Le informazioni sintattiche nel Devoto

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Le informazioni sintattiche nel Devoto
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Le informazioni sintattiche nel Devoto-Oli e in altri dizionari *
Marco Carmello e Carla Marello
Pre-print version poi pubblicato in "Languages of Italy", a cura di
Anna Laura Lepschy e Arturo Tosi, Longo Ravenna 2007 pp. 155-165
1. Lo sfondo da cui partire
Negli ultimi venti anni la lessicografia italiana monolingue è cambiata molto
sia nella quantità di informazioni fornite, sia nella tipologia di informazioni.
Non intendo qui affrontare il ventaglio di questi cambiamenti, per cui
rimando a recenti saggi1 e intendo invece soffermarmi sulle indicazioni
sintattiche fornite dai dizionari monolingui nella glossa delle voci che
riguardano i lemmi dei verbi e in particolare sull’indicazione della reggenza
dei verbi.
Tradizionalmente nella lessicografia monolingue e bilingue italiana la
reggenza dei verbi, per usare un termine diffuso nello studio delle lingue
classiche, la valenza, per usare un termine più moderno e linguistico, gli
argomenti di un predicato, per usare un termine mutuato dalla logica, la
costruzione per adottare un termine neutro e sinonimo del Konstruktionen
adottato da Blumenthal-Rovere, veniva veicolata attraverso la sinergia di
due tipi di informazione:
* Il par. 3 è di Marco Carmello.
1
Cf. L. Serianni, ‘A Survey of Contemporary Italian Lexicography’, in R. R. K. Hartmann (ed.),
Lexicography. Critical Concepts (London-N.Y: Routledge 2003), vol. I, pp. 195-210 e V. Della Valle
Dizionari italiani:storia, tipi, struttura (Roma, Carocci 2005)
2
a) l’indicazione transitivo, intransitivo, transitivo pronominale o, molto più
frequentemente, intransitivo pronominale, riflessivo, e, usati molto più
raramente, transitivo assoluto2 e impersonale; indicazioni di solito poste
nelle immediate vicinanze del lemma e abbreviate;
b) gli esempi distribuiti nelle varie sezioni della glossa.
Il secondo tipo di indicazione è sempre stato un compromesso tra servizio
semantico e servizio sintattico nei monolingui italiani non storici, cosiddetti
scolastici, destinati al vasto pubblico, i cui esempi non sono, se non in
minima parte, tratti dai grandi scrittori e sono invece creati dal lessicografo.
L’utente che cerca il significato di qualcosa che sta leggendo, se ha la
pazienza di andare oltre le definizioni, trova negli esempi la conferma che la
definizione è quella giusta, fra le molte che il verbo può avere, perché il
contesto che sta leggendo somiglia molto a quello dell’esempio dato dal
dizionario. Il soggetto è simile perché appartiene allo stesso tipo di cose o
animali, il complemento o i complementi altrettanto.
Però se l’utente sta scrivendo un testo e si sente insicuro sulla preposizione
retta da, poniamo, adempiere, la sua lettura degli esempi avrà uno scopo
sintattico, vorrà cioè ricavare dagli esempi indicazioni sulla preposizione da
usare.
Già in dizionari scolastici monolingui della prima metà del secolo scorso si
sentiva la necessità di aggiungere qualche indicazione più esplicita;
Fernando Palazzi nel suo Novissimo Dizionario della lingua italiana nel
1939 inaugurò con molto successo la sezione M.E., modo errato, che ci dà,
stigmatizzando l’uso intransitivo,
2
indirettamente conto del fatto che in
Sull’annotazione transitivo assoluto in dizionari monolingui italiani si veda C. Marello ‘Oggetti diretti
facoltativi in italiano e la nozione di "transitivo assoluto” ‘ in Cuadernos de filología italiana, n.3, 1996 ,
pp. 31-46.
3
quegli anni adempiere, anzi adempire, da lui indicato come più comune, era
già usato come intransitivo, come
è frequentemente ( e perfino
prevalentemente) oggi:
“M.E. è errato usarlo intransitivamente, con la prep. a: adempire ai propri
doveri; dirai adempire i propri doveri”
Nei dizionari bilingui di latino, di greco e di tedesco prodotti in Italia o
altrove fin dal secolo XVIII e XIX si trova la reggenza esplicita dei casi, ed
eventualmente della preposizione, data sistematicamente per tutti i verbi. Nei
dizionari monolingui di italiano questa informazione è data sistematicamente
in modo esplicito solo negli ultimi anni del ventesimo secolo.
E’ una
richiesta degli utenti e degli insegnanti, sull’onda di una scuola di massa in
cui si sente la necessità di un modello di buon italiano e si dubita che
l’allievo incerto sappia cogliere la costruzione nell’esempio.
1.1 Costruzioni esplicite nei bilingui italiani moderni
Convinta di non aver nulla da imparare dalla lessicografia bilingue italiana
coeva, in realtà molto più attenta alle tendenze internazionali e soprattutto a
cogliere i cambiamenti nelle capacità di consultazione dei giovani utenti, la
lessicografia monolingue italiana degli anni Ottanta del ventesimo secolo ha
provato a sperimentare forme sintetiche e comprensibili di indicazioni sulla
reggenza dei verbi italiani senza tener conto del lavoro fatto nei dizionari
italiani bilingui di lingue senza casi.
Il francese e italiano Robert-Signorelli, ad esempio, prendendo a modello il
Robert francese per la parte francese-italiano, si trova nel 1981 a dover
fornire nella parte italiano-francese informazioni sintattiche nello stesso
(sobrio e tradizionale) modo; più tardi il bilingue italiano-inglese di Picchi
(1999), sull’esempio dei learners’ dictionaries inglesi, crea nella parte
4
italiano-inglese del suo dizionario dei verb patterns che purtroppo non sono
stati studiati a fondo, come avrebbero meritato, dai lessicografi italiani
intenti a dare la costruzione dei verbi italiani nei monolingui.
Il caso dei dizionari bilingui italiano-tedesco è un caso particolare perché,
dopo secoli in cui la lessicografia bilingue italiano e tedesco ha seguito il
modello dei dizionari latino-lingue moderne, ha poi subito l’influenza dei
Valenzworterbücher3, ha prodotto opere come il Blumenthal-Rovere molto
attente sia a sfruttare i corpora, sia a offrire ai traduttori indicazioni
precisissime, ed è infine approdata ad opere come il Giacoma-Kolb e il DIT
che, in varia misura, accolgono le indicazioni dei contemporanei
Lernerworterbücher tedeschi, non solo nella parte tedesco-italiano, ma
anche in quella italiano-tedesco. Ad esempio fra le innovazioni di GiacomaKolb vi è il tentativo di tenere separate dagli esempi che illustrano
costruzioni sintattiche “normali” quelle costruzioni che dipendono da
collocazioni verbali “più strette”, con soluzioni grafiche che modificano
grandemente il tradizionale uso di maiuscolo, corsivo e altri accorgimenti
tipografici nei dizionari a stampa.
La lessicografia monolingue italiana è infine pervenuta ad affrontare
sistematicamente la costruzione dei verbi per vie, a quanto ci consta,
parallele ai precedenti esperimenti nei bilingui.
Riportiamo qui di seguito solo una parte delle indicazioni sintattiche
esplicite della voce pesare in tre dei bilingui sopra menzionati.
3
In un primo momento soprattutto in Germania. Si veda il pionieristico dizionario di Maria Teresa. Bianco,
destinato a un pubblico di studenti italiani a livello avanzato, che, concepito in Italia negli anni Ottanta, ha
poi trovato compiuta pubblicazione più tardi: M. T. Bianco, Valenzlexikon Deutsch Italienisch. Dizionario
della valenza verbale. Heidelberg: Groos,. 1996, 2 voll.
5
Blumenthal Rovere 1998 pesare4
1. N-V-(Avvloc/PrepN3)-(Avvmis)-(Avvmodo) Gewicht haben Sem. N abstr; Avvmis
molto, poco Gramm. Prep prima di N3 In, su 2 N-V- Avvmis wiegen 3 N-V-su N3
ruhen auf 4 N-V-(su,in N3)- (per) Avvmis ausmachen 5 N-V- Avvmis (zu) schwer sein 6.
N-V-(N2) eine Last sein (für) 7. N-V-(N2) - Avvloc/addossoN2/PrepN3 12 di Inf-V-su
N3 pesa sull’arbitro aver omesso una manina sospetta 14 il fatto che S-V-( Avvmis) pesa
di più il fatto che un terzo dei sindacalisti dovrà cambiare posto di lavoro 15 che Scong-VN2 Mi pesa che tu non possa venire 16 N-si V sich wiegen Mi sono pesato oggi
Picchi 1999 pesàre
A vt V+D(+IN) 1 (= misurare il peso di) to weigh, 2 (= valutare/soppesare, fig) to judge
B aus avere o essere vi 1 V(+IN) to weigh; 2 V+IN(+INF) (= essere gravoso, fig) to *be
heavy3 V(+su)+IN (= ripercuotersi/essere importante) to weigh, to impinge4 V+su+IN
(= incombere) to *hang (over), to loom, C pesarsi vr V+RIF(+IN) to weigh oneself.
Giacoma, L. Kolb, S. 2001 pesare
A tr 1 (stabilire il peso) pesare qu {OSTETRICA NEONATO} jdn wiegen; pesare qc (a qu) {PACCO,
VERDURA} (jdm) etw (ab|)wiegen;: mi pesi un kilo di pane, per favore!, wiegen Sie mir bitte ein Kilo
Brot ab!;
B itr 8 fig (gravare) pesare su qu/qc {DELITTO SULLA COSCIENZA DI QU; RESPONSABILITÀ SU
DI NOI; SOSPETTI SULL'ACCUSATO} auf jdm/etw lasten
10 econ pesare per qc su qc
{AGRICOLTURA PER IL 40% SULL'ECONOMIA DEL PAESE} etw von etw (dat) aus|machen
2. Un ventaglio di soluzioni
Uno storico della lingua come Francesco Sabatini, che già aveva insistito
sull’ottica valenziale nelle sue grammatiche italiane per la media e per il
biennio5, insieme a Vittorio Coletti propone un dizionario nel 1997 che non
solo introduce le valenze, ma, attraverso la versione elettronica su CD-rom,
permette di estrarre elenchi di verbi a due, tre valenze. L’indicazione delle
preposizioni resta tuttavia affidata agli esempi.
4
N1 è l’oggetto diretto, N2 il dativo, N3 ogni altro tipo di complemento.
Si veda ad esempio la grammatica per le scuole secondarie superiori F. Sabatini La comunicazione e gli
usi della lingua (Torino, Loescher, 1984, 1990 nuova edizione), pp. 300-435
5
6
Nella seconda edizione del 2005, di cui si parla in un altro contributo di
questo libro, oltre all’indicazione del numero delle valenze si specifica se
v.tr. [sogg-v-arg] o intr. senza complementi o con compl.
[sogg-v-
prep.arg]. Agli esempi rimane affidato il compito di specificare la
preposizione6. Chi vuole estrarre dal Sabatini-Coletti la lista dei verbi con
costruzione [sogg-v--prep.arg] che abbiano la preposizione con negli
esempi lancerà l’apposita ricerca, e si ritroverà con tutti i verbi che hanno
un esempio contenente con, non importa dove, anche in esempi di
costruzioni argomentali diverse.
Nel 1999 il dizionario monolingue Zingarelli, probabilmente per rintuzzare
gli attacchi del Sabatini-Coletti, cominciava a dare, in modo molto sobrio, la
costruzione di 500 verbi, aggettivi, nomi.
Se noi analizziamo la voce pesare in vari dizionari, si nota un ventaglio di
soluzioni che vanno dalla più totale fiducia nella perspicuità degli esempi
dimostrata dallo Zingarelli e dal De Mauro, a una via di mezzo come quella
adottata dal Lo Cascio bilingue italiano e olandese7, ai bilingui più espliciti,
solitamente quelli italiano e tedesco, per arrivare alla esplicitezza del
monolingue di
Sabatini-Coletti e all’esplicitezza ancor più radicale del
Devoto-Oli, che, come vedremo, inserisce l’indicazione della preposizione
nelle indicazioni sintattiche.
6
Negli esempi del Sabatini-Coletti la preposizione viene messa fra parentesi uncinate per renderla più
facilmente identificabile e rapportabile al prep, del quadro argomentale. Si veda
pesare v.intr [sogg-v-‹prep›.arg] (omissis)
1 Gravare, esercitare un peso su qlco. SIN poggiare, reggersi: la cupola pesa ‹su› possenti colonne
(omissis) 3 fig. Risultare fastidioso, faticoso, opprimente per qlcu.:.: ‹a› Luca gli anni cominciano a p.;
7
Lo Cascio nel suo bilingue del 2001 mette la preposizione per prima in neretto; ecco le parti di quanto
nella voce pesare de Il dizionario italiano-neerlandese Handwoordenboek Italiaans-nederlands ci preme
mostrare : I (v tr; av)1. (misurare il peso) 2.(valutare) II (v in;av) 1.(avere un determinato peso) 2 (~ su)
(gravare) 3 (essere molto pesante) 6 (~ su) (incombere) III(v pr;es) 1 stabilire il proprio peso
7
La “guerra dei codici” condotta in sede di dizionari per l’apprendente di
inglese8 come lingua straniera, combattuta a suon di sigle e numeri, poi
progressivamente semplificati e resi più trasparenti, fra Oxford Advanced
Learner’s Dictionary e Longman Dictionary of Contemporary English,
movimentata poi dalla famosa “extracolumn” del COBUILD 9 e gli studi
sull’uso di tali dizionari hanno mostrato 10 che non si può contare molto
sulla “collaborazione dell’utente”, nemmeno quando sia un utente-studente
allenato con una serie di lezioni a consultare il dizionario. Tale dibattito
tuttavia è stato fecondo e ha fatto molto bene sia ai dizionari che alle
grammatiche dell’inglese. Nell’Oxford Advanced Learner’s Dictionary si è
visto un graduale passaggio da abbreviazioni che indicavano Tn transitive (
admire Sb/sth) e Dn.n ditransitive (send sb sth) a rispettivamente Vn e Vnn.
Da codici come Tf (believe that) a V.that, da Tsg (hate sb doing sth ) a V.n
ing e da Cn.i per il complex transitive (make sb do sth) a Vn.inf (no to).
Come osservava Aarts 11 il numero dei simboli/abbreviazioni deve essere
minimo e simboli/abbreviazioni devono essere trasparenti, il verbo deve
essere sempre riconoscibile come V, bisogna preferire abbreviazioni che
riguardano categorie non funzioni sintattiche, bisogna rappresentare la
struttura sintattica superficiale.
Il dibattito sulle reggenze farà del bene anche alla nostra descrizione
grammaticale dei verbi, anche se la presenza di forme pronominali non potrà
8
Per cui si veda il par. 5.3 di A.P. Cowie, English Dictionaries for Foreign Learners. A History, Oxford,
Clarendon Press, 1999 e per il primo periodo M. Lemmens e H. Wekker Grammar in English Learners’
Dictionaries (Tübingen, Niemeyer 1986).
9
Per il pubblico italiano una delle prime presentazioni della Extracolumn del COBUILD, si trova in S.
Nuccorini, La parola che non so. Saggio sui dizionari pedagogici (Firenze, La nuova Italia, 1993), pp. 122124.
10
Si veda l’indagine condotta per conto di EURALEX e AILA da Sue Atkins e Krista Varantola,
pubblicata in B.T. Sue Atkins (ed.) Using Dictionaries Studies of Dictionary Use by Language learners
and Translators (Tübingen, Niemeyer, 1998), pp. 21-122.
11
F.Aarts, ‘Syntactic information in OALD5, LDOCE3, COBUILD2, and CIDE’, in T. Herbst, K.Popp
(eds), The Perfect Learners’Dictionary (?) (Tübingen, Niemeyer, 1999), pp. 15-32
8
facilmente portare a glosse simili a quelle usate per i verbi inglesi nei
monolingui e nei bilingui inglesi. 12
Ad esempio, l’attribuzione di una reggenza sintattica in apposito campo
della glossa per ogni uso del verbo e anche per ogni senso quando, come nel
Devoto-Oli o nel Blumenthal-Rovere, si decide di esplicitare la preposizione
richiesta dai complementi13, avrà fra gli effetti collaterali non secondari una
radicale rivisitazione della parte della glossa che un tempo si usava chiamare
fraseologica.
L’iniziativa dei dizionari di De Mauro di isolare le polirematiche è stata
certamente lodevole, ma nel caso delle glosse dei verbi ha riaperto
discussioni su come considerare i verbi supporto e collocazioni come
rivestire un ruolo/ una carica o avanzare un’ipotesi. Ad esempio, una
veloce occhiata alla voce pesare del De Mauro rivela che in tale dizionario
pesare sulla coscienza è considerata una locuzione verbale e pertanto messa
fra le polirematiche come pesare le parole, mentre altri dizionari non la
menzionano o la descrivono come una delle possibili collocazioni del verbo
pesare nel senso di ‘gravare’.
2.1 Le indicazioni sintattiche del Devoto–Oli e nel Garzanti
Riproduciamo di una voce verbale del Devoto-Oli edizione 2006 solo alcune
parti:
12
Come viene notato in C. Marello ‘Reflexive and pronominal verbs in bilingual dictionaries’ in M. A.
Ezquerra (ed.) Proceedings Euralex Vox International Congress of Lexicography, Barcelona, Biblograf,
1992, pp. 185-192, la glossa dei verbi nei dizionari inglesi parte dai sensi che il verbo può avere e
specifica se ogni senso ammette una costruzione o un’altra o più d’una, mentre nei dizionari italiani
monolingui e bilingui, la glossa è costituita da sottoglosse in base alla distinzione in usi transitivi, usi
intransitivi, usi pronominali. Se un senso può occorrere sia come intransitivo che come intransitivo
pronominale viene ripetuto. Forme di risparmio e rimando interno si limitano a notazioni come quelle
esemplificate in Sabatini-Coletti ¨ mangiarsi ¨ v.rifl. [sogg-v-arg]
Con valore intensivo, nei sign. del v.tr. 1-5: mi sono mangiato un panino; la salsedine si è mangiata la
carrozzeria; le pulci se lo mangiano; mi sono mangiato la regina; s'è mangiato il patrimonio
13
Ma anche quando si adotti la strategia del Sabatini-Coletti.
9
Devoto Oli pesare v.tr. e intr. (péso, ecc.; come intr., aus. avere o essere)
1. tr. Misurare il peso di qualcosa o di qualcuno mediante uno strumento adeguato, sottoporre
a misurazione del peso (anche con la prep. a): p. la merce sulla bilancia;(…) mi pesi un etto di
prosciutto;.(omissis) 8. intr. (fig.). Risultare faticoso, pesante, gravoso (anche con la prep.
a): quando si collabora con persone amiche, il lavoro non pesa; studiare dopo cena mi pesa
molto• Essere difficile da sopportare o accettare, risultare molesto o doloroso: la lontananza
dai miei genitori mi pesa(…) gli pesava doversene andare da casa; con la prep. a e con che e
il cong.: mi pesa che abbiano preferito lui a me
Le accezioni 1, 2, 3 sono tr. mentre da 4 in poi sono intr. fino alla 10
compresa, mentre la 11 è rifl. Dopo la abbreviazione tr. o intr o rifl. in
neretto compaiono eventuali notazioni come fig.(urato), la definizione e
come ultima parte di questa, tra parentesi tonde, l’informazione “(anche con
la prep. a)”, ovviamente possibile sia per le accezioni transitive che per
quelle intransitive. Le informazioni sintattiche possono anche apparire fuori
di parentesi, come quelle che compaiono nella voce riportata prima
dell’ultimo esempio dell’accezione 8.
Il campo di ricerca avanzata nelle versione elettronica comprende:
Cerca per categoria grammaticale, termine che contiene ….., reggenze. E’
ovviamente quest’ultimo campo di ricerca, attivato dopo aver scelto come
categoria grammaticale “verbi” ad interessarci. Cliccando su reggenze
appare un menu a tendina che comprende: di a da in con su per tra fra che
contro verso. Tutte preposizioni salvo che; soluzione che fa pensare
all’indicazione V.that nell’Oxford Advanced Learner’s Dictionary e al
vantaggio di semplicità e brevità nello scrivere “pesare si può costruire con
a e con che”, anziché ricorrere alla forma più metalinguistica e ricca scelta
da Sabatini-Coletti: “Con frase soggettiva al posto del soggetto il v., alla
terza pers. sing., assume valore impers.: mi pesa dover partire, che tu non ci
sia ”.
Tuttavia questo modo di esplicitare le reggenze obbliga a ripetere
l’informazione tutte le volte, è meno sintetico e più analitico che dare un
10
verb pattern o un quadro argomentale; va soprattutto detto che sulle
abbreviazioni tr., intr. rifl. viene scaricata molta più responsabilità di quanto
non sembri in prima istanza 14.
Simile alla scelta del Devoto-Oli è quella del Garzanti che indica con [+su]
la reggenza del significato 2 intr. di pesare, ma non segnala né la reggenza
con a, né quella con che; dà un esempio della prima mescolato al resto, il
lavoro gli pesa particolarmente, non dà esempi della seconda 15.
2. 2 Una sensibilità lodevole e soluzioni da vagliare
Che il dibattito sui modi di indicare le informazioni sintattiche sia anche un
modo per far progredire la riflessione grammaticale all’interno della
linguistica italiana si evince, ad esempio, dal trattamento riservato nei
vocabolari moderni a certi usi dei verbi con il pronome si.
Mi riferisco in particolare a quello che è stato chiamato riflessivo di affetto,
benefattivo, riflessivo intensivo, e che non dovrebbe essere confuso né con
costruzioni veramente dative, né, seguendo fra l’altro la Grande grammatica
14
E avendo tr., intr. rifl. tanto valore informativo, spiace constatare che nella versione elettronica del
Devoto-Oli l’unica indicazione che si può usare per selezionare dei verbi è appunto la reggenza
preposizionale o del che: non è possibile come in altri Cd-ROM di dizionari monolingui italiani, quali il
Sabatini-Coletti, lo Zingarelli, il Garzanti, chiedere liste di verbi che siano marcati come transitivi o
pronominali o riflessivi echiedere pure se reggono una determinata preposizione.
15
Si veda una riproduzione di parte della voce del Garzanti.
pesare [pe-sà-re] v.tr. [io péso ecc.; aus. avere]
1 misurare, calcolare il peso di qualcuno o di qualcosa: pesare la farina; pesare un bambino; pesare con la
bilancia (omissis)
v.intr. [aus. avere o essere]
1 avere un peso: alla nascita pesava quattro chili | essere molto pesante: il baule pesa
2 premere, appoggiarsi con il proprio peso; gravare (anche in senso figurato) [+ su]: la cupola pesa sui
pilastri; un cibo che pesa sullo stomaco, difficile da digerire; il lavoro gli pesa particolarmente, gli risulta
molto faticoso; una grave minaccia pesa su di lui, incombe | pesare sulla coscienza, provocare rimorso
11
di consultazione, col dativo etico16. Si veda in proposito anche il § 3, qui di
seguito.
Lo Zingarelli etichetta mangiarsi nell’esempio s’è mangiata tutta la torta
come transitivo pronominale con valore intens(ivo); così fa pure il DevotoOli; il Garzanti lo chiama verbo pronominale indiretto e aggiunge “con
valore di partecipazione”; il Sabatini-Coletti parla di v.riflessivo [sogg-varg] con valore intensivo. Quasi tutti identificano gli stessi verbi, ma
ricercando nel Garzanti elettronico quali verbi contengono l’espressione
“con valore di partecipazione” si ottengono insieme ai verbi di mangiare,
bere, godersi, fumarsi, meritarsi o perdersi qualcosa, anche pungersi un dito,
rimettersi a posto la cravatta oltre a andarsene, filarsela, fregarsene,
sbolognarsela, squagliarsela, svignarsela, uscirsene. Non usando tr. ma
solo pronominale indiretto, il Garzanti può infatti riunirli. Il De Mauro per
questi verbi in –sene, -sela ha usato il termine procomplementare e per
quelli tipo scolarsi una bottiglia, fumarsi una sigaretta parla di
v.pronominale tr. .
Il Devoto-Oli e lo Zingarelli etichettano come tr. pron. anche depilarsi le
ascelle e dipingersi le unghie, e ovviamente come intr.pronominali i verbi
tipo andarsene. Il Sabatini-Coletti tratta questi verbi di moto come v.rifl.
[sogg-v] e quelli come depilarsi le ascelle o pungersi un dito come v rifl.
[sogg-v-arg] senza aggiungere “con valore intensivo”. Del resto si può
parlare di interpretazione “possessiva” dell’oggetto indiretto benefattivo, in
16
Per dativo etico nella Grande grammatica di consultazione, a cura di L. Renzi, G.Salvi, A.Cardinaletti
(Bologna, Il Mulino, 1989-1995) si intende un clitico dativo di 1. o 2. pers. la cui funzione è quella di
esprimere la partecipazione emotiva del parlante o di richiedere la partecipazione emotiva dell’ascoltatore
rispetto al contenuto dell’enunciato; si tratta quindi di pronomi che non rappresentano gli attanti centrali o
accessori di un evento, ma che vanno interpretati in relazione al valore illocutivo dell’enunciato, visto che
ne evocano i due elementi essenziali: parlante e ascoltatore (cfr. Gr. Gramm. vol. I, I.3.3.3, punto g, e vol.
II, I.1.1).
12
presenza di referenti che indicano parti del corpo, elementi di vestiario,
funzioni fisiche o mentali.
Fra i primi a notare questa funzione “possessiva” fu Giorgio Pasquali che, in
un articolo del 27 febbraio 1943, recensendo la seconda edizione del libro di
Monelli Barbaro dominio, notava un capitoletto contro l’abuso del
francesismo Ho fatto il mio bagno. Pasquali commentava che “da Roma in
giù si direbbe Mi son fatto il bagno”.17
Tutti i dizionari specificano che questi usi hanno l’ausiliare essere, fatto che,
soprattutto a fianco dell’indicazione tr. pronominale, è bene ricordare, anche
perché se c’è un corrispondente tr. non pronominale, questo ha come
ausiliare avere. Es. Ho beccato un raffreddore vs. Mi sono beccato un
raffreddore.
Al di là dell’etichettatura, fa piacere vedere l’attenzione dei dizionari
monolingui italiani per gli usi intensivi e pronominali, che convogliano
dativi etici e dativi commodi/incommodi, o benefattivi, anche se tali usi non
rientrano nella struttura valenziale “primaria” del verbo. 18 Tali usi si trovano
infatti sempre più spesso nello scritto informale e nell’orale. Si veda un
esempio di dativo etico tratto da una conversazione alla biglietteria di una
stazione ferroviaria:
Il bambino non mi paga, no? (intendendo: non devo pagare il biglietto per il
bambino).19
17
Sono grata a Salvatore Claudio Sgroi per avermi segnalato questo passo riprodotto in G. Pasquali,
Lingua nuova e antica. Saggi e note a cura di Gianfranco Folena, (Firenze ,Le Monnier, 1964) , ristampa
del 1968 p. 59.
18
In Blumenthal-Rovere, ad esempio, pur considerando non valenziale il dativus ethicus né, in genere, il
dativus commodi, si è tuttavia cercato di tener conto del criterio della frequenza nei corpora Questo,
insieme all’utilità per l’utente germanofono in sede traduttiva, spiega l’accoglienza di costrutti del tipo gli è
nato un bambino.
19
Ringrazio Antonio Romano per avermi riportato questo esempio.
13
Seguono esempi di uso intensivo (a) e di uso dativo (b) tratti dai corpora di
newsgroup NUNC 20, che presentano un italiano scritto vivo e disinvolto:
(a) erano suoi i funghi che ci siamo spazzolati da te l' anno scorso ?
ci siamo letti un centinaio di messaggi
per lavare la pentola ci siamo trovati uno strato di polenta
(b)
Il coso di vetro mi è esploso nel microonde
Mica ti è stata cassata l’idea maionese
L’impasto ti è rimasto appiccicaticcio
3. Il benefattivo fra sintassi e lessico21.
In italiano sono comuni enunciati come: “Mi vendo casa”, “Ti sei fatto
l’auto nuova”, in cui il clitico di prima o seconda persona, talora anche
quello di terza, viene usato per indicare il beneficiario dell’azione espressa
dal predicato. Come è però facile notare, nei due enunciati esempio22 il
beneficiario dell’azione è lo stesso soggetto, cosicché il clitico non può
essere inteso come complemento di termine.
Genererebbe ugualmente un fraintendimento un’interpretazione di tipo
strettamente riflessivo, tipo lavarsi, nel caso del beneficiario infatti soggetto
ed oggetto dell’azione non coincidono, come dimostra l’impossibilità di
20
Si tratta della più ampia raccolta di questo genere di testi per l’italiano. E’ consultabile in
www.corpora.unito.it, frutto del lavoro di un gruppo di ricerca animato da Manuel Barbera e Carla Marello
e sostenuto coi fondi FIRB 2001 “L’italiano nella varietà dei testi”. Si veda in proposito M.Barbera,
E.Corino, E. Onesti a cura di, Corpora e linguistica in rete (Perugia, Guerra 2007).
21
Non è qui possibile dare un’informazione bibliografica completa, segnalo rapidamente solo quattro
tittoli: H. Pinkster Sintassi e semantica latina (Torino, Rosenberg e Sellier 1991), i classici A. Ernout e F.
Thomas Syntaxe latine (Paris, Klincksieck 1953, II ed) e V. Väänänen Introduction au latin vulgaire (Paris,
Klincksieck 1967, II ed), i capitoli XII e XIII, scritti da Patrizia Cordin, su I pronomi riflessivi, I possessivi:
pronomi e aggettivi, nel I vol. della Grande grammatica di consultazione a cura di L. Renzi, G.Salvi,
A.Cardinaletti (Bologna, Il Mulino, 1989)
22
E nel gruppo di esempi (a) tratti dai NUNC
14
sostituire, in italiano standard, i clitici “dativi” mi/ti con quelli accusativi
me/te (*“me vendo casa”, *“te sei fatto l’auto nuova”, questi enunciati sono
malformati in italiano standard, ma sono regolari in alcune varietà di italiano
centro-meridionale –ad es. l’italiano di Roma e del Lazio- che hanno perso
la distinzione mi/me e ti/te).
L’uso dei clitici fin qui descritto va quindi sotto l’etichetta di benefattivo.
Tuttavia, se si volesse cercare di definire l’etichetta “benefattivo”, si sarebbe
in imbarazzo, perché manca una descrizione sia sintattica sia semantica
adeguata di questa categoria che sembra porsi al confine fra lessico e
grammatica.
Il benefattivo ha in realtà una lunga storia, se ne trovano infatti esempi nelle
fasi più antiche dell’italiano, sebbene con uso talvolta diverso rispetto a
quello moderno, e lo si ritrova poi ininterrottamente in tutto il percorso della
lingua fino all’italiano attualmente parlato.
Probabilmente l’origine di questo costrutto rimonta ancora più indietro
rispetto alla storia dell’italiano stesso: non sarebbe difficile vedere nel
benefattivo la ripresa, attraverso la fase tardo-latina prima e proto-romanza
poi, dei costrutti latini del dativus commodi/incommodi (tibi aras) e del
dativus ethicus (quid tibi vis, cfr. l’italiano gergale “che ti vuoi?”).
Nonostante la sua lunga storia il benefattivo resta una categoria debolmente
descritta nella grammatica italiana. Le ragioni di questa mancanza
descrittiva possono essere molte: le note difficoltà che i pronomi clitici
hanno creato, fino a tempi recentissimi, alla linguistica dell’italiano; la
natura pro-drop dell’italiano, lingua in cui il soggetto è regolarmente omesso
nell’orale e comunemente tralasciato nello scritto, col risultato di lasciare
alle regole di accordo (con una testa sottointesa) l’espressione della persona;
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l’interferenza di questo particolare uso del clitico con gli usi esprimenti
termine o riflessività, come ricordato sopra.
Tralasciando le tre elencate, ci pare che in questa sede giovi soffermarsi
particolarmente su una quarta possibile ragione che ha determinato la sottodescrizione del benefattivo. Come già si accennava questa categoria pare
porsi al confine fra sintassi e semantica lessicale, l’entrata lessicale del verbo
sembra infatti avere un ruolo importante, forse in taluni casi addirittura
preponderante, nell’imporre la selezione di un benefattivo.
In questo senso è possibile affermare l’esistenza di un interessante campo di
interferenza fra sistema del lessico e sistema della “grammatica” -anche in
questo caso già a partire dall’italiano antico- come sembra dimostrato dal
comportamento di alcuni verbi, ad es., per citarne solo pochi fra i più diffusi,
lavorare (mi lavoro), vivere (mi vivo), passare (mi passo), scialare (mi
scialo), tralasciando il polisemico fare (mi faccio), ed il gergale, ma ormai
usatissimo nel linguaggio giovanile, calare (mi calo).
Il lessicografo che si accinga alla compilazione di un vocabolario
dell’italiano è in una posizione scabrosa: da una parte infatti vi è un gruppo
di entrate lessicali che presentano costruzioni con benefattivo, dall’altra non
c’è nella descrizione linguistica dell’italiano una definizione di benefattivo
che sia sufficientemente forte da orientare utilmente la compilazione di un
lemma verbale.
Insomma il lessicografo è costretto alla navigazione a vista: non sempre gli è
possibile ignorare l’insieme, in verità imponente, dei dati che indicano
costruzioni non riflessive ma benefattive, e contemporaneamente la
descrizione grammaticale non gli offre quel vaglio che gli sarebbe utile per
definire
sistematicamente
necessario.
un
sottolemma
benefattivo
ovunque
sia
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Per ovviare il problema i dizionari più autorevoli sembrano adottare una
strategia debole (si veda il precedente § 2.2), per cui la questione del
benefattivo non viene considerata nella definizione delle linee generali del
dizionari, ma è rimandata ai singoli lemmi, all’interno dei quali è la
sensibilità del lessicografo a decidere quanto spazio e quali confini
assegnare alle costruzioni benefattive, spesso determinate più per mezzo di
esempi che veramente definite.
La categoria benefattivo è solitamente indicata come una costruzione
genericamente transitiva pronominale; ma anche questa indicazione
sintattica esplicita non è soddisfacente, come dimostrano le indicazioni
accessorie, talora adottate , di “partecipazione” o di “intensità”, che sono
peraltro comuni anche ad altre costruzioni.
Dizionari
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dei verbi italiani, Stuttgart, Klett, 1998
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Milano, Hoepli, 1999
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Milano, Rizzoli-Larousse, 2006
Lo Zingarelli 2006 Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli,
Bologna, Zanichelli, 2006