Commercio elettronico business to business nel

Transcript

Commercio elettronico business to business nel
Commercio elettronico business to business nel settore delle costruzioni: quali prospettive?
Nicola Costantino 1
Abstract
La possibilità di migliorare sensibilmente l’efficienza della supply chain tramite l’e-commerce
business to business costituisce uno degli aspetti più promettenti delle applicazioni industriali
delle Information Communication Technology. La schematica semplicità operativa che
caratterizza molti dei vertical portal e dei marketplace finalizzati alla gestione di tali flussi
sembra, peraltro, almeno parzialmente in contrasto con la complessità delle relazioni
cliente/fornitore, che tanto spazio ha avuto negli studi di economia industriale e organizzazione
aziendale dell’ultimo decennio. L’autore esamina la situazione dei portali specializzati del
settore delle costruzioni (per il quale tale contrasto appare particolarmente evidente), facendo
specifico riferimento al contesto italiano, ed avanzando alcune ipotesi sui possibili sviluppi che
l’e-commerce potrà avere su tale settore.
Parole chiave: business to business, costruzioni, costi di transazione, subappalto.
Introduzione
La rivoluzione Internet sta sconvolgendo (o quanto meno minaccia/promette di farlo) molti
settori della vita economica e sociale contemporanea. Gli analisti sono concordi nel ritenere che
la quota maggiore dell'impatto economico riguarderà il cosiddetto commercio elettronico
“business to business” (b2b) 2 , costituito dalle transazioni intercorrenti tra le imprese lungo la
supply chain sia per il “b2b process/procureme nt” (beni e servizi che entrano direttamente nel
ciclo produttivo) che per il “b2b end-use” (beni e servizi che esauriscono la loro funzione
all’interno dell’impresa). Più diversificata, e problematica, è la valutazione degli effetti che tale
impatto avrà sulla redditività delle imprese interessate: se è vero, infatti, che il b2b può abbattere
a monte i costi di acquisizione di beni e servizi, in termini di riduzione dei costi di transazione e
di maggiore concorrenza, tale effetto si riscontra (naturalmente) anche a valle, lungo la stessa
supply chain (fino al consumatore finale). Dal punto di vista dei profitti delle singole imprese,
entrano così in gioco i differenziali di efficienza e le elasticità nei rispettivi mercati intermedi,
con risultati finali estremamente differenziati da settore a settore, come evidenziato in un recente
studio Goldman Sachs Research3 . In un (ipotetico?) equilibrio di medio- lungo termine la
“efficienza di Internet” dovrebbe, nelle visioni più estremizzate, configurare mercati
concorrenziali quasi perfetti, con informazione completa e gratuita e profitti pressoché nulli
(Brynjolfsson e Smith, 1999). Già Hayek (1945) aveva rilevato che “se vogliamo capire la vera
funzione del mercato, dobbiamo vederlo non come un calcolatore, ma come un meccanismo per
comunicare l’informazione”: migliorare la comunicazione significa pertanto (a parità di altre
condizioni) avvicinarsi al modello del mercato concorrenziale perfetto.
In realtà, la situazione sembra essere ben più complessa. Se sono rilevabili numerosi fattori di
spinta verso la concorrenza perfetta in Internet (basse barriere all’ingresso, ridotti costi di
1
Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Gestionale, Politecnico di Bari, via Japigia 182, 70126, Bari. Tel.:
0805962754; fax: 0805962788; e-mail: [email protected]
2
Un recente studio Gartner Group (citato in The Economist, 2000 a) stima in 4.000 Miliardi di $ il giro d’affari
globale del b2b nel 2003, contro “soli” 400 Miliardi di $ del b2c (business to consumer). In Italia, Databank
Consulting valuta in 5.000 Miliardi di lire il giro d’affari 2000 del b2b, contro 600 Miliardi per il b2c (citato in
Perretti, 2000).
3
Citato in La Posta, 2000.
1
gestione, mercato di sbocco globale, possibilità di minimizzare i costi di gestione
dell’informazione e di negoziazione attraverso l’ utilizzo di “agenti autonomi intelligenti”), altri –
altrettanto importanti – avversano tale modello ideale (costi di informazione reali ancora
rilevanti, eterogeneità dei rivenditori, localizzazione delle imprese) (Montanaro, 2000). E, d’altro
canto, la stessa (peraltro affatto teorica) globalizzazione “perfetta” dei mercati concorrenziali
può portare ad anomalie: nel giugno 2000 la Federal Trade Commission statunitense ha tenuto
un’audizione monotematica sulle implicazioni del b2b per l’antitrust, paventando l’insorgenza di
posizioni di mono(oligo)polio e/o di mono(oligo)psonio (The Economist, 2000 b).
Da un esame, necessariamente superficiale, della pressoché sterminata letteratura scientifica e di
informazione prodotta negli ultimi anni (e soprattutto mesi) sull’argomento, sembra emergere
una crescente presa di coscienza della complessità del problema, e – pertanto – della ricca
diversificazione delle possibili situazioni.
In particolare, si ha la sensazione che, nella comprensibile ansia di conquistare posizioni di forza
sul mercato, molti dei promotori dei tanti “marketplace” b2b (ad ottobre 2000 se ne contavano in
rete oltre 700, nelle varie versioni “vertical portal”, hub broker, ecc.), per lo più basati sull’asta
di acquisto (auction), abbiano dato per scontato che sia sufficiente abbattere i costi di
trasmissione e di accesso all’informazione codificata per perseguire i dichiarati obiettivi di
abbattimento tout court dei costi di acquisizione, cioè che la maggior parte dei mercati possano
essere ricondotti a “commodity- like markets”. “Molti (imprenditori) hanno fatto l’errore di
pensare che le transazioni di affari siano molto più semplici di quanto esse siano in realtà. Il
problema è che le commodity che possono essere messe all’asta in questo modo rappresentano
solo una minuscola frazione del totale delle transazioni” (The Economist, 2000 c).
Questa “ingenuità” di tanti imprenditori (ma anche di alcuni studiosi) risulta particolarmente
sorprendente, se si considera che giunge alla fine di un decennio (gli anni ’90) durante il quale
fiumi di inchiostro sono stati versati sulla complessità delle relazioni cliente- fornitore lungo le
supply chain e sulla opportunità/necessità di sviluppare all’interno di questa relazioni strategiche,
di lungo periodo 4 . Sembra quasi di assistere ad un comportamento “schizofrenico” di teorici e
manager: da una parte si sottolinea (a volte con enfasi anche troppo retorica) la complessità e la
valenza strategica di lungo periodo della relazioni di cooperazione che legano clienti e fornitori
lungo la catena del valore; dall’altra si sviluppano software applicativi e si disegnano “portali”
verticali ed altri siti “marketplace” con l’esplicito scopo di “banalizzare” ed “occasionalizzare”
(in termini spot) tali relazioni. La realtà naturalmente è ben più complessa di tale
semplificazione: le forniture (i fornitori) non sono tutti uguali 5 , e gli strumenti per gestirli non
possono pertanto essere troppo semplicemente standardizzati.
La lettura (insieme ad un tentativo di spiegazione) di tale dicotomia può risultare particolarmente
interessante nel settore della costruzioni, nel quale – oltre venti anni fa – sono stati per la prima
volta studiati e teorizzati i primi modelli di interrelazione di lungo periodo tra general contractor
(cliente) e subcontractors (fornitori).
4
A titolo esemplificativo, e non certo esaustivo, si ricordano: Capaldo et al., 1998; Carlisle e Parker, 1991;
Chadwick e Rajagopal, 1995; De Maio e Maggiore, 1992; De Toni e Nassimbeni 1998; Dioguardi, 1983 a);
Dioguardi, 1994; Dioguardi, 1996; Erridge, 1995; Esposito e Raffa 1998; Lamming, 1993; Lazonick, 1993;
Lorenzoni, 1992; Mariotti, 1994; Mariotti, 1996; Merli, 1990; Tagliaventi e Zanoni, 1998; Womack et al., 1990;
Womack e Jones, 1996.
5
Ricordiamo, a titolo di esempio, che De Maio e Maggiore (op. cit.), sulla base dei differenti livelli di integrazione
operativa e tecnologica, distinguono quattro tipi di rapporti cliente/fornitore: tradizionale, JIT, di accordo
tecnologico, evoluto.
2
Le costruzioni
Quello delle costruzioni è uno dei principali settori produttivi in tutti i paesi, con una particolare
rilevanza in quelli di più recente industrializzazione (Bon e Crosthwaite, 2000). Esso è
generalmente caratterizzato dalla prevalenza della piccola dimensione aziendale: nella Comunità
Europea il 97% delle imprese rientra nella fascia dimensionale 0-20 addetti (93% in quella 0-10)
(Commissione delle Comunità Europee, 1997). In Italia il livello di fra mmentazione è ancora più
spinto della media europea (Albino et al., 2000).
Per quanto le tecnologie (di prodotto e di processo) tipiche del settore siano sostanzialmente
mature, le applicazioni in esso di altre tecnologie provenienti da differenti settori è
costantemente in crescita, conferendo alle costruzioni le caratteristiche di una industria a “banda
larga” di tecnologia (Costantino, 1996).
Nell’edilizia (costruzione di edifici), dove il fenomeno è particolarmente evidente, la “banda
larga” può essere suddivisa in tre macro aree: la struttura portante dell’edificio, gli impianti, e le
finiture 6 . Nessuna impresa è, di norma, in grado di gestire direttamente tante e così diversificate
tecnologie: così di solito viene a costituirsi una piramide gerarchica7 in cui un certo numero di
imprese specialistiche realizzano il proprio contributo sotto la regia di un “General Contractor”
(fig. 1).
General
Contractor
assemblaggio
strutture
strutture
in opera
strutture
prefabbricate
posa
in opera
impianti
Livelli crescenti di
personalizzazione
del prodotto
posa
in opera
finiture
asse
preassemblaggio
impianti
preassemblaggio
finiture
finiture
in opera
componenti industriali
Fig. 1. La piramide produttiva nell’industria edilizia
La piramide produttiva può essere più o meno “alta” e “larga” (cioè diversificata). In ogni caso,
al livello più basso abbiamo i produttori dei componenti industriali di base: cemento, laterizi,
estrusi e profilati di acciaio ed altri metalli, ceramiche, componenti impiantistici, ecc. Si tratta
normalmente di imprese industriali medio-grandi, con cicli di produzione per processo o per lotti
(su commessa o, più spesso, a magazzino; comunque – di norma – su catalogo) che si rivolgono
6
La seguente trattazione fa specifico riferimento alla edilizia ma le conclusioni cui si giungerà sono sostanzialmente
applicabili (con secondari adattamenti) all’intero settore delle costruzioni.
7
Per il modello di piramide gerarchica ho utilizzato, modificandola, una formalizzazione proposta in Esposito, 1999
per il settore aeronautico.
3
tendenzialmente al mercato globale (compatibilmente con l’incidenza dei costi di trasporto) . Al
livello superiore abbiamo le imprese di trasformazione dei componenti “prefabbricati” (elementi
strutturali, quadri elettrici, infissi, ecc.), imprese di media dimensione (produzione su commessa,
a volte – ma non sempre – a catalogo) con mercati di sbocco tendenzialmente regionali. Infine
abbiamo le imprese specialistiche che operano direttamente sul cantiere, sia realizzando le
strutture e le finiture “tradizionali” (che non necessitano cioè di preassemblaggio), sia mettendo
in opera (installazione, assemblaggio, “posa in opera”) i componenti preassemblati negli
stabilimenti: il loro ciclo di lavoro è sempre – naturalmente – su commessa, e nella maggioranza
dei casi in base a specifiche tecniche (capitolati) adattate al singolo progetto. Sono, queste
ultime, imprese per lo più piccole o piccolissime, con mercati di sbocco a livello provinciale o
poco più (con poche, anche se importanti, eccezioni costituite da imprese medio-grandi operanti
a livello nazionale o addirittura internazionale).
Al vertice c’è il General Contractor, responsabile unico della realizzazione dell’opera, che a
volte (ma solo in alcuni contesti geografici e tipologici) realizza direttamente una parte
dell’opera (per lo più a livello di strutture in opera), ma la cui fondamentale (ed essenziale)
funzione è quella di acquisire, organizzare, programmare e coordinare gli apporti delle imprese
specialistiche (e, attraverso queste, quello delle imprese di trasformazione dei componenti).
Ai nostri fini, è interessante rilevare come, salendo lungo la piramide, il prodotto di base
(essenzialmente una commodity) venga progressivamente personalizzato e contestualizzato, fino
a giungere al prodotto “unico e irripetibile” costituito dal singolo edificio.
I rapporti tra General Contractor ed imprese specialistiche (subcontractors) sottostanti sono stati
oggetto di approfonditi studi nei primi anni ’80 da parte di Eccles e Dioguardi.
Eccles, sulla base di una indagine condotta tra gli homebuilder (General Contractor per la
realizzazione di residenze, per lo più unifamiliari) del New England, individua tre principali
motivazioni per il ricorso al subcontracting nel settore della costruzione di abitazioni
unifamiliari: l’estensione del mercato, la dimensione, e la complessità de l singolo intervento
(Eccles, 1981 a).
Egli rileva inoltre come tali relazioni di subcontracting siano essenzialmente stabili e ripetitive
nel tempo, venendo a costituire all’interno della piramide gerarchica un’organizzazione di fatto
(chiamata “quasi- firm”) intermedia tra gerarchia (opzione make) e mercato (opzione buy). “La
prova per l’esistenza della quasi- firm sta nel numero dei subappaltatori utilizzati per ogni
attività, nella durata dei rapporti tra appaltatore generale e subappaltatore, nell’uso d i appaltatori
cottimisti e nelle procedure per la scelta dei subappaltatori”. In particolare, nell’indagine
effettuata da Eccles, i general contractor ricorrono alla gara d’appalto, in cui il subcontractor che
presenta l’offerta più bassa si aggiudica automaticamente il lavoro, solo nel 19,6% dei casi,
mentre in tutti gli altri casi si ricorre a qualche forma di negoziazione, evidentemente al fine di
salvaguardare la discrezionalità nella scelta del fornitore (Eccles, 1981 b). Eccles motiva
l’esistenza della quasi- firm in termini di minimizzazione dei costi di transazione (Williamson,
1975). Può essere interessante notare che una recentissima indagine effettuata nel New England
tra homebuilders e general contractors commerciali, pur rilevando notevoli evoluzioni nel
contesto organizzativo 8 , ha confermato l’esistenza della quasi- firm tra gli homebuilder ed anche
(sia pure con modalità più spostate verso il “mercato”) tra i General Contractor di maggiore
dimensione (Costantino et al., 2001).
Dioguardi, che ha studiato le relazioni General Contractor / subcontractor in termini più
approfonditi sul versante organizzativo, ed in un’ottica non solo di rilevazione di una realtà del
mercato (“spontanea” e limitata), ma anche (e soprattutto) di proposizione di un modello inter8
Al primo posto tra le motivazioni per il subappalto, ad esempio, è stata rilevata l’esigenza del General Contractor
di grandi edifici di trasferire le responsabilità da prodotto ad una ditta specialistica, motivazione questa neanche
rilevata da Eccles.
4
organizzativo di ben più ampia applicabilità, ha dato alla rete di imprese semi- stabilmente legate
al General Contractor il nome di macroimpresa (Dioguardi, 1983 b). “L’organizzazione
imprenditoriale nella sua accezione più completa evolve attraverso … stabili legami di
interazione tra i suoi poli e le imprese esterne. Ciò crea una rete di relazioni che nella sua
interezza può essere paragonata ad un piccolo sistema economico … Questa rete di relazioni
stabili che apre l’impresa (generale) nei confronti del mondo esterno rappresenta il … livello
organizzativo che io chiamo ‘macroimpresa’.” (Dioguardi, 1986).
L’intuizione di Dioguardi, che proponeva il modello della macroimpresa anche al di fuori del
settore delle costruzioni, ha trovato poi ampio riscontro nelle strutture inter-organizzative
rilevate negli anni ’90 in altri settori industriali, soprattutto manifatturieri (cfr. bibliografia in
nota 3).
Negli ultimi anni molti autori di scuola anglosassone (soprattutto nel Regno Unito) hanno
affrontato il problema del miglioramento dell’efficienza nel settore delle costruzioni riprendendo
l’impianto teorico della lean production (e di altre modellizzazioni sviluppate in ambito
manifatturiero) e giungendo a proporre modelli inter-organizzativi per il settore delle costruzioni
concettualmente riconducibili alla macroimpresa di Dioguardi (Latham, 1994; Thompson e
Anderson, 1997; Construction Task Force, 1998; Cox e Townsend 1998; Bennett, 2000; Bresnen
e Marshall, 2000 a, b; Ben Mahmoud-Jouini, 2000; Wong et al., 2000).
Al di là dell’enfasi “ideologica” a tratti riscontrabili in alcuni di tali lavori, è innegabile che
l’esistenza di relazioni semistabili tra general contractor e subcontractor (ed anche tra cliente e
general contractor) viene sempre più non solo riconosciuta come modalità operativa esistente,
ma anche, e soprattutto, proposta come modello inter-organizzativo in qualche modo “vincente”.
A questo punto si ripropone, in termini più circoscritti e mirati, il dilemma prima proposto: come
si conciliano tali relazioni (strategiche, discrezionali, fortemente basate sulla “fiducia”
interpersonale ed inter-organizzativa) con l’intrinseca occasionalità e semplicità
(semplificazione?) dei meccanismi di auction proposti dai portali settoriali?
Costi di transazione e modalità di acquisizione delle risorse
Il tentativo di spiegare le modalità inter-organizzative di gestione delle supply chain in termini di
minimizzazione dei costi di transazione (cioè dei costi connessi alla definizione ed alla gestione
della transazione) risale al famoso scritto di Coase (1937) ed ai successivi approfondimenti,
soprattutto di Williamson (1975, 1979). Secondo la teoria dei costi di transazione, l’impresa
sceglie – tra tutte le possibili configurazioni di fornitura del range gerarchia / mercato – quella
che minimizza i costi complessivi (costi diretti più costi di transazione). Nella tabella di fig. 2
sono sinteticamente riportati i più importanti costi connessi alla gestione di una transazione.
Costi di transazione
Costi di ricerca
Costi di informazione
Costi di negoziazione
Costi di decisione
Costi di controllo
Costi del contenzioso
Reperimento di informazioni sui potenziali venditori
Reperimento di informazioni sulla possibile transazione
Contatti, comunicazioni, trattative
Valutazione (eventualmente multicriteriale) delle opzioni di acquisto
Gestione della transazione; controllo di qualità, tempi, costi
Gestione di eventuali contestazioni e/o inadempienze
Fig. 2. Principali costi di transazione (adattato da Watson et al., 2000)
5
Il concetto di costi di transazione si è rivelato molto potente nell’impianto teorico, anche se
piuttosto inadeguato rispetto ad eventuali applicazioni quantitative. Nella maggior parte dei casi
infatti, a causa delle notevoli difficoltà pratiche nella misura diretta di tali costi 9 , esso rischia di
originare spiegazioni tautologicamente banali: l’impresa sceglie una certa configurazione di
approvvigionamento perché evidentemente è quella in cui i costi complessivi sono minimizzati,
ma – d’altra parte – i relativi costi di transazione possono essere valutati solo in termini relativi,
e per differenza di costi totali rispetto alla configurazione prescelta perché (sinteticamente)
ritenuta “migliore” 10 .
In ogni caso, la schematica tabella di fig. 2 ci dà conto di come l’e -commerce b2b possa ridurre i
costi di transazione abbattendo drasticamente sia i tempi che i costi di trasmissione delle
informazioni che costituiscono il contenuto fondamentale di tali costi. Come è stato rilevato
(Camussone, 2000): “Il commercio elettronico da un lato tenderebbe a riportare all’interno
dell’impresa funzioni ora demandate ad intermediari, ma dall’altro potrebbe far sorgere operatori
specializzati in questo tipo di attività, per cui l’impresa potrebbe essere tentata di demandare a
qualcuno di essi la gestione di questo nuovo canale commerciale”. Questi operatori specializzati
sono i gestori dei “portali” cosiddetti “verticali” del b2b, in particolare dei marketplace, che
traggono la propria redditività dai ser vizi di riduzione nei costi di transazione offerti ai propri
clienti.
Appare subito evidente come l’entità (relativa ed assoluta) di tali abbattimenti determini il
“successo” dell’iniziativa: le sopra citate previsioni “estremistiche” di mercati concorrenziali
perfetti sono teoricamente perseguibili solo nell’ipotesi che il commercio elettronico annulli (o
comunque abbatta in termini radicali) tutti i costi di transazione.
I portali verticali nel settore delle costruzioni
Al fine di verificare gli effettivi ambiti di operatività dei portali b2b operanti nel settore delle
costruzioni, sono stati esaminati 3 siti web di portali “generalisti” (destinati cioè all’intero
mercato delle costruzioni) e 9 siti di portali più strettamente “verticali”, riferiti cioè a specifici
ambiti di fornitura (ad esempio impianti idro-termo-sanitari, impianti di sicurezza, ecc.) attivi nel
novembre 2000 sul mercato italiano. Sono tutti portali del tipo “hub broker” “molti verso molti”,
poiché – almeno in Italia – il livello di concentrazione del settore non è sufficiente a far nascere
portali “aziendali” del tipo rilevato in settori industriali a più elevato livello di concentrazione
(Bianchi e Noci, 1999)11 .
La gamma dei servizi offerti (o meglio previsti, giacché si riscontra un notevole numero di
opzioni non ancora attivate in quasi tutti i siti) è, in linea di massima, molto ampia e
diversificata. Al di là però delle differenziazioni semantiche, le principali funzioni operative
proposte sono quelle riassunte nella tabella di fig. 3.
In linea di principio (ma vi sono delle eccezioni) i servizi di asta (di acquisto e di vendita), di
richiesta di offerta e di gestione cataloghi sono offerti a titolo oneroso (insieme, naturalmente, ai
banner pubblicitari), mentre gli altri hanno funzione di servizi collaterali offerti gratuitamente
per fidelizzare i clienti.
Un esame a campione operato su altri portali operanti a livello europeo o statunitense ha rilevato
che (come era prevedibile, attesa la globalizzazione dei modelli internet) il modello operativo
9
Si veda, al proposito, Hughes et al. (2000).
Sono debitore al Prof. Gianfranco Dioguardi per queste riflessioni.
11
Nel mercato statunitense, invece, si riscontra qualche iniziativa in tal senso, anche se il modello più diffuso è
comunque quello del marketplace “molti verso molti” (Engineering News-Record, 2000 a).
6
10
italiano non appare – sotto questo aspetto – particolarmente differenziato da quelli riscontrabili
in tali mercati.
Servizio
Asta di acquisto
Richiesta d’offerta
Asta di vendita
Gestione cataloghi
Supporti informatici
Informazioni commerciali
Legislazione
Notizie
Analisi
Un potenziale acquirente (momentaneamente anonimo) dichiara il
proprio interesse ad acquistare un determinato prodotto/servizio ad
un prezzo massimo (minimo) rispetto al quale i potenziali venditori
(anch’essi momentaneamente anonimi) presentano offerte al ribasso
(in aumento).
L’asta di acquisto viene limitata ad un gruppo di potenziali fornitori
preventivamente selezionati.
Potenziali venditori di stock di magazzino e/o impianti e
attrezzature segnalano la propria disponibilità a vendere tali prodotti
all’asta. La gestione successiva è simile a quella delle aste di
acquisto.
I cataloghi dei possibili fornitori vengono gestiti da software
“intelligenti” in grado di elaborare ricerche di mercato e confronti di
prezzo.
Servizi di elaborazione, standardizzazione e trasmissione di
informazioni progettuali e specifiche tecniche.
Informazioni su potenziali fornitori e/o clienti.
Raccolta aggiornata della normativa di settore.
Informazioni di attualità del settore (gare pubbliche , ecc.).
Studi e commenti di esperti del settore.
Fig. 3. Principali funzioni proposte dai vertical portal del settore delle costruzioni operanti in
Italia nel novembre 2000.
Il livello ancora di avviamento che contraddistingue la maggior parte dei siti investigati non
consente di impostare significative analisi sui volumi e sulle tipologie degli scambi
effettivamente gestiti (probabilmente ancora molto bassi, e i cui dati, comunque, non sono al
momento disponibili). E’ peraltro interessante no tare come tutti i servizi offerti vadano nella
direzione di un abbattimento dei costi di transazione innanzi classificati come di ricerca,
informazione, negoziazione e decisione, mentre restano quasi completamente esclusi quelli di
controllo e di contenzioso. Il dato è tutt’altro che casuale: queste ultime due fasi si prestano
evidentemente molto poco ad una gestione standardizzata a livello di service esterno.
Come può incidere tutto ciò sugli ambiti di effettiva applicazione? Le possibili transazioni ne l
settore delle costruzioni (come in molti altri) possono riguardare prodotti e servizi a diverso
livello di standardizzazione e con differenti modalità di codifica dell’informazione. E’ evidente
come sia relativamente agevole elaborare e gestire procedure automatizzate per la gestione degli
acquisti nel caso di commodity: la ricerca fa riferimento a dati di norma già disponibili (elenchi
dei potenziali fornitori), la informazione è altamente codificata, e pertanto esprimibile in termini
estremamente sintetici, conseguentemente la negoziazione e la decisione possono essere riportati
al solo criterio del prezzo più basso. Trattandosi di prodotti “a catalogo”, le stesse successive fasi
di controllo ed (eventuale) contenzioso, pur se solo parzialmente supportate dal service del
portale, risultano di norma, piuttosto semplici e poco onerose. Da questo punto di vista, la rete
7
può rivelarsi un ausilio prezioso indipendentemente dalla stesa esistenza di portali specializzati
(Barattelli, 2000).
Del tutto differente è la situazione per le transazioni aventi per oggetto prodotti / servizi più
specifici ed idiosincratici, quali – di norma - i subappalti: la ricerca dei potenziali fornitori deve
prendere in considerazione una serie di variabili (potenzialità quali -quant itativa, attuale carico di
lavoro, area geografica di azione, ecc.) tutt’altro che banali, e spesso di difficile reperibilità; la
informazione ha un livello di codifica inferiore, ed una componente “dimensionale” (intesa come
mole di dati progettuali da esaminare ed interpretare per sviluppare l’offerta) spesso notevole; la
negoziazione, ed ancor più la decisione, fanno riferimento ad una pluralità di elementi
difficilmente riconducibili a metodologie gestibili in termini puramente algoritmici (analisi
multicriterio). Naturalmente le successive fasi di controllo e contenzioso, il cui peso specifico è
in questo caso molto maggiore, restano ancora escluse dal servizio.
D’altro canto, sono proprio queste appena indicate le motivazioni del carattere sensibilmente
fiduciario che i subappalti tendono a rivestire nel settore delle costruzioni, e che determinano la
natura semi-stabile (e pertanto quasi gerarchica) della macroimpresa.
Da quanto sopra evidenziato, sarebbe lecito aspettarsi che i servizi offerti dai portali b2b nel
settore delle costruzioni (soprattutto per quanto concerne l’asta di acquisto) siano destinati ad
incontrare successi applicativi molto più ampi nell’area “bassa” della piramide produttiva
(acquisto di componenti industriali e, in misura minore, di strutture prefabbricate e di impianti e
finiture preassemblati) che in quella “alta” (subappalti per le operazioni di cantiere).
Si tratta, naturalmente, solo di una prima ipotesi, da sottoporre a verifica in un prossimo futuro: a
supporto della sua plausibilità sembrano peraltro – al momento – andare non solo le
considerazioni innanzi evidenziate, ma anche la particolare diffusione di portali specialistici
nelle aree merceologiche maggiormente assimilabili alle commodity (come i componenti idrotermo-sanitari, quelli ferrosi, ecc.).
b2b e gestione dei subappalti
Sembra pertanto che le applicazioni b2b dell’e-commerce nel settore delle costruzioni siano
destinate a trovare ampia diffusione nella organizzazione delle transazioni (ma sarebbe più
corretto parlare solo di acquisti, considerata l’esclusione delle successive fasi di gestione) tra
produttori / venditori di componenti industriali ed imprese specialistiche di trasformazione ed
installazione, mentre l’impatto sulle relazioni tra General Contractor e imprese specialistiche
dovrebbe risultare molto inferiore.
Tali (provvisorie) conclusioni potrebbero però risultare sostanzialmente modificate, se non
addirittura ribaltate, se si passa ad esaminare le possibili applicazioni delle tecnologie web
proprio alle fasi di gestione delle transazioni successive alla scelta del fornitore ed alla
sottoscrizione del contratto.
E’ infatti questo un contesto caratterizzato, per i subappalti, da notevoli moli di informazioni, i
cui flussi sono solo parzialmente pianificabili, e che devono essere scambiati tra i diversi soggetti
della sezione alta della piramide produttiva in senso sia verticale che orizzontale, nel corso della
realizzazione del project.
Precedenti esperienze hanno già dimostrato le potenzialità app licative delle tecnologie
informatiche nell’offrire un supporto operativo non tanto alla costituzione della macroimpresa,
quanto alla sua successiva gestione (Costantino e Sivo, 1999). “Il fine ultimo delle applicazioni
elettroniche alla catena del valore allargata è condividere le informazioni dell’impresa con
fornitori, acquirenti e partner, al fine di consentire alla pianificazione delle forniture, della
domanda, della produzione e della logistica di trovare attuazione in tempo reale” (Hoque, 2000).
8
Numerose esperienze di implementazione di questo genere sono al momento in corso da parte
dei più grandi operatori del mercato globale, in termini di applicazioni internet, intranet, extranet
(Finch, 2000; Engineering News-Record, 2000 b); il loro scopo sembra essere quello di coprire,
in termini di architetture software proprietarie, proprio le aree non direttamente (o solo
marginalmente) affrontate dai portali verticali b2b, cioè la gestione dei flussi di informazione
relativi allo sviluppo del progetto (e successivi alla decisione di acquisto/subappalto) tra tutti gli
attori della realizzazione: committente, progettisti, General Contractor, subcontractors, fornitori.
Questi “sistemi ad intelligenza distribuita” (Micelli, 2000) costituiscono probabilmente il più
interessante sviluppo organizzativo dell’e-commerce nel sistema delle costruzioni, al di là del più
appariscente (in quanto ampiamente supportato dalla comunicazione pubblicitaria) contributo dei
marketplace e dei vertical portal.
Saranno gli sviluppi futuri a dirci se tra le due reti di gestione informativa (entrambe operanti in
massima parte su internet): marketplace per gli acquisti di commodity, e reti informative per la
gestione dei progetti, si svilupperanno convergenze operative e funzionali in misura superiore a
quanto attualmente riscontrabile, e – soprattutto – quali saranno i soggetti gestori di tali reti
informative: gli specialisti delle rete, o i grandi operatori sui fronti della committenza (clienti),
della realizzazione (grandi general contractor), o dei servizi professionali (società di ingegneria).
Bibliografia
Albino V., Costantino N., Sivo G. (2000), Le costruzioni: mercato e impresa, Carocci, Roma.
Barattelli C., La pianificazione degli acquisti “in rete” per la gestione di commesse di
costruzioni civili, Atti del Convegno “Giornate AICE 2000), Università Bocconi, Milano, 23 24/11/2000.
Ben Mahmoud-Jouini S. (2000), Innovative supply-based strategies in the construction industry,
Construction Management and Economics, n°6, settembre.
Bennett J. (2000), Construction. The third way, Butterworth Heinemann, Oxford.
Bianchi R., Noci G. (1999), Obiettivi e determinanti dell’utilizzo del sito Web nelle imprese
industriali, in Campi C., D’Angelo A., La Bella A. (a cura di), Le opportunità del cambiamento
tecnologico, D’Anselmi Editore / Hoepli, Roma.
Bon R., Crosthwaite D. (2000), The Future of International Construction, Thomas Telford,
Londra.
Bresnen M., Marshall N. (2000 a), Parteniring in construction: a critical review of issues,
problems and dilemmas, Construction Management and Economics, n°2, marzo.
Bresnen M., Marshall N. (2000 b), Motivation, commitment and the use of incentives in
parterships and alliances, Construction Management and Economics, n°5, agosto.
Brynjolfsson E., Smith M. (1999), Frictionless Commerce? A Comparison of Internet and
Conventional Retailers, MIT Sloan School of Manangement.
Capaldo G., Esposito E., Lo Storto C., Raffa M. (1998), Supply Management, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli.
Camussone P.F. (2000), Informatica, organizzazione e strategie, McGraw-Hill Italia, Milano.
Carlisle J.A. e Parker R.C. (1991), Il sistema cliente-fornitore, Milano, Etaslibri.
Chadwick T., Rajagopal S. (1995), Strategic supply management, Butterworth Heinemann,
Stamford (U.K.).
Coase R.H. (1937), The Nature of the Firm, Economia, n° 4.
Commissione delle Comunità Europee (1997,) La competitività nell’industria della costruzione,
Comunicazione della Commissione COM(97) 539 def., Bruxelles.
Construction Task Force (1998), Rethinking Construction, HMSO, London.
9
Costantino, N. (1996) La gestione del progetto in edilizia: problematiche organizzative e di
mercato, L’Industria, n°2, aprile- giugno.
Costantino N., Sivo G. (1999), La gestione delle competenze nello sviluppo di programmi
integrati nel settore delle costruzioni: ruolo emergente delle tecnologie informatiche e nuovi
modelli inter-organizzativi, in Campi C., D’Angelo A., La Bella A. (a cura di), Le opportunità
del cambiamento tecnologico, D’Anselmi Editore / Hoepli, Roma.
Costantino N., Pietroforte R., Hamill P. (2001), Subcontracting in commercial and residential
construction: an empirical investigation, Construction Mangement and Economics, in corso di
pubblicazione.
Cox A., Townsend M. (1998), Strategic Procurement in Construction, London, Thomas Telford.
De Maio A., Maggiore E. (1992), Organizzare per innovare, Milano, Etaslibri.
De Toni A., Nassimbeni G. (1998), The Buyer-Supplier Exchange in the Presence of Design,
Logistic and Quality Interactions: Results of an Empirical Research, in Capaldo G., Esposito E.,
lo Storto C., Raffa M., Supply Management, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli.
Dioguardi GF. (1983 a), Nuovi modelli organizzativi per l’impresa, Milano, Etas Libri.
Dioguardi GF. (1983 b), Macrofirm: Construction Firms for the Computer Age, Journal of
Construction Engineering and Management, ASCE, vol. CIX, n°1, marzo.
Dioguardi G.F. (1986), An Organizational Model for Building Construction Firms in the
Computer Age, in Cheremisinoff et al., Handbook of Civil Engineering, Lancaster, PA.
Dioguardi G.F. (a cura di) (1994), Sistemi di imprese. Le nuove configurazioni dell’impresa e dei
mercati, Etaslibri, Milano.
Dioguardi G.F. (1996), La natura dell’impresa tra organizzazione e cultura, Bari, Laterza.
Eccles R.G. (1981 a), Bureaucratic versus Craft Administration: The Relationship of Market
Structure to the Construction Firm, Administrative Science Quarterly, n°26.
Eccles R.G. (1981 b), The Quasi-firm in the Construction Industry, Journal of Economic
Behaviour and Orga nization, n°2.
Engineering News-Record (2000 a), Contractors take web tool to subs, 25/9/2000.
Engineering News-Record (2000 b), ENR’e-construction, 25/9/2000.
Erridge A. (1995), Managing purchasing, Butterworth Heinemann, Oxford (UK).
Esposito E., Raffa M. (1998), Similarities and Differences in Italian Subcontracting System, in
Capaldo G., Esposito E., lo Storto C., Raffa M., Supply Management, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli.
Esposito E. (1999), Economia delle imprese ad alta tecnologia, Edizioni Scientifiche Italiane,
Napoli.
Finch E. (2000), Net gain in construction, Butterworth Heinemann, Oxford (UK).
Hayek F.A. (1945), The Use of Knowledge in Society, American Economic Review, vol. 35,
settembre.
Hoque F. (2000), e-enterprise, Cambridge University Press, New York.
Hughes W., Hillebrandt P., Lingard H., Greenwood D. (2000), The impact of market and supply
configurations on the costs of tendering in the construction industry, Proceedings of the Joint
Meeting of CIB Working Commissions W55 and W65 and Task groups TG23, TG31 and TG35,
University of Reading (U.K.), 13-15 settembre 2000.
Lamming R. (1993), Beyond partenrship, Hemel Hempstead (UK), Prentice Hall International.
La Posta L. (2000), L’impresa cresce con l’e-business, Il Sole 24 Ore New Economy,
18/10/2000.
Latham M. (1994), Constructing the team, HMSO, London.
Lazonick W.H. (1993), L’organizzazione dell’impresa e il mito dell’economia di mercato, Il
Mulino, Bologna.
Lorenzoni G. (a cura di) (1992), Accordi, reti e vantaggio competitivo, Etaslibri, Milano.
10
Mariotti S. (a cura di) (1994), Verso una nuova organizzazione della produzione, Etaslibri,
Milano.
Mariotti S. (a cura di) (1996), Mercati verticali organizzati e tecnologie dell’informazione,
Fondazione Adriano Olivetti.
Merli G. (1990), Comakership, Torino, ISEDI.
Micelli S. (2000), Imprese, reti e comunità virtuali; Etas, Milano.
Montanaro D. (2000), Internet: verso la concorrenza perfetta?, L’industria n°3/2000.
Perretti F. (2000), La grande sfida dei contenuti, in AA.VV., Net Economy, Etas, Milano.
Tagliaventi M.R., Zanoni A. (1998), Cooperation between Customer and Supplier: An Appraisal
of Structural and Relational Determinants, in Capaldo G., Esposito E., lo Storto C., Raffa M.,
Supply Management, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli.
The Economist (2000 a), A survey of the new economy, 23/9/2000.
The Economist (2000 b), A market for monopoly?, 17/6/2000.
The Economist (2000 c), b2b exchanges. The container case, 23/9/2000.
Thompson I., Anderson L. (1997), Optimal Contracting Strategies in Construction, Proceedings
of The 6° International Annual IPSERA Conference, Ischia, 24-26 marzo 1997.
Watson R.T., Berthon P., Pitt L.F., Zinkhan G.M. (2000), e-commerce e impresa, McGraw-Hill
Italia, Milano.
Williamson O.E. (1975), Markets and Hierarchies: Analysis and Antitrust Implications, New
York, The Free Press.
Williamson O.E. (1979), Transaction Costs Economics: The Governance of Contractual
Relations, Journal of Law and Economics, n°22.
Womack J.P., Jones D.T. e Roos D. (1990), The Machine that Changed the World, New York,
Rawson Ass.
Womack J.P., Jones D.T (1996), Lean Thinking, New York, Simon & Schuster.
Wong E.S., Then D. e M. Skitmore (2000), Antecedents of trust in intra-organizational
relationships within three Singapore public sector construction project management agencies,
Construction Management and Economics, n°7, ottobre- novembre.
.
11