non lo è sicuramente stato il passaggio dall'economia
agricola a quella industriale e non lo è ora. Ciascuna di queste grandi trasformazioni avviene sempre con
grandi costi umani. Tutto questo occorre tenere presente quando si esaminano tali trasformazioni e le
conseguenze che producono sull'insieme dell'organizzazione sociale e dei servizi.
Ora cosa richiede un'organizzazione socio-economica in cui la conoscenza è diventata la fonte primaria della
produzione?
Essa richiede agli individui, come singoli e come organizzazioni, in un numero di gran lunga superiore rispetto
al passato:
1) la capacità di essere creativi,
2) la capacità di trasformare un'idea creativa in innovazione,
3) la capacità di mettere queste innovazioni sul mercato.
LA SCUOLA NELL'ECONOMIA DELLA CONOSCENZA
La creatività comporta una scuola e un'educazione che assumano la centralità di chi apprende, con ciò
intendendo l'esigenza di costruire ambienti di apprendimento con caratteristiche che sappiano favorire e
incrementare la creatività. Queste caratteristiche possono essere così sintetizzate:
• fiducia: la fiducia e le relazioni sicure favoriscono l'assunzione del rischio e la capacità di apprendere dagli
insuccessi
• autonomia: l'autonomia alimenta la possibilità di scegliere che cosa fare e come farlo
• variazione del contesto: la molteplicità dei contesti consente di sperimentare le proprie capacità in diverse
situazioni
• giusto equilibrio tra capacità e sfide: l'equilibrio tra difficoltà delle sfide e livello di competenze possedute
permette di affrontarle e vincerle, e quindi di progredire (personalizzazione).
• scambio interattivo di conoscenze e idee: ambienti dove ci sono costante scambio di idee, feedback e
valutazione, dove chi apprende può attingere a diverse fonti di informazione e di esperienze alimentano la
creatività
• verifiche dei risultati in situazioni reali: le capacità creative e la motivazione si rafforzano quando si
fanno esperienze nel mondo reale e si ottengono risultati
Perché tutto questo possa avvenire occorre il coraggio di dimezzare i contenuti del curricolo nazionale
(T.Bentley), solo così si può creare spazio per un'ampia gamma di esperienze di apprendimento e acquisire
una comprensione approfondita e autentica.
Il dibattito è aperto ma si è ancora, ovunque, lontani da ipotesi significative di ristrutturazione dei
curricoli in tal senso, e in Italia siamo lontanissimi
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LA NUOVA FASE DI ORGANIZZAZIONE DEL SAPERE
L'organizzazione del sapere nei luoghi preposti ad impartirlo è evoluta nel tempo e ha conosciuto diverse
classificazioni. Vogliamo ricordare tre fasi:
Trivio, quadrivio
L'insieme delle arti liberali oggetto di studio nelle scuole e negli studia del primo millennio dopo Cristo in
Occidente furono classificate in Trivio e Quadrivio. Al primo, il trivio, corrispondevano i rudimenti della politica
e degli studi linguistico-filosofici: la grammatica, la retorica e la dialettica. Il secondo, il quadrivio,
comprendeva le materie scientifiche: aritmetica, geometria, astronomia (astrologia) e musica. Dopo la
codificazione dell'insegnamento superiore nelle università cittadine, trivio e quadrivio diventarono le materie
propedeutiche alle lauree in diritto e, soprattutto, in teologia e furono inserite nella facoltà delle arti, la prima
tappa del curriculum universitario che raggruppava gli studenti fra i quattordici e i venti anni di età.
Suddivisione in discipline
Con le università tedesche del XIX secolo, il sapere, sotto l'influenza dello sviluppo scientifico, viene ripartito in
discipline, con propri metodi e contenuti, che si faranno sempre più specialistici
Crisi delle discipline: transdisciplinarità, sistemi complessi
Dalla metà del XX secolo entra in crisi la classica ripartizione disciplinare. La ricerca si orienta alla
trandisciplinarità e allo studio dei sistemi complessi (un sistema articolato di elementi diversi costituisce un
tutto che è diverso dalla somma delle sue parti, ha proprietà specifiche che non sono deducibili dalla sola
conoscenza di ciascun elemento).
Il CIRET (Centre International de Recherches et Études Transdisciplinaires, Paris) ha adottato nel 1994 la 1^
Carta della Transdisciplinarità
LA SCUOLA NELLA CRISI DELLE DISCIPLINE
La scuola è tutta dentro a queste trasformazioni, ma fino al 2000 i tentativi di intervento sulle discipline non
hanno mai realmente inciso sulla loro organizzazione. Si è proceduto per aggiunte all'esistente o con ipotesi
fallite o settoriali, è solo con l'inizio di questo nuovo secolo che a livello internazionale si stanno facendo
tentativi più organici di riorganizzazione del sapere scolastico. A partire dalla seconda metà del secolo scorso
si sono registrati i seguenti approcci:
• Anni '70: la parola d'ordine è stata, in quegli anni, interdisciplinarità, un tentativo abortito
• Anni '80/'90: vengono introdotte le "aree di progetto", molto spesso rimaste estranee allo sviluppo e
all'organizzazione del curricolo tradizionale.
• Dal 2000: fanno il loro ingresso le competenze e a livello internazionale prendono avvio in diversi Paesi i
curricoli per competenza . Il termine "competenza" è però tutt'altro che compiutamente acquisito e
universalmente condiviso. Il concetto di competenza porta comunque con sè la rottura con l'insegnamento
tradizionale, analitico, sequenziale, rigidamente suddiviso per discipline, e rimanda a una visione olistica,
globale dell'apprendimento.
La competenza richiede infatti:
1) la messa in opera di saperi, saper fare, saper essere, saper divenire in una situazione
data (la competenza è sempre contestualizzata in una situazione),
2) questa messa in opera richiede la mobilitazione, selezione e coordinazione efficace di una
serie di risorse pertinenti, di ordine cognitivo,affettivo, sociale ecc..,
3) infine richiede il trattamento con successo dei compiti richiesti dalla situazione e che i
risultati ottenuti siano socialmente accettabili.
E' evidente che la strada per impostare realmente l'educazione per competenze è tutt'altro che semplice,
alcuni l'hanno definita una delle più grandi sfide che gli insegnanti siano mai stati chiamati ad affrontare.
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LA TRASFORMAZIONE NEGLI STRUMENTI
DI COSTRUZIONE DELLE CONOSCENZE
Siamo entrati nella"3^ fase
Secondo l'espressione di Raffaele Simone siamo entrati nella terza fase.
Le tre fasi nella costruzione delle conoscenze sono così sintetizzabili:
1 ^ fase: invenzione della scrittura, che permise di dare stabilità alle conoscenze
2^fase: invenzione della stampa, che fece del libro, fino allora costosissimo e non riproducibile, un bene a
basso costo e alla portata di tutti, consentendo a milioni di persone di attingere a cose pensate da altri a
immense distanze di tempo e di spazio.
3^ fase): invenzione e sviluppo delle TIC. Negli ultimi 30 anni siamo traghettati nella terza fase, dove le
cose che sappiamo, non le dobbiamo necessariamente al fatto di averle lette, ma di averle viste o sentite in
TV, nello schermo di un computer, o da un ipod.
LA SCUOLA DI FRONTE AI NUOVI STRUMENTI
DI COSTRUZIONE DELLE CONOSCENZE
In 10 anni è cresciuta una generazione di studenti "mutanti", i nativi digitali, che hanno invaso scuole
impreparate e indifese ad accoglierli.
Da un' indagine condotta negli Stati Uniti nel 2006 risulta che :
• Uno studente al termine di 2 anni di college ha trascorso più di 10.000 ore con i videogiochi e circa 20.000
ore alla TV e ha inviato 200.000 SMS
• I bambini dai 6 agli 11 anni trascorrono almeno 3 ore alla settimana al computer di casa
• Il 70% dei bambini dai 4 ai 6 anni ha usato un computer.
• Il 68 % dei bambini sotto i 2 anni usa uno schermo per circa 2 ore al giorno
Come stanno cambiando i modi di apprendere di allievi che quando iniziano ad andare a scuola sanno già
accendere un computer, muovere il mouse, usare l'iPhone e dialogore con lo schermo video molto prima di
avere imparato a leggere?
Non si tratta semplicemente della dipendenza dagli SMS o dai lettori MP3. E' in gioco la costruzione della
conoscenza, la formazione dell'identità personale e dell'immagine di sé, la rapidità della
comprensione, la capacità di concentrazione, la motivazione ad apprendere, ossia questioni che gli
insegnanti di tutte le scuole del pianeta considerano il nucleo essenziale dell'educazione.
I segni del cambiamento sono molteplici e annunciano una vera e propria rivoluzione nella didattica e
nell'organizzazione scolastica
Le trasformazioni generate dalle TIC coinvolgono anche la struttura fisica della scuola e delle aule.
La conoscenza è nell'aria, portata dal Wi-Fi che mette a disposizione di tutti Internet senza fili creando
invisibili collegamenti con altri studenti, professori, scuole e università lontane.
Se l'educazione non scomparirà mai, non così potrà dirsi della scuola come struttura fisica. E' prevedibile che
sia destinata in breve tempo a modificazioni profonde, senza escludere una progressiva "disintegrazione"
degli edifici tradizionalmente intesi.
Cambieranno anche i tempi uniformi dell'apprendere e degli esami (when ready)
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LE TRASFORMAZIONI NEI LEGAMI SOCIALI:
Da una modernità solida a una modernità liquida
Siamo passati con una rapidità sorprendente da una modernità solida, definita e vincolata da legami nazionali,
territoriali, solidi e duraturi a una modernità liquida, fatta di legami mutevoli e fragili (S. Bauman), che
racchiude in sé gli effetti della globalizzazione, del nomadismo, delle reti virtuali; un mondo e soggettività
continuamente ridefiniti.
Una modernità caratterizzata dalla multiculturalità e dalla complessità, dove la nozione di complessità
implica il riferimento a una logica di funzionamento e di sviluppo sulla quale intervengono anche il disordine,
l'arbitrario, la non determinazione, non come fattori limitanti ma piuttosto come elementi di un'organizzazione
che aspira a una maggiore razionalità.
In altri termini, la complessità non è il limite della nostra conoscenza (costitutivo o storicamente determinato),
ma un nuovo modello categoriale che respinge il mito di una razionalità onnicomprensiva e definitiva, ossia il
monoculturalismo epistemologico.
LA SCUOLA NELLA MODERNITÀ LIQUIDA
Questo passaggio ha implicazioni profonde sulla scuola.
1) E' definitivamente entrata in crisi le finalità della scuola nata con gli stati nazionali: la costruzione
dell'identità nazionale, il governo della popolazione attraverso il disciplinamento dei comportamenti di massa,
l'inculcare condotte e valori solidi e duraturi.
2) L'identità culturale non è più raggiungibile attraverso un modello statico di cultura; si costruisce nel
confronto spesso conflittuale con le altre culture. E' il risultato di ibridazioni, cambiamenti e rielaborazioni
dei propri paradigmi culturali.
3) Al capolinea e non più tollerata dai nativi digitali l'impalcatura burocratica su cui quella finalità ha
potuto reggersi: la rigidità delle scansioni temporali (orario scolastico e anno scolastico), dell'organizzazione
per classi d'età, la ripetitiva sequenza di lezioni frontali, compiti, interrogazioni ed esami uguali per tutti, la
rigida costruzione dell'edificio scolastico (a modello della fabbrica).
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I DOCENTI NEL NUOVO SCENARIO
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DALLA PROLETARIZZAZIONE AI TENTATIVI DI
PROFESSIONALIZZAZIONE
Rispetto a queste vere e proprie rivoluzioni, la professione docente segna tremendamente il passo.
Dalla metà del secolo scorso, di fronte al progressivo processo di proletarizzazione degli insegnanti che si è
accompagnato all'avvento della scuola di massa, la parola d'ordine per ridare dignità e prestigio al mestiere
d'insegnare è stata professionalizzazione della docenza.
I tentativi sono stati plurimi a livello internazionale, ma i risultati sono ancora assolutamente insoddisfacenti.
L'obiettivo della professionmalizzazione fu autorevolmente posto dall' UNESCO fin dal lontano 5 ottobre
1966, data che è oggi rimasta a celebrare la "Giornata mondiale degli insegnanti".
Quel documento, tanto fondamentale quanto ignorato, è "La Raccomandazione sullo status degli
insegnanti", una raccomandazione costruita attorno alla tesi che la docenza deve essere considerata una
"professione" fondata su alti standard professionali e su un proprio codice deontologico, entrambi da costruire
insieme agli organismi rappresentativi dei docenti.
Gli elementi che tuttora caratterizzano il processo di professionalizzazione sono:
• la formazione universitaria dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado,
• la creazione di organismi di autogoverno della docenza,
• l'istituzione dell' albo professionale,
• la definizione degli standard professionali (cosa devono sapere e saper fare gli
insegnanti),
• l'assunzione di un codice deontologico della professione,
• lo sviluppo di carriera collegato a specifici processi di valutazione
FORMAZIONE UNIVERSITARIA
Formazione ispirata a un nuovo professionismo
La tendenza da tempo in atto a livello europeo è la formazione ispirata a un "nuovo professionismo ".
Tale tendenza alla "professionalizzazione" può essere riscontrata nelle riforme degli anni Settanta in
Germania, Inghilterra e Galles, in Francia all'inizio degli anni Novanta con l'introduzione degli Instituts
Universitaires de Formation des Maitres, I.U.F.M., (oggi rimessa in discussione con l'assegnazione della
formazione dei docenti all'Università), nella riforma permanente realizzata negli ultimi vent'anni in Finlandia,
nonché nelle innovazioni attuate in alcuni altri Paesi nordici e in Portogallo e in Spagna.
Sviluppi simili si possono osservare anche negli Stati Uniti.
I principali elementi dei programmi di formazione professionalizzante vengono così indicati nel Libro
bianco del 2000 (Green Paper on Teacher Education in Europe redatto dal TNTEE, Thematic Network
on Teacher Education:
- studi nelle scienze della professione docente (quali scienze dell'educazione, didattica e
didattica delle discipline, psicologia dell'educazione, sociologia dell'educazione)
- collegamento di questi studi con la ricerca educativa e con lo sviluppo delle capacità di
problem-solving
- diffusione di un ampio repertorio di pratiche riconosciute valide ai fini dell' apprendimento
- sviluppo e assunzione di un codice etico-dentologico della professione docente.
- studi pratici e/o clinici coerenti e monitorati
- studi approfonditi di un certo numero di campi accademici rilevanti per i curricoli scolastici e
insegnamenti di casi particolari
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La TNTEE sottolinea anche l'importanza per la formazione degli insegnanti dell'istituzione a livello nazionale di
autonomi organismi professionali della docenza (ad esempio I Consigli della Docenza, General Teaching
Councils, di stampo anglosassone) con il compito di:
"garantire e accrescere la qualità della formazione degli insegnanti, di partecipare insieme ad
altri partner all'approvazione e all'accreditamento dei programmi di formazione degli
insegnanti, e/o alla certificazione delle abilitazioni professionali".
In questo stesso Libro Bianco viene poi sottolineata l'importanza che la formazione dei docenti tenga conto
della nuova organizzazione fondata sull' autonomia degli istituti scolastici e prepari insegnanti competenti
sia nella costruzione dei curricoli delle singole scuole autonome sia nelle questioni gestionali.
Infine ci preme mettere in rilievo quanto la stessa TNTEE evidenzia in modo particolare, e cioè che la
formazione iniziale ed in servizio degli insegnanti deve essere un sistema aperto e dinamico, un processo
senza soluzione di continuità. La formazione deve sostenere i docenti durante tutte le fasi della carriera,
deve cioè costituire uno Sviluppo Professionale Continuo, Continuous Professional Development (CPD).
Accanto a tali indicazioni il dato comune più preoccupante che viene rilevato dal Libro Bianco della TNTEE
continua ad essere l'impreparazione delle università a svolgere questo ruolo. La domanda ancora priva di
adeguata risposta nella maggior parte dei Paesi europei è: "Chi forma i formatori degli insegnanti?"
Si è infatti in un circolo vizioso: il bassissimo prestigio sociale e professionale degli insegnanti si estende ai
docenti universitari che si occupano della loro formazione. Un lavoro di serie B, insomma, al quale pochi
aspirano, se non, ovviamente, i docenti delle facoltà di scienze della formazione.
L'importanza della selezione per l'accesso alla formazione
Un aspetto non sempre messo in dovuto rilievo è l'importanza della selezione per l'accesso alla formazione.
Non è né ovvio né scontato sottolineare che la qualità della docenza inizia dalla formazione, i cui esiti
dipenderanno anche da una rigorosa selezione all'accesso ai corsi universitari. Una selezione comunque che
avrà senso e potrà realisticamente avvenire solo se collegata a una seria valorizzazione della professione
docente. Vale la pena ricordare che la selezione in ingresso alla formazione è indispensabile anche per
approntare una seria programmazione del fabbisogno dei docenti. Se questa manca, la programmazione è
destinata al fallimento, come già dimostrato in Italia dagli esiti della legge 124 del 1999 che aveva subordinato
i concorsi alla previsione dei posti senza alcuna programmazione rispetto alla formazione ( L. 124/99 comma
2 art. 1: "L'indizione dei concorsi è subordinata alla previsione del verificarsi nel triennio di riferimento di
un'effettiva disponibilità di cattedre o di posti di insegnamento").
Il virtuoso esempio finlandese
La nota eccellenza degli studenti finlandesi affonda le sue radici in vari fattori, uno dei principali è sicuramente
la qualità dei suoi insegnanti, che godono in quel Paese di grande prestigio.
Fin dal 1971 la formazione di tutti i docenti è di livello universitario, dura 5 anni, poi continua in servizio.
Per accedere alla carriera docente la selezione è altissima, pari a circa il 10% dei candidati.
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Una nota istruttiva nel Rapporto finlandese 2007
Il Governo finlandese ha commissionato un Rapporto per valutare la formazione dei docenti in Finlandia
fra il 2001 e 2005. Ne sono risultate analisi positive e alcune Raccomandazioni
Fra le Raccomandazioni ci ha particolarmente colpito la seguente:
"Curare di più nella selezione per l'accesso alla formazione iniziale la valutazione delle
attitudini all'insegnamento"
Questione da sempre ignorata in Italia, dove siamo ancora fermi alla drastica affermazione di Gentile "Chi sa,
sa insegnare", con tutte le conseguenze che ha avuto sulla preparazione dei docenti delle scuole secondarie.
GLI STANDARD PROFESSIONALI
L'importanza degli standard
Molto più del profilo, gli standard (generali per tutti i docenti e specifici per campi disciplinari e gradi scolastici)
sono indispensabili per tutte le fasi professionali, dalla formazione all'abilitazione, dal superammento del
periodo di prova allo sviluppo di carriera.
Diamo di seguito l'indicazione di due tipologie di standard, dai primi standard in USA ai più recenti
dell'Inghilterra
USA -NBPTS e la definizione di standard esemplari
Una formulazione di standard che ha fatto scuola è quella del National Board for Professional Teaching
Standards NBPTS in USA
Il NBPTS, istituzione unica nella storia dell'istruzione americana, è un'organizzazione indipendente, nonprofit,
autonoma dai partiti, retta da un direttivo di 63 membri, in maggioranza insegnanti, che si prefigge di innalzare
gli standards professionali dei docenti e di certificare coloro che li raggiungono. Istituita nel 1987, fu
caldeggiata dalla Fondazione Carnegie (Carnegie Foundation) come strumento per contrastare l'allarmante
situazione dell'istruzione negli Stati Uniti messa a nudo dalla commissione Gardner nel noto "A Nation at
Risk: the Imperative for Educational Reform" , del 1983.
Nel sua risposta "A Nation prepared: Teachers for the 21 st Century" del 1986, la Fondazione Carnegie
sostenne la necessità di trasformare i docenti in una categoria di professionisti, retta da propri organismi
associativi, cui riconoscere la competenza ed il diritto di definire, valutare e controllare la qualità professionale
dei propri membri.
La "missione" del National Board è quella di: a) costruire standards capaci di individuare l' "insegnamento
esperto", b) gestire un sistema nazionale, volontario, di valutazione e certificazione degli insegnanti che
raggiungono gli standards prefissati.
Appena fu insediato, nel 1987, il NBPTS comprese che il suo primo compito era quello di enucleare la propria
"visione" di "insegnamento esperto" e che solo successivamente e in coerenza con questa avrebbe potuto
mettere mano alla costruzione degli standards per le diverse aree disciplinari.
Questo primo compito fu concluso nel 1989 con la pubblicazione di "Che cosa dovrebbero sapere e saper
fare gli insegnanti". Questo documento fu la base di tutto il lavoro successivo sugli standard e a tutt'oggi
rimane la pietra miliare del sistema di certificazione del National Board. Ma non solo, i principi in esso
contenuti continuano ad ispirare il lavoro di quanti, distretti scolastici, stati, colleges, università ecc., sono
impegnati a migliorare la formazione iniziale ed in servizio degli insegnanti americani; e ancora, continuano a
stimolare l'autovalutazione degli insegnanti, ad agire da catalizzatori del dibattito sulla professionalità docente
e a favorire lo sviluppo di un nuovo e più consapevole consenso sull'identità dell' "insegnante esperto".
Il documento "Che cosa dovrebbero sapere e saper fare gli insegnanti" è costruito attorno a cinque
nuclei fondanti, un vero e proprio "pentalogo" del bravo docente.
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Gli standards sono sviluppati attorno a questi cinque nuclei fondanti e riguardano 30 diversi campi di
certificazione.
I campi di certificazione sono diversificati rispetto a 2 elementi:
a.
l'età degli alunni (prima infanzia, infanzia, prima adolescenza, adolescenza, e gioventù);
b.
le diverse aree disciplinari.
Nel 2000 l'ADi, ispirandosi agli Standard generali del NBPTS ha costruito standard ADI per la docenza in
Italia
Inghilterra: gli standard più recenti
Il primo settembre 2007 sono entrati in vigore in Inghilterra nuovi standard professionali degli insegnanti.
Gli standard professionali indicano che cosa devono sapere e saper fare gli insegnanti nelle diverse fasi della
loro carriera. Gli standard non devono essere confusi e non devono sostituire i doveri contenuti nel
Documento sulle retribuzioni e le condizioni degli insegnanti.
Il nuovo framework definisce gli standard che devono possedere gli insegnanti per acquisire lo status di:
insegnante
al termine della formazione
iniziale
insegnante
professionista
dopo il superamento del
periodo di prova
insegnante
esperto
dopo il superamento della
"soglia"
insegnante
eccellente
insegnante
con
competenze
avanzate
dopo il superamento di una
valutazione concorsuale
nazionale, al termine dei tre
gradini svolti come insegnante
esperto
dopo il superamento di una
valutazione concorsuale
nazionale
Ciascuno dei cinque standard sopra indicati è organizzato in tre sezioni fra loro interconnesse, che si
ampliano e si approfondiscono man mano che si passa da uno standard all'altro.
Ad esempio, un insegnante che ha superato "la soglia" ed è diventato insegnante esperto, dovrà continuare a
soddisfare gli standard indicati per gli insegnanti professionisti e ampliare e approfondire quelle caratteristiche.
Le tre sezioni sono così titolate:
• caratteristiche professionali
• competenze didattiche e disciplinari
• Abilità professionali
Tutto il documento su Carriera e Standard degli Insegnanti Inglesi si trova tradotto e commentato sul sito
ADI.
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PRINCIPI EUROPEI COMUNI PER LA PROFESSIONE DOCENTE
Documento della Commissione Europea(2005)
Nel 2005 la Commissione europea ha stilato un documento "Principi europei comuni per la
professione docente" con lo scopo di supportare le politiche nazionali o regionali nel
formulare principi comuni relativi alle competenze e ai titoli degli insegnanti.
Si dice inoltre che tali principi sono stati definiti in risposta alle sfide poste dal Rapporto del
Consiglio e della Commissione Europei nei confronti dell' Educazione e Formazione 2010.
Si riportano qui alcune delle parti più interessanti
LE COMPETENZE CHIAVE
• Saper lavorare in équipe
• Saper utilizzare le TIC
• Saper lavorare con e nella società
LE RACCOMANDAZIONI
• Opportunità di sviluppare la formazione sui 3 cicli universitari (3+2+3) per facilitare
carriera e mobilità
• Una professione come continuum (formazione iniziale, periodo di prova, sviluppo
professionale continuo)
• incoraggiare mobilità e opportunità di studio in altri paesi UE (cittadinanza europea e
globale)
• lavoro in partenariato con altri stakeholders e sviluppo di reti
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GLI ORGANISMI DI AUTOGOVERNO DELLA DOCENZA
CODICE DEONTOLOGICO E ALBO PROFESSIONALE
Una strada verso la professionalizzazione: una forte autonomia del corpo
professionale
Una fra le più interessanti proposte teoriche e le più innovative esperienze verso la professionalizzazione è la
trasformazione dei docenti in una categoria di professionisti, retti da propri organismi associativi, cui
riconoscere la competenza e il diritto di regolare la formazione dei propri membri, codificare le norme di
abilitazione e di accesso alla professione, elaborare e fare rispettare un codice deontologico, e svolgere
anche una funzione disciplinare sui propri membri.
Gli esempi più interessanti ci vengono dal mondo anglosassone.
I Consigli Generali della Professione Docente in Scozia e Inghilterra
Quando nel 1965 la Scozia si trovò ad affrontare un crescente degrado nei livelli dell'istruzione, si preoccupò
innanzitutto di innalzare gli standard professionali dei docenti. Il Governo istituì una Commissione d'inchiesta,
che propose la costituzione del Consiglio Generale della Professione Docente, con lo scopo di dare più voce e
più potere agli insegnanti nella gestione della loro professionalità. Nel 1966 fu così istituito il General
Teaching Council (GTC) in Scozia, un Consiglio Generale della professione docente che equiparava gli
insegnanti agli altri professionisti. Il GTC è diventato un punto di forza dei docenti scozzesi, ha innalzato i loro
standards professionali e le loro condizioni di lavoro.
Nel settembre 2000 il Governo Blair ha sollecitato l'istituizione anche del General Teaching Council per i
docenti inglesi, che è entrato in vigore il primo settembre 2000.
Sull'esempio del GTC scozzese se ne sono sviluppati molti altri tra cui ricordiamo quelli della Columbia
Britannica, Ontario, Sud Africa, Queensland, Hong Kong, che nel 2001 sono stati raccolti e tradotti dall'ADi
(Raccolta dei GTC 2001)
I codici deontologici
I codici dei GTC
Ciascun organo di autogoverno della professione ha formulato un codice etico-deontologico della
Professione docente del proprio Paese.
A novembre 2008 il GTC inglese ha avanzato una nuova proposta molto discussa di codice deontologico
secondo cui gli insegnanti dovrebbero costituire un modello di comportamento per i loro studenti, non solo a
scuola ma anche nella vita privata.
Il codice etico-deontologico dell'ADI
L'ADI ha approvato e reso pubblico il codice etico deontologico per gli insegnanti italiani il 16 aprile 1999, e
ha reso la sua osservanza obbligatoria per i propri iscritti.
Il documento sul codice della Commissione insediata dal Ministro Moratti
Vogliamo qui ricordare che il Ministro Moratti, poco dopo la sua nomina insediò, nel 2001, una commissione
per il codice deontologico. L'ADi vi portò tutta la propria esperienza. Il documento conclusivo fu consegnato
al ministro il 15 gennaio 2003
Nel merito il documento di sintesi rappresentò una vera e propria svolta sulla questione docente: il
riconoscimento per la prima volta dell'insegnamento come "professione". Un riconoscimento che richiede, si
diceva, di intervenire su più piani: quello assegnato alla legge, quello affidato all'autonomia del corpo
professionale e infine quello contrattuale, che avrebbe dovuto discendere dagli altri due e con essi essere
coerente.
Diceva il documento che:
Spetta alla "legge" la promulgazione di un nuovo Stato giuridico, che ridefinisca:
• la funzione docente fondata sulla libertà di insegnamento, intesa come libertà della
funzione che si salda, in quanto tale, con la responsabilità educativa, a tutela di inderogabili
esigenze di equità sociale e di interesse pubblico: il raggiungimento di elevati livelli educativi
per tutti i ragazzi;
• i diritti e i doveri fondamentali degli insegnanti;
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• rigorose modalità di reclutamento che tengano conto del nuovo Titolo V della Costituzione;
• una specifica formazione iniziale collegata alla formazione continua,
• la creazione di nuove figure professionali della docenza - già previste dalla legge 59/97sostegno al miglioramento dell'insegnamento e all'innovazione culturale e didattica delle
scuole autonome.
Spetta all'"autonomia del corpo professionale" la definizione e il rispetto del codice deontologico e degli
standard professionali ("che cosa dovrebbero sapere e saper fare gli insegnanti") e la gestione dell'Albo.
Questo comporta che i docenti dispongano di un proprio organo di autogoverno, che va previsto nella legge,
ma sulle cui funzioni e composizione è necessario aprire un ampio dibattito fra gli insegnanti e
l'associazionismo professionale.
Nel ricevere il documento il ministro dichiarò che non intendeva nemmeno parlare di provvedimenti
legislativi, ma si sarebbe limitata ad aprire il dibattito sul sito dell'istruzione, in quanto non intendeva aprire
nessuno scontro con i sindacati.
E così quel documento frutto di un anno e mezzo di discussioni finì sepolto fra le carte ministeriali
Gli albi professionali
Un altro dei compiti degli organi di autogoverno è a livello internazionale la gestione dell'albo professionale a
cui possono iscriversi solo gli insegnanti abilitati, ed è condizione indispensabile per insegnare.
Il GTC scozzese, il primo come abbiamo visto, prescive:
"L'iscrizione all'Albo (Registration) è il segno distintivo del Riconoscimento Professionale
come docente e assicura e accerta che gli standard d'ingresso alla professione siano
rispettati e mantenuti".
Per essere inseriti a pieno titolo nell'Albo tutti gli insegnanti devono conseguire gli Standard per la Completa
Registrazione. Durante il periodo di prova gli insegnanti sono iscritti "provvisoriamente" all'Albo e solo al
superamento del periodo di prova sono iscritti a pieno titolo.
Tutti gli insegnanti che lavorano presso Le Local Authorities (i Provveditorati) devono necessariamente essere
iscritti all'Albo, e devono mantenere annualmente l'iscrizione pagando una tassa (The Registration Fee),
che è di 55 sterline dal 2007. Anche gli insegnantii del settore privato devono essere iscritti all'Albo.
Come si può intuire, essendo il GTC un organismo autonomo della docenza è mantenuto dagli stessi docenti,
un po' come l'iscrizione all'Ordine per molte professioni in Italia.
Una delle più recenti proposte di costituzione dell'Albo è venuta dalla Svezia, dove la Commissione d'indagine
sugli insegnanti, istituita dal Governo, ha consegnato il 27 maggio 2008 al ministro dell'istruzione il proprio
Rapporto sull'istituzione dell'Albo Professionale degli insegnanti, sui titoli e le autorizzazioni per
l'iscrizione.
Nel Rapporto si dice esplicitamente di avere fatto riferimento all'esperienza scozzese del GTC.
Insegnanti: Per quale Scuola? - Alessandra Cenerini
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ADi Associazione Docenti Italiani
CHE FARE IN ITALIA?
Insegnanti: Per quale Scuola? - Alessandra Cenerini
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ADi Associazione Docenti Italiani
UNO STATO GIURIDICO PER LA PROFESSIONE DOCENTE
Un nuovo statuto per la professionalizzazione della docenza
Come avviare in Italia un processo di professionalizzazione?
Noi crediamo che la risposta sia: un nuovo statuto che ridefinisca la funzione docente in tutti i suoi aspetti e in
tutte le sue fasi. Uno stato giuridico che sia strumento di riscatto dal processo di deprofessionalizzazione e
proletarizzazione dell'insegnamento che pare non avere fine.
L'avvio di una nuova professionalizzazione che tenga conto e sappia inserirsi nei cambiamenti che siamo venuti
descrivendo.
Non una gabbia normativa, ma un quadro nazionale che lungi dal regolare gli insegnanti come impiegati dello
Stato (non lo sono più con il varo del Titolo V) abbia nuovi punti di riferimento nelle scuole autonome, nelle
Regioni, nell'Unione Europea, e sappia valorizzare, come in altri Paesi europei l'autonomia del corpo
professionale.
Gli ostacoli posti dai sindacati, ma non solo
Finora la maggiore opposizione è venuta dalle organizzazioni sindacali, in particolare dalla CGIL.
Ma non si può certo attribuire tutta la responsabilità al Sindacato, poiché né i governi di centro-sinistra né quelli di
centro-destra hanno mai assunto un impegno in questo senso. Né d'altra parte si sono mosse le Regioni, le quali
finora hanno decisamente paventato l'assunzione di responsabilità nell'amministrazione dei docenti.
Per quanto riguarda il sindacato vorremmo ricordare che in Spagna La Federación de Enseñanza aderente alla
CC.OO (CC.OO= Confederación Sindical de Comisiones Obreras, Confederazione Sindacale delle Commissioni
Operaie), corrispondente alla FLC-CGIL, si batte da anni per una legge sullo Stato Giuridico degli Insegnanti e ha
recentemente promosso una raccolta di firme a sostegno della sua approvazione.
Perché la CGIL non si ispira al sindacato fratello?
Un impegno bipartisan in Parlamento
Ci si può solo augurare che sullo Stato Giuridico degli Insegnanti cessino sterili divergenze fra schieramenti, e in
Parlamento maggioranza e opposizione ricerchino punti di convergenza, con il più ampio coinvolgimento degli
insegnanti, anche a partire dalla proposta di loegge di Stato giuridico presentata dalla presidente della VII
Commissione della Camera, On. Valentina Aprea
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