Introduzione

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Introduzione
Introduzione
di Mara Cameran
Obiettivo del presente lavoro è indagare in merito alla scelta compiuta dalle società
italiane di adottare i principi contabili internazionali (IAS/IFRS) nella redazione
dei propri conti annuali.
L’analisi condotta nelle pagine successive, dopo l’imprescindibile
inquadramento giuridico e dottrinale, poggia prevalentemente su base empirica. In
particolare, si documentano le determinanti e le conseguenze dell’adozione dei
principi contabili internazionali da parte delle società non quotate, che hanno
deciso di utilizzare gli IAS/IFRS per il rendiconto annuale, non consolidato.
Quest’ultimo, come sottolinea Casò (2006), riveste un ruolo fondamentale
nell’ordinamento nazionale: il bilancio d’esercizio, ad esempio, è la base per la
determinazione del reddito imponibile e il riferimento della normativa civilistica in
tema di distribuibilità delle riserve e ripristino del capitale per perdite. Poiché i
principi contabili internazionali sono stati essenzialmente pensati per il bilancio
consolidato, le società che decidono di utilizzare gli IAS/IFRS nel bilancio
d’esercizio sono poste di fronte a scelte interpretative non semplici e con
implicazioni rilevanti che trascendono il semplice ruolo informativo del bilancio.
Studiare, dunque, tali soggetti appare di particolare interesse.
Inoltre, dall’esame dei contributi della dottrina economico-aziendale
italiana è emerso che le analisi empiriche fino ad oggi condotte sono state
essenzialmente finalizzate ad illustrare le scelte contabili operate dalle società nel
momento in cui sono passate ai principi contabili internazionali e gli impatti che
tali principi hanno avuto su alcune poste di bilancio (Biancone e Cisi, 2005;
Dezzani, 2005; Busso e Bava, 2006; Cavallini e Meini, 2006; Devalle, 2006;
Mauro, 2006; Pisoni et al., 2006; Teodori, 2006; Veltri, 2006; Allegrini, 2007;
Aprile, 2007; Confalonieri, 2007; Tettamanzi, 2008; Mechelli,, 2011; Mechelli,
2009; Pavan e Paglietti, 2011). Dunque, non solo l’oggetto degli studi già
compiuti è diverso da quello del presente volume, ma anche i dati empirici
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L'adozione dei principi contabili internazionali da parte delle società italiane
utilizzati sono, in buona parte, differenti, in quanto nei contributi precedenti si
compivano analisi sulle società quotate con riferimento al bilancio consolidato
(Nicoliello, 2009). Ad esempio, Paglietti (2009) rileva effetti negativi in tema di
qualità dei dati di bilancio a seguito dell’adozione dei principi contabili
internazionali, ma nel caso di società italiane quotate.
Teodori e Veneziani (2008) affrontano il tema degli IAS/IFRS nelle aziende
non quotate, ma con una prospettiva diversa da quella del nostro studio. Grazie
all’analisi di un campione di 120 imprese non IAS adopter localizzate in una
ristretta area geografica, cui è stato sottoposto un questionario, gli autori indagano
in merito al grado di conoscenza degli standard internazionali e raccolgono
l’opinione degli interlocutori sui vantaggi/svantaggi legati all’adozione di tali
principi. Nella parte finale dello studio citato è simulato l’impatto patrimoniale di
un’ipotetica transizione agli IAS/IFRS.
Per quanto a conoscenza di chi scrive, gli effetti successivi alla prima
adozione sull’informativa economico-finanziaria contenuta nelle sintesi annuali
delle società italiane non quotate sono stati misurati da Mattei e Ricciardi (2012)
e da Ricciardi (2009). Ricciardi (2009) studia l’effetto dell’adozione volontaria
degli IAS/IFRS sull’earnings management nel caso delle società non quotate,
però tema con riferimento al bilancio consolidato. Anche Mattei e Ricciardi
(2012) partono dai dati di consolidato. Come già accennato, ai fini della presente
ricerca, le nostre analisi riguardano essenzialmente gli effetti dell’adozione dei
principi contabili internazionali sul bilancio d’esercizio. Si noti, inoltre, che
considerare il bilancio d’esercizio consente di includere nell’analisi un novero
maggiore di soggetti.
A livello internazionale, l’adozione volontaria dei principi contabili
internazionali è stata studiata principalmente nel caso di società quotate che hanno
deciso di passare ai principi contabili internazionali in anticipo rispetto al momento
in cui l’utilizzo di tali standard sarebbe divenuto obbligatorio (Quagli, 2011). Un
primo gruppo di studi ha indagato le caratteristiche delle società (quotate) che
hanno deciso di adottare gli IAS/IFRS (ex multis, Cuijpers e Buijink, 2005), altri si
sono soffermati su eventuali effetti sulla qualità dei loro bilanci (ex multis, Barth et
al., 2008). Per quanto a conoscenza di chi scrive, solamente Francis et al. (2008)
hanno condotto una ricerca pubblicata su società non quotate che volontariamente
hanno deciso di passare agli standard internazionali, considerando l’orizzonte
temporale 1999-2000. Lo studio ha riguardato imprese operanti in 56 diverse
nazioni a partire dai dati di consolidato e i risultati mostrano che sia le
caratteristiche delle imprese, sia il contesto istituzionale possono influenzare
l’adozione dei principi contabili internazionali, con riferimento al bilancio
consolidato. Il nostro studio è condotto in un contesto nazionale ben definito ed
esamina, dunque, non solo le determinanti a livello impresa - in un Paese peraltro
in cui l’adozione degli IAS/IFRS non è una semplice facoltà, ma è per alcuni
soggetti obbligatoria - ma anche le conseguenze a livello di qualità dei bilanci
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d’esercizio. Inoltre, il database utilizzato nella nostra ricerca include dati più
recenti rispetto a quelli utilizzati da Francis et al. (2008).
La struttura del volume è la seguente. Nel capitolo successivo (cap.1) si
illustra la normativa vigente con riferimento alla redazione dei conti annuali da
parte delle società nazionali, identificando tre gruppi: le società obbligate a seguire
il dettato degli IAS/IFRS, le imprese che possono utilizzare i principi contabili
internazionali in luogo di quelli domestici e le società escluse dall’utilizzo degli
IAS/IFRS. Si illustrano anche le principali differenze tra principi contabili
internazionali e standard domestici, nonché i compiti assegnati allo standard setter
nazionale (Organismo Italiano di Contabilità: OIC) in una realtà, come quella
nazionale, in cui alcune imprese debbono o possono redigere i propri conti annuali
sulla base di standard diversi. Il capitolo si conclude illustrando le tendenze
evolutive in tema di informativa economico-finanziaria obbligatoria. Nel secondo
capitolo si compie una disamina della dottrina nazionale e internazionale che si è
occupata di IAS/IFRS, soffermandosi, in particolare, dapprima sulla letteratura che
ha indagato i fattori determinanti l’adozione volontaria degli IAS/IFRS e, in
seguito, analizzando i contributi che hanno studiato gli effetti sulle imprese e sui
mercati finanziari dell’introduzione degli IAS/IFRS. Nell’ultima parte del capitolo
ci si sofferma sugli studi aventi ad oggetto il tema del fair value, sia per la sua
centralità all’interno dei principi internazionali che per il ruolo che esso ha rivestito
nello sviluppo della crisi finanziaria.
Compiuto l’inquadramento legislativo e dottrinale, nel capitolo successivo
(cap.3) si riferisce in merito alle determinanti che hanno indotto le società non
obbligate ex lege ad adottare i principi contabili internazionali nella redazione dei
conti annuali non consolidati, nei primi anni in cui ciò è stato possibile. I risultati
delle analisi condotte mostrano che i costi connessi alla transizione ad un nuovo set
di principi contabili appaiono compensati dalla semplificazione amministrativa
provocata dall’adozione degli IAS/IFRS da parte di società controllate da soggetti
obbligati all’adozione degli standard internazionali. Al di fuori di questa
circostanza, la scelta di adottare i principi citati sembra essere determinata più dalle
richieste di soggetti esterni (investitori istituzionali) o dalla scelta dell’azionista di
riferimento, che dall’ottenimento di vantaggi legati alla maggiore trasparenza
informativa.
Nel quarto capitolo si indagano gli effetti dell’adozione dei principi contabili
internazionali sulla qualità dei dati contabili delle società non quotate e quotate: le
non quotate potrebbero avere ragioni ed incentivi differenti per manipolare, o
meno, i dati contabili, rispetto alle imprese quotate. Evidenze da studi precedenti
mostrano che i manager di società quotate possono attuare politiche di bilancio per
soddisfare, ad esempio, le aspettative del mercato e degli analisti, oppure per
incrementare i bonus talvolta legati a piani di stock option. Questi incentivi non
sono applicabili alle società non quotate, che potrebbero, invece, cercare di usare in
modo strumentale la discrezionalità lasciata agli amministratori in sede di
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L'adozione dei principi contabili internazionali da parte delle società italiane
redazione dei conti annuali per accedere, ad esempio, più facilmente al credito
bancario o migliorare i rapporti con i propri fornitori (Burgstahler e Dichev, 1997).
L’impatto dell’adozione dei principi contabili internazionali è misurato prendendo
in considerazione la qualità del reddito (in inglese earnings quality). La letteratura
nazionale e internazionale ne hanno offerto diverse definizioni (per una disamina di
queste si rimanda a Prencipe, 2006). La prospettiva della dottrina economicoaziendale italiana è piuttosto ampia ed implica un approccio volto a considerare sia
la dimensione quantitativa sia quella qualitativa (Lizza, 1999). Nel presente lavoro
si adotta l’impostazione tipica degli studi internazionali sul tema, senz’altro meno
completa, ma che presenta il vantaggio di una più agevole misurabilità qualora si
vogliano condurre, come nel nostro caso, verifiche empiriche. Si assume, dunque,
che il livello qualitativo degli earnings sia negativamente correlato all’esistenza di
politiche di bilancio (in inglese earnings management), intese come un qualsiasi
intervento intenzionale nel processo di redazione del bilancio destinato a
pubblicazione al fine di ottenere benefici personali. Tali politiche sono rilevate nel
nostro caso mediante la stima della probabilità di osservare risultati economici
positivi di piccola entità e mediante l’identificazione degli accrual. La prima
misura parte dall’idea che i manager siano poco inclini a pubblicare documenti
contabili contenenti risultati di periodo negativi, preferendo piuttosto mostrare
degli utili, anche se minimi: la presenza di tali utili di piccola entità potrebbe
essere, dunque, un sintomo dell’esistenza di earnings management. Gli accrual
sono identificati con i componenti di reddito operativi che non si sono tradotti in
flussi di cassa: la qualità degli utili è inversamente correlata a tale grandezza, dato
che quanto più un risultato reddituale si traduce in flussi di cassa, tanto meno è
manipolabile e, dunque, di elevata qualità. Inoltre, si assume che il livello
qualitativo degli earnings sia anche correlato positivamente alla timely loss
recognition, vale a dire la tempestività con la quale sono riconosciute in bilancio
(nel risultato dell’esercizio) le perdite probabili. Infine, il livello qualitativo degli
earnings è anche misurato mediante la rilevanza dei dati di bilancio per gli
investitori (value relevance) 1: tale misura può essere utilizzata solo nel caso di
società quotate, poiché per determinarla è necessario conoscere il valore di mercato
dell’impresa.
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S e condo la de finizione di Azzali e t al. (2012) la value re le vance è mis urata me diante la capacità de lle
informazioni di bilancio di rias s ume re le informazioni che influe nzano i valori de lle azioni.
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Introduzione
Fig ura 1: Mis ure di qualità de g li utili impie g ate
I risultati ottenuti nel nostro lavoro per le non quotate mostrano un incremento
dellÕutilizzo di politiche di bilancio discrezionali misurate dagli accrual, insieme
ad una riduzione della tempestività di riconoscimento delle perdite in bilancio a
seguito dellÕadozione dei principi contabili internazionali. Anche ampliando
lÕanalisi ad un campione di società quotate, società a cui lÕutilizzo degli IAS/IFRS
• stato imposto, si conferma che lÕintroduzione di tali principi ai fini della
rendicontazione annuale non ha prodotto nessun miglioramento significativo in
termini di qualità degli utili. Al contrario, si osserva un peggioramento nella
tempestività di riconoscimento delle perdite nel risultato dÕesercizio. Tali
conclusioni sono peraltro in linea con precedenti lavori che hanno evidenziato
come lÕintroduzione di un nuovo set di principi contabili, da sola, non basti a
cambiare la qualità dei dati contabili. Ad esempio, secondo Soderstrom e Sun
(2007) i principi contabili, pur influenzando notevolmente la qualità dei dati
contabili, costituiscono solo una delle sue determinanti.
PoichŽ la letteratura precedente ha evidenziato che la struttura proprietaria
pu˜ avere unÕinfluenza significativa sulla qualità dei dati contabili (si veda par.
5.1.1), nel quinto ed ultimo capitolo si studiano gli effetti dellÕadozione degli
standard internazionali sulle imprese familiari (family firm) - definite, nel presente
lavoro, come società in cui la maggioranza assoluta del capitale • posseduta,
direttamente o indirettamente, dai membri di una stessa famiglia - che costituiscono
una delle peculiarità del tessuto aziendale italiano. Per tener conto nel modo pi•
accurato delle diverse caratteristiche di governance del campione esaminato, si
opera anche una distinzione tra società quotate e non quotate. I risultati delle analisi
condotte indicano che lÕeffetto dellÕadozione dei principi contabili italiani non •
omogeneo tra family e non family firm sia per le società che sono quotate sul
mercato regolamentato italiano, sia per quelle non quotate. Gli effetti complessivi
dellÕadozione degli IAS/IFRS sono migliori per le società quotate non appartenenti
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L'adozione dei principi contabili internazionali da parte delle società italiane
alla categoria delle family firm. Per queste ultime in seguito all’utilizzo dei principi
contabili internazionali si rileva una minore probabilità di riportare in bilancio utili
di piccola entità e una maggiore rilevanza dell’utile di esercizio nella
determinazione del valore di mercato dell’impresa stessa. Al contrario, le family
firm quotate nel mercato regolamentato nazionale evidenziano un deterioramento
nella qualità dei bilanci successiva all’introduzione dei principi IAS/IFRS nella
dimensione denominata timely loss recognition (tempestività di riconoscimento
delle perdite) e nella value relevance del reddito di esercizio.
Per le imprese non quotate non si evidenziano benefici successivi all’utilizzo
dei principi contabili internazionali. Coerentemente con i risultati ottenuti per le
società quotate, l’impatto complessivo sembra essere peggiore per la family firm, le
quali presentano un deterioramento della qualità dei dati contabili, successivo
all’uso volontario degli IAS/IFRS, sia in termini di earnings management,
(misurato mediante gli accrual discrezionali), sia sotto l’aspetto della timely loss
recognition. Le non family firm, invece, benché registrino la stessa tendenza in
termini di accrual discrezionali, non mostrano alcuna differenza significativa circa
la tempestività nel riconoscimento delle perdite.
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