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In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio P. T. Brescia C.M.P.,
detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa
2007 OTTOBRE n. 9
Per tutto il mondo
Ogni chiesa deve pensare all'umanità
Missione è sintonia
O
rmai non ci
fa più impressione vedere
dei preti africani o
indiani che svolgono il loro servizio pastorale nelle nostre parrocchie italiane. Sembra si
stia realizzando quello che
qualche anno fa
veniva evocato
come un possibile rimedio
al progressivo
calo delle vocazioni sacerdotali nelle nostre chiese: verranno dall’Africa
ad evangelizzare le terre del
vecchio continente europeo.
Allora sembrava una cosa remota. Oggi è una realtà in progressiva realizzazione. Senza cedere a previsioni catastrofiche,
dobbiamo riconoscere che questa circolazione dei ministri ordinati tra i vari continenti risponde a una logica di chiesa che viene ancora dal vangelo e che dopo il concilio è stata apertamente
riconosciuta e sostenuta: la “comunione tra le chiese”, il fatto
cioè che nessuna chiesa è chiusa
su se stessa, ma deve aprirsi alle
chiese sorelle.
“Andate a tutte le genti”
Il messaggio del Papa per la
giornata missionaria mondiale
di quest’anno lo dice con un titolo significativo: “Tutte le chiese
per tutto il mondo”. In altre parole, Benedetto XVI ricorda a tutti
l’importanza dell’azione missionaria della chiesa e il comando
inequivocabile e permanente del
Signore: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo”.
Questo comando per tanti secoli è stato affidato alla responsabilità del Papa che inviava in
missione i religiosi e, in particolare, i missionari appartenenti
agli istituti fondati proprio per la
missione tra i non cristiani. Oggi il Papa estende a tutte le chiese locali il compito missionario,
perché si sentano responsabili
dei non cristiani, e non solo dei
cristiani; perché si preoccupino
della salvezza del mondo intero.
UN'INIZIATIVA PIù CHE BUONA
Giornata della notizia missionaria
p. MARCELLO STORGATO, sx
R
icevo una lettera con una
richiesta urgente e... insolita: “Il gruppo missionario
della mia parrocchia vuole proporre alla comunità cristiana
una giornata di informazione e
di riflessione sulla stampa missionaria, conoscendo il grande
contributo che questa dà al valore evangelico della missionarietà. Perciò chiedo di fornirci
di varie copie delle vostre riviste, da presentare e distribuire
alle famiglie e ai giovani. Grazie”. La lettera è firmata dal
parroco di “San Giuseppe” in
Vicenza, don Ferdinando.
In piena sintonia, sono rimasto sorpreso ed emozionato dalla richiesta. La stampa
missionaria esiste ed è
un “valore aggiunto” all’interno del fenomeno
dell’informazione. Noi ci
crediamo e vi dedichiamo tutte le nostre modeste energie. Ma di fronte
alla nostra “fatica” per
un’informazione verace
e planetaria, a volte ci
domandiamo: “Ci leggono? Ci conoscono?”.
Nell’inviare le nostre riviste - “Missionari
Saveriani”, “Missione
Oggi”, “Cem Mondiali-
tà”, “Missione Giovani” -, ho
chiesto al gruppo missionario
di farmi sapere com’è andata, cosa hanno fatto, come ha
reagito la gente... Praticamente, durante tutta la “giornata
della notizia missionaria”, un
bel gruppo di volontari è rimasto a disposizione della gente
per parlare e conoscere i loro
interessi, presentare le riviste
e farne omaggio, invitandole
ad abbonarsi. Ognuno ha avuto modo di vedere e prendere
in mano, sfogliare con calma e
scoprire la quantità e la serietà
delle informazioni pubblicate.
Come e perché leggere? Presentando alcuni temi importanti trattati dalle riviste, nelle
omelie della Messa il sacerdote ha insistito sull’importanza
di informarsi: “Conoscere è il
primo passo per sapersi orientare nella nostra società che
è in continuo movimento. La
stampa missionaria è una voce
alternativa. Racconta ciò che
gli altri non raccontano; offre
quel punto di vista che ci aiuta
a capire meglio e a fare le scelte giuste”.
“Abbiamo avuto la conferma - scrive la presidente del
gruppo missionario - che solo
pochi dei nostri parrocchiani
conoscono le riviste missionarie
e comunque, ne hanno una conoscenza limitata. Con questa
iniziativa, li abbiamo aiutati
a riflettere sull’importanza di conoscere le
realtà del mondo dal
punto di vista evangelico, per la loro formazione e crescita rispetto
alle responsabilità che
ogni cristiano ha verso
l’umanità intera. Pensiamo che sia stata una
buona iniziativa”.
Più che buona! Ottima, direi! Perché non
ripeterla in ogni parrocchia, almeno una volta
l’anno?
■
Abbonamento annuo € 8,00
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Poste Italiane. Sped. A.P. D.L. 353 03 (conv.
L.27/02/04 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia.
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dal contributo che essi offrono,
rientrando in diocesi dopo il loro servizio. Essi infatti aiutano il
rinnovamento della vita pastorale delle loro chiese.
p. Gabriele Ferrari, sx
Per donare la fede
Questa nuova consapevolezza è stata messa a fuoco qualche
anno prima del concilio da papa Pio XII che, nel 1957 (esattamente cinquant’anni fa), ha scritto l’enciclica “Fidei donum”, invitando le chiese a dare una mano ai missionari per evangelizzare l’Africa. Da allora un bel numero di preti (chiamati appunto
“Fidei donum”) - e con loro, dei
religiosi e dei laici delle antiche
chiese - hanno cominciato a lavorare nelle missioni.
Questa cooperazione è stata consolidata dal concilio Vaticano II, che ha messo in rilievo
la responsabilità missionaria di
ogni chiesa locale, sia di antica
che di recente fondazione.
La missione porta vitalità
Oggi il papa Benedetto XVI
richiama il dovere di continuare
su questa linea di collaborazione, malgrado le difficoltà oggettive in cui si trovano le chiese locali, perché la missione continua
a essere attuale e urgente.
Certo i problemi che affliggono oggi molte chiese, che vedono
i loro preti invecchiare e diminuire di numero, potrebbero indurre a ridurre o chiudere esperienze missionarie di questo tipo; ma
sarebbe un vero peccato. Infatti
le chiese che, malgrado la scarsità del clero, continuano a inviare
in missione alcuni dei loro preti,
non solo vedono crescere la loro vitalità, ma vengono ringiovanite dal gesto generoso dei preti “Fidei donum” che partono e
Siamo ancora all’inizio...
Nel suo messaggio, il Papa
non manca di richiamare il bisogno urgente di missionari “per
orientare ed evangelizzare le trasformazioni culturali, sociali ed
etiche; per offrire la salvezza di
Cristo all’uomo del nostro tempo, in tante parti del mondo umiliato e oppresso a causa di povertà endemiche, di violenza e di
negazione sistematica dei diritti umani”.
“La missione è ancora all’inizio!”, diceva Giovanni Paolo II.
E noi, missionari di professione,
sappiamo che l’aiuto dei preti
“Fidei donum” e delle loro chiese non è solo necessario perché
la messe è abbondante, ma anche perché il mescolarsi delle
forze rivela anche la natura profonda della chiesa, che è comunione all’interno e all’esterno di
se stessa. Questa vera comunione ha la sua radice nella Santa
Trinità.
In questo modo la missione
rivela il vero volto di Dio, che
è comunione, e raggiunge ogni
persona umana, che ha bisogno
di superare la sua solitudine e di
sentirsi oggetto di amore e di attenzione da parte di Qualcuno
che sia veramente in grado di
amarla.
■
La missione è sintonia - Andando ad annunciare il vangelo, il missionario sa che la sua vita è legata a
quella della gente che lo ospita, nella buona e cattiva sorte.
Nella foto, p. Bordignon accompagna la celebrazione dei cent’anni di
evangelizzazione a Bukavu.
2007 ottobre n.
ANNO 60°
9
2
Da Kinshasa per il mondo
3
Bukavu: cent'anni di vangelo
4/5
Diamo forza ai sogni
6
Competizione nella missione
La parte migliore della missione
Anche i genitori sono missionari
Chi ha accolto il vangelo, lo annuncia
Padre Bossi: “Fatevi rapire dagli ideali!”
2007 OTTOBRE
mi s s ione e s pi rito
L’icona della missione
Competizione nella missione
Se la schiava del pitone dice la verità
uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunciano la via della
salvezza”. (Atti 16, 16-24)
Dopo Saffira e Lidia, un’altra
donna che parla, ma è anonima.
Luca dice solo che era una schiava indovina. È un avvenimento
curioso. Immaginiamo di ascoltare il racconto direttamente dai
personaggi coinvolti.
La schiava profetessa. Ero
una schiava privilegiata: non
facevo lavori pesanti; non ero
castigata; non ero abusata. Anzi,
ero trattata bene, perché proferivo oracoli e i miei padroni ci
guadagnavano bene. In sostanza,
facevo l’indovina, ero una veggente, una profetessa.
Quando incontrai Paolo e Sila,
lo spirito mi rivelò che “erano
servi di Dio e annunciavano la
salvezza”. Cominciai a seguirli.
Non per curiosità o interesse, ma
perché volevo essere discepola di
Paolo. Quelle parole erano la mia
professione di fede. Ma Paolo si
arrabbiò ed espulse lo spirito. Mi
sentii svuotata, smarrita, come se
avessi perso qualcosa di intimo.
Hanno scritto che ero stata
liberata da un demonio; ma io
non ero indemoniata. Tutto il resto è stato un litigio fra uomini.
I padroni diventarono belve e mi
scacciarono, perché non servivo
più, e nessuno si è mai chiesto
dove sia andata a finire...
Quando Paolo si irritò, ci fece
piacere. Ma invece di scacciare
lei, cacciò via lo spirito, e il nostro lucro evaporò. Ci vendicammo di loro e ci liberammo della
schiava, perché non serviva più.
Paolo il missionario. A Filippi
io e Sila eravamo ospiti in casa di
Lidia. Quando quella donna cominciò a seguirci e a gridare, mi
informai. Seppi che era una schiava invasa dallo spirito di Apollopitone e che i suoi padroni si arricchivano con i suoi oracoli.
Non potevo negare ciò che gridava: era la verità! Ma alla fine
mi sono stancato. Quella donna
richiamava l’attenzione su di noi
e sul nostro annuncio, ma anche
su di lei e sul falso idolo. Eravamo in concorrenza! E poi, in
quella città romana era proibito
fare proseliti. Perciò, in nome di
Gesù, ordinai allo spirito di uscire da lei. Liberai la schiava, ma
attirai l’ira dei padroni.
Lidia, la commerciante. Che
bei tempi quando Paolo e Sila
erano ospiti in casa nostra! Ma
I padroni della schiava. Quella schiava rendeva molto. Spendevamo un po’, ma valeva la pena! Quando cominciò a seguire
quei due stranieri, l’avvertimmo:
lo spirito pitone poteva offendersi
e abbandonarla! Ma lei continuò.
LA PARTE MIGLIORE
DELLA MISSIONE
p. ALFIERO CERESOLI, sx
manca. Sento una profonda nostalgia della sua presenza
M iogni
volta che entro nella nostra chiesetta. Non lo vedo più
là, seduto, una mano sull’altare e lo sguardo al tabernacolo, reci­
tando preghiere a mezza voce. Padre Roberto Beduschi ha lascia­
to un vuoto grande. Eppure qui, nel nostro noviziato in Brasile,
non aveva incarichi speciali; misurando con il metro della produ­
zione, non faceva niente. Ma è proprio questo “niente” che fa la
sua grandezza evangelica.
Nei suoi 60 anni di sacerdozio missionario ha tanto lavorato, ha
fatto tante cose; sopratutto ha evangelizzato con la parola, entu­
siasta e convincente. La sua catechesi era sempre ben preparata,
con appunti precisi e aneddoti popolari. Insomma, ha fatto il mis­
sionario davvero, in Italia e in Brasile, nel servizio alle comunità cri­
stiane e nell’annuncio ai non cristiani e anche negli impegni di for­
mazione di giovani che si sono consacrati a Dio per la missione.
La gente lo ricorda per tutto quello che ha fatto; ed è giusto. Io
però preferisco ricordarlo nel giorno in cui p. Roberto ha preso co­
scienza di non poter più “fare”: le parole uscivano sconnesse, il di­
scorso incomprensibile; la debolezza non gli permetteva di celebra­
re in pubblico... Si ritirò nel silenzio di questo noviziato. Con sereni­
tà, senza rimpianti o recriminazioni, come se nulla fosse cambiato.
Eppure all’esterno tutto era cambiato: non più Messe in chiese stra­
colme di gente; non più corsi di formazione pastorale; non più visite
a famiglie e malati; non più costruzione di chiese; non più... Ma in lui
era rimasto “il più”: il suo essere missionario e sacerdote, il suo essere
consacrato e appartenente al Signore. Non faceva più opere da mis­
sionario, ma continuava a essere missionario; anzi, a essere missione.
Aveva capito e viveva una delle grandi intuizioni mistiche e pro­
fetiche del beato Conforti: la consacrazione è missione! Compresi
meglio tutto questo quando p. Roberto un giorno mi disse: “Ve­
di, fino ad ora ho cercato di essere missionario nell’attività, come
san Francesco Saverio; ora continuo a essere missionario cercando
di fare missione come santa Teresina di Gesù Bambino”: silenzio,
contemplazione, preghiera.
Ce lo siamo ripetuti tante volte: essere, prima e più del fare. Ma
continuiamo a dare tanta importanza a ciò che si fa. Certo, è ne­
cessario agire, inventare, costruire... Guai però a dimenticare che
vi è qualcosa e Qualcuno di più importante: lo Spirito Santo, prota­
gonista della missione. Guai a cadere nel troppo affannarsi di Mar­
ta, dimenticando che ciò che fa la missione è “la parte migliore”.
Ora che non lo vedo più il padre Roberto, aggrappato all’altare,
rannicchiato davanti al tabernacolo, sento che questa è stata la sua
parte migliore, la sua più vera missione, anche quando con entusia­
smo “esagerato” si impegnava in mille faccende apostoliche.
■
disturbi psichici.
Quando uscii di casa, la città
era in tumulto. I padroni si erano
vendicati. Paolo e Sila erano in
prigione e la schiava era sparita,
svanita nel nulla. Cominciai a
cercarla. La trovai in una viuzza,
buttata là. L’abbracciai e la portai a casa; le offrii di far parte del
nostro gruppo di commercianti
di porpora. Noi donne comprammo la sua libertà. Allora davvero
divenne libera. “Liberare” è più
di cacciare i demoni; è offrire
una nuova opportunità di vita.
Ma chi si preoccupa di questo?
Lo so che negli Atti non c’è
il racconto di Lidia. È un mio
sogno: ho sognato l’utopia dell’amore tra sorelle che praticano
la solidarietà. Lidia era una donna capace di questo. Ma Luca,
ancora una volta, si è dimenticato di interessarsi della vita e del
futuro delle donne.
■
PER CONTINUARE A RIFLETTERE
• Rileggi il brano di Atti 16,16-24 e cerca di immaginare i pensieri di
altre persone che possono aver osservato gli avvenimenti.
• Cosa pensi di questo racconto di Luca? Come descriveresti questi
avvenimenti?
• C’è diversità tra la schiava e le “indovine” di oggi? Come ci si com-
Paolo e Sila arrestati per aver scacciato
lo spirito dalla schiava indovina
porta oggi con le “donne indovine”? Cosa sarebbe meglio fare?
La missione CHIAMA
Con occhi e cuore di Gesù
CARISMA è MISSIONE
2
Manoscritto, sec. XIV, Vaticano
giovane schiava seguiva
U naPaolo
e gridava: “Questi
tea FRiGERIO, mM
un giorno Paolo tornò nervoso:
una schiava che aveva lo spirito
di Apollo-pitone li aveva seguiti e voleva essere discepola. Mi
rallegrai e pensai: che bello avere
con noi una profetessa! Sarà una
ricchezza per la comunità cristiana! Ma non tutti pensavano
come me. Alcuni dicevano che
la schiava voleva competere con
Gesù. Altri dicevano che non era
bene che una visionaria si mettesse al seguito dei missionari...
Cominciai a preoccuparmi. Era
proibito fare proselitismo e la
faccenda poteva richiamare l’attenzione delle autorità.
Purtroppo, il peggio avvenne e
fu proprio Paolo a far precipitare
le cose. Qualcuno venne a riferirmi: “La schiava è stata liberata!”. “Liberata dalla schiavitù?”,
domandai. “No, dal demonio”,
mi risposero. Ma la schiava non
era indemoniata! La conoscevo
di vista, non aveva malattie né
C
ome vede Gesù l’umanità di oggi? Guardando il
Crocifisso risorto, ho la certezza
di un amore senza limiti per ogni
uomo e donna, per ogni popolo
della terra; di un dono (grazia) per
l’umanità che supera il buio, le
chiusure e le frammentazioni con
cui essa si presenta. “Anche se i
monti e i colli vacillassero, non si
allontanerebbe da te il mio affetto,
né vacillerebbe la mia alleanza di
pace, dice il Signore” (Is 54, 10).
Gesù ci ripete: “Andate, dite
a tutti che Dio è Padre, vi vuole liberi davvero”. È una buona
notizia! Siamo tutti suoi figli,
fratelli e sorelle, capaci di amare. In Gesù, Dio ha manifestato
il suo amore, il vangelo di una
vita nuova per ogni creatura. È
un annuncio unico per la proposta che fa all’uomo d’oggi di “liberare la sua libertà”
dall’incubo del nulla e dalla
frammentazione. È la grazia
per il nostro tempo.
Conversione significa entrare nel “grande sì” che Dio in
Cristo Gesù ha detto all’uomo.
Egli conosce le nostre povertà,
i nostri vuoti, il nostro peccato; ma anche i desideri migliori del nostro cuore, il bisogno
di amicizia vera, di imparare a
vivere da fratelli, di cogliere il
senso della vita. Mi interrogo:
“Ho per il mondo la sym-matéia
(com-passione) di Dio?”.
A questa umanità Gesù manda
i suoi discepoli, dai vari angoli
della terra verso tutta la famiglia
umana. “Tutte le chiese per tutto
il mondo”, è il messaggio di Benedetto XVI. “La missione della
Chiesa - egli ricorda - è più vasta della comunione tra le chie-
p. siLVIO TURAZZI, sx
se; questa deve essere orientata
anche e soprattutto alla missionarietà specifica. Tutta la chiesa
e ciascuna chiesa (sacerdoti e
laici) è inviata alle genti”.
La missione non è legata a una
nazione particolare, ma al cuore
stesso di Dio, al suo spirito. “Lo
Spirito del Signore è sopra di me:
mi ha consacrato e mi ha mandato per annunciare il lieto messaggio ai poveri…” (Lc 4, 18).
La missione di Gesù continua
nell’itineranza evangelica dei suoi
discepoli, vissuta nella condivisione, nella testimonianza, nella
comunicazione serena del vangelo. I segni che li accompagnano
sono il perdono e la riconciliazione, il servizio umile e gratuito, la
persecuzione e il martirio.
Il dolore di tanta gente, l’attesa
INTENZIONE MISSIONARIA
E PREGHIERA DEL MESE
La giornata missionaria
mondiale susciti una sempre
più profonda coscienza missionaria in ogni battezzato.
I cristiani che si trovano in
situazione di minoranza ab­
biano il coraggio di vivere la
fede e di testimoniarla.
Conforti: ”Lavoriamo con ar­
dore alla diffusione del
vangelo”.
di una luce per chi vive nel buio,
l’aspirazione a una vera liberazione, sono i motivi dell’urgenza e dell’importanza dell’azione
missionaria. Anche e soprattutto
nel nostro tempo, che ci impegna
a superare barriere (culturali, politiche, economiche) e a inventare rapporti di umanità adatti per
una comunità mondiale.
“Tocca a voi - scrive il Papa ai
cattolici cinesi - andare nel mondo e annunciare il messaggio dei
dieci comandamenti e delle beatitudini”. Tocca a noi, discepoli
del Signore tra i popoli dell’Asia,
dell’Africa, delle Americhe, dell’Europa, fare reciprocamente e
a tutti il dono dell’annuncio del
vangelo. “Andate e ammaestrate tutte le nazioni. Io sono con
voi...” (Mt 28, 18-20).
Abbiamo ancora davanti agli
occhi le immagini dell’incontro del Papa con i giovani a
Loreto. Non ha fatto sconti. Ai
giovani dell’Italia e del mondo
egli ha detto di aprirsi a Dio,
che conosce “i volti e i nomi”
di ciascuno. Poi la testimonianza viva di p. Giancarlo Bossi:
ha commosso tutti con la sua
umiltà e semplicità. Ha parlato
da vero discepolo - missionario, che riversa la luce del suo
Signore sul popolo che ama e
con cui cammina, manifestando il cuore della rivoluzione cristiana: voler bene semplicemente, fino a dare la vita. Continua
così la missione dell’apostolo
Paolo, “vecchio e anche prigioniero per Gesù Cristo”.
Grazie Signore, perché ci hai
chiamati a diventare tuoi discepoli. Per il mondo.
■
2007 OTTOBRE
V I TA SAVERI ANA
Da Kinshasa per il mondo
Otto saveriani d'Africa, fratelli universali
ci avvertono:
A ll’aeroporto
“L’aereo è in ritardo. Ma
non preoccupatevi; partirà, anche se la pista non è illuminata”. Pazienti e fiduciosi, in piedi
per ore, privi di qualsiasi ristoro,
guardiamo il cielo e tendiamo
l’orecchio. L’aereo “Bravo DC
9” atterra finalmente alle 17,45.
I viaggiatori scendono numerosi, gli scaricatori si affrettano a
deporre i bagagli in arrivo e a sistemare i nostri in partenza. Tutto fa sperare…
Ma veloce scende la notte.
Gli uffici dell’aerostazione sono senza luce e noi passeggeri ci
agitiamo nel buio. Il pilota spegne i motori e i fari. Qualcuno
grida: “La partenza è aggiornata
a domani, alle ore 9”. Che fare?
Dove passare la notte? La città
di Bukavu è a 35 chilometri.
Noleggiamo un pulmino. Dopo 2 chilometri, il motore manda
fuori fumo e vapore… Cerchiamo
un’auto-taxi. A metà tragitto, arriva una foratura. Fatalità, l’autista
non ha la chiave per svitare i bulloni… In simili occasioni è con-
sigliabile fissare lo sguardo verso l’orizzonte, inseguire l’infinito, dove, i problemi del presente
si perdono nell’eterno immenso.
La capitale è migliorata
Finalmente arriviamo a Kinshasa, la capitale della repubblica democratica del Congo: nove
milioni d’abitanti! Percorriamo
la strada principale, dall’aeroporto al centro città. La popolazione in cammino forma due cortei
ai lati del grande viale. I numerosi camion, autobus, minibus, taxi,
moto... si sorpassano allegramente a sinistra e a destra. A metà del
percorso, compare il gigantesco
“mercato della libertà”, con una
concentrazione di gente e di merce in continuo movimento. Una
manifestazione vivace e colorata
di vita e cultura africana.
A Kinshasa il terreno è sabbioso, il clima è caldo, il traffico
è caotico. Dormiamo con la zanzariera; respiriamo una polvere finissima scura che si deposita dappertutto; la musica ci accompagna
fino a tarda notte… Dopo l’ulti-
p. giuseppe dovigo, sx
ma mia visita nel 1992, la città è
cambiata in meglio: più ordinata,
più pulita, più educata. I vigili sono numerosi, fanno il loro mestiere e dirigono l’ingovernabile.
Le strade sono migliorate, i semafori funzionano, i canali di scolo sono puliti. Il treno va e strombazza: non ha porte e finestre, ma
la gente non cammina più sui tetti delle carrozze, come una volta. Con p. Giovanni Pes, vado all’ambasciata italiana, incontro il
nunzio, visito due parrocchie e
alcune parti della città...
“Voglio crescere in amore”
Ma lo scopo del mio viaggio
è quello di presiedere, a nome
dell’istituto saveriano, la prima
professione religiosa missionaria di otto giovani: tre camerunesi e cinque congolesi. Per me,
è un’esperienza nuova di… paternità! I giovani hanno vissuto
l’anno di noviziato saveriano, in
un quartiere di Kinshasa.
Lunedì 13 agosto con il “maestro” p. Mario Sciamanna, partecipo alla loro giornata di ritiro spirituale su una collina della
Otto giovani di Congo e Camerun sono diventati saveriani
il 15 agosto 2007, a Kinshasa
capitale, da dove si ha una bella
panoramica della città e del fiume Congo. Nel pomeriggio, viviamo un simpatico momento di
incontro e di comunione.
La celebrazione del 15 agosto si
svolge nella chiesa di San Bernardo, dove lavorano p. Gianni Brentegani e p. Pier Agostinis. Nell’omelia, leggo alcune frasi che i
giovani novizi hanno scritto nella loro richiesta per diventare saveriani. Uno scrive: “Affascinato
dall’amore senza limiti che Gesù
ha per me, voglio crescere in questo amore. Perciò desidero con tutto il mio cuore dedicarmi all’impegno missionario ed evangelico:
fare del mondo una sola famiglia
di fratelli che si amano”.
Le mie raccomandazioni
Ho per loro alcune raccoman-
dazioni: “ Siete invitati a superare ogni pregiudizio di razza, colore o tribù. Dovrete avere la spiritualità dei pellegrini. Viaggerete per entrare nel cuore di Dio e
nella casa degli uomini, per vivere e trasformarvi in fratelli
universali. Per alcuni anni, studierete teologia vivendo fianco
a fianco con amici di vari paesi
e continenti. Le vostre comunità internazionali saranno un’immagine della diversità del mondo; e la combinazione dei colori
esprimerà speranza per l’avvenire del mondo”.
In questi giorni, i nuovi saveriani sono già dispersi in vari
paesi del mondo: Aimé a Manila; Roger e Pierre a Parma; Gilbert e Serge a Città del Messico; Augustin, Thierry e Crispin a
Yaoundé…
■
LAICATO SAVERIANO
Anche i genitori sono missionari
Nell’impegno missionario dei figli sono coinvolti anche i
genitori. Si apprezza la loro vicinanza ancor più quando ven­
gono a mancare. Il 3 agosto scorso è morta la signora Lina
Salvati in Giannattasio; l’11 agosto è morto il signor Matteo
Marano. Ambedue di Salerno, erano genitori di missionari.
Presentandone un breve profilo, riconosciamo il loro affetto
alla famiglia e la loro dedizione alla missione.
Lina, mamma missionaria
Una donna piccola e riservata, ma con
un carattere forte e deciso, che le aveva
consentito di tirare avanti la famiglia an­
che dopo la scomparsa dello sposo Loren­
zo, ben 21 anni prima. Dei cinque figli,
uno è missionario saveriano, attualmen­
te a Brescia; due sono attivi nel “laicato
saveriano”. I figli la chiamavano “grande
madre” e “formichina”.
Come “madre”, aveva educato i figli ad
Mamma Lina Salvati
essere persone libere, nelle loro scelte di
in Giannattasio
lavoro e di servizio all’umanità, secondo i
valori cristiani che lei stessa viveva. Capitava a volte che gli im­
pegni portassero a trascurare un po’ la madre, ma non se ne
lamentava: capiva, si teneva informata, incoraggiava.
“Formichina” è un nome strano, ma esprime bene il suo
instancabile lavoro: risparmiava, senza rinunciare a una vi­
ta decorosa con i figli, perché con poco sapeva fare cose stu­
pende. Sapeva valorizzare le cose e soprattutto il tempo di
ogni giornata, vivendo con serietà e serenità tutti i suoi im­
pegni, anche i più semplici. Il suo affetto e i suoi consigli era­
no profondi, ma sempre discreti.
Quando il figlio Rosario è diventato saveriano, mamma Li­
na ha accolto nel suo cuore anche la famiglia saveriana, se­
guendo con la preghiera e l’affetto il figlio e tutti i missiona­
ri, vicini e lontani. Era una lettrice assidua di “Missionari Sa­
veriani”; ne commentava gli scritti e li raccontava ai vicini.
Matteo, papà missionario
La figlia Angela, laica saveriana di
Salerno, era missionaria a Goma, in
Congo. Era dovuta tornare a casa per
assistere il papà di 82 anni. Lo ricorda
così: “Al crepuscolo della vita mi hai
donato l’ultimo bacio, tra il sudore e
il dolore. Per me hai vissuto di speran­
ze e fatiche, a sostegno e guida. Sei
stato il faro nel momento delle deci­
sioni. Ci hai amato e hai amato la vi­
Papà Matteo Marano
ta. Hai coltivato la bellezza del lavo­
ro e dei suoi frutti, e ne hai gustato il sapore. Hai avuto fede
e hai compreso l’impegno e la gioia del dono; perciò mi hai
accompagnata nella partenza.
Grazie, papà. Ora nel silenzio, sei tra le braccia del Padre
celeste. Nell’attesa… il tuo sorriso rimanga impresso nei no­
stri occhi e le mie lacrime siano come rugiada sulle foglie del
primo mattino”.
DAL BRASILE AL CIELO
Il Signore della vita ha chia­
mato a sé altri due saveriani,
durante l’estate. Ambedue
erano missionari in Brasile: p.
Adolfo Codini di Roma e p.
Roberto Beduschi di Rivarolo
Mantovano.
Padre Adolfo Codini è im­
provvisamente deceduto il
mattino del
23 luglio,
nella casa
saveriana di
Madrid. Sta­
va tornando
in Italia per
un periodo
di riposo;
aveva pro­
grammato una breve visita alla
città di Madrid. Quel mattino
aveva il volo per Roma e i suoi
familiari si stavano dirigendo
all’aeroporto per accoglierlo,
quando hanno ricevuto la tri­
ste notizia. Aveva 69 anni. È
stato sepolto a Sasso Cerenova,
vicino a Cerveteri (RM), accan­
to a mamma Ester, che aveva
assistito fino alla morte. Padre
Adolfo, fin da giovane, amava
molto viaggiare, visitare nuovi
luoghi, incontrare persone, co­
noscere le culture. È morto co­
me “viaggiatore pellegrino”.
Padre Roberto Beduschi, 86
anni, è morto a Campinas (Bra­
sile) il 28 lu­
glio scorso,
per ictus ce­
rebrale. Dal
seminario
di Cremo­
na, era di­
ventato sa­
veriano a
19 anni. Di­
venuto sacerdote nel 1946, ave­
va lavorato per 27 anni in Ita­
lia con diversi incarichi, tra cui
come direttore di “Missionari
Saveriani” (dal 1951 al 1960).
Gli altri 34 anni della sua vita
li aveva spesi in Brasile. Gran­
de catechista ed evangelizzato­
re, aveva la dote di aggiornarsi
continuamente e di comunica­
re il vangelo con profondità ed
entusiasmo. Si era dedicato an­
che agli aspetti sociali della vi­
ta della gente più povera, nelle
favelas brasiliane. Instancabile
missionario, aveva per motto:
“seminare, seminare, semina­
re!”.
■
VANGELO IN
LINGUA MUSSEY
Anche i mussey, una popola­
zione di circa 200mila persone
che vive in Ciad e in Camerun,
possono leggere finalmente il
Nuovo Testamento nella loro
lingua. Il duro lavoro di tra­
duzione è stato fatto da Jean
Wihawna, un laico ciadiano,
con l’appoggio e la revisione
dei saveriani spagnoli e italia­
ni, missionari tra i mussey.
Il volume (685 pagine, so­
lidamente rilegate) è stato
stampato dall’editrice “Verbo
Divino” di Estella, in Spagna,
in 11mila copie, già inviate in
Ciad. Alla spesa complessiva di
43.500 euro, hanno provvedu­
to, tra gli altri, l’ufficio POM di
Madrid, e amici dei missionari
saveriani di Spagna e Italia, tra
cui i gruppi di Desio (MI), Ghe­
di (BS) e Cantù (CO).
I missionari sono felicissimi
per questo inestimabile dono:
“Il vangelo è stato annunciato
a questo popolo per 50 anni;
ma ora la gente potrà leggere
e gustare la Parola di Dio diret­
tamente nella loro lingua. ■
NUOVA DIREZIONE
IN SPAGNA
I saveriani della Spagna si
sono riuniti in assemblea capi­
tolare a Madrid, dal 4 al 7 set­
tembre, con la presenza del su­
periore generale p. Rino Benzo­
ni. Gli 11 saveriani, tutti coinvol­
ti nell’animazione missionaria
e vocazionale, hanno riflettuto
su una possibile ristrutturazione
della loro presenza, tenendo
conto del loro numero limitato
e della situazione sociale ed ec­
clesiale della Spagna.
È stata anche eletta la nuova
direzione, così formata: p. Giu­
seppe Cisco è stato conferma­
to superiore per la terza volta;
suo vice è p. Luis Pérez, mentre
p. Mario Mula, p. Carlos Collan­
tes e p. Antonio Serrano sono
consiglieri. Padre Cisco ha com­
mentato: “Sono stato un po’
...matto, ad accettare per la
terza volta! Chiedo a tutti una
preghiera, perché possa svolge­
re un buon servizio”.
■
La nuova squadra, da destra: p. Pérez, p. Serrano,
p. Cisco, p. Collantes, p. Mula
3
NUOVO INIZIO
NEL CENTENARIO
DELLA CHIESA A BUKAVU
Saveriani in cammino con i congolesi
p. GIUSEPPE DOVIGO, sx
I
missionari saveriani arrivano nel Congo per la prima
volta nel 1958. Già dall’inizio, hanno una visione chiara del programma pastorale: fondare la chiesa là dove non
esiste. Hanno avuto come professore di teologia missionaria
il saveriano p. Danilo Catarzi, che è nominato primo vescovo
di Uvira nel 1962. Con lui, il gruppo è compatto e dedito a
una grande causa. Erigono parrocchie, costruiscono scuole e
si impegnano nella formazione dei seminaristi, degli agenti
pastorali, dei catechisti e dei responsabili di comunità.
Anni ’80: comunità di base e inculturazione
Alla guida dell’immenso Paese - che allora si chiamava Zaire - c’è il dittatore Mobutu, che consolida la sua dittatura con
l’ideologia dell’autenticità, mentre installa il partito-stato. I
vescovi nel 1979 intervengono con una dichiarazione - “Appello per il raddrizzamento della nazione” - e con la denuncia
del “male zairese”. Questo “male” consiste nella crisi profonda delle strutture e della morale della nazione. Il fossato tra
ricchi e poveri aumenta di giorno in giorno. La gente è delusa
e vive nella passività.
Anche i missionari saveriani espongono una denuncia del
“male”: “Questa nostra società ha perso il senso dell’uomo e
del bene comune, il senso della giustizia e del lavoro onesto,
il senso della verità e del rispetto della parola data” (1° capitolo saveriano congolese, 1970, n.26). Per rimediare, scelgono
come priorità la creazione delle piccole comunità cristiane, la
BUKAVU: CENT'ANNI DI VANGELO, IN ATTESA DI PACE
promozione umana, l’acculturazione del messaggio evangelico, l’attenzione particolare ai giovani…
Il gruppo di cristiani che, secondo la tradizione, il catechista dirige come un piccolo parroco, si trasforma in comunità
alternativa, dove tutti si sentono membra vive e svolgono i
vari piccoli compiti di servizio alla comunità. Noi missionari
incoraggiamo le piccole iniziative autonome e ci dedichiamo
alla formazione dei nuovi “ministeri”.
Per l’acculturazione valorizziamo l’Africa bella, l’Africa
della tradizione, il culto degli antenati, la gioia di vivere, lo
spirito di solidarietà, la cultura delle relazioni, la capacità di
dialogo, il non lasciarsi trascinare nella spirale della violenza… La differenza delle etnie e delle culture - come è stato
detto - “non è segno di sottrazione, ma uno scrigno di pietre
preziose”.
Celebriamo liturgie nuove con la “Messa zairese”. Parliamo
di teologia, di arte e musica africana. Crediamo nell’uomo e
nella donna di questo continente, per la tenacia nel ricominciare sempre da capo, per la fantasia e lo spirito d’iniziativa,
la creatività e il senso di dignità, l’ottimismo e la tendenza
a sdrammatizzare i problemi… Confidiamo nei giovani, che
sono numerosi (più del sessanta per cento della popolazione),
nella loro sete di sapere e nella loro speranza di futuro. Organizziamo le feste della gioventù e cicli di incontri formativi.
L’Africa manifesta un eros naturale, spontaneo e sincero,
un amore ascendente. Ha l’energia vitale. Vive nel desiderio e
veglia nell’attesa. Crede nel suo futuro.
foto archivio MS / G. Dovigo
Anni ‘90: primo sogno di democrazia
Dopo trent’anni di dittatura, si inizia a parlare di democrazia, un po’ sul modello dell’Europa dell’est, con la caduta del
muro di Berlino. Il parto è tormentato e laborioso. Richiede
cambiamento di mentalità e di comportamenti. Il
partito unico lascia spazio ad altri partiti. La società
civile prende il largo e si esprime con vigore. Nel
1991, la “Conferenza nazionale sovrana” è convocata per definire la nuova repubblica del Paese.
Mons. Monsengwo, vescovo di Kisangani e uomo
di grande senso di dialogo e imparzialità, è eletto
presidente della grande assemblea. C’è entusiasmo
e partecipazione. Ma il passaggio dalla dittatura a
una vera repubblica democratica non va in porto. A
Kinshasa, il 16 febbraio 1992, i cristiani, a partire
dalle loro rispettive chiese, manifestano per l’inattesa chiusura della Conferenza nazionale. Il presidente Mobutu reagisce con i militari e con centinaia
di uccisioni.
La chiesa locale, intanto, prende coscienza del suo
ruolo e della sua influenza. I preti diocesani a Bukavu
aumentano; gli agenti pastorali assumono responsabilità a tutti i livelli; noi missionari viviamo la missione
come esigenza di collaborare in modo complementaFolla di fedeli che partecipano attivamente all’Eucaristia, mettendoci anima e corpo...
re alle altre forze attive. Ci rinnoviamo;
ci sentiamo a servizio della chiesa locale; ci sforziamo di essere “democratici”, senza pretese di dominio culturale,
economico o ecclesiale.
15 settembre 1906, ore 14
Troviamo urgenti alcune priorità: far
Abbé EMILIO
conoscere l’insegnamento sociale della
L’abbé Emilio è l’attuale parroco della missione di Cichiesa; formare laici impegnati; favoribimbi - Nyangezi
re la partecipazione e la responsabilità;
denunciare le forze di oppressione e i
La missione “San Pietro” a Karhongo-Nyangezi è la
nuovi “centri di potere”. Nelle nostre
“missione madre” della diocesi di Bukavu. In realtà, la
parrocchie (ad esempio, la missione di
prima missione era a Lusenda, fondata nel 1901 sulle riCimpunda) organizziamo conferenze
ve del lago Tanganika. Ma poi questa è stata chiusa a
sui diritti del cittadino, sulla sicurezza,
causa della “malattia del sonno” e per la deportaziosul lavoro, sui compiti del sindacato.
ne schiavista, che distruggeva la popolazione. Lo spostamento di luogo avvenne nel 1906.
Spingiamo verso la crescita umana e
Nel 1905, i “padri bianchi” Auguste Léopold Hys e
spirituale, la partecipazione e la reLouis Verstraete arrivarono a Nyangezi per una visita di
sponsabilità.
ricognizione. Infatti, il sig. Staname, comandante della
Il presidente Mobutu ha instaurato la
zona Ruzizi-Kivu, aveva chiesto la presenza di missionalegge dell’arrangiarsi. Gli statali, i miri nel suo territorio. Il capo Nyangezi dona loro la collilitari, gli insegnanti…, non sono pagati;
na di Lukananda, e vi installano una croce. Da allora la
perciò si rifanno sui più deboli. Si crea
Il primo missionario del Kivu
collina ha preso il nome di “Calvario”.
p. Joseph Van Der Haeghe,
una mentalità di disonestà, di egoismo,
Il 3 settembre 1906, il missionario belga p. Joseph Van
morto l’8 novembre 1906
di insensibilità e di impunità. È consiDer Haeghe, inviato da mons. Roelens, lascia Lusenda per
derato “stupido” chi non approfitta del
Nyangezi e compie un viaggio di 12 giorni a piedi. È accompagnato da alcuni cristiani
ruolo sociale e dei beni pubblici.
della sua missione di partenza. Arriva a Nyangezi il 15 settembre 1906 verso le ore 14.
È necessario ripartire da una base siLa data del suo arrivo è ritenuta l’inizio ufficiale della missione “San Pietro”, nell’attuacura,
esistente: riappropriasi del vero
le diocesi di Bukavu.
passato
e assicurare la continuità alla
Nello svolgere la sua missione p. Joseph trova molte difficoltà: la diffidenza verso “i
tradizione. Non si può ignorare lo spebianchi” colonizzatori, la difficoltà della lingua mashi, le pratiche e i costumi locali in
cifico africano; non si può rinnegare se
contrasto con il vangelo, le malattie endemiche e mortali... Egli stesso muore di malaria
stessi. È necessario rendersi conto dell’11 novembre 1906, a soli 32 anni di età.
l’alienazione, misurarsi con la verità,
I missionari si sono subito distinti dai colonizzatori, rifiutando la protezione armata
capovolgere il mortificante processo di
e ogni brutalità. Si sono dedicati all’evangelizzazione con le scuole e il catecumenato,
corruzione, ritrovare se stessi, aprirsi al
con la vicinanza alla gente e i contatti con i capi dei villaggi, con l’assistenza ai malati e
futuro.
■
la formazione dei catechisti.
4
IL MISSIONARIO PIONIERE DI BUKAVU
KIVU: CHI HA ACCOLTO IL VANGELO, LO ANNUNCIA
p. MARCELLO STORGATO, sx
C
osì è iniziata una missione: con la morte del missionario pioniere, che è diventato “la prima pietra” della chiesa
cattolica in Kivu, ad est della grande nazione oggi denominata “Repubblica democratica del Congo”: 60 milioni
di abitanti sparsi su oltre 2,3 milioni di chilometri quadrati. Uno dei Paesi al mondo più ricchi di risorse minerarie, sulle
quali i poteri multinazionali esterni hanno da tempo fissato le loro brame, con la connivenza di persone “di casa”, che
si prestano al gioco.
La regione Kivu, sui “Grandi Laghi”, confinante con Ruanda e Burundi, ha assorbito molti missionari e missionarie in
questi cento anni di evangelizzazione. Nell’ultimo mezzo secolo, vi hanno contribuito anche i missionari saveriani, le
saveriane e i volontari laici, nelle attuali diocesi di Bukavu, Goma, Kasongo e Uvira.
Oggi questa chiesa d’Africa è diventata una chiesa missionaria: invia apostoli in altre nazioni, per annunciare ad altri
popoli il vangelo che essa ha ricevuto. Vi partecipano anche i missionari saveriani che, dagli inizi degli anni ‘80, hanno
accolto vocazioni congolesi, rivolgendo ai giovani l’appello del beato Conforti: “Non vi chiedo un obolo, ma qualcosa
di ben più grande. In nome di Dio, vi chiedo il sacrificio delle vostre giovinezze, del vostro ingegno, delle vostre energie
e degli affetti più legittimi e cari”.
Ad oggi, sono 28 i saveriani congolesi, di cui 13 già lavorano nelle missioni e 15 si preparano all’apostolato nelle varie
comunità internazionali di teologia. Uno di loro, p. Katindi Ramazani è oggi consigliere nella Direzione generale dell’istituto. In cent’anni, se n’è fatta di strada! Speriamo che il futuro riservi a questa nazione la pace.
■
Foto archivio MS / S. Benedetti
CENTO ANNI
PELLEGRINAGGIO DELLA SPERANZA
I nostri passi sulla via della pace
p. GIUSEPPE DOVIGO, sx
L
o avevamo programmato nel mese di novembre, e preparato con riunioni e preghiere. Finalmente il 17 gennaio, in una splendida giornata di sole, facciamo il pellegrinaggio a Lukananda, a 25 chilometri da Bukavu. È il luogo
storico dell’arrivo dei primi missionari cattolici nel Kivu, il
15 settembre 1906.
Siamo più di 500 pellegrini, presto al mattino, radunati nella chiesa parrocchiale per il via e l’augurio di buon viaggio. Il
piccolo piazzale e le strade vicine sono piene di bus, di tutte
le misure e di tutti i tipi. Ogni comunità di base ha trovato il
suo mezzo di trasporto.
Durante il viaggio, sono previste tre tappe, con letture bibliche e canti, in un clima di festa e di gioia collettiva. Alle 10
del mattino, la fila di autobus arriva in gran pompa nel piazzale della parrocchia di Cibimbi, la più antica missione della
diocesi di Bukavu.
Radunati nella chiesa, il parroco abbé Emilio ci accoglie
e racconta l’evento storico nelle sue fasi più commoventi. A
soli 57 giorni dal
suo arrivo, l’8
novembre 1906,
padre Joseph
Van Der Haeghe
muore di malaria. Il chinino allora non era ancora conosciuto.
“Sulla mia tomba - disse il missionario prima di
morire - voi fonderete la missione del Kivu. Il
mio corpo sarà
la prima pietra”.
Non è stato facile
vincere, allora, i
timori della gente: esisteva la diUna pietra, portata da un cristiano di una comuceria
che “i biannità di base, per costruire la Grotta della Vergine,
chi
mangiavano
i
sulla collina di Lukananda, in memoria
bambini neri”!
del centenario dell’arrivo del primo missionario
foto archivio MS / G. Dovigo
2007 OTTOBRE
Lukananda: la ripida scalinata che porta alla Grotta della Vergine
Cibimbi dista dalla collina di Lukananda qualche chilometro. Molti la raggiungono con un’ora di marcia a piedi e tutti
salgono i 192 gradini per raggiungere la sommità. Sull’altura,
in ricordo del centenario, stanno costruendo una Grotta, con
le pietre provenienti dalle 33 parrocchie e dagli istituti religiosi. Anche noi portiamo il nostro contributo: dieci sacchi di cemento per terminare la recensione dello spazio liturgico.
Nell’omelia, sottolineo il significato del nostro camminare:
siamo pellegrini per diventare cristiani, comunità e missione.
“Siamo pellegrini, soprattutto, di speranza, concludo. I nostri bambini, in tanti anni, non hanno mai visto la pace. Hanno pianto per guerre, morte, sofferenze, odio… Con la fiamma della speranza, facciamo rivivere l’amore e la fede. Dirigiamo i nostri passi sulla via della pace: il dialogo, la riconciliazione, l’educazione, la cultura, la condivisione dei beni del
paese, lo sviluppo del diritto, il rispetto per la vita e la dignità
della persona, la partecipazione...”.
Alla fine della celebrazione, a gruppi condividiamo il cibo
portato da casa. E un bel momento di fraternità.
Discendendo dalla collina, raggiungiamo il piccolo cimitero dove sono sepolti i primi missionari e i quattro fratelli spagnoli “maristi”, uccisi nel 1996, sgozzati e gettati nella fogna:
Miguel, Fernando, Servando e Julio.
In questa stagione delle piogge, contrariamente a ogni previsione, il sole ci accompagna nel viaggio di ritorno, nelle
emozioni profonde e nella gioia di vivere insieme.
■
2007 OTTOBRE
GUERRA E PACE
DIECI ANNI ORRIBILI DI GUERRA
Ma la gente ha una gran voglia di pace
p. GIUSEPPE DOVIGO, sx
P
roprio quando la società civile e le comunità cristiane
erano più impegnate per avviare un processo democratico nel Paese e ridare dignità e speranza alla nazione, arriva
l’indesiderabile tragedia.
1994-2002: orrore, smarrimento e martirio
Il Congo vive due grandi guerre senza fine, che hanno procurato circa quattro milioni di vittime, secondo i calcoli più
realistici e attenti. Con la tragedia del Ruanda, Bukavu a partire dall’aprile del 1994, diventa una città di rifugiati ruandesi, che si ammassano nelle periferie costruendo enormi baraccopoli. Bukavu e Goma, infatti, sono regioni confinanti con
il Ruanda.
La chiesa resta un punto di riferimento. Orienta la gente a
uscire da uno stato di confusione nel quale si trova. La sua credibilità cresce con il coraggio dei preti e dei laici, che rischiano fino a donare la loro vita. Ne nominiamo almeno alcuni:
mons. Munzihirwa Christophe, l’abbé Buhendwa Jean-Claude, i fratelli maristi Miguel Angel, Rodriguez Julio, De La
Fluente Fernando, Mayor Servando, Abbé Kakuja George…
Noi saveriani, a Bukavu e nelle altre diocesi vicine, viviamo
gli avvenimenti con sofferenze e umiliazioni, con solidarietà
e partecipazione, con iniziative di pace. Alcune missioni sono
prese d’assalto, derubate di tutto e abbandonate. Nella diocesi
di Bukavu, nella missione di Bunyakiri, i saveriani sono costretti a scappare insieme alla gente, a due riprese (nel 1996 e
nel 1998). In città, i saveriani rimangono come sentinelle, anche nei momenti più tragici.
Nell’assemblea annuale saveriana, facciamo una lettura di
fede dei tragici eventi. Ci esortiamo a partecipare alle sofferenze di Cristo e della gente, a purificare la nostra presenza
e azione da tutto ciò che non è essenziale, a eliminare i facili compromessi con i poteri forti del momento, a rafforzare la
fede in Gesù Cristo, unico liberatore e salvatore.
2003-2006: transizione e processo elettorale
Il 16 dicembre 2002, a Pretoria in Sudafrica, viene firmato
l’accordo globale sulla transizione nella repubblica democratica del Congo. In aprile 2003, a Sun City, è varata una nuova
Costituzione che prevede un periodo di transizione di due anni in vista delle elezioni.
Le elezioni, infatti, sono un evento mirabile di risurrezione e di indubbia crescita del paese. La gente ne è entusiasta e
riacquista la fiducia. Tutti si danno da fare per il buon esito. La
comunità internazionale finanzia. Gli osservatori europei partecipano in massa e stimano queste elezioni “libere, democratiche e trasparenti” (30 luglio e 29 ottobre 2006).
La chiesa intera del Congo, in questi anni, svolge una funzione importante e indispensabile. L’abbé Apollinaire Malumalu, con la sua forte personalità, guida la commissione elettorale indipendente.
A Bukavu, noi missionari siamo in prima fila. Nelle parrocchie organizziamo incontri, introduciamo la conoscenza dei
vari partiti, distribuiamo fogli di formazione e di informazione nelle piccole comunità di base, esponiamo in bacheche articoli della stampa per facilitare la pubblica lettura, presentiamo orientamenti per i candidati… Viviamo le elezioni come
evento pasquale di liberazione, di crescita e d’incontro, di coscienza fraterna nazionale.
Nella piazza della chiesa della nostra parrocchia “Mater
Dei”, costruiamo una piccola torre e vi installiamo “la campana delle elezioni e della democrazia”. Ai piedi del modesto
campanile esponiamo quattro tabelloni colorati con l’elenco
dei diritti dell’uomo, della donna, del bambino e dei diritti di Dio.
Scriviamo in grande nell’abside della chiesa l’invito di Gesù al popolo congolese: “Alzati e cammina”- “Prendi il largo”.
La comunità cristiana vive il suo momento favorevole e opportuno. La campana delle elezioni suona a distesa!
2007…: la missione nella chiesa
Dopo le elezioni, non tutti i problemi del Paese sono risolti,
anzi! Chi pescava nel torbido, non accetta di rimanere senza
potere e senza denaro. Jean Pierre Bemba, candidato perdente alla presidenza, in marzo, con i suoi militari tenta un colpo
di stato. I banyamulenge (etnia tutsi emigrata nel Congo) vogliono creare la loro zona amministrativa ed elettorale del territorio di Minembwe. Il Ruanda, che si arricchisce sul disordine degli altri, accusa il Congo di proteggere i ribelli e rivendica il diritto di intervenire.
Laurent Nkunda, ex-generale dissidente, tra le sue truppe
introduce soldati del vicino Paese. Gli interahamwe, vecchie
La campana della democrazia e i tabelloni con i diritti
dell’uomo e i diritti di Dio
milizie ruandesi presenti dal 1994, sfruttano miniere, comprano armi, ingaggiano giovani e bambini, compiono massacri ripetutamente.
L’arcivescovo di Bukavu prima (28 maggio) e i vescovi della regione Kivu poi (1 giugno), reagiscono, scrivono, denunciano, smascherano… Noi restiamo, siamo presenti, non come ospiti o “rappresentanti di un passato superato”, ma come
missionari e operatori pastorali nella chiesa locale.
A Bukavu la missione non è finita. È di tutti. Si estende, si
specifica, si caratterizza. La comunità, dopo cento anni, deve
ancora continuare a camminare per essere una comunità alternativa: più “cattolica” e meno identificata con le strutture
e le regole; più “mistica” e più ricca di carità e di compassione; più attenta ai problemi del lavoro, più educatrice, più profetica, più …“chiesa locale”.
La città di Bukavu vive ancora una situazione sociale di povertà, di abbandono e di miseria. In essa si accentuano tristi
fenomeni sociali, come i bambini di strada, la prostituzione,
la pandemia dell’Aids, la corruzione…
Il nostro carisma missionario non si diluisce, ma si approfondisce, camminando con la comunità che vive, tra molti limiti, la sua primavera. Non è una cosa facile! Ma il missionario è fedele alla sua vocazione, quando è animatore di una
chiesa locale che vuole e deve crescere.
■
DA BUKAVU PER IL MONDO
p. GIANNI BRENTEGANI, sx
I missionari saveriani arrivano
in Congo il 28 ottobre 1958. Lavorano al fianco dei
missionari d’Africa - chiamati “padri bianchi” - nelle
missioni di Uvira e
Kiringye, e fondano la missione di
Kiliba. Bukavu diventa punto di riferimento per tutti
i saveriani, essendo
equidistante dalle
zone pastorali dell’Urega e di Uvira.
Qui convengono tutti i missionari per incontri, assemblee e ritiri spirituali.
Seguendo il carisma missionario, l’impegno dei saveriani va in tre direzioni.
1. L’evangelizzazione comporta il grande impegno
per il catecumenato dei nuovi chiamati alla fede cristiana e la formazione delle comunità per renderle autosufficienti con ministeri responsabili e con strutture
adeguate. Quando una parrocchia è ben organizzata,
viene offerta al clero locale e i saveriani vanno altrove
a fondare una nuova missione.
2. Per la promozione umana, i saveriani sono impegnati con scuole e ambulatori, nell’assistenza ai bambini con difficoltà e anche in iniziative importanti, come il “Simposio internazionale per la pace” (2001) e il
servizio a “Radio Maria Regina della pace”. Da poco è
stato terminato a Luvungi l’acquedotto per portare acqua potabile agli abitanti. Un impegno significativo è
stato la costruzione e direzione dell’ISP (Istituto superiore di pedagogia) a Bukavu, di cui p. Domenico Milani è stato “rettore magnifico” per lungo tempo (19621986), poi divenuto “membro” dell’università nazionale dello Zaire.
3. I saveriani si impegnano anche nella formazione
dei giovani congolesi che desiderano consacrarsi, nella famiglia saveriana, alla missione per l’annuncio del
vangelo ai non cristiani. I 28 saveriani congolesi sono l’espressione dello spirito missionario che anima la
chiesa in Bukavu, a servizio della chiesa nel mondo.
5
2007 OTTOBRE
il m ondo in casa
SUD/NORD NOTIZIE
Diamo forza ai sogni
Ancora tensioni
● Bangladesh: coprifuoco e ar-
resti. Si aggrava la crisi politica
che da tempo coinvolge il Bangladesh. Da gennaio il Paese è
governato da un esecutivo ad interim appoggiato dall’esercito. Il
governo ha iniziato una campagna per sradicare la corruzione e
ha imposto lo stato d’emergenza in tutta la nazione: oltre 170
esponenti politici di spicco sono
stati arrestati per accuse di corruzione o estorsione, tra essi le due
ex primo ministro Wajed Hasina
e Khaleda Zia, protagoniste della politica del Bangladesh degli
ultimi 15 anni. A fine agosto, in
seguito a manifestazioni di protesta popolare e studentesche, il
governo ha imposto il coprifuoco in sei città e ha compiuto una
serie di arresti fra uomini politici, accademici, giornalisti.
Il commento. Padre Giovanni Gargano, da qualche mese in
Bangladesh, descrive la situazione da Dhaka, capitale del Paese.
“Ci sono stati scontri tra studenti e polizia dopo che i militari si
erano installati nel campo dell’università. Ogni manifestazione (politica o religiosa) è vietata.
Chi non rispetta questa regola va
incontro a pene molto dure. Ci
vorrebbe un intervento a livello
internazionale, che vigili sul ri●
pagina a cura di DIEGO PIOVANI
spetto dei diritti umani. La gente
vuole dei cambiamenti: c’è bisogno di politici che sappiano portare questo Paese a un livello di
vivibilità”.
Ruanda: premio meritato?
Ha fatto molto discutere la consegna del premio “L’abolizionista
dell’anno 2007” al presidente del
Ruanda Kagame, da parte dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”. Kagame ha abolito la pena di
morte nel suo Paese il 25 luglio
scorso, ma ciò non basta a sanare
i dubbi del mondo missionario.
Infatti, non sono state chiarite le circostanze che hanno
scatenato il genocidio del 1994
e l’eventuale ruolo dello stesso
Kagame. Il suo comportamento in questi anni nell’area dei
Grandi Laghi e, in particolare,
nei confronti del Congo (contro
il quale ha condotto una guerra
per accaparrarne risorse e territorio) è perlomeno ambiguo. È
discutibile anche come egli sta
gestendo l’amministrazione della giustizia, in relazione al genocidio. Finora sono stati accusati
di questo crimine quasi 900mila
persone, più altre 44mila che
sono all’estero. La maggioranza delle persone che finora sono
state giudicate colpevoli, ha avuto processi troppo rapidi, senza
●
poter usufruire della difesa di
avvocati.
Scrive p. Silvio Turazzi: “Non
è sufficiente una legge per sanare
le ferite ancora aperte e per garantire il rispetto dei diritti umani. La Comunità internazionale
dovrebbe incoraggiare un autentico dialogo ruandese tra tutte le
parti in causa”.
■
Mozambico: nuovi medici a
Beira. Sabato 25 agosto, tredici giovani studenti mozambicani sono diventati medici a Beira.
È la prima volta nella storia del
Paese che vengono formati medici fuori dalla capitale Maputo. È l’inizio di un nuovo corso,
frutto dell’impegno dell’università Cattolica del Mozambico.
Alla cerimonia di laurea, per
l’Italia ha partecipato una rappresentanza guidata da Medici
con l’Africa Cuamm che dal
●
Eventi di speranza
Sierra Leone: Koroma presidente. Ernest Koroma, candidato del principale partito d’opposizione, è il nuovo presidente della Sierra Leone. Gli osservatori internazionali che hanno
monitorato le operazioni di voto e spoglio, hanno chiesto di investigare su 14 seggi dove l’affluenza ha raggiunto o superato il 100%. Per mons. Biguzzi, vescovo saveriano di Makeni, le elezioni sono state abbastanza trasparenti. Tutte le parti
in causa, partiti, poliziotti e governo, hanno fatto la loro parte per scongiurare incidenti. Gli
sforzi di chiesa, società civile e
Onu hanno contribuito a creare
un clima pacifico”. Per la Sierra
Leone sono le prime elezioni dal
ritiro delle forze Onu, intervenute a seguito di una brutale guerra
civile terminata nel 2002.
●
I neolaureati in medicina a Beira, in Mozambico,
durante la cerimonia di giuramento
MESSAGGI ALLE CHIESE
FATEVI RAPIRE DAI VOSTRI IDEALI !
p. GIANCARLO BOSSI, pime
Pubblichiamo una parte dell’intervento che p. Giancarlo Bossi ha pronunciato a Loreto sabato 1 settembre, all’Agorà dei giovani promossa
dalla Cei.
Sono convinto che ciascuno di noi ha un sogno da realizzare. Cia­
scuno di noi ha qualcosa da dire, non solo con le parole. C’è anche chi
si esprime con gesti, chi nel silenzio solidale, chi con un sorriso. L’im­
portante è mantenere vivo il sogno della vita. L’importante è volare!
Ragazzi, fatevi rapire dai vostri ideali! Io ho iniziato a sognare quando
ho deciso di entrare in seminario, ho continuato il mio sogno durante
la mia ordinazione sacerdotale, l’ho vissuto nelle Filippine per tanti
anni, l’ho toccato con mano durante i giorni del mio rapimento. Questa
storia non mi cambia, non mi cambierà. Anzi, no, qualcosa di diverso
c’è: ho smesso di fumare e spero di non riprendere.
Mi hanno portato con la forza sulle montagne. Però ho visto attorno
a me persone povere, spaventate, che volevano farsi forza tenendo tra
le mani un fucile. Per loro ho provato compassione. Ho cercato anche
di mettermi nei loro panni. Anche in loro ho visto la bontà di Dio. Du­
rante i quaranta giorni del mio deserto nella foresta mi sono sentito
rinnovare. La mia preghiera è diventata più essenziale e forte, la mia
disponibilità a Dio più incisiva. Nelle difficoltà, con forza si sperimenta
la tenerezza di Dio. Io sono stato sequestrato fisicamente, ma sono
troppi coloro che sono sotto sequestro della povertà. La loro prigionia
può durare una vita.
Qui, in Italia, mi capita di sentire dei bambini o anche dei grandi che,
di fronte al cibo, dicono: «Che schifo». Nelle Filippine vedo i loro coeta­
nei frugare nella spazzatura e ringraziare Dio se trovano qualcosa. C’è
una distorsione profonda in tutto questo. Qui c’è bisogno di recuperare
i valori, là nelle Filippine delle condizioni di vita più umane.
MISSIONI NOTIZIE
La chiesa non sta
a guardare
● Burundi: appello dei vescovi.
“È necessario che i politici frenino la lingua, che non tengano
discorsi per dividere i cittadini
e che considerino prima di tutto
il dialogo e le priorità della popolazione”. È l’appello lanciato dai vescovi del Burundi sulla crisi politica del Paese. I vescovi hanno apertamente criticato i capi di tutti i partiti, colpevoli di acuire le tensioni, lanciandosi accuse trasversali sui
mass media. I vescovi esprimono preoccupazione anche per il
dialogo con i ribelli, che sembra
si sia nuovamente arenato. “I capi delle formazioni politiche devono rivaleggiare al fine di stabilire la vera democrazia in modo che il vincitore non si accanisca sul vinto e quest’ultimo non
causi disordini per non ritardare
il progresso nazionale”.
Un milione di euro per
l’Asia. La chiesa italiana ha partecipato al dolore delle popolazioni colpite dalle piogge monsoniche che hanno devastato Bangladesh, Pakistan, Nepal
e India provocando la morte di
molte persone nel sud dell’Asia.
Per far fronte alle prime emergenze e ai bisogni essenziali delle persone colpite dalle devastazioni, la Cei (Conferenza episcopale italiana) ha stanziato un milione di euro dai fondi derivanti
dall’otto per mille.
In Bangladesh, le piogge hanno flagellato soprattutto le re●
6
gioni del nordest, Mymensingh
e Sylhet, provocando danni rilevanti (raccolti distrutti, case afflosciate, strutture in mattoni collassate). Milioni di persone hanno perso tutto il poco che avevano per vivere.
■
Uomini nuovi
Il vescovo di Kindu. Domenica 22 luglio, è stato ordinato
il nuovo vescovo di Kindu. Alla
cerimonia hanno partecipato anche p. Marco Campagnolo (nella
foto) e p. Giuseppe Dovigo che
racconta l’evento. “La celebrazione è all’aperto e la folla immensa. Molti vestono il pagne
con il ritratto del nuovo vescovo.
Mons. Willy Ngumbi ha 42 anni,
primo vescovo della tribù lega,
fa parte dei missionari d’Africa
di mons. Lavigerie (padri Bianchi). Lo ricordo come mio alunno in filosofia nel 1985. Ora, è
seduto sulla cattedra nuova, con
lo schienale molto alto. Dal seggio vescovile guarda la marea di
gente. Si fa serio. Pensa al lavoro
che l’aspetta, alle 18 parrocchie
di cui nove sono senza prete, ai
suoi 20 sacerdoti, alle necessità umane, sociali e religiose di
●
2004 appoggia la facoltà di medicina con due medici impegnati
nella formazione degli studenti.
In Mozambico ci sono 600 medici per 20 milioni di abitanti. La
metà di essi è concentrata nella
capitale. La facoltà di medicina dell’università Cattolica del
Mozambico è nata nel 2000 con
l’obiettivo di formare medici per
far fronte agli enormi bisogni sanitari delle province nel centro-nord
del Paese, sprovviste di opportunità formative qualificate.
■
questa comunità di cui è il nuovo pastore. “La mia porta di casa
è aperta - annuncia nell’omelia ai piccoli e ai grandi, ai giovani e
agli anziani, ai cattolici e ai non
cattolici, ai poveri e ai ricchi…”.
Nel disegno dello stemma s’intravede il grande fiume Congo
(l’ambiente di Dio), una capanna luminosa (la città dell’uomo),
una palma feconda (il lavoro) e
la croce che salva”.
Mons. Ravasi per la “cultura”. È mons. Gianfranco Ravasi, finora prefetto della biblioteca
ambrosiana, il nuovo presidente
del pontificio Consiglio della cultura. Nato a Merate, in provincia
di Lecco 65 anni fa, mons. Ravasi succede al cardinale Paul Poupard. “Colgo questa nomina con
sorpresa - ha detto mons. Ravasi. Il pontificio Consiglio ha celebrato quest’anno i 25 anni della
sua esistenza, quindi ho la necessità di conoscere tutti i percorsi e
le attività, in modo da poter iniziare un nuovo itinerario e un
nuovo progetto. La prima tappa
perciò è, come sempre, conoscere per poi agire”.
■
●
Una storia speciale
“Sono prete grazie a Madre
Teresa”. Nel 1985, Kinley Tshering, un giovane nato da una famiglia imparentata con quella
reale del Bhutan, si ritrovò seduto accanto a Madre Teresa in aereo. Da quell’incontro la sua vita
cambiò: “mi convinse che avevo
una vocazione religiosa e nessuno riuscì a fermarmi”.
Malgrado l’opposizione del
padre, Kinley si fece battezzare
e nel 1995 diventò il primo e unico sacerdote cattolico bhutanese.
Oggi è un padre gesuita, rettore
della scuola San Giuseppe in In●
dia e spera che le riforme politiche, annunciate per il 2008 dal
re del Bhutan, gli permettano di
rientrare nel suo Paese e di esercitarvi il ministero sacerdotale.
I cristiani residenti in Bhutan
sono stranieri e si possono contare sulle dita. “L’atteggiamento anticristiano è andato smorzandosi - spiega p. Kinley - anche se non è ancora autorizzata
la costruzione di chiese. A nessun sacerdote cattolico straniero
è concesso il diritto di risiedere
nel Bhutan, dove il buddhismo
è religione di stato, anche se la
famiglia reale è molto tollerante
verso il cristianesimo”.
■
Invitiamo i nostri lettori, dotati di
computer e internet, a consultare la
MISNA (Agenzia missionaria di informazione mondiale) per allargare la mente al mondo intero e, in particolare, al mondo missionario. Ogni giorno, MISNA riporta notizie di quelle parti del pianeta
troppo spesso dimenticate dal resto dei mezzi di comunicazione.
Metti il sito tra i tuoi “preferiti”: www.misna.org
2007 OTTOBRE
D I A L OG O E SO LIDAR IETÀ
lettere al direttore
p. Marcello Storgato
MISSIONARI SAVERIANI
Via Piamarta 9 - 25121 Brescia
E-Mail: [email protected]
Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale
ALLA RICERCA DI UN... “VETERANO”
Caro direttore,
avevo chiesto informazioni su p. Michelangelo Pennino, che ho conosciuto tanti anni addietro e che avevo scelto come direttore spirituale, anche se “a distanza”. Ti ringrazio per avermele inviate subito.
Ho chiamato al numero di cellulare che mi hai mandato e p. Michelangelo ha risposto subito. L’emozione è stata grandissima da ambo
le parti, anche perché era passato molto tempo dall’ultima volta che
ci eravamo sentiti. Ci siamo detti tante cose. Avvertivo il suo entusiasmo per tutte le novità che raccontavo sulla mia famiglia, che lui ha
conosciuto. Ora che abbiamo ripreso le nostre comunicazioni, ci siamo ripromessi di sentirci ogni tanto, per sostenerci con la reciproca
preghiera e la gioia dell’amicizia.
Confidando nello spirito di preghiera della comunità saveriana e
nella fraternità della fede, ti saluto insieme alla famiglia.
Eugenio, Scalea
Caro Eugenio,
hai fatto bene a scrivermi per chiedere come
rintracciare un missionario amico, di cui avevi perso le tracce. Ho apprezzato le tue parole e il
tuo atteggiamento verso un missionario anziano e
soprattutto colpito da malattia, dalla quale non si guarisce, se non per
miracolo. C’è solo da accettare e convivere, tirando fuori tutto l’entusiasmo per la vita che uno ha dentro di sé.
L’amicizia è tale quando continua anche nel tempo della sofferenza e dell’inattività. L’amicizia è ancora più grande e profonda, quando ricerca il contatto con il proprio “padre spirituale”, anche quando
questi sembra essere ormai... fuori gioco! Perché proprio questo tu
hai cercato: il missionario che ha accompagnato te e la tua famiglia
nella vita dello spirito e quindi, senza rivendicare un “diritto naturale”, resta a disposizione e in attesa che il “figlio spirituale” lo cerchi
e si avvicini.
Ti ha risposto subito, come se non avesse avuto altro da fare; come
se fosse stato in attesa della tua chiamata, da sempre. Immagino la vostra emozione e l’intimità del colloquio: penso sia come quando un figlio o una figlia si fanno vivi al genitore, dopo tanti anni di silenzio.
Il beato Conforti ci credeva molto: “I missionari costretti dalla malattia o dall’età ad abbandonare il campo di lavoro, devono essere
considerati come i veterani dell’apostolato, meritevoli di ogni rispetto”. Anche papa Wojtyla, nella “Lettera agli anziani”, afferma: “La
chiesa ha bisogno di voi, conta sulla vostra preghiera, attende i vostri
consigli e si arricchisce della vostra testimonianza evangelica”.
Nella casa madre di Parma vivono vari saveriani malati e in età
avanzata. Alcuni di loro si danno il turno come “confessori” nel santuario Conforti. In ogni comunità saveriana vive qualche missionario anziano. Fa bene a loro, sentirsi ancora utili e ricercati. Fa bene a
noi, avere un missionario che prega per noi e ci accompagna con il
suo consiglio e incoraggiamento.
Posso dare un consiglio a tutti? Cercate, telefonate, visitate un... “veterano missionario”. Fraterni saluti,
p. Marcello, sx
STRUMENTI D'ANIMAZIONE
PRENOTATEVI PER L'AVVENTO
Manca ancora molto all’inizio dell’Avvento; ma il tempo passa
in fretta, ed è bene procurarsi subito questi due volumetti, che
aiutano a prepararci al Natale di Gesù nella nostra vita personale,
familiare e comunitaria.
“Il giorno sta nascendo”
per adulti, famiglie, gruppi e comunità par­
rocchiali, ogni giorno con riflessioni bibliche
e preghiere attuali, accompagnate da 4 ini­
ziative di solidarietà, fino alla domenica del
battesimo di Gesù.
A cura di p. Giulio Albanese. Euro 2.30 ca­
dauno.
“Veniamo da lontano”
Per ragazzi e ragazze
da 8 a 12 anni, per
scoprire la festa della luce cristiana e impe­
gnarsi a crescere bene. Disegni di Claudio
Bighignoli. Euro 1.50 cadauno.
Per più copie, sconti speciali (da concor­
dare per telefono)
Richiedere a:
• Libreria dei popoli, via Piamarta 9, 25121 Brescia - Tel. 030
3772780 int. 2; Fax 030 3772781; E-mail: [email protected]
• Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna - Tel. 051 326027;
Fax: 051 327552; E-mail: [email protected]
I MISSIONARI SCRIVONO
Dall'Indonesia, p. Rebecchi e p. Abis informano sul terremoto
Le scosse sono state forti, la sera del 12 e il mattino del 13 settembre. Per fortuna, la gente ha reagito
con prontezza, evitando che si ripetesse la tragedia del 26 dicembre 2004, con centinaia di migliaia di
morti. Le due scosse sono avvenute a sud di Padang (Sumatra) e nelle isole Mentawai.
Il terremoto ha causato alcuni morti, vari feriti e molti danni. Nelle missioni saveriane i danni maggiori sono avvenuti nella parrocchia di Padang Baru, con crepe alle mura; ma il danno maggiore è stato
all’ospedale “Sudarso”, rendendo inagibile il convitto delle infermiere. Più preoccupante è la situazione
a Siberut nelle Mentawai, con forti danni alla scuola, al convitto dei ragazzi e alla sala per incontri. Bisognerà ricostruire in fretta questi edifici, perché sono importanti per la vita della gente.
Un’onda di tre metri ha investito anche la zona di Sikakap, distruggendo vari edifici. Ma la gente delle
isole, pur terrorizzata, è subito scappata sulle colline, trovando rifugio presso altri villaggi. Cercheremo
di aiutare tutti coloro che si trovano in maggiore difficoltà, sperando che la natura ci risparmi altre sofferenze.
p. Matteo Rebecchi e p. Fernando Abis - Indonesia
Padre Zurlo con gli amici dei saveriani in Amazzonia
Alla fine di luglio nella casa saveriana di Ananindeua (Amazzonia), si è radunato un bel gruppo di
amici dei saveriani. Abbiamo fatto una bella riflessione, ispirandoci al tema, “discepoli e missionari di
Cristo”. Abbiamo anche ascoltato un’intervista fatta al primo fratello saveriano brasiliano Luizinho, ora
missionario in Mozambico. L’intervista, rilasciata alla radio di Abaetetuba, era accompagnata da immagini sulla sua professione religiosa e sulla missione saveriana in Mozambico.
Poi abbiamo celebrato l’Eucaristia, meditando sul vangelo di Marta e Maria, che ci hanno invitato a sederci ai piedi di Gesù e a servire ogni giorno i poveri e gli infelici. Dopo il
pranzo, tutti soddisfatti, sono tornati nelle proprie case con il desiderio di evangelizzare i fratelli vicini e lontani, perché “la fede si fortifica donandola”.
p. Marcello Zurlo, sx - Amazzonia
In Bangladesh, anche p. Antonio Germano nell'acqua alluvionale
Speravo che l’alluvione risparmiasse la nostra
zona. Nel nordest del Bangladesh la situazione
è catastrofica. Ma proprio a Ferragosto anche
da noi la situazione è precipitata. Il fiume Kopotokko è straripato a Tala-Khampur, inondando
tutta la zona.
Sono andato a Khampur e ho fatto il giro del
villaggio, l’acqua fin sopra le ginocchia; più oltre
non ho avuto il coraggio di andare. Non è certo
una delizia aggirarsi in quelle acque sporche con i
materiali di fogna. Per chi si ferma un giorno, come il sottoscritto, è una cosa; ma per chi vive in
una situazione del genere è ben diverso! I saveriani hanno messo subito a disposizione una prima
somma, per aiutare le famiglie più danneggiate e
bisognose, e provvedere a riso, lenticchie e mediPadre Germano con l’acqua al ginocchio
cinali. Speriamo in tempi migliori.
nel villaggio di Khampur, in Bangladesh
Proprio qui, negli anni ’80, p. Pierluigi Lupi
aveva dato vita a un’esperienza di avanguardia.
Aveva costruito una casa con mura in terra battuta e tetto in lamiera. Condivideva casa e vita con alcuni
studenti “fuori-casta”. Qui, infatti, vive la più larga concentrazione di “fuori-casta” della zona. Tra quegli studenti sono venute fuori persone impegnate, come Shopon che dirige la Ong “Dalit”, il
medico Binoy e l’avvocato Topon.
p. Antonio Germano - Bangladesh
solidarietÀ
CONGO: LAMIERE PER SCUOLE DI KITUTU
Kitutu è una
missione congole­
se in pieno Equa­
tore, ancora oggi
isolata dal mondo:
niente luce, tele­
fono, acqua pota­
bile, niente strade.
È percorribile solo
a piedi, in bici o in
moto. I warega,
abitanti di Kitutu,
sono bravi conta­
dini e operai resi­
Padre Maran con i bambini
stenti; perciò rie­
delle scuole “da coprire”
scono a sopravvi­
vere. Anche i maestri - che prendono uno stipendio
mensile di 25 euro - e i genitori sono davvero corag­
giosi: il 40% dei loro figli e il 20% delle figlie riescono
ad andare a scuola.
Noi missionari, che viviamo con i warega, vorremmo
fare molto, ma i mezzi sono scarsi. I nostri vescovi ri­
cevono un aiuto dalla chiesa italiana (dai fondi dell’8
per 1000) e alcune missioni ricevono realmente qual­
cosa. Ma Kitutu sta ancora aspettando...
Nel frattempo, cari amici, ci rivolgiamo a voi che sie­
te familiari con noi missionari. Avremmo bisogno di
5.000 lamiere, per iniziare a coprire i tetti di 25 scuo­
le elementari. Il costo di una lamiera è di 10 euro, per
una spesa complessiva di 50mila euro. Vi invito ad ade­
rire e a darci una mano: ne abbiamo tanto bisogno,
per aiutare lo sviluppo culturale della nostra gente.
Grazie per la vostra solidarietà. Il Buon Dio sarà ob­
bligato a contemplare dal cielo le vostre lamiere luc­
cicanti al sole dell’Equatore.
p. Paolo Maran, sx
piccoli progetti
6/2007 - Rep. Dem. CONGO
Lamiere per le scuole di Kitutu
La missione di Kitutu, isolata dal resto del
mondo, ha bisogno di aiuto per coprire con
lamiere 25 scuole elementari di villaggio:
5mila lamiere a € 10 l’una, per un totale di
50mila euro. Possiamo contribuire allo svilup­
po culturale delle nuove generazioni.
• Responsabile del progetto è il saveriano
p. Paolo Maran.
• ••
5/2007 - AMAZZONIA
Camionetta per i kayapò
La vecchia camionetta non ce la fa più. Ep­
pure non se ne può fare a meno, in mezzo al­
la foresta Amazzonica, tra i villaggi degli in­
dio kayapó. C’è da sostituirla. I missionari apo­
stoli tra i kayapó chiedono il nostro aiuto per
25-30mila euro. Diamo loro… una spinta!
• Responsabile del progetto è il saveriano
p. Renato Trevisan (VI).
Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente
postale, oppure può inviare l’offerta direttamente
al C/c.p. 00204438, intestato a:
Procura delle Missioni Saveriane,
Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA
oppure bonifico bancario su C/c 000072443526
Cari Parma e Piacenza, Agenzia 6
abi 06230 cab 12706
Si prega di specificare l’intenzione
e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie.
2007 OTTOBRE
ALZANO
24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4
Tel. 035 513343 - Fax 035 511210
E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247
Così sono diventato saveriano
è importante incontrare i missionari
Padre Ulisse, saveriano di
Ardesio, rettore della comunità
dei teologi saveriani a Parma,
ha festeggiato il 25.mo anniversario di sacerdozio missionario
(26 settembre 1982 - 2007). Ci
racconta qualcosa della sua
“avventura vocazionale”.
S
cavando nei miei ricordi,
vedo l’andirivieni di missionari nella casa dei nonni materni: lo zio p. Guglielmo Camera
e p. Gaetano Filisetti, cugino della
mamma. Non capivo molto della
loro identità carismatica, ma sapevo che erano “missionari”. Ricordo anche che mia mamma mi
chiese se avessi voluto diventare
missionario… Risposi: “Prete sì,
ma missionario no. Troppi leoni e
serpenti nella loro vita!”.
La sfida: guardare lontano
Frequentavo la quinta elementare quando, un mattino, arrivò
in classe un giovane saveriano,
p. Gianfranco Cruder che sprizzava simpatia a ogni battuta.
Dopo la presentazione, ci sfidò
a chi riusciva a vedere più lontano… A noi sembrava ovvio
che lui avrebbe perso, visto che
sul naso inforcava un paio di occhiali neri con lenti spesse.
Quando poi cominciò a dirci
che lui riusciva a vedere i ragazzi
indonesiani sulle rive dell’oceano Indiano o quelli congolesi ai
bordi della foresta o quelli del
fiume Tocantins remare sulle
canoe..., capimmo che noi avevamo perso. Soprattutto si faceva chiaro il senso di quella sfida.
Il messaggio si trasformò in un
invito a diventare missionari, per
vedere lontano anche noi e per
incontrare quei ragazzi, abitanti
di terre e paesi affascinanti.
La missione tra le montagne
Poi arrivò l’invito al campo
estivo, a Castione della Presolana. Mi trovai con circa cinquanta ragazzi della mia età e alcuni
studenti saveriani che organizzavano le giornate. Le lunghe
passeggiate in montagna con gli
p. ULISSE ZANOLETTI, sx
zaini in spalla, i giochi di squadra, le serate divertenti fatte di
tombolate e proiezioni di film
“missionari”, le preghiere e le
Messe animate con le chitarre, in
un ambiente in cui tutto parlava
di missione, di terre lontane…
Ne rimasi affascinato e sedotto.
Vivo è anche il ricordo di
quando p. Gianfranco mi fece
guidare l’auto nel buio di un
campo di calcio, quando mi offrì alcune “tirate” della sigaretta
che lui stava fumando. Anche
così quel simpatico missionario
trovava vocazioni!
Una strana coincidenza
Tornai a casa, ma non dissi
niente a mamma. Solo più tardi
le comunicai, in presenza di p.
Gianfranco, che mi sarebbe piaciuto andare dai missionari. Il
30 settembre 1969, lasciai per la
prima volta la famiglia per trasferirmi dai saveriani di Alzano.
Pioveva. Caricai il materasso sul
pulmino dello zio Bepi. Un rapido bacio alla mamma, che aveva
Elisabetta ha scelto la missione
Una giovane saveriana di Cologno al Serio
A
fine giugno, una giovane
donna decideva di consacrarsi per tutta la vita alla missione. Si chiama Elisabetta Pelucchi e, nella chiesa dove è stata battezzata, ha proclamato il
suo sì al Signore, accettando con
gioia la vocazione missionaria
che Gesù le ha proposto.
foto archivio MS / F. Raffaini
Dopo un viaggio in Brasile
Seguire la propria vocazione
nella dinamica della vita cristiana è una cosa normale, anche se
oggi è un evento raro. Durante la
celebrazione, il parroco di Cologno al Serio ha ringraziato il Signore per aver potuto presiede-
8
Elisabetta Pelucchi ha detto il suo “sì”
per sempre al Signore
re alla consacrazione religiosa
di due figlie della sua comunità
parrocchiale. È il solito ritornello: mancano vocazioni. Nonostante questo, ci rallegriamo per
Elisabetta. Lei c’è, e ha scelto
la missione nella congregazione
delle missionarie di Maria, conosciute come saveriane.
La loro nascita risale al 1945
su intuizione del saveriano p.
Giacomo Spagnolo e di Celestina Bottego, che concretizzarono
il desiderio del Conforti, fondatore dei saveriani, di istituire una
congregazione femminile missionaria da affiancare ai saveriani. Le saveriane oggi sono 350,
di diverse nazionalità.
Elisabetta ha conosciuto le
saveriane nel 1995, durante un
viaggio in Brasile, quando fece
visita allo zio p. Esvildo. Dopo il
viaggio e molti altri incontri, ha
iniziato il suo cammino di formazione. Dopo il noviziato, nel
2000 si è consacrata alla missione con i voti temporanei e poi,
da Parma, si è trasferita a Milano per terminare gli studi.
Il rametto di
una grande pianta
Il cammino di Elisabetta non è
stato facile. Un incidente in cucina le causò la menomazione della mano sinistra; alcune dolorose
p. LEONARDO RAFFAINI, sx
vicende familiari le hanno provocato grandi sofferenze. Il Signore,
però, l’ha sempre accompagnata
mettendo sul suo cammino tante
persone che l’hanno sostenuta e
aiutata. Ora andrà negli Stati Uniti per studiare l’inglese; poi partirà per la Thailandia, sua destinazione missionaria. Darà man forte
alla comunità delle saveriane che
da qualche anno lavorano in quella nazione asiatica.
Elisabetta così descrive la sua
vocazione: “Ho percepito questa
chiamata alla missione come un
invito ad allargare i confini della
mia vita. Non mi sono mai sentita un fungo che spunta per caso, ma il rametto di una pianta
più grande, che ha le radici nella parrocchia dove sono stata
battezzata. Sono cresciuta tra le
vecchie mura di un paese medievale, che mi hanno sempre dato
protezione. Perciò sono consapevole di non essere sola a vivere la vocazione missionaria. Con
me porto un dono che a mia volta ho ricevuto. Sarà bello poi tornare qui, per portare quanto mi
regalerà la chiesa che incontrerò.
Insieme è possibile celebrare le
meraviglie che, sempre e ovunque, il Signore opera”.
Chiediamo a tutti voi, cari amici e amiche, un preghiera
per la missionaria Elisabetta. ■
Padre Zanoletti
ha partecipato al
recente Capitolo
generale, come
delegato dei saveriani in Italia
gli occhi lucidi.
Ad Alzano frequentai le scuole medie, ma soprattutto cominciai a imparare la vita fraterna in
comunità. Di quegli anni ricordo
p. Giovanni Angius, che un giorno ci parlò di Abaetetuba e del
grande fiume Tocantins. È stato
il primo missionario “reduce”
che incontrai. Per combinazione,
è proprio là che sono poi finito
nel mio servizio alla missione!
Da Alzano passai a Cremona
per le scuole superiori. Erano
gli anni “tormentati” dell’adolescenza, con tutte le sue irrequietezze e crisi. Ma erano anche gli
anni di una consapevolezza di
fede maggiore, di una curiosità
crescente verso Gesù, il vangelo
e la vita missionaria.
Il tempo del noviziato
Dopo gli esami di maturità decisi di entrare in noviziato a Tavernerio. Non fu facile adattarsi a
questo nuovo ambiente e al nuovo
gruppo con 17 giovani. Lavorammo molto, anche manualmente,
secondo lo stile del nostro “maestro” p. Lino Maggioni.
Di quel periodo ricordo bene don Gasparino a Cuneo, che
mi diede il gusto della preghiera, e l’esperienza in un ricovero
per anziani a Como. Sempre in
noviziato, ho appreso il piacere
di leggere e “studiare” la bibbia,
fonte feconda per la mia vita spirituale. Il 10 settembre 1977, finalmente, sono diventato “saveriano” anch’io.
■
(continua nel riquadro)
Santa Messa di suffragio
Per le saveriane e i saveriani
bergamaschi defunti
sabato, 10 novembre - ore 15
Presso i Missionari Saveriani
via Ponchielli 4, Alzano Lombardo (BG)
MISSIONE IN BRASILE E RITORNO
p. U. ZANOLETTI, sx
A Parma, studiando teologia, ho
incontrato più di ottanta studenti,
un’equipe di professori ed educatori,
un ambiente che parlava della storia
dei saveriani e dell’audace progetto
missionario di mons. Conforti. Dopo la
professione perpetua nel 1981 e l’ordinazione sacerdotale l’anno successivo,
ho studiato catechetica a Roma. Poi,
per otto anni, ho insegnato all’istituto
teologico a Parma, fino al 1994.
Desideravo partire per l’Indonesia,
ma il governo non permetteva più
l’ingresso ai missionari. In alternativa, chiesi di andare in Amazzonia.
Così, a novembre 1994, sbarcavo nel
caldo umido di Belém. Il primo anno
l’ho passato in un clima di stupore e di
scoperta. Ricordo la trepidazione con
P. Ulisse ai tempi della missione
cui preparavo i primi viaggi in barca
nell'Amazzonia brasiliana
per visitare le comunità, il senso di
meraviglia e di riconoscenza, la grande ospitalità della gente. Ho
anche lavorato nel segretariato pastorale della diocesi di Abaetetuba. Mi piaceva organizzare gli incontri per verificare le varie tappe
del cammino della chiesa e delle comunità. Poi sono stato parroco in
una parrocchia composta da trentanove comunità, senza una chiesa
centrale.
Infine, ho trascorso tre anni a Belém, occupandomi dell’animazione
dei saveriani dell’Amazzonia. Conclusa la mia permanenza in Brasile,
nel 2005, dopo un breve corso di aggiornamento a Roma, sono tornato a Parma, con gli studenti saveriani di teologia. È cominciata così
un’altra avventura. Il resto, è cronaca dei nostri giorni...
2007 OTTOBRE
BRESCIA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
La Cina in mostra a San Cristo
Lasciamoci rapire dal fascino dell'oriente
I
missionari saveriani di
Brescia anche quest’anno hanno allestito una mostra
interessante e attuale, che rimarrà aperta dal 6 novembre al 27
gennaio 2008.
Il tema scelto è “Aquiloni e
grande muraglia. Cina: sguardi
su una civiltà millenaria”.
Un popolo, un continente
La Cina è la nazione con il
maggior numero di abitanti, più
di un miliardo. Patria di una delle più antiche civiltà del mondo,
ha raggiunto l’unità culturale e
sociale ventiquattro secoli fa con
Confucio, molto prima della nascita delle culture occidentali.
Lo scopo della mostra è aiutare a comprendere un universo
tra i più complessi che sia esisti-
to nei secoli passati e che, anche
oggi, può dare un apporto positivo non solo all’economia, alla
scienza e alla tecnica, ma anche
alla cultura e alla spiritualità dell’umanità.
I saveriani in Cina
La Cina è stata la prima, e per
oltre cinquant’anni anche l’unica, missione dei saveriani. Dal
1899 al 1954 furono inviati 116
missionari che, benché sottoposti a violenze ed espulsi, portarono con sé una grande simpatia
per la millenaria civiltà, ricca di
valori umani. Furono inoltre testimoni della meravigliosa fedeltà dei cristiani cinesi verso Cristo e la sua chiesa, anche di fronte alla morte.
L’attuale “Progetto Cina”
DIEGO PIOVANI
nacque nel 1984. In quel periodo di generale disgelo politico,
fu deciso di preparare un numero limitato ma qualificato di persone per un nuovo tipo di missione per la Cina. Per questo, si
è pensato a una presenza missionaria anche nell’isola di Taiwan.
I saveriani dunque sono pronti a
tornare nel campo iniziale della
loro azione missionaria.
Un percorso ricco
e interessante
Le guide accompagneranno alla mostra le classi e i gruppi attraverso un percorso didattico. Piccoli e grandi visitatori entreranno in contatto con la scrittura (kit
completo per scrivere); con i calchi di stampa antichi su carta cinese (300-400 d.C.) provenienti
Notizie di casa nostra
Cos'è successo durante l'estate
S
pero che l’estate sia trascorsa serenamente per
tutti voi e per le vostre famiglie,
e che abbiate ripreso bene le
normali attività, dopo aver riposato... le stanche membra. Anche
noi missionari abbiamo vissuto
l’estate in fraternità, con qualche
giorno di riposo nelle nostre famiglie.
Sono andati in cielo
Non sono mancate le sofferenze, specialmente per le persone
care scomparse. All’inizio di
agosto, è deceduta a Salerno la
signora Lina, mamma del nostro rettore p. Rosario Giannattasio. Fortunatamente, si trovava
accanto a lei, quando il Signore
l’ha chiamata a sé. Si è spenta
silenziosamente, dopo una vita
operosa, tutta dedita alla famiglia
e alla missione. In comunità abbiamo poi celebrato la santa Messa, presenti anche tutte le persone
che collaborano con noi.
Alla fine di agosto abbiamo
partecipato alla Messa di commiato del sig. Angiolino Gue-
8
rini, fratello del compianto p.
Narciso. Il piazzale della chiesa
di Ponte Zanano era affollata di
moto-amatori - un po’ rumorosi!
- che hanno voluto accompagnare il loro amico fino all’ultima
dimora con un apposito sidecar.
Visite fatte e ricevute
Ma ci sono stati anche tanti
piccoli eventi gioiosi. Dopo il
ferragosto, abbiamo risalito la
Val Camonica, fino all’Eremo di
Biennio, per fare la nostra programmazione annuale. Abbiamo
sfruttato l’occasione per visitare la signora Gina, sorella di p.
Qualizza, all’hotel “Mirella” di
Ponte di Legno, di fronte al mitico “castello di Bossi”, e a Esine
la famiglia di p. Pedrotti, che si è
tutta riunita per accoglierci.
D’altra parte, vari confratelli
bresciani sono passati a visitarci,
a cominciare da p. Gianni Brentegani, venuto dal Congo per
partecipare al Capitolo generale.
Ma anche p. Pierino Zoni, che è
già tornato in Burundi, e p. Mario Festa, che sta partecipando al
Due dei numerosi oggetti che
saranno esposti alla mostra sulla
Cina in S. Cristo: un abito di corte
e una scarpetta tradizionale
p. MARCELLO STORGATO, sx
corso di aggiornamento a Tavernerio (Como).
Incontri amichevoli e fraterni
Padre Mario Gallia, poi, ci
ha riservato una bella sorpresa.
Ogni volta che torna a casa dal
Messico, organizza una “adunata” dei coscritti. Il mattino di
sabato 8 settembre, p. Gallia è
stato nostro ospite, insieme a 15
coscritte e coscritti, per celebrare
la Messa nella nostra chiesa, prima di proseguire per un tour sul
Garda (vedi foto). Domenica 30
settembre, nella sua parrocchia
natale a Marmentino, ha celebrato il 25.mo di sacerdozio. Vi ha
partecipato p. Gesuino Piredda,
suo insegnante in ...anni lontani.
Infine, giovedì 13 settembre,
ci ha fatto visita p. Arnaldo De
Vidi, per presentare il suo libro
appena “sfornato”: “Ho incontrato il dragone. La cultura cinese raccontata agli amici”. Il giorno dopo è ripartito per casa, dove ha preso le valigie ed è andato
all’aeroporto, direzione Brasile:
beato lui!
■
dalle grotte di Longmen; con la
didattica confuciana: antichi cartelloni, con traduzione in italiano,
raffiguranti momenti di vita operosa di ragazzi per la trasmissione
dei valori fondamentali della cultura cinese; con l’abbigliamento tradizionale (fra cui l’abito di
corte e l’abito liturgico taoista);
con l’arte sacra cinese; con la Cina che sta scomparendo...
Al mattino sono previsti anche
due laboratori: costruzione degli
aquiloni cinesi (scuole primarie e
1ª media); primi approcci con la
scrittura cinese (scuole medie e
superiori). È necessario prenotare
per tempo la visita, specificando
se si desidera partecipare anche ai
laboratori. La visita alla mostra è
gratuita, mentre la partecipazione
ai laboratori prevede un contributo di € 2 per partecipante.
L’inaugurazione:
6 novembre
Martedì 6 novembre, nella sala “Chizzolini” dell’ università
Cattolica, alle 15.30, Alessandra
Aresu docente di cultura cinese presso l’università di Milano, terrà un conferenza dal titolo
“Cina oggi: cambiamenti e contraddizioni”.
Subito dopo, alle 18,00, in San
Cristo sarà inaugurata la mostra,
alla presenza di importanti personalità cittadine.
■
Questi gli orari di apertura della mostra, fino al 27 gennaio.
feriali: 9 - 12.30 e 14,30 - 17; domenica e festivi: 14 - 18
Per informazioni e prenotazioni, tel. 349 3624217;
fax 030 3774965; e-mail: [email protected]
Anche se zona a traffico limitato (ZTL), è consentito a tutti i
visitatori della mostra accedere all’ampio parcheggio interno
con il seguente itinerario: p.le Arnaldo, via A. Mario, p.za Brusato, via Cattaneo, via V. Gambara, via Piamarta (informazioni tel. 030 3772780).
DIAMO IL BENVENUTO
A MONS. LUCIANO
Il 14 ottobre farà il suo ingresso in
diocesi mons. Luciano Monari, nuovo
vescovo della chiesa bresciana. Così lo
accoglie p. Rosario, a nome di tutta la
comunità saveriana.
Dal 1957, nello storico convento del
Santissimo Corpo di Cristo (San Cristo), è iniziato il meraviglioso cammino della “scuola apostolica” dei missionari saveriani che, dal 1992, si è trasformato in centro editoriale saveriano, per essere voce della fraternità tra
i popoli e con le giovani chiese.
In questi 50 anni, la generosa terra
natale di Paolo VI ci ha donato tanti confratelli che lavorano in tutto il
Benvenuto tra noi!
mondo per la dilatazione del regno di
Dio. Ora, il Signore Gesù ci dona Lei,
come padre e pastore. Ci aiuterà, con la sua passione per la Sacra
Scrittura, a sentire e seguire con maggiore entusiasmo il Signore Gesù, unico Salvatore dell’umanità.
Noi l’accompagneremo, con la preghiera e con l’impegno, affinché
crescano comunità capaci di vivere la fede nel proprio ambiente, ma
con lo sguardo fisso sull’intera umanità. La chiesa bresciana, con la
Sua guida, continui a generare figlie e figli pronti alla “partenza”.
Ringraziamo lo Spirito del Risorto per averci donato Lei come nostro vescovo, e chiediamo la Sua paterna benedizione.
p. Rosario Giannattasio
e la comunità saveriana di Brescia
2007 OTTOBRE
CAGLIARI
09121 CAGLIARI CA - Via Sulcis, 1
Tel. 070 281310 - Fax 070 274419
E-mail: [email protected] - C/c. postale 12756094
Così ricordiamo p. Virgilio Mirto
Nel 60° anniversario della sua morte
parlando, di
U manamente
padre Virgilio Mirto, dei
giuseppini di Asti, si potrebbe
dire che è un eroe senza medaglia o un santo sconosciuto senza l’onore degli altari. Ma per
fede, dobbiamo ripetere le parole di Gesù, quando ha incontrato
i discepoli tornati dalla missione
per annunciare il regno di Dio:
“Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nei cieli!”.
Guasila:
la missione continua
Questo pensiero è valido per
ogni missionario che muore nel
compiere la sua missione eroicamente, come p. Virgilio Mirto il
15 luglio del 1947, nel tentativo
di salvare alcuni ragazzi dai flutti del mare, attorno a uno scoglio
di Orrì, o silenziosamente come
p. Ivaldo Casula in un letto dell’ospedale a Makeni, colpito dalle malattie dei poveri della Sier-
ra Leone.
Questi due missionari di Guasila sono stati uniti dal paese di nascita e dallo spirito missionario
per annunciare il regno di Dio.
Per un disegno della Provvidenza,
la tragica morte di p. Mirto, che a
Padre Virgilio Mirto
p. DINO MARCONI, sx
Tortolì aveva fondato il “seminario sardo per le missioni estere”,
offrì la possibilità di aprire la prima casa apostolica in Sardegna
dei missionari saveriani di Parma
(1° settembre del 1947).
Possiamo dire che il desiderio di un seminario missionario
in Sardegna è stato portato avanti dai missionari saveriani prima
a Tortolì, poi a Macomer e a Cagliari. Padre Luigi Caria, che era
a Tortolì tra i primi alunni del
seminario sardo per le missioni
estere, è diventato testimone della morte dei suoi due concittadini, dei quali ha condiviso lo spirito missionario e la missione: p.
Virgilio Mirto a Orrì e p. Ivaldo
Casula in Sierra Leone.
Per dare vita... si muore
Padre Virgilio e padre Ivaldo
sono solo due testimoni del vangelo di cui conosciamo il volto
e il luogo della testimonianza.
Due belle iniziative missionarie
Gesti di solidarietà a Guasila e Macomer
F
abio Matteo di Guasila ha
condiviso il giorno della
sua Cresima con gli amici di p.
Luigi Caria e dello zio p. Ivaldo
Casula, in Sierra Leone, offrendo loro l’equivalente della spesa
per le bomboniere. Ha ringraziato i familiari per aver contribuito a rendere importante questo
giorno. Seguiamo il suo esempio per rendere i nostri avvenimenti religiosi delle belle feste
missionarie. Fabio Matteo ha
detto: “La mia bomboniera non
è un oggetto; è un sorriso di quel
bambino povero che avrà la possibilità di un futuro migliore”.
Una bomboniera speciale
Il suo gesto ci dice che l’anno catechistico in preparazio-
8
ne alla prima Comunione e alla
Cresima può essere un’occasione per educare i ragazzi allo spirito missionario della carità universale. L’evangelista Giovanni
ce lo ricorda nel miracolo della condivisione dei cinque pani
e due pesci, che Gesù ha accolto
per sfamare la folla. “C’è qui un
ragazzo con cinque pani e due
pesci; ma che cos’è questo per
tanta gente? Gesù prese i pani e,
dopo aver reso grazie, li distribuì. E tutti mangiarono”.
L’offerta di Fabio Matteo può
essere una proposta di catechesi
all’amore. Costa solo un po’ di
impegno a favore degli altri che
sono nel bisogno, con lo spirito
della condivisione e dell’aiuto
fraterno. Il catechismo è un mo-
Padre Ivaldo Casula (a sinistra) e p. Luigi Caria, saveriani di Guasila; a loro Fabio
Matteo ha dedicato le bomboniere della sua Cresima
p. DINO MARCONI, sx
mento di educazione alla fede e
allo spirito missionario, per rispondere alla vocazione dei cristiani nel mondo.
Le figurine dei
baby calciatori
I ragazzi tesserati con le società sportive di Macomer hanno fatto un album di figurine dei
baby calciatori con i responsabili dei gruppi sportivi. Il ricavato dalla vendita dell’album
“Chi ama il tuo sport” è offerto
ai missionari saveriani del Congo, perché più bambini abbiano
la possibilità di svolgere un’attività sportiva e di vivere momenti
di amicizia, in un paese rovinato
da dieci anni di guerra.
Il signor Muggianu del gruppo
sportivo “pizzinnos” ci conferma
con soddisfazione che l’iniziativa ha avuto successo. L’album
dei baby calciatori è stato richiesto da molte persone per vedere
qualche immagine di gloria dei
giovani sportivi, in preparazione al campionato della vita. Lo
sport diventa veramente un momento di educazione alla solidarietà e alla socializzazione dei ragazzi, perché si sentano fratelli di
tutti e concittadini del mondo.
L’iniziativa è interessante per
creare un agonismo pacifico negli stadi e nei campi sportivi, teatro a volte di violenza giovanile
da parte di tifosi facinorosi. ■
Un folto gruppo di “apostolini” e formatori saveriani a Macomer nel 1958
Ma rappresentano il bene nascosto che nella storia, attraverso la
forza di Dio, si sta realizzando
mediante il dono totale della vita
da parte di tante persone.
Nel santuario del beato Guido Conforti, a Parma, accanto
all’altare e alla tomba del fondatore dei saveriani, è custodita la “croce dei martiri della storia”. Ricorda a tutti i missionari
la raccomandazione del Conforti: “Da Lui, che ha versato sino all’ultima stilla il suo sangue
per riscattare l’umanità, imparate a sacrificarvi per i vostri fratelli”. Gesù è il buon Samaritano che offre la vita per i fratelli
e si prende cura di tutti, per dare
loro la speranza di risorgere.
Nei tanti “crocifissi della storia” vediamo realizzate le parole
di Gesù: “Se il chicco di grano,
caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Non c’è altra strada: per dare vita agli altri,
occorre donare la propria vita. In
ogni esistenza, c’è un calvario e
una croce; c’è un sepolcro che,
da luogo di morte, si trasforma
in culla di vita nuova, se il seme
gettato in terra accetta di morire
e rinascere.
Ma ne vale la pena!
Cadere in terra e morire non è
solo la via per portare frutto, ma
anche per “salvare la propria vita”, cioè per continuare a vivere! “Cosa serve all’uomo guadagnare tutto il mondo se perde la
vita?” - il giovane Francesco Saverio si è convertito con queste
parole del vangelo, che Ignazio
di Loyola gli ripeteva. Il grande missionario dell’Asia non ha
perso la vita, seguendo le illusioni del suo tempo; ha guadagnato
la vita facendo conoscere il Signore della vita a tanti popoli.
Oggi tanti modi di vivere ci fanno sprecare la vita per cose senza
senso, in avventure ed evasioni, in
illusioni che portano a nulla. Ma
noi abbiamo la possibilità di scegliere. Possiamo decidere di vivere la vita con Cristo, per riempirla di significato e di gioia. Per
questo, nel 60° anniversario della
morte di p. Virgilio Mirto, ricordiamo le parole di Gesù: “Rallegratevi, perché i vostri nomi sono
scritti nei cieli!”.
■
OTTO DIES A SAS ANIMAS
Il ricordo dei defunti, per noi cristiani, non è solo nostalgia dei
nostri cari, ma speranza di
partecipare alla resurrezione di Gesù, e preghiera in comunione con i
santi. Nell’Eucaristia, celebrazione del mistero
della morte e resurrezione di Gesù, noi diventiamo più consapevoli del
senso ultimo della nostra vita.
I missionari saveriani,
celebrano questa speranza nella liturgia euca­
ristica, in comunione con
i defunti, attraverso la
pratica degli “Otto dies
a sas Animas”, nel salone della loro casa, in via
Sulcis 1 - Cagliari
da mercoledì 14 a mercoledì 21 novembre 2007
alle ore 18,30
Chi desidera unirsi alla nostra preghiera per i propri cari defunti,
può farci conoscere i loro nomi attraverso:
- una lettera, via posta
- consegnando le intenzioni di preghiera alla delegata missionaria
- il nostro C/cp n. 12756094, accluso nel giornale
2007 OTTOBRE
CREMONA
26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81
Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260
Così ricordo p. Roberto Beduschi
Da Rivarolo Mantovano al grande Brasile
P
adre Roberto Beduschi è
morto a Campinas, in Brasile, il 28 luglio scorso. Con lui,
ho collaborato per molti anni.
Eravamo confratelli. In Brasile
si dice: “Quando nasce un bambino, le persone ridono e il bambino piange; quando muore un
fedele, le persone sono tristi e il
morto riceve da Dio la felicità”.
Sono certo che p. Roberto è ora
felice in Dio.
Da seminarista a saveriano
Figlio di Francesco e Maria
Basani, Roberto era nato a Rivarolo Mantovano nel 1921. Gli
piaceva il suo paese, tanto che
diceva con enfasi: “Fu costruito dai Gonzaga a uguale distanza da tre città”. Una volta venne in visita il vescovo di Parma
mons. Conforti. Il piccolo Roberto, chierichetto, fu incaricato di reggere la mitra. Forse grazie anche a quell’incontro, decise di entrare nel seminario di
p. DANTE VOLPINI, sx
Cremona, dove ha studiato fino re del giornale “Missionari Saal liceo.
veriani”, che portò da 4.500 a
Nel 1940 ha scelto di essere 45.000 copie.
missionario saveriano. Dopo gli
Nel 1960 divenne parroco del
studi di teo“Sacro Cuologia a Parre” a Parma,
ma, durante
dove rimala guerra, fu
se per dieci
ordinato saanni. Erano
cerdote ini tempi del
sieme ad alconcilio Vatri sette misticano II e
sionari il sadel rinnovabato sanmento liturto 20 aprile
gico. Padre
1946, nelBeduschi
la casa del
fu il primo
vescovo. Fu
tra i parroci
formatore e
di Parma ad
professore
attuare la rinelle comuforma. Chienità di Vise il percenza, Grumesso al vemone e Zescovo, “gilarino. Nel
rò” l’altare
1951 divene cominciò
Il sorriso di padre Roberto Beduschi,
ne direttoa spiegare le
in una foto recente
La missione fino alla fine
Ascoltato e benvoluto da tutti
la beatificazione di
D opo
mons. Conforti, fui man-
dato a Pirajù per fare animazione vocazionale. Così partecipai
alla festa dei 50 anni di sacerdozio di p. Roberto. La stessa cosa fu ripetuta l’anno scorso, per
il traguardo dei suoi 60 anni di
Messa.
Le sue parole di saggezza
Ricordo l’esempio di obbedienza di p. Roberto, quando
nel 1996 fu trasferito da Pirajù a
Cantagalo, in una parrocchia con
molte comunità disperse, alcune
delle quali formate dai “senza
terra”. Era certamente una sfida
per un uomo di 75 anni. Ma lui
lo considerò solo un lavoro molto... “missionario”. Non andava
più solo; lo portavano in jeep.
8
p. D. VOLPINI, sx
Ma era sempre pronto a evangelizzare.
All’inizio del 2001 p. Roberto fu trasferito in un quartiere di
Piracicaba, con 39mila abitanti. Due terzi delle persone erano cattolici, mentre un terzo apparteneva a una trentina di sette evangeliche. Già con 80 anni sulle spalle, ma sempre lucido, egli diffondeva messaggi di
grande spiritualità. Ci alternavamo nelle Messe, nelle attività pastorali in parrocchia e nelle
16 comunità cristiane: lui, p. Beto (saveriano brasiliano) e io. Lo
portavo con me alle riunioni del
consiglio parrocchiale e ai raduni delle comunità. Alla fine della
lectio, con la parola di Dio commentata e applicata alla vita reale, c’era sempre la sua riflessio-
I quattro saveriani cremonesi, missionari in Brasile. Da sinistra: p. Leone Occhio,
p. Gabriele Guarnieri, p. Claudio Marinoni e il compianto p. Roberto Beduschi
ne, molto apprezzata da tutti.
Conforti, il terzo patrono
Nel 2005, p. Roberto fu trasferito a Hortolàndia, ed io lo
portai là, a 60 chilometri di distanza, nella casa del noviziato dei saveriani, dov’è “maestro” il bergamasco p. Alfiero Ceresoli. Per due anni egli
è stato per i novizi un modello di obbedienza e umiltà. Diceva: “San Francesco Saverio
è patrono delle missioni per la
sua grande attività missionaria;
santa Teresina del Bambin Gesù lo è stata per le sue preghiere e sacrifici per i missionari;
mons. Guido Conforti dovrebbe essere il terzo patrono delle missioni, per l’Unione missionaria del clero: sacerdoti che
lavorano in un luogo e offrono
tutto - preghiere e azione pastorale - per l’evangelizzazione
del mondo intero”.
La Messa funebre si è tenuta a
Pirajù. La sua salma è stata portata nel cimitero, accompagnata
da moltissima gente. Padre Roberto è stato sepolto vicino alla chiesa del cimitero, dove ogni
primo lunedì del mese è celebrata la Messa. Il suo corpo risusciterà nell’ultimo giorno, ma l’anima è già nella casa del Padre e
contempla il volto di Dio, nella
gioia piena ed eterna.
■
parti della Messa. Ogni domenica molti studenti saveriani andavano al “Tempio” per ascoltare la sua omelia. Per tre anni fu
maestro dei novizi a Nizza Monferrato: parlava con entusiasmo
di Gesù, della chiesa, delle missioni e del fondatore Conforti.
“Kosmos”,
mensile missionario
C’era bisogno di un maestro
dei novizi anche in Brasile e lui
desiderava andare in missione. A
novembre del 1973 egli sbarcava in Brasile e, qualche mese dopo, era già maestro dei novizi a
Centenario do Sul. Voleva che i
novizi facessero apostolato nelle
comunità ecclesiali di base della zona.
Nel 1977 p. Roberto fu nominato rettore della teologia, ma
restò pochi mesi. Preferì fare il
parroco a Goioeré. Insieme a un
altro missionario, preparava sussidi per le comunità di base che
diffondevano il vangelo tra la
gente. Così metteva in pratica il
suo motto: “seminare, seminare,
seminare”.
Nel 1980 p. Beduschi fu chiamato a San Paolo per essere il
redattore del mensile “Kosmos”,
un giornale simile a “Missionari
Saveriani”. Insieme a p. Adolfo
Codini (scomparso il 23 luglio
scorso) pensò di fare il giornale lavorando in una parrocchia di
periferia. Il superiore dei saveriani pensò a una comunità con
5 missionari - tra cui io - e ne fissò i compiti. Padre Roberto era
coordinatore della comunità, di-
rettore di “Kosmos” e responsabile della pastorale nel quartiere
popolare “José Bonifàcio”.
Entusiasmo e allegria
Nei giorni feriali lavorava per
il giornale e ogni sera, più il sabato e la domenica, visitava le
vie con le minuscole casette di
4 m x 4, o i caseggiati con 30
o 40 mini appartamenti. Formava gruppi di riflessione, comunità di preghiera, invitava la gente a Messa, evangelizzava le famiglie.
Era pieno di entusiasmo e suscitava allegria: era famoso il
suo “oh-là-là!”. Con la sua arte
oratoria e la mimica, trascinava
tutti nell’attività di evangelizzazione. Fu un lavoro straordinario, cominciato da zero e con poche persone, in ambienti provvisori. Fiorirono nuove comunità e
parrocchie popolose e ben organizzate, con molti laici impegnati nelle attività pastorali. Oggi in
quel luogo ci sono quattro parrocchie, ognuna con più di centomila abitanti.
A metà del 1984 affidarono a
p. Roberto la parrocchia di San
Sebastiano in Piraju, dove rimase
per dodici anni. Con p. Lao Pirola, organizzò le 11 comunità della cittadina e altre 8 comunità rurali. C’erano file di gente che venivano a confessarsi, tutti i giorni. Qui egli diede un forte appoggio alla pastorale familiare con il
movimento chiamato “incontro
di coppie con Cristo”.
■
(continua a lato)
DONATA, MEDICO IN MOZAMBICO
Donata Galloni è un medico che, fino a qualche
mese fa, lavorava nel reparto di malattie infettive dell’ospedale maggiore di Cremona. Un giorno
ha deciso di lasciare tutto
e partire per il Mozambico, con un obiettivo molto
preciso: mettersi a disposizione di chi ha più bisogno
di amore e di cure, in realtà svantaggiate.
Oggi, Donata è coordinatrice di tutti i progetti di “Medici con l’Africa Cuamm”, la più importante
organizzazione non governativa in campo sanitario
riconosciuta in Italia, nata
50 anni fa per promuoveLa dottoressa Galloni alla cerimonia conclusiva
re e tutelare la salute deldel progetto di prevenzione e controllo
del colera a Beira, in Mozambico
le popolazioni africane. (Si
veda anche la notizia sui
“nuovi medici” in Mozambico, a pagina 6 di questo numero).
La dott.ssa Donata è partita da Cremona non perché non apprezzasse la modernità, ma per un’esigenza di giustizia: “Voglio porre in
qualche modo anche solo un piccolo rimedio a certe disuguaglianze”.
In Mozambico, il 70% della popolazione vive in assoluta povertà; solo il 57% ha accesso all’acqua potabile e l’aspettativa di vita non supera i 42 anni.
Per non lasciare sola Donata, alcuni suoi colleghi, che hanno lavorato in Africa, hanno pensato di creare una sezione locale di “Medici
per l’Africa - Cuamm”. Perché, come dice un proverbio africano, “la
strada attraverso la foresta è lunga, solo se non ami la persona che
stai andando a trovare”.
2007 OTTOBRE
DESIO
20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2
Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200
I vostri volti, in prima fila!
Il saluto agli amici di Milano e Brianza
aver studiato a Parma
D opo
e a Roma, per sei anni sono
stato nella comunità saveriana di
Ancona. Ho lavorato nell’animazione missionaria e vocazionale,
seguendo vari gruppi di giovani.
Sono stato anche formatore dei
novizi saveriani. Da settembre
sono a Parigi per studiare il francese e poi partirò per la missione
in Camerun - Ciad. Prima però,
attraverso “Missionari Saveriani”, voglio salutare tutti gli amici
di Milano e della Brianza.
Una gioia da condividere
Da quando ho iniziato a vivere
con i saveriani, ho sempre pensato che essere missionario significasse questo: aver incontrato qualcosa di così bello, da non
poterlo tenere solo per me. Sono
convinto che quando qualcosa ti
p. MARIO UGHETTO, sx
piace veramente, non puoi
la missione anche come
gustarla appieno se non la
un’ulteriore opportunità:
condividi con gli altri.
scoprire il Cristo che ho
L’incontro speciale che
incontrato nella Parola in
ho fatto già molti anni fa,
tutte le piccole cose che
e che si rinnova ogni
Dio mi metterà davangiorno, è quello con
ti. Perciò credo che
Gesù e con la sua
la missione sia anParola. Quella
che la capacità di
Parola mi ha
stupirmi davanti
preso, mi ha
ai grandi doni
a ff a s c i n a t o ,
che solo Dio sa
mi ha camfare, a me e a
biato dentro.
tutti coloro che
Dunque, se
egli ama.
oggi penso alla
missione, penTanti volti,
so a una grande
tante storie
occasione per conQuesti sei anni di
dividere la gioia di
impegno missionaquesta Parola.
rio ad Ancona sono
Oggi, pe- Padre Mario Ughetto è a Parigi per stu- stati intensi,
rò, immagino diare il francese; poi andrà in Camerun belli e spesso
Così raccontano l'Africa!
Otto giovani brianzoli ci sono andati
aver preparato il viagD opo
gio durante tutto un anno,
in otto vengono da Desio per incontrare l’Africa per qualche
giorno, dal 5 al 27 agosto 2007.
Osano mettere il piede in Congo, quando l’insicurezza è di casa. Passano una settimana a
Bukavu e così fanno conoscenza
della storia e della realtà del Paese, ascoltando l’esperienza di alcuni missionari, visitando realtà
e quartieri di una città che esce
dalla guerra, confrontandosi con
gli studenti universitari.
Per quindici giorni, poi, vivono la missione nella parrocchia di Luvungi: con fratel Lucio Gregato, missionario trevigiano, partecipano alla costruzione dell’acquedotto; con padre Gianni Pedrotti, missionario bresciano, visitano i villaggi; con suor Elisa dialogano con
i giovani; con suor Mercedes curano gli ammalati...
8
Hanno molto da raccontare. Ma ci riusciranno? Ecco cosa hanno scritto a Luvungi, il 25
agosto, prima di tornare a casa.
È difficile, ma lo faremo!
Quando pensiamo al nostro
rientro in Italia, sentiamo che
questo viaggio è un viaggio difficile da raccontare. Perché difficile da raccontare è questa terra, piena di bambini e di giovani
che ti accolgono con una festa e
un calore straordinari, ma piena
anche di militari allo sbando, di
violenze e di malati senza cure.
È difficile raccontare un villaggio che ogni anno viene colpito dalla guerra, dagli eccidi e
dai saccheggi, e comunque non
perde le sue mamme sorridenti
e laboriose, la voglia di cantare,
la dignità anche nella miseria. È
difficile raccontare Bukavu, città
riempita dalle guerre degli ultimi
anni, dove ogni piccolo quartie-
Tra i giovani brianzoli in Congo, spunta anche... p. Faustino Turco
p. GIUSEPPE DOVIGO, sx
re ha 100mila abitanti, con case
di mattoni di fango, senza acqua,
elettricità e fognature.
È difficile raccontare la gioia
della missione di Luvungi, che
porta acqua pulita, scuole e un
piccolo dispensario a persone
che non hanno niente, di qualsiasi fede siano, cattolici, protestanti, musulmani.
È difficile raccontare una donna
che porta 60 chili di legna o sabbia
per chilometri, per tornare a casa
la sera e poter preparare qualcosa
per i suoi bambini. È difficile raccontare un uomo che fa due ore di
cammino per poter partecipare alla Messa del mattino.
È difficile raccontare che una
donna faccia dieci figli per poter
sperare che almeno alcuni di loro abbiano la fortuna di diventare grandi. È difficile raccontare
una bambina di 6 anni che, nella preghiera, chiede al Signore di
“non morire piccola”.
È difficile raccontare un’aula
di scuola elementare senza porte né finestre, con 70 bambini
che vogliono imparare. È difficile raccontare come si possa mangiare una volta al giorno prima
di andare a dormire e avere un
sorriso, una risata, una danza per
ogni occasione in cui si possa incontrare, accogliere, festeggiare.
Tutto questo è difficile da raccontare. Ma certamente una delle
cose che abbiamo e vogliamo fare,
tornati in Italia, è raccontarlo! ■
Chiara, Daria, Oriana, Roberta, Rosetta, Riccardo, Roberto P e Roberto F
faticosi. Non credo, in realtà,
di aver fatto molto. Certo, ho
fatto “tante cose”, ma non ho
fatto “molto”. Fortunatamente,
malgrado tanti impegni e tanti
viaggi, non ho perso il gusto e
la gioia di incontrare le persone,
di voler loro bene, di gustare ciò
che ciascuno aveva da donarmi.
Porto con me i volti di tante
persone, la loro amicizia e il loro impegno, le gioie e i dolori.
A tutte e tutti dico “grazie”, per
ciò che sono stati per me e anche
per ciò che mi hanno concesso
di donare loro. Tra questi volti ci
sono, in prima linea, coloro con
i quali ho condiviso più strettamente la vita di questi anni: i
confratelli saveriani della comunità del noviziato e i tanti giovani novizi passati in questi anni
nella nostra comunità: con loro
abbiamo vissuto momenti belli,
siamo cresciuti insieme.
Mi aspetto che...
Voglio farvi una confidenza.
Sinceramente, il mio grande
desiderio era quello di andare
in missione in Asia. Mi sono
sempre immaginato là, e ora
faccio un po’ di fatica a pensarmi missionario in Africa. Anche
per questo motivo, non ho attese
particolari dalla missione.
Credo comunque che questi
anni in Italia mi siano serviti per
essere un po’ meno sognatore e
un po’ più realista riguardo al-
la missione. Non mi immagino
una missione senza problemi;
ma mi attendo una vita semplice
e so che dovrò misurarmi con i
limiti miei e con quelli dei miei
fratelli.
Ma se devo dirla tutta, una
grande attesa ce l’ho. Quella
di trovarmi finalmente davanti a ciò a cui da tanti anni mi
sento chiamato: la possibilità
di scoprire un volto di Dio che
non ho ancora incontrato, e che
mi apparirà nei volti dei fratelli
africani.
E se qualcuno sentisse...
Sono tante le persone conosciute in questi anni e forse ciascuna avrebbe bisogno del suo
augurio personale! Vorrei poterlo fare, ma credo che non mi basterà il tempo. Mi rivolgo soprattutto alle persone con le quali ho
condiviso un pezzo di cammino,
che mi sono state amiche e che
mi hanno sopportato.
Auguro di cuore, a voi e a me
stesso, che il cammino fatto insieme possa continuare, anche a
distanza di chilometri, per portare sulle strade del mondo il
Cristo che abbiamo scoperto e
seguito insieme.
E se qualcuno sentisse una voce dentro, che lo chiama a condividere con me la stessa chiamata alla missione, mi raccomando,
non si tiri indietro. Io vi aspetto!
■
“HO ACCOLTO L'INVITO DI P. NAVA”
p. GIOVANNI GARGANO, sx
Rocky David Gomes, un saveriano bengalese adottato dalla comunità di Macherio, è stato ordinato prete in
Bangladesh, il 20 luglio scorso. Attorno a lui, la famiglia tra cui due sorelle della congregazione di madre Teresa
- noi saveriani e tanta gente,
che ha partecipato con gioia
e serietà. Durante la sua “prima Messa”, ha fatto l’omelia p. Giacomo Gobbi, che era
stato suo “maestro” nell’anno di noviziato, aiutandolo a
discernere la sua vocazione e
a conoscere meglio la famiglia saveriana.
Era presente, in spirito, anche il compianto p. Rinaldo
Nava, saveriano di Macherio,
che lo aveva seguito nel suo
cammino spirituale e gli aveva suggerito di essere missionario in Africa. La comunità di Macherio
ha inviato a p. Rocky un bel saluto ed augurio:
“L’esempio di fedeltà a Gesù e al vangelo di p. Rinaldo Nava, e la
sua dedizione alla missione hanno sicuramente lasciato tracce profonde in chi lo ha incontrato; molti semi da lui gettati sono destinati a
dare frutto. Proprio così ci piace immaginare questo novello sacerdote… come il germoglio tenero di un grande albero che ha le sue radici profonde nella fede e nell’amore per Gesù. Le stesse radici di tanti
fratelli saveriani che, come il nostro p. Rinaldo, hanno fatto della loro vita un dono d’amore per i più piccoli”.
Ha detto p. Rocky: “Padre Rinaldo mi incoraggiava a essere annunciatore della parola e dell’amore di Dio. Sono contento di essere missionario, proprio per questo. Vi chiedo di pregare per me perché io
possa annunciare con umiltà la sua Parola ed essere suo testimone nel
servizio gratuito agli altri”. Padre Rocky è già partito per la missione
in Ciad. Tanti auguri, e padre Rinaldo sia con te!
2007 OTTOBRE
FRIULI
33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70
Tel. 0432 471818 - Fax 0432 44185
E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336
La chiesa locale per il mondo
I “fidei donum” del Friuli / 1
“è importante vedere di persona”
Don Elia è di Pasian di Prato
e vive in Africa dal 1975.
ero in seminario,
Q uando
due miei compagni si tro-
vavano in Burundi e durante un
breve rientro in Italia, nel 1974,
mi avevano lanciato la proposta
di andare a trovarli. Ho accettato
l’invito e sono stato da loro per
40 giorni. Ho visto la situazione
di povertà della gente e anche
dei preti.
Tornato in Italia, sono andato
dal vescovo mons. Alfredo Battisti e gli ho manifestato il mio
desiderio. Lui abbracciandomi
mi ha detto: “È lo Spirito Santo
che ti ha messo nel cuore questo
desiderio”. Mi sono preparato un
po’ e sono partito per il Burundi nel 1975, dove sono rimasto
quattro anni fino all’espulsione
dei missionari da parte del presidente Bagaza. Dopo un anno,
don ELIA LEITA
nel 1980, si sono aperte le porte
del Congo.
le cose sono andate un po’ meglio. A Fizi,
una grande
A fianco
missione, ho
dei saveriani
lavorato con
Le difficoltà non soquattro preti,
no mancate: la guerra,
tre dei quali
e prima ancora
erano savela lingua. Il
riani. Con i
kirundi è
saveriani mi
una lingua
sono sempre
molto dura.
trovato bene,
Dopo tre
ho vissuto con
mesi ero
loro per tanin grado
ti anni. Non
di leggere
finirò mai di
qualcosa e
ringraziarli.
quindi, di
Con
p.
poter ceGiampaolo
lebrare la
Codutti abMessa. Poi,
biamo vissuto
quando sono
momenti belli
passato in Cone speciali. Rigo, con lo
cordo che una
Don Elia Leita alla radio si mette in contatto
s w u a i l i , con i confratelli nella diocesi di Uvira, in Congo volta, tornan-
I “fidei donum” del Friuli / 2
“Una missione gratificante per tutti”
Don Pietro è originario di Lavariano e lavora in Brasile come
“fidei donum”.
E
rano gli anni del concilio
Vaticano II. I vescovi dell’America latina frequentavano i
seminari italiani facendo appello per un servizio temporaneo
nelle loro chiese, povere di clero. C’era bisogno di un’azione
pastorale di liberazione da tante
ingiustizie e di solidarietà reale
con i poveri del mondo.
Era un progetto che rispondeva ai miei ideali e a quelli di tanti giovani religiosi, preti e laici
di quel tempo. I vescovi d’Italia, accogliendo con sensibilità
l’appello di quelle chiese, davano la possibilità a tanti di prepa-
8
rarsi, organizzarsi e partire, sempre sostenuti dalle diocesi di origine. Anch’io, dopo alcuni anni
di servizio a Udine, sono partito
per il Brasile, aggiungendomi ad
altri sacerdoti diocesani che già
si trovavano in quella nazione.
Un bel lavoro di squadra
Dopo tanti anni vissuti con il
popolo brasiliano, mi sento parte della sua storia. Inserirsi in un
contesto ecclesiale diverso e in
un ambito socio-culturale nuovo
è sempre una sfida per un sacerdote “fidei donum”. Dura tutta
una vita, perché non si ama mai
abbastanza. Qui mi sento bene e
realizzato in tutti i sensi. Vivo e
lavoro nello stato del Cearà, nel
mondo contadino, dove ospitali-
Don Pietro Del Fabbro dopo la celebrazione di un battesimo nella sua parrocchia
di Quiterianòpolis, nella diocesi di Crateùs in Brasile
don PIETRO DEL FABBRO
tà e accoglienza, rispetto e riconoscenza, solidarietà e religiosità sono valori ancora presenti.
La diocesi di Crateùs è in una
regione molto povera del nordest
brasiliano. Con la figura profetica di mons. Antonio Fragoso,
ha preso la strada della pratica liberatrice, aiutando la gente a diventare cosciente dei suoi diritti
e della sua dignità. I laici, attraverso le comunità di base rurali e
urbane, svolgono un servizio ecclesiale con grande senso di responsabilità. Le assemblee parrocchiali e diocesane sono sempre composte da laici, sacerdoti,
religiosi e vescovo, in un unico
progetto di pastorale.
Chiesa a servizio della vita
Una forte e costante tensione
missionaria porta la chiesa locale a scoprire le necessità prioritarie e a tentare l’incontro diretto,
propositivo e fraterno. La liturgia, che celebra la fede e la Parola di Dio, è sempre vivace e ispiratrice di risposte alle situazioni
concrete. Infine l’azione pastorale si riassume nel suo obiettivo
generale: “essere chiesa a servizio della vita, segno e annuncio
del Regno, a partire dalla realtà
degli esclusi”.
Servire il regno di Dio è un privilegio. Scoprire la sua bellezza,
nascosta negli uomini e donne di
oggi, e aiutarli a portarlo sempre
di più alla luce, è una missione
gratificante per tutti.
■
Sono trascorsi 50 anni da quando Pio XII ha scritto l’enciclica
“Fidei donum”. Il documento conteneva una proposta eccezionale e nuova nel campo dell’impegno missionario. Fino ad
allora, infatti, la missione “alle genti” era un’opera generosa di
alcuni “specialisti” - i missionari e le missionarie appartenenti
a vari ordini e istituti - sotto la guida del Papa e della Congregazione di Propaganda Fide.
Pio XII rompe questo schema e formula una concezione più
ricca di missione, raccogliendo un’esigenza che era andata maturando nella chiesa. Il Papa fa presente che tutti i vescovi sono responsabili, con il successore di Pietro, della missione della
chiesa che “deve abbracciare tutte le nazioni e tutti i tempi”
(Fidei donum, 15). Ogni chiesa locale è per il mondo, e anche
ogni sacerdote è ordinato per il mondo.
L’arcidiocesi di Udine ha risposto all’appello del Papa: quasi una ventina di sacerdoti sono partiti per aiutare le chiese
di Argentina, Brasile, Burundi, Congo e Papua Nuova Guinea.
Ultimamente, insieme ai sacerdoti, anche alcuni laici hanno
cominciato a impegnarsi donando alcuni anni della loro vita
ai fratelli più bisognosi. Al momento attuale, sono in missione tre “fidei donum”. Due di loro ci hanno raccontato la loro
esperienza missionaria. Li ringraziamo.
p. Domenico Meneguzzi, sx
do dalla visita alle comunità nella foresta, dovevamo attraversare
un ponte mal messo. Lui scende
dalla macchina per guidarmi, ma
quando sono già a metà del ponte, visto il pericolo, Giampaolo si
mette le mani tra i capelli, si gira
e se ne va. Non so come, ma sono riuscito ad arrivare dall’altra
parte del ponte sano e salvo!
Vedere per credere
Per vivere meglio la dimensione missionaria della nostra vocazione cristiana, l’ideale è fare uno
“scambio di persone”. È importante vedere come stanno le cose,
come si vive in missione. Per il
25.mo di sacerdozio, ho invitato i
miei compagni da me, in Congo.
Non è venuto nessuno. Allora ho
detto loro: visto che non avete accettato, mi date l’equivalente dei
biglietti aerei per comprarmi una
Landrover. Lo hanno fatto, e sono
stati di parola.
L’ideale è andare a vedere: le
foto vanno bene, ma non bastano. Non ho nessuna difficoltà a
fare questa proposta a un prete:
quest’anno invece degli esercizi
spirituali, va’ a fare una visita a
qualche missionario; ti farà bene!
■
PRETI da 40 anni
p. D. MENEGUZZI, sx
Quarant’anni fa, il 15 ottobre 1967, venivano ordinati a Parma 32
sacerdoti saveriani. Vescovo consacrante era il compianto mons. Gianni Gazza, allora superiore generale dei Missionari Saveriani. Di quei
32 neo sacerdoti, ben cinque eravamo “friulani” e tutti siamo passati
dalla comunità di Udine. Eccoli:
P. Carlo Primosig (ora in Italia), p. Riccardo Nardo (ora in Congo), p.
Rodolfo Ciroi (ora in Indonesia), p. Domenico Meneguzzi (ora in Italia) e p. Gianfranco Cruder, che ci ha lasciato per andare a vivere nella gloria di Dio Padre. Era il più vivace e simpatico. Un brutto incidente sulle strade dell’Indonesia, in sella alla sua amata motocicletta, ha
posto fine alla sua vita.
Alla fine di agosto, ben undici saveriani di quella classe, in Italia per
il loro ministero pastorale o per un periodo di vacanza, ci siamo ritrovati a Parma per celebrare questa gioiosa ricorrenza. Abbiamo celebrato la santa Eucarestia pochi chilometri fuori Parma, nel santuario
mariano di Fontanellato, caro al nostro fondatore beato Conforti.
A noi si è unito il carissimo p. Amato Dagnino, allora rettore della
comunità degli studenti di teologia, che ci ha trasmesso una sua riflessione toccante e sobria. Un’agape fraterna, con scambio di ricordi e di
tante altre cose belle, ha concluso il nostro fraterno incontro.
I saveriani che hanno festeggiato i 40 anni di Messa.
Da sinistra: Coruzzi, Casonato, Primosig, Leoni,
Ciroi, Pettenuzzo, Meneguzzi, Celli,
Milani V, De Vidi, Pennino (seduto)
2007 OTTOBRE
MACOMER
08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9
Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706
E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084
Così ricordiamo p. Virgilio Mirto
Nel 60° anniversario della sua morte
parlando, di
U manamente
padre Virgilio Mirto, dei
giuseppini di Asti, si potrebbe
dire che è un eroe senza medaglia o un santo sconosciuto senza l’onore degli altari. Ma per
fede, dobbiamo ripetere le parole di Gesù, quando ha incontrato
i discepoli tornati dalla missione
per annunciare il regno di Dio:
“Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nei cieli!”.
Guasila:
la missione continua
Questo pensiero è valido per
ogni missionario che muore nel
compiere la sua missione eroicamente, come p. Virgilio Mirto il
15 luglio del 1947, nel tentativo
di salvare alcuni ragazzi dai flutti del mare, attorno a uno scoglio
di Orrì, o silenziosamente come
p. Ivaldo Casula in un letto dell’ospedale a Makeni, colpito dalle malattie dei poveri della Sier-
ra Leone.
Questi due missionari di Guasila sono stati uniti dal paese di nascita e dallo spirito missionario
per annunciare il regno di Dio.
Per un disegno della provvidenza,
la tragica morte di p. Mirto, che a
Padre Virgilio Mirto
p. DINO MARCONI, sx
Tortolì aveva fondato il “seminario sardo per le missioni estere”,
offrì la possibilità di aprire la prima casa apostolica in Sardegna
dei missionari saveriani di Parma
(1° settembre del 1947).
Possiamo dire che il desiderio di un seminario missionario
in Sardegna è stato portato avanti dai missionari saveriani prima
a Tortolì, poi a Macomer e a Cagliari. Padre Luigi Caria, che era
a Tortolì tra i primi alunni del
seminario sardo per le missioni
estere, è diventato testimone della morte dei suoi due concittadini, dei quali ha condiviso lo spirito missionario e la missione: p.
Virgilio Mirto a Orrì e p. Ivaldo
Casula in Sierra Leone.
Per dare vita... si muore
Padre Virgilio e padre Ivaldo
sono solo due testimoni del vangelo di cui conosciamo il volto
e il luogo della testimonianza.
Due belle iniziative missionarie
Gesti di solidarietà a Guasila e Macomer
F
abio Matteo di Guasila ha
condiviso il giorno della
sua Cresima con gli amici di p.
Luigi Caria e dello zio p. Ivaldo
Casula, in Sierra Leone, offrendo loro l’equivalente della spesa
per le bomboniere. Ha ringraziato i familiari per aver contribuito a rendere importante questo
giorno. Seguiamo il suo esempio per rendere i nostri avvenimenti religiosi delle belle feste
missionarie. Fabio Matteo ha
detto: “La mia bomboniera non
è un oggetto; è un sorriso di quel
bambino povero che avrà la possibilità di un futuro migliore”.
Una bomboniera speciale
Il suo gesto ci dice che l’anno catechistico in preparazio-
8
ne alla prima Comunione e alla
Cresima può essere un’occasione per educare i ragazzi allo spirito missionario della carità universale. L’evangelista Giovanni
ce lo ricorda nel miracolo della condivisione dei cinque pani
e due pesci, che Gesù ha accolto
per sfamare la folla. “C’è qui un
ragazzo con cinque pani e due
pesci; ma che cos’è questo per
tanta gente? Gesù prese i pani e,
dopo aver reso grazie, li distribuì. E tutti mangiarono”.
L’offerta di Fabio Matteo può
essere una proposta di catechesi
all’amore. Costa solo un po’ di
impegno a favore degli altri che
sono nel bisogno, con lo spirito
della condivisione e dell’aiuto
fraterno. Il catechismo è un mo-
Padre Ivaldo Casula (a sinistra) e p. Luigi Caria, saveriani di Guasila; a loro Fabio
Matteo ha dedicato le bomboniere della sua Cresima
p. DINO MARCONI, sx
mento di educazione alla fede e
allo spirito missionario, per rispondere alla vocazione dei cristiani nel mondo.
Le figurine dei
baby calciatori
I ragazzi tesserati con le società sportive di Macomer hanno fatto un album di figurine dei
baby calciatori con i responsabili dei gruppi sportivi. Il ricavato dalla vendita dell’album
“Chi ama il tuo sport” è offerto
ai missionari saveriani del Congo, perché più bambini abbiano
la possibilità di svolgere un’attività sportiva e di vivere momenti
di amicizia, in un paese rovinato
da dieci anni di guerra.
Il signor Muggianu del gruppo
sportivo “pizzinnos” ci conferma
con soddisfazione che l’iniziativa ha avuto successo. L’album
dei baby calciatori è stato richiesto da molte persone per vedere
qualche immagine di gloria dei
giovani sportivi, in preparazione al campionato della vita. Lo
sport diventa veramente un momento di educazione alla solidarietà e alla socializzazione dei ragazzi, perché si sentano fratelli di
tutti e concittadini del mondo.
L’iniziativa è interessante per
creare un agonismo pacifico negli stadi e nei campi sportivi, teatro a volte di violenza giovanile
da parte di tifosi facinorosi. ■
Un folto gruppo di “apostolini” e formatori saveriani a Macomer nel 1958
Ma rappresentano il bene nascosto che nella storia, attraverso la
forza di Dio, si sta realizzando
mediante il dono totale della vita
da parte di tante persone.
Nel santuario del beato Guido Conforti, a Parma, accanto
all’altare e alla tomba del fondatore dei saveriani, è custodita la “croce dei martiri della storia”. Ricorda a tutti i missionari
la raccomandazione del Conforti: “Da Lui, che ha versato sino all’ultima stilla il suo sangue
per riscattare l’umanità, imparate a sacrificarvi per i vostri fratelli”. Gesù è il buon Samaritano che offre la vita per i fratelli
e si prende cura di tutti, per dare
loro la speranza di risorgere.
Nei tanti “crocifissi della storia” vediamo realizzate le parole
di Gesù: “Se il chicco di grano,
caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Non c’è altra strada: per dare vita agli altri,
occorre donare la propria vita. In
ogni esistenza, c’è un calvario e
una croce; c’è un sepolcro che,
da luogo di morte, si trasforma
in culla di vita nuova, se il seme
gettato in terra accetta di morire
e rinascere.
Ma ne vale la pena!
Cadere in terra e morire non è
solo la via per portare frutto, ma
anche per “salvare la propria vita”, cioè per continuare a vivere! “Cosa serve all’uomo guadagnare tutto il mondo se perde la
vita?” - il giovane Francesco Saverio si è convertito con queste
parole del vangelo, che Ignazio
di Loyola gli ripeteva. Il grande missionario dell’Asia non ha
perso la vita, seguendo le illusioni del suo tempo; ha guadagnato
la vita facendo conoscere il Signore della vita a tanti popoli.
Oggi tanti modi di vivere ci fanno sprecare la vita per cose senza
senso, in avventure ed evasioni, in
illusioni che portano a nulla. Ma
noi abbiamo la possibilità di scegliere. Possiamo decidere di vivere la vita con Cristo, per riempirla di significato e di gioia. Per
questo, nel 60° anniversario della
morte di p. Virgilio Mirto, ricordiamo le parole di Gesù: “Rallegratevi, perché i vostri nomi sono
scritti nei cieli!”.
■
OTTO DIES A SAS ANIMAS
Il ricordo dei defunti, per noi
cristiani, non è solo nostalgia
dei nostri cari, ma speranza
di partecipare alla resurrezione di Gesù, e preghiera in comunione con i
santi. Nell’Eucaristia, celebrazione del mistero
della morte e resurrezione di Gesù, noi diventiamo più consapevoli del
senso ultimo della nostra vita.
I missionari saveriani,
celebrano questa speranza nella liturgia euca­
ristica, in comunione con
i defunti, attraverso la
pratica degli “Otto dies
a sas Animas”, nel salone della loro casa, in via
Sulcis 1 - Cagliari
da mercoledì 21 a mercoledì 28 novembre 2007
alle ore 19
Chi desidera unirsi alla nostra preghiera per i propri cari defunti,
può farci conoscere i loro nomi attraverso:
- una lettera, via posta
- consegnando le intenzioni di preghiera alla delegata missionaria
- il nostro C/cp n. 207084, accluso nel giornale
2007 OTTOBRE
MARCHE
60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40
Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639
E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605
SAVERIANI MARCHE
Amazzonia, ritorno alle origini
“Anche qui la gente ci vuole bene"
R
ingrazio la comunità saveriana di Ancona che mi offre l’opportunità di scrivere sulla
pagina delle Marche. È un’occasione per salutare tutti gli amici
incontrati durante questi ultimi
anni trascorsi in quella bella regione e per ringraziarli della loro
amicizia verso le nostre missioni e verso la comunità saveriana
di Ancona.
Bellezze naturali
e interessi internazionali
L’arrivo in Amazzonia nel giugno del 2006 è stato per me un
ritorno al “primo amore”. Infatti, ero già stato qui nel lontano
1972. Poi mi è stato chiesto di
lavorare nel Brasile del sud e là
sono rimasto fino al 1995. Tornato a Belém, capitale dello sta-
to del Pará, sono stato incaricato
di fare il rettore della casa regionale dei saveriani, rinunciando
così al lavoro pastorale diretto.
Qui fa un gran caldo tutto l’anno e ho nostalgia della fresca tramontana di Ancona!
Sull’Amazzonia ho alcune
idee personali che, a mio avviso,
hanno un fondamento di verità.
Dio ha creato questi posti bellissimi per le piante, i pesci, gli
animali e per gli indio, che sono sempre vissuti in questo paradiso praticando gli “sport” della
caccia e della pesca... Poi sono
arrivati i bianchi con la loro sete
di ricchezza.
Avanzano, bruciano e disboscano, portando via solo il legname di maggior valore commerciale. Così la terra disponi-
p. RAFFAELE BARTOLETTI, sx
bile è sempre di meno. Le compagnie minerarie cercano sotto
terra, buttano per aria e, quando il minerale finisce, neppure si preoccupano di chiudere le
buche! È positivo, però, che anche la stampa nazionale denunci questi abusi, chiedendo per
l’Amazzonia un progresso “ecosostenibile”.
Siamo pochi
e molto ricercati
Il mio lavoro di pastorale diretta è limitato, però collaboro
con i confratelli che “in lontane
contrade spargono sudori”. Molti lavorano fino a 26 ore di corriera da Belém. I saveriani arrivano alla nostra casa per qualche
giorno di riposo o, i più anziani,
per qualche ritocco alla ...carroz-
SPAZIO GIOVANI
Missione è aprirsi all'altro
Laici saveriani delle Marche in Congo
a Goma il priA rriviamo
mo agosto, insieme a Lui-
gi e Fatma, due amici del gruppo “Giovani in missione”. Quest’anno infatti, noi laici saveriani abbiamo affiancato p. Mario
Ughetto nel cammino di questo nuovo gruppo. Un percorso
di formazione sui temi e la spiritualità della missione che si conclude con un’esperienza estiva di
un mese.
Sono sei i giovani che decidono di partire e proponiamo come
meta proprio la missione dei laici saveriani a Goma, dove vivono da quattro anni gli amici Paolo, Giovanna e Angela.
Goma, città senza pace
Goma ci accoglie con una lunga strada dritta, polverosa, piena
di buche, nera come la pece, attorniata da baracche e negozietti
8
fatiscenti su viuzze di pietra lavica. Nel 2002 il vulcano Nyaragongo, che sovrasta imponente
la città, l’ha sepolta in gran parte sotto i suoi fiumi di lava.
Ai lati della strada principale,
popolata di biciclette e jeep barcollanti, c’è un intero popolo:
tanta gente va avanti e indietro in
un eterno camminare. È un popolo povero, ma colorito e pieno di
vita. “È un popolo in cammino,
che sta ancora cercando la terra
promessa”, ci spiega p. Antonio
Belardelli. È un impatto molto
forte quello con l’Africa, che va
al di là di ciò che potevamo immaginare, ma che riconosciamo
subito come “una grazia”.
Goma, città del Congo al confine con il Ruanda, è tristemente
famosa per i tanti profughi di etnia hutu che nel 1994 vi si sono
rifugiati, per scampare alle rap-
Fabrizio a Goma tiene per mano due bambini,
sotto lo sguardo vigile delle mamme
zeria e agli impianti.
A Belém,
metropoli di
circa due milioni di abitanti, c’è un buon
gruppo di diaconi e ministri dell’Eucaristia; ma i sacerdoti sono
sempre troppo
pochi e “ricercati”. Un venerdì pomeriggio due donne
hanno bussato
alla porta della nostra casa, supplicando perché un sacerdote andasse nella loro comunità a celebrare la Messa per un loro parente deceduto. Ho pensato: “Vado
e torno!”. Poi ho chiesto dove si
trovasse la loro comunità.
Mi hanno risposto: “Padre, se
parte questa sera con il battello
e viaggia tutta la notte, arriverà
in tempo perché il funerale è fissato per domani pomeriggio”. A
questo punto ho fatto capire che
proprio non potevo. Hanno avuto molta comprensione e non si
sono offese. Credo che si siano rassegnate a fare il funerale
...senza il prete!
BEATRICE e FABRIZIO
presaglie dei tutsi ruandesi. È da
sempre una zona molto contesa,
perché ricca di oro, diamanti e
coltan (il minerale dei nostri telefonini!). Per questo le multinazionali straniere hanno sempre avuto interesse a creare instabilità politica in tutta la zona.
Nel nord Kivu c’è guerra da oltre 10 anni!
I nostri primi maestri
La povertà è estrema: la gente
non ha niente e, pur volendo, si
trovano poche cose da acquistare. Le case sono essenzialmente
baracche, senza acqua né luce; i
vestiti in vendita sono abiti usati provenienti dall’Europa. Ma,
fin dal primo giorno, ogni volta che usciamo, frotte di bambini in festa ci vengono incontro:
sembra che ci aspettino. Ci chiamano, ci prendono in giro, ci accarezzano. Chiedono di tutto e
ci costringono a metterci in gioco subito. Sono i nostri maestri:
ci fanno capire che la missione
è prima di tutto aprire l’animo
e desiderare di incontrare l’altro, come un fratello e con tutto il cuore.
Davanti a questi bambini meravigliosi, gli occhi si riempiono di lacrime osservando i vestiti
stracciati, i piedi nudi, le guance
gonfie e malate. Testimoniano,
in modo spietato, la miseria prodotta da tanti anni di guerre e di
sfruttamento.
■
(continua nel riquadro)
La piaga della violenza
A volte vado ad aiutare i missionari che lavorano vicino a
Belém e Abaetetuba. Nella periferia di Belém abbiamo due popolose parrocchie, in zone diffi-
Padre Raffaele Bartoletti
sul fiume Amazonas;
sullo sfondo la città di Belém
cili a causa della povertà e della
violenza. Nella stessa periferia ho
avuto modo di ammirare anche lo
zelo delle missionarie saveriane.
Qualche mese fa sono stato a trovarle. Una di loro mi ha chiesto
se avevo dei rosari. “Che bello ho detto - li regali?”. Di fatto li
regalava, ma in situazioni drammatiche! Quando qualche poveretto restava ucciso, lei andava a
pregare per il morto e gli metteva
un rosario tra le dita. Da gennaio
a maggio ne aveva già distribuiti
24! Ma la violenza esiste in tutte
le grandi città del mondo, quando l’aumento della popolazione
è così massiccio che diventa impossibile da controllare.
È bello stare in mezzo a questa gente: è allegra, simpatica e ci
vuole un gran bene. È anche molto religiosa e ricca di fede. Anche
la nostra fede e la nostra vocazione ne risultano arricchite.
■
LA FORZA PRODIGIOSA DEL VANGELO
BEATRICE e FABRIZIO
Abbiamo visitato tante associazioni e comunità che lavorano a Goma: sono vere oasi di paradiso, che lottano tenacemente tra mille difficoltà. Ma sono soprattutto i bambini che ci regalano la loro energia
incontenibile: sono lo specchio trasparente della grande fortezza vitale di questa gente, nonostante la durezza della vita.
Ci appare chiaramente la forza straordinaria e prodigiosa del vangelo!
Le nostre chiese, a volte troppo stanche, avrebbero bisogno di imparare
dalle giovani chiese missionarie! Anche la vitalità delle parrocchie è stata per noi un dono sorprendente. Nella missione di Ndosho, preti, laici e
suore vivono in stretta unità e collaborazione: un’esperienza esemplare
e ricca di frutti. I parrocchiani ci accolgono con tutti gli onori. Anche la
gente dei villaggi più lontani, meno abituata alle visite dei bianchi, è felice di darci la mano e salutarci. I missionari ci raccontano la fede straordinaria di questa gente, che si affida a Dio con radicalità e purezza. È
una fede palpabile e contagiosa. La riconosciamo anche nei tamburi e
nei canti di gioia, che esplodono in tutti i momenti della giornata.
Tutto ci richiama alla mente i nostri falsi problemi e le esigenze che
noi spesso ci creiamo - pur avendo tutto il necessario e il superfluo! e che ci fanno vivere in eterna insoddisfazione, spingendoci su strade
lontane dalla verità…
“La missione è stata
un dono speciale. Abbiamo ricevuto molto
di più di quello che abbiamo lasciato”, ci dicevano Paolo e Giovanna.
Anche per noi, nel nostro piccolo, è stato così. Ora la sfida è rinnovare il nostro modo di
vivere, perché anche
qui abbiamo una missione da compiere.
Beatrice, unico “viso pallido”,
tra i bambini di Goma
2007 OTTOBRE
PARMA
43100 PARMA PR - Viale S. Martino, 8
Tel. 0521 990011 - Fax 0521 990002
E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437
Valore dell'amicizia missionaria
Accanto ai saveriani giovani e anziani
ottobre a giugno di ogni
D aanno
il Gams - Gruppo
amici missionari saveriani - si
trova il primo giovedì del mese,
nel santuario del beato Guido
Conforti a Parma, per la santa
Messa, celebrata dall’assistente
spirituale p. Ulisse Zanoletti. Vi
partecipano anche numerosi saveriani della casa madre, i gio-
vani studenti di teologia e i missionari che si trovano a Parma di
passaggio, rientrati dai paesi di
missione.
La preghiera comune come i
momenti di festa insieme sono
occasioni per crescere nell’amicizia, per approfondire la conoscenza della spiritualità confortiana e per condividere tanti
EMILIA BONFANTI
momenti importanti della vita
del Gams e della comunità dei
missionari saveriani.
Ricordo di Maria Teresa Tanzi
Il 2 ottobre 2006, ha improvvisamente raggiunto la casa del
Padre celeste Maria Teresa Tanzi, per anni attiva e benemerita
presidente del Gruppo. L’abbia-
Amici e amiche dei missionari saveriani di Parma - GAMS - con la presidente sig.ra Emilia Bonfanti,
al santuario della Madonna delle Grazie di Ardesio, accompagnati da p. Ermanno e p. Ulisse
Preti da quarant'anni
A Fontanellato, con p. Dagnino
fa, il 15 ottoQ uarant’anni
bre 1967, venivano ordina-
ti a Parma 32 sacerdoti saveriani.
Vescovo consacrante era il compianto mons. Gianni Gazza, allora superiore generale dei Missionari Saveriani.
Alla fine di agosto, undici padri saveriani di quella classe, in
Italia per il loro ministero pastorale o per un periodo di vacanza,
si sono ritrovati a Parma per celebrare questa gioiosa ricorrenza. Con loro, anche p. Pettenuzzo, p. Vasco Milani e il parmense p. Giancarlo Coruzzi, missionario in Brasile e in Mozambico
e ora a Parma per cure (primo a
sinistra).
Hanno celebrato la santa Eucarestia nel santuario mariano
di Fontanellato, caro al
nostro fondatore beato Conforti. A loro si è
unito il carissimo padre
Amato Dagnino, allora rettore della comunità degli studenti di teologia, che ha trasmesso una sua riflessione toccante e sobria.
Un’agape fraterna, con scambio di ricordi e di tante altre cose belle, ha concluso questo fraterno incontro.
■
A destra, padre Amato Dagnino ha parlato ai suoi... alunni quarantenni.
Sotto, gli 11 saveriani che hanno celebrato a Fontanellato (PR) il loro 40° di
ordinazione sacerdotale (da sinistra): ICoruzzi, Casonato, Primosig, Leoni, Ciroi,
Pettenuzzo, Meneguzzi, Celli, Milani V, De Vidi, Pennino (seduto)
mo ricordata con una rosa bianca
sull’altare, nella santa Messa del
primo incontro dell’anno. Con
lei abbiamo imparato a seguire
i giovani studenti saveriani di
teologia. È stata commovente la
cerimonia in cui gli studenti di
Parma e Ancona sono stati ammessi all’accolitato e al lettorato, i primi gradini del cammino
verso il sacerdozio.
In un successivo incontro, abbiamo ascoltato con interesse le
esperienze dei saveriani in missione, attraverso la lettura delle
loro lettere. Così le porte del
santuario si sono aperte verso i
Paesi dove i missionari lavorano
e pregano. Cinque lampade votive con i colori dei cinque continenti sono state portate all’altare, insieme alle nostre offerte,
piccolo ma prezioso aiuto al loro
impegno per fare del mondo una
famiglia tra i poveri e i lontani.
Con i saveriani
della casa madre
Padre Domenico Milani, che
quest’anno ha celebrato la “Messa di diamante”, nel giorno del
suo anniversario ci ha donato la
testimonianza di fedeltà di una
vita tuttora attiva al servizio del
vangelo e dell’umanità.
Nella casa madre dei saveriani
vivono vari missionari che, per
malattia o per età, hanno dovuto lasciare ogni attività. In una
commossa celebrazione con p.
Emilio Baldin, rettore della comunità, abbiamo pregato con
loro e per loro. La Provvidenza
ha voluto che tornassero nella
casa da dove erano partiti per
la missione in terre lontane, per
trascorrere questo periodo importante della loro vita terrena.
Al santuario delle Grazie
Alla fine del mese di maggio,
con una gita pellegrinaggio ben
organizzata, abbiamo raggiunto
l’accogliente casa saveriana di
Alzano Lombardo (Bergamo) e
visitato le celebri sacrestie lignee
della chiesa di San Martino, vero
gioiello dell’arte lombarda. Poi
siamo andati su per la Val Seriana Superiore fino ad Ardesio,
paese natale di p. Zanoletti e di
p. Camera.
Nel santuario della Madonna delle Grazie, in quest’anno
giubilare del 400° anniversario
dell’apparizione della Vergine,
abbiamo detto il nostro “grazie”
a Maria e chiesto una particolare
benedizione per tutti i saveriani
e per gli amici e le amiche che li
aiutano concretamente. Il pomeriggio sul lago d’Iseo ha concluso una bella giornata di grande
amicizia.
Saluti e... benvenuti!
L’ultimo incontro di giugno
ha coinciso con il saluto ai due
diaconi, il camerunese Maurice
Ndje Ndje e il messicano Martin
Mejia, che hanno lasciato Parma,
per ricevere l’ordinazione sacerdotale nelle loro terre d’origine
e poi partire per le missioni. Noi
del Gams li abbiamo festeggiati
e li accompagneremo con la nostra amicizia, mentre ci prepariamo a conoscere i nuovi che arriveranno per studiare a Parma.
A conclusione dell’attività
del nuovo consiglio, prima della
pausa estiva, abbiamo fatto una
visita al camposanto di Collecchio per un saluto, una preghiera
e un rinnovato “grazie” alla nostra compianta presidente Maria
Teresa Tanzi.
L’attività del Gams riprende
il primo giovedì di ottobre, con
rinnovato impegno e con la certezza di contare su nuovi amici e
nuove amiche dei missionari saveriani. Chi desidera contattarci, si rivolga a padre Ulisse (tel.
0521 990011) oppure a Emilia
Bonfanti (tel. 0521 282265). ■
IL CALENDARIO GAMS 2007-2008
Il GAMS - gruppo amici dei missionari saveriani - riprende le normali attività. Chi desidera unirsi, è benvenuto! Chi desidera informarsi, si rivolga a
p. Ulisse (tel. 0521 990011) o a sig.ra Bonfanti (tel. 0521 282265).
Ecco il calendario degli incontri per l’anno 2007-2008, presso i Missionari Saveriani, in viale S. Martino 8 - Parma.
2007
4 ottobre, ore 16
8 novembre, ore 15,30
29 novembre (Avvento), ore 15,30
13 dicembre (Messa del dono), ore 15,30
2008
8
10 gennaio, ore 15,30
31 gennaio, ore 15,30
7 febbraio (Quaresima), ore 15,30
6 marzo: ritiro di Pasqua, ore 10,30 e Messa alle 16
3 aprile, ore 16
8 maggio, ore 16
22 maggio: Verifica di fine anno, ore 16
29 maggio: gita annuale
5 giugno: chiusura dell'anno 2007 OTTOBRE
PIACENZA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
Così ricordo p. Roberto Beduschi
Da Rivarolo Mantovano al grande Brasile
P
adre Roberto Beduschi è
morto a Campinas, in Brasile, il 28 luglio scorso. Con lui,
ho collaborato per molti anni.
Eravamo confratelli. In Brasile
si dice: “Quando nasce un bambino, le persone ridono e il bambino piange; quando muore un
fedele, le persone sono tristi e il
morto riceve da Dio la felicità”.
Sono certo che p. Roberto è ora
felice in Dio.
Da seminarista a saveriano
Figlio di Francesco e Maria
Basani, Roberto era nato a Rivarolo Mantovano nel 1921. Gli
piaceva il suo paese, tanto che
diceva con enfasi: “Fu costruito dai Gonzaga a uguale distanza da tre città”. Una volta venne in visita il vescovo di Parma
mons. Conforti. Il piccolo Roberto, chierichetto, fu incaricato di reggere la mitra. Forse grazie anche a quell’incontro, decise di entrare nel seminario di
p. DANTE VOLPINI, sx
Cremona, dove ha studiato fino re del giornale “Missionari Saveriani”, che portò da 4.500 a
al liceo.
Nel 1940 ha scelto di essere 45.000 copie.
Nel 1960 divenne parroco del
missionario saveriano. Dopo gli
“Sacro Cuostudi di teore” a Parma,
logia a Pardove rimama, durante
se per dieci
la guerra, fu
anni. Erano
ordinato sai tempi del
cerdote inconcilio Vasieme ad alticano II e
tri sette misdel rinnovasionari il samento liturbato sangico. Padre
to 20 aprile
Beduschi
1946, nelfu il primo
la casa del
tra i parroci
vescovo. Fu
di Parma ad
formatore e
attuare la riprofessore
forma. Chienelle comuse il pernità di Vimesso al vecenza, Gruscovo, “gimone e Zelarino. Nel
rò” l’altare
1951 divene cominciò
Il sorriso di padre Roberto Beduschi,
ne direttoa spiegare le
in una foto recente
La missione fino alla fine
Ascoltato e benvoluto da tutti
la beatificazione di
D opo
mons. Conforti, fui man-
dato a Pirajù per fare animazione vocazionale. Così partecipai
alla festa dei 50 anni di sacerdozio di p. Roberto. La stessa cosa fu ripetuta l’anno scorso, per
il traguardo dei suoi 60 anni di
Messa.
Le sue parole di saggezza
Ricordo l’esempio di obbedienza di p. Roberto, quando
nel 1996 fu trasferito da Pirajù a
Cantagalo, in una parrocchia con
molte comunità disperse, alcune
delle quali formate dai “senza
terra”. Era certamente una sfida
per un uomo di 75 anni. Ma lui
lo considerò solo un lavoro molto... “missionario”. Non andava
più solo; lo portavano in jeep.
8
p. D. VOLPINI, sx
Ma era sempre pronto a evangelizzare.
All’inizio del 2001 p. Roberto fu trasferito in un quartiere di
Piracicaba, con 39mila abitanti. Due terzi delle persone erano cattolici, mentre un terzo apparteneva a una trentina di sette evangeliche. Già con 80 anni sulle spalle, ma sempre lucido, egli diffondeva messaggi di
grande spiritualità. Ci alternavamo nelle Messe, nelle attività pastorali in parrocchia e nelle
16 comunità cristiane: lui, p. Beto (saveriano brasiliano) e io. Lo
portavo con me alle riunioni del
consiglio parrocchiale e ai raduni delle comunità. Alla fine della
lectio, con la parola di Dio commentata e applicata alla vita reale, c’era sempre la sua riflessio-
I quattro saveriani cremonesi, missionari in Brasile. Da sinistra: p. Leone Occhio,
p. Gabriele Guarnieri, p. Claudio Marinoni e il compianto p. Roberto Beduschi
ne, molto apprezzata da tutti.
Conforti, il terzo patrono
Nel 2005, p. Roberto fu trasferito a Hortolàndia, ed io lo
portai là, a 60 chilometri di distanza, nella casa del noviziato dei saveriani, dov’è “maestro” il bergamasco p. Alfiero Ceresoli. Per due anni egli
è stato per i novizi un modello di obbedienza e umiltà. Diceva: “San Francesco Saverio
è patrono delle missioni per la
sua grande attività missionaria;
santa Teresina del Bambin Gesù lo è stata per le sue preghiere e sacrifici per i missionari;
mons. Guido Conforti dovrebbe essere il terzo patrono delle missioni, per l’Unione missionaria del clero: sacerdoti che
lavorano in un luogo e offrono
tutto - preghiere e azione pastorale - per l’evangelizzazione
del mondo intero”.
La Messa funebre si è tenuta a
Pirajù. La sua salma è stata portata nel cimitero, accompagnata
da moltissima gente. Padre Roberto è stato sepolto vicino alla chiesa del cimitero, dove ogni
primo lunedì del mese è celebrata la Messa. Il suo corpo risusciterà nell’ultimo giorno, ma l’anima è già nella casa del Padre e
contempla il volto di Dio, nella
gioia piena ed eterna.
■
parti della Messa. Ogni domenica molti studenti saveriani andavano al “Tempio” per ascoltare la sua omelia. Per tre anni fu
maestro dei novizi a Nizza Monferrato: parlava con entusiasmo
di Gesù, della chiesa, delle missioni e del fondatore Conforti.
“Kosmos”,
mensile missionario
C’era bisogno di un maestro
dei novizi anche in Brasile e lui
desiderava andare in missione. A
novembre del 1973 egli sbarcava in Brasile e, qualche mese dopo, era già maestro dei novizi a
Centenario do Sul. Voleva che i
novizi facessero apostolato nelle
comunità ecclesiali di base della zona.
Nel 1977 p. Roberto fu nominato rettore della teologia, ma
restò pochi mesi. Preferì fare il
parroco a Goioeré. Insieme a un
altro missionario, preparava sussidi per le comunità di base che
diffondevano il vangelo tra la
gente. Così metteva in pratica il
suo motto: “seminare, seminare,
seminare”.
Nel 1980 p. Beduschi fu chiamato a San Paolo per essere il
redattore del mensile “Kosmos”,
un giornale simile a “Missionari
Saveriani”. Insieme a p. Adolfo
Codini (scomparso il 23 luglio
scorso) pensò di fare il giornale lavorando in una parrocchia di
periferia. Il superiore dei saveriani pensò a una comunità con
5 missionari - tra cui io - e ne fissò i compiti. Padre Roberto era
coordinatore della comunità, di-
rettore di “Kosmos” e responsabile della pastorale nel quartiere
popolare “José Bonifàcio”.
Entusiasmo e allegria
Nei giorni feriali lavorava per
il giornale e ogni sera, più il sabato e la domenica, visitava le
vie con le minuscole casette di
4 m x 4, o i caseggiati con 30
o 40 mini appartamenti. Formava gruppi di riflessione, comunità di preghiera, invitava la gente a Messa, evangelizzava le famiglie.
Era pieno di entusiasmo e suscitava allegria: era famoso il
suo “oh-là-là!”. Con la sua arte
oratoria e la mimica, trascinava
tutti nell’attività di evangelizzazione. Fu un lavoro straordinario, cominciato da zero e con poche persone, in ambienti provvisori. Fiorirono nuove comunità e
parrocchie popolose e ben organizzate, con molti laici impegnati nelle attività pastorali. Oggi in
quel luogo ci sono quattro parrocchie, ognuna con più di centomila abitanti.
A metà del 1984 affidarono a
p. Roberto la parrocchia di San
Sebastiano in Piraju, dove rimase
per dodici anni. Con p. Lao Pirola, organizzò le 11 comunità della cittadina e altre 8 comunità rurali. C’erano file di gente che venivano a confessarsi, tutti i giorni. Qui egli diede un forte appoggio alla pastorale familiare con il
movimento chiamato “incontro
di coppie con Cristo”.
■
(continua a lato)
DONATA, MEDICO IN MOZAMBICO
Donata Galloni è un medico che, fino a qualche
mese fa, lavorava nel reparto di malattie infettive dell’ospedale maggiore di Cremona. Un giorno
ha deciso di lasciare tutto
e partire per il Mozambico, con un obiettivo molto
preciso: mettersi a disposizione di chi ha più bisogno
di amore e di cure, in realtà svantaggiate.
Oggi, Donata è coordinatrice di tutti i progetti di “Medici con l’Africa Cuamm”, la più importante
organizzazione non governativa in campo sanitario
riconosciuta in Italia, nata
50 anni fa per promuoveLa dottoressa Galloni alla cerimonia conclusiva
re e tutelare la salute deldel progetto di prevenzione e controllo
del colera a Beira, in Mozambico
le popolazioni africane. (Si
veda anche la notizia sui
“nuovi medici” in Mozambico, a pagina 6 di questo numero).
La dott.ssa Donata è partita da Cremona non perché non apprezzasse la modernità, ma per un’esigenza di giustizia: “Voglio porre in
qualche modo anche solo un piccolo rimedio a certe disuguaglianze”.
In Mozambico, il 70% della popolazione vive in assoluta povertà; solo il 57% ha accesso all’acqua potabile e l’aspettativa di vita non supera i 42 anni.
Per non lasciare sola Donata, alcuni suoi colleghi, che hanno lavorato in Africa, hanno pensato di creare una sezione locale di “Medici
per l’Africa - Cuamm”. Perché, come dice un proverbio africano, “la
strada attraverso la foresta è lunga, solo se non ami la persona che
stai andando a trovare”.
2007 OTTOBRE
PIEMONTE
e liguria
16156 GENOVA PEGLI GE - Viale Modugno, 39
Tel. 010 6969140 - Fax 010 6967910
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00303164
Fidei donum ieri, oggi e... domani?
Se ne parla l'11 ottobre in un convegno
I
centri missionari di Piemonte e Valle d’Aosta,
nel contesto delle celebrazioni per il cinquantesimo dell’enciclica “Fidei donum”, organizzano giovedì 11 ottobre a Villa
Lascaris a Pianezza (Torino) un
incontro regionale dei sacerdoti
“fidei donum” piemontesi rientrati dalla missione.
Una terra generosa
Cinquant’anni fa, quando uscì
l’enciclica “Fidei donum”, tra le
prime diocesi che risposero all’appello di Pio XII di mettere a
disposizione delle giovani chiese sacerdoti diocesani, volontari
laici e personale religioso legato
alla realtà locale, ci furono quelle piemontesi.
Alcuni “pionieri” non avevano
aspettato il sollecito del Papa per
partire. Già da anni, svolgevano
il loro ministero in diverse par-
ti del mondo. La “Fidei donum”
ebbe però il pregio di organizzare meglio, in una dinamica di
cooperazione tra le chiese, questa generosa risposta che nasceva dalla vita delle comunità cristiane, da sempre attente e sensibili alla missione.
Riflessioni e confronto
Con il passare degli anni,
l’esperienza dei “fidei donum”
ha arricchito non solo le giovani
chiese missionarie, ma anche le
nostre chiese antiche, che scoprivano un nuovo modo di fare e di
essere missione. A cinquant’anni di distanza, riflettere su questa lunga storia, sui sentieri percorsi, sui cammini tracciati, sulle luci e sulle ombre, può essere lo stimolo salutare, affinché il
seme gettato diventi germoglio
di una nuova pagina missionaria, per certi versi ancora tutta
DIEGO PIOVANI
da scrivere.
L’incontro regionale dei “fidei donum” si apre con il saluto del cardinale di Torino mons.
Poletto. Seguono due relazioni.
La prima, a carattere storico, è
svolta da don Maurilio Guasco
sulla base di tutti quei documenti sinodali che le chiese piemontesi hanno redatto in questi cinquant’anni, alla luce della propria esperienza missionaria. Nella seconda, mons. Germano Zaccheo, vescovo di Casale Monferrato, analizza l’evoluzione pastorale che ha caratterizzato ciascuna diocesi piemontese nella
cooperazione e comunione intercorsa tra “vecchie” e “giovani” chiese del sud del mondo.
Dopo il pranzo, in una tavola
rotonda, vengono presentate alcune esperienze vissute dai “fidei donum” piemontesi. Il dibattito assembleare precede il mo-
Pellegrinaggi... sotto esame
Convegno a Torino, per saperne di più
L
a regione Piemonte, in collaborazione con l’università di Torino e con il centro di documentazione dei Sacri Monti,
Calvari e Complessi devozionali europei, organizza un convegno internazionale dal 2 al 6 ottobre sul tema: “La bisaccia del
pellegrino, fra evocazione e memoria”.
Una pratica diffusa
nel mondo
La pratica del pellegrinaggio
ai luoghi santi è comune a tutte le grandi religioni, pur presentando, in ciascuna di esse,
caratteristiche e significati diversi. Questo importante fenomeno religioso e sociale trova
la sua origine nella ricerca di un
contatto più diretto con il divino o con il sacro. Diverse sono
anche le motivazioni. Il pellegri-
8
naggio, infatti, può essere compiuto con un fine spirituale, per
adempiere un dovere o rispettare un voto, per ottenere benefici
materiali o spirituali; liberamente, quasi per il piacere di visitare un luogo interessante, o come
tradizione che si ripete in occasioni speciali.
La meta del pellegrinaggio è
di solito un luogo nel quale, secondo la tradizione, si è verificata una speciale manifestazione del divino. In alcune culture il
pellegrino indossa un abito speciale e osserva alcune regole di
comportamento durante l’intero
pellegrinaggio, mentre in altre
questa pratica tende ad assumere le caratteristiche di una sorta
di turismo a sfondo religioso.
Viaggi di fede e di cultura
I relatori del convegno indivi-
Pellegrinaggio a un santuario sui monti: devozione e natura
a cura di DIEGO PIOVANI
duano nel pellegrinaggio convergenze e diversità fra realtà culturali e religiose distanti fra loro, sia nello spazio, sia nel tempo. In particolare, pongono l’accento su due diversi aspetti del
pellegrinaggio. Il primo riguarda il modo di viaggiare, poiché
il pellegrino, storicamente, è una
persona attenta alla complessità
della realtà con la quale viene in
contatto; è desiderosa di conoscere i luoghi in modo non superficiale né frettoloso; vuole
immergersi nella dimensione religiosa, paesaggistica, ambientale, sociale e culturale del territorio che sta visitando.
Il pellegrino, in secondo luogo, è un portatore di fede e di
cultura, poiché tende a conservare la memoria dei luoghi visitati. Spesso cerca anche di riprodurre gli edifici e l’ambiente della sua meta di pellegrinaggio; o
perlomeno porta con sé un’immagine da conservare in casa. In
questo modo il pellegrino cerca
di conservare vicino a sé l’oggetto lontano della sua devozione, e pone le premesse per la nascita di nuove manifestazioni di
pietà popolare.
Le comunità di ogni fede religiosa e i responsabili delle amministrazioni pubbliche sono
chiamati a conservare e a proteggere tutti i luoghi di culto, che
ogni anno sono mete di tanti pellegrini.
■
Don Renato Rosso, sacerdote fidei
donum piemontese, svolge la sua
attività missionaria tra i nomadi
di India e Bangladesh
mento delle conclusioni e delle
proposte programmatiche per il
futuro. Per informazioni e iscrizioni, rivolgersi al centro missionario della propria diocesi.
Un “fidei donum” speciale
Don Renato Rosso è un prete
“fidei donum”... d’avanguardia.
Ordinato sacerdote nel 1972, ha
deciso di vivere tra gli zingari, i
non amati, gli indesiderati e spesso rifiutati. Dopo alcuni anni passati tra gli zingari in Piemonte,
spostandosi da un accampamento all’altro con un carretto trainato a mano, nel 1984 si è recato tra
gli zingari del Brasile. Dal 1993
vive in India e Bangladesh.
Don Renato spende il suo
“randagio” servizio di prete
camminando e vivendo con gli
zingari, in una tenda che viene
allestita per lui negli accampa-
menti. Con gli zingari ha un rapporto di fiducia, che è reciproca.
È co-autore di un libro su di loro, insieme a un ministro indiano: “Nomadi del sud Asia. Antologia di 400 gruppi nomadi e
rom dell’India”.
Durante un incontro, don Renato ha espresso alcune sue convinzioni sul mondo che conosce
da vicino. Gli zingari sono stati sempre perseguitati, anche se
sono l’unico popolo che non ha
mai fatto guerra a un altro popolo. In India e Bangladesh, un sacerdote cattolico, specialmente se straniero, non può favorire
la conversione di un povero o un
fuori casta verso il cristianesimo. Non potendo “cristianizzare”, cosa fa don Renato? Aiuta i
musulmani o gli hindu a essere
“migliori”. Anche questa è “conversione”!
■
LA PREGHIERA DELLA SERA
Dall'omelia al Santuario della Guardia
card. ANGELO BAGNASCO
L’ora della sera, nello svolgersi della vita, è l’ora dolce della giornata, il
momento in cui i tumulti e gli impegni del lavoro si smorzano, tutto entra
in quella quiete vespertina che precede il riposo. È l’ora del raccoglimento
e dei ricordi, del rientro in noi stessi e
spesso della verità di ciò che abbiamo
vissuto durante il giorno.
In fondo all’anima sentiamo una
pace rinnovata, che viene dalla fede e
dalla preghiera. Pregare è vegliare in
attesa della luce. E la luce è venuta, è
continuata oggi, continuerà domani.
Si tratta della calda luce della fede.
Preghiamo la grande Madre, perché
ci doni Gesù:
“Salve Regina! A te ricorriamo noi
esuli figli di Eva”: dove andare lontano da te? Dove curare le ferite dell’anima, gli urti del tempo? Dove trovare riparo e conforto se non in te,
Maria, che ci porti a Gesù, che ci porti
Gesù? Donaci, santa Vergine, il dono delle lacrime: di poter piangere
come l’apostolo Pietro ogni volta che ci allontaniamo da Cristo con i
nostri peccati. Con te vicina il pianto sarà sincero, sarà come il gemito
del bimbo che viene alla luce; alla luce che è Cristo. E sarà ancora una
volta vita nuova, festa nella terra del nostro cuore e festa in cielo.
Grazie, o Maria, perché ci doni Gesù, il Figlio tuo e nostro Salvatore, l’unico che legge fino in fondo i nostri cuori, che non cessa di aver
fiducia in noi, che non tradisce, che ci è veramente amico, che è il nostro ultimo destino. Amen.
(29 agosto 2007)
2007 OTTOBRE
PUGLIA
74020 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15
Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558
E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747
Per costruire un ponte di fede
Don Luigi “fidei donum” in Guatemala
Pellegrino, sacerD ondoteLuigi
diocesano di Taranto,
è in partenza per il Guatemala
come missionario “fidei donum”.
Siamo andati a trovarlo e gli abbiamo fatto qualche domanda.
Quando hai scelto la
missione?
Sono nato nel 1972 e sono
diventato prete nel 1998. Fin
da bambino mi porto dentro il
desiderio di conoscere e di fare
nuove esperienze.
Chi ti ha incoraggiato?
Appena ordinato sacerdote, dopo essere stato per alcuni
anni vice direttore della Caritas
diocesana, sono arrivato qui nella parrocchia “Regina Pacis”,
come vice parroco. A Lama ho
conosciuto un prete del Guate-
mala, p. Edwin Portillo de Paz,
parroco a San Francisco nella
diocesi di Chiquimula - Zacapa.
Sono stato ospite da lui per due
mesi in estate. Poi, ho ripetuto
l’esperienza in altre occasioni e
in altri contesti, sempre in Guatemala. Dopo questi contatti, è
maturata in me l’idea di fare il
prete in un’altra chiesa.
Cosa ti ha spinto a partire?
Prima di tutto, parto per fare
un’esperienza di condivisione e
di fede. Da parte mia non ci sono
pretese, se non quella di condividere una fede universale. In secondo luogo, questa mia scelta
è una risposta evangelica al desiderio del mio vescovo mons.
Luigi Papa che, insieme alla comunità diocesana, si fa partecipe
della missione universale della
a cura di p. A. BERTON, sx
chiesa. Il nostro vescovo aveva
detto che volentieri avrebbe concesso il permesso di partire per
la missione a un suo sacerdote
diocesano, ben disposto a collaborare con un’altra chiesa locale
all’estero. E allora eccomi qui.
C’è stato anche un
gemellaggio!
È vero. La mia scelta è stata
frutto anche di una reciproca conoscenza tra due parrocchie. Abbiamo stretto un vero e proprio
gemellaggio tra la nostra parrocchia di Lama - Taranto e quella
di San Francisco, dove è parroco padre Edwin. La fratellanza
spirituale del gemellaggio tra le
due comunità si è fatta sentire in
tutta la diocesi di Chiquimula
- Zacapa. Se non ci fosse stato
questo scambio, io non avrei mai
L'ANGOLO DEL SILENZIO / 11
Che senso ha “fare missione”?
è autentico il missionario obbediente
L
a radice di ogni vocazione per la missione nasce
da Cristo. Ma è lecito domandarsi: che senso ha fare missione oggi?
A prima vista sembrerebbe
che “far missione” voglia dire soprattutto andare e fare tante cose. Ma se riflettiamo bene
sulle parole dell’apostolo Paolo (che possiamo leggere direttamente nella sua lettera ai Filippesi, capitolo 2, versetti 6 8), allora comprendiamo che
“far missione” - non è
tanto andare, ma credere; non è tanto fare, ma
obbedire.
Obbedire vuol dire chinarsi, piegarsi. Vuol dire cioè,
scendere in un progetto non proprio e consacrarsi in esso per
amore, anima e corpo, fino alla
morte. Così ha fatto nostro Signore Gesù Cristo.
8
Una dinamica misteriosa
Nell’inno a Cristo “Missionario del Padre”, l’apostolo Paolo
mette bene in evidenza il punto
sul quale fa perno tutta la missione di Gesù. Il perno della sua
missione consiste anzitutto e soprattutto nell’obbedire al Padre:
Gesù si è fatto uomo e ha obbedito al grande progetto del Padre. Ha obbedito fino alla morte,
e alla morte di croce. È il martirio di Gesù: per dare la vita al
mondo, Gesù ha sacrificato la
propria vita obbedendo.
Su questa realtà dell’amore
infinito di Cristo si basa la consacrazione e il martirio di ogni
discepolo che si dedica alla missione. È la dinamica cristiana
della morte e della vita: “il seme
p. ANGELO BERTON, sx
che muove
per produrre frutto”. Il
beato Conforti, fondatore dei
missionari
saveriani, si esprime così: “La
consacrazione religiosa è come
una specie di martirio, a cui, se
manca l’intensità dello spasimo,
supplisce la continuità di tutta la
vita”.
Il surrogato
della missione
Possiamo quindi affermare anche oggi che
il discepolo è missionario nella misura in cui obbe­
disce al Signore morto e risorto,
oggi invisibile, attraverso la figura opaca di chi lo rappresenta
oggi in modo visibile.
Pertanto, solo una missione
vissuta nella fede e in comunione con Cristo, attraverso l’obbedienza alla Chiesa e ai superiori
concreti, è una missione evangelica autentica.
Senza questo spirito di obbedienza, che imita il modello del
Signore Gesù, la missione - sia
personale che di gruppo - non è
più una testimonianza fatta in nome di Cristo. È piuttosto un surrogato della missione. Al massimo, può somigliare a una buona
opera di assistenza di tipo umanitario.
■
Don Luigi Pellegrino, sacerdote tarantino, parte per il Guatemala: si augura che il
desiderio della missione apra i cuori di tanti giovani
conosciuto il Guatemala.
Potrai favorire l’animazione missionaria nella nostra
diocesi?
Durante la mia permanenza in
Guatemala mi piacerebbe creare
un reale ponte di fraternità e di
comunione di fede tra la diocesi
di Taranto e quella del Guatemala. Mi auguro che con questa
mia esperienza personale ed ecclesiale, lo spirito della missione
universale di Gesù trovi sempre
maggiore espansione nel cuore
di tutta la nostra diocesi, soprattutto nel cuore dei giovani.
Questo è anche il desiderio del
nostro vescovo.
Per il momento, mi metto in
cammino per accumulare esperienze valide di animazione missionaria da trasmettere a tutti.
Vedremo quello che riuscirò a
costruire qui, sulla base della
mia presenza là. Da lì a qui e da
qui a lì: l’esperienza deve diven-
tare testimonianza, che non si
può delegare ad altri.
Quanto tempo starai in
Guatemala?
Comincio con un impegno di
tre anni, ma poi, a Dio piacendo,
conto di rinnovare l’impegno fino a una decina di anni.
Quando partirai?
Conto di partire entro l’autunno. Ho già frequentato il corso
di preparazione insieme ad altre
45 persone al Cum di Verona, il
centro dove si “allenano” sacerdoti e laici prima di partire per
la missione.
Qualcuno penserà: “Ah, don
Luigi va a fare un po’ di turismo!”. Non è così. Io vado là per
il regno di Dio, in nome di Gesù,
a nome del mio vescovo, a nome
di tutta la comunità diocesana,
per favorire in tutti noi la crescita nella fede.
■
(continua nel riquadro)
TANTI AUGURI A DON LUIGI
p. A. BERTON, sx
Nel bel mezzo dell’estate appena trascorsa, alla parrocchia “Regina Pacis” di Lama - Taranto, è
arrivata una bella notizia: il vice
parroco don Luigi Pellegrino, dopo sei anni di entusiasta ed entusiasmante presenza a Lama, ha
scoperto una vocazione nella vocazione, quella della missione.
Così, entro la fine dell’autunno don Luigi volerà verso il Guatemala, dove si metterà a disposizione del vescovo locale come
missionario “fidei donum”, nella
diocesi di Chiquimula - Zacapa.
Questa sua scelta ha incuriosito tutti gli amici e conoscenti di
don Luigi; ma ha sorpreso felicemente e specialmente anche noi
missionari, residenti nella stessa
parrocchia di Lama.
Don Luigi Pellegrino, da Lama al Guatemala
Il nostro augurio sincero
Noi da qui accompagneremo don Luigi Pellegrino costruendo un
bel “ponte”, fatto non solo con la preghiera e l’incoraggiamento, ma
anche con qualche aiuto concreto di solidarietà. E restiamo in attesa
delle sue lettere, che ci racconteranno la sua nuova esperienza missionaria.
2007 OTTOBRE
REGGIO
CALABRIA
89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze
Santuario Madonna della Grazia
Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891
P. Adolfo Codini: “ora et labora”
Missionario con molti mestieri e tanti hobby
Padre Adolfo Codini è morto il
23 luglio scorso a Madrid, dove
aveva fatto tappa prima di tornare in Italia dal Brasile. Ecco
come lo ricorda p. Dante Volpini, suo compagno di missione.
P
adre Adolfo ricordava con
piacere il seminario maggiore di Anagni, dove aveva studiato. Raccontava che una volta
era stato scelto per fare il cerimoniere in una festa solenne dei
gesuiti. C’erano un cardinale,
alcuni vescovi, vari sacerdoti, i
seminaristi che dovevano servire
all’altare e gli altri nei loro banchi. Mise tutti in fila e, arrivati
davanti all’altare, disse: “Genuflectant omnes!”, e tutti fecero la
genuflessione davanti al Signore. “Che bello!”, commentava.
Passione per le cose pratiche
Fu ordinato sacerdote il 13
ottobre 1968 a Parma e un anno dopo partì per il Brasile. Ci
teneva alle cose fatte bene, con
spiritualità, con profondità, e allo stesso tempo sapeva trattare
con la gente semplice, povera,
in un dialogo da pari a pari. Era
un appassionato radio amatore
e nel tempo libero comunicava
con amici brasiliani e con le altre missioni saveriane nel mondo, organizzando perfino i soccorsi.
Gli fu affidata la parrocchia di
Panema, vicino a Santa Mariana: alcuni paesi in mezzo ai boschi, su terra rossa, lungo la riva
del grande fiume Paranapanema.
In un paese, aveva fatto la chiesa più grande e più alta delle altre. Una volta si ruppero alcune
tegole di eternit e andò lui stesso, con l’aiuto di poche persone, a riparare il tetto. A un certo momento si ruppe un’altra tegola sotto i suoi piedi e cadde al
suolo: un volo di otto metri. Arrivò in piedi, ma si frantumò il
tallone.
p. DANTE VOLPINI, sx
Il grande progetto “Kosmos”
Nel 1981 abbiamo preso parte insieme a un grande progetto.
Cinque saveriani siamo stati incaricati di lavorare nei quartieri popolari di Itaquera e Guaianazes, a 40 chilometri dal centro di São Paulo. Inoltre, dovevamo stampare e divulgare il mensile “Kosmos”, su un’idea di p.
Roberto Beduschi e di p. Adolfo. “Kosmos” era il nostro mensile missionario e veniva confezionato in periferia, a contatto
con situazioni difficili, in mezzo a gente povera. Padre Adolfo
organizzò il nostro arrivo, l’incontro con il vescovo e la prima
Messa nel centro comunitario.
Ottenne in prestito la casa abbandonata dove abbiamo abitato
i primi tempi, sistemando tutto il
necessario. Ci eravamo divisi le
zone e il lavoro: p. Roberto ed io
redigevamo il mensile; p. Adolfo e p. Camillo Didonè lo divulgavano.
L'ANGOLO DEL SILENZIO / 11
Che senso ha “fare missione”?
è autentico il missionario obbediente
L
a radice di ogni vocazione per la missione nasce
da Cristo. Ma è lecito domandarsi: che senso ha fare missione oggi?
A prima vista sembrerebbe
che “far missione” voglia dire soprattutto andare e fare tante cose. Ma se riflettiamo bene
sulle parole dell’apostolo Paolo
(che possiamo leggere direttamente nella sua lettera ai Filippesi, capitolo 2, versetti 6 - 8),
allora comprendiamo che “far
missione” - non è tanto andare,
ma credere; non è tanto fare,
ma obbedire.
Obbedire vuol dire chinarsi, piegarsi. Vuol dire cioè,
scendere in un progetto non proprio e consacrarsi in esso per
amore, anima e corpo, fino alla
morte. Così ha fatto nostro Signore Gesù Cristo.
8
Una dinamica misteriosa
Nell’inno a Cristo “Missionario del Padre”, l’apostolo Paolo
mette bene in evidenza il punto
sul quale fa perno tutta la missione di Gesù. Il perno della sua
missione consiste anzitutto e soprattutto nell’obbedire al Padre:
Gesù si è fatto uomo e ha obbedito al grande progetto del Padre. Ha obbedito fino alla morte,
e alla morte di croce. È il martirio di Gesù: per dare la vita al
mondo, Gesù ha sacrificato la
propria vita obbedendo.
Su questa realtà dell’amore infinito di Cristo si basa la
consacrazione e il martirio di
ogni discepolo che si dedica alla missione. È la dinamica cristiana della morte e della vita:
“il seme che muove per produr-
p. ANGELO BERTON, sx
re frutto”. Il
beato Conforti, fondatore dei
missionari saveriani,
si esprime
così: “La
consacrazione religiosa è come
una specie di martirio, a cui, se
manca l’intensità dello spasimo,
supplisce la continuità di tutta la
vita”.
Il surrogato della missione
Possiamo quindi affermare anche oggi che il discepolo è missionario nella misura in cui
obbe­disce al Signore morto e
risorto, oggi invisibile, attraverso la figura opaca di chi lo rappresenta oggi in modo visibile.
Pertanto, solo una missione
vissuta nella fede e in comunione con Cristo, attraverso l’obbedienza alla Chiesa e ai superiori
concreti, è una missione evangelica autentica.
Senza questo spirito di obbedienza, che imita il modello
del Signore Gesù, la missione
- sia personale che di gruppo non è più una testimonianza fatta in nome di Cristo. È piuttosto
un surrogato della missione. Al
massimo, può somigliare a una
buona opera di assistenza di tipo
umanitario.
■
Nella chiesa di Sasso (Cerveteri), un momento della Messa funebre per p. Adolfo
Codini, scomparso improvvisamente a Madrid il 23 luglio scorso
Paletti e filo spinato...
Padre Adolfo si preoccupò anche della costruzione della casa
parrocchiale, dopo aver ottenuto un terreno attiguo al quartiere Prestes Maia, per costruire
la chiesa e le sale. Il terreno era
dono del dottor Leonardo Gioia,
avvocato di origine italiana. Padre Adolfo mise paletti e filo spinato per distinguere la proprietà,
ma due giorni dopo trovò il filo tagliato e sostituito da un altro, messo da una persona che rivendicava come sua la proprietà di quel terreno. Padre Adolfo
non si perse d’animo e, aiutato
da alcuni cattolici della comunità, tagliò via il secondo filo. Poi,
in un giorno, costruì una casetta
con finestra e porta, vi dormì la
notte e mise un cartello: diocesi di São Miguel Paulista, futura
costruzione della chiesa parrocchiale “Sacro Cuore di Gesù”.
La vicenda finì in tribunale,
con p. Adolfo accusato di aver
invaso una proprietà privata e di
aver tagliato i fili. Lui si presentò ai due processi a suo carico,
uno penale e l’altro civile, con
l’avvocato Gioia, cinque uomini
della comunità come testimoni,
e il documento che riconosceva
la proprietà del terreno. Tutto finì bene e oggi in quel posto c’è
una bella chiesa parrocchiale, alcune sale e un campetto di gioco
per i giovani.
■
(continua nel riquadro)
P. CODINI, MONACO... INDAFFARATO
p. D. VOLPINI, sx
Dopo dieci anni di animazione
missionaria in Italia (a Gallico e a
Mazara del Vallo), p. Adolfo tornò
in Brasile nella parrocchia di Mello
Viana in Minas Gerais, una periferia con 25 comunità cristiane. Ma
poi chiese di passare un anno con
i monaci trappisti. Dietro il missionario attivo, concreto e indaffarato, p. Adolfo infatti nascondeva lo
spirito del monaco, del contemplativo, dell’orante. Per poco più di un
anno visse come un trappista, tra
lavoro dei campi e preghiera.
Lasciati i trappisti, diventò rettore ed economo nella casa saveriana
a São Paulo. Svolse il suo compito
con grande amore: era accogliente,
sorridente, discreto, servizievole,
disposto ad ascoltare uno sfogo o
a dare un consiglio prudente. Aveva trasformato quel luogo in una casa di ristoro umano e spirituale.
Per tre anni è stato parroco nei cinque quartieri popolari di Londrina. Il lavoro pastorale era gravoso e lui era praticamente da solo, con
otto comunità cristiane e varie migliaia di persone cui dava assistenza religiosa e sociale. Ultimamente, si era trasferito nella parrocchia
“Cuore Immacolato di Maria” a Piracicaba, e si stava adattando bene
alla nuova realtà, dove anch’io ho lavorato per sei anni. Mi aveva scritto dicendomi che in Italia avrebbe partecipato al corso di spiritualità
saveriana a Tavernerio, e che prima sarebbe passato da Cremona per
conoscere la città, stare un po’ insieme a me e raccontarmi tante cose
del Brasile. Il Signore l’ha fermato a Madrid e l’ha portato in paradiso.
Ora riposa accanto alla mamma Ester, a Sasso di Cerveteri.
2007 OTTOBRE
ROMA
00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287
Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925
E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000
P. Adolfo Codini: “ora et labora”
Missionario con molti mestieri e tanti hobby
Padre Adolfo Codini è morto il
23 luglio scorso a Madrid, dove
aveva fatto tappa prima di tornare in Italia dal Brasile. Ecco
come lo ricorda p. Dante Volpini, suo compagno di missione.
P
adre Adolfo ricordava con
piacere il seminario maggiore di Anagni, dove aveva studiato. Raccontava che una volta
era stato scelto per fare il cerimoniere in una festa solenne dei
gesuiti. C’erano un cardinale,
alcuni vescovi, vari sacerdoti, i
seminaristi che dovevano servire
all’altare e gli altri nei loro banchi. Mise tutti in fila e, arrivati
davanti all’altare, disse: “Genuflectant omnes!”, e tutti fecero la
genuflessione davanti al Signore. “Che bello!”, commentava.
Passione per le cose pratiche
Fu ordinato sacerdote il 13
ottobre 1968 a Parma e un anno dopo partì per il Brasile. Ci
teneva alle cose fatte bene, con
spiritualità, con profondità, e allo stesso tempo sapeva trattare
con la gente semplice, povera,
in un dialogo da pari a pari. Era
un appassionato radio amatore
e nel tempo libero comunicava
con amici brasiliani e con le altre missioni saveriane nel mondo, organizzando perfino i soccorsi.
Gli fu affidata la parrocchia di
Panema, vicino a Santa Mariana: alcuni paesi in mezzo ai boschi, su terra rossa, lungo la riva
del grande fiume Paranapanema.
In un paese, aveva fatto la chiesa più grande e più alta delle altre. Una volta si ruppero alcune
tegole di eternit e andò lui stesso, con l’aiuto di poche persone, a riparare il tetto. A un certo momento si ruppe un’altra tegola sotto i suoi piedi e cadde al
suolo: un volo di otto metri. Arrivò in piedi, ma si frantumò il
tallone.
p. DANTE VOLPINI, sx
Il grande progetto “Kosmos”
Nel 1981 abbiamo preso parte insieme a un grande progetto.
Cinque saveriani siamo stati incaricati di lavorare nei quartieri popolari di Itaquera e Guaianazes, a 40 chilometri dal centro di São Paulo. Inoltre, dovevamo stampare e divulgare il mensile “Kosmos”, su un’idea di p.
Roberto Beduschi e di p. Adolfo. “Kosmos” era il nostro mensile missionario e veniva confezionato in periferia, a contatto
con situazioni difficili, in mezzo a gente povera. Padre Adolfo
organizzò il nostro arrivo, l’incontro con il vescovo e la prima
Messa nel centro comunitario.
Ottenne in prestito la casa abbandonata dove abbiamo abitato
i primi tempi, sistemando tutto il
necessario. Ci eravamo divisi le
zone e il lavoro: p. Roberto ed io
redigevamo il mensile; p. Adolfo e p. Camillo Didonè lo divulgavano.
Lenola premia il suo missionario
Il “Colle d'oro” 2007 a p. Luigi Lo Stocco
A
Lenola, in provincia di
Latina, nel periodo estivo si svolge una manifestazione chiamata il “Colle d’Oro”.
L’iniziativa della “Pro loco” è
nata con l’intento di dare un riconoscimento a persone native
del paese, che si sono distinte in
diversi campi: cultura, religione,
spettacolo e sport.
Il grande affetto della gente
Il 12 agosto scorso, nella cornice suggestiva dell’anfiteatro
del parco Mondragone, si è svolta la 5ª edizione, che quest’anno ha visto tra i premiati anche
il saveriano p. Luigi Lo Stocco,
concittadino e missionario per
tanti anni in Congo. Il pubblico ha salutato con un forte applauso l’assegnazione del “Col-
le d’Oro” a p. Luigi.
Nel video, preparato dal gruppo missionario di Lenola e
proiettato subito dopo l’annuncio, si diceva: “Abbiamo seguito p. Luigi passo passo nei suoi
progetti, nelle sue preoccupazioni, nei momenti difficili della
guerra, quando avevamo temuto
anche per la sua vita. Tutti sappiamo ciò che ha fatto in questi
anni per i nostri fratelli e sorelle
congolesi, lavorando su più fronti: pastorale, scolastico, giornalistico e soprattutto dello sviluppo
umano”.
Il sindaco di Lenola, De Filippis, ha definito questa scelta “un
doveroso riconoscimento che
pur arrivando un po’ in ritardo,
manifesta però tutto l’affetto e il
risveglio missionario che vive la
Padre Luigi riceve il “Colle d’oro 2007” di Lenola
dalle mani del sindaco GB. De Filippis; a sinistra,
il presidente della “Pro loco” A. Guglietta
8
a cura di DIEGO PIOVANI
gente di Lenola”.
Il commento del missionario
Padre Luigi, commosso, ha
commentato così: “Questo premio è per me una vera sorpresa.
Un riconoscimento è sempre un
segno di stima e quindi di soddisfazione: non per me, ma per tutto quello che ho potuto fare tra i
miei fratelli e sorelle del Congo.
Il primo pensiero è corso subito ai tanti congolesi che in tutti questi anni di apostolato missionario hanno potuto beneficiare della mia presenza e del mio
amore.
Un riconoscimento da parte
della gente della mia terra è anche un’altra prova del grande affetto che Lenola ha sempre nutrito nei miei confronti. Durante
gli anni della guerra nell’est del
Congo, la sera verso le 20, quasi a turno, ricevevo delle telefonate dai miei concittadini che mi
facevano sentire la loro vicinanza e mi sostenevano con la preghiera.
Quando le prime immagini
sono apparse sullo schermo, accompagnate dall’applauso della
gente, ho sentito un groppo alla
gola, tanta era l’emozione. Nel
breve discorso che ho fatto, ho
ripetuto ancora una volta di non
dimenticare il Congo, che ha ancora molto bisogno di noi, per ritrovare pace e serenità”.
■
Nella chiesa di Sasso (Cerveteri), un momento della Messa funebre per p. Adolfo
Codini, scomparso improvvisamente a Madrid il 23 luglio scorso
Paletti e filo spinato...
Padre Adolfo si preoccupò anche della costruzione della casa
parrocchiale, dopo aver ottenuto un terreno attiguo al quartiere Prestes Maia, per costruire
la chiesa e le sale. Il terreno era
dono del dottor Leonardo Gioia,
avvocato di origine italiana. Padre Adolfo mise paletti e filo spinato per distinguere la proprietà,
ma due giorni dopo trovò il filo tagliato e sostituito da un altro, messo da una persona che rivendicava come sua la proprietà di quel terreno. Padre Adolfo
non si perse d’animo e, aiutato
da alcuni cattolici della comunità, tagliò via il secondo filo. Poi,
in un giorno, costruì una casetta
con finestra e porta, vi dormì la
notte e mise un cartello: diocesi di São Miguel Paulista, futura
costruzione della chiesa parrocchiale “Sacro Cuore di Gesù”.
La vicenda finì in tribunale,
con p. Adolfo accusato di aver
invaso una proprietà privata e di
aver tagliato i fili. Lui si presentò ai due processi a suo carico,
uno penale e l’altro civile, con
l’avvocato Gioia, cinque uomini
della comunità come testimoni,
e il documento che riconosceva
la proprietà del terreno. Tutto finì bene e oggi in quel posto c’è
una bella chiesa parrocchiale, alcune sale e un campetto di gioco
per i giovani.
■
(continua nel riquadro)
P. CODINI, MONACO... INDAFFARATO
p. D. VOLPINI, sx
Dopo dieci anni di animazione
missionaria in Italia (a Gallico e a
Mazara del Vallo), p. Adolfo tornò
in Brasile nella parrocchia di Mello
Viana in Minas Gerais, una periferia con 25 comunità cristiane. Ma
poi chiese di passare un anno con
i monaci trappisti. Dietro il missionario attivo, concreto e indaffarato, p. Adolfo infatti nascondeva lo
spirito del monaco, del contemplativo, dell’orante. Per poco più di un
anno visse come un trappista, tra
lavoro dei campi e preghiera.
Lasciati i trappisti, diventò rettore ed economo nella casa saveriana
a São Paulo. Svolse il suo compito
con grande amore: era accogliente,
sorridente, discreto, servizievole,
disposto ad ascoltare uno sfogo o
a dare un consiglio prudente. Aveva trasformato quel luogo in una casa di ristoro umano e spirituale.
Per tre anni è stato parroco nei cinque quartieri popolari di Londrina. Il lavoro pastorale era gravoso e lui era praticamente da solo, con
otto comunità cristiane e varie migliaia di persone cui dava assistenza religiosa e sociale. Ultimamente, si era trasferito nella parrocchia
“Cuore Immacolato di Maria” a Piracicaba, e si stava adattando bene
alla nuova realtà, dove anch’io ho lavorato per sei anni. Mi aveva scritto dicendomi che in Italia avrebbe partecipato al corso di spiritualità
saveriana a Tavernerio, e che prima sarebbe passato da Cremona per
conoscere la città, stare un po’ insieme a me e raccontarmi tante cose
del Brasile. Il Signore l’ha fermato a Madrid e l’ha portato in paradiso.
Ora riposa accanto alla mamma Ester, a Sasso di Cerveteri.
2007 OTTOBRE
ROMAGNA
48020 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7
Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482
Ho scelto la missione perché...
Sulle orme di uno zio speciale
Don Francesco Commissari è uno dei 14 sacerdoti “fidei donum” della Romagna. Dal Brasile ha accolto l’invito di parlarci
della sua esperienza missionaria. Attraverso i centri diocesani
di Cesena, Faenza, Ferrara, Forlì, Imola, Ravenna e Rimini, ho
rivolto lo stesso invito agli altri “fidei donum” romagnoli. Speriamo che seguano il buon esempio di don Francesco. Volentieri metteremo a loro disposizione questa nostra pagina.
p. Agostino Clementini, sx
I
l Signore ci chiama a essere missionari in ogni luogo: nei posti di lavoro, di studio,
di impegno sociale e ricreativo,
come consacrati o come laici.
Negli ultimi decenni, è diventato
più evidente per tutti che la vocazione battesimale ci accomuna e ci invita a vivere il vangelo
e ad annunciare Gesù con la vita: con le parole e le opere.
Nella mia famiglia ho tre zii
missionari: uno materno, lo scalabriniano p. Carlo Campiglia, e
due paterni, p. Filippo del Pime
e don Leo, “fidei donum” ucciso
in Brasile nel giugno del 1998.
La loro esperienza mi ha sempre
affascinato, fin da bambino. Ma
io ritenevo di essere chiamato a
vivere la missione sacerdotale
nella mia diocesi di Imola, nelle
parrocchie dove il vescovo mi ha
mandato. Forse non avevo lasciato molto spazio a Dio per parlarmi della missione “alle genti”.
Il progetto “chiese sorelle”
Vorrei raccontarvi un po’ di
mio zio Leo. Nato nel 1942, si
sentì chiamato al sacerdozio e alla missione, avendo come esempio il fratello maggiore, Filippo,
partito per Hong Kong. Divenuto sacerdote nel 1967, egli partì per il Brasile due anni dopo,
vivendo per sette anni nei pressi di Salvador Bahia. Condivideva la missione con altri sacerdoti e alcuni laici, in una zona mol-
Mi sono arreso a Dio
Finalmente in Brasile
la morte di don Leo,
D opo
mi sono chiesto se il Si-
gnore non mi chiamasse ad allargare gli orizzonti. Ma anche
dopo questa riflessione, mi convinsi che la mia missione era ancora a Imola. Poi, però, ho sentito una vera e propria “chiamata”
da parte di Dio e così...
Impossibile dire di no!
In realtà, negli ultimi anni, riflettendo con altri sacerdoti, avevo compreso meglio cosa significasse vivere la volontà di Dio,
nelle piccole scelte quotidiane come in quelle più grandi e
impegnative. Riconoscere che
8
don F. COMMISSARI
“Dio è amore”, ha avuto come
conseguenza quella di scegliere
Lui come mio unico bene, desiderando amarlo in ogni istante,
nelle circostanze concrete e in
tutte le persone, ritrovando nel
prossimo la sua presenza.
Nel frattempo, il vescovo di
Imola desiderava dare nuovo impulso, soprattutto fra i preti imolesi, al progetto “Chiese sorelle”.
Così, quando tre anni fa il vescovo mi ha chiesto se fossi disposto a partire per la missione, non
ho potuto far finta di niente. Mi
sono confrontato con alcuni amici sacerdoti e con i miei familiari
che, se pur dispiaciuti, non si so-
Don Francesco Commissari, in Brasile, visita le famiglie dei suoi nuovi parrocchiani
don FRANCESCO COMMISSARI
to povera.
Tornato in Italia nel 1976,
parlando con gli amici del centro missionario diocesano, maturò l’idea di dar vita a un progetto chiamato “Chiese sorelle”.
Nel 1980 mons. Dardani e dom
Hummes, vescovi delle diocesi
di Imola e di Santo André, fecero loro questa idea. Si concretizzava così il nuovo impulso missionario voluto dal Concilio Vaticano II, che chiedeva l’impegno missionario non solo agli
ordini religiosi, ma anche alle
chiese locali.
Vangelo e carità con i poveri
Il progetto portò tre sacerdoti, tra cui don Leo, e cinque suore della diocesi di Imola in una
parrocchia della periferia di São
Bernardo do Campo, grande città industriale vicina a São Paulo.
Anche in questa nuova missione, don Leo si confrontò con la
povertà, in particolare con quella degli abitanti delle favelas, famiglie giunte da lontano per cer-
no opposti alla mia scelta.
Il vescovo mi ha “smontato”
Ho parlato con mons. Ghirelli di alcune mie perplessità. La
principale era legata a una considerazione: don Leo era molto
amato e apprezzato dai suoi parrocchiani brasiliani; temevo che
essi si sarebbero aspettati che io
ricalcassi le sue orme, nello stile e nelle iniziative... Il vescovo
- da buon padre - ha “smontato” le ragioni dei miei dubbi, e
a questo punto mi sono arreso...
a Dio! La sua volontà si rivela
in modo particolare attraverso la
voce del vescovo e dei superiori.
Una scelta diversa sarebbe stata
incoerente con la mia vocazione
sacerdotale.
Ho fatto una prima esperienza
di sei mesi in Brasile, per sostituire un sacerdote “fidei donum”
della mia diocesi. In quel periodo ho fugato definitivamente le
mie numerose perplessità e ho
iniziato a conoscere da vicino la
nuova realtà. Tornato a casa, ho
rinnovato al vescovo la mia disponibilità per la missione, questa volta per un periodo più lungo. Il 5 febbraio di quest’anno
sono ripartito. Ora sono di nuovo qui, nella parrocchia di Jesus
de Nazaré, a offrire la mia persona, il mio tempo e le mie energie, affinché Cristo sia conosciuto e amato.
■
(continua nel riquadro)
In visita a Giovanni Paolo II, don Leo Commissari, “fidei donum” imolese,
ucciso in Brasile nel 1998
care lavoro.
La priorità è sempre stata per
lui la vita di comunione tra i
membri dell’équipe missionaria e con le numerose comunità che, man mano, si formavano e crescevano. L’annuncio del
vangelo - attraverso la liturgia e
la catechesi - e l’azione caritativa, espressa anche nelle opere
sociali, andavano di pari passo.
L’amore per Gesù ha spinto don
Leo a condividere la vita dei poveri, scegliendo di stare vicino a
loro, nella povertà di una baracca della favela.
Dove la vita non ha valore
Nella notte tra il 20 e il 21 giugno 1998, rientrando verso la sua
baracca nella favela dopo una festa in parrocchia, don Leo è stato
fermato da due persone e freddato con tre colpi di pistola.
Il motivo del suo assassinio
non è mai stato chiarito. Per
molti abitanti della favela, la vita
è senza valore: ammazzare o essere ammazzati rientra nel dramma di un’esistenza priva di dignità e di identità. Persone senza scrupoli cercano di sbarcare
il lunario, non attraverso lavori
umili e poco redditizi (come fa
la maggior parte dei favelados),
ma diventando pericolosi delinquenti che si arricchiscono con i
proventi di droga e prostituzione.
La violenza è uno degli strumenti a disposizione per farsi largo.
Probabilmente, don Leo si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
■
(continua a lato)
IL PASSAGGIO DEL TESTIMONE
don FRANCESCO COMMISSARI
Le persone che incontro qui in Brasile mi aiutano a conoscere meglio mio zio. Mi raccontano tanti episodi della sua vita: in che modo li
ha aiutati a incontrare il Signore; come li ha educati a una vita cristiana intensa... Mi accorgo che non hanno pretese nei miei confronti: mi
stimano per quello che sono.
Come parroco, sto cercando di conoscere sempre più a fondo le 14 comunità che compongono la parrocchia. Il mio compito è di dare loro un
orientamento pastorale. Sono aiutato da due sacerdoti, con cui condivido
la vita missionaria, e da alcune suore di una congregazione diocesana.
Le difficoltà non mancano, come in ogni luogo. Ma sono convinto
che il vero Pastore di questo gregge è Gesù, e che io sono solo un suo
strumento. L’Eucaristia quotidiana, la parola di Dio, l’amore reciproco,
il magistero del Papa, sono gli aiuti che Gesù mi offre perché non mi
perda in preoccupazioni inutili. La meta è chiara. Basta che io segua il
cammino e Colui che lo traccia ogni giorno per me.
Una curiosità. I miei ultimi mesi a Imola li ho vissuti come cappellano
dell’ospedale civile. Mi ha sostituito un saveriano, anziano per età, ma
giovanissimo nello spirito: padre Agostino Clementini, che ha speso
molti anni in missione e appartiene alla comunità di S. Pietro in Vincoli. Lui è arrivato e io sono partito. È stato quasi un passaggio di “testimone”, tra un missionario “reduce”, che continua a rendersi disponibile per l’animazione missionaria in diocesi, e un sacerdote diocesano
che parte per la missione. Devo proprio ringraziare i saveriani!
7 febbraio 2007 mons. Ghirelli consegna
il mandato missionario a don Francesco
2007 OTTOBRE
SALERNO
84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4
Tel. 089 792051 - Fax 089 796284
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849
Qui non c'è tempo per annoiarsi
Dal Bangladesh: “Stat'm buon'!”
C
ari amici, la vostra vicinanza e le vostre preghiere sono un incoraggiamento e
un sostegno per noi missionari,
per continuare ad annunciare e
a testimoniare quella fede che il
Signore risorto ci ha donato. È
lui che ci ha inviato nel mondo
intero a dare a tutti il messaggio
di speranza e di gioia.
Nei villaggi in bicicletta
Sono trascorsi appena dieci
mesi dal mio arrivo in Bangladesh. Tornare a vivere in questo
Paese è stato per me come uno
spogliarmi della mia cultura, per
cercare di entrare in dialogo con
questi fratelli e sorelle del Bangladesh.
Ero arrivato qui insieme ad
alcuni amici di Salerno, che mi
hanno voluto accompagnare per
conoscere un po’ questa nazione dalle mille sorprese. Ora mi
trovo nella casa del noviziato saveriano, alla quale è annesso anche un ostello. Ospitiamo dieci
giovani che frequentano gli studi
pre-universitari.
Da aprile, sono incaricato di
seguire questo gruppo, che mi
tiene a contatto con il mondo
giovanile, fatto di tante belle
realtà, ma anche di molti limiti. Ogni domenica, con la mia
mitica bicicletta rossa, vado in
un villaggio, che dista circa 25
minuti. Celebro l’Eucaristia in
una comunità di cristiani, neoconvertiti dalla religione hindu.
Stiamo cercando di terminare
una piccola chiesa, per celebrare
la Messa in un luogo asciutto e
non nel fango, anche durante la
stagione delle piogge.
Momenti duri,
momenti belli
Da qualche mese, nel villaggio
cristiano vicino alla nostra comunità, il giovedì dalle 17 alle 18,
con i giovani facciamo un’ora di
riflessione biblica sul vangelo
della domenica. È un’occasione
per riflettere anche sulla propria
vita e su come impegnarci verso
gli altri.
Qui a Khulna ci confrontiamo
con tante realtà. C’è il mondo
dei bambini di strada e il problema dei ragazzi che si avvicinano
p. GIOVANNI GARGANO, sx
al mondo della droga. C’è anche
grande bisogno di dialogo interreligioso con il mondo islamico,
e non solo. Sono alcune delle
grandi sfide che noi missionari
dobbiamo affrontare in Bangladesh.
Un momento importante è stata l’ordinazione sacerdotale di p.
Roky Gomes. Per noi saveriani
è stato un giorno di gioia e di
ringraziamento al Signore per
questo nuovo confratello, il secondo del Bangladesh. Il primo
saveriano bengalese si chiama
padre Polash ed è missionario
nelle Filippine. Padre Roky invece è partito per la missione in
Ciad.
Corruzione e solidarietà
Vorrei dire qualcosa anche
sulla situazione politica del Bangladesh. Tanti politici sono stati
arrestati per corruzione o per
aver rubato soldi alla nazione.
Il governo attuale sta tentando
di portare il Paese alle elezioni,
previste per dicembre 2008. Per
questo, stanno “registrando” tutte le persone per consegnare loro
Salerno, domenica 18 novembre
Con padre Cavallo, il nostro grazie a Dio
evento che vogliaC' èmounsegnalare
a tutti i no-
stri amici e amiche: è la festa di
ringraziamento con padre Francesco Cavallo, che celebra i suoi
60 anni di sacerdozio.
Per l’occasione, invitiamo tutti
gli amici dei missionari saveriani - antichi e nuovi, adulti e giovani - per incontrarci nella fraternità missionaria. Lo annunciamo per tempo, in modo che
non prendiate altri impegni:
Domenica 18 novembre,
alle ore 17.00, presso la
casa saveriana a Salerno,
s. Messa di ringraziamento e un gioioso rinfresco,
con p. Francesco Cavallo.
Venite numerosi, a ringraziare
insieme a noi il Signore, per il
dono dei 60 anni di sacerdozio, che ha fatto a padre Francesco Cavallo
e alla chiesa missionaria. Siete tutti invitati: coloro che
hanno conosciuto padre Francesco o altri
saveriani, e
8
anche coloro che desiderano incontrarci e conoscerci.
me consacrate e per molti fedeli
laici e laiche.
Un “maestro di spiritualità”
Per molti anni “maestro” dei
novizi saveriani; poi segretario
personale del compianto mons.
Gianni Gazza, vescovo amato di
Aversa; spesso richiesto per condurre esercizi spirituali alle consacrate e claustrali; da molti anni confessore ai santuari Mariani di Montevergine e di Pompei - padre Francesco Cavallo
è un “maestro di spiritualità” e
un esperto “padre spirituale”, non solo
tra i saveriani, ma anche
per i sacerdoti, le ani-
Una sacrosanta amicizia
Durante l’incontro avremo
anche occasione di presentare a
tutti un’importante iniziativa di
formazione e preghiera, diffusa in Italia e in altre nazioni del
mondo. Si chiama G.A.M.S., ed
è proprio per gli amici dei missionari saveriani.
La nostra presenza nella diocesi di Salerno e nelle diocesi
circostanti, è resa possibile grazie alla sensibilità, alla generosità e alle preghiere di tante persone che condividono con noi lo
stesso ideale missionario.
Padre Francesco Cavallo,
maestro di spiritualità
Vi aspettiamo, dunque!
Con stima, rinnoviamo l’invito a tutti. A chi non può, proponiamo di unirsi a noi spiritualmente, in casa o in chiesa, partecipando alla Messa o recitando il Rosario missionario, e informandoci della loro “partecipazione spirituale” (per lettera o
per telefono, all’indirizzo scritto in testa alla pagina). Grazie di
cuore.
Missionari Saveriani
di Salerno - Rione Petrosino
Padre Giovanni Gargano con una famiglia “patriarcale” del Bangladesh
un documento di identità con la
foto, valido anche per votare.
Nello stesso tempo, molte
famiglie sono state colpite dall’alluvione che ha spazzato via
molte case e raccolti. Questa
volta, gli aiuti non sono venuti
solo dall’estero, ma dagli stessi
bangladeshi che si sono adoperati per aiutare la propria gente.
Gli insegnanti hanno offerto lo
stipendio di un giorno; come loro hanno fatto anche la polizia,
i militari e tante altre persone.
Questo è un gesto importante:
dimostra che la gente si impegna
per migliorare la propria realtà.
In questo mese missionario,
siamo invitati a essere testimoni
di Cristo, che è venuto in mezzo
a noi per annunciare l’amore del
Padre. Con lui, anche noi continuiamo questa stessa missione.
Uniti nella preghiera a Dio Padre, vi abbraccio e vi saluto affettuosamente: Stat’m buon’! ■
PROSSIMI Appuntamenti IMPORTANTI
Presso i missionari saveriani, via Fra G. Acquaviva 4 - Salerno
Siete invitati e benvenuti per -
Adorazione Eucaristica missionaria
giovedì 25 ottobre, ore 20.30
Incontro di formazione: “A servizio della missione”
venerdì 26 ottobre, ore 20,30
Meeting dei giovani a S. Pietro in Vincoli, Ravenna
giovedì 1 - sabato 3 novembre
PRETI da 40 anni
p. DOMENICO MENEGUZZI, sx
Quarant’anni fa, il 15 ottobre 1967, venivano ordinati a Parma 32
sacerdoti saveriani. Vescovo consacrante era il compianto mons. Gianni Gazza, allora superiore generale dei Missionari Saveriani.
Alla fine di agosto, undici padri saveriani di quella classe, in Italia
per il loro ministero pastorale o per un periodo di vacanza, ci siamo
ritrovati a Parma per celebrare questa gioiosa ricorrenza. Con noi, anche il salernitano p. Michelangelo Pennino, molto conosciuto nella regione, e ora in cura nella casa madre dei saveriani, a Parma.
Abbiamo celebrato la santa Eucarestia nel santuario mariano di
Fontanellato, caro al nostro fondatore beato Conforti. A noi si è unito il carissimo p. Amato Dagnino, allora rettore della comunità degli
studenti di teologia, che ci ha trasmesso una sua riflessione toccante e sobria. Un’agape fraterna, con scambio di ricordi e di tante altre
cose belle, ha concluso il nostro fraterno incontro.
I saveriani che hanno festeggiato i 40 anni di Messa.
Da sinistra: Coruzzi, Casonato, Primosig, Leoni,
Ciroi, Pettenuzzo, Meneguzzi, Celli,
Milani V, De Vidi, Pennino (seduto)
2007 OTTOBRE
22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15
Tel. 031 426007 - Fax 031 360304
E-mail: [email protected]
C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6
TAVERNERIO
Cosa avrei detto per Mira Corda
Fratelli e sorelle della stessa famiglia
sa che deve morire e ha
G esù
paura. Vorrebbe che tutto fi-
nisse presto. Perciò esclama: “C’è
un battesimo che devo ricevere e
come sono angosciato, finché non
sia compiuto!”. Con queste parole
Gesù alludeva al suo battesimo di
sangue e attendeva con angoscia
la sua realizzazione.
Quale missionario non ha
sperimentato situazioni davvero
angosciose? Una delle più sconvolgenti è quando, in una lontana missione, egli viene a sapere,
a volte in modo improvviso, che
a casa un familiare è gravemente
malato, in pericolo di vita! Si continua il lavoro, ma si aspetta con
angoscia, anche se in preghiera e
sorretti dalla fede, che possa arrivare la “triste” notizia...
Quando le notizie
Accadde a me - come a tanti
altri missionari - in occasione
della morte di mio padre. È accaduto anche a padre Vinio Corda, missionario in Indonesia: sua
sorella, la sua più affezionata
sorella se n’è andata dopo molto
soffrire. Lui non è potuto esserci; l’abbiamo sostituito noi saveriani alla Messa di commiato.
Ecco, padre Vinio, cosa avrei
voluto dire alla tua gente, nella
tua chiesa di Soresina: “Quando ci siamo conosciuti, eravamo
alunni della stessa scuola media a
Grumone, in provincia di Cremona. Tu eri cinque anni più vecchio
di me ed eri un esperto tipografo.
Mi hai insegnato a comporre i caratteri da stampa, mentre cantavi
a squarciagola, “O bianco fiore,
simbol d’amore…”.
Il giorno della nostra ordinazione sacerdotale, il superiore generale ci aveva chiamato per comunicarci la nostra destinazione. Tu
per l’Indonesia, mentre io dovevo
p. FRANCO BERTAZZA, sx
rimanere in Italia. “So - mi disse
- che una signora ti ha pagato il
biglietto per Lourdes. Dallo a
padre Corda che parte subito per
l’Indonesia”. Dovetti obbedire.
Mira Corda, missionaria
nel cuore e nelle mani
Il prossimo anno celebreremo
cinquant’anni di sacerdozio. E
tu celebrerai anche cinquant’anni di missione, tutti spesi in Indonesia. Sei un eroe! Proprio il
giorno della nostra ordinazione
sacerdotale, ebbi l’occasione di
conoscere Mira, tua sorella. Di
ritorno dalla basilica di santa
Maria in Campagna (Piacenza),
la vidi splendente di gioia, felice.
Gradì molto che le cantassi “Mira, o Norma ai tuoi ginocchi…”.
Mi mostrava con orgoglio quel
fazzoletto ancora bagnato e profumato del crisma, con cui il vescovo ci aveva unte le mani per
Chi arriva e chi ritorna
Movimenti d'autunno nella casa di Tavernerio
Nella chiesa di Soresina (CR), le esequie di Mira Corda, sorella di p. Vinio, missionario in Indonesia; lo hanno rappresentato altri confratelli della famiglia saveriana
consacrarle. Quando le raccontai del biglietto per Lourdes, mi
guardò e mi abbracciò, come se
quel dono l’avessi fatto a lei.
Poi ci siamo divisi, ma “casa
Corda” rimase un po’ anche la
“mia casa”. Mira lavorava, tesseva, raccoglieva doni e vendeva..., per aiutarti nelle tue opere.
Era missionaria nel cuore, nella
mente e nelle mani operose. Il
carattere leale e sereno, il sorriso schietto, sono stati in ogni circostanza, lieta o triste della vita,
spesso assai provata, un conforto
e un incoraggiamento ai tuoi familiari. Vita preziosa, dedicata
interamente alla famiglia, alla
missione e al “suo Vinio”, nel
lavoro e nella preghiera.
Un benvenuto reciproco
In Mira, ricordo e ringrazio
tutte le sorelle dei missionari,
quelle sorelle che sostituiscono
la mamma e che accolgono il
fratello missionario con cuore
materno nella loro famiglia, perché possa respirare quell’affetto
fraterno di cui ha bisogno quando torna dalla missione.
Con altri saveriani, ero presente anche al funerale di Irma,
e poi a quello di Ida, sorella di p.
Spigarolo, missionario in Messico. Abbiamo sostituito i fratelli
lontani, con lo stesso spirito di
affetto fraterno e di gratitudine.
Grazie, dunque, a tutte le sorelle dei nostri missionari. Qui, nella nostra casa, trovate e troverete
sempre altri fratelli, forse anziani e malati, ma con il cuore aperto. Siete benvenute nella nostra
casa, come noi siamo benvenuti
nella vostra.
■
UN OMAGGIO AL “PICCOLO ALPINO”
Anche p. Caselin deve... aggiornarsi
p. FRANCO BERTAZZA, sx
Come ogni anno, puntualmente, a settembre è iniziato il corso di aggiornamento nella casa saveriana
di Tavernerio (dal 5 settembre al 4 dicembre). È ormai un appuntamento ...famoso, tanto che si chiama
“i tremesi” e coloro che vi partecipano sono chiamati appunto “i tremesini”. Insomma, è un periodo di
tempo che serve ad aggiornarsi, a rinnovarsi, a riposarsi sia nel corpo che nello spirito.
I “tremesini del 2007”, nella foto di p. Franco Bertazza, sono ventiquattro, incluse tre religiose (ma
nella foto ne mancano tre). Chi sono?
Cominciamo col dire che tutto il gruppo “saveriano” è racchiuso tra due suore
“comboniane”: la Colombo e la Vezzaro.
Poi, sulla destra, c’è la saveriana Manente; seguono p. Ferrari e p. Zucchinelli,
che sono del “corpo docenti”.
In mezzo ci sono gli altri “tremesini”, di diversa nazionalità e provenienti
da diverse missioni. Sono anche di età
diversa. I due estremi sono nella fila in
basso: p. Suhud Antonius, di 36 anni, e
p. Caselin Lorenzo che ne ha 84!
8
“Bentornato!” a padre Giancarlo
Lazzarini. Aveva lasciato Tavernerio per servire la Congregazione
saveriana nella Direzione generale.
Nella foto, p. Giancarlo al lavoro di
bibliotecario.
è proprio lui, padre Lorenzo Caselin, l’ex “Piccolo Alpino”, classe 1923!
A 19 anni in Albania,
era stato prigioniero dei
tedeschi e deportato in
Germania. Era divenuto
attendente del gen. Reverberi, l’eroe che riuscì a
rompere l’accerchiamento russo a Nikolajewka.
Per motivi di sicurezza
era stato internato in
Francia con il suo generale, ma, con l’avanzata
dell’esercito alleato, erano poi stati ricondotti in
Germania. Era rimasto
prigioniero dei russi per
due anni. Un giorno un
soldato aveva puntato la
rivoltella alla sua nuca;
ma poi, improvvisamente, aveva visto l’immagine della Madonna di Czestochowa. A quella
vista, il soldato aveva riposto l’arma nel fodero. Il “Piccolo Alpino”
attribuì alla Madonna il miracolo della sua salvezza.
Tornato in Italia, il giovane Lorenzo stava preparandosi al matrimonio quando… decise di dedicare la sua vita alla missione. Ordinato
sacerdote a 39 anni, fece l’economo proprio qui a Tavernerio, nel primo anno di esistenza di questa casa che ospitava gli studenti saveriani
del liceo. Sono stati anni duri, passati percorrendo le parrocchie della
diocesi per procurare il pane a quei giovani. Nel 1969, fu destinato al
Congo e oggi, a 84 anni, si è seduto sui banchi di scuola per seguire il
corso di aggiornamento.
Appassionatamente entusiasta della sua vocazione missionaria,
padre Lorenzo si sente ancora giovane. Lo ringraziamo del bene
che ha fatto, come alpino e come prete missionario, qui in Italia e
in Congo.
2007 OTTOBRE
VICENZA
36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119
Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362
Padre Rossato, un cuore grande
Lo hanno ricordato amici e saveriani
Padre Graziano Rossato, saveriano di Cicogna di Poiana
Maggiore, è morto il 6 dicembre
del 2006 nella casa dei saveriani a Freetown, in Sierra Leone.
Il 1° luglio scorso, familiari e
amici l’hanno ricordato con una
Messa nella chiesa di Cicogna.
N
ella lettera ai cristiani della
Galazia, san Paolo scrive:
“Mediante la carità siate al servizio gli uni degli altri” (5, 13).
Sono parole di duemila anni fa.
E sono le stesse che p. Graziano
ha vissuto come gli apostoli, i
primi missionari della chiesa.
Cristo che lava i piedi agli apostoli è un’immagine che si presta
bene per descrivere padre Graziano. Era sempre alla ricerca di come essere utile agli altri: procurando qualcosa per la missione;
tagliando i capelli ai confratelli;
ascoltando e aiutando a risolvere un problema; consigliando il
modo migliore di agire... Sempre
sereno e positivo nel giudizio su
persone e avvenimenti.
L’esempio di padre Uccelli
La sua repentina scomparsa mi
fa andare indietro negli anni. Ci
eravamo incontrati da aspiranti
missionari nel 1952 a Vicenza, e
siamo stati insieme fino al 1962.
Allora, all’istituto saveriano di
Vicenza era ancora vivo p. Pietro
Uccelli, che per noi era il “padre
della preghiera”.
Praticamente, lo vedevamo solo in chiesa, sempre raccolto in
p. VINCENZO MUNARI, sx
Dio. Non scendeva più le scale,
data la salute precaria, e la cappella era al primo piano, vicino
alla sua stanza. Già questa era
una grande lezione per noi ragazzi, e i nostri educatori ce lo
facevano notare.
Nel cuore, per sempre
Il “modello Gesù” era sempre
presente nel nostro itinerario formativo, anche in seguito: durante il ginnasio a Zelarino, in noviziato a S. Pietro in Vincoli, negli
anni del liceo a Desio. Lentamente, col crescere dell’età, con
gli studi e le letture, approfondivamo la conoscenza di Cristo e
di noi stessi come cristiani.
I momenti più belli passati
insieme a Graziano erano quelli
in cui ci scambiavamo pareri su
come essere “autentici imitatori
di Cristo”. Lavorando un po’ di
fantasia e un po’ con la conoscenza del vangelo, cercavamo
di rispondere a domande tipo:
“Cosa penserebbe Gesù? Come
si comporterebbe in questa cir-
L'albero della generosità
Le famiglie si ritrovano ad Asiago
P
er il gruppo “Famiglie per
la missione” di Vicenza è
una tradizione trascorrere un periodo di convivenza estiva nella
casa dei saveriani ad Asiago.
Quest’anno, erano 12 le famiglie
che si sono ritrovate sull’altipiano, per condividere la preghiera,
il riposo e lo svago.
La settimana è letteralmente volata. Abbiamo alternato le
belle passeggiate ai momenti
di riflessione, con la guida di p.
Luciano Bicego, p. Renato Trevisan e p. Silvano Garello.
8
Bambini, ragazzi e genitori
Il gruppo dei figli quest’anno
era più numeroso e vivace del
solito: comprendeva bambini
dai 5 mesi agli 11 anni, e un
gruppetto di adolescenti. Ai più
piccoli sono stati proposti giochi
e attività. Per i più grandi ci sono
stati anche momenti di riflessione sulla preghiera, la sobrietà,
l’accoglienza.
Noi adulti, invece, abbiamo riflettuto sui vari gradi dell’amore. Con p. Renato e p. Silvano
abbiamo parlato di vari luoghi
di missione, che vorremmo conoscere meglio, e del prezioso
contributo che i laici possono
offrire, scegliendo di partire.
I due momenti principali
della giornata erano la preghiera del mattino e la Messa della
sera, animate dai bambini e
dagli adolescenti in vari modi:
raccontando favole, per scoprire
come vivono i fratelli di tutto il
mondo; sceneggiando un episodio del vangelo; con le preghiere
personali e i canti animati... La
gioia dei piccoli ha reso viva
ogni celebrazione. Ogni giorno
all’offertorio della Messa, abbiamo appeso su un arbusto secco, i
L’alberello con i biglietti su cui erano
scritti i gesti di generosità compiuti
nella giornata
DANIELA e MARCO MASSERONI
biglietti su cui avevamo scritto i
gesti di amore che ciascuno aveva cercato di vivere durante la
giornata. Questo è stato il gesto
più significativo.
Il bello è condividere
Al termine della settimana,
anche quest’anno i partecipanti
hanno organizzato uno spettacolo per la serata d’addio. I più
piccoli hanno realizzato una breve recita e animato alcuni canti;
gli adolescenti si sono lanciati in
balletti e hanno creato un divertente TgA - telegiornale Asiago;
gli adulti hanno fatto una parodia
di alcuni episodi avvenuti durante la settimana. È stata una serata
esilarante e tutti si sono divertiti
in allegria.
L’aspetto più bello della convivenza, condiviso da tutti, è stato
quello di essere come un’unica
famiglia. Abbiamo accolto volentieri chi veniva a trovarci e
chi passava di lì per caso. Ci siamo aiutati a vicenda, scoprendo
che i figli sono un dono per tutti
e ciascuno si è sentito “padre e
madre” nei loro confronti.
Durante l’ultimo giorno della convivenza, abbiamo fatto
le proposte per il cammino del
prossimo anno, che coinvolgerà
parecchie famiglie nuove.
■
costanza?”.
Tutto questo avveniva a tavola, durante le lunghe camminate
per allenarci ai safari missionari,
o dopo una partita a pallone in
cui qualcuno si era scaldato un
po’ troppo. Era in questi ritagli
- tra scuola, studio e preghiera
- che trovavamo quei momenti
preziosi che ci sono rimasti nel
cuore per sempre.
Vedeva gli aspetti buoni
Dopo il liceo, nel 1962, padre
Graziano partì per gli Stati Uniti. Ci ritrovammo con gioia in
Siena Leone nel 1980. Per me,
lui era il missionario “esperto”,
perché era lì già da otto anni. Mi
dava consigli utili e sottolineava
sempre gli aspetti buoni, positivi. Questo suo modo di fare si
basava su un’idea che avevamo
assimilato negli anni del noviziato e del liceo, ovvero: vedere
l’opera e l’impronta di Dio in
ogni persona, in ogni cosa, in
ogni evento. Padre Graziano ha
fatto così fino alla fine.
Qualche mese prima della sua
morte, parlandomi degli allievi
saveriani sierraleonesi, di uno
sottolineava lo zelo: “Si prepara
bene agli incontri con i catecumeni e con i giovani della parrocchia dove va il sabato. Una
volta mi ha invitato al suo gruppo di preghiera; è un gruppo formato proprio bene!”. Di un altro
ricordava la vita di preghiera:
“Ogni giorno passa una buona
mezz’ora in cappella a pregare
da solo; penso sia questo che gli
La tomba di p. Graziano Rossato nel
cimitero dei saveriani a Makeni, in
Sierra Leone; la scritta dice: “Sei stato
un uomo di fede; grazie per il sorriso,
che ci faceva bene”
dà la forza di continuare, anche
se ha difficoltà negli studi”.
Lo studio è uno dei problemi
che i nostri fratelli africani incontrano. Padre Graziano era sempre pronto ad aiutare e a spiegare,
perché considerava tutto ciò parte
del servizio, che è frutto della carità. “Amerai il prossimo tuo come te stesso”, continua san Paolo
nella lettera ai Galati (5,14). È un
precetto del Signore, e la chiesa lo
propone a noi, perché lo mettiamo
in pratica.
■
PRETI da 40 anni
p. DOMENICO MENEGUZZI, sx
Quarant’anni fa, il 15 ottobre 1967, venivano ordinati a Parma 32
sacerdoti saveriani. Vescovo consacrante era il compianto mons. Gianni Gazza, allora superiore generale dei Missionari Saveriani. Di quei
32 neo sacerdoti, ben otto eravamo “veneti”, tra cui tre di Cittadella.
Tra loro, anche p. Ottorino Maule, martire in Burundi.
Alla fine di agosto, undici padri saveriani di quella classe, in Italia
per il loro ministero pastorale o per un periodo di vacanza, ci siamo
ritrovati a Parma per celebrare questa gioiosa ricorrenza. Con noi, anche p. Casonato, che vive a Vicenza, p. Milani Vasco e p. Pettenuzzo,
che sono a Parma, e p. De Vidi, che è partito per il Brasile.
Abbiamo celebrato la santa Eucarestia nel santuario mariano di
Fontanellato, caro al nostro fondatore beato Conforti. A noi si è unito il carissimo p. Amato Dagnino, allora rettore della comunità degli
studenti di teologia, che ci ha trasmesso una sua riflessione toccante e
sobria. Un’agape fraterna, con scambio di ricordi e di tante altre cose
belle, ha concluso il nostro fraterno incontro.
I saveriani che hanno festeggiato i 40 anni di Messa.
Da sinistra: Coruzzi, Casonato, Primosig, Leoni,
Ciroi, Pettenuzzo, Meneguzzi, Celli,
Milani V, De Vidi, Pennino (seduto)
2007 OTTOBRE
ZELARINO
30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16
Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410
E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304
Facciamo un tuffo nel mondo
Settimana al camping con i missionari
F
arvel, Tot ziens, Aoi... Ma
che lingua sta parlando,
direte voi. Non una, ma tre lingue: sto salutando in norvegese, olandese e ceco. L’ho imparato al camping S. Francesco di
Caorle, dove gli istituti missionari che lavorano nel Nordest
hanno organizzato insieme una
settimana di animazione dal 21
al 29 luglio.
I missionari provenivano da
esperienze in Africa: suor Marlena comboniana, suor Sandra di
nostra Signora d’Africa, p. Godfrey della Consolata e originario
della Tanzania, e io p. Franco,
saveriano. C’erano anche Joào
Batista, uno studente brasiliano
della Consolata, mamma Ornella
e lo studente Nicolò da Padova.
Impegno e divertimento
Per distinguerci indossavamo
una maglietta con la scritta: “un
tuffo nel mondo”. Naturalmente
vi era raffigurato il mondo e una
persona che da uno scoglio si
tuffava, tenendo chiuse le narici… per non far entrare l’acqua,
o perché... Noi invece ci tuffiamo per renderlo pulito, come diceva Madre Teresa.
L’esperienza è andata bene,
sentendo anche certi commenti. Ci siamo impegnati e divertiti, come ci aveva raccomandato don Fabio, direttore della pastorale dello sport per la diocesi di Venezia. La parte liturgica, ben curata dalla chitarrista
suor Marlena, è stata molto apprezzata.
Ha attirato particolare attenzione - anche di qualche passante - la recita delle lodi sulla
spiaggia alle 8,30 del mattino e
la recita del rosario la sera, sul
prato antistante la casa della signora Palmira, che ha avuto
l’onore anche di qualche fotografia da parte dei vacanzieri.
p. FRANCO LIZZIT, sx
Musica, danza e... curiosità
In collaborazione con il gruppo animazione del campeggio,
in particolare i coniugi Elena
e Andrea, abbiamo organizzato due serate teatrali. Giovedì
26 luglio, festa dei nonni, ricordando Gioacchino e Anna, nonni di Gesù, siamo diventati tutti attori professionisti. Infatti,
è stata messa in scena “Africa:
valore dell’anziano”. Nel finale
Joào, insieme a due ballerine, ha
improvvisato una danza del suo
Brasile, stupendo i presenti. Gli
applausi sono stati tutti per lui.
Sabato 28 c’è stata la serata conclusiva. Abbiamo iniziato con il canto “Africa! Africaaa!”: tutti al ritmo di danza…
sia pure con qualche difficoltà. Poi, a suon di musica, ci si
lanciava l’un l’altro un piccolo
mappamondo. Quando la musica si fermava, chi rimaneva con
il mappamondo in mano faceva
L'estate dei giovani veneziani
Adesso aspettiamo anche voi...
p. F. LIZZIT, sx
Padre Franco in versione “nonno” per lo spettacolo teatrale
al camping S. Francesco di Caorle
una domanda ai missionari. Ecco le più interessanti con le rispettive risposte: “Qual è stata
l’ultima bella cosa che hai fatto
oggi?” - “Aver danzato durante il
canto”. “Quali sono i colori dell’Africa?” - “Il rosso della terra
argillosa, il nero della pelle, ma
il più bello è il bianco del sorriso dei bimbi”.
Puoi esserlo anche tu!
Alcuni amici del campeggio,
alla fine della settimana, ci hanno detto: “Siete diversi da come
vi pensavo. Vi ho visto pregare,
poi siete stati i primi alla scuola
di ginnastica, vi ho visto in teatro, al mare, in piscina e qualcuno perfino in discoteca. Sapete
cucinare e poi quel saluto adat-
to alla gente, dopo aver letto la
nazionalità sulla targa della macchina. Peccato che ve n’andiate
proprio ora!”.
Rispondendo a queste belle
parole, devo dire che non siamo poi così speciali. Come tutti, abbiamo i nostri pregi e i nostri difetti. Ci accomuna il desiderio che tutti conoscano e amino Gesù. Incominciamo da noi
due, io e tu che leggi: anche tu
puoi essere missionario e missionaria, lo sai?
Ringrazio Raul, direttore del
camping, Valentina, Palmira, Andrea e tutte le persone del campeggio. Siete tutti importanti,
per il Signore e per noi. E chissà che il prossimo anno… Allora
arrivederci, a Dio piacendo. ■
PELLEGRINAGGIO A CASTELMONTE
p. FRANCO LIZZIT, sx
Stefano con
p. Sergio tra i
bambini di uno
slam di Bangalore:
miseria sì... ma non
di gioia e sorrisi.
Stefano Zanelli è stato
in Terra Santa per una
missione di “ascolto”:
da Ramallah a Jenin,
da Nablus a Betlemme, ha
incontrato associazioni
e persone che cercano
di dare un contributo
alla pace della regione.
Marco e Silvia,
con il diacono Tiziano
e suor Maria Grazia,
sono stati in Bolivia
a Santa Cruz.
Hanno vissuto alcuni giorni
con 70 bambini orfani,
esposti a rischi sociali
o portatori di handicap.
8
Da quasi due anni nella parrocchia “Sacro Cuore” di Mestre, la domenica alle 12,30 viene celebrata una Messa in inglese. Vi partecipano anche gli africani cristiani della zona. Quest’anno è stato organizzato per loro un pellegrinaggio al santuario della Madonna di Castelmonte, nella diocesi di Udine. Durante il viaggio abbiamo recitato il
rosario. Al santuario, la Messa è stata animata con canti e preghiere
in italiano e inglese.
Tutti, italiani e stranieri, hanno contribuito al successo di questo bel
momento comunitario. L’immagine della Madonna, di colore scuro,
ma dolce nel suo sguardo verso Gesù, ha attirato l’attenzione e la devozione di tutti. “Sembra che ci guardi uno ad uno e ci sorrida!”. “Ma
è proprio come noi!”. “Voglio tornarci con la mia famiglia e gli amici!” - sono solo alcune delle esclamazioni sentite.
Dopo il pranzo, vissuto in spirito di fraternità,
è arrivato il momento dello scambio di riflessioni
sotto la grande Croce che affianca il santuario. Da
lì abbiamo fatto salire al cielo le gioie, le sofferenze, le speranze nostre e quelle di tanti immigrati, i cui problemi sembrano irrisolvibili.
Nel ritorno, abbiamo fatto tappa a Cividale, in festa per il pallio di San Donato, dove abbiamo gustato le famose gubane. Poi,
di nuovo in pullman, tra storielle, indovinelli, allegria e un ultimo rosario, aspettando di ritrovarci la prossima domenica... a Messa. Perché è lì che ci vuole la Madonna.
Il 21 ottobre alle 14,30 a Venezia ha inizio il corso di preparazione per i giovani che
desiderano vivere un’esperienza missionaria in estate 2008 (vedi riferimenti sul numero di settembre).
Il gruppo “africano” in pellegrinaggio alla Madonna
di Castelmonte, in Friuli (foto Henry Hegharevba)