luci dal profondo
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luci dal profondo
L UC I D A L PR O F ON D O Relitto Pomonte Pomonte sull’isola d’Elba, è stato teatro dell’affondamento di una nave mercantile che ancora oggi è visibile e ben conservata a 12 metri di profondità. La Nave L’Elviscot era un piccolo mercantile costruito nel 1960 di 62,25 metri di lunghezza per una stazza di 499 tonnellate. Fu costruito da Scheepswerven Gebr. Van Diepen Waterhuizen (NL) e proprietaria ne divenne la Lavinia Antonio Scotto di Napoli che la usò per il trasporto di legname. L’affondamento Nelle vicinanze dello scoglio dell’Ogliera di fronte a Pomonte, il 10 gennaio 1972, l’Elviscot, partito da Napoli e diretto a Marsiglia, naufragò andando a sbattere sugli scogli a causa del mal tempo e finendo addirittura sugli stessi scogli, per fortuna senza conseguenze per l’equipaggio. Il relitto rimase con la poppa semi-affondata e la prua incagliata sugli scogli, costituendo un potenziale pericolo per i bagnanti della vicina spiaggia e per il piccolo cabotaggio. Per questo motivo, ben presto lo scafo fu in parte recuperato e il resto affondò completamente. Il relitto Ora l’intera poppa, la plancia e parte della fiancata prodiera, giacciono sul fondo sabbioso, sul lato est dello scoglio dell’Ogliera, ad appena 12 metri di profondità. Le restanti parti della nave, soprattutto porzioni delle fiancate, non recuperate giacciono qua e là sul fondale attorno allo scoglio. Tutte le strutture metalliche della piccola nave appoggiata sul fianco destro e con la poppa rivolta verso il mare aperto, sono completamente ricoperte da alghe e vari microrganismi marini, e quindi il sito è diventato per molti pesci un sicuro rifugio. VENERDÌ 4 SETTEMBRE 2015 - POMONTE - ISOLA D’ELBA Ambiente, memoria storica, tecnologia e avventura, gli ingredienti di un evento “made in Italy” assolutamente nuovo nel suo genere e mai realizzato prima Il nostro TEAM italiano, con la collaborazione di ESEST (European Society for Environmental Science and Technologies) mira a creare un evento ed un reportage video-fotografico, che sia in grado di congelare per sempre le immagini e le sensazioni più forti che questo relitto è in grado di trasmettere. Un’ eredità che inizierà il suo viaggio il giorno stesso dell’evento, quando al calare della notte, riporteremo simbolicamente alla vita, lo spettacolare mercantile che giace appoggiato su un fianco. Creeremo per la prima volta al mondo un sistema di illuminazione interno ad un relitto, che al segnale convenuto, porterà la luce nell’oscurità dei fondali e alla sagoma del gigante di ferro. Dalla superficie sarà possibile seguire il tutto grazie a mezzi natanti con fondo in vetro ed inoltre durante la serata, il materiale video e le foto verranno trasmesse su appositi grandi schermi. Un’ eredità di emozioni, immagini, ricordi, immortalata anche attraverso un documentario ed un insieme di materiali illustrativi, che verranno realizzati e distribuiti successivamente. OGGIONO LA GAZZETTA DI LECCO SABATO 28 AGOSTO 2004 _NYHETER_ Mandag 6. juli 2015 37 5 DAL PARADISO ALL’INFERNO Da sinisitra a destra: veduta aerea delle scogliere di Rapa Nui, un moai, una danza tribale polinesiana, Antonio Ciaccio prima di un’immersione e la guerriglia a Monrovia. IL SUBACQUEO DEI MISTERI «Svelerò i segreti dell’isola di Pasqua» Antonio Ciaccio ha partecipato a una spedizione archeologica nella mitica Rapa Nui DI LORIS LAZZATI I LUOGHI I l suo mestiere è l’avventura. La scoperta di nuovi mondi, lo studio di segreti antichi, l’esplorazione di luoghi sperduti e sconosciuti, la documentazione di realtà affascinanti o drammatiche, a spasso per cinque continenti: è questo il lavoro scelto da Antonio Ciaccio, 38 anni, oggionese. Negli ultimi mesi, la sua invidiabile professione l’ha portato a vedere, come lui stesso ama definirli, il Paradiso e l’Inferno, a distanza di poche settimane. Lo sguardo all’Eden risale allo scorso maggio: Ciaccio era il subacqueo di punta di una spedizione archeologica all’Isola di Pasqua, la mitica Rapa Nui dell’Uomo Uccello e dei misteriosi moai, le gigantesche teste scolpite in pietra lavica che sembrano guardare verso il luogo di provenienza del leggendario Hawaiki, progenitore di tutte le genti polinesiane. La missione, organizzata dall’associazione di archeologia subacquea «Mare Nostrum», aveva un duplice scopo: uno scambio culturale con i 1800 abitanti di questo lembo estremo di terra, e il tentativo di spiegare un mistero mai risolto, quello della realizzazione dei moai: come furono scolpiti, cone furono portati dai vulcani fino alla spiaggia, a quando risalgono? Il tuffo all’Inferno risale a luglio: essendo un fotoreporter di primissimo piano, Ciaccio è stato inviato dalla Cbm, la Christian Blind Mission, sodalizio internazionale che si occupa dell’assistenza ai ciechi e ai malati, a documentare l’attività degli ospedali in Liberia e Nigeria. Nessun filtro alla truculenza delle immagini: il suo compito era immortalare in tutta la sua crudezza le condizioni di vita dei pazienti. Ne è uscito, specie per la Liberia, un angosciante reportage. Il Paradiso di Rapa Nui «Siamo stati chiamati all’Isola di Pasqua - racconta Ciaccio - per una missione artistico-scientifica. La guidava Francesco Di Castri, un premio Nobel, ma con noi c’erano uno scultore di Carrara, un maestro d’arte e il direttore del museo Michelangelo, esperti che dovevano carpire i segreti della tecnica con cui furono scolpiti i moai. Siamo stati i primi stranieri a costruire sull’isola un’installazione di natura religiosa. Abbiamo messo sette RAPA NUI GLI ENIGMATICI GUARDIANI AI CONFINI DELLA TERRA Gli enormi moai, allineati sulla costa orientale dell’isola di Pasqua, rappresentano uno dei più arcani misteri archeologici del mondo. pietre vulcaniche in cerchio e vi abbiamo scolpito una frase che il Papa ha dedicato a Rapa Nui, incisa dal nostro artista carrarese. Per lo scambio culturale, gli abitanti dell’isola di Pasqua sono venuti in Italia a scolpire un moai. Verrà posizionato, una volta finito, in un luogo da scegliere tra Carrara e La Spezia, ma è probabile che sia l’isola della Palmara, di fronte a Portovenere. La nostra installazione voleva appunto sancire il gemellaggio». La parte scientifica della missione voleva indagare il grande mistero dei moai e dei loro creatori. Ciaccio ha avuto uno dei compiti più affascinanti e pericolosi: esplorare i fondali nel tratto di mare che separa Rapa Nui dal vicino isolotto, il tragitto che i giovani più atletici dell’isola erano anticamente chiamati a percorrere per conquistare l’attributo di Uomo Uccello e guadagnarsi un posto da esseri alati nell’al di là: «Le onde hanno una furia immensa, le correnti sono fortissime - racconta il sub oggionese - Abbiamo chiesto la collaborazione di un gruppo locale che aveva lavorato con Jacques Cousteau e ci siamo fatti accompagnare da un barcaiolo dall’abilità straordinaria. Là sotto c’è una maestosa struttura di roccia chiamata “la cattedrale”. Abbiamo solo potuto identificare i punti più promettenti, ma il lavoro è lungo: torneremo presto a continuarlo. Molti “ Vogliamo rispondere a un antico interrogativo: come sono stati costruiti e trasportati i giganteschi moai, le teste di pietra guardiane di questo paradiso reperti chiave si trovano proprio sott’acqua». Ciaccio ha avuto molto lavoro da svolgere anche sulla terraferma e in cielo. «Ho scattato centinaia di foto aeree. E ancora di più sull’isola. Ci sono moai ancora inseriti nella roccia, mai terminati e mai trasportati. La teoria avanzata dalla nostra équipe non è nuova, ma ci sono nuovi indizi a corroborarla. I moai furono fatti rotolare su tronchi d’albero fino alla loro postazione attuale. Oggi non ci sono più alberi a Rapa Nui: infatti, secondo noi, quando tutti gli alberi furono distrutti il processo creativo si bloccò». Il disboscamento non è frutto di fanatismo religioso, ma è dovuto alle esigenze di vita di una comunità isolata: «Questo luogo è lontano dal resto del mondo. Dall’Italia ci vogliono 42 ore di volo per raggiungerlo. La sua storia è figlia di questo isolamento: colonizzazione, sfruttamento selvaggio delle risorse per sopravvivere, poi vennero anche le conquiste e i massa- VISTO DA DENTRO «Nel 1996 trovai la più antica nave vichinga. Ora cerco la tomba del leggendario Canopo» «Cominciai per gioco a immergermi, da piccolo. Fu un amore a prima vista. Frequentai diversi corsi, diventai istruttore e presto lasciai l’attività sportiva per trasformare quella di subacqueo in una professione». Antonio Ciaccio ha coronato un sogno di molti: trasformare la propria passione in lavoro. Da 16 anni fa parte dell’associazione «Mare Nostrum», che si occupa di archeologia subacquea. Ha effettuato spedizioni nei luoghi più disparati, ma il massimo successo risale al 1996, quando rinvenne nelle acque del Mar Baltico la più antica nave vichinga mai ritrovata. Un’altra spedizione archeologica di grande fascino a cui ha partecipato, e che tuttora si protrae con cadenza annuale, è quella nella baia di Alessandria d’Egitto. cri dall’esterno. Oggi uno dei problemi più pesanti è la consenguineità. La popolazione autoctona è di 1800 e quasi tutti sono lontani parenti. Quando due ragazzi si fidanzano devono chiedere ai genitori se ci sono legami di parentela troppo stretti. Osservando quanto accaduto qui, possiamo imparare cosa succederà all’intero pianeta se continueremo a consumarne dissennatamente le risorse». Qualche nota sulla vita quotidiana degli indigeni è ” di estremo interesse: «Vivono in perfetta simbiosi con gli animali. Ci sono mandrie di cavalli che entrano in paese, l’unico centro abitato dell’isola, e si muovono in ordine come perfetti pedoni. L’aeroporto è molto particolare: la pista è perfetta perchè serve anche per gli atterraggi di emergenza dello Space Shuttle. Arrivano solo due aerei, il mercoledì e la domenica: solo in quelle due occasioni l’aeroporto si riempie di gente. Peccato che i costi proibitivi del viag- Antonio Ciaccio Sub oggionese e reporter, 38 anni, ha partecipato a spedizioni in tutto il mondo. CHI E’ L’obiettivo somiglia a un sogno, ma non lo è: identificare la tomba di Canopo, il leggendario nocchiero che la mitologia ricorda come nocchiero della nave di Menelao, il cui nome è oggi ricordato da una delle stelle più brillanti del cielo. I lavori si stanno protraendo già da cinque anni. Il suo prossimo obiettivo è l’India, oltre alla continuazione del lavoro all’Isola di Pasqua. Quando è a casa, Ciaccio si occupa di pubblicità multimediale. gio tengano lontano i turisti». L’Inferno di Monrovia L’orrore senza fine, che tutto sconfigge tranne la dignità di chi lo subisce. Questo Antonio Ciaccio ha visto in Liberia: «E’ una terra meravigliosa, potrebbe diventare un paradiso turistico. E’ verde e ricchissima, trabocca di bellezze naturali, diamanti e oro. Invece, anni e anni di guerra civile l’hanno ridotta a un pozzo senza fondo di angoscia e morte. Il mio compito era riprendere la realtà dei nosocomi, comprese le operazioni chirurgiche. Ho visto di tutto: bambini con gambe deformate dalla lebbra, con occhi letteralmente esplosi per enormi tumori. Addirittura ho visto un vecchio a cui un colpo di machete aveva tolto metà del viso, come se fosse stata scoperchiata una maschera. Era rimasto vivo: un orrore indicibile. Una lapide piena di nomi, nell’ospedale della capitale Monrovia, ricorda i malati massacrati dai guerriglieri. Sono entrati e li hanno trucidati sui letti». Ciaccio, però, è pronto a tornare: «Quella gente mi ha dato molto più di quello che ha ricevuto da me. E’ un popolo bellissimo. Mi sono abituato anche ai disagi: in albergo ho fatto la doccia tirandomi il secchio d’acqua in testa, con una vedova nera che ci nuotava dentro». E’ il nome polinesiano dell’isola di Pasqua. Un altro appellativo locale è «Matakiterangi», che significa «gli occhi guardano le stelle». Deriva dalla scoperta dell’antropologo Sergio Rapu, che sollevò un moai e trovò sei paia di occhi enormi di corallo bianco fosforescente, con iridi dalle scaglie rosse che di notte brillavano come fari. Il nome con cui l’isola è universalmente nota le fu dato dallo scopritore, il navigatore olandese Jacop Roggeveen, che per primo la raggiunse il giorno di Pasqua del 1722. E’ un lembo di terra di circa undici chilometri di diametro, con un’unica piccola spiaggia e tutta contornata di immense scogliere e da un oceano impetuoso. E’ sotto la giurisdizione del Cile ed è uno dei luoghi abitati più sperduti del mondo: la più vicina terraferma si trova a circa 2500 chilometri. Gli abitanti sono 1800. En fornøyd gjeng lørdag. Fra venstre: Lars Olav Støve, Federico Håland Gaeta, Anders Vicario, Oscar Lodi Rizzini og Roberto Barbieri. – Guttedrømmen min ■ Federico Håland Gaeta fant flydel i Hålandsvannet Federico Håland Gaeta (25) har siden han var liten fått høre en historie om at det finnes en del av et nedskutt fly i Hålandsvannet. Lørdag fant han det. I MOAI Le gigantesche teste di pietra sono il mistero che ha reso celebre l’isola. Pesano 20 tonnellate e si trovano sul lato orientale: sette guardano verso il Cile, le altre verso l’interno e quindi verso il Pacifico, il punto di provenienza del mitico Hawaiki, progenitore delle genti polinesiane. L’UOMO UCCELLO Le tribù di Rapa Nui celebravano una terribile prova: i loro giovani gareggiavano per raggiungere a nuoto lo scoglio al largo dell’isola. Dovevano rubare le uova di un uccello che vi nidificava e riportarlo indietro intero, in acque burrascose e pericolosissime. Chi ci riusciva riceveva i poteri e la forza dell’Uomo Uccello, conquistandosi un posto da essere alato nell’al di là. Av Lars Erik Larsen MONROVIA La capitale della Liberia prende nome da James Monroe, presidente degli Stati Uniti nell’Ottocento, celebre per la sua dottrina («L’America agli americani»). La città è stata devastata dalla guerra civile e dalla dittatura di James Taylor. Antonio Ciaccio - Alessandria d’Egitto Håland Gaeta har en mor fra Håland og en far fra Italia. Det har ført til mange ferier på Håland i Kvinesdal kommune. Det var på hytta her at Gaeta fikk høre historien om at det skulle finnes en vinge fra et nedskutt fly i vannet. Grunnen til at det «bare» skal ha vært en vinge her er ennå uklart, men ifølge Gaeta, som har vært i kontakt med Lister Forsvarshistoriske Forening, så stemmer denne fly-delen med en tysk Junker 52 som allerede har blitt funnet nesten hel ved Sagevannet i Kvinesdal kommune. – Det må ennå bekreftes, men vingen stammer tydeligvis fra 2. verdenskrig da flere engelske angrep gruvedriften på Knaben. Som bevis på det, så er det registrert at minst to engelske Beaufighters ble skutt ned ved Fedafjorden, en havnet i selve fjorden i Breivika og et annet er blitt funnet i en skog i nærheten av Fosseland, forteller Gaeta. Hvordan vingen har havnet i Hålandsvannet, aner ikke Gaeta. – Guttedrømmen – Det er en diskusjon angående det, men en teori sier at flyvingen ble funnet og at metalldeler ble brukt til nødvendig jordbruksutstyr for lokalbefolkningen. Da de ble opplyst om at tyske soldater gikk fra hus til hus for å lete etter radio eller annet skjult ulovlig utstyr, ble de trolig redde og bestemte seg for å senke denne fly-vingen i Hålandsvannet, forteller 25-åringen. Han har siden han var et barn forsøkt å finne denne vingen, som han har hørt så mye om. Men først på lørdag, 20 år etter at han hørte om historien, hadde han med seg proffe folk og utstyr til å lete i Hålandsvannet. Den dykkerturen endte med jackpot, etter tips fra Lars Olav Støve, som hadde hørt samme historie og visste omtrent hvor den skulle ligge. – Det er guttedrømmen min som nå går i oppfyllelse etter å ha funnet denne som det har Ifølge en flyekspert er det balanseroret på en Junker 52 som er funnet. FOTO: PRIVAT Slik så det ut da teamet dro opp funnet. Da var det gått 20 år siden Frederico Håland Gaeta hadde hørt historien om den nedskutte vingen. FOTO: PRIVAT vært så mye snakk om. Jeg er kjempeglad, sier 25-åringen. Håland Gaeta dykket sammen med Oscar Lodi Rizzini og Roberto Barbieri fra PSAI Italia dykkerskole da funnet ble gjort på 13 meters dyp. – Hvorfor tror du ikke folk har funnet den før? spør vi. – Det er et godt spørsmål, men jeg tror det er fordi ingen egentlig stolte på det som ble sagt, og at ingen heller visste hvor de skulle lete. Det tror også Støve som har bodd på Håland i 20 år. som at det ikke fantes noe vinge her, så det er tydelig at det ikke er kjent for folk flest. Nils Otto Eriksen i Lister Forsvarshistoriske Forening/ Festung Lista ble svært interessert i saken da Lister kontaktet ham lørdag og begynte å undersøke saken nærmere. Han kontaktet blant annet flyekspert Frithjof Ruud og fikk dette svaret. – Dette er 100 prosent sikkert balanseror til Ju 52. Enten høyre side eller venstre side. Den ytterste bakkant av hver vinge var balanseror og den innerste delen mot flykroppen var flaps, skriver han på mail. Eriksen og flere andre i Fes- Ikke kjent – Det kjørte folk forbi fem minutter før vingen ble funnet tung Lista hentet lørdag kveld vingen og tok den med seg tilbake til Lista. Nå fortsetter jakten på historien. – Herfra begynner: Hvorfor, hvordan og hva nå? Spennende er det i hvert fall, forteller Eriksen. ” Herfra begynner: Hvorfor, hvordan og hva nå? NILS OTTO ERIKSEN Oscuro quaggiù nel profondo di un mondo inviolato. Oscuro il silenzio quasi parlato, in un sogno: parole stanche nella mente dormono e intorno è solo carezza, sfiorato infinito nell’acqua circondo il mio corpo e la pace m’assale. Affonda lontano del mondo il rumore, e soffoca il caos... e tutto tace.... un oblio quaggiù. Il nostro TEAM è composto da appassionati e istruttori subacquei: Antonio Ciaccio e-mail: [email protected] mobile: +39 329 922 1410 Pirovano Giorgio e-mail: [email protected] mobile: +39 335 707 4377 Lorenzo Fumagalli e-mail: [email protected] mobile: +39 328 9686517 Federico Håland Gaeta e-mail: [email protected] mobile:+39 333 53 58 896 Roberto Barbieri e-mail: [email protected] mobile: +39 339 343 0847 ESEST European Society for Environmental Sciences and Technologies Via Govone Generale Giuseppe 100 20155 Milano ( MI ) CF: 97710700150 [email protected] Skype ID : esest.eu