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I FRATELLI NELLA CHIESA DI OGGI D. Francesco Todisco S.A.C. 1. Premessa Dopo la seconda guerra mondiale «...la vita di comunità ha rivelato e rivela molte trasformazioni in numerosi paesi rispetto al passato, che hanno messo in luce non pochi valori evangelici ma hanno anche suscitato interrogativi per aver oscurato alcuni elementi tipici della medesima vita fraterna vissuta in comunità»1, tra questi, oltre l’autorità, la figura e il ruolo del superiore e l’obbedienza, anche il significato e il valore della vita consacrata e l’identità e il ruolo del fratello laico o coadiutore. A questo esame e dibattito ha contribuito soprattutto l’evoluzione della società, ossia i movimenti di emancipazione politica e sociale, la rivendicazione della libertà personale e dei diritti umani, la promozione della donna, l’esplosione dei mezzi di comunicazione, il consumismo e l’edonismo, influenzando grandemente la ricerca di nuove strutture di governo2. «L’obbedienza non è più una virtù» è stato il grido del priore di Barbiana, don Milani, benché egli alludesse a quella della vita militare. L’espressione è divenuta, almeno in Italia la bandiera e il riferimento di un esame e di un dibattito su due componenti importanti dell’obbedienza: i superiori e i sudditi, e quindi l’autorità e il comando e con quello che consegue. Contestate, e quindi rifiutate, sono state soprattutto l’«obbedienza cieca» e quella gesuitica «perinde ac cadaver». Lentamente un senso di diffidenza è sorto anche nei confronti di castità e povertà. In discussione sono entrati la vita consacrata e i voti, giudicati forme antiquate che privano le persone di tre esigenze fondamentali, create da Dio stesso: la disponibilità dei beni meteriali, la vita affettiva e le decisioni autonome di sé per la propria realizzazione. La critica non ha risparmiato i fratelli coadiutori. La loro vocazione doveva ritenersi sorpassata perché molte attività, da loro esercitate, sembravano legate, da una parte, ad un contesto di cristianità superato; dall’altra, generalizzata era l’idea che la vocazione di fratello costituisse una via di secondo ordine per quanti non avevano potuto accedere al sacerdozio. Intanto anche il laicato ritrovava un posto importante nella riflessione teologica e nella vita della Chiesa. Un contributo di non meno valore per la riscoperta della vocazione dei fratelli è stato la contestazione all’accesso generalizzato dei monaci al sacerdozio, che l’ha presentato come un’anomalia, arrivando alla seguente conclusione: «...la vita consacrata non può rinunciare al proprio carattere laicale senza pregiudizio degli elementi essenziali della sua vocazione»3. 2. Il magistero della Chiesa La problematica trovò una eco nel Concilio Vaticano II, che giunse, attraverso vari interventi, alla formulazione del decreto sul rinnovamento della vita religiosa «Perfectae caritatis», che ha riconosciuto la validità e l’autenticità della vita consacrata laicale4. I fratelli quindi realizzano con la loro consacrazione il sacerdozio universale dei battezzati e dei cresimati, «...rammentando a tutti i credenti i beni celesti già presenti in questo mondo, testimoniando la vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo, e meglio preannunciando la futura risurrezione e la gloria celeste»5. La consacrazione dei fratelli è sulla linea di quella battesimale ma impegna in modo particolare alla sequela di Cristo. Il Concilio invita i fratelli, «chiamati conversi, cooperatori o con altro nome»6, ad 1 2 3 4 5 6 Cfr. Documento della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica: La vita fraterna in comunità, Ed. EDB, Bologna, 1994, n. 1. Cfr. Documento della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica: La vita fraterna in comunità, cit., n. 5. Dizionario degli Istituti di Perfezione a cura di G. Pelliccia e G. Rocca in 10 volumi, Roma, Ed. Paoline, 1974, col. 776. Documenti del Concilio Vaticano II, Ed. Dehoniane, Bologna, 1966: «La vita religiosa laicale, tanto maschile quanto femminile, costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli evangelici. Perciò il Sacro Concilio... conferma i membri di tale forma di vita religiosa e li esorta ad adattare la propria vita alle odierne esigenze», cfr. P. C. n. 10. Ivi, LG n. 44. PC, n. 15. 1 avere stretti contatti con la vita e le opere della comunità, cui appartengono, «con una formazione religiosa ed apostolica, dottrinale e tecnica, e con il conseguimento dei titoli specifici»7. Un aspetto importante, secondo il Concilio Vaticano II, è la recita comunitaria dell’ufficio divino per chierici e fratelli laici; la Costituzione sulla Liturgia permette ai religiosi laici di recitarlo in lingua volgare e accorda la stessa facoltà ai chierici quando lo recitano con loro8. Il magistero della Chiesa ha riconosciuto quindi e ritenuto giusta l’esistenza di un nuovo modo di affrontare i problemi «...tramite il dialogo comunitario, la corresponsabilità e la sussidiarietà. Tutti i membri vengono interessati ai problemi della comunità. Ciò muta consideravolmente i rapporti interpersonali, con conseguenze nel modo di vedere l’autorità. In non pochi casi questa stenta nella pratica a ritrovare una sua precisa collocazione nel nuovo contesto»9. Il Capitolo Generale XII Straodinario della Società dell’Apostolato Cattolico ha accolto i suggerimenti Conciliari ed ha posto le premesse per il rinnovamento della nostra Legge, in cui la parità tra sacerdoti e fratelli si è non solo maggiormente evidenziata ma accresciuta. 3. Il Documento della Congregazione Vaticana La vita fraterna in comunità Il Documento della Congregazione Vaticana del 1994 - La vita fraterna in comunità - ha segnato l’inizio per tutti, sacerdoti e fratelli laici, di una visione nuova delle comunità di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, su questi passaggi teologi fondamentali del Concilio Vaticano II: - dalla Chiesa/società perfetta a Chiesa/mistero di comunione; - dalla Chiesa/mistero alla dimensione misterica della comunità di vita consacrata; il Concilio ha dichiarato che la vita consacrata appartiene «fermamente alla vita e alla santità della Chiesa e l’ha collocata proprio nel cuore del suo mistero di comunione e di santità»10; - dalla Chiesa/comunione alla dimensione comunionale/fraterna nella comunità di vita consacrata, perché «...la comunità rende pubblicamente visibile il dono di fraternità fatto da Cristo a tutta la Chiesa»; - dalla Chiesa animata dai carismi alla dimensione carismatica della comunità di vita consacrata; «I membri sono uniti da una comune chiamata di Dio nella linea del carisma fondazionale»; - dalla Chiesa/sacramento di unità alla dimensione apostolica della comunità di vita consacrata, ossia la comunità di vita consacrata è segno e strumento per l’unione con Dio mediante la sua carità11. Il documento ha anche ribadito che la fraternità della comunità non proviene solo dagli sforzi umani ma è soprattutto dono di Dio, e scaturisce dall’obbedienza alla Sua Parola e all’autorità, che la ricorda e la proclama, collegandola alle singole situazioni. Il documento ha anche delineato alcune caratteristiche dell’autorità odierna: 7 8 9 10 11 2 - autorità sentita e vissuta evangelicamente come servizio alle persone e alla comunità; - autorità spirituale, ossia che favorisca la spiritualità dei componenti la comunità, «...conscia che quanto più l’amore di Dio cresce nei cuori, tanto più i cuori si uniscono tra loro». Quindi PC, n. 18. SC II, 20; 101 §2-3. PC, 18. Cfr. ivi, n. 2: «La comunità non è un semplice agglomerato di cristiani in cerca di perfezione personale. È partecipazione e testimoninanza qualificata della Chiesa/mistero, in quanto espressione viva e realizzazione privilegiata della sua peculiare comunione, della grande koinonia trinitaria, cui il Padre ha voluto far partecipare gli uomini nel Figlio e nello Spirito Santo». Ibidem. compito primario di ogni autorità nella comunità sarà la sua animazione spirituale, comunitaria e apostolica, ossia che le persone realizzino singolarmente e insieme tali obiettivi12; - autorità operatrice di unità; ossia capace di «...creare il clima favorevole per la condivisione e la corresponsabilità, che suscita l’apporto di tutti alle cose di tutti, che incoraggia i fratelli ad assumersi le responsabilità..., che li ascolta volentieri..., che pratica il dialogo e offre opportuni momenti di incontro, che sa infonmdere coraggio e spranza nei momenti difficili, che sa guardare avanti per indicare nuovi orizzonti alla missione... 13; - autorità che sa prendere decisioni finali e ne assicura l’esecuzione con due strumenti fondamentali: il discernimento personale, il discernimento comunitario. Qualunque discernimento - confronto con la Parola di Dio, preghiera, riflessione, dialogo con il P. Spirituale...- richiede «competenza umana, sapienza spirituale e distacco personale»14. Se praticati con fede e serietà, discernimento individuale e comunitario offrono all’autorità le migliori condizioni per decidere in vista del bene della vita fraterna e della missione. Nel rapporto superiore/confratello, «...una delicata, complessa e spesso sofferta questione», non bisogna dimenticare tuttav ia che un ruolo decisivo continua ad occuparlo la fede, che permette di comprendere, o almeno accettare, il mistero salvifico dell’obbedienza. «Infatti come dalla disobbedienza di un uomo è venuta la disgregazione della famiglia umana e come dall’obbedienza dell’Uomo nuovo è iniziata la sua ricostruzione, così sarà sempre l’atteggiamento obbediente ad essere una forza indispensabile per ogni vita familiare. La vita religiosa ha sempre vissuto di questa convinzione di fede ed anche oggi è chiamata a viverla con coraggio, per non correre invano nella ricerca di rapporti fraterni ed essere una realtà evangelicamente rilevante nella Chiesa e nella società»15. 4. L’Esortazione Apostolica «Vita consecrata» L’Esortazione Apostolica «Vita consecrata» di Giovanni Paolo II ha ancora approfondito e arricchito teologicamente la vita consacrata16. Oltre ad averne mostrata la ricchezza delle forme antiche e nuove17 egli ha riconosciuto in essa: - le sorgenti Cristologico Trinitarie18; - il percorso che richiama e incarna il periodo di vita di Cristo dal Tabor al Calvario19; - l’ esperienza della dimensione pasquale di morte/risurrezione20; - la dimensione escatologica21; - l’attesa operosa del regno di Dio vissuta come impegno e vigilanza 22; - la presenza nella Chiesa e per la Chiesa 23. 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 Ivi, n. 47. Ivi, n. 50: «... un’autorità che cerca di mantenere l’equilibrio dei diversi aspetti della vita comunitaria», che si adoperi per «l’equilibrio tra preghiera e lavoro, tra apostolato e formazione, tra impegni e riposo...perché la comunità non sia semplicemente un luogo di residenza, un agglomerato di soggetti ciascuno dei quali conduce una storia individuale, ma una comunità fraterna in Cristo». Ibidem. Ivi, n. 53. Giovanni Paolo II: Esortazione apostolica post-sinodale circa la vita consacrata e la sua missione nella chiesa e nel mondo, Ed. EDB, Bologna, 1996. Cfr. ivi, nn. 1-12. Cfr. ivi, nn. 14-22. Cfr. ivi, n. 23. Cfr. ivi, nn. 24-25. Cfr. ivi, n. 26. Cfr. ivi, n. 27. 3 Giovanni Paolo II ha definito i consigli evangelici «grandi sfide rivolte alla Chiesa stessa» dal mondo perché chiamano la vita consacrata «... a metterne in luce e testimoniarne il profondo significato antropologico». Essi, «lungi dal costituire un impoverimento di valori autenticamente umani, si propongono come una loro trasfigurazione». Per il Papa i consigli evangelici «...pur affermando il valore dei beni creati, sono un monito a non sottovalutare le ferite...del peccato originale e relativizzano proprio quei beni, «additando Dio come il bene assoluto»24. Egli, inoltre, tra i «valori permanenti» della vita consacrata ha riconosciuto e riaffermato «...l’importanza grande dei superiori e delle superiore, anche locali, per la vita spirituale e per la missione della vita consacrata» e quindi anche il valore dell’obbedienza25. Anzi Per Giovanni Paolo «...non c’è contraddizione tra obbedienza e libertà» perché la storia di Gesù svela insieme «...il cammino della libertà umana come obbedienza al Padre» ma nello stesso tempo anche «...il mistero dell’obbedienza come cammino di progressiva conquista della vera libertà». Il consacrato si propone di esprimere nell’obbedienza «... ‘un rapporto di figliolanza’ con Dio Padre fino ad assumerne la volontà come cibo quotidiano, roccia, letizia scudo e baluardo», perché convinti di crescere così anche nella piena verità di se stessi26. Il Papa ha confermato il valore di stato in sé della consacrazione laicale tanto maschile quanto femminile; «Essa perciò ha, sia per la persona che si consacra, che per la Chiesa, un valore proprio, indipendente dal ministero sacro»27. Egli ha distinto i fratelli di «Istituti laicali» da quelli di «Istituti clericali». La presenza dei fratelli in questi ultimi «...costituisce una partecipazione differenziata alla missione dell’istituto con servizi svolti sia all’interno della comunità che nelle opere apostoliche, in collaborazione con coloro che esercitano il ministero sacerdotale»28. Giovanni Paolo II ha augurato solo agli «Istituti religiosi misti - chierici e fratelli laici - parità di diritti e di obblighi, eccettuati quelli che scaturiscono dall’Ordine sacro»29. 5. Conclusioni La Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica sulle richieste di nomina o di elezione di fratelli a Rettori di Comunità in Istituti clericali segue attualmente questo indirizzo: - esame e studio del carisma originario di fondazione; - se il carisma originario include, o almeno contempla, la possibilità di nomina o di elezione di fratelli a Rettori, la risposta è positiva; diversamente è negativa; La questione, tuttavia, è ancora all’esame di una Commissione Pontificia per definire meglio quali uffici dipendano e quali no dalla giurisdizione del sacramento dell’Ordine. In conclusione ai fratelli coadiutori Pallottini non mancano spazi per una crescita spirituale e giuridica della loro identità nella Congregazione e nell’Unione dell’Apostolato Cattolico. Maria, Regina degli Apostoli, S. Vincenzo Pallotti e i Martiri Pallottini li benedicano e li accompagnino in questa impresa. 23 24 25 26 27 28 29 4 Cfr. ivi, nn. 29-34. Cfr. ivi, n. 87. Cfr. ivi, n. 43: «In questi anni di ricerche e di mutamenti si è talvolta sentita la necessità di una revisione di questo ufficio. Ma occorre riconoscere che chi esercita l’autorità non può abdicare al suo compito di primo responsabile della comunità, quale guida dei fratelli e delle sorelle nel cammino spirituale e apostolico...Si deve riaffermare l’importanza della funzione che l’autorità svolge a vantaggio di tutti. È un compito necessario proprio per consolidare la comunione fraterna e non vanificare l’obbedienza professata». Cfr. ivi, n. 91. Cfr. ivi, 60. Ibidem. Ivi, n. 61.