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Marilyn
di Simon Curtis
Gran Bretagna, 2011 -- biografico -- 1h e 40’
cast Michelle Williams, Kenneth Branagh, Judi Dench
Chi è Marilyn? Una vedova nera o una bambola di porcellana? O forse qualcosa di più definitivo: era una
semplice e problematica ragazza californiana che aveva in sé il germe del fascino assoluto. Un germe che la
portò alla distruzione. Ma come raccontarla? Può bastare un episodio, un segmento di questo breve ed intenso
tracciato? Per Simon Curtis, regista del film, sì. Perché nel breve periodo raccontato c'è davvero tutto. C'è
Amore e Morte. Ci sono i suoi ammiccamenti verso il resto del mondo che non sono altro che fragili richieste
d'aiuto. C'è la diva che fa le bizze e c'è la bambina che si uccide un po' ogni giorno. Un momento emblematico
è quando si ritrova davanti ad una stupenda casa di bambole. Beh, è lì, in quel piccolo pupazzo femminile che
ha davanti agli occhi, che lei riconosce se stessa. Anzi, non se stessa, non la Marilyn di tutti, bensì la sognante e
fragile Norma Jeane. Eppure, quest'ultima, nel sogno ci è caduta a piedi pari e ha lasciato che lo stesso sogno
la fagocitasse. Ma è un sogno che ha coinvolto le generazioni di un'intera epoca. E che ha più o meno
dilaniato tutti quelli che sono venuti a contatto col mito. Perfino il marito di quel periodo, il celebre
drammaturgo Arthur Miller che, nella pellicola, ad un certo punto espone la sua crisi a contatto con la moglie:
"Non riesco a lavorare. Non riesco a pensare. Mi sta divorando". E forse è la stessa cosa che è capitata ad un
altro grande divo dell'epoca. Quell'icona di Laurence Olivier (magistralmente interpretato da Kenneth
Branagh) che con amarezza ammette: "Volevo rinnovare me stesso attraverso lei". Ecco, in questo film ciò
che risulta immediatamente chiaro è proprio questo: in un modo o nell'altro tutti, amandola (o supponendo di
farlo), hanno sfruttato l'immagine di Marilyn, sacrificandola tutti sull'altare delle proprie debolezze.
Chi risulta essere appena appena più genuino è Colin Clark (un'ottima interpretazione di Eddie Redmayne).
Ma Colin è anche la voce narrante, l'autore del diario di questo periodo. Può essere davvero l'unico ad amarla
nel modo giusto, ovvero accondiscendendo la ragazza e non solo l'attrice? Difficile poterlo dire. Ma è bravo a
raccontare quello che fu Marilyn. È bravo ad evidenziare quella cancerogena fragilità che Marilyn si portò
dietro per tutta la vita. È ancora Olivier/Branagh che esprime un concetto chiarificatore. Durante le riprese, la
Monroe è assistita da Paula Strasberg - moglie di Lee Strasberg, primo estro occidentale del nuovo metodo
naturalistico di recitazione: lei ha bisogno di tempo per "entrare nella parte". Olivier non lo accetta, è lui
l'attore, il maestro. Lei deve essere se stessa. O meglio, quella che tutto mondo identifica con il mito Marilyn:
"Cerca solo di essere sensuale - recita Branagh - Non è quello che sai fare?".
Marilyn non è Medea, non è Elettra. E non è nemmeno Vivien Leigh (brava Julia Ormond ad intepretarla).
No, per tutti, o quasi, lei è quella che, come viene citato in una battuta del film, "ha il culo più bello del
pianeta". O, comunque, poco di più. Ed allora, probabilmente, l'unica dawero genuina sul set de Il principe e la
baallerina è la strepitosa Judi Jench nel ruolo dell'ineffabile attrice Sybil Thorndike. Solo lei riesce a scovare la
fragile bimba che si cela dietro alle conturbanti curve di Marilyn. Ed è solo lei che cerca di difenderla e
proteggerla. Da tutti e anche da se stessa. E le ultime parole le sprechiamo proprio per l'attrice che l'ha
interpretata: Michelle Williams. Essere Marilyn è impossibile. Ma si può essere vagamente un'immagine che
la ricorda. Ed è questo che rende l'interpretazione impeccabile, moderata e partecipe. Senza strafare. Perché
quello che deve bastare a noi pubblico è solo questo: la suggestione di vedere cosa accadde ad uno dei più
grandi miti del secolo scorso. E la Williams ci riesce.
Marigold Hotel
di John Madden, con Judi Dench, Bill Nighy, Maggie Smith
Gran Bretagna 2012; commedia - durata 2h
Che cosa hanno in comune una vedova sensibile in cerca di indipendenza, una casalinga scontrosa e 'claudicante', un giudice
benestante sulle orme del passato, un funzionario governativo mite e vessato da una moglie eternamente insoddisfatta, una
pluridivorziata a caccia del successivo consorte e del vero amore, un single impenitente col vizio delle donne e della solitudine?
Lo stesso volo, la stessa destinazione, lo stesso hotel, il Marigold, in India.
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